LE ROSACEAE Lorenzo Roccabruna Verona, 1O Maggio 2016 Rosa canina (Rosa canina L.) La rosa canina è una specie spontanea appartenente alla famiglia delle Rosaceae. Grazie alle sue proprietà antinfiammatoria e vitaminizzante, è molto utile nella cura di congiuntivite e asma, ma anche per l'assorbimento di calcio e ferro. Arbusto spinoso, alto 100 - 200 cm. Ha fusti legnosi glabri, con spine (rosse) robuste, arcuate, a base allungata, compresse. Le foglie sono composte da 5-7 foglioline ovali o ellittiche con margini dentati. I fiori, rosati hanno grandi petali e sono poco profumati. Fiorisce nei mesi di maggio e giugno. I suoi frutti sono bacche ovoidali e carnose e colorate dal giallo al rosso intenso, chiamati “cinorrodi” raggiungono la maturazione nel tardo autunno. La specie è diffusa in una vasta area nelle zone temperate di tutto il mondo. Cresce in campagna e in collina fino ai 1500 m. di altitudine. Si rinviene con facilità in siepi, radure, macchie, lungo sentieri. Si adatta a qualsiasi terreno purché ben azotato e soleggiato. Proprietà della rosa canina La proprietà antinfiammatoria trova un importante impiego terapeutico nelle flogosi acute che comportano alterazioni delle mucose nasali, degli occhi e delle prime vie aeree con conseguente produzione di catarro. Per tali proprietà, la rosa canina non solo rappresenta un ottimo rimedio nella prevenzione di allergie e nella cura di rinite, congiuntivite e asma dovute al contatto con pollini; ma è consigliato nelle affezioni infantili come le tonsilliti, le rinofaringiti, otiti, tosse e raffreddore di origine infettiva. I piccoli frutti (bacche) della rosa canina sono considerati le "sorgenti naturali" più concentrate in Vitamina C, presente in quantità fino a 50-100 volte superiore rispetto alle arance e limoni, e per questo in grado di contribuire al rafforzamento delle difese naturali dell'organismo (100 grammi di bacche contengono la stessa quantità di vitamina C di 1 chilo degli agrumi tradizionali). L’azione vitaminizzante si lega a quella antiossidante dei bioflavonoidi, contenuti nelle polpa e nella buccia, che agiscono sinergicamente alla Vitamina C, ottimizzando la circolazione sanguigna. Questo benefico effetto sulla qualità del sangue è dovuto alla sua capacità di favorire l'assorbimento di calcio e del ferro nell'intestino, equilibrando il livello di colesterolo e contribuendo alla produzione di emoglobina; inoltre rende attiva la vitamina B9 (acido folico) dal leggero effetto antistaminico. Poiché la vitamina C, conosciuta anche con il nome di acido ascorbico, non può essere sintetizzata direttamente dall'uomo, deve essere introdotta o con gli alimenti, se la dieta è buona ed equilibrata, o con l'integratore alimentare, nei casi in cui l'alimentazione ne è carente, come normalmente succede. In questo senso la rosa canina è un eccellente tonico per fronteggiare l'esaurimento e la stanchezza, aiuta a sconfiggere lo stress; stimola l’eliminazione delle tossine (soprattutto gli acidi urici, che provocano gotta e reumatismi) attraverso la diuresi. Le bacche hanno un’azione astringente dovuta alla presenza di tannini, utile in caso di diarrea e coliche intestinali. La rosa canina può essere utilizzata anche sotto forma di macerato glicerico per la cura dei nostri amici animali, e in particolare per prevenire la laringite di cane e gatto nel periodo invernale. Modalità d'uso Sempre meglio seguire le indicazioni dell’erborista di fiducia e utilizzare fitoterapici di qualità titolati e standardizzati: Tintura madre: 45 gocce 3 volte al giorno lontano dai pasti in casi di raffreddore o influenza. Infuso: una tazza di tisana da bere 3 volte al giorno, utile per le infezioni delle vie aeree. Macerato di petali (5 gr in 15 ml di acqua per 24 ore): da aggiungere al miele (20 gr) e da assumere a cucchiai, ottimo per la gola. Macerato glicerinato dei germogli: 40-50 gc in due somministrazioni giornaliere, lontano dai pasti. Controindicazioni Non