IL CAFFÈ 1. maggio 2011 54 C4SOCIETÀ E CULTURA @ nobelprize.org www.princeton.edu Eric Stark Maskin Per il premio Nobel americano l’economia non è una scienza fredda e senza cuore. Al contrario. Può risolvere importanti questioni sociali. Un consiglio all’Europa in crisi: per il futuro prendere come modello la Svizzera GABRIELE CATANIA l professor Eric Stark Maskin non dà l’impressione di essere un genio dell’economia. Gentile e alla mano come solo gli americani sanno essere, dai corti capelli sale e pepe, ha l’aria mite di uno di quei professori dell’East coast che gli europei hanno imparato a conoscere da film e romanzi. In realtà, dietro le lenti da studioso, brilla lo sguardo di una mente vulcanica e incredibilmente talentuosa. Una mente logica, e tuttavia sensibile ai problemi della collettività. Perché per Maskin l’economia non è una scienza triste, “fredda e senza cuore”, fatta solo di cifre e diagrammi. Al contrario, è una materia viva, che “ha davvero il potenziale per affrontare importanti questioni sociali.” Nato a New York nel 1950, ma cresciuto nel vicino stato del New Jersey, Maskin vanta una solidissima formazione matematica. Dopo una sfolgorante carriera accademica tra Harvard, Cambridge, il Mit e lo Ias di Princeton, nel 2007 ha conseguito il Nobel per l’economia. Il motivo ? Aver contribuito a gettare le basi della “mechanism design theory”, innovativa teoria economica che studia i meccanismi per conseguire determinati scopi sociali. I Una nuova teoria Nonostante le cattedre prestigiose e il Nobel, Maskin conserva una grande umiltà. Sa che deve una parte del suo successo al caso, alla fortuna. Come non ha esitato a riconoscere in una nota autobiografica per la fondazione Nobel, “sono stato eccezionalmente fortunato a scoprire l’economia, prima di tutto. A occuparmi di “mechanism design” quando questa teoria era appena in boccio e, cosa ancora più importante, ad aver avuto una serie di straordinari insegnanti, studenti, colleghi e amici economisti.” A differenza di Maskin, per la maggioranza delle persone l’economia non è una scienza da amare, ma un’amara realtà. Lo sanno bene portoghesi, irlandesi, greci e spagnoli, tutti cittadini dei cosiddetti Pigs, cioè i Paesi dell’eurozona stracarichi di debiti (e infatti proprio in questi giorni Lisbona, sulla scia di Atene e Dublino, ha dovuto chiedere aiuto per oltre 100 miliardi di franchi a Bruxelles e al Fondo monetario internazionale). “Quella europea è una crisi seria, ma non è un problema irrisolvibile. - spiega Maskin con la sua voce roca, soppesando ogni parola -. Indica che l’Europa richiede un’autorità fiscale forte e centralizzata. L’autorità monetaria è stata accentrata con la creazione dell’unione monetaria, e infatti la politica europea in materia ha funzionato abbastanza bene. Ciò che non ha funzionato in modo adeguato è la politica fiscale, perché manca appunto lo stesso genere di autorità centrale. E stiamo vedendo il risultato…” Un risultato per nulla positivo, sfortunatamente. “Sfortunatamente, già. - dice, e corruga la fronte -. Ma questa crisi comunque non durerà per sempre, e quando finirà penso che sarà giunto il momento per l’Europa di riconfigurare la sua politica fiscale. Spero che istituiscano un’autorità centrale.” Insomma, le grane dell’eurozona sono il “prodotto di un’asimmetria”, ed è necessaria “la creazione di una sorta di Tesoro europeo”. Detto questo, il Nobel ritiene probabile la sopravvivenza dell’euro all’ordalia, ma tiene a precisare di non esserne sicuro “al 100%”. Previsioni difficili Purtroppo anche l’Italia, uno dei principali partner commerciali della Svizzera, non può dirsi del tutto immune dalla crisi. Benchè sia un’economia importante, con un sistema creditizio relativamente solido, il Belpaese ha il terzo debito pubblico del