Le migliori proposte su... scrittura

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Dario Ianes
(a cura di)
Le migliori proposte operative su…
SCRITTURA
Tratte dalla rivista «difficoltà di apprendimento»
Indice
Dalle «Difficoltà di apprendimento» alla «Didattica
Inclusiva» (Dario Ianes)
7
15
CAP. 1
Qualità e velocità della produzione grafica: influenza
della postura del corpo, dell’impugnatura e degli
arredi (Federica Bearzotti, Michela Tentori e Elena
Del Torre)
35
CAP. 2
La scrittura come movimento: proposta di un metodo
per l’insegnamento del corsivo (Laura Bravar et al.)
57
CAP. 3
Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della
scrittura per valutarne l’apprendimento corretto
(Rita Pellegrini e Lucia Dongilli)
73
CAP. 4
Apprendere la grammatica con le mappe concettuali
(Paola Gottardi)
85
CAP. 5
Coerenza e coesione del testo: un percorso per
promuovere precocemente un uso consapevole della
lingua (Paola Gottardi)
103
CAP. 6
Attività di scrittura per presentarsi e conoscersi: la
«carta di identità» (Carmen Calovi)
117
CAP. 7
«Quante storie!»: suggerimenti per un avvio alla
scrittura creativa (Giovanna Del Maschio)
129
CAP. 8
Difficoltà di scrittura e revisione del testo: il ruolo dei
processi metacognitivi (Pina Filippello, Francesca
Cuzzocrea e Laura Spadaro)
151
CAP. 9
Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la
scuola primaria (Susi Cazzaniga e Cesare Cornoldi)
181
CAP. 10 Strategie
di scrittura per alunni con difficoltà (Leigh
Ann James, Mary Abbott e Charles R. Greenwood)
Dalle «Difficoltà di apprendimento»
alla «Didattica Inclusiva»
Dario Ianes
Da più di 25 anni la rivista «Difficoltà di apprendimento» accompagna
nel loro lavoro insegnanti, psicologi, educatori, pedagogisti e tante altre figure professionali che si occupano di sviluppo delle competenze e della piena
partecipazione sociale degli alunni e delle persone con disabilità, disturbi
dell’apprendimento e altre difficoltà. Nei primi anni la rivista usciva come «Insegnare all’handicappato» (!), poi cambiò denominazione e successivamente
le si affiancarono altre due testate parallele e complementari: «Difficoltà in
matematica» (diretta da Daniela Lucangeli) e «Disturbi di attenzione e iperattività» (diretta da Gian Marco Marzocchi).
Già dopo pochi anni dall’inizio della pubblicazione risultò ben chiaro che
in ogni fascicolo della rivista erano presenti tanti articoli che, incalzati dall’arrivo
del numero seguente ricco di altrettanti articoli, non sarebbero stati letti o custoditi in modo da poterli facilmente riutilizzare: un patrimonio di conoscenza
scientifica e applicativa che si accumulava, e si accumula ancor oggi, ma che
veniva sfruttato in modo largamente inferiore alle sue potenzialità. Così nel
1990 raccolsi 14 articoli significativi in un volume dal titolo Ritardo mentale
e apprendimenti complessi. Teorie e ricerche su autoregolazione, metacognizione e
generalizzazione, nel 1992 ne riunii 11 nel volume Autolesionismo, stereotipie,
aggressività. Intervento educativo nell’autismo e nel ritardo mentale grave e nel
1996 ne scelsi altri 12 da pubblicare nel volume Metacognizione e insegnamento.
Spunti teorici e applicativi.
8
Le migliori proposte operative su… Scrittura
Raggruppare articoli significativi attorno a un tema definito e renderli
disponibili facilmente e in modo ragionato si dimostrò una scelta valida, ma
diverse priorità editoriali e di ricerca non permisero di proseguire su questa
strada. Il patrimonio di articoli pubblicato da allora è cresciuto notevolmente e a
tutt’oggi tocca quasi 800 unità. Costituito di articoli sui temi che caratterizzano
la nostra ricerca e la nostra attività — articoli molto spesso destinati ad avere
una breve vita, cioè quella della lettura nei mesi di uscita di quel numero —,
questo patrimonio non dovrebbe andare disperso né essere sottoutilizzato:
perciò abbiamo pensato di realizzare la collana «Le migliori proposte operative
su… tratte dalla rivista “Difficoltà di apprendimento”», che si comporrà di 10
titoli. La prospettiva di sviluppo e di pubblicazione di un patrimonio di articoli
ci porterà con sempre più chiarezza verso un ambiente digitale a «nuvola», in
cui siano raccolti e resi disponibili, secondo strategie diverse di ricerca da parte
del lettore, centinaia di articoli liberati dalle costrizioni materiali e temporali
del fascicolo cartaceo.