sono state evidenziate particolari controindicazioni dovute a interazioni con patologie. Gli effetti collaterali annoverati sono generalmente dovuti al sovradosaggio del rimedio, che fornisce un forte apporto di vitamina C e che ha effetti diuretici: nausea, vomito, mal di testa, bruciore di stomaco, diarrea, affaticamento. Ne è sconsigliata l‘assunzione in stato di gravidanza e nei bambini. La Rosa Canina ha interazione con alcuni farmaci: • gli antiacidi che possono contenere alluminio. La vitamina C in generale ne favorisce l’assorbimento. Meglio evitarne l’assunzione concomitante. • Il litio assunto in casi di regolazione dell’umore, ha necessità di essere poi velocemente smaltito dall’organismo. La vitamina C può interagire e rallentare questa fase di eliminazione. Cenni storici Questa pianta deve l’appellativo botanico “canina” a Plinio il vecchio, che riportava di un soldato romano, morso da un cane e guarito dalla rabbia, grazie all’assunzione di un decotto di radici. La rosa canina era già apprezzata per la sua efficacia nel rafforzare le difese dell'organismo contro infezioni e particolarmente contro il comune raffreddore. Nel Medioevo era comunemente usata in rimedi tradizionali per problemi alle vie respiratorie, e i frutti erano molto popolari nei dolci. Il suo impiego ha avuto un ruolo importante nella fornitura di Vitamina C ai bambini britannici durante la seconda guerra mondiale in sostituzione della fonte normale degli agrumi. Il procedimento usato nel XVIII secolo di ridurre i frutti in purea come forma di assunzione della pianta, ha ceduto il posto all’infuso delle sue bacche essiccate. Marmellata di rosa canina La marmellata di frutti di rosa canina è ricca di vitamina C sino a 100 volte di più degli agrumi. Ingredienti e preparazione: Si prendono 300 gr di frutti interi, si mettono in una pentola e si aggiunge acqua sino a coprire, poi si lasciano cuocere per almeno un'ora. Si aggiunge un bicchiere di acqua nel quale si sono sciolti precedentemente 2 cucchiai di zucchero di canna o di miele o di malto per addolcire il composto e si lascia cuocere altri 30 minuti. A questo punto si passa tutto con il setaccio o passaverdure eliminando peli e semi, conservando tutto in vasetti come per le comuni marmellate. BIANCOSPINO (Crateagus oxyacantha L.) Il biancospino (Crataegus oxyacantha) è una pianta perenne della famiglia delle Rosaceae, utilizzata per la cura del sistema circolatorio grazie alla sua spiccata attività cardioprotettiva e antiossidante. Arbusto spinoso e cespuglioso (5 m.) ha una corteccia giallastra che scurisce con l’età. Le foglie presentano lobi più o meno marcati. I fiori, riuniti in corimbi, compaiono in primavera, sono piccoli di colore bianco-rosato e molto profumati. I frutti sono delle piccole drupe rosse dalla polpa farinosa e insipida. E' un arbusto molto comune nelle zone temperate dell'emisfero nord, specialmente nei terreni incolti al limitare dei boschi. Proprietà del biancospino Il biancospino è da sempre conosciuto come la pianta del cuore. Le foglie e i fiori contengono una miscela di diversi flavonoidi, potenti antiossidanti e “spazzini” dei radicali liberi, utili nella prevenzione di malattie cardiovascolari e per combattere il colesterolo. Questi principi attivi conferiscono una spiccata attività cardioprotettiva, perché inducono la dilatazione delle arterie coronariche che portano il sangue al cuore, migliorando così l'afflusso del sangue con conseguente riduzione della pressione arteriosa. Il suo impiego è quindi indicato nei casi di ipertensione, lieve o moderata, specie se di origine nervosa. Ha proprietà cardiotoniche dovute alla presenza di proantocianidoli, che agiscono da un lato sul potenziamento della forza contrattile del cuore; e dall’altro sulle alterazioni della funzionalità cardiaca. Questi componenti riducono la tachicardia, extrasistole e aritmie e prevengono le complicanze nei pazienti anziani, a rischio di angina pectoris o