LamantiaAppunti2012

annuncio pubblicitario
Storia dell'Europa orientale 17/10/12
Spazio dell'Europa orientale inteso come estensione territoriale e occupazione dello stesso.
Europa orientale: nasce nel 1700, durante l'illuminismo. La sua nascita coincide con l'aumento di
potenza della Russia zarista, capace di condizionare le scelte dell'intero continente europeo. Si
concretizza con l'intera spartizione della Polonia: alla fine del 1700, pur essendo stato uno stato
molto forte, cessa di esistere. Perde per 3 volte con le potenze dell'area ed in ognuna di queste tre
occasioni perde parte del proprio territorio, alla fine delle quali non esistette più come stato
sovrano (debellatio) ma come nazione.
Equilibrio all'interno dell'Europa viene definito nel 1700. equilibri che saranno sconvolti dalle
guerre napoleoniche per poi essere ridefiniti con il congresso di Vienna del 1815.
Europa orientale (estensione territoriale) → vastissima. Dagli Urali (confine della prussia europea)
fino ai confini occidentali della Polonia (Prussia, impero asburgico). Dal mare del nord fino al
mediterraneo includendo anche i Balcani. Differenze fortissime al suo interno: tra aree fortemente
sviluppate con agricoltura fiorente, e aree povere con un'economia scarsamente sviluppata
(sostentamento).
Prima del 1815 ci sono due linee di sviluppo ben distinte all'interno dell'Europa orientale,
contrapposte:
–
spinta che da oriente va verso occidente
–
spinta da occidente verso oriente (tipica delle popolazioni germaniche)
Ad un'estensione territoriale così vasta corrispondeva l'esistenza di numerosissime nazionalità
spesso molto differenti tra loro. Torneranno ad essere protagoniste della scena europea nella
seconda metà dell'800.
Area europea – orientale e area europea – occidentale non sono così distanti come cultura. C'è un
continuo scambio, soprattutto commerciale tra l'una e l'altra parte. Sono due aree distinte ma non
completamente sconosciute l'una all'altra. La commistione di cultura e di rapporti le porta ad
avvicinarsi culturalmente seppur fossero separate geopoliticamente.
Differenza nel modo in cui si svilupparono gli stati dall'una e dall'altra parte:
–
Europa occidentale-->stati nazionali forti, con borghesia in crescita.
–
Europa orientale-->tramonto degli imperi medievali, fine della confederazione polacco –
lituana, dominio di entità sovranazionali molto forti (imperi). Gli stati nazionali scompaiono per
essere sostituiti da tre imperi molto forti: impero zarista, impero ottomano, impero asburgico +
regno di Prussia (aveva partecipato attivamente, con ampio vantaggio, alla spartizione della
Polonia).
Precedentemente i territori, gran parte, dell'Europa dell'est appartenevano ad un'unica entità
nazionale: la Polonia. La sparizione della confederazione polacco – lituana, comportò che parte dei
suoi territori venissero spartiti tra Russia, impero asburgico e Prussia, niente all'impero ottomano,
che non partecipò mai alle spartizioni. Da uno spazio con una stessa politica e leggi comuni, si
passa a tre spazi con leggi e ordinamenti differenti.
Questi territori seguirono la storia dei paesi nei quali erano integrati. Da un percorso unitario a tre
percorsi differenti.
Impero ottomano
Alla fine del '700, aveva perso la propria spinta espansiva. Ciò era stato causato da una serie di
gravi sconfitte militari.
Aveva un'estensione rilevante: in Asia minore e in Europa. Possedeva buona parte dei Balcani,
arrivando al confine con l'Ungheria. Comprendeva la Serbia, la Grecia, la Slovacchia, la Romania,
Bulgaria.
Era stato sconfitto a Vienna, e altre volte. Grazie alla capacità militare di un savoia condottiero (?).
aveva perso la propria carica espansiva anche a causa di una crisi interna che lo porterà al crollo
totale nella prima guerra mondiale.
L'impero ottomano era in crisi, ma non allo sfascio! Sarà in grado di gestire una condizione di crisi
per 200 anni. Sarà una gestione della crisi basata su perdite territoriali, sconfitte militari e riprese
repentine. È una sorta di ritirata strategica imposta.
Non avendo la forza per poter tentare la conquista del resto della cristianità, ebbe la forza di
difendersi per due secoli.
Veniva chiamato “l'uomo malato d'Europa.
Pagò le proprie sconfitte a causa di una mancata riforma interna. Mentre gli stati occidentali
rafforzavano il rapporto borghesia – potere, mentre li stati si organizzavano soprattutto
militarmente, l'impero ottomano sembrava avesse rallentato notevolmente il proprio sviluppo.
La struttura dell'impero ottomano era tale da consentire la sopravvivenza di numerose minoranze.
Esso basava la sua forza sul controllo territoriale e sulla libertà di chi viveva nel proprio territorio;
l'importante era che pagassero le tasse e rispettassero le leggi. Questa struttura arantì la
sopravvivenza dell'impero, ma divenne anche controproducente: consentiva alle minoranze una
sopravvivenza molto radicata.
Sistema dei millet: racchiude una nazionalità e un credo religioso. Il millet era una struttura basata
sull'appartenenza alla stessa religione e sul riconoscimento di comuni radici. All'interno del millet
le comunità si autoamministravano. Potevano decidere se regolare le controversie tramite le
proprie tradizioni o ricorrendo all'ordinamento ottomano.
Nei millet si parlava la lingua della tradizione stessa-->permetteva il perpetuarsi della solidità delle
minoranze. lingua-->trasmissione delle tradizioni-->elementi alla base della coscienza nazionale.
Entra in crisi la struttura militare dell'esercito ottomano. Viene a mancare l'ordine dei giannizzeri.
Nonostante i tentativi di riforme, ma la ristrettissima oligarchia che esprimeva il potere presso la
corte del sultano era fortemente conservatrice, poco incline ai cambiamenti della struttura dello
stato. La conseguenza principale di ciò, l'impero ottomano comincia a non essere più in grado di
contrapporsi agli attacchi che provenivano contro di esso.
Il sistema dei millet si rivolge contro l'impero stesso, poiché una tutela delle minoranze tale porta
ad una maggiore richiesta di maggiori diritti e autonomie.
Ognuno degli stati dell'Europa orientale aveva un comportamento differente nei confronti delle
nazionalità presenti nel proprio territorio.
Impero zarista
Dall'inizio dell'avventura napoleonica fino al congresso di Vienna, la Russia era emersa come lo
stato che aveva avuto la forza di sconfiggere napoleone bonaparte. Grazie a napoleone, la Russia
diviene effettivamente una potenza europea in grado di condizionare le scelte degli altri partners
europei. Napoleone aveva commesso l'errore di attaccare la Russia poco antecedente alla fine
dell'inverno.
Con la sconfitta di napoleone, Alessandro Romanov diventa uno dei principali protagonisti
dell'Europa. Conizionerà di continuo tutto ciò che accadrà nell'Europa orientale.
È piuttosto divisa al suo interno: ad una parte in via di modernizzazione corrisponde una vasta
parte di territorio agricolo in cui esiste ancora la coltivazione “selvaggia”.
Intrattiene numerosi rapporti con gli stati dell'Europa occidentale.
Nei confronti delle minoranze presenti nel proprio territorio, specialmente per quelli che
comprendono il territorio polacco, la mano zarista era sempre forte. Raramente nei confronti dei
polacchi ci fu un atteggiamento condiscendente.
Il territorio polacco faceva da cuscinetto tra due aree di sviluppo ben distinte: l'area di espansione
russa verso occidente, la forza espansiva tedesca verso oriente. Sparita la Polonia si trovarono a
confinare le due aree di espansione contrastanti. La loro vicinanza sarà uno dei fattori che
condizioneranno la storia dell'Europa fino all'età contemporanea, prescindendo dalle forme di
governo e dai personaggi protagonisti.
La condizione delle minoranze in Russia fu sempre molto rigida: non si concedevano autonomia,
russo come lingue veicolare, i governi locali erano governi espressione dell'autorità zarista
(funzionari inviati dalla corte dello zar).
Impero asburgico
Politica verso le minoranze: differente rispetto a quella zarista. Concedevano autonomia nei limiti
degli interessi dello stato. Quando le forme di auto amministrazione portavano ad una ricerca di
maggiore indipendenza, venivano stroncate violentemente.
All'inizio dell'800 l'impero asburgico era formato da nazionalità come tedeschi, slavi, italiani,
ungheresi, ebrei, ruteni, minoranze zingare nomadi, e tante altre piccole enclaves.