Lo sviluppo interessante del progetto non sarà solo la creazione di
quell’ambiente digitale intelligente da utilizzare per costruire risposte ai propri
interrogativi, ma anche uno spostamento concettuale dei contenuti della rivista.
Un’evoluzione, questa, che il lettore delle 10 raccolte della collana potrà già
percepire e che potremmo definire con uno slogan: «Da un orientamento alle
difficoltà e ai problemi a un orientamento che costruisca qualità ed efficacia
per una Didattica Inclusiva (DI), una didattica individualizzata/personalizzata adatta alle tante differenze individuali di tutti gli alunni». Sul tema della
Didattica Inclusiva torneremo più avanti, per il momento ci concentreremo
sulle caratteristiche del materiale pubblicato.
Crediamo inoltre si debba rivalutare il format «articolo», come pezzo
importante di sviluppo della conoscenza, come tassello di un grande mosaico conoscitivo che si collega ad altri, deriva da altri, viene ripreso, espanso,
criticato, validato. Si tesse così una trama sottile e densa di documenti e di
piccoli saperi, più fittamente intrecciati rispetto ai collegamenti intertestuali
che hanno le opere di più ampio respiro come i libri. Oggi la forma «articolo» e il suo contenitore «rivista» corrono il rischio di una deriva scientista,
non scientifica, dove il bisogno vero di creare sapere reale e di comunicarlo
diventa soltanto bisogno di pubblicare per non perire nel tritacarne accademico carrieristico della Valutazione della Qualità della Ricerca. L’articolo ha
invece un suo valore di mini testo compiuto, ben documentato se buona prassi
o dimostrato con dati specifici se ricerca empirica, ma teso ed essenziale nel
suo ritmo, deciso nelle tesi e nella discussione, immediatamente utilizzabile
nelle sue declinazioni operative. Proprio quest’ultima caratteristica ha da
Dalle «Difficoltà di apprendimento» alla «Didattica Inclusiva»
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sempre qualificato le scelte del comitato scientifico e di redazione della rivista
«Difficoltà di apprendimento»: la capacità di ricaduta operativa sulle prassi
quotidiane delle figure professionali di riferimento e, dunque, un alto valore
di replicabilità in contesti diversi.
La scelta degli articoli che compaiono in questi 10 libri è stata guidata,
oltre che dalla caratteristica sopracitata, anche dall’efficacia, e cioè dal fatto,
documentato, che l’uso delle strategie descritte negli articoli consente ai soggetti a cui si rivolgono di raggiungere i propri obiettivi, siano essi insegnanti o
alunni. Sempre di più i portatori di legittimo interesse all’apprendimento e alla
partecipazione, in particolare i genitori degli alunni, gli insegnanti e gli alunni
stessi, sono diventati esigenti rispetto all’efficacia degli interventi, vogliono
cioè che funzionino. Al di là dell’ovvietà di questa esigenza, la questione che si
apre è come stabilire con ragionevole sicurezza che un certo tipo di intervento
«funziona». Come sappiamo, il mondo dell’educazione è percorso da proposte
didattiche e formative di ogni genere e ispirazione teorica, e soltanto poche
superano la prova dell’evidenza empirica dei dati oggettivi. In questo ambito,
diversamente ad esempio dalle scienze mediche, è da poco che si studiano
le pratiche didattiche evidence based (Calvani, 2012; SIPeS, 2008; MIUR,
2009; Ministero della Salute – Sistema nazionale per le linee guida, 2011a;
2011b; Linee guida Legge 170 sui DSA, 2011; Vianello, 2012), scoprendo
quali siano quelle che hanno dimostrato di produrre risultati positivi attraverso
metodologie di ricerca corrette e controllate. Molta strada deve essere ancora
percorsa prima di poter garantire alle persone interessate una gamma di interventi realmente efficaci, anche perché a tutt’oggi soltanto alcuni interventi
formativi si sono esposti a verifica empirica in quantità e qualità tali da essere
sottoposti a review di metanalisi — e sono ovviamente quelli di origine comportamentale e cognitiva, che hanno in sé un’intrinseca predisposizione alle
verifiche empiriche. Inoltre, altre metodologie di lavoro, di diverso impianto
teorico, dovrebbero trovare il modo di esporsi all’evidenza empirica e validarsi
così nel rapporto con l’utenza.
