LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL PUBBLICO IMPIEGO di Giovanni Mammone SOMMARIO: I. La contrattazione collettiva nel pubblico impiego. La disciplina della legge quadro del 1983. II. La riforma del regime della contrattazione collettiva. - III. Decentramento amministrativo e contrattazione collettiva - IV. Ambito oggettivo della contrattazione collettiva. - V. (Segue) Organizzazione dei pubblici uffici e contrattazione collettiva. L’art. 97 della Costituzione. - VI. Ambito soggettivo della contrattazione collettiva e natura giuridica dei contratti. - VII. Le parti stipulanti e l'attività contrattuale. - VIII. I contratti collettivi quadro - IX. La contrattazione nazionale - X. Aree contrattuali dei dirigenti - XI La contrattazione integrativa - XII. Obbligo a trattare della pubblica amministrazione - XIII. Efficacia del contratto collettivo. Rapporti con l'art. 39 Cost. - XIV. Pubblicazione dei contratti collettivi sulla Gazzetta Ufficiale. XV. Stipulazione del contratto. Controllo di legalità e del costo economico della contrattazione. - XVI. Il procedimento di contrattazione collettiva prima della riforma del 1997-98. - XVII. Il procedimento di contrattazione collettiva dopo la riforma. - XVIII. La certificazione della Corte dei Conti. (*) I. La contrattazione collettiva nel pubblico impiego. La disciplina della legge quadro del 1983 La contrattazione collettiva nel pubblico impiego trova le sua ragione principale nell’esigenza di ridimensionare il ruolo della legge nella regolazione degli aspetti funzionali del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti, del quale non è in grado di disciplinare tutti gli aspetti. La fonte legislativa dovrebbe, invece, fissare i principi generali di organizzazione degli uffici, mentre nella regolazione del rapporto di lavoro dei dipendenti della Pubblica amministrazione la legge dovrebbe fornire, come nel settore privato, una disciplina minima aperta all’integrazione in senso migliorativo della contrattazione collettiva (e, ove possibile, individuale) (1). La legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 93 prevedeva che particolari aspetti normativi del rapporto di lavoro pubblico fossero regolati in sede pattizia tra la p.a. e le organizzazioni sindacali dei lavoratori, delle quali, pertanto, veniva riconosciuta la presenza nel pubblico impiego (art. 3). Tale regolamentazione si sviluppava attraverso un composito sistema per il quale i pubblici dipendenti erano raggruppati in comparti di contrattazione collettiva, nell'ambito dei quali erano individuate, come parti stipulanti, la delegazione della parte pubblica e quella sindacale. Gli accordi in sede compartimentale erano preceduti da accordi intercompartimentali aventi lo scopo di creare una (*) AVVERTENZA: I riferimenti normativi contenuti nel testo sono quelli del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29, come successivamente emendato dalle fonti sopravvenute. Essendo stata tale normativa abrogata e trasfusa nel decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, contenente le Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (art. 72, lett. t, art. 74), vero e proprio tentativo di testo unico sul pubblico impiego, per individuare il vigente riferimento legislativo delle disposizioni richiamate nel testo, si rinvia alla TABELLA DI RACCORDO riportata sub allegato 1. 1 RUSCIANO, L'impiego pubblico in Italia, p. 311. 1 disciplina omogenea per una serie di materie di cui era ritenuta opportuna l'uniformità di regolamentazione per tutti i pubblici dipendenti (art. 12). La disciplina pattizia risultante dagli accordi (sia intercompartimentali, che di comparto) era recepita e resa vigente erga omnes con decreto del Presidente della Repubblica (art. 6). Per particolari aspetti normativi inerenti l'organizzazione del lavoro e “tutte le altre misure volte ad assicurare l'efficienza degli uffici”, erano previsti accordi decentrati per singole branche e per aree territorialmente determinate, alla cui stipulazione procedevano delegazioni di cui facevano parte per la p.a. il ministro competente (o un suo delegato) e per i dipendenti le oo.ss. (art. 14). Per la contrattazione decentrata l'accordo diventava operante all'atto del recepimento con apposito decreto del ministro o del suo delegato (2). II. La riforma del regime della contrattazione collettiva - La riforma della contrattazione collettiva nel pubblico impiego è passata attraverso due fasi. La prima formulazione del d. lvo. 3 febbraio 1993 n. 29, emanata in diretta attuazione dei principi enunziati dalla legge-delega 23 ottobre 1992 n. 491, nel testo risultante dalle modifiche apportate dai d.lvi 10 novembre 1993 n. 470 e 23 dicembre 1993 n. 546, già conteneva profonde innovazioni nei confronti del sistema previsto dalla l. 93/83, con ampliamento dell'area della contrattualizzazione, previsione di più livelli contrattuali (compartimentale, decentrato, accordi-quadro), istituzione della Agenzia per le relazioni sindacali quale soggetto contrattuale unico rappresentativo della p.a. (art. 50), creazione di un'area di contrattazione per il personale dirigenziale. Ma la contrattazione collettiva nel pubblico impiego ha ricevuto una nuova regolazione a seguito dei diversi principi introdotti con la legge-delega 15 marzo 1997 n. 59, art. 11, co. 4° e 6° (c.d. legge Bassanini uno). Tale legge, nel suo complesso, (assieme alla di poco successiva legge 15 maggio 1997 n. 127, c.d. legge Bassanini due) si ripromette una più generale riforma della Pubblica amministrazione, collocandola in un quadro normativo che le consenta di assumere la dimensione di effettiva parte privata nell’ambito del rapporto di lavoro pubblico, facendo venir meno tutte quelle norme che, nel precedente schema, le riconoscevano una residua dimensione pubblicistica. Al riguardo l’art. 11 della legge 59/97 espressamente prevede che le norme delegate debbano “completare l’integrazione della disciplina del lavoro pubblico con quella del lavoro privato e la conseguente estensione al lavoro pubblico delle disposizioni del codice civile”. 