A 0 ress Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari Ente Strumentale della Regione Piemonte istituito con L.R. n. 10 del 16.03.1998 PDTA MALATTIE GASTROENTEROLOGICHE PERCORSO DIAGNOSTICO TERAPEUTICO ASSISTENZIALE DELLE EPATOPATIE CRONICHE (I) Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari Regione Piemonte 2010 SOMMARIO 1.DESCRIZIONE GENERALE DEL DOCUMENTO........................................................... 1.1 Committente.............................................................................................................. 1.2 Gruppo di lavoro ........................................................................................................ 1.3 Coordinamento del gruppo di lavoro ............................................................................ 1.4 Abbreviazioni usate nel testo....................................................................................... 1.5 Premessa .................................................................................................................. 2 2 2 2 2 3 2. METODOLOGIA ........................................................................................................ 2.1 Ricerca della letteratura.............................................................................................. 2.2 Valutazione delle Linee Guida...................................................................................... 2.3 Il percorso di riferimento ............................................................................................ 7 7 7 8 3. CRITERI DI ELEGGIBILITA’ E DI INCLUSIONE ...................................................... 9 3.1 Criteri di eleggibilità ................................................................................................... 9 3.2 Criteri di inclusione..................................................................................................... 9 4. LE EPATITI CRONICHE: INQUADRAMENTO CLINICO ............................................ 10 5. LINEE GUIDA E LETTERATURA DI RIFERIMENTO .................................................. 5.1 Linee Guida ............................................................................................................... 5.2 Letteratura di riferimento............................................................................................ 5.3 Valutazione Linee Guida con metodo AGREE................................................................. 5.4 Livelli di prove scientifiche e grading delle raccomandazioni........................................... 11 11 11 12 14 Diagrammi a matrice…………………..……………………………………………………………………………….. 17 6. IL PERCORSO DI RIFERIMENTO ............................................................................. 6.1 Riscontro di un aumento degli enzimi epatici ................................................................ 6.2 Epatopatie alcoliche ................................................................................................... 6.3 Epatopatie dismetaboliche .......................................................................................... 6.4 Epatopatie colestatiche............................................................................................... 6.5 Epatopatie virali ......................................................................................................... 20 20 21 25 28 31 7. INDICATORI............................................................................................................. 48 AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 1 1.DESCRIZIONE GENERALE DEL DOCUMENTO 1.1 COMMITTENTE Assessorato alla Tutela della Salute e Sanità - Regione Piemonte 1.2 GRUPPO DI LAVORO Daniela Boggio Bertinet Piero Davio Anna Grazia De Micheli Luigi Fenoglio Antonio Macor Erika Mainardi Alfredo Marzano Maurizio Mellana Antonio Ottobrelli Massimo Papini Giorgio Saracco Carlo Senore Armando Vanni Andrea Veltri Nutrizione Clinica AOU S. Giovanni Battista di Torino Medicina Interna ASO Alessandria Medicina d’Urgenza AOU S. Giovanni Battista di Torino Medicina Interna ASO Cuneo Infettivologo ASL TO2 Infermiera AOU S. Giovanni Battista di Torino Gastroenterologo AOU S. Giovanni Battista di Torino Psicologo ASL Asti Gastroenterologo AOU S. Giovanni Battista di Torino MMG ASL CN1 Gastroenterologo AOU S. Giovanni Battista di Torino Epidemiologo CPO – Torino Gastroenterologo, Medicina Interna ASL CN2 Radiologo AOU S. Luigi Gonzaga- Orbassano Alla redazione del presente documento hanno collaborato la Dr.ssa Ester Vanni (Gastroenterologa, AOU S. Giovanni Battista di Torino) per la parte inerente NAFLD/NASH, e la Sig.a Maria Rita La Torre, della segreteria organizzativa A.Re.S.S. Piemonte. 1.3 COORDINAMENTO DEL GRUPPO DI LAVORO Giorgio Saracco Tito Soldati Enzo C. Farina Gastroenterologo AOU S. Giovanni Battista di Torino A.Re.S.S. Piemonte - metodologo, Referente del Progetto A.Re.S.S. Piemonte 1.4 ABBREVIAZIONI USATE NEL TESTO ACRONIMO DESCRIZIONE AGREE AIFA ALT AMA ANA APRI ASMA ASR AST ATPIII Appraisal of Guidelines for Research & Evaluation Agenzia Italiana del Farmaco Alanina-Amino-Transferasi Anticorpi antimitocondrio (Anti-Mitochondrial Antibodies) Anticorpi antinucleo (Anti-Nuclear Antibodies) AST to Platelet Ratio Index Anticorpi anti-muscolo liscio (Anti-Smooth Muscle Antibodies) Azienda Sanitaria Regionale Aspartato-Amino-Transferasi Adult Treatment Panel III AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 2 AUDIT BMI CAGE CBP CDT CPK CPRM CSP EC EGDS ERCP EUS FA GEL GGT HBV HCC HCV HDV HOMA-IR IBD IFN IGT LG LKM MMG NAFLD NASH NCEPT p-ANCA PCOS PCR PDTA PIC SEIEVA UDCA Alcohol Use Disorders Identification Test Body Mass Index [Questionario sull’abuso alcolico – L’acronimo indica la prima lettera delle keywords delle domande: “cut – annoyed – guilty – eye”) Cirrosi Biliare Primitiva Carbohydrate-Deficient Transferrin Creatin-fosfo-chinasi Colangio-Pancreatografia con Risonanza Magnetica Colangite Sclerosante Primitiva Epatiti Croniche Eosfago-Gastro-Duodeno-Scopia Colangio-Pancreatografia Retograda Endoscopica (Endoscopic Retrograde Cholangio-Pancreatography) Ecoendoscopia (Endoscopic Ultra-Sonography) Fosfatasi Acalina Gastroenterologia Gamma-Glutamil-Transpeptidasi Virus dell’epatite B (Hepatitis-B Virus) Carcinoma epatocellulare (Hepato-Cellular Carcinoma) Virus dell’epatite C (Hepatitis-C Virus) Virus dell’epatite delta (Hepatitis-delta Virus) HOmeostasis Model Assessment of Insulina Resistance Inflammatory Bowel Diseases Interferone Impared Glucose Tolerance Linee Guida Liver and Kidney Microsomes Medico di Medicina Generale Non-Alcoholic Fatty Liver Disease Non-Alcoholic Steato-Hepatitis National Cholesterol Education Program and Treatment Anticorpi anticitoplasma neutrofilo perinucleari (perinuclear Anti-Neutrophil Cytoplasmic Antibodies) Sindrome dell’ovaio policistico (Poly-Cystic Ovary Syndrome) Polymerase Chain Reaction Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale Profilo Integrato di Cura Sistema Epidemiologico Integrato dell’Epatite Virale Acuta Acido ursodeossicolico (Urso-Deoxy-Cholic Acid) 1.5 PREMESSA Uno dei principali obiettivi dell’assessorato alla Tutela della Salute e Sanità e dell’Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari (A.Re.S.S.) in Piemonte è di promuovere l’integrazione organizzativa e clinica tra le ASR nell’ottica di un miglioramento continuo della qualità, favorendo l’uniformità, la congruità e la continuità degli interventi. Il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) è uno strumento di “Clinical Governance” che, attraverso un approccio per processi, consente di strutturare e integrare attività e interventi in un contesto in cui diverse specialità, professioni e aree d’azione (territorio, ospedale ecc) sono coinvolte nella presa in cura del cittadino che AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 3 presenta problemi di salute. Il PDTA consente inoltre di valutare la congruità delle attività svolte rispetto agli obiettivi, alle linee guida di riferimento e alle risorse disponibili conducendo, attraverso la misura delle attività e degli esiti, al miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza di ogni intervento. Nel Giugno 2007 è stato avviato, a cura dell’A.Re.S.S. e su mandato della Regione Piemonte, il progetto “Rete Regionale di Gastroenterologia”, con i seguenti obiettivi: • Eseguire un’indagine conoscitiva relativa a tutte le attività gastroenterologiche in essere (endoscopia digestiva, attività ambulatoriali), indipendentemente dalla tipologia di Struttura Operativa e per tutte le sedi operative. • Costruire una Rete Regionale di Gastroenterologia, finalizzata alla riorganizzazione delle strutture e delle risorse, attualmente allocate in modelli organizzativi disomogenei, estremamente variabili, nonché dispersivi. • Conoscere la distribuzione delle strutture, delle risorse e delle competenze presenti sul territorio. • Definire PDTA e PIC, con particolare attenzione all’appropriatezza d’uso delle tecnologie e dei farmaci, anche attraverso la sensibilizzazione dei MMG. La selezione delle patologie su cui sviluppare i PDTA in ambito gastroenterologico è stata basata su criteri relativi al carico assistenziale e alla variabilità nell’uso delle risorse per la gestione e il trattamento dei pazienti. Al fine di disporre degli elementi necessari alla valutazione è stata condotta un’analisi dei ricoveri con DRG medico per patologie di pertinenza gastroenterologia, relativi ai MDC 6/7, estratti dall’archivio delle Schede di Dimissione Ospedaliera della Regione Piemonte sul periodo 1/1 – 31/12 -2006. Sono stati analizzati i seguenti parametri: • proporzione di ricoveri attribuibile a ciascuna diagnosi principale e a ciascun DRG; • proporzione di ricoveri ripetuti per lo stesso DRG, nell’arco dei 12 mesi di osservazione per ciascun DRG e per reparto di dimissione; • proporzione di casi trattati in regime di DH per DRG e reparto di dimissione. L’analisi della distribuzione delle diagnosi principali di ricovero (Tab. I) evidenzia come pancreatite, epatopatie e dolore addominale rappresentino le prime 5 cause in termini di frequenza, per un complessivo 20% dei ricoveri ordinari, mentre per arrivare al 50% dei ricoveri occorre considerare le prime 26 diagnosi principali. Tab. I Codice 5715 5770 5712 5609 78900 N 1834 1399 1296 1105 887 % cumulata diagnosi principale 5,6% 5,6% CIRROSI EPATICA SENZA MENZIONE DI ALCOL 4,2% 9,8% PANCREATITE ACUTA 3,9% 13,7% CIRROSI EPATICA ALCOLICA 3,3% 17,0% OCCLUSIONE INTESTINALE NON SPECIFICATA 2,7% 19,7% DOLORE ADDOMINALE La valutazione (Tab. II) del carico assistenziale (proporzione di ricoveri ordinari attribuibili a specifiche patologie e proporzione di ricoveri ripetuti nell’arco del periodo di osservazione per la stessa patologia) e della variabilità osservata nella gestione dei pazienti (variazioni nella proporzione di ricoveri ripetuti per tipo di specialità del reparto e nella proporzione di ricoveri in regime di DH sul totale dei ricoveri) ha confermato che a AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 4 questi gruppi di patologie è attribuibile una quota consistente dei ricoveri con DRG medico di area gastroenterologica; questi episodi di ricovero vengono gestiti con modalità e intensità di impegno di risorse molto diversificati tra i diversi reparti. La patologie non neoplastiche del fegato rappresentano quasi il 20% dei ricoveri di area gastroenterologica: si osserva una forte variabilità nell’uso del DH tra i reparti di area chirurgica, medica e gastroenterologica e in una proporzione elevata di casi (fino al 33% per il DRG relativo alla cirrosi) i pazienti vanno incontro a ricoveri ripetuti per la stessa patologia nell’arco di un anno. La realizzazione del presente PDTA “Epatiti croniche” (EC), ha lo scopo di offrire, a tutti gli operatori interessati nel processo di diagnosi e cura di tale patologia, linee di indirizzo per la gestione del paziente, anche in rapporto alla diversa gravità della patologia, con i seguenti obiettivi: • Costruzione del percorso ottimale nel processo diagnostico e terapeutico delle EC, tale da ottenere un adeguato livello di cura in tutto il territorio regionale. • Identificazione degli attori responsabili e dei rispettivi ruoli all’interno del PDTA. • Identificazione di indicatori di processo e di esito per verificare l’applicazione del percorso. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 5 % cumulativa sul totale dei ricoveri ordinari % sul totale dei ricoveri ordinari 10,1% 10,1% 32,6% 16,7% 36,8% 14,3% 4,2% 22,5% 1,9% 14,5% 0,2% 19,6% 19,4% 4,9% 22,0% % ricoveri ripetuti % ricoveri in DH DRG DESCRIZIONE 12,6% 202 74,2% 5,7% 205 59,2% 25,0% 0,0% 200 14,1% 3,0% 11,9% 0,8% 204 2,6% 12,7% 11,9% 30,6% 7,8% 179 CIRROSI E EPATITE ALCOOLICA MALATTIE DEL FEGATO ECCETTO NEOPLASIE MALIGNE,CIRROSI,EPATITE ALCOLICA,CON CC PROCEDURE DIAGNOSTICHE EPATOBILIARI NON PER NEOPLASIE MALIGNE MALATTIE DEL PANCREAS ECCETTO NEOPLASIE MALIGNE MALATTIE INFIAMMATORIE DELL'INTESTINO 27,4% 5,4% 12,6% 7,0% 35,3% 5,1% 208 30,0% 2,6% 11,2% 0,0% 9,1% 0,9% 180 34,0% 4,0% 11,1% 1,3% 13,0% 1,1% 181 37,0% 3,0% 9,7% 63,6% 87,9% 42,0% 206 48,4% 11,4% 5,9% 7,4% 71,3% 7,9% 183 55,8% 7,4% 4,8% 12,3% 87,5% 9,1% 184 62,7% 6,9% 9,5% 0,9% 2,4% 1,9% 174 65,7% 3,0% 8,3% 9,8% 24,3% 2,5% 188 72,2% 6,5% 7,8% 2,2% 19,7% 1,8% 182 76,1% 3,9% 6,5% 2,5% 16,5% 1,8% 175 81,0% 5,0% 6,1% 29,9% 78,2% 11,7% 189 82,5% 1,5% 5,3% 17,4% 46,2% 0,0% 190 82,9% 0,4% 4,8% 3,9% 57,1% 5,1% 178 83,2% 0,3% 2,3% 0,0% 20,0% 1,3% 177 92,0% 8,8% 26,3% 14,6% 17,9% 4,6% 203 92,5% 0,4% 25,7% 2,5% 16,7% 0,0% 199 95,0% 2,5% 13,6% 22,5% 37,9% 8,5% 173 MALATTIE DELLE VIE BILIARI, SENZA CC OCCLUSIONE GASTROINTESTINALE, CON CC OCCLUSIONE GASTROINTESTINALE, SENZA CC MALATTIE DEL FEGATO ECCETTO NEOPLASIE MALIGNE,CIRROSI,EPATITE ALCOLICA, SENZA CC ESOFAGITE, GASTROENTERITE E MISCELLANEA DI MALATTIE DELL'APPARATO DIGERENTE, ETA` >17 SENZA CC ESOFAGITE, GASTROENTERITE E MISCELLANEA DI MALATTIE DELL'APPARATO DIGERENTE, ETA` < 18 EMORRAGIA GASTROINTESTINALE, CON CC ALTRE DIAGNOSI RELATIVE ALL'APPARATO DIGERENTE, ETA` > 17 CON CC ESOFAGITE, GASTROENTERITE E MISCELLANEA DI MALATTIE DELL'APPARATO DIGERENTE, ETA`>17 CON CC EMORRAGIA GASTROINTESTINALE, SENZA CC ALTRE DIAGNOSI RELATIVE ALL'APPARATO DIGERENTE, ETA` > 17 SENZA CC ALTRE DIAGNOSI RELATIVE ALL'APPARATO DIGERENTE, ETA` < 18 ULCERA PEPTICA NON COMPLICATA, SENZA CC ULCERA PEPTICA NON COMPLICATA, CON CC NEOPLASIE MALIGNE DELL'APPARATO EPATOBILIARE O DEL PANCREAS PROCEDURE DIAGNOSTICHE EPATOBILIARI PER NEOPLASIE MALIGNE NEOPLASIE MALIGNE DELL'APPARATO DIGERENTE, SENZA CC 99,5% 4,5% 15,9% 2,1% 6,8% 1,0% 207 MALATTIE DELLE VIE BILIARI, CON CC 100,0% 0,5% 11,3% 12,6% 6,3% 11,4% 19,0% 45,6% Chirurgia AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) GEL Medicina 176 4,3% 7,6% Totale ULCERA PEPTICA COMPLICATA 6 2. METODOLOGIA Nel realizzare il presente PDTA sono state recepite le indicazioni e sono state seguite le tappe fondamentali specificate nel manuale “Raccomandazioni per la costruzione di Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali e Profili Integrati di Cura nelle Aziende Sanitarie della Regione Piemonte”. Il piano di elaborazione del percorso ha seguito le seguenti fasi: • Individuazione di un gruppo di esperti multiprofessionale e multispecialistico. • Ricerca della letteratura scientifica con una strategia in grado di rintracciare le evidenze scientifiche, le LG , le revisioni sistematiche più recenti. • Valutazione delle LG con il metodo AGREE. • Valutazione delle prove scientifiche raccolte in base al sistema di grading presente nelle linee guida adottate. • Definizione del percorso assistenziale, contenente le raccomandazioni derivate da LG e consigli derivati dal parere di esperti del tavolo di lavoro regionale (percorso di riferimento). • Redazione finale del documento. 