Città di Carbonia
(Provincia di Carbonia-Iglesias)
Ufficio Stampa Sindaco/ap
COMUNICATO STAMPA
Giulio Cesare/Julius Caesar
18 marzo 2013, ore 21.00
Teatro Centrale, Carbonia
Nuovo appuntamento con la Stagione di Prosa 2012 - 2013 “M’Illumino di Prosa”,
proposta dall’Amministrazione Comunale, in collaborazione con il Cedac.
Lunedì 18 marzo, alle ore 21.00, presso il Teatro Centrale, andrà in scena
“Giulio Cesare/Julius Caesar”, di William Shakespeare, con Giandomenico
Cupaiuolo (Bruto), Roberto Manzi (Cassio), Ersilia Lombardo (Calpurnia), Lucas
Waldem Zanforlini (Casca e Ottaviano), Livia Castiglioni (Porzia), Gabriele Portoghese
(Marc'Antonio). Scene di Arcangela Di Lorenzo; consulente ai costumi Mariano Tufano;
disegno e luci di Javier Delle Monache; adattamento di Vincenzo Manna e Andrea
Baracco. Regia di Andrea Baracco, con la regista - assistente Giulia Dietrich.
“Giulio Cesare/Julius Caesar” ha vinto il Premio Al magro - off 2012 ed è stato
scelto dalla commissione del Globe Theatre di Londra per rappresentare l’Italia al
Festival Globe to Globe 2012, in occasione delle Olimpiadi 2012 e dell’Anno
Shakespeariano.
La rassegna completa e le schede degli spettacoli sono consultabili nel sito
istituzionale www.comune.carbonia.ci.it, nella sezione Teatro - "M’Illumino di Prosa"
Stagione di Prosa 2012 - 2013.
Costo biglietto
primi posti intero: 16 euro , ridotto 14 euro
secondi posti: intero 13 euro, ridotto 11 euro
giovani e studenti fino ai 25 anni: 5 euro
Per informazioni e prenotazioni: Augusto Tolari, telefono 328.1719747.
Vendita biglietti presso il Teatro nei giorni: 16 e 17 marzo dalle ore 17.30 alle
19.30, il giorno 18 marzo dalle ore 10.30 alle ore 12.30 e dalle ore 18.00 alle ore
20.50.
Carbonia, 13 marzo 2013
L’Assessore alla Cultura
Loriana Pitzalis
Note di regia
Nel Giulio Cesare, Shakespeare mette in scena una società in via di estinzione, una
società colta esattamente nell’attimo terminale del proprio crollo, una società vittima
del suo fallimento intellettuale, spirituale e politico.
Shakespeare scatta una “fotografia” di una Roma livida e ferocemente allucinata
dove sullo sfondo, al di là dei colli e dei monumenti, compaiono le nitide sagome di
avvoltoi e di famelici cani rabbiosi, pronti a scagliarsi con insaziabile violenza addosso
a corpi mal conciati dal crollo fisico e nervoso.
La Roma disegnata da Shakespeare è una città che vive sotto un cielo di piombo,
sotto l’ombra di un’ingombrante corona di ferro, una città di silenzi che si fanno culla
di improvvisi rumori, assordanti; è una Roma dove si sentono scrocchiare mandibole e
strofinare violentemente mani l’una contro l’altra (Casca), in cui i corpi, sfiorandosi,
producono sordi suoni di lamiera (i congiurati tutti); è una Roma nascosta e privata
che si raccoglie alla luce di una lampadina per produrre, poi, squarci e profonde ferite
nei luoghi pubblici (ancora i congiurati); è una Roma che suona di passi solitari e
furtivi (Cassio), di verità indicibili che esplodono in pensieri assordanti, in sogni
maldestri (Cesare e Bruto), in visioni apocalittiche nate da menti di donne sterili
(Porzia). [dalla scheda CEDAC, Andrea Baracco]
L’autore
Drammaturgo e poeta, William Shakespeare (1564-1616) è uno dei massimi
esponenti della letteratura inglese e tra i maestri indiscussi del teatro e della cultura
occidentale. Vissuto nel pieno dell’età elisabettiana e poi nel regno illuminato di
Giacomo I, creatore di commedie e tragedie, Shakespeare riuscì a combinare
felicemente il gusto popolare dell’epoca con una complessa caratterizzazione dei
personaggi, una poetica raffinata e una notevole profondità filosofica. Se le incertezze
sui dati biografici hanno ispirato varie e fantasiose ricostruzioni della sua vita, resta
indiscusso il valore della sua opera. Le sue pièces tradotte in molte lingue vengono
tuttora rappresentate nelle più diverse parti del mondo e risultano ancora
perfettamente attuali nella precisa fotografia del gioco delle passioni, delle ambizioni, i
desideri, le paure e i sogni, in un meraviglioso ritratto di ciò che è universalmente
umano.
In esse si riflette, nelle sue molteplici sfaccettature, il senso dell’esistenza, dalla
giovinezza all’età matura, tra gioia e dolore, pianto e riso, illusioni e disincanto.