Un ulteriore criterio che ha guidato sia la scelta degli articoli raccolti in
questi volumi sia più in generale le scelte della rivista «Difficoltà di apprendimento» è stato poi quello del valore inclusivo delle proposte operative e
didattiche.
Che cosa si intende per «valore inclusivo»? Si intende un valore che
consiste nel miglioramento della qualità didattica complessiva per tutti gli
alunni, i quali in questo modo riescono a ottenere proposte maggiormente
individualizzate/personalizzate. Da alcuni anni si cerca di capire e sperimentare quanto e come interventi tecnici, speciali ed efficaci, possano stare
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Le migliori proposte operative su… Scrittura
dentro la normalità del fare scuola per tutti, nella quotidianità, arricchendola
e modificandola, ed essendo essi stessi modificati, smussati nelle loro asperità
tecniche, normalizzati in senso positivo (Ianes, 2006). Dunque ci chiediamo
quanto un intervento tecnico, formativo o didattico, di provata efficacia, si
possa rivolgere a tutti gli alunni, migliorando così la qualità diffusa dell’offerta formativa. Alcune proposte tecniche possono coesistere benissimo
nella dialogica tra «normale e speciale» che abbiamo chiamato «speciale
normalità» (ad esempio gli interventi fonologici e metafonologici abilitativi
rispetto a difficoltà nell’apprendimento della lettura, o l’uso delle tecnologie
compensative pensate originariamente e riduttivamente come ausilio per
la dislessia e ora espanse in ambienti complessi a supporto metacognitivo
dell’apprendimento di tutti gli alunni, quali il software iperMAPPE). Altri
interventi sono ovviamente di più difficile espansione nella normalità, si
pensi alle procedure di Applied Behavior Analysis nei casi di disturbi dello
spettro autistico o all’approccio TEACCH ai gravi disturbi della comunicazione. La Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA; Cafiero, 2009;
Costantino, 2011) invece, nonostante sia nata in un ambito molto tecnico e
rivolto esclusivamente a rilevanti problemi di comunicazione, si presta molto
bene a un’evoluzione normalizzante con l’intero gruppo di alunni.
L’enfasi su questo principio di «speciale normalità» nacque come tentativo di uscire dal «dilemma della differenza» (Terzi, 2005; 2008; D’Alessio,
2007; 2011) tra interventi tecnici efficaci ma segregati da un lato e interventi
ad alta integrazione sociale ma poco efficaci per gli apprendimenti dall’altro.
L’obiettivo era di uscirne evitando di scegliere un lato a scapito dell’altro, unendo in una coesistenza dialogica le migliori istanze delle due posizioni, perché
entrambe, quella delle istanze tecniche e quella della piena partecipazione
sociale, hanno in sé grandi valori che verrebbero oscurati dall’uso esclusivo
di un’opzione senza l’altra. Più recentemente, sull’onda delle polemiche e del
dibattito suscitati dal testo Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio
e proposte (Associazione Treellle, Caritas Italiana e Fondazione Agnelli, 2011;
Scataglini, 2012), si fa sempre più strada la posizione che sostiene che la priorità
assoluta per ridare all’integrazione scolastica la qualità che merita sia proprio un
miglioramento significativo nella qualità della didattica quotidiana e normale
per tutti gli alunni. Qualità diffusa che, purtroppo, non è affatto migliorata
in questi ultimi 10 anni, come invece la crescente complessità della scuola
italiana avrebbe richiesto (Cavalli e Argentin, 2007). Un obiettivo, dunque,
rivolto a tutti gli insegnanti e alle loro prassi e non più soltanto agli insegnanti
di sostegno, fino a ipotizzare addirittura un’assimilazione virtuosa di questi
ultimi all’interno del corpo docente normale (Ianes, 2011).