2.1 RICERCA DELLA LETTERATURA La ricerca della letteratura è stata effettuata in base alla seguente strategia: 1. Ricerca di LG in vigore 2. Ricerca bibliografica su banche dati (Studi di coorte, prospettici) La ricerca è stata effettuata nelle seguente basi di dati e siti internet: • Pubmed • National Guideline Clearinghouse • SNLG Sistema Nazionale Linee Guida • CMA Infobase • NLH Guidelines Finder • SIGN 2.2 VALUTAZIONE DELLE LINEE GUIDA Le LG individuate sono state valutate con il metodo AGREE. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 7 2.3 IL PERCORSO DI RIFERIMENTO Il percorso di riferimento è il PDTA raccomandato e rappresenta la pianificazione logica e cronologica degli interventi necessari e ottimizzati per la diagnosi e la terapia delle EC. Le raccomandazioni desunte dalle LG sono precedute da un simbolo grafico (), il testo è in corsivo, e sono seguite dalla sigla della LG e dai livelli di evidenza e raccomandazione (§ 5.3-4). Esempio: Analoga strategia andrà praticata nei soggetti responsivi (HBV DNA persistentemente negativo) che manifestino la ripresa virologica (ricomparsa di viremia determinabile a qualsiasi livello) [EASL A1]. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 8 3. CRITERI DI ELEGGIBILITA’ E DI INCLUSIONE 3.1 CRITERI DI ELEGGIBILITA’ I criteri individuati nella scelta delle EC d’interesse nella costruzione di un PDTA a carattere regionale sono i seguenti: - frequenza della patologia; - approccio diagnostico e terapeutico non codificato; - impatto di salute ed economico sulla collettività e sulla famiglia, legato alla cronicizzazione della sintomatologia, al rischio evolutivo in cirrosi e sue complicanze (scompenso epatico, ascite, emorragia varicosa, epatocarcinoma) e alla possibile comparsa di difficoltà psicologiche e relazionali con compromissione della qualità della vita. 3.2 CRITERI DI INCLUSIONE ED ESCLUSIONE I soggetti descritti nel presente PDTA, sono tutti quelli con primo riscontro di ipertransaminasemia e/o di aumento di entrambi gli enzimi di colestasi (GGT e FA) in paziente asintomatico. Sono esclusi i pazienti con epatopatia già nota e i pazienti sintomatici (itterici, ascitici, encefalopatici, ecc.). AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 9 4. LE EPATITI CRONICHE: INQUADRAMENTO CLINICO Le malattie epatiche sono un problema frequente nella pratica clinica quotidiana. La loro presenza è in genere avvertita solo dopo l’esecuzione di test ematici in quanto le epatopatie sono generalmente asintomatiche. Sebbene lo screening per le epatopatie (virali e non) non sia consigliato, è frequente il riscontro casuale di alterazione degli enzimi epatici durante esami eseguiti per la donazione del sangue, per esami pre-assunzione o per attività sportiva, per contrarre una polizza assicurativa. Le raccomandazioni e gli algoritmi diagnostico-terapeutici che seguono servono per razionalizzare la scelta dei test ematici e degli esami strumentali per giungere ad una diagnosi eziologica e ad una conseguente scelta terapeutica appropriata. È utile sottolineare che quando il quadro clinico indica che una o più diagnosi sono altamente sospette, piuttosto che seguire l’algoritmo la successiva valutazione deve essere orientata verso la conferma di tali diagnosi; l'algoritmo è utile soprattutto quando non vi sono indizi clinici o se i sospetti sono vaghi. Fondamentale è la distinzione fra danno epatocellulare e danno colestatico: nel primo caso gli epatociti danneggiati rilasciano nel circolo sanguigno enzimi intracellulari, i più rappresentativi dei quali sono l’aspartato amino transferasi (AST) e l’alanina amino transferasi (ALT); nel secondo caso l’ostruzione intra- o extraepatica dei dotti biliari determina l’induzione della sintesi della fosfatasi alcalina (FA) e della gammaglutamiltranspeptidasi (GGT). In Italia, le principali cause di ipertransaminasemia in pazienti asintomatici sono le epatiti virali croniche, da virus B e C; segue il danno da alcol mentre un aumento persistente dei livelli di transaminasi non-virus, non-alcol correlato, può riconoscere molteplici cause, diverse per prevalenza e rilevanza clinica. La causa più frequente nella popolazione generale è la steatosi epatica non alcolica (NAFLD), condizione clinica che può evolvere in steatoepatite e cirrosi. Altre cause di ipertransaminasemia non-virus, non-alcol correlate, meno frequenti ma non rare, sono la celiachia e l’emocromatosi, mentre decisamente più rare sono le epatiti autoimmuni, la malattia di Wilson, la cirrosi biliare primitiva, la colangite sclerosante, ed il deficit di alfa-1-antitripsina. Alcune di queste condizioni sono suscettibili di trattamenti efficaci, motivo per cui è importante formulare una diagnosi precoce. Non sono invece disponibili dati epidemiologici per valutare la prevalenza di ipertransaminasemia da farmaci o altri xenocomposti, la cui individuazione nel singolo paziente è basata sulla storia clinica e sulla sospensione del composto sospettato. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 10 5. LINEE GUIDA E LETTERATURA DI RIFERIMENTO 5.1 LINEE GUIDA La ricerca della letteratura su questi argomenti ha evidenziato un ridotto numero di LG. La maggior parte del PDTA poggia quindi su Statement, Consensus Conference e documenti simili. LG valide sono state reperite solo per le epatopatie virali e per quelle colestatiche. Altre LG su temi trattati non forniscono supporto di evidenze (ad esempio quelle del S.I.G.N. sull’alcolismo sono dedicate al trattamento di questa patologia dal punto di vista psicologico, sociale e riabilitativo, e non ai problemi epatici correlati). EPATOPATIE COLESTATICHE 1. Commissione “Colestasi” dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato: La colestasi. Diagnosi e terapia basata sull’evidenza. Linea guida. 2001. On line (3 mag 10): www.webaisf.org/index.php?option=com_docman&task=doc_view&gid=48&tmpl=component&form at=raw&Itemid=72&lang=it EPATOPATIE VIRALI B 1. Carosi G, Rizzetto M. Treatment of chronic hepatitis B: recommendations from an Italian workshop. Dig Liver Dis. 2008 Aug;40:603-17. 2. Marzano A, Angelucci E, Andreone P, et al. Italian Association for the Study of the Liver. Prophylaxis and treatment of hepatitis B in immunocompromised patients. Dig Liver Dis. 2007 May;39(5):397408 3. European Association for the Study of the Liver. EASL clinical practice guidelines: management of chronic hepatitis B. J Hepatol 2009;50:227-42. EPATOPATIE VIRALI C 1. Ghany MG, Strader DB, Thomas DL, Seeff LB. AASLD Practice Guidelines - Diagnosis, management and treatment of Hepatitis C: an update. Hepatology 2009;49(4):1135-74. On-line (3 mag 10): http://www.aasld.org/practiceguidelines/Documents/Bookmarked%20Practice%20Guidelines/Diagno sis_of_HEP_C_Update.Aug%20_09pdf.pdf 5.2 LETTERATURA DI RIFERIMENTO INTRODUZIONE & PARTE COMUNE 1. Raccomandazioni per la costruzione di Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali e Profili Integrati di Cura nelle Aziende Sanitarie della Regione Piemonte. A.Re.S.S., 2007. On line (3 mag 10): http://www.A.Re.S.S..piemonte.it/documenti.aspx 2. AGA Clinical Practice Committe. AGA Technical review on the evaluation of liver chemistry test. Gastroenterology 2002;123:1367-84. 3. AGA Clinical Practice Committe. AGA Medical Position Statement: evaluation of liver chemistry tests. Gastroenterology 2002;123:1364-66. EPATOPATIA ALCOLICA 1. SIGN - Scottish Intercollegiate Guidelines Network. The management of harmful drinking and alcohol dependence in primary care. A National Clinical Guideline. On line (3 mag 10): www.sign.ac.uk/guidelines/fulltext/74/index.html 2. MeyerhoffDJ, Bode C, Nixon SJ et al. Health risk of chronic moderate and heavy alcohol consumption: how much is too much? Alcoholism Clin Exp Res 2005;29:1334-40. 3. Lefkowitch JM. Morphology of alcoholic liver disease. Clin Liver Dis 2005;9:37-53. 4. Lieber CS. Alcoholic fatty liver: its pathogenesis and mechanism of progression to inflammation and fibrosis. Alcohol 2004;34:9-19. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 11 5. Seitz HK, Salaspuro M, Savolainen M et al. From alcohol toxicity to treatment. Alcohol Clin Exp Res 2005;29:1341-1350. NAFLD 1. AGA technical review on Nonalcoholic Fatty Liver Disease. Gastroenterology 2002;123:1705-25. 2. Vuppalanchi R, Chalasani N. Nonalcoholic Fatty Liver Disease and Nonalcoholic Steatohepatitis: selected practical issues in their evaluation and management. Hepatology 2009;49:306-317. 3. Adams LA, Talwalkar JA. Diagnostic evaluation of nonalcoholic fatty liver disease. J Clin Gastroenterol 2006;40(Suppl 1):S34-38. 4. PNLG (Piano Nazionale Linee Guida). Gestione delle ipertransaminasemie croniche asintomatiche non virus, non alcol correlate - Suggerimenti sull’iter diagnostico e il monitoraggio. Consensus Conference, Istituto Superiore di Sanità, 2007. On line (3 mag 10): http://www.snlg-iss.it/news_cc_ipertransaminasemie EPATOPATIE COLESTATICHE 1. Heathcote, EJ. Management of primary biliary cirrhosis. The American Association for the Study of Liver Diseases practice guidelines. Hepatology 2000;31:1005-13. 2. Paumgartner G, Beuers U. Ursodeoxycholic acid in cholestatic liver disease: mechanisms of action and therapeutic use revisited. Hepatology 2002;36:525-31. 3. Wheatley M, Heilpern KL. Jaundice: An ED approach to diagnosis and management. Emergency Medicine Practice 2008 March; Vol 10 (3). EPATOPATIE VIRALI B 1. L'infezione da Virus B, AISF, Mediprint Roma 2009. On line (3 mag 10): www.webaisf.org/index.php?option=com_docman&Itemid=72&lang=it EPATOPATIE VIRALI C 1. Alberti A, Noventa F, Benvegnù L, Boccato S, Gatta A. Prevalence of liver disease in a population of asymptomatic individuals with hepatitis C virus infection. Ann Intern Med 2002;137:961-4. 2. Strader DB, Wright T, Thomas DL, Seeff LB; American Association for the Study of Liver Diseases. Diagnosis, management, and treatment of hepatitis C. Hepatology 2004;39(4):1147-71. 3. Patel K, Muir AJ, McHutchison JG. Diagnosis and treatment of chronic hepatitis C infection. BMJ 2006;332:1013-7 4. SEIEVA (Sistema Epidemiologico Integrato dell’Epatite Virale Acuta). Istituto Superiore di Sanità. On line (3 mag 10):www.simi.iss.it/seieva.htm 5.3 VALUTAZIONE LINEE GUIDA CON METODO AGREE AISF Commissione “Colestasi” dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato: La colestasi. Diagnosi e terapia basata sull’evidenza. Linea guida. 2001. AREA PUNTEGGIO 1 Obiettivo e motivazione 12/12 2 Coinvolgimento delle parti in causa 13/16 3 Rigore della elaborazione 25/28 4 Chiarezza e presentazione 15/16 5 Applicabilità 9/12 6 Indipendenza editoriale 2/8 Giudizio complessivo Fortemente raccomandata Raccomandata (con riserva) Non raccomandata Non so AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) X 12 ITAW Carosi G, Rizzetto M. Treatment of chronic hepatitis B: recommendations from an Italian workshop. Dig Liver Dis. 2008 Aug;40:603-17. AREA PUNTEGGIO 1 Obiettivo e motivazione 11/12 2 Coinvolgimento delle parti in causa 10/16 3 Rigore della elaborazione 24/28 4 Chiarezza e presentazione 11/16 5 Applicabilità 8/12 6 Indipendenza editoriale 5/8 Giudizio complessivo Fortemente raccomandata Raccomandata (con riserva) Non raccomandata Non so X IASL Marzano A, Angelucci E, Andreone P, et al. Italian Association for the Study of the Liver. Prophylaxis and treatment of hepatitis B in immunocompromised patients. Dig Liver Dis. 2007 May;39(5):397-408 AREA PUNTEGGIO 1 Obiettivo e motivazione 10/12 2 Coinvolgimento delle parti in causa 9/16 3 Rigore della elaborazione 17/28 4 Chiarezza e presentazione 10/16 5 Applicabilità 7/12 6 Indipendenza editoriale 6/8 Giudizio complessivo Fortemente raccomandata Raccomandata (con riserva) Non raccomandata Non so X EASL European Association for the Study of the Liver. EASL clinical practice guidelines: management of chronic hepatitis B. J Hepatol 2009;50:227-42. AREA PUNTEGGIO 1 Obiettivo e motivazione 10/12 2 Coinvolgimento delle parti in causa 9/16 3 Rigore della elaborazione 17/28 4 Chiarezza e presentazione 10/16 5 Applicabilità 7/12 6 Indipendenza editoriale 6/8 Giudizio complessivo Fortemente raccomandata Raccomandata (con riserva) Non raccomandata Non so AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) X 13 AASLD Ghany MG, Strader DB, Thomas DL, Seeff LB. AASLD Practice Guidelines - Diagnosis, management and treatment of Hepatitis C: an update. Hepatology 2009;49(4):1135-74. AREA PUNTEGGIO 1 Obiettivo e motivazione 12/12 2 Coinvolgimento delle parti in causa 10/16 3 Rigore della elaborazione 22/28 4 Chiarezza e presentazione 12/16 5 Applicabilità 8/12 6 Indipendenza editoriale 8/8 Giudizio complessivo Fortemente raccomandata Raccomandata (con riserva) Non raccomandata Non so X 5.4 LIVELLI DI PROVE SCIENTIFICHE E GRADING DELLE RACCOMANDAZIONI Le prove scientifiche raccolte sono state valutate in base al sistema di grading presente nelle LG adottate. AISF Commissione “Colestasi” dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato: La colestasi. Diagnosi e terapia basata sull’evidenza. Linea guida. 2001 = Ball C, Sackett D, Phillips B et a. Levels of evidence and grade of recommendation. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 14 ITAW Carosi G, Rizzetto M. Treatment of chronic hepatitis B: recommendations from an Italian workshop. Dig Liver Dis. 2008 Aug;40:603-17. = modified from Infectious Diseases Society of America – United States Public Healt System Grading Service for ranking recommendations in clinical guidelines. IASL AND Marzano A, Angelucci E, Andreone P, et al. Italian Association for the Study of the Liver. Prophylaxis and treatment of hepatitis B in immunocompromised patients. Dig Liver Dis. 2007 May;39(5):397-408. = ISS-Sistema Nazionale Linee Guida. Manuale metodologico; come produrre, diffondere e aggiornare raccomandazioni per la pratica clinica. 2004. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 15 EASL EASL clinical practice guidelines: management of chronic hepatitis B. J Hepatology 2009;50:227-42. = Adapted from GRADE system (Guyatt GH et al. Grades of recommendation for antithrombotic agents: American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. Chest 2008;133:123-131S. AASLD Ghany MG, Strader DB, Thomas DL, Seeff LB. AASLD Practice Guidelines - Diagnosis, management and treatment of Hepatitis C: an update. Hepatology 2009;49(4):1135-74. = Adapted from Shiffman RN, Shekelle P, Overhage JM, et al. Standardized reporting of clinical practice guideline: a proposal from the Conference on Guideline Standardization. Ann Intern Med 2003;139:493-8. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 16 AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 17 AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 18 AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 19 6 - IL PERCORSO DI RIFERIMENTO In seguito all’analisi delle LG e della letteratura di riferimento, viene di seguito descritta la pianificazione della sequenza logica e cronologica di tutti gli interventi diagnostici, terapeutici e di follow-up del paziente con sospetto e diagnosi di EC, mantenendo l’obiettivo dell’appropriatezza delle prestazioni. Il percorso di riferimento, che individua i ruoli e le responsabilità dei processi, è rappresentato graficamente in 3 diagrammi a matrice. 