L'impero si reggeva su dei pilastri forti, che rimasero in piedi fino alla fine della prima guerra
mondiale:
1 la dinastia: aveva saputo gestire al meglio l'immagine dei sovrani come creatori di consenso. Gli
Asburgo erano molto amati; rispetto che prescindeva dal timore reverenziale dovuto nei confronti
del sovrano. Erano stati bravi nel vendere la propria immagine con una politica molto accurata.
Una politica fatta essenzialmente di matrimoni: figlie, sorelle e nipoti furono le vere creatrici
dell'impero perché sposandosi portarono in eredità alla famiglia ricchezze, soprattutto territoriali,
e importanti e solide alleanze. Con tale attività matrimoniale, li Asburgo erano diventati i sovrani
posizionati al centro dell'Europa. Chiunque volesse cambiare l'equilibrio europeo doveva fare i
conti con gli Asburgo.
2 i militari: fedeli al sovrano, si identificavano nella conduzione stessa della vita dell'impero.
Estremamente rigidi. Anch'essi volti a ricercare il consenso. Erano votati al controllo del territorio e
alla perpetuazione della dinastia.
3 burocrazia: si identificava nello stato. Generalmente onesta, consapevole e decisa nel suo
compito di mantenere l'impero. Si riconosceva nell'idea di stato unificata nella persona del
sovrano.
4 chiesa (cattolica): nei domini degli Asburgo faceva tutto ciò che gli asburgo volevano. Era al
servizio della dinastia.
Questi 3 elementi davano una grande consapevolezza della propria forza all'impero asburgico.
Agli albori dell'800 questi pilastri erano molto stabili. -->da tutto ciò nasceva una politica di
maggior apertura nei confronti delle minoranze: concedevano autonomia amministrative alle
minoranze che si dimostravano fedeli. Forme di autogoverni che non potevano prescindere dal
rispetto nei confronti dello stato.
All'interno dei vari territori occupati, la politica degli Asburgo favoriva l'aristocrazia, comprandola,
e inglobandola all'interno della corte imperiale per poterla controllare. In caso di malcontento,
erano abili nello sfruttare le divisioni tra fazioni per indebolirle in modo che non avessero le forze
per ribellarsi contro l'impero, al fine di mantenere un equilibrio di forze.
Avendo un'amministrazione di stampo feudale, non erano poche le rivolte contadine. I nobili
provenienti dalle diverse regioni dell'impero stavano a Vienna, partecipanti alla vita di corte: come
funzionari, ministri ecc. In questo modo le diverse regioni erano “rappresentate” all'interno della
corte. Questo sistema faceva parte della strategia asburgica del divide et imperat.
Il punto di rottura del sistema asburgico era rappresentato dalla messa in discussione dei quattro
pilastri su cui si poggiava l'impero: erano il fondamento ed il limite, poiché all'interno non c'era
spazio per un'entità di rinnovamento.
L'austria giungerà al crollo perché non verranno accettate le richieste di costruire uno stato
federale (fine 800).
La stabilità iniziale dell'impero veniva dalle garanzie di rappresentanza e autonomie date alle
minoranze nazionali.
Regno di Prussia
Colui che aveva la politica estera più aggressiva tra gli stati dell'Europa orientale, basata sugli
elementi fondanti della propria struttura.
Questione delle spinte espansionistiche opposte tedesca e russa che tendono a scontrarsi:
Forze contrapposte che tendono ad espandersi nella stessa area territoriale in direzioni opposte. Vi
sono dei momenti in cui i rapporti di forza cambiano. La supremazia dell'una forza sull'altra
dipende dalla consistenza delle forze in campo, che tenderanno a sovrapporsi fino alla fine della
seconda guerra mondiale. In alcuni momenti queste forze saranno in equilibrio, per motivi di
politica interna e di politica di forza. Es. Bismarck ha bisogno di consolidare il territorio, non di
espandersi. Cambiano gli strumenti per la realizzazione, ma non la sostanza: in tutto il periodo
storico entrambe conservano le spinte espansionistiche reciproche, le quali si inaspriscono o si
allentano a seconda delle contingenze storiche soprattutto interne ai rispettivi stati.
L'impero ottomano aveva forti interessi economici nell'area balcanico – mediterranea, ma allo
stesso tempo non ne traeva vantaggi sufficienti. Inoltre, i benefici dell'economia non vennero
tradotti in provvedimenti di innovazione volti al miglioramento della condizione dell'impero ←
oligarchia conservatrice ottomana.
Italia: ultima delle grandi potenze, o prima delle piccole potenze. Una volta unificata, venne messa
nel novero degli stati appartenenti al concerto europeo, ma non aveva gli strumenti per realizzare
la politica estera di una grande potenza. Uno stato unitario nel mediterraneo non poteva non far
parte delle grandi potenze.
Inghilterra: momentaneamente assente dagli affari dell'Europa centro orientale, salvo interessarsi
del mantenimento dell'impero ottomano in funzione antirussa. I russi, d'altra parte erano
d'accordo con i francesi, i quali a loro volta non andavano d'accordo con gli inglesi.
Balcani: La condizione del 1800 è una condizione di equilibrio all'interno dei Balcani, equilibrio
dovuto ad un equilibrio di forze: imperi ottomano, asburgico e russo stavano uscendo da una forte
fase bellica (congresso di Vienna). L'equilibrio di potenza creatosi consentiva la stabilità. Oltre ad
avere il controllo su quest'area ne erano parte. Su questo equilibrio preesistente alle guerre
napoleoniche, aveva esercitato un'influenza dirompente la rivoluzione francese. Le idee scaturite
dalla rivoluzione erano state portate dai soldati di napoleone. Ogni nazionalità presente nei
territori orientali prese dagli ideali della rivoluzione le parti che più le interessavano.
La Mantia 22/10/12
premesse differenti a seconda degli imperi multinazionali ci si confronta. Ogni impero trattava le
etnie al proprio interno in maniera diversa. Russia zarista più dura, non veniva concesso niente.
Prussiani politica di assimilazione (diversa da integrazione). Impero ottomano gestiva la crisi con
difficoltà e atteggiamento verso minoranze in maniera più o meno dura a seconda della crisi.
Impero Austriaco volto a integrare le minoranze nazionali, che avevano ruolo molto importante.
Politica portata avanti dal '700.
per tutte queste minoranze l'effetto catalizzatore fu giocato dalla guerra. La guerra nei primi anni
dell' '800 porterà alla confluenza di tutti i fattori differenti che porteranno poi alle rivolte contro il
potere costituito. Con l'arrivo delle truppe napoleoniche (guerra di conquista) → guerra di rivolta.
Tranne in Austria, dove le minoranze erano trattate meglio le idee rivoluzionarie ebbero difficoltà
ad imporsi.
Il tutto coincise con una messa in discussione del potere centrale.
Le rivolte nazionali coincisero con la crisi degli imperi centrali.
Le forze interne ai vari imperi multinazionali non ebbero la capacità di poter chiedere e ottenere le
richieste che troveranno soluzione positiva in futuro.
La crisi interna dei poteri centrali porterà come occasione l'inizio del risveglio delle nazionalità. È
solo in virtù di una crisi molto forte dei vari governi sovranazionali che può iniziare il risveglio delle
nazionalità. Le imprese napoleoniche fornirono l'occasione alle forze interne per poter chiedere e
ottenere maggior libertà all'interno degli stati multinazionali in cui erano inserite.
I vari risorgimenti nazionali furono appannaggio delle èlites: parti delle popolazione ben
identificate. Gli esponenti delle èlites erano ben conosciute. Le èlites erano composte da
intellettuali: forniti di un'istruzione che consentiva loro di accedere alla lettura delle opere dei
principali pensatori del periodo, vi appartenevano docenti, universitari. Vi era una parte
dell'aristocrazia interessata al risveglio delle èlites: quella parte che non aveva ricevuto vantaggi, o
quella parte che non riteneva adeguati i vantaggi ottenuti.
Il pensiero rivoluzionario francese condizionò le scelte delle minoranze d'Europa. Essi furono la
causa principale dei rivolgimenti europei.
Nell'aristocrazia dell'Europa centro orientale il francese era parlato da intellettuali e aristocratici. Il
modello culturale francese era stato accettato ed esportato, soprattutto in Russia e Romania. Tutto
l'aspetto formativo della gioventù girava intorno alla cultura francese.
L'illuminismo e il romanticismo faranno da sfondo agli avvenimenti storici di questo periodo.