Dalle «Difficoltà di apprendimento» alla «Didattica Inclusiva»
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La via italiana all’inclusione completa, totale e piena — quella che dovrebbe caratterizzare la scuola italiana come la pensarono i padri costituenti e
tutti coloro che tentarono e tentano tuttora di realizzare una scuola di massa,
cioè un’inclusione che coniughi equità e promozione sociale con la valorizzazione delle eccellenze — parte negli anni Settanta con le battaglie per inserire
gli alunni esclusi (allora quelli con disabilità) e da allora l’attenzione primaria
è stata catturata dalle forme più eclatanti di difficoltà (la disabilità appunto)
e poi via via anche dalle altre (oggi i disturbi dell’apprendimento) per le quali
organizzare forme adeguate di individualizzazione e personalizzazione. Nel
frattempo, però, la scuola degli alunni senza apparenti difficoltà non è diventata più inclusiva e più promozionale dal punto di vista sociale e, anche se ha
raggiunto strati sempre più ampi di popolazione nell’età dell’obbligo, i risultati
sono stati scarsi, soprattutto a livello di scuola media unica (Fondazione Agnelli,
2011). La popolazione scolastica negli anni è diventata sempre più eterogenea
e complessa, senza che a questo aumento di difficoltà corrispondesse un pari
investimento in formazione, metodologie e competenze. Le varie categorie di
disabilità si sono organizzate e moltiplicate, realizzando un disegno di promozione e tutela frammentato e disorganico. Ognuno pensa al suo particolare,
senza una visione generale, e cioè al 100% degli alunni.
Nel 2005 proposi di usare una visione di «inclusione» diversa da quella
utilizzata a livello internazionale (D’Alessio, 2007; Medeghini, 2006; 2009;
Booth e Ainscow, 2008; Dovigo, 2007; 2008; Norwich, 2002; 2003), un’inclusione che fosse risposta individualizzata/personalizzata a quel 20% di alunni con
Bisogni Educativi Speciali (Ianes, 2005) che, pur vivendo difficoltà rilevanti,
erano esclusi dalle misure aggiuntive previste dalla legge 104 per gli alunni con
disabilità, gli unici tutelati dalla normativa. Fu una posizione tattica dettata da
considerazioni di equità: alunni con evidenti difficoltà non potevano avere
accesso a risorse importanti per il loro apprendimento e per la partecipazione
sociale. Questa posizione ebbe l’effetto di portare l’attenzione anche su altre
difficoltà quasi del tutto trascurate nel riconoscimento della legittimità di un
bisogno derivante da un particolare «funzionamento umano» e non soltanto
da alcune diagnosi cliniche. Ora la consapevolezza della presenza di un minimo 20% di alunni con Bisogni Educativi Speciali a cui la scuola italiana deve
rispondere è una realtà acquisita e credo si possa usare correttamente la parola
inclusione pensando al 100% degli alunni e non al 20% con difficoltà. L’orizzonte dell’inclusione accomuna percorsi anche molto diversi: la strada di chi
è partito dal lavoro tecnico con le persone con disabilità nella scuola e poi via
via ha ampliato la sua ottica, per approdare alla generalità di una didattica che
si fa speciale per tutti gli alunni (in questo caso il patrimonio di conoscenze
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Le migliori proposte operative su… Scrittura
speciali costruite nel lavoro di integrazione si diffonde nella normalità), e la
strada di chi invece ha contestato un’ottica troppo legata alla problematicità di
alcuni alunni, troppo a rischio di stigmatizzazione e nuova esclusione, troppo
poco modificatrice di una realtà scolastica ancora poco equa e fattore reale di
promozione sociale (in questo caso si è affrontato il tema di come rendere la
scuola più efficace e partecipativa per tutti gli alunni, a prescindere dalle loro
difficoltà).
Dunque una semplice proposta: come negli anni scorsi abbiamo abbandonato alcune espressioni superate o fuorvianti (ad esempio, «inserimento
scolastico» o «persona diversamente abile»), perché non superare anche
l’espressione «integrazione scolastica» e parlare solo di «inclusione» di
tutti gli alunni, ognuno dei quali ha realtà molto diverse di «funzionamento
umano»? (E in questo l’antropologia globale bio-psico-sociale di ICF-OMS
è indispensabile; OMS, 2002.) Alcuni di questi alunni avranno un funzionamento con disabilità, altri con disturbi dell’apprendimento, altri con difficoltà
varie, altri con talenti e capacità notevoli, altri con stili cognitivi e intelligenze
particolari, altri con caratteristiche uniche dal punto di vista comunicativo,
affettivo, motivazionale, altri con culture diverse, altri infine sembreranno
semplicemente normali, simpatici, antipatici, svelti, lenti, furbi, ecc.