infarto, affetti da influenza o polmonite. La vitexina, principio attivo presente nel biancospino, agisce come spasmolitico, sedativo e ansiolitico naturale. Quest’azione sedativa e rilassante è utile soprattutto nei pazienti molto nervosi, nei quali riduce l'emotività, negli stati di ansia, agitazione, angoscia, e in caso d’insonnia. Modalità d'uso INFUSO: 1 cucchiaio raso foglie e fiori di biancospino, 1 tazza d’acqua Versare la miscela di foglie e fiori nell’acqua bollente e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare l’infuso e berlo al momento del bisogno in caso di palpitazioni, tachicardia e nervosismo. Lontano dai pasti contro l’ipertensione. Prima di andare a dormire per usufruire dell’azione rilassante e sedativa. Tintura madre di biancospino: 40 gocce in poca acqua tre volte al giorno lontano dai pasti e alla sera prima di coricarsi Controindicazioni del biancospino Il biancospino presenta pochi effetti collaterali e controindicazioni. È sconsigliato in caso di pressione bassa. Se si assumono ipotensivi di sintesi, prima di prenderlo, è bene consultare il medico. Cenni storici Il nome oxyacantha deriva da greco oxys che significa “punta” e akantha che vuol dire “spina”. Considerato di buon auspicio dai Greci, il biancospino era utilizzato per adornare gli altari, durante le cerimonie nuziali. I Romani lo chiamavano "alba spina" (spina bianca) e lo dedicarono alla dea Flora, che regnava sul mese di maggio, mese delle purificazioni e della castità, simboleggiata appunto dal bianco dei fiori. Per questo motivo non venivano celebrate le nozze durante quel mese e se proprio era necessario farle, si accendevano cinque torce di Biancospino in onore della dea, per placare la sua ira. Anche i Celti dedicarono la pianta al periodo che andava da metà maggio a metà giugno. Nel Medioevo sempre in quel mese, si metteva un albero di Biancospino nella piazza del paese, lo si decorava e si danzava intorno per dare prosperità al paese e per scacciare il malocchio e la sfortuna. Si diceva che i suoi fiori bianchi rappresentassero l'Immacolata Concezione; i frutti rossi, le gocce del sangue di Cristo; e i rami spinosi, la corona di spine. AGRIMONIA (Agrimonia eupatoria L.) L'agrimonia (Agrimonia eupatoria) è una pianta della famiglia delle Rosaceae. Grazie alle sue proprietà depurative, è utile per la salute del fegato. Pianta erbacea perenne con un piccolo rizoma da cui nasce un fusto eretto, privo di foglie e alto fino a 80 cm. Le foglie, biancastre nella parte inferiore e verde in quella superiore hanno margine seghettato e hanno alla base due foglioline di forma diversa (stipole), che avvolgono il fusto. L'infiorescenza è composta da molti piccoli fiori gialli, aventi ognuno un calice di cinque pezzi attaccati ad un tubo, che ha all'apice una corolla, con cinque petali gialli. Il frutto è composto da due alcheni racchiusi nel tubo del calice. Grazie alla presenza di uncini, si attacca al pelo degli animali che vi passano vicino, favorendone la disseminazione anche in zone lontane. Diffusa in buona parte del territorio europeo, nel sud-est asiatico e nel Nord America, fino al Messico. In Italia si può trovare sia in zone montane, ai margini di boschi e pascoli, sia in zone con clima mediterraneo, in particolare in zone aperte, secche e soleggiate. Proprietà dell'agrimonia Le sommità fiorite dell'agrimonia contengono triterpeni (acido ursolico), tannini, fitosteroli, olio essenziale, flavonoidi (apigenina, luteolina, quercitina), acidi (citrico, malico, nicotinico, ascorbico) vitamine (C, K e B1), glicoside amaro (eupatorina) che conferiscono alla pianta una generale attività stimolante la funzionalità epatica. Fin dall'antichità è conosciuta per le sue proprietà depurative e, per questo motivo, è impiegata efficacemente nelle affezioni del fegato. Infatti le sommità fiorite esercitano un'azione coleretica, cioè aumentano la secrezione biliare; e colagoga, cioè facilitano la produzione ed espulsione