2 In attuazione della l. 83/93 furono emanati vari Decreti presidenziali a recepimento di accordi sindacali, tra cui (menzionando solo i più importanti) i decreti 1 febbraio 1986 n. 13 e 23 agosto 1988 n. 395 (accordi intercompartimentali ex art. 12 l. 83/93, relativi rispettivamente ai trienni 1985-87 e 1988-90), 8 maggio 1987 n. 266 e 17 gennaio 1990 n. 44 (accordi per il comparto del personale dipendente dai ministeri, relativi rispettivamente ai trienni 1985-87 e 1988-90). 2 Questa riforma (definita seconda privatizzazione del pubblico impiego3) ha trovato la sua definitiva attuazione con i d.lvi 4 novembre 1997 n. 396, 31 marzo 1998 n. 80 e 29 ottobre 1998 n. 387, che hanno ridisegnato l’originario schema del d.lvo 29/93, apportandovi modifiche sostanziali. III. Decentramento amministrativo e contrattazione collettiva. E’ proprio nella nuova regolazione della contrattazione collettiva che si rende più evidente il disegno del legislatore di emancipare l’Amministrazione pubblica dal diritto speciale del soggetto pubblico per ridurla alla posizione paritaria di parte datoriale. Con riferimento alla contrattazione collettiva sono essenzialmente tre gli obiettivi che si pone la riforma: a. collegare al decentramento del sistema amministrativo un parallelo decentramento del sistema di contrattazione collettiva, in modo da rendere compatibili l’autonomia delle amministrazioni in sede contrattuale con i vincoli finanziari che gravano sul sistema amministrativo; b. rendere normativamente coerente la natura privatistica e consensuale della fonte collettiva con l’esigenza di trasparenza ed uniformità che caratterizza l’attività del datore di lavoro pubblico; c. introdurre una disciplina di rappresentatività sindacale funzionale non solo all’accesso ai diritti sindacali, ma anche alla partecipazione alla contrattazione (4). IV. Ambito oggettivo della contrattazione collettiva - Dal nuovo impulso della riforma del pubblico impiego sono derivate profonde innovazioni nella materia della contrattazione collettiva, motivate essenzialmente dall’esigenza di dettare una normativa nuova, capace di consentire alla Pubblica amministrazione di muoversi, pur nella particolarità del suo ruolo, secondo le regole comuni del diritto del lavoro. La l. 93/83 distingueva tra materie regolate con legge (art. 2) e materie regolate a mezzo della contrattazione collettiva (art. 3). Questa impostazione è stata sostanzialmente conservata dalla legge delega 23 ottobre 1992 n. 421 (costituente soprattutto una regolamentazione delle fonti) che, nel quadro di una maggiore assimilazione del rapporto di impiego pubblico a quello privato, ha proceduto ad un notevole ampliamento dell'area della contrattazione, prevedendo come principio generale “che i rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti di cui agli art. 1, co. 1º, della l. 29 marzo 1983, n. 93 [ovvero il personale delle regioni a statuto ordinario, delle provincie, dei comuni e di tutti gli enti pubblici non economici nazionali, 3 4 D’ANTONA, F.it. 99, I, c. 624. D’ANTONA, op.cit., c. 626 3 regionali e locali], siano ricondotti sotto la disciplina del diritto civile e siano regolati mediante contratti individuali e collettivi” (art. 2, co. 1º, lett. a). Al principio generale della disciplina collettiva del rapporto, però, la stessa l. 421/92 pone l'eccezione che siano regolate “con legge, ovvero, sulla base della legge o nell'ambito dei principi dalla stessa posti, con atti normativi o amministrativi” le seguenti materie: 1) responsabilità giuridiche degli operatori, 2) organi, uffici e modo di conferimento della titolarità degli stessi, 3) principi fondamentali di organizzazione degli uffici, 4) procedimenti di selezione e di avviamento del personale, 5) ruoli e dotazioni organiche, 6) garanzia della libertà di insegnamento e autonomia professionale nell'attività didattica, scientifica e di ricerca, 7) disciplina delle responsabilità e delle e attività” (art. 2, co. 1º, lett. c). Tale elencazione, meno ampia di quella dell'art. 2 della l. 93/83, consentiva l'espansione dell'area di manovra della contrattazione collettiva, che pure nella realtà si rivelava meno ampia di quanto avrebbe potuto apparire a prima vista, in quanto essa trovava un ulteriore limite nella normazione di attuazione dei principi e criteri direttivi della legge delega. Su questo assetto normativo, ai fini dell’individuazione dello spazio riservato alla contrattazione collettiva, si inserisce la disposizione della legge 59/97, art. 11, co. 4, lett. a, la quale, pur lasciando fermi i criteri direttivi di cui all’art. 2 della l. 421/92, prevedeva che, all’atto dell’esercizio della delega, il Governo si attenesse “a integrazione, sostituzione o modifica degli stessi”, al criterio ulteriore di “completare l’integrazione della disciplina del lavoro pubblico con quella del lavoro privato e la conseguente estensione al lavoro pubblico delle disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro privato nell’impresa; estendere il regime di diritto privato del rapporto di lavoro anche ai dirigenti generali ed equiparati delle amministrazioni pubbliche, mantenendo ferme le altre esclusioni di cui all’art. 2, co. 4 e 5, del d. V. Organizzazione dei pubblici uffici e contrattazione collettiva. L’art. 97 della Costituzione. - Il d.lvo 80/98, superando la rigida divisione prevista dalla legge 421/92, ha previsto che le amministrazioni pubbliche definiscano le linee fondamentali di organizzazione degli uffici sulla base di principi fissati da legge (art. 2 del d.lvo 29/93, nuovo