Tutti questi alunni hanno il diritto di essere «compresi» (sia nell’accezione
di essere capiti, conosciuti bene nelle loro peculiarità e bisogni educativi che
possono essere così problematici da risultare «speciali», sia in quella di essere
tenuti vicini, di essere protagonisti di una vita collettiva) e di vivere esperienze
adatte alle proprie particolarità.
Questa iniziativa editoriale, con le sue 10 raccolte di buoni articoli, ha
dunque anche il senso di accompagnare il lettore a volgersi a un orizzonte
più ampio rispetto a quello già largo delle difficoltà di apprendimento, verso
una Didattica Inclusiva per tutti gli alunni con o senza difficoltà che fa tesoro
di tutto ciò che si è dimostrato efficace e utilizzabile nei contesti scolastici di
piena partecipazione sociale.
Bibliografia
AID – Associazione Italiana Dislessia, Comitato Promotore Consensus Conference
(a cura di) (2009), Disturbi Evolutivi Specifici di Apprendimento. Raccomandazioni per la pratica clinica di dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia, Trento,
Erickson.
Associazione Treellle, Caritas Italiana e Fondazione Agnelli (2011), Gli alunni con
disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte, Trento, Erickson.
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Le migliori proposte operative su… Scrittura
Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della scrittura
La scrittura cambia insieme alla persona. Il suo insegnamento deve perciò
avere come finalità l’acquisizione di una grafia spontanea, connotata individualmente, libera dalle difficoltà grafo-motorie e dai condizionamenti che ne
impediscono la personalizzazione. È importante seguirne le fasi di evoluzione
e conoscere le componenti connesse al suo corretto apprendimento.
La pressione: indica la forza impegnata nel tracciato grafico. Si deve tener conto che nelle prime fasi di apprendimento della scrittura il bambino,
soprattutto se mancino, aumenta la pressione dello strumento scrittorio per
controllare meglio il movimento nel tracciare lettere e forme.
La leggibilità: la scrittura è leggibile quando ogni grafema all’interno
della parola è identificabile. Per accertarlo è sufficiente coprire la parola con
le dita o con un foglio e scoprire un grafema per volta in modo da verificarne
il riconoscimento.
La velocità di scrittura, che aumenta quando il gesto si automatizza e
l’abilità grafo-motoria è acquisita.
L’allineamento delle lettere sul rigo di base, che va rispettato.
La proporzione della dimensione dei grafemi, ovvero la necessità che le
parti dei grafemi siano reciprocamente proporzionate sia in altezza e larghezza
sia nel rispetto delle tre zone grafiche (mediana, superiore e inferiore).
Lo spazio tra lettere, che deve essere corretto: le lettere non devono essere
né addossate l’una all’altra, né troppo distanti. Si può dire che la distanza è
giusta quando una lettera tonda, di media dimensione, dello scritto del bambino può essere idealmente inserita tra una lettera e l’altra. Questo significa
che il collegamento tra entrambe viene tracciato in modo corretto. Lo spazio
tra parole: anche tra le parole ci deve essere un giusto spazio, una pausa, soprattutto nella fase di apprendimento, per permettere di capire se il bambino
sa distinguere una parola dall’altra. Se lo spazio tra parole è regolare la grafia
ha «respiro», rispetta la pausa.
L’inclinazione dei grafemi: in prima e in seconda classe, quando il bambino
è ancora legato al modello scolastico, la scrittura è dritta, verticale; più tardi
può inclinarsi a destra o a sinistra.
Il rispetto dei margini: il testo deve essere allineato al margine sinistro.
Accade che il bambino se ne discosti progressivamente iniziando a scrivere
sempre più a destra.
Conoscere le componenti della scrittura nelle loro caratteristiche permette all’insegnante di rivedere in itinere l’impostazione data. Si ricorda che
il dettato dà più informazioni sulla forma delle lettere (il controllo permette
Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della scrittura
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l’accuratezza) mentre nei testi spontanei si coglie di più il movimento (è il
pensiero che diventa parola). Le informazioni ricavate dalle osservazioni fatte
sulle componenti della scrittura unite al test individuale di seguito proposto
offrono un attendibile indicatore sull’evoluzione del corsivo.
