M ARTEDI 26 LUGLIO Cronaca Spettacoli 2011 21 L’INTERVISTA Ascanio Celestini, indagine sulla follia: «Mi interessano i racconti della gente» L’attore e regista presenterà stasera al festival di Bobbio il suo ultimo film, “La pecora nera” LA BIOGRAFIA Uno dei più grandi affabulatori della scena italiana I Workshop Al via oggi il corso tenuto dall’attore Toni Servillo Toni Servillo e Ascanio Celestini saranno i protagonisti della quarta giornata del Bobbio Film Festival. Toni Servillo, uno degli attori più noti e amati del cinema italiano, terrà questa mattina, a partire dalle 10, all’Auditorium Santa Chiara, un esclusivo workshop con gli allievi del corso di regia diretto da Marco Bellocchio Fare Cinema. Ma gli appuntamenti con Toni Servillo, non si esauriranno con la giornata di oggi: al Bobbio Film Festival l’attore sarà omaggiato con la proiezione di tre pellicole. Domenica 31 luglio vestirà i panni del ragioniere d’azienda Ernesto Botta nel film ispirato al crac Parmalat Il Gioiellino di Molaioli, martedì 2 agosto sarà un ribelle risorgimentale in Noi credevamo di Martone e infine giovedì 4 interpreterà, sullo sfondo della Germania degli anni ’50, un immigrato italiano dalla vita misteriosa ne Una vita tranquilla di Cuppellini, ruolo con cui si è aggiudicato il premio di migliore attore al Festival internazionale del Film di Roma. l Bobbio Film Festival prosegue stasera con “La pecora nera” di Ascanio Celestini. Classe 1972, romano, Celestini sintetizza cosi la lunga genesi della pellicola: «Nel 2002 ho cominciato a fare interviste in manicomi in giro per l’Italia, nel 2005 è stata iniziata la sceneggiatura per il film che nel settembre dello scorso anno abbiamo presentato in concorso a Venezia. Nelle sale è uscito in ottobre e poi, come succede spesso, è stato in giro per l’Italia e la Francia». In realtà, dietro al film ci sono 150 ore di registrazioni e interviste realizzate fra il 2002 e il 2005 nei manicomi del nord e del centro Italia. La pecora nera mette in scena la storia di Alberto Paolini, per 42 anni (fino al 1992), rinchiuso in un manicomio romano. «In fondo – dice Celestini – il film racconta un disagio che possiamo tutti manifestare, piccoli segnali che possono esplodere in tanti modi». Dopo Venezia, eccola al piccolo grande festival di Bobbio… Il problema è che non si parla più di cinema ma di temi. Il film non è valutato per le inquadrature o i costumi ma per i contenuti. Per fortuna esistono posti come il festival di Giffoni e come Bobbio, che per me non rappresenta una vetrina, ma un bel posto dove discutere di cinema». Tornando ai temi, i suoi sono cari al padrone di casa Marco Bellocchio: le istituzioni che schiacciano l’individuo, la malattia mentale, il potere. «Senz’altro. Certe tematiche, sono affrontate, anche se in modo diverso. Da entrambi: la famiglia, il potere, la religione. M’interessa molto il suo cinema». Una sua caratteristica è quella di utilizzare con padronanza diversi linguaggi espressivi: teatro, cinema, editoria. «Non credo che siano differenti linguaggi, credo siano differenti mezzi. C’è più diversità fra film di due registi, che possono esprimere stili e una visione differente, piuttosto che fra una pellicola e un libro dello stesso autore. Uno scrittore che realizza un film in qualche modo mette nei due prodotti la stessa visione del mondo». Com’è nato il suo stile che recupera la tradizione del racconto orale e va a piazzarsi tra il perfido e il fatato? L’attore e regista Ascanio Celestini, ospite questa sera al Bobbio Film Festival «Ho cominciato con le interviste, perchè avevo interesse alle culture e alla tradizione orale, quindi anche alla fiaba e alla leggenda. La fiaba è il patrimonio più imponente della narrazione orale, esistono storie per i più piccoli altre rivolte alle donne, altre ancora agli uomini. Poi, nel momento in cui la classe dominante ha preso in mano questo patrimonio, la produzione culturale del popolo è stata vista come qualcosa per bambini. Le fiabe sono state riprese e utilizzate come letteratura per l’infanzia, anche se si trattava di letteratura pura, con tutta la sua complessità. «E’ stato svolto un lavoro di edulcorazione, di addolcimento, un po’ come ha fatto per tanti anni Walt Disney. Solo da un po’ di anni è di moda mettere un certo cinismo e una certa violenza anche in questi racconti, per cui sono stati recuperati degli elementi che erano stati eliminati. Della fiaba m’interessano soprattutto le strutture che si ripetono più che i contenuti». Come Propp insegna nel testo Morfologia della fiaba. «Certo. Le strutture, più o meno, sono molto simili perche erano simili i contesti che nei quale veniva- no raccontate le fiabe. «Che poi fossero narratori professionisti che macinavano chilometri e chilometri o oratori domestici, il contesto