Gli aristocratici cominciavano ad interessarsi della gestione delle proprie terre. Molti dei figli degli
aristocratici venivano inviati a studiare nelle principali città d'Europa per apprendere la cultura
classica. Tutte le capitali della tradizione storica europea venivano visitate, con parigi come ultima
tappa, capitale della cultura.
Parte delle èlites venivano anche dal clero. Chiesa istituzione-->legata alla gerarchia del potere,
rigida, poco rispettosa delle tradizioni. Chiesa del movimento-->chiesa delle campagne, analfabeta.
Dagli ambienti ecclesiastici verranno le nuove lingue nazionali, poiché nei conventi si studiavano. Si
ripresero le vecchie tradizioni linguistiche in disuso, parlate solamente dai contadini. La lingua del
potere all'epoca era il francese, e la lingua ufficiale in latino (in Ungheria).
Nei primi dell'800 vi saranno i movimenti carbonari, le sette: avevano come scopo di abbattere il
regime al governo e di garantire il miglioramento delle condizioni di vita (progresso). Vi è l'assenza
delle masse popolari all'interno dei processi di risorgimento nazionale. Si tratta di movimenti di
èlites!!! Saranno queste che in momenti differenti riusciranno a saldare il distacco tra èlites
risorgimentali e popolo che aveva interesse a migliorare la propria condizione economica e civile.
Sono interessi differenti tra èlites e popolo: quando la distanza verrà colmata i movimenti nazionali
avranno maggior successo.
La rivoluzione francese e le guerre napoleoniche forniranno l'occasione all'interno dei movimenti
nazionali per poter chiedere dei risultati. Siamo in presenza di due forze: una forza esterna, ossia la
rivoluzione francese, e delle forze interne, rappresentate dalla varie èlites nazionali che iniziavano
ad avere una visione differente tra gli interessi propri e quelli della nazione.
Le forze esterne misero in crisi i governi, legittimi, dando la possibilità ai movimenti nazionali di
fare delle avances da poter soddisfare.
L'elemento trasversale ai vari stati è rappresentato dalla borghesia: non nobili, inseriti nel settore
del commercio. Cominciò a prendere la rappresentanza degli interessi delle varie nazioni. È
trasversale a tutti gli stati ma non ha lo stesso livello di potere, perché differenti erano i livelli di
sviluppo all'interno dei singoli stati (per esempio Francia vs impero ottomano).
Si tentava di abbattere la concezione inteso come potere divino. Le monarchie derivavano il
proprio potere direttamente da dio. L'impero asburgico aveva con la chiesa un rapporto
strettissimo.
Con ciò che portò la rivoluzione francese il potere divino cominciò a essere contestato. Nasce una
contestazione organica della divinità del potere: le fonti del potere non derivavano le divinità->non essendoci un potere divino il potere poteva essere conquistato.
I pensatori illuministi e la rivoluzione francese liberarono, di fatto, le popolazioni dalla paura del
potere. Il potere era legittimo, poiché non derivante dalla divinità, ma dalla nazione. Nasce la
concezione che il potere derivi dalla nazione. Nazione: il popolo; da esso costituita, il quale parlava
una stessa lingua, che si riconosceva in un'unica storia. Essa dava a chi governava la legittimità del
potere. Poiché le nazionalità all'interno degli imperi erano tante, esse avrebbero dovuto
riconoscere il potere centrale. Tuttavia esse avevano iniziato, grazie anche alle èlites, a riconoscersi
come minoranze nazionali in quanto parlavano una stessa lingua, avevano tradizioni comuni, ecc.
Tutte vorranno realizzare un sogno di grandezza, che si riteneva alla base della propria nazionalità
e dalla quale faceva derivare i diritti che chiedeva si riconoscessero.
Le forze interne agli stati multinazionali erano forze differenti. Essendo esse differenti, saranno
differenti le richieste. Tutti gli stati multinazionali reagiranno ognuno in maniera differente:
tra il 1815 e il ? Sarà il periodo del principe Clemente di Metternich. Secondo Metternich la
reazione alle spinte delle minoranze nazionali doveva essere il modello delle confederazione. Esso
era il modello asburgico, in un certo modo: si basava sul coinvolgimento al potere delle èlites delle
varie nazionalità alla gestione dell'impero stesso. Il governo imperiale aveva al proprio interno
ministri appartenenti alle varie minoranze nazionali abbracciate dall'impero asburgico. Con tale
sistema, l'impero asburgico riduceva la propensione di queste èlites alla rivolta. Metternich voleva
esportare questo sistema agli altri stati che esistevano ai confini con l'impero asburgico.
Influenza della rivoluzione francese nell'area centro orientale
Nel 1793 la dieta ungherese preparò un progetto di diritti dell'uomo e del cittadino. Tuttavia,
quando le truppe napoleoniche riusciranno ad espandersi nell'Europa centro orientale, la dieta
ungherese voterà un contributo speciale per assumere truppe che combattessero contro i francesi.
Le forze che si scontrano in questo periodo sono numerose e spesso in contraddizione con i propri
ideali.
Le aree di maggiore influenza francese furono la Slovenia, parte della Croazia, costituite sulla base
degli ideali della rivoluzione. In questi luoghi venne introdotto il codice civile, venne eliminato il
servaggio, e dichiarata la parità dei cittadini dinanzi alla legge.
Storia dell'Europa dell'est 24/10/12
Fattori di continuità-->forze che permangono e condizionano lo stato nonostante la successione dei
governi. Sono forze profonde.
Forze di medio periodo: fatti accaduti nell'arco di un cinquantennio.
–
le idee della rivoluzione francese. Fine 1700 (fine del periodo illuminista). Si rimette in
discussione il rapporto tra potere e individuo. Si rimette in discussione la derivazione divina del
potere. Condizionerà l'Europa fino al 1848 – 1850.
–
la nascita dell'idea di nazione e dei suoi caratteri costitutivi. Il potere non deriva più
dall'autorità divina, bensì trae la propria forza dalla sovranità popolare. Il concetto di nazione, più
radicato, comincia ad avere una sua influenza, a differenza del concetto di sovranità popolare che
non è ancora ben radicato.
–
L'idea della rivoluzione francese che condizionerà maggiormente lo sviluppo del XIX secolo
è l'idea legata all'uguaglianza degli individui come cittadini.
Questi fattori devono essere valutati a seconda dei contesti in cui vengono inseriti. Avranno esiti
diversi secondo le diverse circostanze temporali e geografiche. Le idee della rivoluzione francese
attecchiranno più tardi nell'Europa orientale, e avranno sviluppi diversi da quelli della rivoluzione
francese. Mentre in Francia le idee della rivoluzione scemavano per lasciare spazio alla
restaurazione, in Europa orientale erano appena arrivate.
Tali forze esercitarono la propria influenza essenzialmente sulle élites dei vari stati europei. Élites
differenti in stati differenti → le idee francesi hanno efficacia maggiore nell'impero ottomani,
minore nell'impero asburgico, scarsa nell'impero russo.
–
–
quale interesse avevano le élites nel risveglio dei sentimenti nazionali?
Quali rapporti hanno le élites con la popolazione contadina?
Più le élites saranno in grado di coinvolgere le masse popolari, maggior fortuna avranno le rivolte.
Per coinvolgere la massa contadina nella lotta per le indipendenze, le élites identificheranno
nell'altro l'appartenenza ad un altro stato con il fine di fare breccia nel mondo contadino. La figura
esterna del dominatore, di colui che pratica un'altra religione diventa il bersaglio costruito dalle
élites per i contadini. Nel caso della Bulgaria, scacciando gli ottomani, gli ebrei e il resto delle
minoranze i contadini bulgari staranno meglio: saranno convinti che il raggiungimento dell'unità
nazionale porterà ad un miglioramento delle classi meno abbienti.
Le élites ritenevano che il progresso dovesse coincidere con la liberazione della nazione dalla
presenza straniera, per tornare ad un periodo di gloria. Erano spiriti romantici. Romanticismo e
nazione vanno a braccetto.
Vantaggi che avrebbe portato l'unità nazionale: gestione della nuova entità – stato.
I governi dell'Europa dell'est non saranno governi di stampo democratico, guidati da ideali liberali
nella gestione del potere. Le élites si sostituiranno al dominio precedente. Il problema dei
contadini, e quindi il problema agrario, non si risolverà. L'elemento proprietà sarà condizionante
anche nelle trattative della Polonia per entrare nell'unione europea.