Il test
Per monitorare l’evoluzione della scrittura abbiamo elaborato un semplice
test che raccoglie in una griglia di osservazione i dati necessari alla valutazione
dell’apprendimento del corsivo di ogni alunno (figura 3.1).
La prova si differenzia a seconda della classe. Consiste nel dettato di
parole o semplici testi a ogni singolo alunno nel tempo massimo di 4 minuti.
La prova, proprio perché individuale, facilita l’insegnante nell’osservazione
e nella rilevazione degli eventuali atteggiamenti scorretti nella conduzione
del gesto grafico, nell’impugnatura e nella postura. In un dettato proposto a
tutta la classe, infatti, è difficile rilevare, ad esempio, se le lettere tonde vengano tracciate in senso antiorario. Le parole e i testi proposti non contengono
difficoltà ortografiche, perché in questo contesto l’ortografia non è oggetto di
valutazione e non deve quindi rappresentare un ostacolo: l’obiettivo è la grafia
nelle sue componenti e nella sua esecuzione.
L’insegnante inserisce i dati rilevati nell’apposita griglia facendo riferimento alle indicazioni riportate. La lettura della griglia permette poi di verificare se
l’apprendimento sta procedendo in modo corretto, se è necessario rafforzare
e consolidare alcuni aspetti e come intervenire se si evidenziano difficoltà
grafo-motorie.
Procedura di somministrazione
Per avere valori più attendibili il test deve essere somministrato a tutti nel
tempo massimo di una settimana. Preferibilmente:
– dallo stesso insegnante (meglio l’insegnante di italiano);
– nello stesso luogo (consigliabile piccolo spazio/aula, isolato e silenzioso);
– in modo sereno senza creare ansie da prestazione;
– su un quaderno unico per confrontare le scritture e rilevare errori generalizzati;
– con consegne chiare e precise.
Prima di iniziare l’insegnante si rivolge all’alunno dicendo: «Ora ti detterò alcune semplici parole (frasi) per vedere come scrivi in corsivo. Se sbagli
non devi cancellare, ma continuare a scrivere lì vicino. Scrivi meglio che puoi.
Postura
Impugnatura
Tipo
di corsivo
Direzione delle
lettere
Forma delle lettere
VALUTAZIONE DELL’APPRENDIMENTO DEL CORSIVO
Fig. 3.1 Griglia per la valutazione dell’apprendimento del corsivo.
Alunni
Mano
scrivente
Dx
Sx
Rispetto distanza
occhi-foglio
Mano non scrivente
sul banco
Corretta
Scorretta
Troppo in punta
Continuato
Semicontinuato
Lettere tonde in senso
antiorario
Lettere tonde chiuse
(sì/no)
Puntini i e trattini
(t e z sì/no)
Lettere scorrette
Quali?
Collegamenti
Corretti
Saldature e ripassi
Tempo impiegato
Velocità
Grafemi scritti
Coefficiente
Somma dei coefficienti di ognuno
diviso il numero degli alunni _____
Coefficiente
di riferimento
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Le migliori proposte operative su… Scrittura
Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della scrittura
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Prima di cominciare sistema il quaderno, assumi la corretta posizione nel
banco e preparati a scrivere facendo attenzione all’impugnatura. Non preoccuparti del tempo; il cronometro mi serve solo per regolarmi dal momento
che devo vedervi tutti». Detta quindi le parole senza mettere fretta e facendo
pause tra una parola e l’altra. Durante la prova, proprio perché somministrata
individualmente, l’insegnante può porre particolare attenzione alle seguenti
componenti della scrittura e annotare quanto osserva:
•la rapidità della scrittura: lenta, veloce, stentata;
•la corretta esecuzione dei grafemi: osserva e annota il rispetto della giusta
direzione delle lettere tonde, che vanno tracciate in senso antiorario;
•la corretta forma delle lettere, e in particolare:
– delle lettere tonde, che devono essere chiuse;
– la presenza dei trattini delle t e z e dei puntini delle i;
– la corretta esecuzione dei collegamenti: vanno annotati i collegamenti
errati e l’eventuale presenza di saldature e ripassi;
•la corretta postura: la distanza tra gli occhi e il quaderno deve essere di circa 30
cm, la mano deve essere sopra il banco per tener fermo il foglio o il quaderno;
•la corretta impugnatura;
•se l’alunno è destrimane o mancino.