testo) e organizzino gli uffici e gestiscano i rapporti di lavoro con la capacità ed i poteri dei datori di lavoro privati (art. 4 dello stesso d.lvo 29/93, nuovo testo). Di fronte a questo accavallamento di fonti normative si è posto il dubbio di quale sia l’effettivo spazio di incidenza delle singole fonti regolatrici dell’organizzazione degli uffici e, per quanto qui interessa, della contrattazione collettiva, prospettandosi le tesi che le nuove norme 4 abbiano abrogato quelle della l. 421/92 (5), oppure che le norme della l. 421/92 costituirebbero ancora il limite dell’ambito contrattualizzato per mancanza di esplicita abrogazione da parte della l. 59/97 (6). In questo quadro anche il nuovo testo dell’art. 2 del d.lvo 29/93 inserisce la contrattazione collettiva tra le fonti di regolazione del rapporto di lavoro e di impiego pubblico, a condizione che la stessa sia svolta secondo i criteri e le modalità previste dagli artt. 45 e segg. (titolo III) dello stesso decreto (7). La nuova formulazione dell’art.45 prevede che la contrattazione collettiva si svolga su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali (co. 1°). Questa previsione, che si inserisce nel solco della riforma del rapporto di pubblico impiego sopra indicato, è compatibile con il principio affermato dall’art. 97 della Costituzione, secondo il quale gli uffici pubblici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in quanto la riserva di legge è da ritenersi limitata a “quegli aspetti in cui il rapporto di ufficio implica lo svolgimento di compiti che partecipano al momento organizzativo della pubblica amministrazione” (8). Sarebbero rimessi alla regolazione di legge le competenze degli uffici rilevanti verso l’esterno e l’interno, la cui lesione sia suscettibile di tradursi in vizio di legittimità del procedimento con cui è esercitata la funzione pubblica e, quindi, in violazione del principio di legalità (9). VI. Ambito soggettivo della contrattazione collettiva e natura giuridica dei contratti. - L’art. 2, co. 4º, de d.lvo 29/93 determina le categorie di dipendenti pubblici escluse dalla contrattazione, quali i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia (a partire rispettivamente dalle qualifiche di segretario di legazione e di vice consigliere di prefettura), alcune categorie di dirigenti generali dello Stato e di alcuni enti pubblici, i dipendenti del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), dell'Autorità di controllo della concorrenza e del mercato, i professori ed i ricercatori universitari. La disciplina di queste categorie è rimessa ai rispettivi ordinamenti. La contrattazione collettiva del pubblico impiego, tuttavia, non assume lo stesso carattere e la stessa natura giuridica del contratto collettivo di diritto comune, non risolvendosi il problema della 5 TRISORIO LIUZZI, in CARINCI-D’ANTONA, Commentario, pp. 1818-1820. IARIA, in AA.VV., La riforma del pubblico impiego, II ed., p. 72; D’ORTA, in CARINCI-D’ANTONA, Commentario, p. 166, per il quale eventuali invasioni della contrattazione nel potere organizzativo pubblicistico del legislatore e delle amministrazioni comporterebbero un vizio dei contratti rilevabile dal giudice ordinario. 7 ZOPPOLI, in AA.VV. L'impiego pubblico nel diritto del lavoro, p. 5. 8 Corte cost. 96/313, F. it. 97, I, 34 e 97/309, R.d.lav. 98, II, 37. 6 5 riferibilità alla P.A. della contrattazione con la struttura tecnica dell'agenzia. Tale struttura, peraltro, vale a ricomporre la pluralità dei soggetti pubblici, ma non ad esprimere un interesse collettivo in senso proprio e neppure una sintesi degli specifici interessi pubblici dei vari settori (10). Pertanto, i contratti collettivi, pur costituendo lo strumento per ricondurre al diritto civile la disciplina dei rapporti di lavoro pubblico, non sono equiparati al contratto collettivo c.d. di diritto comune, ma neppure costituiscono fonti di diritto obiettivo (11). Al contratto collettivo del lavoro pubblico è stata assegnata natura giuridica di contratto ad evidenza pubblica, in ragione dell’alternanza di negoziazioni di diritto privato e di fasi procedimentali di diritto pubblico (12), VII. Le parti stipulanti e l'attività contrattuale. La stipulazione dei contratti collettivi nel sistema del d.lvo 29/93 è rimessa per la parte pubblica all'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), mentre per la parte sindacale le oo.ss. ammesse alla stipulazione sono specificamente determinate dall'art. 47 bis dello stesso d.lvo 29/93. Mentre l'espletamento dell'attività negoziale della P.A. è disciplinata sulla base di una procedura regolata dall’art. 51, la legge si astiene da ogni intervento circa la formazione della volontà della parte sindacale, allo scopo di evitare ogni interferenza sull'autonomia delle oo.ss. dei dipendenti e, in sostanza, nel rispetto assoluto del principio di libertà sindacale. La mancanza di regolazione delle modalità procedurali e temporali dell'esercizio dell'attività contrattuale ai vari livelli costituisce implicitamente riconoscimento di una competenza propria in materia dei soggetti negoziatori, i quali in avvio di contrattazione potranno regolare anche questo aspetto in sede negoziale. In particolare, viene lasciata alle organizzazioni stipulanti ampia libertà di procedere all'espletamento di procedure interne 9 D’ORTA, op.cit., p. 153 e 163. SCIARRA, Giorn. d. lav. 93, 487. 11 ZOPPOLI, op. ult. cit., p. 10; SANTORO PASSARELLI, Lav. e d. 93, p. 566. D’ANTONA, op.cit., c. 625, rileva, tuttavia, che i contratti collettivi delle pubbliche amministrazioni sono contratti privatistici nominati e non di diritto comune, poiché la legge ne disciplina soggetti, modalità di formazione ed effetti giuridici. 