della bile, favorendo così il corretto funzionamento dell'organo. Inoltre, la pianta è in grado di ridurre la glicemia nei soggetti affetti da diabete alimentare lieve, ma non ha azione insulino-simile e non è in grado, perciò, di ridurre significativamente la glicemia nei casi più seri. La presenza di triterpeni e tannini ne giustificano l'impiego anche per uso esterno, come rimedio antinfiammatorio, cicatrizzante, in caso di lesioni cutanee, piaghe, ferite, abrasioni, screpolature; e come antisettico ed analgesico in svariate dermopatie, nelle quali manifesta anche un'azione antipruriginosa e antistaminica, dovuta alla presenza dell'acido ursolico, che ha un'attività paragonabile al cortisone. Infine l'agrimonia possiede proprietà decongestionante e astringente anche sui tessuti delle mucose, in caso di infiammazioni agli occhi, come la congiuntivite o del cavo orale, come il mal di gola, tonsillite, faringite e rinofaringite. Agisce anche sulle affezioni delle vie respiratorie come bronchite e asma perché è un broncodilatatore. Invece per uso interno, questi principi attivi aiutano a normalizzare le enteriti catarrali, colite, diarrea, infezioni gastrointestinali. Modalità d'uso USO INTERNO INFUSO: 1 cucchiaio raso di agrimonia sommità, 1 tazza d’acqua Versare l'agrimonia nell’acqua bollente e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare l’infuso e berne 2 tazze al giorno lontano dai pasti, per usufruire dell'azione depurativa. - Tintura madre di Agrimonia: 30-50 gocce in poca acqua dopo i pasti principali. USO ESTERNO Il precedente infuso può essere utilizzato come lozione per uso topico, per fare bagni oculari per decongestionare infiammazioni alla congiuntiva o per gargarismi contro il mal di gola. Controindicazioni L'agrimonia è una pianta che se utilizzata per un breve periodo, solitamente non comporta effetti collaterali, tuttavia la sua assunzione resta sempre sconsigliata, durante il periodo di gravidanza e dell'allattamento. corruzione da Argemone, una specie di papavero usato per curare le ulcere dell’occhio (in greco argema). Il secondo termine, eupatoria, deriva dal nome di Mitridate Eupatore, re del Ponto tra il I e il II secondo a.C. che per primo ne avrebbe testato le qualità terapeutiche. Tuttavia, non bisogna dimenticare che in greco "fegato" si dica èpar – èpatos e che in effetti, le sommità della pianta, hanno infiorescenze gialle come la bile e che per segnatura del colore, secondo la Teoria delle Segnature, sono annoverate da millenni tra i migliori rimedi depurativi del fegato. Ildegarda di Bingen (sec. X) reputava la pianta uno dei più grandi rimedi nelle malattie mentali: «Se un uomo perde l'intelligenza e la ragione, si cominci col tagliargli i capelli, dopo si faccia bollire l'Agrimonia nell'acqua e con quest'acqua gli si lavi la testa; un panno contenente la stessa erba gli sarà applicato sul cuore fino a che egli prova un deliquio, gliela si metterà allora sulla fronte e nelle tempie: l'intelligenza e la ragione saranno purificate e il malato sarà libero dalla sua follia». Culpeper nel 1652 scriveva: «Il fegato è il formatore del sangue, ed il sangue colui che nutre il corpo, e l'Agrimonia è quella che fortifica il fegato». SPIREA (Spirea ulmaria L.) La spirea (Filipendula ulmaria) è una pianta della famiglia delle Rosaceae. Nota per le sue proprietà antinfiammatorie e diuretiche, è utile contro dolori articolari e stati febbrili. Pianta erbacea perenne con rizoma strisciante, alta fino a 150 cm. Le foglie sono decidue, dentate o lobate, verde scuro sulla pagina superiore, biancastre su quella inferiore. I fiori sono bianchi o rosati, piccoli e raccolti in vistose infiorescenze, chiamate corimbi. I frutti sono piccole capsule. La spirea cresce bene nei luoghi umidi (da qui il nome di olmaria palustre) delle regioni continentali, dalla pianura fino a 1500 m di altitudine. Manca nelle zone costiere mediterranee. Proprietà della spirea I fiori e le sommità fiorite