Le prove
Le prove individuali vanno somministrate rispettando il tempo e le indicazioni date. Ogni bambino scrive su un unico quaderno che l’insegnante
mette a disposizione a questo scopo. È così possibile osservare immediatamente
tutte le scritture e, dopo aver inserito i dati nella griglia di valutazione, capire
dove sia necessario intervenire, e se su tutta la classe o in maniera individuale.
Prima classe
La prova va somministrata quando i bambini sanno scrivere in corsivo.
Le parole del test contengono tutte le lettere dell’alfabeto tranne l’h e non
presentano difficoltà ortografiche.
Batteria di parole: oca, boa, zoo, lei, qui, tre, vino, nove, bere, code, lago, sole,
viso, buio, nodo, gola, foca, orzo, orso, orto, olio, corda, porta, ponte, odore, quattro
(105 grafemi).
Il controllo è molto utile in prima classe per verificare la corretta impostazione di base (in questa fase dell’apprendimento si può ancora intervenire
e lavorare sull’impugnatura e la postura).
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Le migliori proposte operative su… Scrittura
Seconda classe
La prova va somministrata indicativamente dopo due mesi dall’inizio
dell’anno scolastico.
Batteria di parole: gru, bere, corda, polso, bibita, tegola, colore, burro, drago,
pollo, fiore, vento, prova, poche, odore, ombra, brocca, barche, giorno, quadro, aquila,
lontano, toccare, ombrello (134 grafemi).
Il test va ripetuto nel mese di marzo per verificare se l’apprendimento è
avvenuto in modo corretto, se deve essere consolidato o se si deve intervenire
per rafforzare o correggere. La seconda classe ha un’importanza particolare
per il consolidamento del corsivo ed è per questo che vengono proposte due
prove. È il momento in cui si manifestano le eventuali difficoltà grafo-motorie:
il loro riconoscimento permette di intervenire tempestivamente. In questa fase
la batteria di parole può essere sostituita da semplici frasi che permettono di
capire se sono stati interiorizzati i passaggi più difficili come i collegamenti
particolari (tra parentesi il numero di grafemi, in totale 134):
Il fiore è bianco e blu. (18)
La nave arriva oggi nel porto. (24)
La luna e le stelle brillano nel buio. (30)
Io scrivo bene con la biro in corsivo. (30)
Leo risolve questi esercizi per primo. (32)
Terza classe
Nella terza classe la grafia comincia a diventare più sciolta perché la
scrittura si automatizza. È importante verificarne l’evoluzione almeno una
volta nel corso dell’anno scolastico. Se in terza classe la scrittura non risponde
positivamente ai criteri di valutazione della griglia, con particolare riferimento
alla leggibilità, l’insegnante può pensare a cause non imputabili a uno scorretto
apprendimento del corsivo ma a difficoltà o problematiche di altro genere che
necessitano di ulteriori indagini. La prova consiste nella dettatura del testo
seguente (tra parentesi il numero di grafemi, in totale 194).
Una volpe che aveva fame vide su una vite dei grappoli d’uva. (48)
Decise di prendere qualche acino con le zampe. (38)
Ma l’uva era troppo in alto per lei, saltava ma non ci arrivava. (49)
Dopo alcune prove decise di andare via. (32)
Pensò che gli acini erano acerbi. (27)
Quarta classe
La scrittura comincia a personalizzarsi. Il ductus scolastico dovrebbe
ormai lasciare il posto alla grafia «personale». L’insegnante potrà osservare
Osservazione e monitoraggio dell’evoluzione della scrittura
65
come le scritture dei suoi alunni siano diverse l’una dall’altra pur con la stessa
impostazione di base, impostazione che le rende però chiare e leggibili. In
quarta classe la prova va somministrata nel mese di marzo (tra parentesi il
numero di grafemi, in totale 226).