12 D’ANTONA, F.it. 95, V, 35. Tuttavia sono state avanzate varie e differenti tesi. Sotto la vigenza del precedente testo dell’art. 45, fu avanzata la tesi della funzionalizzazione del contratto, trattandosi di fonte destinata a contemperare le esigenze organizzative dell’amministrazione, la tutela dei dipendenti e l’interesse degli utenti (RUSCIANO, Lav. e dir. 96, p. 68). Altri ancora hanno inquadrato il contratto tra le fonti del diritto, in ragione del complessivo trattamento normativo ad essi riservato (obbligo di osservarne le clausole posto a carico della P.a., riconoscimento di trattamento economico non inferiore a quello contrattuale, rappresentanza legale dell’ARAN di tutte le pubbliche amministrazioni (MARESCA, D.rel.ind. 96, p. 237). TOFFOLI, INPDAP 99, p. 62, sulla base di una generale ricostruzione dell’istituto della contrattazione collettiva successivamente alle modifiche proposte dai d.lvi di attuazione della legge delega 59/97, ritiene che le norme contrattuali abbiano assunto il carattere di norme di diritto obiettivo. 10 6 di verifica dell'ipotesi di accordo (ad es. con il referendum o la ratifica nelle assemblee dei lavoratori). La durata temporale dei contratti è affidata all'autonomia delle parti (art. 45, co. 4º). VIII. I contratti collettivi quadro. - La nuova disciplina rende solo facoltativa la contrattazione preliminare destinata a determinare per alcune materie una omogenea normativa da porre a base della normazione compartimentale. Tale funzione (originariamente assolta dagli accordi intercompartimentali, obbligatoriamente previsti dall'art. 12 della l. 93/83) è assegnata agli accordi quadro, già previsti dall'art. 45, co. 5º (testo soppresso) ed ora indirettamente regolata dall’art. 47 bis, co. 4°, ove sono indicati i soggetti sindacali ammessi “alla contrattazione collettiva per la stipulazione degli accordi o contratti collettivi che definiscono o modificano i comparti o le aree o che regolano istituti comuni a tutte le pubbliche amministrazioni o riguardanti più comparti”. L'attivazione di tale livello negoziale è interamente lasciata all'iniziativa delle parti, di modo che non può nemmeno prospettarsi una sua necessaria priorità temporale rispetto ai contratti di comparto. In questo distinguendosi del tutto dalla vecchia contrattazione intercompartimentale, che aveva funzione strutturale e non meramente funzionale Tali contratti sono stipulati dall'agenzia per la parte pubblica e dalle confederazioni sindacali alle quali, in almeno due comparti o due aree contrattuali, siano affiliate organizzazioni sindacali con caratteri di rappresentatività specificamente individuati (cfr. art. 47 bis, c. 4). IX. La contrattazione nazionale. - Il nuovo testo dell’art. 45 ha introdotto la distinzione tra contrattazione nazionale e contrattazione integrativa di carattere decentrato. La contrattazione collettiva nazionale avviene a livello di comparto. Il comparto (menzionato dalla legislazione delegata, senza che nelle leggi delega 421/92 e 59/97 se ne faccia menzione) è uno strumento tecnico di organizzazione della struttura contrattuale del pubblico impiego e rappresenta l'unità di contrattazione nazionale, non coincidente né con il settore, n di pubblici dipendenti. Esso comprende settori omogenei o affini del pubblico impiego. Tale indicazione è di carattere generale, in quanto i concetti di omogeneità ed affinità sono storicamente variabili, e non fissa un limite spaziale alle dimensioni del comparto, anche se il termine “settore” sembra escludere terminologicamente la dimensione “orizzontale”. Si ritiene che il comparto nel nuovo schema contrattuale non debba essere necessariamente identificato con la categoria “merceologica” di stampo privatistico (intesa nella specie come identità di attività effettivamente svolta dai pubblici dipendenti). Sono rimesse alla stessa contrattazione 7 collettiva tutte le opzioni concernenti l’articolazione contrattuale (suddivisione in comparti; definizione delle aree dirigenziali, individuazione di sezioni specifiche per tipologie professionali, rapporti tra contratti di livello nazionale e livello decentrato). Non sono previsti il numero e la consistenza dei comparti (e viene meno, anzi, la norma dell'art. 5 della l. 93/83 che imponeva il raggruppamento dei pubblici dipendenti in un numero limitato di comparti). Essi sono determinati sulla base di accordi intercorsi tra l'agenzia e le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative ai sensi dell’art. 47 bis (art. 45, co. 3º). In questo caso la contrattazione collettiva non deriva da una scelta discrezionale dell'amministrazione, ma costituisce un presupposto necessario per la definizione del numero e della consistenza dei comparti. Con il contratto collettivo nazionale quadro 2.6.98 sono stati stati determinati otto comparti di contrattazione collettiva, raggruppando i dipendenti delle pubbliche amministrazione come segue: a. ministeri; b. enti pubblici non economici; c. regioni ed autonomie locali; d. servizio sanitario nazionale; e. istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione; f. personale della scuola; g. personale dell’università; h. aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo. X. Aree contrattuali dei dirigenti. Le figure professionali contrattualizzate. - Analogamente ai comparti sono stabilite con accordi tra l’A.R.A.N. e le oo.ss. le aree di contrattazione autonoma dei dirigenti, le quali possono abbracciare uno o più comparti. Per i di confermata la specifica area contrattuale prevista dal d.lvo 30.12.92 n. 502 (art. 45, co. 3). Tale disciplina torna in sostanza all’impostazione originariamente accolta dalla l. 421/92, disattesa dall’art. 46 vecchio testo del d.lvo 29/93, la quale voleva promuovere una area di contrattazione unica per tutti i dirigenti pubblici, all’interno della quale valorizzare le specifiche tipologie professionali (13). L’accordo-quadro 25.11.98 ha previsto che saranno adottati quattro contratti per le aree dirigenziali: due destinate ai dirigenti della sanità (una per i medici e l’altra per i non medici), una ai dirigenti di regioni ed amministrazioni locali, una ai dirigenti delle amministrazioni comprese negli altri cinque comparti. Mentre per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità, “svolgono compiti di direzione o che comportano iscrizione ad albi oppure tecnico scientifici e di ricerca” sono stabilite discipline distinte nell’ambito dei contratti collettivi di comparto, per le specifiche tipologie professionali previste dalla prima parte dell’art. 11, lett. d., della l. 59/97 (distinte dalle figure 13 BARBIERI, in CARINCI-D’ANTONA, Commentario, p. 1139 e 1148. 