Uso strumentale dei vari risvegli nazionali. Le nazionalità e il processo di cambiamento nei rapporti
di potere furono strumentalizzati dall'esterno. A strumentalizzare i periodi di risvelio nazionale fu
soprattutto la Russia e in un secondo momento l'impero asburgico. Queste potenze spingeranno
all'interno delle varie nazionalità per facilitarne la lotta contro lo stato che in quel momento ne era
sovrano.
Prima della rivoluzione francese, nel 1781, vi era un progetto di spartizione dei Balcani siglato dalla
Russia e dall'impero asburgico. L'interesse nei confronti dei Balcani, quindi, preesiste alla
rivoluzione francese e al risveglio dei popoli e delle nazionalità. I motivi di tale interesse, per la
Russia consistevano nella possibilità di diventare una potenza mediterranea, per l'Austria, invece,
una delle minoranze più forti era la minoranza slava: gli Asburgo erano costretti ad occuparsi dei
Balcani per controllarne gli sviluppi. La presenza dell'impero ottomano metteva in difficoltà
l'impero asburgico, perché una sua dissoluzione avrebbe creato degli stati slavi: pericolosi poli di
attrazione per le popolazioni slave interne all'impero asburgico. L'elemento collante tra Russia e
impero asburgico è la crisi dell'impero ottomano, altro fattore di lunghissimo periodo che
condizionerà gli sviluppi geopolitici in quell'area. La crisi stimola la politica estera che i due imperi
stavano intraprendendo, e obbliga gli Asburgo ad avere un'attenzione particolare all'area medio
balcanica.
Il progetto del 1781 non andò in porto a causa dello scoppio della rivoluzione francese.
L'impero ottomano in crisi, ritirandosi nel tempo, lascerà dei territori prima uniti da un'unica
sovranità, e successivamente occupati a definire confini difficili: terra di popolazioni miste e
mischiate tra loro. Stabilire confini tra un'etnia e un'altra era un'opera estremamente difficili. Con
la fine della 1WW le commissioni createsi per definire i confini nei Balcani in base al principio
dell'autodeterminazione, si avvalsero dell'ausilio di tecnici italiani; fu un lavoro estremamente
certosino e difficile.
Questa mistura era frutto della politica che le forze conquistatrici precedenti agli ottomani avevano
operato nell'area. Le forze provenienti dalle steppe che occuparono i Balcani, avevano come primo
obiettivo quello di creare gruppi misti: rapivano le donne per creare zone miste, in modo che le
popolazioni non potessero più ribellarsi. Le popolazioni si mischiarono talmente che stabilire le
aree di confine diventava quasi impossibile. Le uniche zone che si salvarono furono quelle interne
all'Albania. Problemi sorsero nello stabilire le linee di confine tra la Grecia e l'Albania, o tra
macedonia – Bulgaria – Grecia.
Grecia
sarà il primo stato a liberarsi, e a diventare indipendente all'interno dell'impero ottomano.
1821 ribellione della Grecia -->proclamazione dell'indipendenza nel gennaio del 1822. l'impero
ottomano, stato in perenne crisi, reagisce brutalmente alle crisi interne. La reazione alla
proclamazione dell'indipendenza greca fu durissima: massacri che ebbero un eco rilevante in
Europa (che guarda alla liberazione della Grecia come al ritorno dell'antichità classica dopo la
barbarie musulmana → andarono a combattere in Grecia molti che credevano negli ideali
romantici, tra cui carbonari, liberali, ecc ecc).
Tipica reazione di uno stato in crisi, che sa di non avere la forza per imporsi.
La situazione della sovranità ottomana in Grecia era differente tra la zona costiera e quella interna.
Forte nella zona costiera, la zona interna invece era in mano a rivoltosi e banditi, che controllavano
il territorio, il commercio delle granaglie. Si ammantarono di una visione idealista di liberare la
Grecia dal giogo ottomano.
La Grecia ha una posizione geografica fondamentale dal punto di vista strategico: Dardanelli,
spalmata sul mediterraneo.
Ad interessarsi alla destabilizzazione dell'impero ottomano era la Russia. Dietro il finanziamento
degli indipendentisti greci e al loro addestramento c'erano le spie russe. Periodo in cui la politica
estera russa era molto presente. I rubli russi finanziavano le società segrete che operavano in
funzione antiottomana. Greci fanarioti: amministratori pagati dagli ottomani che amministravano i
territori shallalai. Erano la parte più ricca della popolazione del luogo. Occupando cariche di
massima importanza all'interno dell'impero ottomano (per lo più cariche di funzionari ed esattori
delle tasse) non avevano molto interesse a liberarsi dell'impero ottomano, tanto più che
lavoravano per conto dell'impero stesso. Tuttavia cominciarono ad intrattenere rapporti con i russi.
Alexander Ixilanti (patriota e rivoltoso greco appartenente a una delle più importanti società
segrete greche che intratteneva stretti rapporti con i russi) con Alì pascià di Genina (città
dell'Albania), cominciò a guidare una serie di rivolte che avrebbero portato all'indipendenza della
Grecia. La Grecia diventa indipendente con un carico di guai non indifferente.
Principati danubiani
indipendenza della Moldavia e della Valacchia. La società segreta di cui faceva parte anche
alessandro ixilanchi, cominciò a fomentare delle rivolte contro gli amministratori fanarioti. Poiché
non tutti i fanarioti erano fedeli all'impero ottomano, e partecipavano alle rivolte greche, l'impero
ottomano decise di cacciare i fanarioti dalla Grecia. Quando l'impero ottomano reagisce contro la
rivolta greca nel 1822, contemporaneamente caccia i fanarioti dal ruolo di amministratori del
territorio greco (non pagandoli dei prestiti che i fanarioti avevano concesso agli ottomani).
Per gli ottomani nasce il problema di avere degli amministratori affidabili. Decidono di sostituire i
fanarioti con due appartenenti alla nobiltà terriera valacca e moldava: provenivano dalla classe dei
boiardi, Gregorio Dica principe di Valacchia e Joan Stutzan.
Entrambe le aree, i principati danubiani e la Grecia, hanno importanti sbocchi al mare, ambite
mete dell'impero russo. La Russia invia delle truppe in Grecia, che si scontrarono con le truppe
dell'impero ottomano dirigendosi verso la Grecia.
Per andare in Grecia, le truppe dello zar dovettero attraversare i principati danubiani, e ci rimasero.
Era ciò che temevano i polacchi prima della IIWW quando si rifiutarono di concedere il permesso
all'URSS di transitare attraverso i propri territori per giungere in Germania.
Scoppia una vera e propria guerra tra russi – rivoltosi futuri romeni vs le truppe ottomane.
L'impero ottomano combatteva su più fronti: la ribellione in Grecia, il discredito europeo
sull'impero stesso causato dalle feroci repressioni ottomane in Grecia, e i principati danubiani.
L'impero ottomano, non riuscendo a battersi su più fronti ne uscì sconfitto su entrambi: in
Moldavia e Valacchia. Fu costretto a riconoscere l'indipendenza della Grecia e una condizione di
semi autonomia alla futura area romena. Condizione di autonomia particolare: la presenza delle
truppe russe condizionava l'esercizio della sovranità da parte del sultano, ed era uno strumento
per il raggiungimento dell'indipendenza rumena.
Il generale Kissilev comandante delle truppe russe nei principati danubiani, ebbe fino al 1831 il
governo dell'area. Pur essendo nominalmente sotto sovranità ottomana, i principati di moravia e
Valacchia furono amministrati da kissilev. Kissilev era molto colto, conosceva bene le necessità del
luogo, e ritenne necessaria un'opera riformatrice all'interno dell'area: ripristina ciò che i vecchi
oskodar avevano eliminato durante le rivolte, cioè il servaggio, la servitù della gleba ed il potere dei
ricchi boiardi nei confronti dei contadini. Nel 1831 venne emanato il regolamento organico,
approvato da un'assemblea di notabili, molto simile ai parlamenti medievali di un tempo, costituita
da ricchi proprietari terrieri nobili. In base al regolamento organico i principati ricevettero
un'organizzazione di carattere istituzionale: al vertice dei principati furono nominati due oskodar
(principi) dalle rispettive assemblee di notabili dei due diversi principati. Nonostante ciò, nella
situazione continua di contrasto all'interno della nobiltà del luogo, non si riuscì a trovare un
accordo → i principi vennero nominati prima da kissilev, ed in seguito ad un accordo con lo zar si
giungerà alla scelta dei successori. Le designazioni portarono in Moldavia Stutzar, e in Valacchia
Diga e successivamente ?