6.1 - RISCONTRO DI UN AUMENTO DEGLI ENZIMI EPATICI 6.1.1 - AUMENTO ENZIMI EPATICI / CRITERI INCLUSIONE-ESCLUSIONE L’ipertransaminasemia è un indicatore biochimico di danno epatocellulare discretamente sensibile ma del tutto aspecifico. In Italia, una ipertransaminasemia persistente nell’adulto è nella gran parte dei casi correlata a malattia da virus C, in misura minore da virus B e abuso alcolico. Esiste tuttavia una percentuale di soggetti adulti, che si aggira in Italia come negli USA tra il 3 ed il 5%, con alterazioni persistenti delle transaminasi non riconducibili a queste cause. Tale condizione è dunque relativamente frequente e può essere indicativa di malattie molto diverse per prevalenza, eziologia, prognosi e prospettive terapeutiche. Criteri di inclusione: 1) Primo riscontro di ipertransaminasemia e/o di aumento di entrambi gli enzimi di colestasi (GGT e FA) in paziente asintomatico. Per ipertransaminasemia si intende anche solo il superamento di 1 unità del limite superiore, anche di uno solo dei 2 enzimi di citolisi epatica (AST e ALT). Per aumento degli enzimi di colestasi si intende l’aumento anche modesto di entrambi gli enzimi. L’aumento isolato della sola GGT è in genere dovuto all’alcol o ai farmaci e non implica necessariamente un’epatopatia. L’aumento isolato della FA deve far pensare ad un’origine ossea o placentare. Criteri di esclusione: 1) Pazienti con epatopatia già nota. 2) Pazienti sintomatici (ittero, ascite, encefalopatia, ecc.). 6.1.2 - VISITA Comprende l’anamnesi (compresa quella alcologica e farmacologica) e l’esame obiettivo. Anamnesi: 1) Comportamenti ad alto rischio: tossicodipendenza (in atto o passata); partners sessuali multipli; pratiche sessuali traumatiche; tatuaggi; piercing; abuso alcolico. 2) Malattie sistemiche: diabete, obesità (valutazione del BMI), dislipidemia; emocromatosi; malattie autoimmuni; possibile neoplasia metastatica; IBD; tireopatie. 3) Farmaci (vedi Tab. III): paracetamolo; fitoterapia; statine; anticonvulsivanti; antibiotici; anti-TBC. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 20 4) Altro: viaggi o permanenza in paesi in via di sviluppo; esposizione a sangue o strumenti contaminati da sangue; emotrasfusioni precedenti al 1990; emodialisi; cibi contaminati. Esame obiettivo: Valutare con attenzione forma, dimensioni e consistenza del fegato, dimensioni della milza; escludere stigmate di epatopatia cronica (spider nevici, eritema palmare, ginecomastia, atrofia testicolare). Tab. III - Cause principali e meccanismi del danno epatico indotto da farmaci Prevedibile Idiosincrasico Malattia cronica 17-alpha alkyl steroidi (2,6) Metildopa (1,3) Metildopa (1,3) Paracetamolo (1) FANS (1,2) Isoniazide (1,3) Derivati dell’Ergot (10) Aspirina (1) Metotrexate (1,3) Etanolo (1,2,3,4) Fenitoina (1) Nitrofurantoina (1,2,3) Tetracicline (4) Alotano (1) Cloruro di vinile (6,7) Cloruro di vinile (6,7) Isoniazide (1,3) Ormoni sessuali (6,7,8,9) Clordiazepossido (1) Metotrexate (1,3,4) Nitrofurantoina (1,2,3) Fenotiazine (1,2) Fenilbutazone (1,2,5) Sulindac (1,2) Sulfonamidi (1,2) Acido valproico (1) 1: necrosi epatocellulare; 2: colestasi; 3: fibrosi; 4: steatosi; 5: granuloma; 6: peliosi epatica; 7: angiosarcoma; 8: iperplasia nodulare focale; 9: adenoma epatico; 10: necrosi ischemica. Nei pazienti asintomatici, negativi per epatopatia colestatica, alcolica e virale, la bassa prevalenza di altre patologie giustifica un’attesa di 4 settimane per verificare la normalizzazione delle transaminasi. In assenza di una totale normalizzazione, si procederà indagando in questo senso (vedi § 5.3) 6.2 EPATOPATIE ALCOLICHE 6.2.1 – EPATOPATIA ALCOLICA L'alcol determina a livello epatico uno spettro di lesioni morfologiche, che comprendono: a) la STEATOSI ALCOLICA, presente in oltre il 90% dei soggetti che abusano di alcol; compare rapidamente, anche solo alcuni giorni dopo un moderato introito alcolico; è reversibile nell'arco di alcune settimane dopo la sospensione dell'alcol. b) la steatoepatite e l'EPATITE ALCOLICA, presente nel 40% circa degli alcolisti cronici; sono presenti danno epatocellulare, infiltrato infiammatorio, fibrosi pericellulare. Il danno epatocellulare si manifesta con il pallonamento (rigonfiamento idropico per alterazione della secrezione delle proteine causata da lesioni del sistema dei microtubuli), la necrosi epatocitaria e la presenza dei corpi di Mallory (inclusioni eosinofile perinucleari di materiale proteico contenente citocheratina). c) la fibrosi e la CIRROSI ALCOLICA, La fibrosi compare precocemente in modo costante con inizio nelle zone centrali del lobulo e nelle aree portali. La fibrosi perisinusoidale e AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 21 perivenulare indicano con alta probabilità la progressione verso la cirrosi; tuttavia tale evoluzione non prevede obbligatoriamente il passaggio attraverso un quadro di epatite alcolica e può verificarsi nella steatosi in assenza di infiammazione o corpi di Mallory. La fibrosi progredisce con la formazione di setti porto-centrali che alterano l'architettura vascolare e determinano lo sviluppo di noduli di rigenerazione. La cirrosi alcolica è un importante fattore di rischio per lo sviluppo di epatocarcinoma, anche se non è del tutto stabilito il ruolo patogenetico dell'alcol nella trasformazione neoplastica del fegato. MANIFESTAZIONI CLINICHE Non è possibile discriminare su basi cliniche i quadri relativi alle lesioni istopatologiche cui si è fatto cenno sopra; è comunque utile distinguere le modalità di presentazione su base anatomo-clinica, riferendosi ai sintomi e segni del quadro istopatologico predominante. STEATOSI: nella maggior parte dei pazienti la forma non complicata è asintomatica o si associa a dispepsia, dolore all’ipocondrio destro e/o all’epigastrio, epatomegalia liscia; di solito si associa ad aumento di AST e ALT, di GGT, talora a colestasi intraepatica, raramente si presenta col quadro di una sindrome di Zieve (ittero, anemia emolitica, iperlipemia), ad aumento della bilirubina, anemia macrocitica, iperuricemia, riduzione dell'azotemia, aumento delle IgA (alterazioni peraltro reversibili con la sospensione dell'alcol). Epatomegalia, eritema palmare, teleangectasie, ascite, splenomegalia e ittero possono essere presenti in una minoranza di questi pazienti. EPATITE ALCOLICA: il paziente può manifestare disturbi modesti simili a quelli della steatosi (forme lievi o moderate) oppure gravi con ittero, ascite, febbre, coma epatico e sanguinamento gastroenterico. Nelle forme lievi-moderate il dolore addominale è localizzato all'ipocondrio destro e l'ittero è presente in una piccola percentuale di casi; nelle forme gravi vi è dolore importante all'ipocondrio destro (che talora può orientare ad una errata diagnosi di colecistite), febbre, ittero, ascite, splenomegalia, encefalopatia epatica. Le alterazioni biochimiche sono più accentuate, molto frequente è il riscontro di leucocitosi neutrofila e piastrinopenia; talora possono essere presenti auto-anticorpi non organo specifici. CIRROSI ETILICA: i quadri clinici comprendono la forma compensata (asintomatica o con sintomi aspecifici) e quella scompensata (ascite, edemi periferici, ittero, encefalopatia, emorragia digestiva, peritonite batterica spontanea, sindrome epatorenale). Clinicamente possono essere presenti epatomegalia, talora dura, talora dolente, splenomegalia, circoli collaterali sulla parete addominale, spider nevi, eritema palmare, edemi declivi, ascite, ittero. I segni di encefalopatia avanzata sono evidenti in almeno 1/3 dei pazienti mentre lo sono quasi invariabilmente nella maggioranza dei cirrotici. Le alterazioni bioumorali sono scarse se il paziente è diventato astinente dall'alcol; in caso contrario sono le stesse che indicano abuso alcolico, in particolare la piastrinopenia, l'ipoalbuminemia e l'ipergammaglobulinemia policlonale. EPATOCARCINOMA: un consumo cronico di etanolo superiore a 80 g. al giorno per più di 10 anni aumenta il rischio di epatocarcinoma di circa 5 volte. Il rischio di HCC nei pazienti con cirrosi alcolica scompensata si calcola intorno all'1% all'anno. Nei pazienti con epatite C l'assunzione di etanolo raddoppia il rischio di HCC. Studi epidemiologici dimostrano che globalmente l'etanolo è la causa più frequente di HCC. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 22 DIAGNOSI La diagnosi di epatopatia alcolica si basa sul riscontro di segni di epatopatia nel contesto di un paziente con introito alcolico significativo e con esami di laboratorio che avvalorano l'ipotesi diagnostica. ANAMNESI La negazione dell'abuso alcolico è piuttosto frequente e non è raro che sfugga al medico l'identificazione del paziente etilista. L'anamnesi alcologica deve avere come obiettivo di stabilire: a) l'età di inizio del consumo abituale di bevande alcoliche indipendentemente dalle quantità consumate; b) l'età di inizio di un eventuale abuso alcolico tenendo presente la differente sensibilità legata al sesso; c) le attuali abitudini di vita riguardo all'alcol etilico in termini di "drink" o "unità di alcol" giornaliere o settimanali o mensili. Per convenzione un drink o unità di alcol si riferisce alla dose usuale di una bevanda alcolica come una lattina o una bottiglietta di birra (330 ml, 4,5°), un bicchiere di vino (150 ml, 12°) o un bicchierino di superalcolico (40 ml, 39°) ed è importante conoscere e quindi informare il paziente che la dose in g. di alcol etilico di ogni drink o unità di alcol corrisponde a circa 15 g. Le dosi a basso rischio sono <30 g. nell'uomo e <20 g. nella donna. L'esistenza di abuso alcolico può essere meglio stabilita con l'ausilio di questionari come il CAGE e l'AUDIT o di informazioni raccolte su problemi lavorativi, di patente di guida, di traumi e/o di rapporti sociali, sempre con la collaborazione di un familiare. I questionari peraltro permettono di identificare meglio i pazienti con dipendenza da alcol rispetto a quelli che assumono alcol in dosi a rischio. CARATTERISTICHE CLINICHE Oltre a manifestare i sintomi e i segni sopra discussi i pazienti con epatopatia alcolica possono presentare anche segni di recente introito alcolico (alitosi alcolica o aldeidica), iniezione congiuntivale, tremore e segni di sindrome da astinenza; inoltre cicatrici di pregressi traumi, contrattura palmare di Dupuytren, ingrossamento delle parotidi, ginecomastia e atrofia testicolare. Occorre tuttavia porre prudenza nel formulare una diagnosi di epatopatia alcolica su base esclusivamente clinica. ESAMI DI LABORATORIO Aumento di GGT (sensibilità circa 70% e specificità circa 70-80%) e transaminasi con rapporto AST/ALT >2 (utile per discriminare danno epatico alcol correlato da quello indotto da altri agenti etiologici). L’aumento della bilirubina, l'ipoalbuminemia, la piastrinopenia e la riduzione del tempo di protrombina sono utili indicatori della gravità del danno epatico. Il dosaggio della CDT (Carbohydrate-Deficient Transferrin) o transferrina desialata ha una specificità del 90% per identificare l'abuso alcolico recente (ultimi 15 giorni circa), correla con l'apporto etilico ma è poco sensibile per un introito alcolico <60 g/die; i suoi livelli iniziano a ridursi dopo circa 2 settimane dalla sospensione dell'introito alcolico. L'anemia macrocitica è un dato presente nella maggioranza dei pazienti e tende a normalizzarsi dopo circa 3 mesi dalla sospensione dell'alcol. I test per i marcatori virali e per l'accumulo di ferro vanno eseguiti in ogni paziente con epatopatia alcolica per diagnosticare la presenza di ulteriori cause di danno epatico. PROGNOSI La steatosi è generalmente considerata una lesione benigna e reversibile ma in presenza di continuato abuso alcolico progredisce verso la fibrosi e/o l'epatite alcolica e la cirrosi. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 23 Nell’epatite alcolica la prognosi dipende dalla gravità del quadro clinico; nei pazienti con danno grave la mortalità raggiunge il 50%. TRATTAMENTO DELL'EPATOPATIA ALCOLICA Le strategie di terapia per l'epatopatia alcolica comprendono innanzitutto quelle orientate ai cambiamenti dello stile di vita per ridurre il consumo di alcol, il fumo di sigaretta e l'obesità, la terapia nutrizionale, la terapia farmacologica e, quando necessario e possibile, il trapianto di fegato. CAMBIAMENTO DELLO STILE DI VITA: L’astinenza dall'alcol è vitale allo scopo di prevenire ulteriore danno epatico, fibrosi con cicatrici e probabilmente l’epatocarcinoma; questo è di beneficio per pazienti ad ogni stadio di malattia. Il fegato grasso è reversibile con l'astinenza, sebbene gli effetti sulla progressione dell'epatopatia alcolica siano pochi e basati su trials retrospettivi e non randomizzati, tutti gli studi hanno mostrato effetti benefici della astinenza, anche in cirrotici compensati e non; per questi motivi tutti i pazienti con epatopatia alcolica devono essere incoraggiati ad astenersi dal consumo di alcol. Molte persone che bevono alcol fumano anche sigarette. In studi europei la fibrosi peggiora più rapidamente in epatopatici da alcol che fumano sigarette. Pazienti con EC attiva da virus C che bevono peggiorano ancora più rapidamente se fumano sigarette. L'obesità è associata con lo sviluppo di steatosi e di steatoepatite non alcolica (NAFLD, NASH). Il BMI è stato dimostrato essere un fattore indipendente di rischio per lo sviluppo di epatopatia alcolica. TERAPIA NUTRIZIONALE: La malnutrizione è prevalente nell'epatite alcolica e nella cirrosi, specialmente nell'epatopatia alcolica terminale, e può comprendere un deficit selettivo di nutrienti (zinco, folati) estendendosi fino ad una malnutrizione globale proteico-calorica. Diversi studi hanno evidenziato uno stato di malnutrizione virtualmente in tutti i pazienti con epatite alcolica e cirrosi e una correlazione tra severità dell'epatopatia e severità della malnutrizione. Molti studi recenti hanno dimostrato un miglioramento degli outcomes nei cirrotici che dispongono di un supporto nutrizionale (1.000 Kcal con 34 gr. di proteine/die) sia in termini di prolungamento della vita che in termini di minore ospedalizzazione. Il miglioramento dello stato nutrizionale incide anche sulla funzione immune. TERAPIA FARMACOLOGICA: Sebbene l'epatopatia alcolica resti una delle maggiori cause di morbilità e mortalità negli USA non esistono terapie approvate dalla FDA sia per la cirrosi che per l'epatite alcolica; tuttavia diversi farmaci sono usati o sono stati usati "off label". RIPETIZIONE DEL TEST Se l’ipertransaminasemia è legata all’effetto tossico dell’alcol ci si aspetta una completa normalizzazione delle transaminasi nel giro di un mese; in caso contrario, occorre valutare altre ipotesi come la NAFLD VERIFICA DELL’ASTENSIONE Non esiste un test che certifichi l’astinenza assoluta; un aumento della CDT documenta un consumo alcolico superiore alla dose a basso rischio nei 15-20 giorni precedenti il prelievo. L’anamnesi con un familiare può essere di aiuto. 6.2.2 - INTERVENTO BREVE (COUNSELING) L'intervento breve basato su consigli da parte del medico può essere articolato come segue: - fornire spiegazioni di base sul fatto che il consumo alcolico del paziente rientra nella categoria a rischio; AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 24 - fornire informazioni sui pericoli legati alla prosecuzione di un consumo alcolico a livelli di rischio; - indurre il paziente ad individuare un obiettivo da perseguire al fine di modificare le proprie abitudini; - fornire consigli per ridurre la quantità di alcol al di sotto dei 210 g./settimana per gli uomini, dei 140 per le donne; - incoraggiare i pazienti spiegando loro che consumo a rischio non significa dipendenza dall'alcol e che le proprie abitudini alcoliche possono ancora cambiare. 