8 professionali appena menzionate) il legislatore delegato non ha emanato alcuna specifica norma, nella sostanza non effettuando sul piano contrattuale alcuna distinzione dai dirigenti (14). XI. La contrattazione integrativa. - La contrattazione collettiva decentrata aveva nel disegno originario del d.lvo 29/93 un ambito di azione ridotto, limitato al contemperamento tra le esigenze organizzative, la tutela dei dipendenti e l’interesse degli utenti. La contrattazione integrativa prevista dall’art. 45, co. 4°, è, invece, uno dei dati più qualificanti del nuovo assetto dell’amministrazione pubblica introdotto dalla l. 59/97, in quanto rappresenta un decentramento del sistema di contrattazione parallelo al decentramento del sistema amministrativo. Sono le singole pubbliche amministrazioni ad attivare autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dei vincoli di bilancio e nell’ambito dai criteri delineati dai contratti collettivi nazionali (15). Essa si svolge solo sulle materie e nei limiti fissati dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti dagli stessi previsti. Le disposizioni regolatrici della contrattazione integrativa contenute nell’art. 45, co. 4°, sono di proposito scarne e sommarie, in quanto obiettivo del legislatore è quello di consentire a questo livello negoziale di muoversi “in coerenza con il settore privato” e nell’ottica della semplificazione e della maggiore speditezza delle procedure di contrattazione (art. 11, c. 4, lett. c, della l. 59/97). E' sancita la prevalenza del contratto collettivo nazionale su quello di livello decentrato, con la sanzione, non riscontrabile in diritto privato, della nullità delle clausole contrattuali dell’accordo difformi da quello nazionale (il che avviene tanto nel caso che la pattuizione difforme sia peggiorativa, tanto che sia migliorativa). L’amministrazione non può, dunque, sottoscrivere in sede decentrata contratti integrativi in contrasto con i vincoli dei contratti nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti finanziari. Si tratta di una norma che, oltre a prendere atto della forte centralizzazione tuttora presente nella pubblica amministrazione, intende scongiurare i rischi del decentramento contrattuale, quali la creazione di differenziali salariali non collegati con una maggiore produttività nell’ambito dello stesso comparto e la perdita di controllo delle dinamiche retributive (16). XII. Obbligo a trattare della pubblica amministrazione. L'art. 4 del d. lvo. 29/93 prevede che “nell’ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all’art. 2, co. 1 [ovvero gli atti organizzativi 14 BARBIERI, op. cit., p. 1150 D’ANTONA, F.it. 99, I, c. 625. 16 D’ANTONA, Lav.pubbl.amm., 1998, p. 51 15 9 che, secondo i rispettivi ordinamenti, definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici] le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro”. Al di fuori della fissazione delle dette linee fondamentali (attinenti la macroorganizzazione degli uffici) e, quindi, per tutto quanto riguarda l’organizzazione degli uffici (microorganizzazione) è ancora valida la affermazione fatta sotto il vigore del precedente testo, secondo cui le amministrazioni non hanno alcun obbligo di trattare la disciplina del rapporto di impiego dei loro dipendenti e sono libere di applicare le disposizioni di legge o di contratto già esistenti, senza stipulare nuovi accordi o contratti e che la parte datoriale, una volta intavolate le trattative, deve rispettare le procedure e le prerogative della controparte contrattuale, senza alcun obbligo di dover pervenire ad un risultato contrattuale. A differenza che nel sistema della l. 93/83, la contrattazione non è mai necessaria e non è più condizione di legittimità per le decisioni attinenti l'organizzazione degli uffici, atteso che il rapporto ontrattazione collettiva, sia dal contratto individuale, sia – nei casi previsti dalla legge – unilateralmente dal datore di lavoro. Unico caso di obbligo a trattare è quello previsto dall'art. 49, co. 1º, del d. lvo. 29/93, per il quale “il trattamento economico fondamentale e accessorio è definito dai contratti collettivi (17). XIII. Efficacia del contratto collettivo. Rapporti con l'art. 39 Cost. - L'ultimo comma dell'art. 45 prevede che le amministrazioni pubbliche osservano gli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della loro definitiva sottoscrizione, adempiendovi nelle forme previste dai propri ordinamenti. Il contratto è, pertanto, solo unilateralmente collettivo, nel senso che vincola i lavoratori iscritti alle oo.ss. stipulanti, ma non le pubbliche amministrazioni, che sono tenute a rispettarli per obbligo di legge. L'estensione della contrattazione ai lavoratori deriva da quest'obbligo di legge e dall'obbligo di garantire la parità di trattamento di tutti i dipendenti previsto dall'art. 49, co. 2º (18). La circostanza che la legge delega non prevedesse la trasposizione degli accordi sindacali in una fonte regolamentare (quale prevista dalla l. 93/83 con il recepimento in d.P.R.), aveva suscitato notevoli perplessità, perché si riteneva che la affermazione pura e semplice della validità erga omnes dei contratti collettivi avrebbe comportato una violazione dell'art. 39 Cost. che sottopone tale validità 17 18 ZOPPOLI, in AA.VV., L'impiego pubblico nel diritto del lavoro, p. 7. SCIARRA, op. cit., p. 493. 