della spirea sono usate in fitoterapia nel trattamento dei dolori articolari, gli stati febbrili e influenzali per effetto delle sue proprietà antinfiammatorie, diuretiche e antispasmodiche. Il suo fitocomplesoo contiene derivati salicilici (aldeide salicilica, salicilato di metile, salicilato di etile) ben conosciuti grazie all’acido acetilsalicilico, principio attivo dell’aspirina, flavonoidi, vitamina C, oli essenziali e sali minerali. Considerata insieme al salice, il "salicilato vegetale", la pianta svolge azione antinfiammatoria, analgesica e antipiretica, perché inibisce la sintesi delle prostaglandine (PGE2), responsabili del dolore e del processo infiammatorio dei tessuti. Viene perciò utilizzata in caso di febbre e per alleviare gli stati dolorosi causati da artrosi, artrite reumatoide, dolori articolari, mal di testa, mal di denti, mal di schiena e cervicale. Tuttavia a differenza dei farmaci antinfiammatori di sintesi, non presenta azione ulcerogena (gastrite, ulcera), effetto collaterale di questa categoria di farmaci. La presenza delle mucillagini, infatti, conferisce alla spirea un’azione protettiva per le mucose, in grado di ridurre gli spasmi e i processi erosivi delle pareti gastriche. Studi recenti dimostrano le proprietà immunomodulanti della spirea, perché è capace sopprime svariate reazioni anomale dei nostri anticorpi che provocano la liberazione d’istamina e conseguenti attacchi del nostro stesso sistema immunitario, caratteristico delle malattie autoimmunitarie. Per la presenza dei flavonoidi (quercetolo-4glucoside, quercetolo-3-galattoside), si impiega anche nel trattamento della ritenzione idrica ed edemi. Il suo utilizzo risulta pertanto utile nel trattamento della cellulite, perché esercita azione vasoprotrettice sulle pareti dei vasi sanguigni e fluidificante del sangue, con effetto decongestionate sul sistema circolatorio. Infine per le sue proprietà diuretiche e depurative, che favoriscono l’eliminazione delle scorie metaboliche (scorie azotate, acidi urici, zuccheri, trigliceridi), che intossicano l’organismo e trattengono il liquidi è efficace nel trattamento del diabete, dell'obesità e dell'ipertensione. Modalità d'uso INFUSO É bene ricordare che per la preparazione dell’infuso, non bisogna utilizzare l’acqua bollente (ma calda) perché l’acido salicilico è termolabile e si distrugge col calore. 1 cucchiaio raso sommità fiorite di spirea, 1 tazza d’acqua Versare la miscela di foglie e fiori nell’acqua calda e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min., quindi bere per alleviare di dolori articolari, stati influenzali o infiammatori. 2 capsule o compresse di estratto secco prima dei due pasti principali Controindicazioni della spirea L'assunzione della spirea è controindicata ai soggetti con ipersensibilità accertata all’acidoacetil-salicilico e a chi è in trattamento con cardioaspirina o anticoagulanti del sangue, per evitare un potenziamento dell’effetto dei farmaci. Cenni storici Il nome botanico deriva dal greco speira, perché la forma dei frutti è a "spirale". Era una delle erbe sacre maggiormente tenute in considerazione dai Druidi, ma non è noto se veniva anche usata per le sue proprietà medicamentose. Nel Rinascimento, la spirea è stata per lungo tempo un rimedio popolare in molti paesi europei, poi cadde nell'oblio, finché fu riabilitata da un prete di campagna, per i successi ottenuti contro l'idropisia o eccesso di umori linfatici, secondo la Teoria Umorale di Ippocrate. L'importanza terapeutica di questa pianta divenne notevole quando intorno al 1845, Hermann Kolbe riuscì per primo a isolare l'acido salicilico, per distillazione dai fiori. Il 6 marzo 1899 unendo il prefisso "a-" (per il gruppo acetile) con "-spirina" (dalla spirea, da cui si ricava l'acido salicinico), fu brevettato dalla Bayer con il nome "aspirin", il principio attivo di acido acetilsalicilico per essere messo in commercio. Grazie per la cortese attenzione Lorenzo Roccabruna