programma di sala

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venerdì 11, sabato 12, domenica 13 novembre 2005 ore 21
TEATRO ARIOSTO
Teatro Stabile dell’Umbria e Fabbrica
presentano
LA PECORA NERA
elogio funebre del manicomio elettrico
uno spettacolo sull’istituzione manicomiale
di e con ASCANIO CELESTINI
PROSA
2005-2006
Mi chiamo Ascanio Celestini
Mi chiamo Ascanio Celestini,
figlio di Gaetano Celestini e Comin Piera.
Mio padre rimette a posto i mobili, mobili vecchi o antichi
è nato al Quadraro e da ragazzino l’hanno portato a lavorare
sotto padrone
in bottega a San Lorenzo.
Mia madre è di Tor Pignattara, da giovane faceva la parrucchiera
da uno che aveva tagliato i capelli al re d’Italia
e a quel tempo ballava il liscio.
Quando s’è sposata con mio padre ha smesso di ballare.
Quando sono nato io ha smesso di fare la parrucchiera.
Mio nonno paterno faceva il carrettiere a Trastevere.
Con l’incidente è rimasto grande invalido del lavoro,
è andato a lavorare al cinema Iris a Porta Pia.
La mattina faceva le pulizie, pomeriggio e sera faceva la maschera,
la notte faceva il guardiano.
Sua moglie si chiamava Agnese, è nata a Bedero.
Io mi ricordo che si costruiva le scarpe coi guanti vecchi.
Mio nonno materno si chiamava Giovanni e faceva il boscaiolo con
Primo Carnera.
Mia nonna materna è nata ad Anguillara Sabazia e si chiamava
Marianna.
La sorella, Fenisia, levava le fatture
e lei raccontava storie di streghe.
Ascanio CELESTINI lavora da tempo a questo progetto: da quando, nel 2002, la
sua attenzione si è rivolta alla relazione fra gli individui e le Istituzioni cardine del
nostro Paese. Da questa indagine è già scaturito il racconto-rappresentazione di
Fabbrica (settembre 2002, Benevento Città Festival).
Quando Celestini si è trovato a collaborare per la prima volta con il Teatro Stabile
dell’Umbria, che nel 2003 ha prodotto Sirena dei mantici (storia delle acciaierie di
Terni, nata nel solco della ricerca relativa a Fabbrica), l’interesse dello Stabile per
la sua intenzione di raccontare la memoria dell’Istituzione manicomiale, è stato
immediato ed è nato l’accordo di produrre insieme questo nuovo racconto teatrale.
Durante gli anni Settanta, nel territorio della città di Perugia, la Riforma della Psichiatria
ha vissuto precocemente quella stagione rivoluzionaria e sperimentale sfociata nella
Legge 180 del 1978, nota come “Legge Basaglia”.
Nella primavera del 2003, la collaborazione dello Stabile umbro con Ascanio Celestini
è partita proprio da questo e la sua ricerca sul campo, i suoi primi incontri con i
testimoni della vita manicomiale, prima e dopo la Riforma, sono avvenuti a Perugia.
Da allora Celestini ha proseguito il suo lavoro in molte altre città italiane, visitando
i luoghi degli ex manicomi e raccogliendo memorie ed esperienze, prevalentemente
degli infermieri ma anche di medici, sempre affiancato dai gruppi di studenti e di
attori che hanno partecipato alla sua ricerca.
Il processo di costruzione dello spettacolo, infatti, contiene un altro progetto: il
laboratorio Storie da legare.
Il laboratorio Storie da legare, si è intrecciato con la ricerca di Celestini, nelle stesse
città dove si è svolta la sua indagine sulla memoria manicomiale. Gli studenti e gli
attori, sotto la sua guida, hanno potuto sperimentare forme e tecniche di scrittura
scenica, partendo dai racconti autobiografici degli operatori psichiatrici.
Tutte le testimonianze sono state documentate sia in audio, sia in video.
''Ma tra i seguaci e imitatori, almeno esteriori, ce n'è qualcuno che si salvi?
Si, ce n'è tanti che mi piacciono. Anche tra gli attori più giovani ci sono quelli bravi e
bravissimi, come il romano Ascanio Celestini che ha raccontato le stragi naziste a Roma.''
(Dario Fo in un intervista su Il manifesto)
”...Non racconterò le storie di quelli che hanno vissuto la malattia e la reclusione, cioè i
pazienti, né il risvolto ideologico, quello dei medici: ho parlato con gli infermieri, con quelli
che quasi per caso sono venuti a contatto con quell’ambiente...”.