10 a ben precisi requisiti, nella specie non presenti (19). Il meccanismo della vincolatività immediata dei contratti collettivi, previsto dall'art. 45, co. 5º, si affermava, consentiva nella pratica di aggirare (ma non di superare) il problema dell'inattuazione dell'art. 39 Cost. e di far salva la legittimità costituzionale della norma (20). Corte cost. 97/309 ha ritenuto, tuttavia (con riferimento al testo previgente, pressochè analogo, dell’art. 45, co. 9°), che la norma costituzionale non è violata dal sistema attuato dal legislatore di porre a carico delle pubbliche amministrazioni il dovere le disposizioni dei contratti collettivi. L’applicazione del contratto collettivo deriva, infatti, non da una sua previsione di obbligatorietà ma dall’obbligo di adempimento posto a carico delle pubbliche amministrazioni. Il carattere cogente della norma collettiva nei confronti delle pubbliche amministrazioni, secondo la Corte costituzionale, “costituisce, a sua volta, la premessa per realizzare la garanzia della parità di , co. 2, del d.lvo 29/93 ... Garanzia, dunque, d’inderogabilità dei livelli minimi, che del resto potrebbe considerarsi nascente da uno schema già noto al contratto collettivo di diritto privato, ma che qui diventa anche funzione diretta di un preciso dovere dell’amministrazione-datore di lavoro” (Corte cost. 97/309). XIV. Pubblicazione dei contratti collettivi sulla Gazzetta Ufficiale. - L’art. 44, co. 6, del d.lvo 80/98 prevede che i contratti “di cui all’articolo 45, commi 3 e 4, del d.lvo 3 febbraio 1993 n. 29, sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”. Tale pubblicazione ha una funzione esclusivamente notiziale e non influisce sull’efficacia delle norme contrattuali, atteso che il co. 5° dell’art. 45 in commento precisa che le amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi “dalla data della loro stipulazione” (21). XV. Stipulazione del contratto. Controllo di legalità e del costo economico della contrattazione. L'art. 51 (a dispetto della sua rubrica) non regola l'attività negoziale dell'agenzia e della parte sindacale, per la quale - come già rilevato al § VII - il d. lvo. 29/93 non fissa alcuna procedura, ma, più propriamente, disciplina la fase della sottoscrizione dell'ipotesi di accordo raggiunta dai soggetti stipulanti. Esso va letto in stretta unione con gli artt. 46 e 52, che disciplinano rispettivamente il potere di indirizzo delle pubbliche amministrazioni tramite i comitati di settore nei confronti 19 Cons. St., I sez., par. 31 agosto 1992 n. 146, in F.it. 93, III, 4, sul disegno di legge delega; cfr. GRANDI, Lav. e dir. 93, p. 587. 20 ALBANESE, F. it. 93, V, c. 449; IARIA, op. cit., I ed., p. 241. Contra, invece, G.U. RESCIGNO, Lav. e d. 93, p. 560, per il quale la illegittimità costituzionale della disciplina del d. lvo. 29/93 sarebbe evitata solo affermando che, in nome della specialità del rapporto, l'art. 39 non trova applicazione al pubblico impiego 21 BARBIERI, op.cit., p. 1179 11 dell'agenzia ed i limiti di compatibilità della contrattazione con il bilancio dello Stato. La contrattazione, quindi, è preceduta e seguita da una attività più propriamente amministrativa destinata (parallelamente a quanto in precedenza previsto, seppure in termini diversi, dall'art. 6 della l. 93/83) a soddisfare una funzione di raccordo tra l'attività negoziale vera e propria (così come espressa dalle parti contraenti) e la sfera istituzionale in cui la pubblica amministrazione opera. Il sistema adottato nell’originaria impostazione del d.lvo 29/93 prevedeva, per la contrattazione nazionale (accordi-quadro e contratti di comparto), che l’agenzia sottoscrivesse i contratti solo dopo una esplicita autorizzazione del Governo, e, per la contrattazione decentrata, che la sottoscrizione avvenisse solo dopo l'autorizzazione “dell'organo di vertice previsto dai rispettivi ordinamenti”. Le autorizzazioni erano, inoltre, soggette al controllo della Corte dei Conti (per quella governativa) e degli organi di controllo di settore (per quella degli organi della p.a.). Intervenute le autorizzazioni (o decorsi i termini di silenzio assenso), i contratti erano stipulati direttamente dall'agenzia o, per quelli decentrati, dalla delegazione pubblica. Il sistema introdotto con la riforma del d.lvo 396/97 abbandona l’impostazione centralizzata, che vedeva nell’autorizzazione governativa il punto nodale della stipula del contratto, e, coerentemente con la nuova visione decentrata dell’amministrazione pubblica, lascia ai comitati di settore (che costituiscono istanze associative delle pubbliche amministrazioni), il compito di dare gli indirizzi per lo svolgimento della contrattazione. In questa loro funzione essi evidenziano l’autonomia organizzativa e la responsabilità degli enti rappresentati, tutti variamente dotati di autonomia politica e, come tale, sottratti all’interferenza del Governo centrale (22). Gli stessi comitati di settore danno parere sull’ipotesi di accordo stipulata dall’agenzia, sia per quanto riguarda il testo contrattuale che per la sua compatibilità economica. La agenzia, ottenuto il parere favorevole, trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei conti, la quale certifica la loro attendibilità e la loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e bilancio. Ottenuta la agenzia sottoscrive definitivamente il contratto collettivo. Non è previsto l'intervento di alcun atto autoritativo (decreto del Presidente della Repubblica o altro) in quanto l'efficacia del contratto erga omnes è garantita con sistema diverso da quello del recepimento del testo contrattuale in atto avente forza di legge. XVI. Il procedimento di contrattazione collettiva prima della riforma del 1997-98. - Secondo lo schema originario, l'agenzia trasmetteva al Governo il testo concordato con la delegazione sindacale (o ipotesi di accordo, secondo la terminologia precedente, art. 6 l. 93/83) ed una serie di prospetti 22 D’AURIA, in CARINCI-D’ANTONA, Commentario, pp. 461-462. 