La Compagnia
Il progetto del “Giulio Cesare” fa capo alla direzione artistica di Andrea Baracco,
regista formatosi e perfezionasi all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica “Silvio
D'Amico”, con cui ha poi collaborato in qualità di tutor, assistente alla cattedra di regia
e principale collaboratore alla Direzione.
Dall’incontro con il giovane drammaturgo Vincenzo Manna nasce un sodalizio
artistico. Baracco firma la regia di “Elisa Cruz” di Manna, e inizia così un percorso
comune che prosegue con l'adattamento del “Giulio Cesare”, ritradotto dallo stesso
Manna.
Nel cast spicca il nome dell'attore Giandomenico Cupaiuolo, che ha collaborato
con Baratta fin dai tempi dell’Accademia come interprete e protagonista di molti suoi
lavori, per i quali ha ricevuto anche diversi riconoscimenti.
Ersilia Lombardo (Calpurnia), unica a non essersi formata presso l’Accademia
Nazionale Silvio D’Amico, è cresciuta professionalmente all'interno della Compagnia
Sudcostaoccidentale diretta da Emma Dante. E’ stata protagonista dello spettacolo
“Vita Mia” e interprete, tra il 2001 e il 2009 di tutti gli spettacoli prodotti (“Medea”,
“M-Palermu”, “Rosa e Maria”, “Le Pulle”);
Gabriele Portoghese (Marco Antonio) ha lavorato con la direzione di Ferdinando
Bruni in “Shopping and Fucking” di Mark Ravenhill, per la produzione del Teatro
dell'Elfo, e in “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare, per la regia di
Carlo Cecchi per la produzione del Teatro Stabile delle Marche.
Gli interpreti più giovani sono stati più volte diretti da Andrea Baracco e formano
con Cupaiuolo il nucleo artistico consolidato di questa formazione: Livia Castiglioni
(Porzia); Roberto Manzi (Cassio), che ha lavorato con la Fura dels Baus nello
spettacolo “Troiane ed Ecuba”, e con il Teatro del Carretto in “Odissea” diretto da
Maria Grazia Cipriani; Lucas Waldem Zanforlini (Casca e Ottaviano) è stato anche
protagonista nel ruolo di Romeo nel “Romeo e Giulietta” di Shakespeare diretto - per
la produzione del Teatro Stabile del Veneto - da Giuseppe Marini.
Note di drammaturgia e traduzione
Giulio Cesare nella visione della regia di Andrea Baracco è un ibrido, un “individuo”
generato dall’incrocio di due “organismi” diversi tra di loro ma strettamente legati
l’uno all’altro: l’originale di Shakespeare (ritradotto e adattato) e un testo inedito che
“amplia” e “sviluppa” il dramma shakespeariano secondo le esigenze della regia e del
lavoro con gli attori, nel tentativo di gettare una nuova e inedita luce su alcuni aspetti
e tematiche del testo ritenute particolarmente interessanti e potenzialmente ricche di
nuovi e attuali significati.
Il testo di Shakespeare è mantenuto quasi nella sua totalità: viene rispettata sia la
fabula che ricostruisce in modo assolutamente concreto e verosimile un fatto ben noto
della storia romana, sia l’intreccio che segue linearmente la scansione cronologica
degli eventi. Rispetto all’originale vengono operati solo degli snellimenti e dei tagli
volti a rendere più veloce, scorrevole e incisiva la progressione della storia; e con
questo s’intende non solo un opera di “de-elisabettizzazione” e “de-romanizzazione”
del testo, in un’ottica attualizzante ma anche il portarne all’osso il plot, il renderlo il
più crudo ed essenziale possibile, il farne quasi uno scheletro su cui intervenire,
sfruttandone le agilità e le possibilità di movimento. E intorno a questo scheletro
creare i pretesti per la scrittura di scene e brani inediti.
Testo shakespeariano, quindi, e qualcosa in più, ma in una direzione ben precisa.
Un viaggio nel tentativo di portare un po’ di luce nell’ombra di una storia che coglie i
momenti cruciali di una crisi sociale, politica e umana che suona quanto mai attuale,
nell’oscurità dove la ragione si confonde con il sogno, l’immaginazione con la realtà, il
presente con il futuro, lo spazio della Roma antica con la Roma di oggi.
E la traduzione sarà l’elemento che permetterà linguisticamente il convivere di
questi due organismi: il testo shakespeariano e i brani originali. Una traduzione
caratterizzata dall’abbassamento lessicale, da una sorta di “brutalizzazione” del
linguaggio, reso più concreto e diretto, e si spera, immediato, fedele alla crudezza
delle vicende, senza indugiare in lirismi o in atteggiamenti compiaciuti, aulici o
vuotamente “poetici”. Il tutto secondo una scansione sintattica il più possibile
“parlata”, fresca, disponibile alla recitazione.
(dalla scheda CEDAC - Vincenzo Manna)