In estate la formica lavorava e faceva provviste per il freddo inverno. (58)
La cicala cantava e suonava allegra al sole. (36)
Arrivò il primo gelo e quando cadde la neve la cicala rimase senza cibo. (58)
Infreddolita e affamata bussò alla porta della formica. (48)
Questa però le negò il suo aiuto. (26)
Quinta classe
La scrittura continua a personalizzarsi. Si possono riscontrare cambiamenti significativi: scritture molto piccole, grafemi personalizzati, introduzione
di maiuscole in stampato maiuscolo, ricerca del bello come i cerchietti o gli
asterischi sopra la i, ricci e tratti aggiuntivi estetici, tentativi di imitazione di
scritture di altri (migliore amico, fratello, ecc.).
La prova va somministrata nel mese di marzo per verificare la scorrevolezza e la fluidità della scrittura, che è ormai comunicazione del pensiero (tra
parentesi il numero di grafemi, in totale 273).
Un corvo aveva rubato un pezzo di formaggio. (36)
Si posò su una quercia per mangiarselo. (32)
Lo vide la volpe che si fermò ai suoi piedi. (34)
Cominciò ad adularlo per il suo aspetto. (34)
Sicuramente anche la sua voce sarebbe stata all’altezza della sua bellezza. (63)
Il corvo vanitoso gracchiò e lasciò cadere il formaggio. (47)
La volpe lo afferrò e se lo mangiò. (27)
Valutazione della velocità della scrittura
Attraverso i test proposti, è possibile valutare anche la rapidità individuale
della scrittura e la media raggiunta dalla classe di appartenenza. È per questo
motivo che accanto a ogni frase viene riportato il numero di grafemi di cui
è composta, in modo da facilitarne il conteggio. La prova va somministrata
se nella classe sono presenti casi di scritture stentate, se ci sono bambini che
faticano a scrivere e che rimangono indietro nei dettati e nel ricopiare dalla
lavagna. Non deve diventare una gara di velocità e non deve essere competitiva.
Servirà all’insegnante come indice di scorrevolezza grafica: l’eccessiva lentezza
nel tracciato o la stentatezza nel procedere possono essere attribuite a motivi
diversi e costituire segnali di cui tener conto per una corretta valutazione. Al
174 Le migliori proposte operative su… Scrittura
Questionario metacognitivo sulla scrittura
Domanda 1: Composizione del tema
Cosa aiuta di più per scrivere un bel tema?
Devi rispondere a questa domanda facendo una crocetta al fianco di ogni frase, secondo
l’importanza che dai a ognuna di esse.
Poco
Abbastanza
Molto
Avere tanto tempo a disposizione
Non fare errori
Scrivere tanto
Fare uno schema con quello che vuoi scrivere
Seguire le regole della grammatica
Scrivere con una bella calligrafia
Sapere tante parole
Rileggere per controllare quello che hai scritto
Seguire le richieste del titolo
Avere molte idee
Sistemare bene la punteggiatura
Fare la brutta copia
Scrivere tutto quello che viene in mente
Usare la penna blu
Stare in silenzio e concentrati
Avere il quaderno a righe
Avere una buona memoria
Domanda 2: Conoscenza dell’argomento
Anna e Giulia sono due compagne di banco e sono alunne molto brave. Anna vive in campagna e Giulia abita nel centro di una grande città. Un giorno la maestra propone questo
tema: «Racconta una storia sugli animali della fattoria». Secondo te, quale sarà il tema più
bello? Quello di Anna o quello di Giulia?
Perché?
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© 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson
Il «Questionario metacognitivo sulla scrittura» per la scuola primaria
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Domanda 3: Scrivere nel dettato e nel tema
Secondo te, un bambino fa più errori nel dettato o nel tema? Perché?
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Se scrivi più lentamente, fai più errori?
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Domanda 4: Chiarezza
Hai scritto una frase e vuoi che sia chiara. Cosa fai?
– la riscrivo con parole diverse
– la riscrivo usando poche altre parole
– spiego quello che intendo
– la ripeto con poche modifiche
Domanda 5: Valutazione del prodotto scritto
Secondo te, come fa la maestra a dare un giudizio sul tuo tema?
Controlla:
– se ci sono tante frasi o parole
– se ci sono tanti errori di ortografia
– se è tutto chiaro
– se la calligrafia è ordinata
– se hai risposto al titolo
– se le piace oppure no
– se hai usato parole difficili
Domanda 6: Scrivere e parlare
Parlare e scrivere sono la stessa cosa?
Scrivi nello stesso modo in cui parli?
Perché?
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© 2012, D. Ianes, Le migliori proposte operative su… Scrittura, Trento, Erickson
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