12 allegati, di contenuto essenzialmente contabile. Il contenuto di tali prospetti era oggetto di confronto tra le parti, non solo per la loro funzione essenziale ai fini della positiva conclusione del processo contrattuale, ma anche perché la determinazione degli oneri sostenibili per le materie rimesse alla contrattazione decentrata vincola le parti nello svolgimento delle trattative di livello inferiore (23). Il d. lvo. 29/93 reintroduceva l'istituto dell'autorizzazione governativa, già previsto dal testo originario dell'art. 6 della l. 93/83, prima della modifica introdotta dalla l. 12 giugno 1990 n. 146. Il Governo per la concessione dell'autorizzazione “tra l'altro” doveva “tener conto” della conformità alle direttive impartite dal Consiglio dei Ministri dell'ipotesi di accordo in esame e degli “effetti applicativi” dei contratti collettivi relativi al precedente periodo contrattuale. L'inciso “tra l'altro” consentiva di ritenere che l'esame del testo concordato dovesse abbracciare tutti gli aspetti propri della valutazione politica che compete al Governo (24). Unico limite che tale valutazione incontrava era quello del rispetto dei limiti finanziari fissati nelle leggi di bilancio. Quindi, l'autorizzazione pur senza dar luogo ad un sindacato del Governo sull'esito delle trattative delle parti, conservava la natura di atto di controllo preventivo relativo al merito, che impediva ex ante la operatività giuridica dell'accordo (25), già evidenziata nella vigenza dell 'art. 6 della l. 93/83 (testo originario) (26). Sotto il vigore di tale sistema, previsto dal precedente testo dell’art. 51 del d.lvo 29/93, la dottrina aveva costruito il procedimento di contrattazione collettiva come un procedimento ad evidenza pubblica, ovvero come un modello procedimentale caratterizzato dalla commistione di due paralleli ma distinti procedimenti. Uno (a carattere privatistico) destinato a formare la volontà negoziale, l’altro (a carattere pubblicistico) che regola il rapporto tra l’autorità che ha stipulato il contratto e quella che esercita su di esso il controllo. E’ in questa seconda fase che viene data evidenza all’interesse pubblico che sovraintende all’attività negoziale delle pubbliche amministrazioni (27). Anche la giurisprudenza dei giudici amministrativi aveva distinto nel procedimento di formazione del contratto collettivo gli atti privatistici (il contratto quale prodotto dell’attività negoziale) da quelli a contenuto pubblicistico (l’autorizzazione), evidenziandone la interdipendenza, tanto che l’annullamento dell’autorizzazione dava luogo alla inefficacia delle clausole contrattuali 23 BRANCASI, Giorn. d. lav. 93, p. 591, per il quale i prospetti in sede compartimentale debbono essere esplicitamente sottoscritti dalle parti stipulanti, cfr., però, sub art. 52. 24 CRESTI, Giorn. d. lav. 93, p. 500. 25 TREU, Giorn. d. lav. 94, p. 46; FONTANA, Lav.p.amm. 98, I, 867. 26 L. ZOPPOLI, in AA.VV., La legge quadro sul pubblico impiego, 58, e Lav. e d. 93, 597; contra, ORSI BATTAGLINI, in AA.VV. Accordi sindacali e legge-quadro sul pubblico impiego, per il quale l'autorizzazione avrebbe avuto natura di atto di integrazione dei poteri della delegazione pubblica. 27 FONTANA, Lav. pubbl. amm. 98, I, p. 869; D’ANTONA, F.it. 95, V, c. 35; TALAMO, Giorn.d.amm. 98, p. 487. 13 (28). Questa impostazione dei giudici amministrativi era stata, comunque, vivacemente criticata in dottrina, ravvisandosi in essa una vera e propria ingerenza nelle dinamiche della contrattazione collettiva e, in sostanza, un sindacato di legittimità delle norme contrattuali, che essendo, invece, norme nascenti dall’autonomia negoziale dovrebbero essere soggette alle norme di ermeneutica negoziale (29). Successivamente si era ritenuto che, costituendo l’autorizzazione l’unico atto amministrativo del procedimento, la sua impugnazione costituisse lo strumento concesso al pubblico dipendente per contestare dinanzi al giudice amministrativo le clausole del contratto collettivo che entrano a far parte del suo contratto individuale di lavoro (30). XVII. Il procedimento di contrattazione collettiva dopo la riforma. - Nel nuovo testo dell’art. 51 introdotto dal d.lvo 396 l’autorizzazione, atto amministrativo autonomo, è sostituito dal parere sull’ipotesi di accordo, che, a seconda dei casi, può essere dato dai comitati di settore o dal Presidente del Consiglio dei Ministri, a seconda che si verta di contrattazione riferibile agli ambiti specifici dei comitati (art. 46, co. 3°), o alle amministrazioni e alle aziende autonome dello Stato. Il parere, la cui formulazione assolve ad una funzione di controllo (a carattere interno) (31), sostanzialmente analoga a quella dell’autorizzazione, è atto endoprocedimentale, a carattere non provvedimentale, di carattere vincolante (32), la cui mancanza è destinata ad invalidare il contratto (33). L’espressione del parere dà luogo ad un concerto tra l’ente esponenziale degli interessi collettivi che ha impartito gli indirizzi per la contrattazione e l’organo tecnico che ha condotto le trattative, il quale, pertanto, è legittimato a sottoscrivere definitivamente il contratto (34). Acquisito il parere favorevole all’ipotesi di accordo, l’agenzia trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei conti, la quale adempie ad una funzione di controllo esterno (35). La verifica della Corte è formalizzata in una certificazione, che, se positiva, legittima il presidente agenzia alla definitiva sottoscrizione del contratto collettivo. Ove la certificazione della Corte dei conti sia negativa, l’agenzia sentito il comitato di settore o il Presidente del Consiglio dei ministri adegua la quantificazione dei costi contrattuali, oppure, ove non lo ritenga possibile, convoca le OO.SS. per la riapertura delle trattative. 