Le idee liberali presenti in Francia furono esportate in Romania, perché le élites rumene studiavano
in Francia, ed il sistema di istruzione superiore dei due principati era modellato sugli schemi
francesi. Gli intellettuali scappati in Francia, tendevano a rientrare in Romania, portando con loro il
desiderio di unificazione tra i due principati.
Dalla fine del congresso di Vienna, l'impero ottomano aveva perso: la Grecia, la Romania (futura)
sotto influenza russa, e sta per perdere la Serbia. Tutto avviene quasi in contemporanea. In poco
meno di 30 – 40 anni, l'impero ottomano perderà parti importanti del proprio dominio.
Nell'area balcanica, ognuno degli stati che stava sorgendo, diventava indipendente portandosi
dietro un insieme di problemi derivanti dalla mancata unità nazionale. Gli stati nazione nell'Europa
centro orientale nasceranno con problemi di politica estera irrisolti → nessuno di questi si riterrà
soddisfatto della propria condizione → cosa che porterà ad una politica estera aggressiva.
Serbia
giungerà all'indipendenza di fatto, anche se nominalmente sotto l'impero ottomano, nello stesso
periodo in cui arriverà all'indipendenza la Romania.
Era divisa tra due famiglia che si contendevano il potere: i karageorgije e gli Obrerovic. Differenti
per culture: gli uni sposavano una politica aggressiva e repressiva.
I karageorgije erano riusciti a sbarazzarsi dei concorrenti interni alla famiglia, ma nel 1817 giorgio
karageorgije venne assassinato dagli obrerovic. L'odio tra le due famiglie si manterrà nella prima
fase della storia della Serbia.
Eliminato il principale avversario nella corsa alla rappresentanza agli interessi della Serbia, milos
obrerovic decide di diventare diplomatico e tratta con l'impero ottomano.
L'impero ottomano era in una fase particolarmente delicata: Grecia, principati danubiani, albanesi
perennemente rivoltosi da tenere sotto controllo (Albania polveriera dell'area).
Il sovrano ottomano mahmud III 1818 – 1819 decise di accettare l'apertura che proveniva dai serbi,
e nel 1820 concesse a milos obrenovic il titolo di principe dei serbi e pascià di Belgrado. Questa
condizione venne rafforzata con la convenzione di akkerman, con la pace di Adrianopoli del 1826 e
il decreto del sultano del 1830.
la Serbia diverrà un principato autonomo grazie a questi accordi. Il principe avrebbe avuto la
possibilità di lasciare in eredità il trono ai propri figli. L'assemblea che avrebbe svolto il ruolo di
organo legislativo, era composta anch'essa da notabili. Venne creato un embrione di esercito
nazionale che avrebbe esercitato la funzione di tutela dell'ordine pubblico e avrebbe operato in
nome del sultano. Al sultano sarebbe rimasto solo il possesso di alcune piazzeforti all'interno della
Serbia: città fortificate o città militari. I soldati ottomani non avevano l'autorizzazione a risiedere
nel territorio serbo salvo che in tali piazzeforti. Il potere di imporsi dell'impero ottomano è
notevolmente ridotta. Solamente i giovani turchi comprenderanno la fase storica negativa per
l'impero stesso.
Nel 1831 l'autoritario Milos abolisce il servaggio. Nel 1832 la chiesa ortodossa serba diviene
autocefala: non dipendeva più amministrativamente dal patriarcato di Costantinopoli, ed il
patriarca serbo sarebbe stato eletto dal clero serbo con la supervisione politica del potere statale.
Sia gli obrenovic che i karageorgije, non erano lontani dall'accettare l'idea di una riunificazione
sotto egida serba degli slavi del sud: popolazioni della parte centro balcanica dell'impero asburgico
(sloveni, croati, serbi residenti in Ungheria, montenegrini).
I principati danubiani trassero giovamento dall'indipendenza serba, da quella greca e dall'ausilio
russo. L'impero ottomano ha manifestato la propria condizione di incapacità a tutelare i propri
interessi nell'area balcanica. Diventa sempre più un impero in crisi, e per questo, sia gli stati
successori che le grandi potenze interessate agli stati successori cominciano una politica volta, i
primi, al rafforzamento dei propri confini (politica estera molto aggressiva nei confronti di territori
una volta appartenenti all'impero ottomano) traendo allo stesso tempo vantaggio dall'interesse
delle grandi potenze sui Balcani.
La mantia 29/10/12
1848
indicato solitamente come la primavera dei popoli (?)
ci sono caratteristiche comuni a tutte le aree in cui scoppieranno le rivolte. Esistenza della
confluenza di due fattori importanti che faranno da elemento detonatore: una crisi economica
presente in tutta Europa e il diffondersi delle idee liberali.
1) La crisi economica era più o meno rilevante a seconda delle zone. Le masse contadine e la
popolazione urbana (proletariato) stavano patendo un periodo di crisi: scarso potere di acquisto,
prezzi in aumento, ecc. La crisi economica, presente dalla fine del periodo napoleonico, aveva
comportato dei problemi all'interno delle nazionalità: a seconda dello stato sovranazionale in cui
erano inserite, le ripercussioni della crisi economica erano maggiori o minori.
2) Le idee liberali avevano avuto una diversa incidenza e diffusione a seconda dello stato: dove le
élites avevano maggior peso, la diffusione fu più consistente (radicamento profondo). Più grave la
crisi più accentuata la diffusione delle idee liberali. Le rivolte scoppiano inizialmente in sud Italia: a
Palermo. Saranno rivolte volte a chiedere miglioramenti di ordine economico (li dove l'economia si
basava sul latifondo). Le élites siciliane, in stretto contatto con il mondo francese, spingevano per
una riforma del regno borbonico. Le rivolte si diffondono a Parigi, Vienna e Berlino.
A Vienna era al potere il principe Clemente di metternich. Politicamente grande conservatore,
riteneva che il mantenimento dell'impero asburgico fosse necessario per mantenere la pace e lo
sviluppo nell'area centro orientale dell'Europa. Non accetterà le richieste fatte dai rivoltosi. Aveva
governato bene, ed aveva assunto una politica nei confronti delle minoranze nazionali che aveva
dato risultati positivi. L'amministrazione degli Asburgo era un'amministrazione corretta: funzionari
si sentivano parte di un corpo unico, ossia l'impero. Nel giro di un mese, scoppiarono rivolte a
Vienna a Praga, nei Balcani. Tutti i territori di sovranità asburgica cominciarono a rivoltarsi, non
ultimi i nuovi territori acquisiti nel 1815: il lombardo veneto. L'impero asburgico è una polveriera.
Perché, nonostante l'efficienza nell'amministrazione, l'impero asburgico sta per implodere?
A rivoltarsi contro l'impero erano alcune nazionalità: ungheresi, lombardo veneti, boemi, slovacchi.
Tutte le rivolte hanno come sfondo l'elemento nazionale. Si chiedeva che l'ungherese diventasse
lingua veicolare, al posto di quella dominante. Chi gestiva le rivolte, si richiamava ad un passato
nazionale che facesse da collante per le rivolte stesse. Chiedono autonomia politica: può significare
indipendenza dall'impero o un'autonomia spiccata all'interno della corona. In entrambi i casi si
tratta di una separazione nei confronti del potere imperiale. I rivoltosi (capi delle élites) si
ribellavano in nome di un passato in cui erano stati potenti in quanto nazione.
La richiesta più importante di autonomia/indipendenza fu fatta dall'Ungheria. Essa aveva un ruolo
particolare all'interno della monarchia. L'imperatore d'Austria era anche re d'ungheria. Gli
ungheresi ritenevano di avere una propria autonomia, soprattutto culturale, nei confronti
dell'impero. Aveva un proprio parlamento, la Dieta, che poteva votare l'imposizione di carichi
fiscali. Le élites ungheresi chiedono agli Asburgo una maggiore autonomia e, solamente alcuni
gruppi politici, l'indipendenza. C'erano due ali all'interno dei liberali ungheresi: l'ala filo asburgica,
autonomista, che riteneva di dover mantenere i legami con l'impero per un vantaggio economico e
l'ala scissionista, che premeva per la creazione di un regno d'Ungheria (anche questa si proponeva
di mantenere un legame personale con l'imperatore).
Scoppiano le rivolte a Vienna → il primo a farne le spese è metternich. I rivoltosi viennesi
chiedevano principalmente le libertà civili, l'eliminazione della censura, e richieste di ambito
economico – sociale. A queste si agganciarono richieste di miglioramenti politici: chiedono di
essere compartecipi del governo del paese. Contemporaneamente si ribellano anche gli ungheresi
e i boemi. Francesco Ferdinando accetta le condizioni dei viennesi, e caccia metternich 14 marzo
1848.