6.2.3 - CONSULTAZIONE PSICOLOGICA-CLINICA Definiamo “consultazione psicologico clinica” quel processo che inizia con il primo colloquio e si conclude con il colloquio restitutivo, all’interno del quale lo psicologo clinico, attraverso la costruzione di un’alleanza di lavoro, cerca di comprendere il senso della richiesta di aiuto, mettendola in rapporto al problema da cui scaturisce, restituendo infine al paziente gli elementi significativi emersi, così da accrescere la sua consapevolezza rispetto al funzionamento della propria mente. Le finalità della consultazione possono essere sintetizzate in questo modo: aumento della consapevolezza del problema nelle menti dei due interlocutori, a partire da una ristrutturazione dei contenuti presenti alla coscienza; supporto dell’autonomia del paziente, inteso come soggetto auto-organizzatore di salute e non solo come oggetto passivo di eventi-malattia; aumento della consapevolezza sulle risorse disponibili (personali, familiari e sociali) e sulle ulteriori possibilità di attivarle e di usufruirne, ma anche sulle proprie fragilità e sui modi di farvi fronte; aumento della consapevolezza su ciò che ha determinato la crisi e su ciò che potrebbe essere necessario per affrontarla; elaborazione di un progetto condiviso che prospetti i modi e, se possibile, i tempi per affrontare lo specifico problema del cliente. 6.3 EPATOPATIE DISMETABOLICHE 6.3.1 - APPROFONDIMENTI Un aumento persistente dei livelli di transaminasi non-virus, non-alcol correlato, può riconoscere molteplici cause, diverse per prevalenza e rilevanza clinica. La causa più frequente (45-90%) nella popolazione generale è la steatosi epatica non alcolica (NAFLD), condizione clinica che può evolvere in steatopatite e cirrosi. Altre cause di ipertransaminasemia non-virus, non-alcol correlate, meno frequenti ma non rare, sono la celiachia (2-11%) e l’emocromatosi (1-3%), mentre decisamente più rare sono la cirrosi biliare primitiva, la colangite sclerosante, le epatiti autoimmuni, la malattia di Wilson e il deficit di alfa-1-antitripsina. Alcune di queste condizioni sono suscettibili di trattamenti efficaci, motivo per cui è importante formulare una diagnosi precoce. Non sono invece disponibili dati epidemiologici per valutare la prevalenza di ipertransaminasemia da farmaci o altri xenocomposti, la cui individuazione nel singolo paziente è basata sulla storia clinica e sulla sospensione del composto sospettato. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 25 La diagnosi di queste ipertransaminasemie consente interventi terapeutici in grado di ridurre mortalità e morbilità per causa specifica (parziale eccezione è rappresentata dalle NAFDL, per le quali le prove di efficacia terapeutica sono ancora limitate ad end point surrogati). Il percorso diagnostico più appropriato prevede una parte generale (riguardante lo stato anatomico-funzionale del fegato: GGT, proteine con elettroforesi, emocromo, ecotomografia dell’addome) e una parte orientata sulla causa più probabile di ipertransaminasemia non-virus non-alcol correlata, dedotta dalla prevalenza relativa nello specifico contesto clinico (età, storia, esame clinico e valutazione degli esami già disponibili). La valutazione sistematica di primo livello di questi pazienti permette nella maggior parte dei casi di orientare verso una corretta diagnosi. Per l’approfondimento diagnostico richiedere: - QPE, dosaggio Ig; - glicemia, trigliceridi, colesterolo totale, HDL, insulinemia basale; - sideremia, transferrina, indice di saturazione della transferrina, ferritina; ceruloplasmina (SOLO in pazienti con età <35-40 aa); - antitransglutaminasi-IgA; - alfa-1-antitripsina; - autoanticorpi (ANA, AMA, ASMA, LKM); Per la stadiazione dell’epatopatia richiedere: - ecografia dell’addome superiore; - emocromo + PLTS. 6.3.2 – NAFLD La diagnosi di NAFLD viene posta in presenza di alterazioni della glicemia e dell’insulinemia basale, dei trigliceridi, del colesterolo totale e dell’HDL. La Nonalcoholic Fatty Liver Disease (NAFLD) è un’epatopatia di origine dismetabolica, caratterizzata dalla presenza di steatosi epatica in presenza di un consumo alcolico convenzionalmente posto ad una quantità inferiore a 20 g. di alcol al giorno ed in assenza di altre malattie croniche di fegato note. Spesso si associa ad altri componenti della sindrome metabolica (obesità centrale, iperglicemia a digiuno/intolleranza glucidica/diabete mellito tipo 2, dislipidemia, ipertensione arteriosa). La NAFLD comprende un ampio spettro di danno epatico, che va dalla semplice steatosi al quadro di steatoepatite (Nonalcoholic Steatohepatitis, NASH), associata a fibrosi più o meno avanzata, fino alla cirrosi e al carcinoma epatocellulare. La maggior parte dei pazienti affetti da NAFLD (45-100%) è asintomatica, pertanto la diagnosi è molto spesso effettuata in seguito al riscontro di ipertransaminasemia agli esami di routine e/o all’evidenza ecografica di steatosi epatica. ANAMNESI ED ESAME OBIETTIVO ANAMNESI - Familiarità per le componenti della sindrome metabolica, abitudini di vita (alimentazione, attività fisica) e andamento ponderale nel corso degli anni; nelle donne è utile indagare la presenza di irregolarità del ciclo mestruale (oligo-amenorrea), in considerazione dell’associazione con la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS). DIAGNOSI SECONDO I CRITERI ATPIII/NCEPT (almeno 3 positivi) - Obesità centrale (circonferenza vita >88 cm nelle donne e >102 cm negli uomini), ipertrigliceridemia (>150 mg/dl), bassi livelli di colesterolo HDL (<40 mg/dl negli uomini e <50 mg/dl nelle donne), AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 26 ipertensione arteriosa (>130/85 mmHg o in terapia), iperglicemia a digiuno (>110 mg/dl) o IGT o diabete di tipo 2. Familiarità per malattie cardiovascolari. ESAME OBIETTIVO - Deve includere altezza (m), peso (Kg), BMI (Kg/m2), circonferenza vita (misurata nel punto intermedio tra il margine superiore della cresta iliaca e quello inferiore dell'ultima costa), PAO. FARMACI - Alcuni farmaci possono causare steatosi/steatoepatite: valproato, amiodarone, clorpromazina, diclofenac, methotrexate, fenitoina, tamoxifene ed alcuni altri di uso meno frequente. TEST DIAGNOSTICI Non esistono test di laboratorio diagnostici per la NAFLD. È solitamente presente un aumento dell’ALT e/o AST. Tuttavia la severità istologica della malattia non correla in genere con i livelli di transaminasi, e le ALT possono essere nella norma pur in presenza di una NASH. La fosfatasi alcalina e la GGT possono essere elevate (fino a 2-3 volte) in circa la metà dei pazienti. Sono comunemente riscontrabili alterazioni del profilo lipidico (ipercolesterolemia e/o riduzione del colesterolo-HDL e ipertrigliceridemia) e/o iperglicemia, fino al diabete manifesto, ma non possono essere assunti come markers diagnostici. Gli esami ematochimici da eseguirsi nell'ambito dell'approccio del paziente con sospetta NAFLD dovrebbero comprendere, pertanto, oltre agli esami di funzionalità epatica: glicemia, colesterolo totale, HDL, LDL, trigliceridi, insulina. La determinazione di glicemia e insulina a digiuno permette di calcolare un indice di insulino-resistenza (HOMA-IR, Homeostasis Model Assessment of Insulin Resistance: [insulina (mcU/mL) x glicemia (mg/dL) / 405]), ma la mancanza di una standardizzazione del test per la determinazione dell'insulina rende difficile un confronto tra centri diversi. La diagnosi di steatosi è basata sul reperto ecografico, ma la sensibilità nel rilevare un grado di infiltrazione grassa del fegato inferiore al 30% risulta essere piuttosto bassa. Né i test di laboratorio né l’imaging hanno valore diagnostico per distinguere la NASH dalla semplice steatosi epatica; tale distinzione è a tutt’oggi istologica, e dovrebbe consigliare la biopsia nei soggetti con ragionevole sospetto di NASH (età oltre 40-50 anni, obesità, diabete, dislipidemia, ipertensione arteriosa). TERAPIA La terapia farmacologia dovrà essere presa in considerazione nei soli casi in cui una corretta dieta e un’attività fisica regolare non abbiano portato a una soddisfacente regressione delle alterazioni bio-umorali, e comunque nel paziente ad alto rischio di sviluppare forme più avanzate di danno epatico. Diversi studi hanno dimostrato come alcuni farmaci insulino-sensibilizzanti siano in grado di migliorare non solo gli esami ematochimici di funzionalità epatica ma anche l’istologia. In particolare, sia la metformina che i tiazolidinedioni (pioglitazone e rosiglitazone), somministrati a pazienti con NASH anche in assenza di diabete, hanno portato, anche se non in tutti gli studi, ad un significativo miglioramento istologico. Non ci sono ad oggi studi su ampia scala riportanti indicazioni sulla durata del trattamento, in particolare dopo avvenuta remissione biochimica: la sospensione del farmaco, peraltro, si accompagna nella maggior parte dei casi ad un nuovo rialzo degli enzimi epatici. Pertanto il trattamento con questi farmaci nei pazienti non diabetici è da effettuarsi solo nell'ambito di trial clinici controllati; inoltre, la modificazione dello stile di vita è fondamentale e deve essere proseguita quoad vitam. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 27 Non è indicata la somministrazione di UDCA e di farmaci ad attività antiossidante (silibina, vitamina E). Non vi sono controindicazioni assolute all’uso di statine, previo monitoraggio della funzionalità epatica nel primo periodo di terapia. 6.3.3 – EPATOPATIA CORRELATA A CELIACHIA La diagnosi di epatopatia correlata a celiachia viene posta in presenza di alterazioni della Antitrasglutaminasi. Se è stato accertato un deficit di IgA, il dosaggio dell’antitransglutaminasi-IgA può essere negativo in presenza di malattia; occorre dunque prescrivere l’antitransglutaminasi-IgG. Questa epatopatia, per la sua rarità, non verrà trattata in questo Documento. 6.3.4 – EMOCROMATOSI La diagnosi di emocromatosi viene posta in presenza di alterazioni dell’Indice di saturazione della Transferrina. Questa epatopatia, per la sua rarità, non verrà trattata in questo Documento. 6.3.5 – MORBO DI WILSON La diagnosi di m. di Wilson viene posta in presenza di alterazioni della ceruloplasmina. Questa epatopatia, per la sua rarità, non verrà trattata in questo Documento. 6.3.6 – EPATITE AUTOIMMUNE La diagnosi di epatite autoimmune viene posta in presenza di alterazioni del dosaggio delle Ig e degli anticorpi AMA, ASMA, LKM. Questa epatopatia, per la sua rarità, non verrà trattata in questo Documento. 6.3.7 – EPATITE DA DEFICIT DI ALFA-1-ANTITRIPSINA La diagnosi di epatite da deficit di alfa-1-antitripsina viene posta in presenza di alterazioni dell’alfa-1-antitripsina. Questa epatopatia, per la sua rarità, non verrà trattata in questo Documento. 6.3.8. - GESTIONE ALTRE EPATOPATIE Se tutti gli esami eseguiti sono negativi, è opportuno inviare il paziente allo specialista per un ulteriore approfondimento. 6.4 EPATOPATIE COLESTATICHE 6.4.1 - COLESTASI La colestasi è una sindrome clinica con etiologia multipla, caratterizzata dalla ritenzione nel fegato e nel compartimento ematico di una o più sostanze normalmente secrete nella bile, causata o da un deficit completo o selettivo della secrezione biliare, oppure dalla presenza di una o più ostruzioni dell'albero biliare intra- od extraepatico (Tab. IV e V). Ciò implica che la sindrome colestatica comprende due entità nettamente distinte dal punto di vista causale: la colestasi da deficit secretivo e la colestasi da causa ostruttiva. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 28 Tab. IV - Cause di colestasi intraepatica Danno epatocellulare acuto Danno epatocellulare cronico Multifattoriali Miscellanea Ereditarie/endocrine Infiltrative/ granulomatose Epatite virale Epatite/Steatosi alcolica Steatoepatite non alcolica Colangite sclerosante primitiva Cirrosi biliare primitiva Farmaci Epatite Cirrosi Nutrizione parenterale totale Infezione sistemica Postoperatoria Malattia / crisi da anemia a cellule falciformi Trapianto di organo (rigetto, graft vs host, malattia da occlusione venosa) Ipotensione / ipossiemia / scompenso cardiaco congestizio Sindrome di Budd-Chiari Infezione parassitaria Colestasi ricorrente benigna Gravidanza Tireotossicosi Amiloidosi Linfoma Sarcoidosi Tubercolosi Tab. V - Cause di colestasi extraepatica Tumori Infezioni Colangiopatia Pancreatite Colangiocarcinoma Carcinoma pancreatico Carcinoma periampollare Malattia metastatica Colangiopatia da AIDS (Citomegalovirus, Criptosporidium sp, HIV) Infezioni parassitarie (Ascaris lumbricoides) Coledocolitiasi Stenosi biliare Colangite sclerosante primitiva Disfunzione dello sfintere di Oddi Acuta o cronica 6.4.2 - VISITA L'iter diagnostico nella colestasi varia a seconda del tipo di segni o sintomi di sospetto inizialmente presenti Tab. VI - Fattori anamnestici Anamnesi della malattia attuale Revisione dei sintomi Anamnesi remota Farmaci (vedi Tab. I) Anamnesi sociale Anamnesi familiare AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) Dolore addominale Nausea Febbre Prurito Perdita / aumento di peso Tempo approssimativo e quantità di farmaci assunti nell’overdose Storia di HIV Malattie epatiche Farmaci di prescrizione (statine, contraccettivi orali) Farmaci da banco (specialmente paracetamolo) Rimedi fitoterapici Uso di alcol, uso di droghe Storia di viaggi Occupazione (esposizione a sostanze chimiche) Malattie epatiche Neoplasie 29 In ogni caso, se l'iniziale valutazione basata sull'anamnesi, l'esame clinico ed i tests di laboratorio confermano il sospetto di colestasi, si deve eseguire preliminarmente una ecografia epato-biliare, al fine di valutare lo stato delle vie biliari intra- ed extraepatiche ed evidenziare eventuali masse od altre cause di ostruzione. La definizione del percorso diagnostico dipende essenzialmente dal tipo di patologia sospettata clinicamente e dalle caratteristiche del paziente (età, condizioni cliniche generali, presenza di rischio operatorio e/o anestesiologico) (Tab. VI), ma anche dall'osservazione clinica sequenziale, dalla disponibilità locale delle metodiche e dall'esperienza dell'operatore. Particolare attenzione va posta all’assunzione di farmaci epatotossici (il cui riscontro comunque non esime dalla valutazione ecografica). 6.4.3 – ECOGRAFIA DELL’ADDOME Se l’ecografia è negativa ed è stata individuata una possibile causa farmacologica della colestasi (Vedi Tab. III), se clinicamente consentito sospendere il farmaco e ricontrollare a distanza gli esami alterati. 6.4.4 – ESAMI EMATOCHIMICI Negli altri casi, sempre in assenza di dilatazione delle vie biliari, è opportuno innanzitutto eseguire i tests sierologici specifici per l'identificazione di epatopatie colestatiche parenchimali (Tab. VII), tra cui la cirrosi biliare primitiva (Anticorpi anti-mitocondriali) e la colangite sclerosante primitiva (p-ANCA) Tabella VII - Esami da eseguire in funzione della possibile patologia Epatite autoimmune Anticorpi anti muscolo liscio (ASMA) Anticorpi antinucleo (ANA) Anticorpi antimicrosoma fegato/rene tipo 1 (anti-LKM1) Anticorpi anti-antigene solubile epatico (anti-SLA) Emocromatosi Dosaggio della sideremia, ferritina, percentuale di saturazione della transferrina Malattia di Wilson Rame urinario, ceruloplasmina Carenza di alfa1-antitripsina Elettroforesi delle proteine del siero Cirrosi biliare primitiva Anticorpi anti-mitocondriali Colangite sclerosante primitiva p-ANCA 6.4.5 - CPRM I pazienti con esami ematochimici negativi (o positività solo di p-ANCA) è opportuno eseguano una Colangio-Pancreatografia con Risonanza Magnetica (CPRM), che è la metodica più accurata nell'evidenziare eventuali dilatazioni delle vie biliari non rilevate dall'ecografia [AISF C4]. 6.4.6 - PROSEGUIMENTO INDAGINI In caso di evidenza ecografica di dilatazione delle vie biliari o di positività della CPRM per stenosi, il paziente verrà indirizzato per ulteriori approfondimenti (TC addome, eventuali ERCP e/o EUS, visita chirurgica). 