28 T.a.r. Lazio, sez. III, 5-6-96 n. 1171 e 1172, F.it. 96, III, 106; T.a.r. Lazio, sez. I, 2-12-97 n. 2007, Lav.p.amm. 98,II,291. 29 TALAMO, Giorn. dir. amm. 98, p. 488; FONTANA, op.cit. 98, I, p. 853. 30 T.a.r. Lazio, sez. I, 20-5-98 n. 1728, Lav.p.amm. 98, II, 1122. 31 D’AURIA, Lav.p.amm. 98, p. 1272. 32 BARBIERI, in CARINCI-D’ANTONA, Commentario, p. 1173 33 FONTANA, op.cit., p. 879. 34 D’ANTONA, Lav.p.amm. 98, I, 35. 35 D’AURIA, op.cit., 1273. 14 Nella contrattazione integrativa, per la quale pure è posto a carico delle amministrazioni il divieto di sottoscrivere in sede decentrata accordi in contrasto con i vincoli imposti dai contratti nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione (ar. 45, co. 4), la verifica di compatibilità è effettuata esclusivamente da organi interni all’amministrazione, quali il collegio dei revisori dei conti. XVIII. La certificazione della Corte dei Conti. - L'art. 3 della l. 14 gennaio 1994 n. 20, che ha riformato la disciplina della giurisdizione e dei controlli della Corte dei Conti, prevede che la Corte stessa eserciti “il controllo preventivo di legittimità” sulle “... e) autorizzazioni alla sottoscrizione dei contratti collettivi, secondo quanto previsto dall'art. 51 del d. legisl. 3 febbraio 1993 n. 29”. La norma è ormai superata dalla nuova formulazione dell’art. 51 (che non prevede più l’autorizzazione). llegabile, comunque, all’assetto disegnato dalla stessa l. 20/94, ove la Corte stessa assume la funzione di “garante imparziale ... della corretta gestione delle risorse collettive sotto il profilo dell’efficacia e della economicità”, destinato a “stimolar autocorrezione, sia sul piano delle decisioni legislative, dell’organizzazione e delle attività gestionali, sia sul piano dei controlli interni” (36). Il controllo preventivo di legittimità della Corte, ai sensi del nuovo testo dell’art. 51, è sostituito dalla certificazione, ovvero “da una verifica preventiva, in forma di referto, della attendibilità dei costi quantificati dall’Aran e della compatibilità con i vincoli di finanza pubblica nazionale enunciati negli strumenti di programmazione e bilancio (Dpef, risoluzioni di finanza pubblica, legge finanziaria)” (37). La Corte valuta, da un lato, l’attendibilità delle quantificazioni dei costi contrattuali operata massa retributiva ed economica (38), di modo che la certificazione dei contratti collettivi non si concreta in un atto di scienza, ma consiste in una valutazione dell’attendibilità degli oneri finanziari derivanti dai contratti collettivi e della loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e bilancio (39). I termini di effettuazione della certificazione fissati dall'art. 51, co. 5º, sono particolarmente brevi. Il controllo deve essere ultimato entro quindici giorni dalla trasmissione della quantificazione dei costi contrattuali, decorsi i quali la certificazione si intende effettuata positivamente (40). 36 Corte cost. 27-1-95 n. 29; D’AURIA, op.cit., p. 1273. D’ANTONA, F.it. 99, I, c. 625. 38 Corte con., s.u., 19-4-99, Lav.p.amm. 99, p. 1121. 39 PIERONI, ivi, p. 1127; D’AURIA, in CARINCI-D’ANTONA, Commentario, p. 462 40 Istituto del silenzio-assenso, BARBIERI, op.cit., p. 1164. 37 15 La giurisprudenza delle SS.UU. della Corte dei conti ha rilevato che le certificazioni dei contratti collettivi non sono finalizzate a creare certezza legale di dati finanziari contenuti in scritture contabili definitive, ma consistono in una valutazione dell’attendibilità della quantificazione degli 41 ) e che la quantificazione degli oneri contrattuali derivanti da un CCNL è correlata alla valutazione della compatibilità finanziaria intesa come copertura finanziaria, oltre che di quella economica (42). Allegato n. 1 TABELLA DI RACCORDO DEI RIFERIMENTI NORMATIVI d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 41 42 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 Sentenza 28-2-98, Lav.p.amm. 99, 1118. Sentenza 1-3-99, ivi, 1119. 16 art. 45 “ 46 “ 50, commi da 1 a 12 e 16 commi da 13 a 15 implicitamente abrogati “ 51 “ 52 “ 53 art. 40 “ 41 “ 46 “ “ “ 47 48 49 Allegato n. 2 PROCEDIMENTO DI CONTRATTAZIONE (Sistema antecedente alla riforma del 1997) 17 Contrattazione nazionale (accordi quadro e contratti di comparto) Direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri ARAN OO.SS. trattative ipotesi di accordo ARAN trasmissione dell’ipotesi di accordo al Governo con prospetti tecnici autorizzazione del Governo controllo della Corte dei Conti ARAN OO.SS. sottoscrizione del contratto Allegato n. 3 18 PROCEDIMENTO DI CONTRATTAZIONE Disciplina vigente (art. 51 d.lvo 29/93) PRIMA FASE: SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITÀ NEGOZIALE Indirizzo di contrattazione di Comitato di settore del comparto Presidente Cons. Min. (per agenzie, aziende autonome ecc.) Procedimento di formazione della volontà negoziale (libero) ARAN OO.SS. Attività contrattuale Ipotesi di accordo Allegato n. 4 19 PROCEDIMENTO DI CONTRATTAZIONE Disciplina vigente (art. 51 d.lvo 29/93) SECONDA FASE: SOTTOSCRIZIONE DELL’IPOTESI DI ACCORDO ARAN OO.SS. trattative ipotesi di accordo ARAN comunicazione al comitato di settore parere favorevole del comitato ARAN trasmissione del prospetto dei costi alla Corte dei conti certificazione negativa certificazione dei costi positiva ARAN adeguamento dei costi ARAN OO.SS. Sottoscrizione del contratto pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale 20