A Vienna la situazione era critica, cosa di cui approfittarono gli ungheresi. Essi chiedevano: la
composizione di un'assemblea costituente, l'eliminazione delle servitù feudali. In Ungheria
esistevano delle minoranze nazionali non ungheresi. Mentre le élites ungheresi chiedevano una
liberalizzazione della propria esistenza, le minoranze all'interno dell'Ungheria chiesero le stesse
cose all'interno del governo ungherese. Tali minoranze erano: la minoranza croata, gli ebrei, le
popolazioni rumene della Transilvania, e una folta minoranza serba. Queste erano minoranze
organizzate.
La Croazia era parte dell'impero asburgico, ma amministrativamente era legata all'Ungheria. Dal
febbraio del 1848, la dieta croata (che si pronunciava sulle imposte e si occupava della parte più
ricca della popolazione croata) elesse il colonnello janic come rappresentante e come comandante
della guardia nazionale croata. Il risveglio nazionale non è un processo di democraticizzazione
all'interno dell'Europa, ma una richiesta delle élites in grado di esercitare un potere all'esterno, di
potersi costituire in stati autonomi, anche a svantaggio delle minoranze che a loro volta
costituivano il proprio territorio. La dieta ungherese negò alla dieta croata e al suo governo
provvisorio, le richieste che l'Ungheria stessa stava chiedendo all'Austria, e per questo era pronta a
dichiarare una guerra. Il processo di unità nazionale ha in sé le premesse che saranno le cause
dello scoppio dei due conflitti mondiali.
Il rapporto di potere che si instaura tra le diverse nazionalità, porterà al mantenimento di fattori di
crisi all'interno dei nuovi stati.
I croati iniziarono una guerra contro gli ungheresi. Ben armati, addestrati e fortemente motivati →
cominciarono a vincere (assediarono anche la capitale). L'Ungheria si trovò ad essere stato –
nazione combattendo contro la minoranza croata prima inserita nel suo tessuto amministrativo.
Ungheresi vs austriaci – ungheresi vs croati.
Scoppia la guerra tra Croazia e Ungheria. Croati avanzano in territorio ungherese, sconfiggendo
più di una volta gli ungheresi. L'Ungheria era divisa all'interno del suo territorio: esisteva la frangia
radicale del movimento liberale che richiedeva la costituzione di una repubblica d'Ungheria, con
Kossut come principale esponente.
La conclusione delle rivolte contro gli Asburgo sarà favorevole per gli Asburgo stessi, perché le
forze repressive riusciranno ad avere la meglio su tutte le rivolte scoppiate. In Ungheria la
situazione è più complicata: gli ungheresi avevano creato una guardia nazionale per combattere su
due fronti, quello asburgico e quello croato.
Contro la Croazia si trattò di una sorte di riconquista degli ungheresi, che ebbero la meglio
attraverso una radicalizzazione del movimento all'interno: per poter sconfiggere l'avanzata delle
forze croate in territorio ungherese, dovettero appellarsi ad una sorta di leva nazionale, dando il
potere temporaneamente a Kossut. Per la prima volta vengono inserite nella guerra di riconquista
parte delle masse contadine, sensibili alle parole di kossut, che si erano unite alla leva nazionale di
kossut. Esse riuscirono a sconfiggere le truppe croate.
D'altra parte Ferdinando era riuscito a ristabilire l'ordine a Vienna, con l'aiuto dell'esercito.
La sconfitta dei moti, è una sconfitta definitiva, ne spegne le motivazioni?
La sconfitta è momentanea, perché ciò che aveva portato allo scoppio delle rivolte continuerà ad
esercitare un'influenza sugli avvenimenti successivi.
I rivoltosi in territorio ungherese chiedevano autonomia/dipendenza dalla madrepatria. Non
ottennero ciò, in quanto le forze degli Asburgo riuscirono a reprimere il fatto contingente, ma non
le idee. La necessità di un'autonomia maggiore avrebbe dovuto essere soddisfatta; la repressione
dei moti non aveva risolto il problema, anzi, ne aveva accentuato gli animi, poiché li scopi per cui
erano stati scatenati non erano andati a buon fine.
In austria era stata abolita la censura, concessa una maggiore libertà che in precedenza. Francesco
Ferdinando aveva dovuto cedere inizialmente ai rivoltosi, ma una volta repressa la rivolta, aveva
revocato i provvedimenti liberali concessi.
A Berlino, federico IV aveva concesso assemblea costituente, eliminazione della censura, maggiori
libertà. Dopo la repressione, il re di Prussia revocherà le sue concessioni. Ciò porterà ad un
riproporsi di queste idee in seguito, che in circostanze differenti riusciranno ad avere maggior
fortuna.
La repressione vince nei territori dell'impero asburgico. Rimane la voglia di indipendenza ←
rimangono ancora inalterate le condizioni che avevano portato allo scoppio della rivolta.
Romania
Crisi economica nei principati danubiani: struttura agricola con grandi latifondi, contadini in
condizioni di servaggio, grande distacco tra centri urbani e campagne, presenza costante di truppe
russe (soprattutto in Moldavia). I russi saranno militarmente presenti in questa zona fino al 1945,
sempre per diversi motivazioni.
Nei principati c'erano due potenze tutrici dell'ordine: la Russia e l'impero ottomano. Russia →
politica estera fortemente aggressiva. Impero ottomano → continuava a gestire la propria crisi.
Principati governati dagli oskodar, per volontà del sultano e dello zar. Le prime richieste avranno
luogo in Valacchia: eliminazione della censura, maggiori libertà, concessione di statuti o di
costituzioni. Prima la Moldavia e poi la Valacchia c'era un'idea di unificazione. Il reggente valacco
aveva eliminato la barriera doganale con la Moldavia, ma non era intenzionato a costituire una
unione (era troppo rinunciare al potere personale).
Scoppiano i moti come nel resto d'Europa. A guidarli sono le élites del luogo. C'è una condizione
particolare: i principati danubiani erano a sovranità limitata, a causa della presenza fisica di due
grandi potenze.
L'impero ottomano e quello zarista sono in contrasto. C'era stata la guerra conclusasi nel 1812 che
aveva stabilito l'autonomia dei principati, l'impero ottomano versava in condizioni pessime, in
corso di gestione della propria crisi. L'impero zarista, invece, è molto aggressivo.
I due imperi si coalizzano nei confronti delle rivolte interne. Ogni tentativo di rivolta interna che
avesse comportato un capovolgimento del potere imperiale, porterà le potenze tutrici ad allearsi
nonostante il contrasto tra loro. Esse si accorderanno per bloccare tutte le rivolte in corso d'opera
all'interno del territorio dei principati.
La tutela del principio di sovranità all'interno era prevalente rispetto alla possibilità di scalzare
l'impero ottomano attraverso un ulteriore indebolimento causato dai moti. La contestazione
dell'essenza stessa del principio di potere degli imperi, alla base dell'esistenza degli imperi stessi,
era pericolosa per tutti → ecco perché i due imperi in contrasto si coalizzano. L'impero zarista
offre, addirittura, il proprio intervento contro i rivoltosi ungheresi.
Non scoppiano rivolte in: Grecia, Serbia, Bosnia. Ci sono territori in cui il risveglio dei popoli
avviene in tempi diversi e con minore intensità, nonostante la crisi economica dilagante
soprattutto nelle zone scarsamente sviluppate.
Grecia
Il primo re, tedesco, era stato spodestato poiché si comportava in maniera non consona alle
abitudini dei greci. I problemi interni della Grecia sono problemi di stabilità: di estensione
dell'autorità del governo a tutto il territorio nazionale. Il governo greco poteva esercitare la propria
sovranità più facilmente nella fascia costiera e nei grandi centri. All'nterno il potere era in mano ai
vecchi armatori che si erano convertiti all'idea di stato greco, entrando in massa all'interno di una
struttura che ne condizionerà le scelte: l'esercito. L'esercito nasce sulle basi dei vecchi patrioti che
avevano combattuto contro l'impero ottomano.
Il governo greco era troppo impegnato a rafforzare la propria sovranità all'interno.
Balcani
I moti rivoluzionari non scoppiano grazie alla capacità dell'impero ottomano di concedere piccole
forme di autonomia per scongiurare ribellioni.