6.4.7 - BIOPSIA EPATICA In caso di positività di uno o più dei test sierologici, la biopsia epatica è indicata per la stadiazione dell’epatopatia, se ciò non comporta un eccessivo rischio e se è probabilmente utile per la gestione clinica del paziente. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 30 In caso di negatività dei test sierologici e della CPRM la biopsia epatica è indicata per la diagnosi e la stadiazione dell’epatopatia. Se la biopsia epatica è negativa per CSP, CBP e colangite autoimmune, si rimanda alla flow-chart 1 (A). 6.4.8 - CSP (COLANGITE SCLEROSANTE PRIMITIVA) L’UDCA è il trattamento di base; l’associazione con i steroidi è indicata nei pazienti con importante componente autoimmune. In presenza di stenosi dominanti delle vie biliari extraepatiche, è indicato un trattamento endoscopico dilatativo. Il trapianto epatico va considerato nei pazienti con malattia epatica avanzata. 6.4.9 – CBP (CIRROSI BILIARE PRIMITIVA) La CBP è caratterizzata dalla positività degli anticorpi antimicondriali (AMA). I pazienti con malattia sintomatica o in uno stadio istologico avanzato vanno sottoposti a terapia con UDCA; l’indicazione è controversa nei pazienti asintomatici. L’UDCA non è indicato nei pazienti itterici in fase pre-terminale: in questi pazienti può essere preso in considerazione il trapianto epatico. 6.4.10 - COLANGITE AUTOIMMUNE La colangite autoimmune è una variante AMA negativa della CBP. Questi pazienti devono essere trattati come i pazienti con CBP. 6.5 EPATOPATIE VIRALI 6.5.1 - EPATITE B EPIDEMIOLOGIA L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima in circa quattrocento milioni i portatori cronici di infezione da virus dell’epatite B (HBV) nel mondo, identificati sulla base della positività dell’antigene di superficie del virus (HBsAg). Il numero dei portatori cronici di HBV è pertanto circa 2 volte superiore rispetto a quello dei portatori d’infezione da virus dell’epatite C (HCV) e 7 volte maggiore di quello dei soggetti infettati dal virus dell’immunodeficienza acquisita (HIV). L’infezione da HBV si associa a un ampio spettro di forme cliniche, che vanno dall’epatite acuta benigna all’epatite fulminante e dallo stato di portatore cronico senza malattia all’epatite cronica, alla cirrosi e all’epatocarcinoma (HCC). Bisogna anche ricordare che l’HBV è, nel mondo, la causa più frequente d’insorgenza di HCC, tanto che l’OMS lo classifica come il più importante agente carcinogenetico noto dopo il fumo di tabacco. Anche se l’introduzione della vaccinazione da HBV ha cambiato positivamente l’epidemiologia dell’infezione nel nostro Paese, la malattia di fegato HBV-correlata rimane un importante problema per la sanità pubblica. Il corretto utilizzo dei vecchi e nuovi strumenti terapeutici è fondamentale per la cura del singolo e la prevenzione dell’infezione AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 31 e delle complicanze dell’epatite cronica da HBV. In questo contesto, lo stretto rapporto tra MMG e lo specialista Epatologo risulta fondamentale. Negli ultimi trent’anni l’epidemiologia dell’infezione da HBV in Italia ha subito drastiche modifiche. Nel corso del decennio 1970-1980 l’Italia era un paese a media endemia, con ampie variazioni geografiche nella prevalenza dei portatori cronici di HBsAg (la prevalenza nella popolazione generale era pari al 2-8% con i livelli più elevati riscontrati nelle aree meridionali e insulari). La trasmissione intrafamiliare costituiva la modalità più comune di diffusione del virus, la maggior parte dei portatori cronici era HBeAg-positivo, un’elevata percentuale di soggetti con malattia cronica di fegato era HBsAg-positiva, l’infezione da virus Delta era di frequente riscontro. A distanza di trent’anni il quadro si è totalmente modificato: 1) l’Italia è un paese a bassa endemia (la percentuale di portatori cronici nella popolazione generale è verosimilmente inferiore all’1%); 2) non esistono più variazioni geografiche nella prevalenza di portatori cronici; 3) la trasmissione sessuale rappresenta la modalità più frequente di acquisizione dell’infezione; 4) la grande maggioranza dei portatori cronici è anti-HBe-positiva; 5) l’infezione Delta è di raro riscontro; 6) non più del 12-13% dei soggetti con malattia cronica di fegato è HBsAg-positivo. Le ragioni di questi cambiamenti sono da ascrivere sia al miglioramento delle condizioni socio-sanitarie, sia all’inserimento dell’obbligo della vaccinazione anti-epatite B nel 1991. Il miglioramento del livello di istruzione, delle abitudini di vita e la riduzione della dimensione del nucleo familiare, concretizzatisi in Italia nel corso di questi ultimi decenni, hanno influito sulla dinamica dell’infezione, riducendone la forza. La vaccinazione ha poi ulteriormente rafforzato il controllo dell’infezione e ciò, soprattutto, nella fascia di età dai 15 ai 24 anni. Infine l’introduzione di test sierologici (HBsAg) e biomolecolari sempre più efficaci per l’identificazione dei donatori a rischio, ha reso la trasmissione attraverso la trasfusione un evento rarissimo. Infine si pone il quesito se il flusso migratorio di soggetti provenienti da aree in cui l’HBV è a endemia medio-elevata possa nel futuro modificare l’attuale situazione epidemiologica del nostro Paese. In tale contesto, anche se si è già registrato un incremento dei casi di epatite B acuta dovuta a rapporti sessuali con cittadini stranieri non è, tuttavia, ipotizzabile un incremento del livello di endemia. Perché tale modifica si realizzi sarebbe, infatti, necessario il verificarsi di un incremento dei casi di infezione perinatale, ossia l’instaurarsi di un meccanismo attraverso cui si alimenti il pool di portatori cronici in un’area geografica. Le indagini svolte sulle gestanti hanno, peraltro, fornito dati rassicuranti. Si è, infatti, evidenziato che le gestanti cittadine straniere, pur avendo un’adesione allo screening per l’HBsAg inferiore alle gestanti italiane, ove risultino portatrici di HBsAg, sottopongono i propri neonati alla vaccinazione anti-epatite B con un tasso di aderenza superiore alle gestanti italiane. Ciò che ne risulta è che l’efficacia totale della vaccinazione anti-epatite B in Italia è più elevata nei neonati da madre cittadina straniera che in quelli da madre italiana. Pertanto, anche se il flusso migratorio sta comportando un incremento dei casi di epatite acuta, ciò sembra non tradursi in un aumento del livello di endemia dell’infezione da HBV. STORIA NATURALE AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 32 Riguardo la storia naturale l’HBV può causare un’infezione sia acuta che cronica. L’epatite acuta è asintomatica in oltre l’80% dei casi e solo in piccola percentuale si manifesta con ittero, astenia, nausea, vomito, febbre o dolori addominali. L’epatite acuta può evolvere in: 1) epatite fulminante nello 0,5-1% dei casi, condizione caratterizzata da grave insufficienza epatica ed elevata mortalità; 2) guarigione; 3) forme croniche. L’evoluzione dell’infezione acuta verso la guarigione o la cronicizzazione dipende dall’età in cui si contrae l’infezione. La probabilità di sviluppare un’infezione cronica è più elevata nei soggetti che si infettano alla nascita (90%) o durante l’infanzia (20-30%) quando la risposta immunitaria è deficitaria, rispetto al soggetto che si infetta in età adulta (<1%) quando è in grado di sviluppare una risposta immunitaria vigorosa contro il virus. Nei soggetti con infezione da HBV la persistenza dell’HBsAg per più di 6 mesi permette di diagnosticare la cronicizzazione dell’infezione (portatori conclamati di HBV). La condizione di portatore cronico richiede una valutazione medica e può assumere valenza clinica, indipendentemente dalla condizione immunitaria. Dati virologici emersi nell’ultimo decennio permettono di ipotizzare la persistenza del virus nel fegato in una percentuale di soggetti apparentemente guariti dall’infezione (HBsAg negativi, definiti portatori occulti di HBV per la presenza di genoma virale nel solo fegato, nella grande maggioranza di casi); tale condizione può essere sospettata in presenza di marcatori anticorpali di pregresso contatto col virus B (anti-HBc ± anti-HBs) e assume una potenziale valenza clinica nel solo ambito di immunosoppressione e nei trapianti. La storia naturale dell’infezione cronica è, difatti, contraddistinta da 4 fasi sulla base dell’interazione tra virus B e sistema immune dell’ospite: immunotolleranza, immunoattivazione, bassa o assente replicazione, riattivazione. A queste fasi, nel portatore conclamato, possono corrispondere diverse condizioni cliniche. CONDIZIONI CLINICHE Nel portatore cronico di HBV , in relazione alla fase di infezione sono distinguibili diverse condizioni: A. Epatite cronica HBeAg-positiva. La durata dell’epatite cronica HBeAg-positiva, tipica con transaminasi elevate, è variabile e può essere prolungata causando la progressione dell’epatite cronica a cirrosi, ma studi di storia naturale hanno evidenziato come la maggioranza dei pazienti vanno incontro a sieroconversione spontanea da HBeAg ad antiHBe e diventano portatori cronici inattivi. Il tasso annuale di sieroconversione spontanea da HBeAg ad anti-HBe è del 10-15%. La sieroconversione ad anti-HBe può essere preceduta da un importante rialzo delle transaminasi, simile a quello che si ha nell’epatite acuta. B. Epatite cronica HBeAg-negativa. L’epatite cronica HBeAg-negativa è sostenuta da ceppi virali capaci di replicare, ma caratterizzati dalla presenza di specifiche mutazioni che impediscono la produzione dell’HBeAg. La selezione di questi mutanti virali è influenzata dal genotipo. L’epatite cronica HBeAg-negativa è, pertanto, più frequente in Italia e nel bacino mediterraneo, dove prevale il genotipo D, e in Asia dove sono frequenti sia il genotipo B che C. La caratteristica più importante dell’epatite cronica HBeAg-negativa è l’andamento fluttuante delle transaminasi e della viremia, talora con periodi anche prolungati di remissione bioumorale e virologica. La remissione spontanea e sostenuta della malattia è molto rara. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 33 C. Portatore cronico inattivo. Questa condizione è caratterizzata dalla persistenza del virus B nel fegato in condizione di controllo immunitario e quindi in assenza di attività replicativa ed infiammatoria significativa. In questi soggetti, però, la vecchia definizione di portatore “sano” è stata abbandonata sia per il potenziale rischio di riacutizzazione periodica, specie in condizione d’immunosoppressione, sia per la presenza di stigmate d’epatopatia cronica correlabili ad una florida fase replicativa antecedente la siero conversione anti-HBe (vedi punto A). Studi di storia naturale eseguiti in Italia hanno dimostrato che i portatori cronici inattivi della popolazione autoctona hanno una prognosi eccellente dopo 20-30 anni di osservazione, con una sopravvivenza simile a quella della popolazione generale, senza eventi clinici significativi Nella maggior parte dei casi la condizione di portatore cronico inattivo può durare tutta la vita ed è caratterizzata da persistente normalità delle transaminasi, HBV DNA persistentemente inferiore alle 2000 UI/ml nei 2/3 dei casi e assenza di epatite cronica correlabile al virus B. In questi soggetti è possibile osservare la sieroconversione spontanea da HBsAg-positivo a -negativo, talvolta associata alla comparsa dell'anticorpo corrispondente (anti-HBs-positivo) con un tasso annuale pari a circa l’1%. Come segnalato precedentemente, in una percentuale di portatori cronici inattivi si può verificare una riattivazione virale spontanea o indotta da immunosoppressione farmacologica, con ricomparsa della positività per l’HBeAg o, più frequentemente, con transizione in epatite cronica HBeAg-negativa. È stato stimato che l’incidenza annua di progressione da portatore cronico inattivo a epatite cronica HBeAgnegativa sia dell’1-3%. D. Progressione della malattia a cirrosi e sue complicanze. La progressione da epatite cronica a cirrosi sembra essere più rapida nei pazienti con epatite cronica HBeAg-negativa rispetto a quelli con epatite cronica HBeAg-positiva e, in genere, nei pazienti immunodepressi. Il rischio di sviluppare epatocarcinoma (HCC) varia in modo sostanziale a seconda dell’area geografica e dello stadio della malattia alla diagnosi. Il rischio di HCC è più elevato nei soggetti HBsAg-positivi asiatici o africani rispetto ai caucasici dei paesi occidentali, verosimilmente per una più precoce acquisizione dell’infezione in epoca perinatale o prima infanzia, più lunga durata della malattia e/o esposizione a carcinogeni ambientali. Il rischio inoltre è più elevato nei pazienti con cirrosi rispetto a quelli senza cirrosi epatica. Nel paziente che si presenta con una cirrosi compensata da HBV il rischio a 5 anni di morte correlata alla malattia epatica è del 15% circa. Dopo il primo episodio di scompenso epatico la prognosi peggiora notevolmente, con elevati tassi di mortalità. Alti livelli di replicazione virale e attività di citolisi epatica persistenti nel tempo sono i più importanti fattori prognostici di progressione verso la cirrosi, lo scompenso epatico, l’HCC e la morte correlata alla malattia epatica. Altri fattori predittivi di progressione di malattia sono: età più avanzata alla diagnosi, sesso maschile, razza asiatica o africana, picchi ricorrenti di citolisi epatica, infezione concomitante da virus dell’epatite C (HBV/HCV) e/o dall’agente Delta (HBV/HDV) e abuso di alcool. Oggi sono disponibili diversi farmaci antivirali efficaci sul virus B, capaci di controllare l'evoluzione dell'epatite cronica in cirrosi e della stessa verso lo scompenso e, probabilmente, l'HCC. Nelle forme scompensate e nei casi selezionati di HCC il trapianto epatico ottiene buoni risultati, anche in relazione all'ottima possibilità di controllo della recidiva epatitica post-trapianto. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 34 6.5.2 - EPATITE C L’infezione da virus dell’epatite C (HCV) è oggi la causa più frequente di malattia cronica del fegato, di cirrosi e di epatocarcinoma in tutto il mondo occidentale. L’epidemiologia dell’infezione da HCV si è significativamente modificata nell’ultimo ventennio, in particolare a seguito della scoperta del virus C nel 1989, del conseguente sviluppo delle metodologie diagnostiche per rilevare l’infezione, ed anche della progressiva adozione di misure di protezione e profilassi aspecifica nei gruppi e nelle procedure a maggior rischio. L’incidenza di nuovi casi d’infezione si è progressivamente ridotta nei paesi occidentali, mentre la prevalenza dei portatori cronici nella popolazione generale resta in molte aree ancora elevata per la presenza di coorti di soggetti infettati in era pre-sierologica, ai quali si aggiungono i nuovi casi d’infezione più recente. Pur considerando che l’infezione cronica da HCV esita in complicanze epatiche gravi solo in un limitato sottogruppo di infetti, le attuali stime di 150-180 milioni di portatori cronici di HCV nel mondo (1.5 milioni in Italia, 5-10 milioni in Europa) portano ad una previsione di incremento significativo delle patologie epatiche complicate (cirrosi scompensata, epatocarcinoma, ecc) nel prossimi 1020 anni, in assenza di interventi terapeutici efficaci. Studi multicentrici hanno dimostrato che in Italia il virus C da solo o in combinazione con altri fattori (alcol, HBV) è oggi presente nel 60-75% delle cirrosi e degli epatocarcinomi. Per quanto concerne la popolazione generale, diversi studi sieroepidemiologici sono stati condotti per valutare la prevalenza di infezione da HCV in Italia, studiata in differenti gruppi di età ed in diverse aree geografiche. Nei bambini e negli adolescenti la prevalenza di anti-HCV è risultata essere molto bassa (0.4%), mentre, nei donatori di sangue è stato rilevato un tasso dell’1,7%. In uno studio condotto in campioni casuali di popolazione generale è stata trovata una prevalenza dell’1,8-3,2% in alcune località del Nord Italia, dell’8.4% in altre località del Centro, e del 16,2% e 12,6% in due differenti località dell’Italia meridionale. Oltre il 50% dei soggetti anti-HCV positivi risultano essere positivi per HCV-RNA, e vanno pertanto considerati portatori cronici della infezione. Dato comune a questi studi è che la prevalenza di infezione HCV in Italia si correla fortemente con l’età, raggiungendo punte particolarmente elevate nella popolazione anziana del sud Italia (oltre il 30 per 100). Questi dati confermano come l’incidenza e la diffusione dell’infezione siano drasticamente diminuite nell’ultimo decennio anche nel nostro paese. È molto difficile ottenere delle stime reali dell’incidenza delle nuove infezioni da HCV, considerando che la fase acuta decorre quasi sempre in modo del tutto asintomatico. In Italia, il tasso di incidenza stimato dal SEIEVA, sulla base dei casi notificati è attualmente di circa 1 per 100.000. I limiti di questi dati risiedono nel fatto che i casi notificati sono per la maggior parte individui con epatite clinicamente evidente, mentre è noto che i casi asintomatici costituiscono la maggior parte delle infezioni acute da virus C. Inoltre, non disponendo di un marcatore di infezione acuta è possibile classificare erroneamente una riacutizzazione di forme croniche come epatite acuta da HCV. Uno studio multicentrico condotto tra i donatori periodici tra il 1994 ed il 1999 ha stimato che in tale popolazione le nuove infezioni sono 2,4 per 100.000 anni/persona (95% CI 0.29-8.70). Uno studio prospettico precedente, condotto tra metà degli anni 80 e metà degli anni 90 su un campione random della popolazione della provincia di Latina, aveva rilevato un’incidenza di 14 casi per 100.000 anni/persona (95% CI 2-5 per 100.000). Lo stesso studio riporta una completa negativizzazione del test anti-HCV nel 19,4% degli individui anti-HCV positivi, nel corso di un periodo di osservazione di 7 anni. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 35 La trasmissione dell’epatite C avviene per via parenterale. Attualmente le sue principali modalità di trasmissione sono quella nosocomiale, la tossicodipendenza, i trattamenti estetici, il piercing incluso e quella della promiscuità sessuale. In molti casi, tuttavia, la via di infezione resta indeterminabile. In sintesi, sulla base dei dati disponibili si può affermare che, sebbene non esista una stima precisa della prevalenza di infezione cronica da HCV, è verosimile che almeno il 3% della popolazione italiana sia oggi portatrice del virus. Le nuove infezioni sono senz’altro diminuite drasticamente anche in Italia durante l’ultimo decennio ma anche nell’ipotesi più ottimistica ogni anno si verificano almeno 1000 nuovi casi di epatite da virus C. Poco è noto sulla reale prevalenza della malattia epatica e sulla sua gravità ed evolutività nei portatori cronici di HCV. Un’alterazione delle transaminasi è dimostrabile in una percentuale di casi variabile tra il 4 ed il 50%. Studi recenti sembrano indicare che circa un terzo dei portatori cronici di HCV del tutto asintomatici nella popolazione generale presenta segni istologici di epatite cronica potenzialmente evolutiva, con significativa attività necroinfiammatoria e/o fibrosi epatica. La storia naturale dell’epatite C è conosciuta solo in parte ed è a tutt’oggi oggetto di discussione e controversie. Il profilo clinico e l’evoluzione dell’infezione acuta e cronica sono quanto mai eterogenei, e condizionati da vari cofattori e variabili. L’infezione acuta è del tutto asintomatica nel 60-70% dei casi, presenta sintomi aspecifici nel 10-20 % ed ittero franco solo in 1-2 casi su 10. L’infezione acuta cronicizza nel 40-80% dei casi, in rapporto al tipo di inoculo, alla carica virale, allo stato immunitario ed all’assetto genetico dell’ospite. Nel 30-40% dei casi l’evoluzione cronica è caratterizzata da persistenza del virus con transaminasi normali, mentre nel 60-70% dei casi si sviluppa un’epatite cronica più o meno attiva, con transaminasi elevate o fluttuanti. L’infezione cronica da HCV resta a lungo asintomatica, ma può associarsi ad un ampio spettro di patologia epatica ed extraepatica. Nella maggior parte dei portatori vi sono segni d’infiammazione cronica nel fegato ma solo nel 20-30% la malattia epatica è evolutiva e determina un rischio significativo per lo sviluppo di complicanze. La grande eterogeneità dei dati di storia naturale riportati nella letteratura sulla evolutività dell'epatite C trova ragione soprattutto nella esistenza di molti cofattori e variabili che influenzano in modo significativo il decorso della malattia. Tra questi, i fattori più noti sono l’età al momento dell’infezione, il tipo di inoculo e la carica virale infettante, la coesistenza di concause epatolesive quali alcol, farmaci, dismetabolismo con steatosi epatica, coinfezioni con altri virus epatitici, alterazioni dello stato immunitario o coinfezione da HIV, fattori genetici e razziali. Il decorso dell’epatite cronica da HCV è inoltre condizionato dall’attività bioumorale ed istologica della malattia, alquanto variabile da caso a caso. Nella fase precirrotica, le transaminasi sieriche e la biopsia epatica rappresentano strumenti utili per classificare i pazienti in categorie a diverso rischio di evoluzione cirrogena. Questi parametri sono stati sufficientemente validati per definire una prognosi almeno a brevemedio termine nel portatore cronico di HCV. Più complessa risulta la definizione del rischio individuale a lungo termine, considerando le scarse conoscenze oggi disponibili sulla storia naturale della malattia oltre i 10-20 anni dalla presentazione clinica, soprattutto per le forme inizialmente asintomatiche ed istologicamente poco progredite. Proprio queste ultime forme rappresentano oggi la parte preponderante delle nuove diagnosi. 6.5.3 - APPROFONDIMENTI Se HBsAg+, prescrivere: HBV-DNA; anti-HDV; HbeAg; anti-Hbe; ecografia addominale. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 36 Se HCV+, prescrivere: HCV-RNA; ecografia addominale. 6.5.4 – POSITIVITÀ DELL’ANTI-HCV, DOSAGGIO HCV-RNA Il virus dell’epatite C è un virus a RNA classificato nella famiglia Flaviviridae. Si tratta di un piccolo virus con un genoma a RNA a singola elica di 9.6 kb che codifica per una poliproteina di 3010-3033 aminoacidi. La poliproteina viene processata da reazioni catalitiche nel citoplasma delle cellule infettate dando origine ad almeno 10 proteine strutturali e non strutturali. I meccanismi di replicazione di HCV ed il ruolo delle diverse proteine virali sono stati solo in parte definiti. HCV presenta una discreta eterogeneità genomica che ha permesso di classificare il virus in diversi genotipi e sottotipi. L’infezione da HCV si diagnostica attraverso indagini sierologiche di I° livello che ricercano anticorpi specifici per il virus C, di regola con assemblati che rivelano contemporaneamente sia IgG che IgM. Tali indagini si avvalgono di test immunometrici molto sensibili e specifici, il cui valore predittivo dipende però dalla prevalenza dell’infezione nella popolazione studiata [AASLD IIB], che, nella popolazione generale italiana è bassa (<10%). DOSAGGIO HCV-RNA Il test di conferma per l’infezione da HCV e per il management del paziente con infezione da HCV è la ricerca dell’RNA virale (HCV RNA) mediante test molecolari [AASLD IIB]. Nei soggetti sieronegativi ai test di I° livello ma che presentano importanti deficit della risposta immunitaria, nel sospetto di infezione da HCV il test per accertarne la presenza è la ricerca di HCV RNA [AASLD IIB]. Nel recente passato, occorreva specificare se si voleva il dosaggio qualitativo (positivo/negativo) o quantitativo (in UI/ml) dell’HCV-RNA; attualmente è disponibile in ogni laboratorio il dosaggio in Real Time PCR della viremia con un cut-off di sensibilità di circa 15 UI/ml che consente contemporaneamente anche il dosaggio quantitativo. 6.5.5 – PAZIENTI HCV-RNA POSITIVI Il genotipo HCV dovrebbe essere determinato in tutti i pazienti con infezione da HCV prima del trattamento in modo da stabilire la durata della terapia e le chances di guarigione [AASLD IA] Si riconoscono almeno 6 genotipi principali di HCV (HCV 1-6) e vari sottotipi degli stessi (a,b,c). La determinazione del genotipo di HCV ha rilevanti implicazioni cliniche per quanto concerne la possibilità di stabilire a priori, seppur con ampio margine di variabilità, la probabilità di risposta alla terapia. Infatti, la probabilità di risposta iniziale e a lungo termine è significativamente influenzata dal genotipo virale, con minor probabilità di risposta nei soggetti infettati da HCV-1 o da HCV-4 rispetto ai pazienti con HCV-2 o HCV-3 (indipendentemente dal sottotipo). Poco è noto, per la rarità dei casi trattati, circa la sensibilità alla terapia dei genotipi HCV-5 e HCV-6. Negli ultimi anni, la determinazione del genotipo virale pre-terapia si è dimostrata utile anche per stabilire il regime terapeutico più opportuno. Nella pratica clinica, la determinazione del genotipo di HCV non va considerata di particolare utilità nella valutazione prognostica della malattia in assenza di trattamento, dato che vi è debole correlazione tra genotipo virale ed evoluzione clinica, indipendentemente dallo stadio dell’epatopatia da HCV. La conoscenza del genotipo non deve poi essere utilizzata di per sé per dare o negare l’indicazione alla terapia. Il dato va utilizzato in un contesto più generale per stimare la probabilità a priori di ottenere una AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 37 risposta, e poter quindi meglio pesare i pro e contro della terapia, informarne il paziente e soprattutto per stabilire lo schema di trattamento più razionale. INDICAZIONE ALLA TERAPIA Il problema centrale nella decisione al trattamento dell’epatite C è quello di determinare non solo l’efficacia della terapia (in termini di eliminazione di HCV e di miglioramento a breve-medio termine dell’istologia epatica), ma anche e soprattutto il rischio di progressione nel singolo paziente, al fine di stabilire la reale necessità del trattamento, considerandone anche effetti collaterali attesi, rischi potenziali e costi. Sulla base di queste considerazioni, la selezione del paziente per la terapia deve considerare: 1) Stadio della malattia e, per quanto possibile, rischio di progressione, almeno a breve-medio termine. 2) Età del paziente, comorbidità ed attesa di vita in assenza di complicanze dovute all’epatite C. 3) Probabilità di successo della terapia. 4) Controindicazioni e rischi potenziali della terapia. 5) Motivazione del paziente dopo adeguata informazione sulla terapia proposta. La valutazione iniziale del paziente con infezione cronica da HCV deve includere: 1) Anamnesi: fattori di rischio, volti anche per quanto possibile a definire la durata della infezione (in base alla esposizione) e/o della malattia (in base al primo rilievo della patologia), uso di alcol, farmaci, droga e/o esposizione ad altre sostanze epatolesive, familiarità per epatopatie virali e non virali. Esame fisico e valutazione delle eventuali comorbidità con particolare riferimento a 2) patologie cardiovascolari, diabete o altra patologia metabolica, patologie ematologiche in atto o pregresse, patologie a genesi autoimmune, tireopatie ed endocrinopatie, patologia renale, patologie neurologiche o psichiatriche. Valutazione di eventuali manifestazioni extraepatiche associabili ad HCV. Genotipo HCV. 3) 4) Test ematochimici (bilirubina, protidogramma elettroforetico, attività protrombinica, emocromo completo, fT4, TSH, glicemia, creatinina, uricemia). 5) Test sierologici (autoanticorpi non-organo specifici ANA, SMA, LKM, AMA). 6) Test virologici (anti-HIV). 7) Ecografia addominale. 8) Stadiazione della fibrosi epatica con elastografia epatica o biopsia epatica 9) EGDS (nel paziente con cirrosi compensata). 6.5.6 – TERAPIA La terapia dell’epatite C ha subito un’evoluzione estremamente significativa negli ultimi anni. La monoterapia con Interferone alfa, che fu alla base delle linee giuda dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) del 1996, è stata definitivamente sostituita dalla più efficace terapia di combinazione formata da nuovi tipi di Interferone alfa peghilati, a lunga emivita (PEG-IFN), sviluppati dall’industria farmaceutica come nuove formulazioni dell’Interferone α2b (PEG-IFN α2b o PEG-INTRON) e dell’Interferone α2a (PEG-IFN α2a o PEGASYS), e dalla ribavirina (REBETOL o COPEGUS) [AASLD IA]. E’ importante ricordare che in Italia la prescrizione degli interferoni e della Ribavirina per i pazienti con epatite C è regolata dalle normative della CUF esplicitate nella nota 32. DOSI E DURATA DELLA TERAPIA DI COMBINAZIONE AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 38 Sulla base dei risultati dei trial clinici più significativi la terapia di combinazione va attuata utilizzando schemi differenziati per i pazienti con HCV-1 o 4 rispetto a soggetti con HCV-2 o 3. Il dosaggio, in unica somministrazione settimanale è identico per i diversi genotipi con dose calcolata sul peso corporeo per PEG-IFN α2b (1,5 µg/Kg/settimana) e fissa per PEGIFN α2a (180 µg/settimana). Questa dose iniziale può essere ridotta se insorgono effetti collaterali o eventi avversi che lo richiedano. Va considerato il fatto che una riduzione del dosaggio iniziale >20-25% può determinare una significativa perdita di efficacia. La dose iniziale di Ribavirina consigliata è di 1.000-1.200 mg al dì se i pazienti con HCV-1 o 4 e di 800-1.000 mg per quelli con HCV-2 o 3. La durata della terapia è di 12 mesi per l’infezione da HCV-1 (e HCV-4) e di 6 mesi per l’infezione da HCV-2 o HCV-3 [AASLD IA], L’iniezione di IFN e di PEG-IFN va eseguita alla sera (ore 18.00-20.00), per via sottocutanea. La Ribavirina va assunta ai pasti principali, a stomaco pieno. La dose di Ribavirina deve essere ridotta in presenza di anemizzazione o di altri effetti collaterali gravi; in pazienti con fibrosi epatica avanzata e risposta documentata al trattamento è possibile prescrivere eritropoietina secondo le note AIFA. CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE AL TRATTAMENTO CON ALFA-IFN 1. Tossicodipendenza o alcolismo attivi. 2. Ipersensibilità all’Interferone. 3. Depressione severa o anamnesi di malattie psichiatriche maggiori non controllate o non controllabili da farmaci. 4. Gravidanza in atto; incapacità ad una contraccezione efficace (donne). 5. Malattie autoimmuni severe o qualsiasi grave patologia concomitante di altri organi ed apparati. 6. Epilessia/convulsioni non controllate. CONTROINDICAZIONI RELATIVE ALL’IFN Cirrosi avanzata o scompensata (albumina <3 g/dL, ipoprotrombinemia <50%, varici esofagogastriche rischio emorragico; presenza attuale o anamnesi pregressa di ascite, di emorragie da ipertensione portale, di encefalopatia epatica); la terapia antivirale può essere somministrata a dosaggio ridotto in centri di riferimento, preferibilmente in pazienti già in lista per trapianto di fegato [AASLD IIC]. Diabete poco controllato, cardiopatie, retinopatie, psoriasi grave, leucopenia (WBC <2.500/mm3, PMN <1.500/mm3, possono essere usati fattori di crescita leucocitari in pazienti cirrotici con risposta alla terapia, [AASLD IIbC] e/o trombocitopenia (<75.000/mm3). I principali effetti collaterali osservati sono riassunti nella Tab. V. CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE ALLA RIBAVIRINA - Anemia con Hb >10-11 g/dL. - Malattie cardiovascolari severe. - Gravidanza. - Incapacità ad una contraccezione efficace (sia per l’uomo che per la donna, da attuare per tutta la terapia e per altri 6 mesi dopo la sospensione di Ribavirina). - Insufficienza renale. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 39 Va sottolineata la potenziale teratogenicità del farmaco e le sue caratteristiche di accumulo che richiedono di evitare la procreazione per tutto il periodo della terapia e per almeno 6 mesi dopo la sospensione del trattamento, sia nell’uomo che nella donna. CONTROINDICAZIONI RELATIVE ALLA RIBAVIRINA Emoglobinopatie, ipertensione arteriosa non ben controllata, età > 65 anni. I principali effetti collaterali osservati in corso di terapia con Ribavirina sono riassunti nella Tab. VIII. In Italia, lo studio IMPROVE ha sostanzialmente confermato nella pratica clinica un profilo di tollerabilità e di effetti collaterali/avversi conforme all’atteso per tipologia e frequenza, in base a quanto riportato negli studi clinici randomizzati (da Rapporti ISTISAN- 01/28 ISSN 1123-3117, Istituto Superiore di Sanità). Tab. VIII – Effetti collaterali di Interferone-alfa e Ribavirina Frequenza Interferone alfa > 30-50% Sindrome influenzale Stanchezza Cefalea 1-30% < 1% Disfunzione tiroidea (50% ipo, 50% iper) Anoressia Alopecia Depressione Irritabilità Diarrea Neutropenia, Trombocitopenia Depressione grave, ideazione suicida Infezioni batteriche/fungine gravi Retinopatia Neuropatia Diabete Perdita permanente della libido Malattie autoimmuni Ribavirina Emolisi, lieve anemia Dispepsia Anemia (Hb<10 g/dL) Prurito Rash Dispnea Tosse Stanchezza Secchezza degli occhi Angina severa Infarto miocardico Gotta SUCCESSO TERAPEUTICO Il successo terapeutico (risposta virologica sostenuta) consiste nella negativizzazione di HCV-RNA in terapia, mantenuta a fine terapia e 6 mesi dopo la sospensione della terapia. Gli altri profili di risposta alla terapia sono: - risposta transitoria con riattivazione dopo la terapia (relapsers): negativizzazione di HCVRNA in terapia e a fine terapia, con ripositivizzazione dopo la sospensione della terapia; - risposta transitoria con breakthrough: negativizzazione di HCV-RNA in terapia con ripositivizzazione prima della fine della terapia; - non risposta: persistenza di positività per HCV-RNA al 3° mese con riduzione quantitativa < 2 log o persistenza di positività al 6° mese. 6.5.7 - MONITORAGGIO Per quanto riguarda il paziente cirrotico che abbia raggiunto una risposta virologica sostenuta (HCV-RNA-negativo 6 mesi dopo la fine della terapia), indipendentemente dal genotipo virale, è consigliabile la sorveglianza clinica, biochimica ed ecografica ad intervalli di 6-12 mesi per il rischio - seppur ridotto - di sviluppare un epatocarcinoma AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 40 [AASLD IIaC]; tale consiglio non è basato su studi randomizzati controllati ma solo su studi prospettici e pertanto l'utilità di tale approccio non è provata. 6.5.8 - MONITORAGGIO O RETREATMENT Per il paziente (cirrotico o non cirrotico) che non abbia risposto ad un precedente ciclo terapeutico con Peg-IFN e ribavirina (purché eseguito al dosaggio e per il tempo raccomandato) non è raccomandato un ri-trattamento (per i pazienti recidivanti, [AASLD IIIC]; per i non-responders, [AASLD III B]. I pazienti cirrotici andranno sorvegliati ogni 6 mesi clinicamente, biochimicamente ed ecograficamente. Non vi sono dati per raccomandare un timing preciso di sorveglianza nei pazienti non cirrotici: l'opinione degli esperti è quella di vederli almeno 1 volta l'anno per cogliere eventuali segni di peggioramento. In questo caso, i pazienti candidabili andrebbero incoraggiati a partecipare a trial controllati su farmaci sperimentali. Il ri-trattamento con Peg-IFN e ribavirina può essere considerato per i pazienti non responders o recidivanti a precedenti trattamenti con IFN non peghilati con o senza ribavirina o con PEG-IFN in monoterapia [AASLD IIaB]. 6.5.9 – POSITIVITA’ DELL’HBsAg, , DOSAGGIO HBV-DNA Come segnalato precedentemente (§ 6.5.1) la positività per questo marcatore confermata per più di 6 mesi permette d’individuare il portatore cronico di HBV (conclamato). La determinazione dell'HBV DNA risulta essenziale per la diagnosi, le decisioni terapeutiche ed il monitoraggio [EASL A1]. Non verrà, invece considerata la condizione del portatore occulto in quanto HBsAg-negativo e senza impatto clinico nell’immunocompetente, da ricercare costantemente, come le potenziali cause di comorbidità epatica [EASL A1]. In caso di coinfezione HCV e/o HDV il virus B in genere, ma non sempre, tende ad essere inibito con livelli replicativi nei parametri dell’inattività (< 2000 UI/ml). In queste condizioni andrà valutata l’attività replicativa dei diversi virus e trattato il prevalente. Tra i pazienti con sola infezione HBV, portatori conclamati (HBsAg-positivi) , in accordo con le definizioni internazionali, si possono individuare le seguenti categorie: 1) SOGGETTI HBeAg-POSITIVI, costantemente caratterizzati da livelli replicativi significativi (> 2000 UI/ml) ed attività infiammatoria (ipertransaminasemia) nella fase di immuno-attivazione. Questi soggetti, per definizione, non possono essere considerati portatori inattivi, anche se possono presentare fasi di minima attività infiammatoria ed elevatissimi livelli viremici nelle fasi d’immunotolleranza o, meno frequentemente, fasi di bassa replicatività a seguito di riacutizzazioni. La condizione di positività per HBeAg, di conseguenza, va sempre associata ad epatite cronica, per la cui definizione di attività infiammatoria ed evolutività fibrotica è spesso richiesto il ricorso alla valutazione istologica (biopsia epatica) oppure a tecniche non invasive (fibroelastografia). 2) SOGGETTI HBeAg-NEGATIVI (anti-HBe positivi), definibili: A) portatori attivi, nel caso in cui presentino livelli viremici superiori a 2000 UI/ml e transaminasi costantemente o intermittentemente aumentate; questa condizione è associata ad epatopatia cronica nella grande maggioranza dei casi, la cui definizione necessita di approfondimento bioptico o strumentale; B) portatori inattivi, caratterizzati dalla persistente normalità delle transaminasi in corso di monitoraggio dinamico, da positività per l’anti-HBe e da livelli viremici generalmente AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 41 inferiori alla soglia di attività precedentemente segnalata (< 2.000 UI/ ml). Nella maggioranza di questi soggetti il dato istologico, quando disponibile (in questi soggetti la biopsia epatica non è indicata nella grande maggioranza dei casi) o le tecniche non invasive (fibroscan), non evidenziano una malattia epatica significativa (attività necroinfiammatoria < 4 HAI, < F1), mentre in una minoranza di casi è possibile evidenziare gli esiti cicatriziali di una pregressa fase florida, divenuta silente spontaneamente o per effetto della terapia antivirale. 6.5.10 – BIOPSIA EPATICA / FIBROSCAN Al di fuori dei portatori inattivi (transaminasi persistentemente normali, HBV DNA <2000 UI) la condizione di attività, sia nei soggetti HBeAg-positivi che anti-HBe positivi, richiede l’approfondimento diagnostico tramite biopsia epatica. La biopsia non è, invece, richiesta in caso di evidenza clinica di cirrosi o in condizioni che richiedano il trattamento indipendentemente dallo stadio di fibrosi [EASL A1], (ad esempio nell'ambito dell'immunosoppressione). Più recentemente sono state introdotte metodiche non invasive di determinazione della fibrosi (Fibroscan), in corso di validazione; tali accertamenti sono finalizzati alla definizione dello stadio di malattia, cui corrisponde un diverso approccio terapeutico (astensione e monitoraggio nelle fasi iniziali e in soggetti giovani; trattamento curativo o soppressivo negli altri casi). BIOPSIA EPATICA La biopsia del fegato è un test invasivo. Anche se, con le tecniche attuali, le complicanze (nei soggetti senza segni clinici di malattia scompensata) sono rare e più spesso rappresentate dal dolore locale (facilmente sedabile) ed eccezionalmente da sanguinamento; l’indicazione a eseguire la biopsia in soggetti con epatopatia cronica HBVcorrelata (come in altri contesti clinici) deve sempre scaturire dal bilanciare i vantaggi clinici con i rischi (sia pure minimi), deve essere sempre condivisa con il paziente e deve essere effettuata nel rispetto delle regole di prelievo ed interpretazione che permettano di produrre informazioni di tipo eziologico e prognostico. La biopsia epatica non trova, invece, alcuna indicazione come test per la diagnosi eziologica di epatopatia HBVcorrelata, in quanto questa risiede interamente nei test sierologici che sono in grado di definire accuratamente la presenza e la fase dell’infezione. Fanno eccezione alla regola i soggetti con compromissione immunitaria (quali i pazienti trapiantati) nei quali la biopsia epatica può essere indicata anche per la definizione eziologica, alla luce delle molteplici concause di danno epatico, e i soggetti nei quali si sospettino patologie concomitanti la cui presenza può avere un’influenza sulle scelte terapeutiche. Le informazioni di tipo prognostico concernono la gravità delle lesioni necro-infiammatorie (grado di attività dell’epatite) e l’estensione della fibrosi (stadio dell’epatite). I livelli di viremia, il valore delle transaminasi e la severità del danno istologico costituiscono i principali parametri sulla base dei quali è posta l’indicazione alla terapia nelle epatiti da virus B. Pertanto la biopsia epatica trova elettiva indicazione nella necessità di conoscere il grado e lo stadio dell’epatite. In presenza di segni clinici di cirrosi o quando la indicazione al trattamento è posta indipendentemente dalla severità istologica del danno, la biopsia epatica non è da considerare necessaria. Nella pratica clinica il grado di attività e lo stadio dell’epatite vengono stimati con sistemi di valutazione “semiquantitativa”. Non esiste un consenso universale sul sistema di score da adottare e, poiché esistono differenze tra i vari sistemi (Metavir, Sistema di Ishak, Sistema AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 42 di Scheuer etc.), è indispensabile che il patologo indichi chiaramente, nel referto istopatologico, il sistema adottato e che lo specialista che ha richiesto l’esame sia in grado di interpretare il significato dei differenti sistemi di valutazione. La valutazione istologica del grado e dello stadio dell’epatite può essere influenzata dalle dimensioni del campione. Recependo gli attuali orientamenti si raccomanda, per un’adeguata valutazione del grado e dello stadio delle epatiti virali, l’utilizzo di campioni di lunghezza minima pari a 2 cm. Tali campioni assicurano la presenza di un numero di spazi portali uguale o superiore a 11, che rappresenta il numero limite al di sotto del quale esiste un rischio di sottostima del danno. Poiché il diametro del campione influenza il numero degli spazi portali presenti, è opportuno che si utilizzino aghi non sottili (ossia aghi che producano un cilindro di tessuto epatico di diametro non inferiore a un millimetro). È pure dimostrato che l’esperienza specifica del patologo è un importante fattore che influenza l’interpretazione diagnostica. È pertanto auspicabile che il patologo coinvolto nella diagnostica delle epatiti abbia svolto un training elettivo e possieda esperienza nell’ambito specifico della patologia del fegato. FIBROSCAN La biopsia epatica, che per anni ha rappresentato lo standard di riferimento per valutare i livelli d’infiammazione e, in particolare, di fibrosi, è un esame non esente da rischi e non è gradito dai pazienti. Pertanto, negli ultimi anni sono stati sviluppati approcci strumentali e laboratoristici per la valutazione non invasiva della fibrosi. L’elastometria epatica (Fibroscan) è una tecnica introdotta recentemente che, attraverso la misurazione dell’elasticità del fegato valuta, in modo non invasivo e indiretto, la fibrosi epatica. La tecnica utilizza una sonda, che genera un’onda elastica (50Hz) nel fegato a partire dalla parete addominale. La velocità di propagazione dell’onda elastica nel fegato è direttamente proporzionale alla sua rigidità (“stiffness”) e l’esame riguarda un’area che rappresenta circa 1/500 dell’organo. L’elasticità del fegato dipende principalmente dall’entità e tipo di fibrosi, ma può essere influenzata anche da altri fattori, quali l’entità dell’infiltrato infiammatorio o lipidico e dalla congestione ematica, oltre che dall’obesità, dalla presenza di versamenti addominali, e dall’operatore. Ad esempio durante un episodio di epatite acuta o di picco citolitico si può evidenziare un netto, anche se transitorio, aumento della rigidità del fegato, senza che vi sia di fatto un peggioramento della fibrosi. Il risultato dell’elastometria va, quindi,sempre interpretato nel contesto della valutazione clinica complessiva del singolo paziente e non va utilizzato come dato a sé stante. Tali osservazioni hanno fatto sorgere dubbi sulla possibile applicazione dell’elastometria nel contesto dell’epatite cronica B, dove le variazioni dell’attività biochimica costituiscono un evento piuttosto frequente, a differenza dell’epatite C che è caratterizzata da una maggiore costanza dei valori di transaminasi nel tempo. Inoltre numerosi Autori suggeriscono che anche l’ecografia tradizionale – attraverso l’osservazione di segni specifici quali la modularità della superficie epatica, l’ipertrofia del lobo caudato e le caratteristiche flussimetriche delle vene sovraepatiche – possa fornire informazioni utili circa il grado di progressione della fibrosi. Nel caso dell’epatite B il Fibroscan attende la validazione su ampie casistiche ma, al momento e in assenza di fattori confondenti (obesità, epatite acuta ecc) sembrerebbe distinguere con una certa accuratezza i quadri di minima o assente fibrosi (F0-F1) rispetto alle condizioni avanzate (cirrosi F4), mentre nei quadri intermedi richiederebbe la valutazione clinica e con una certa frequenza il confronto col dato istologico, nella prospettiva di scelte terapeutiche. Parallelamente alla diagnostica AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 43 strumentale, è stata analizzata anche l’utilità di marcatori sierologici ed ematologici correlabili al grado di fibrosi, stimabile tramite formule che utilizzano più test di laboratorio. Quelle più studiate sono il Fibrotest e gli indici APRI (AST to Platelet Ratio) e di Forns. Particolare interesse stanno attualmente destando alcuni algoritmi che impiegano, in modo sequenziale, metodi strumentali (elastografia e/o ecografia) e laboratoristici. Questi algoritmi rimangono, però, attualmente in fase di sperimentazione. 