del racconto orale era molto simile». Perche rinnovare questa tradizione? «M’interessa la qualità visionaria del racconto orale. Chi narra partendo da questa tradizione non sa quasi mai il testo a memoria. «Ci sono le immagini, c’è una qualità visionaria, che deriva da quello che è immaginato piuttosto che da un testo scritto. C’è un senso, quello che mancano sono le parole. Questo è uno dei motivi per cui si parla di visionarietà della tradizione orale, quest’aspetto m’interessava molto». Anche quando si tratta di raccontare contesti specifici, come accade in La pecora nera? «A prescindere dal fatto che la narrazione derivi proprio dalla tradizione della fiaba o che siano storie di vita, la maggior parte delle interviste che faccio e che ho fatto, anche per La pecora nera, sono relative all’oralità intesa come modello per raccontare il proprio vissuto». Carla Fellegara PROIEZIONI ALL’APERTO Al Daturi “Offside”, omaggio al regista Panahi Il cinema all’aperto all’arena estiva Daturi propone questa sera alle 21.30 la proiezione del film “Offside” di Jafar Panahi. Riso amaro sulla condizione della donna in Iran, a partire dallo sport che fa impazzire i maschietti: il calcio. Le donne iraniane non possono andare allo stadio, ma alcune di loro non vogliono proprio perdersi la partita di qualificazione ai Mondiali di Germania 2006... vinti dall’Italia! Gran premio della giuria Orso d’argento a Berlino 2006, Offside è stato distribuito in Italia soltanto nel 2011: un omaggio al regista Jafar Panahi, arrestato nel 2009 e condannato dal Tribunale di Teheran a sei anni di carcere e al divieto per vent’anni di realizzare e dirigere film, scrivere sceneggiature, rilasciare interviste a giornali, radio e tv iraniani e stranieri, e per giunta con l’obbligo di non lasciare il Paese “per montaggio e collusio- ne con l’intenzione di commettere crimini contro la sicurezza nazionale del paese e propaganda contro la Repubblica islamica”. A Parco Raggio di Pontenure invece è in programma “L’altra verità” di Ken Loach. Il titolo originale è Route Irish, ma qui si è preferito distribuirlo con il più gossiparo, o da soap opera, L’altra verità. Potere economico e guerre, un binomio già sospettato, trattato, forse dimostrato. Per parlarne senza peli sulla lingua ci volevano due come Ken Loach e Paul Laverty: regista e sceneggiatore narrano una storia di contractor (mercenario sta a contractor come prostituta a escort: usiamo un’altra parola per ammorbidire il concetto). Una guardia privata a Baghdad, Frankie, viene ucciso sulla Route Irish; Fergus, vecchio amico e compagno d’armi, decide di scoprire la verità sulla sua morte. «Mi chiamo Ascanio Celestini, figlio di Gaetano Celestini e Comin Piera. Mio padre rimette a posto i mobili, mobili vecchi e antichi, è nato al Quadraro e da ragazzino l’hanno portato a lavorare sotto padrone in bottega San Lorenzo. Mia madre è di Tor Pignattara, da giovane faceva la parrucchiera da uno che aveva tagliato i capelli al re d’Italia e a quel tempo ballava il liscio». Inizia così, con il suo stile divenuto inconfondibile, l’autobiografia di Ascanio Celestini, grande affabulatore della scena italiana. Romano, classe 1972, maturità classica studi universitari in lettere con indirizzo antropologico, Celestini scopre il teatro negli anni Novanta partecipando, come attore, ai lavori del Teatro Agricolo O del Montevaso. Il cammino artistico prosegue e ben presto il suo percorso si divide fra teatro di narrazione, di cui rappresenta la cosiddetta seconda generazione, cinema e scrittura. A teatro si ricordano Cicoria (1998), Scemo di guerra (2002), Cecafumo (2002), Fabbrica (2002), Le nozze di Antigone (2003), Live (2007). Con Einaudi ha pubblicato Storie di uno scemo di guerra (2004), La pecora nera (2007), Lotta di classe (2009). E’ recentemente uscito, sempre Einaudi, Io cammino in fila indiana, che è anche uno spettacolo teatrale dove l’autore/attore /narratore, porta in scena alcuni dei suoi testi. Il suo stile, basato sulle sue capacità affabulatorie e sulla sua straordinaria fisicità di stampo teatrale, riprende la grande tradizione della narrazione popolare orale italiana. Vero e proprio folletto da palcoscenico, Celestini deve la sua grande notorietà anche alla sua partecipazione alla trasmissione televisiva nel programma Parla con me di Serena Dandini. L’esordio alla regia cinematografica avviene nel 2010 con La pecora nera, frutto di una lunga ricerca etnografica condotta in diversi manicomi italiani. Il film è presentato in concorso alla passata edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Come molti grandi autori e attori comici, Celestini usa i linguaggi artistici per raccontare i temi eterni della lotta di classe, portando all’attenzione le istanze degli emarginati e dei più deboli. (cieffe)