Impero asburgico, i pilastri
Religione. La chiesa risulta essere frazionata dalle rivolte del 1848. la chiesa gerarchica radicata
nell'Austria metropolitana appoggia la monarchia. Le chiese nazionali si avvicinano al risveglio dei
popoli. All'interno dei luoghi di culto prendono vita le lingue nazionali. È nei monasteri che si ricrea
la memoria nazionale.
Burocrazia. Funzionante, continuerà a funzionare.
Esercito. Comprendeva al suo interno tutte le nazionalità. Cominceranno ad esserci delle crepe. A
Ferdinando succederà Cecco Beppe :) Salito al trono alla fine del 1848, dopo la magra figura di
Ferdinando. Si considererà il sommo funzionario dell'impero.
Nesso causa – effetto all'interno del processo storico. Lavorare molto sulla teoria.
La Mantia 31/10 lezioni spostate di un'ora il lunedì e il venerdì
Macro aree per report:
–
da nazionalità a stato nazione, il risveglio delle nazionalità
–
l'equilibrio di potenza in Europa → dopo la conclusione del periodo napoleonico, le potenze
europee cominciarono ad esercitare una sorta di tutela all'interno dell'Europa. Tale tutela è una
necessità o una scelta obbligata o di carattere strategico? Cosa si indica con il termine potenza?
L'equilibrio fu una necessità imposta o fu una scelta? Il concerto europeo fu una scelta unica
oppure no?
–
1919 – '90 → tutti gli elementi presenti in questo periodo hanno una loro rilevanza e un
peso storico (nel senso di causalità).
Tesi – antitesi – sintesi finale. Partire da un assunto e dimostrarlo in senso positivo o negativo. Non
necessariamente l'affermazione iniziale va supportata, è un punto di partenza da cui muoversi per
analizzare l'idea stessa.
–
definizione dell'obiettivo: niente resoconti riassuntati. Formula dubitativa: da una domanda
giungere ad una risposta.
–
Raccolta e organizzazione delle informazioni: partire da una monografia che inquadri il
problema, procedere ad una ricerca più approfondita, ricerca dettagliata (saggi, articoli di rivista).
La quantità di materiale e di analisi è a piacere nostro, così come la decisione ci concludere la
ricerca in un determinato argomento.
–
Come organizzare le informazioni: diario mentale scritto di ciò che stiamo facendo (per
poter ritrovare passaggi e idee sopraggiunte durante l'elaborazione dei fatti).
–
Destinatario del report
Previsa una presentazione in classe → considerare il punto di vista di chi legge. → presentare il
nostro punto di vista con spiegazioni chiare e quanto più complete. Niente previsione conclusiva.
Si richiede una analisi di fatti certi, una ricostruzione dell'elemento con cui ci vogliamo confrontare,
ma non una previsione.
Analisi che ha come punto conclusivo il momento temporale nel quale è inserito il fatto che stiamo
presentando.
es. le società segrete ebbero influenza nel processo di liberazione della Serbia?
sottogruppi:
•
cultura (Es. lingua, poesia, musica, intrattenimento →come influiscono sul risveglio delle
nazionalità)
•
economia
•
personalità rilevanti
tempo di esposizione: ½ ora per gruppo.
Possibile il solitario.
Non obbligatorio il formato cartaceo.
Possibile realizzare/presentare dei filmati, foto, e/o altri mezzi di espressione.
TEMPO DI CONSEGNA: FINE NOVEMBRE.
Cambiamenti nell'Europa orientale tra il 1866 e gli inizi del '900.
Nel 1867 la Prussia entra a fare parte della scena europea. Nel 67 l'impero asburgico si assesta
nella forma dell'impero austro ungarico, III guerra d'indipendenza italiana.
L'Austria non cede all'Italia i territori irredenti, che vengono ceduti all'italia dalla Francia con
massima umiliazione.
Nel 67 tramonta l'egemonia degli Asburgo nel rapporto con la Prussia. Nel 1870, dopo sedan, la
Prussia diventa lo stato principale dell'Europa centrale: nasce il II reich. Il rapporto di vantaggi tra
Austria e Prussia si inverte, la Prussia ha la precedenza. → avrà risvolto sulla politica degli Asburgo
nei Balcani. Per evitare che gli Asburgo potessero sviluppare un sentimento di revanche contro la
Prussia (anche se in realtà gli Asburgo erano realisti in questo, e non ne avevano intenzione), per
legare a sé definitivamente l'Austria, Bismark spinse gli Asburgo ad interessarsi ed assumersi delle
responsabilità nei Balcani. Bismarck sosterrà prima l'amministrazione e poi l'annessione all'impero
asburgico della Bosnia erzegovina. Tale ambito territoriale non interessava solo l'impero ottomano,
ma anche e soprattutto la Russia. Lo spostamento dell'asse austroungarico nei Balcani creava di
fatto un attrito con la Russia.
L'impero asburgico comincerà ad avere una politica di tensione e di salvaguardia nei confronti della
Russia, avendo così bisogno dell'alleanza potente con la Germania. La parte germanica dell'Europa
comincerà a fare blocco contro la parte slava. Si creano i presupposti di uno scontro.
I cambiamenti all'interno degli Asburgo furono piuttosto rilevanti. Dopo la sconfitta del 67 l'impero
si avviava verso una crisi interna importante. La perdita quasi completa dei possedimenti in Italia,
avevano spinto le popolazioni (soprattutto quella ungherese) dell'impero che guardavano al
risorgimento italiano come un esempio, a chiedere maggiore autonomia, o un riordino dei rapporti
all'interno dell'impero. Ciò porterà alla ridefinizione dei rapporti tra gli Asburgo e l'Ungheria. La
scelta di trasformare l'impero in impero austroungarico sarà il frutto di queste spinte. La scelta di
sistemi amministrativi differenti, di governi differenti (sotto la medesima corona), aumenterà i
fattori di scontro all'interno dell'impero, indebolendolo anche nei confronti dei nemici esterni,
soprattutto per quanto riguarda l'Ungheria.
L'Austria aveva perso l'Italia, e aveva cominciato ad espandersi nei Balcani. Con una politica di
salvaguardia della monarchia si era legata prima alla Prussia e poi anche all'Italia.
L'alterazione dell'impero austroungarico, della sua nuova sistemazione, provocherà delle
alterazioni nell'equilibrio di potenza.
Equilibrio di potenza: quando due o più stati si equivalgono per capacità distruttiva, oppure hanno
delle politiche tali da superare li stati di debolezza e da condurre una condizione quasi paritaria nei
rapporti con gli altri stati.
L'equilibrio esistente in Europa dal 1815 fino quasi al 1914, era basato su un sistema di
compensazione territoriale: se all'interno del gruppo di potenze che stavano in equilibrio, una o più
potenze avesse ottenuto degli ingrandimenti territoriale (maggior potenza nei confronti degli altri),
le altre potenze avrebbero dovuto ricevere dei vantaggi per portarsi allo stesso livello della potenza
che aveva ricevuto i vantaggi stessi, grazie ad un sistema di compensazione.
L'equilibrio fu un fattore ricercato e necessario: gli stati europei erano forti singolarmente e in
gruppi, ma non al punto di poter imporre agli altri stati la propria visione di politica estera → il
soddisfacimento dei propri interessi. Quando uno degli stati vedrà la possibilità di imporre agli altri
i propri interessi, l'equilibrio verrà meno e scoppierà la IWW.
1870 la Francia subisce la prima di una lunga serie di sconfitte militari da parte della Germania,
vedendo ridotta la propria capacità di espansione. L'Europa si trova a dover girare attorno alla
politica del cancelliere Bismarck.
Nasce il concerto europeo: ogni qual volta ci fosse un'alterazione del sistema, le potenze si
riunivano e stabilivano degli strumenti di compensazione, in maniera tale che non ci fosse una
potenza dominante. L'artefice di tutto era la Prussia di Bismarck.
Il potere di Bismarck si basava su una forte coesione interna: alleanza tra l'aristocrazia militare
proprietaria terriera e la classe politica dello stato. Si basava sulla casa regnante degli Hoenzollern
che condividevano le mire e le azioni di Bismarck, che era un autoritario, ma si riteneva un
sostenitore dello stato. Monarchico convinta, negava il liberalismo. Riteneva che il rispetto del
sovrano stesse alla base del funzionamento e della grandezza dello stato.
La politica dell'equilibrio consisteva nel giostrare tra interessi diversi tra le potenze appartenenti al
concerto. Con una costante politica di bilanciamento, Bismarck era in grado di tener testa alla
possibilità di scontro tra Russia e Austria e di ritagliarsi un ruolo di mediatore tra le due parti.