“Ho scoperto che il dottor Ugo Cerletti del Santa
Maria della Pietà inventò l’elettrochoc
prendendolo a prestito da quello praticato ai
maiali del mattatoio per stordirli e non fargli
provare dolore durante l’uccisione.”
(Ascanio Celestini in un’intervista su l’Unità di
Rossella Battisti)
“…Il mio è un po’ il ruolo del messaggero nella
tragedia greca: non capisce bene quello che
è successo, ma lo riporta fedelmente.”
(Ascanio Celestini in un’intervista su Il Giornale
di Miriam D’Ambrosio)
“Titolo: ’La pecora nera’. Connotati:
testimonianze di vita manicomiale riunite in
un’affabulazione minimal, scabra e solitaria sul
tema dell’alienazione mentale. E si parla del
dopo Basaglia, dei malati di mente colti nella
loro odissea quotidiana dopo l’apertura degli
ospedali psichiatrici”.
(Rita Sala, Il Messaggero)
“Appaiono segni nuovi sin dalla scena, scarna
come sempre, con la sedia topos del narratore,
ma dove c’è anche un manichino femminile
con abito nero da istitutrice o da bidella, e poi
prodotti commerciali di uso comune, un pacco
di pasta, biscotti e bevande”.
(Antonio Audino, Il Sole 24 Ore)
È nella complessità di questo presente dove si sovrappongono la memoria del
manicomio, la questione medico-psichiatrica, la terapia con i farmaci e la
contenzione fisica che si va ad inserire il nostro lavoro.
Un lavoro di indagine nella memoria del presente come luogo di sedimentazione
di storie diverse. E sono proprio le storie che stiamo cercando. Storie di persone
che hanno abitato il luogo chiuso e strutturato del manicomio, la destrutturazione
dell’istituzione, la frammentazione e il mescolarsi con i territori circostanti.
Ci interessano le storie personali perché tracciano una rete di prospettive
diverse attraverso una questione che non può essere letta come un evento
unico.
Ci interessano perché sono quelle che hanno trovato una possibilità per
raccontare all’esterno una vicenda che rischia costantemente di rimanere una
questione privata o un problema scientifico.
Ci interessano perché lavoriamo alla costruzione della drammaturgia di uno
spettacolo che sarà sostanzialmente un insieme di molte storie. Una
drammaturgia che per noi dovrebbe saper raccontare anche il presente della
memoria e non soltanto il passato della letteratura teatrale. Una possibilità
nuova per un teatro civile che sperimenti la propria “civiltà” non soltanto nelle
tematiche, ma soprattutto nella possibilità che queste forniscono per mettere
direttamente in relazione le persone con la propria memoria e con il proprio
presente.
E poi le storie ci interessano perché mettono direttamente in comunicazione
l’evento al quale si è assistito e il bisogno di comunicarlo per trasformare
l’immagine personale in immaginario collettivo.
Ascanio Celestini
Ascanio Celestini, è un giovane artista che già si è ritagliato un posto ben preciso all'interno della scena
italiana, conquistando i consensi di critica e di pubblico per il notevole lavoro che conduce sulla narrazione.
È autore di impegno civile e di denuncia sociale. La sua scrittura nasce sempre da un lavoro di indagine
condotto attraverso interviste e laboratori. Di lui ricordiamo il monologo sull'eccidio delle Fosse Ardeatine
(Radio Clandestina, forse il suo lavoro più conosciuto e di maggior successo), ma anche con Fabbrica,
dove ripercorre le tre generazioni di operai che hanno segnato l'industrializzazione italiana.
Nel 2004 ha girato con Fandango il documentario Senza Paura, storie e musiche di lavoratori notturni. Per
Radio 3 ha scritto e interpretato diverse trasmissioni, tra cui Bella Ciao sul tema del lavoro e della Resistenza.
Con Donzelli ha pubblicato Cecafumo, Fabbrica e la ripresa televisiva di Radio Clandestina.
Venerdì 25 . Sabato 26 novembre ore 21
Domenica 27 novembre ore 15.30
TEATRO MUNICIPALE VALLI
Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Compagnia Mario Chiocchio
RE LEAR
di William Shakespeare
Traduzione di
Agostino Lombardo
Roberto Herlitzka
Regia Antonio Calenda
Con
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