mondo, e sul suo futuro finanziario pesano diverse incognite (a cominciare dalla possibilità che il governo Berlusconi cada e si vada a nuove elezioni). “È molto difficile fare previsioni sicure in quest’ambito, perché sono coinvolti moltissimi fattori, non solo economici ma anche politici. nota il professore - Direi che rispetto al Portogallo l’Italia è in una situazione abbastanza buona, l’eventualità che le difficoltà viste in Irlanda si verifichino in Italia è piccola. Non credo siano probabili, però potrebbero accadere.” A dire il vero nel Vecchio continente c’è un Paese che cresce come se la crisi fosse solo un ricordo sbiadito: la Svizzera. Non a caso qualcuno indica la Confederazione come un modello economico di successo per un’Unione europea in panne. “La Svizzera è ben governata, quindi in questo senso penso che possa essere un modello per l’Europa” conviene il Nobel, salvo aggiungere subito dopo : “Il problema con l’Europa è che è un posto piuttosto eterogeneo. Ci sono enormi differenze da stato a stato, quindi nessun singolo Paese europeo può for- Se il benessere individuale significa il malessere collettivo, significa che i conti dell’economia non tornano CARL WILLIAM BROWN filosofo nire una soluzione universale ai problemi degli altri.” Se Maskin non lesina critiche e suggerimenti al Vecchio continente, è altrettanto schietto quando parla della sua patria, gli Stati uniti. “L’economia americana si sta lentamente riprendendo da una recessione molto seria. Lentamente, però.” Maskin non è il classico accademico chiuso in una torre d’avorio. A giudizio dei suoi allievi è un insegnante disponibile e davvero bravo, capace di rendere intuitive perfino le più complesse formule matematiche. Uomo tranquillo e amante della semplicità, nel tempo libero suona il clarinetto, altra sua grande passione. Vive con la famiglia a Princeton, nella bianca casa con giardino che appartenne ad Albert Einstein, uno dei suoi eroi (e infatti nella notte di Halloween si camuffa proprio da Einstein, per il divertimento dei ragazzini che bussano alla porta). Grande la sua generosità: basti sapere che ha destinato gran parte del denaro vinto con il premio Nobel a una scuola per bambini disabili. Una nuova potenza Come tanti economisti a stelle e strisce, Maskin conosce molto bene la Cina, la nuova superpotenza economica mondiale. È perfino professore onorario in due importanti atenei cinesi, la Wuhan university e la Tsinghua university. Parlando del gigante asiatico, accusato da Washington di sostenere il proprio export mantenendo artificialmente basso il valore dello yuan (la valuta cinese), Maskin mostra di essere lontano da ogni furore ideologico o nazionalistico. “La rivalutazione dello yuan sarebbe senza dubbio un vantaggio, e non solo per il resto del mondo, ma anche per i cinesi stessi. Uno degli squilibri dell’economia cinese, nel lungo periodo, è che i tassi di risparmio sono molto alti, mentre quelli di consumo sono molto bassi. - spiega, e con l’aria di un diplomatico navigato aggiunge - Lo scopo ultimo di un’economia fiorente è il benessere della popolazione, ma al momento i cinesi non stanno davvero godendo dei benefici della crescita economica nazionale”. In Cina, sottolinea, si dovrà verificare una transizione verso consumi più alti e uno yuan più forte sarà utile: “Da questo punto di vista un apprezzamento dello yuan non è necessario solo agli Stati uniti o all’Europa, ma ai cinesi stessi.” Se lo dice lui, c’è proprio da fidarsi. I GUAI DELL’UE ALBERT EINSTEIN LO YUAN Il problema dell’Europa è la sua eterogeneità, con enormi differenze tra Stato e Stato Vive a Princeton nella casa che fu di Einstein, un suo eroe, e ad Hallowen si cammuffa come lui La rivalutazione della moneta sarebbe un vantaggio per il mondo e per gli stessi cinesi