6.5.11 - TRATTAMENTO Il trattamento dell’epatite cronica B è in continua evoluzione, per la disponibilità sia di nuovi farmaci e di tecnologie sofisticate per monitorare e caratterizzare i pazienti, sia per le nuove conoscenze in campo di storia naturale, patogenesi e fattori di rischio. Il principale obiettivo terapeutico, nel trattamento dell’epatite cronica B, è la soppressione persistente della replicazione virale, allo scopo di prevenire la progressione verso la cirrosi e le sue complicanze (epatocarcinoma, scompenso e sanguinamento gastroenterico), riducendo così la morbilità e la mortalità dei pazienti e i costi per il sistema sanitario nazionale [EASL B1]. FARMACI ANTI-EPATITE B I farmaci antivirali approvati per il trattamento dell’epatite B sono attualmente gli IFN e gli analoghi nucleos(t)idici. Gli IFN sono una famiglia di proteine/citochine prodotte naturalmente dalle cellule in risposta a vari stimoli, tra i quali le infezioni virali. Il loro impiego terapeutico, nelle epatiti croniche da HBV, ha un razionale che si fonda sulle proprietà immunomodulanti e antivirali di queste proteine. Le due azioni combinate permettono di modificare il rapporto tra virus e ospite in favore dell’ospite, almeno in un sottogruppo di pazienti, anche per un periodo prolungato di anni. Sono disponibili, in commercio, due famiglie di molecole: gli IFN standard, naturali o ricombinanti, e gli IFN peghilati (Peg-IFN). La somministrazione degli IFN avviene per via sottocutanea e i profili di tollerabilità e i possibili effetti collaterali possono variare tra i diversi pazienti. Gli analoghi nucleos(t)idici attualmente disponibili per il trattamento dell’epatite cronica B sono cinque: lamivudina, adefovir, entecavir, telbivudina e tenofovir. Questi agenti antivirali in formulazione orale appartengono alla classe degli inibitori nucleosidici/nucleotidici della DNA-polimerasi virale/trascrittasi-inversa, enzima che ha un ruolo cruciale nel ciclo di replicazione del virus. Gli analoghi nucleos(t)idici bloccano quindi la produzione di nuovi virus e riducono i livelli sierici di HBV-DNA fino a negativizzazione, mentre hanno scarso effetto sui genomi virali presenti nel nucleo degli epatociti. Ciò spiega la pronta riattivazione della replicazione virale alla sospensione del trattamento con gli analoghi nucleos(t)idici, specialmente se di breve durata. STRATEGIE TERAPEUTICHE. Nei pazienti con epatite cronica B si possono adottare due strategie terapeutiche. La prima, definita curativa, prevede un trattamento di breve durata con lo scopo di indurre una significativa soppressione della replicazione virale, sia durante la terapia che dopo la sua sospensione e, nei pazienti con epatite cronica HBeAg-positiva, la sieroconversione ad anti-HBe. Questa strategia si basa, in particolare, sull’impiego degli interferoni e soltanto nei pazienti HBeAg-positivi è prospettabile con un trattamento di breve durata anche con gli analoghi nucleos(t)idici. AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 44 La seconda strategia, soppressiva, prevede un trattamento a lungo termine mirato a ottenere la costante e stabile soppressione della viremia (al di sotto dei limiti di sensibilità delle attuali tecniche quantitative) con gli antivirali orali a tempo pressoché illimitato. Con entrambe le strategie la sieroconversione ad anti-HBe nei pazienti HBeAg-positivi costituisce un importante obiettivo, così come la perdita dell’HBsAg e/o la siero conversione ad anti-HBs, sia nei pazienti HBeAg-negativi che in quelli-positivi; quest’ultimo evento, purtroppo raro, permette, la sospensione della terapia dopo una fase di terapia, anche con gli analoghi nucleos(t)idici. Varie linee guida, ed in particolare le italiane, hanno proposto criteri sul “chi e quando trattare” , riportata nel documento italiano in uno schema definito “Paradigma di STRESA” dal luogo dove si è tenuta la Consensus nazionale di riferimento. Questo schema prevede: 1) una strategia di monitoraggio delle forme di epatite cronica più lieve (S0-S2 di Ishak), in particolare nei pazienti immunotolleranti e di giovane età [ITAW BII negli HbeAg, AI negli anti-Hbe / EASL B1]; 2) la valutazione di un trattamento curativo, prevalentemente con interferoni o antivirali per un tempo limitato, nei soggetti HBeAg-positivi, specie se giovani, finalizzato alla siero conversione ad anti-HBe ed al conseguente spegnimento dell’evolutività di malattia [EASL A1; ITAW CIII]; 3) la necessità di un trattamento curativo con interferoni oppure soppressivo con antivirali, sia nei soggetti HBeAg-positivi, sia nei -negativi con malattia significativa (> S3 di Ishak / >F2 METAVIR) [EASL B2; ITAW BIII]. In questo caso la scelta del ciclo definito con interferone o il trattamento a tempo indeterminato con antivirali risente di parametri come l’età (si preferisce un tentativo curativo con i primi, per limitare terapie di lunghissima durata), il fallimento di precedenti terapie (ad esempio con interferoni), la motivazione del paziente ed eventuali condizioni limitanti e, in particolare, la presenza di fibrosi di grado avanzato (S4-S6 secondo Ishak, corrispondenti a cirrosi istologica) [EASL A1; ITAW AII], in presenza della quale si preferiscono tendenzialmente gli antivirali. In caso di cirrosi la terapia diviene mandataria, indipendentemente dai livelli viremici, per le evidenze riportate dalla letteratura riferite al controllo dell’evoluzione verso lo scompenso epatico, la morte, la necessità di trapianto e, probabilmente, l’epatocarcinoma. L’insorgenza di neoplasia del fegato risulta, in caso di antivirali, probabilmente rallentata, ma non completamente prevenuta per il ruolo giocato dalla cirrosi e dalla persistenza di HBV, un noto fattore ontogenetico, nel fegato [EASL A1]. Infine nel paziente avviato al trapianto di fegato e, in genere, immunosoppresso per malattia di base, trapianti, chemioterapia gli antivirali assumono, da soli o in combinazione con altri farmaci, un ruolo molto importante, mentre gli interferoni mantengono uno spazio terapeutico molto limitato per la scarsa tolleranza. Riguardo al “come trattare” la strategia curativa si basa, oggi, sul trattamento con interferoni peghilati per 52 settimane [EASL B2], e viene utilizzata come primo livello di trattamento nei: 1) pazienti HBeAg-positivi, specie se giovani e con malattia in fase iniziale con l’obiettivo della siero conversione da HBeAg ad anti-HBe, il mantenimento della inattività virologica ed infiammatoria dopo sospensione del farmaco (ottenibile nel 20-25% dei casi) ed eventualmente la perdita dell’HBsAg (evento molto raro); AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 45 2) nei pazienti anti-HBe positivi con l’obiettivo di trasformarli in portatori inattivi dopo la sospensione del farmaco (risposta virologica sostenuta,ottenibile in circa il 15-20% dei casi analizzati secondo il criterio dell’”Intention to treat”) ed eventualmente la perdita dell’HBsAg (un evento piuttosto raro, osservabile in una percentuale di soggetti responsivi). Un ciclo curativo per un periodo determinato (12-24 mesi) può essere prospettato anche con antivirali nei soggetti HBeAg-positivi con l’obiettivo della siero conversione antiHBe, anche se questo evento, in questo caso appare meno stabile rispetto a quando ottenuto con gli interferoni [ITAW BIII]. In caso di strategia “soppressiva” da riservare ai soggetti di età e malattia più avanzata o cirrotica, sia HBeAg-positivi, sia anti-HBe positivi, vengono oggi preferiti gli antivirali a più elevata potenza antivirale e barriera genetica (bassa capacità di selezione di mutanti farmaco-resistenti) quali l’Entecavir ed il Tenofovir [EASL A1], seguiti dalla Telbivudina (alta potenza, barriera genetica intermedia) in gruppi virologici particolari [ITAW CIII]. Gli altri due farmaci disponibili, la Lamivudina (media potenza, bassa barriera genetica) e l’Adefovir (bassa potenza, barriera genetica intermedia) vengono, oggi, riservati alle terapie di profilassi in pazienti inattivi immunodepressi oppure in caso di terapie di combinazione; invece in corso di terapie di prima linea ne viene, oggi, sconsigliato l’utilizzo [ITAW A1]. 6.5.12 – MONITORAGGIO Il monitoraggio dei pazienti varia con la categoria virologica e la scelta di strategia terapeutica e di farmaci. In caso di Portatori cronici inattivi (HBsAg-positivi, anti-HBe positivi, transaminasi persistentemente normali, HBV DNA < 2000 UI/ml, fibrosi non significativa) per i quali non sussiste l’indicazione all’utilizzo di farmaci, nella condizione d’immunocompetenza, lo stesso deve prevedere il controllo semestrale delle transaminasi e annuale (o in caso d’ipertransaminasemia) della viremia e dell’ecografia e dell’HBsAg [IASL IIIB]. Tale schema risponde alla possibilità di riacutizzazione, con cambio di condizione virologica (ipertransaminasemia, HBV DNA > 2000 UI/ml) anche dopo anni di latenza oppure alla possibile perdita dell’HBsAg, descritta in questi soggetti con frequenza dell’1% annuo. In caso di attività virologica cambierà anche l’approccio terapeutico e la tempistica di monitoraggio. In caso di Portatori cronici attivi (HBsAg positivi, HBeAg o anti-HBe positivi, ipertransaminasemia) il tipo di controllo varierà a seconda della strategia: 1) Ogni 3-6 mesi (transaminasi, HBV DNA) in caso di monitoraggio senza terapia, ecografia semestrale e ricorso alle tecniche di valutazione della fibrosi con cadenza annuale (fibroscan) o dopo 2-3 anni (biopsia epatica) nel caso in cui quest’ultimo esame serva a variare la strategia. 2) In corso di trattamento con interferoni andranno programmati con cadenza mensile il controllo di: a) emocromo (eseguito per valutare la tolleranza ed eventuali adattamenti di dosaggio) e transaminasi mensile; a 24 e 48 settimane (per valutare la cinetica e la risposta a fine trattamento) e dopo 6 mesi dalla sospensione (per confermare la risposta sostenuta dopo sospensione) per l' HBV DNA; c) TSH trimestrale in corso di trattamento [ITAW A1]. Nei soggetti HBeAg positivi andrà valutata a 24-48 settimane e 6 mesi dopo la sospensione la condizione HBeAg/anti-HBe per valutare la siero conversione. Come già AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 46 segnalato dopo il termine del trattamento il controllo di transaminasi e viremia andrà eseguito ogni 6 mesi per confermare la risposta sostenuta: anche in questo caso andrà mantenuto il monitoraggio semestrale-annuale dell’ecografia per lo screening dell’epatocarcinoma. In caso di SVR andrà eseguito annualmente il controllo dell’HBsAg per valutarne la perdita, che rinforza il rilievo di risposta e la probabilità di mantenimento della stessa sul lungo termine. In caso di fallimento terapeutico o ripresa della viremia dopo risposta il paziente rientrerà nei protocolli di monitoraggio trimestrale finalizzati ad ulteriori indicazioni terapeutiche (strategia soppressiva con antivirali in caso di evolutività dell’epatopatia). 3) Monitoraggio trimestrale in caso di farmaci ad elevata potenza e barriera genetica (transaminasi, HBV DNA, eventuali esami correlati alla sicurezza del farmaco usato quali la creatinina,il CPK o l’amilasi) [ITAW BII], e in caso di terapia antivirale [EASL A1, ITAW BII]. In questo caso l’obiettivo sarà la completa negativizzazione dell’HBV DNA con tecniche sensibili (< 10-15 UI/ml) [EASL A1] ed il mantenimento della soppressione nel lungo termine proseguendo la terapia. In questi soggetti: 1) la mancata riduzione di almeno un logaritmo della viremia dopo 3 mesi di terapia viene considerata “non-risposta primaria”, e spesso richiede la sostituzione del farmaco, da scegliere preferenzialmente in relazione al profilo di resistenze determinabili [EASL B1]; 2) la persistenza di viremia dopo un 6-12 mesi di terapia come “risposta virologica parziale” (con possibile indicazione all’aggiunta di un secondo farmaco, in relazione alle caratteristiche del primo ed al profilo di resistenza, A1 per lamivudina, adefovir e telbivudina; C1 per tenofovir e entecavir nei quali il limite di risposta parziale potrebbe,probabilmente, essere spostato a 18 mesi nei pazienti con alte viremie basali. Analoga strategia andrà praticata nei soggetti responsivi (HBV DNA persistentemente negativo) che manifestino la ripresa virologica (ricomparsa di viremia determinabile a qualsiasi livello) [EASL A1]. Il grande interesse riferito a tali definizioni deriva dalla frequente correlazione di queste condizioni virologiche alla presenza/selezione di mutanti farmaco-resistenti, che richiedono adattamenti della terapia per ottenere/mantenere la risposta virologica sul lungo periodo, in corso di terapia continuativa con analoghi nucleos(t)idici [EASL A1]. Per tale motivo nei “primary non-responders”, “partial responders” and “relapsers con ripresa virologica” andranno ricercati per modulare le successive scelte di associazione. Nei pazienti con malattia avanzata e/o sottoposti a strategia soppressiva andrà comunque eseguito il monitoraggio semestrale dell’ecografia, per lo screening dell’epatocarcinoma, annuale dell’HBsAg e la valutazione periodica degli indicatori di funzionalità renale. In questi soggetti non è oggi consigliata la sospensione della terapia per il rischio di riacutizzazione e scompenso e la stessa andrà modulata per l’ottimizzazione della risposta virologica (determinazione delle varianti virali, terapia con diversi antivirali), in caso di fallimento terapeutico completo (persistenza di viremia su livelli di attività) o parziale (al di sotto dei livelli di attività) [EASL B1] AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) 47 7. INDICATORI Titolo Raccomandazione Descrizione numeratore Descrizione denominatore Fonte dati numeratore Fonte dati denominatore Atteso Titolo Raccomandazione Descrizione numeratore Descrizione denominatore Fonte dati numeratore Fonte dati denominatore Atteso Titolo Raccomandazione Descrizione numeratore Descrizione denominatore Fonte dati numeratore Fonte dati denominatore Atteso Titolo Raccomandazione Descrizione numeratore Descrizione denominatore Fonte dati numeratore Fonte dati denominatore Atteso AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) Esecuzione dei markers virali N° di test eseguiti (markers virali: anti-HCV, HBsAg ± HBVDNA, anti-HDV, HBeAg, anti-Hbe) Totale della popolazione piemontese Flussi regionali BDDE Riduzione rispetto al dato degli anni precedenti Prima diagnosi di Epatite B I pazienti con prima diagnosi di Epatite B devono giungere alla prima visita specialistica con un set completo di esami N° di pazienti con set completo di esami (anti-HCV, HbsAg, HBV-DNA, anti-HDV, HBeAg, anti-Hbe, ecografia addominale) N° di pazienti sottoposti a prima visita specialistica per nuova diagnosi di Epatite B Ambulatori GEL Ambulatori GEL > 95% Prima diagnosi di Epatite C I pazienti con prima diagnosi di Epatite C devono giungere alla prima visita specialistica con un set comnpleto di esami N° di pazienti con set completo di esami (anti-HCV, HbsAg, HCV-RNA, ecografia addominale) N° di pazienti sottoposti a prima visita specialistica per nuova diagnosi di Epatite C Ambulatori GEL Ambulatori GEL > 95% Prima diagnosi di NAFLD I pazienti con prima diagnosi di N AFLD devono giungere alla prima visita specialistica con un set completo di esami N° di pazienti con set completo di esami (glicemia, insulinemia basale, trigliceridi, colesterolo totale + HDL) N° di pazienti sottoposti a prima visita specialistica per nuova diagnosi di NAFLD Ambulatori GEL Ambulatori GEL > 95% 48 Titolo Raccomandazione Descrizione numeratore Descrizione denominatore Fonte dati numeratore Fonte dati denominatore Atteso Titolo Raccomandazione Descrizione numeratore Descrizione denominatore Fonte dati numeratore Fonte dati denominatore Atteso AReSS Piemonte PDTA Epatie Croniche (I) Ittero da stasi con VB non dilatate I pazienti con ittero da stasi e VB non dilatate all’ecografia devono giungere alla prima visita specialistica con un set completo di esami N° di pazienti con set completo di esami (GGT, ALP, ASMA, ANA, anti-LKM1, anti-SLA, sideremia, transferrinemia, ferritina, percentuale di saturazione della transferrina, Cu urinario, ceruloplasmina, elettroforesi proteine, anticorpi antimitocondriali, p-ANCA) N° di pazienti sottoposti a prima visita specialistica per ittero da stasi con VB non dilatate Ambulatori GEL Ambulatori GEL > 95% Esecuzione di CPRM in ittero da stasi con VB non dilatate e test sierologici specifici nella norma I pazienti con ittero da stasi, VB non dilatate e test sierologici nella norma devono eseguire una CPRM N° di pazienti inviati all’esecuzione di una CPRM N° di pazienti sottoposti a prima visita specialistica per ittero da stasi con VB non dilatate e test sierologici (ASMA, ANA, anti-LKM1, anti-SLA, sideremia, ferritina, saturazione della ferritina, Cu urinario, ceruloplasmina, elettroforesi proteica, AMA, p-ANCA) nella norma Ambulatori GEL Ambulatori GEL > 95% 49