Bismarck gestiva i rapporti tra i due, ponendosi come strumento di pacificazione.
L'Italia era anch'essa ua potenza che guardava ai Balcani con interesse. Avrebbe potuto ostacolare
la politica dell'Austria sui Balcani. Bismarck offre quindi all'Italia la possibilità di colonizzare la
Tunisia al congresso di Berlino (avrebbe permesso uno sbocco per un futuro da potenza coloniale).
In questo modo l'Italia si sarebbe allontanata dai Balcani e sarebbe entrata in contrasto con la
Francia, sia che avesse accettato la proposta sia non. Ciò faceva di Bismarck un elemento
determinante.
L'Italia non accetta la Tunisia. Il ministro forti, di fede risorgimentale, si oppone all'idea di accettare
territori di altre popolazioni, e lascia indignato il congresso di Berlino: politica delle mani nette (e
vuote). La Francia occupa la Tunisia, che diventa un'area di espansione francese, inclinando i
rapporti italo francesi fino allo scoppio della IIWW.
Bismarck seguì lo stesso tipo di politica nei Balcani. Dichiarò che mai la Germania si sarebbe
occupata dei Balcani, mentre lasciava che se ne occupassero gli Asburgo. Ogni rapporto tra
potenze passava nelle mani di Bismarck.
L'interesse della Germania nell'Europa orientale era, innanzi tutto, di aumentare la penetrazione
economica nell'area stessa. Oltre a questo, vi era interesse strategico i tutelarsi nei confronti
dell'espansionismo russo in occidente.
L'alleanza di ferro con l'Austria Ungheria garantiva la Germania nei confronti della Russia. Il
contrasto austro russo nei Balcani, garantiva la Germania della possibilità di un sentimento di
revanche degli Asburgo nei suoi confronti.
Non essendoci zone di confine, le nazionalità all'interno dei vari territori poterono risvegliarsi ed
avanzare richieste.
All'inizio del 900: Serbia, Romania, Bulgaria, Grecia avevano completato il percorso di crescita
come nazionalità. Questi erano diventati stati nazione, ma non avevano risolto il problema di avere
al loro interno tutte le nazionalità. Gli stati sorti dall'ex impero ottomano in quell'area, hanno
concluso in parte il passaggio da nazionalità all'interno di stati nazionali a stato nazione, ma non
hanno ancora pienamente risolto il problema nazionale.
I romeni hanno ancora concittadini in Transilvania (impero asburgico).
I bulgari hanno propri concittadini in tutta l'area balcanica al di fuori dei propri confini nazionali.
Questi problemi si risolveranno solo alla fine della IWW.
E élites dominanti utilizzeranno i vari completamenti nazionali come strumento per far leva sulla
popolazione all'interno e per acquisire il consenso. Nobiltà e latifondo da una parte, intellettuali e
borghesi dall'altra arriveranno ad uno scontro.
La mantia 5/11/2012
La macedonia era una zona dei balcani molto contesa, perché dal punto di vista etnico era molto
divisa, dando agli stati dei Balcani la possibilità di intromettersi nei suoi affari. Strategicamente la
macedonia era in una posizione molto interessante. Rivendicavano il territorio macedone tre stati
in particolare: Bulgaria, Serbia e grecia. Stati che nel ‘900 avevano raggiunto una completa o semi
– indipendenza dall’impero ottomano. Tuttavia, non avevano ancora risolto i problemi di identità e
realizzazione che saranno le cause della IWW.
In macedonia erano presenti 3 gruppi principali:
- Greci, al confine con la grecia. La Grecia era stato il primo stato nazione nato dalla crisi
dell’impero ottomani.
- I serbi
- I bulgari, disseminati un po’ ovunque. La bulgaria vedeva nella macedonia un
completamento del proprio processo di creazione dello stato.
Nei Balcani esisteva uno scontro latente tra due delle principali potenze europee del periodo:
- La Russia che usava il panslavismo per intromettersi nelle questioni balcaniche
- L'Austria – Ungheriainteressata grazie alle spinte di Bismark.
Gli interessi di Russia e Austria – Ungheria cozzano con le mire serbe, bulgare e greche in
macedonia.
Inoltre, l’impero ottomano dovrebbe subire un’altra privazione/spartizione del proprio territorio.
L’impero ottomano si trova in una profonda crisi interna sia di carattere politico, che economico.
Le società segrete intervennero nel processo di indipendenza della Grecia, nei principati
danubiani, all’interno della Serbia. Agirono anche all’interno della macedonia. Nel 1893 venne
fondata l’organizzazione rivoluzionaria macedone: nasce con finanziamenti esterni (bulgari).  Gli
stati dei Balcani vogliono agire tramite tale organizzazione per la realizzazione dei propri scopi.
Bulgaria.
La Bulgaria aveva le maggiori potenzialità di realizzare i propri interessi di politica estera, grazie
all’efficienza degli armamenti di cui disponeva, di produzione e provenienza prussiana.
Tra gli stati che possedevano i mezzi migliori per realizzare i propri interessi, la Bulgaria era quella
più indicata perché:
- Disponeva di una considerevole forza economica: capacità di influenzare con l’economia le
decisioni di un altro stato;
- La potenza militare
- I propri funzionari diplomatici in grado di mandare avanti una politica estera efficiente
- Un supporto estero dovuto al contesto internazionale.
La Bulgaria possedeva un’economia salda all’interno: non dipendeva dall’estero per il
mantenimento della propria popolazione. C’era un rapporto consolidato tra nobiltà e campagna. Il
latifondo era poco sviluppato, al contrario di una classe di media e piccola proprietà terriera,
molto sviluppata.
Guidata da una classe dirigente aristocratico – militare. Aristocrazia terriera che si interessa delle
campagne. Non ha carattere parassitario.
La classe politica bulgara era riuscita a trovare dei punti di unione per ottenere nel tempo il
consenso interno: giustificazione di una politica estera aggressiva a causa di pericoli esterni.
L’esercito bulgaro era ben organizzato, bene armato, molto agguerrito. I suoi quadri provenivano
dall’aristocrazia terriera che componeva anche la dirigenza politica. In questo è molto vicino alla
Prussia. L’esercito aveva nel tempo creato una struttura molto forte: ben addestrato, bene armato
e pervaso da uno spirito bellico molto forte.
La Bulgaria, quindi, era lo stato che poteva godere degli strumenti migliori per realizzare la propria
politica di espansione in macedonia, a scapito degli altri due pretendenti.
Serbia.
Tra Serbia e Bulgaria, la Bulgaria ha maggiori possibilità di realizzare la propria PE.
La Serbia è meno potente economicamente. Inoltre, al suo interno, c’è un contrasto tra gruppi di
potere che si contendono il governo dello stato.
Dal punto di vista internazionale può contare sull’appoggio della Russia, ma è in contrasto con
l’Austria Ungheria. Quest’ultima non ha nessun interesse alla creazione di uno stato serbo, perché
ciò avrebbe comportato un grosso pericolo per l’impero, in quanto la Serbia avrebbe potuto
rappresentare un polo di attrazione per la minoranza slava esistente al suo interno.
Grecia.
Carico di debiti non indifferenti. La sue indipendenza non era completa: aveva un re straniero. Era
sotto una sorta di tutela delle potenze che nella Grecia vedevano la possibilità di gestire meglio la
crisi dell’impero ottomano.
La situazione interna della Grecia non era favorevole ad una PE aggressiva. Debolezza interna
dovuta alla presenza dell’impero ottomano.
Il congresso di Berlino aveva riconfermato la sovranità ottomana sul territorio macedone.
Macedonia: bulgari, greci, serbi, macedoni sotto sovranità ottomana. Area di crisi, contesto
piuttosto rigido, all’interno della quale non conveniva creare infrastrutture. I primi anni del ‘900
sono anni in cui si stanno compiendo grandi progetti nell’area per sviluppare, anche , il commercio
all’interno dei Balcani. Era stato raggiunto un livello maggiore di stabilità grazie all’accresciuta
sovranità degli stati che vi si trovavano.
Gli ottomani volevano mantenere la macedonia.
L’impero ottomano non era in grado di lottare, ma era in grado di gestire la crisi: diluire nel tempo
le perdite territoriali e di sovranità a cui era soggetto nell’area centro europea/balcanica. L’impero
ottomano era presente in un contesto internazionale molto complesso: comprende i dardanelli, ai
quali sono interessati tutte le potenze (in primis l GB che voleva impedirvi il transito delle navi
russeassumono una politica di grande tutela per il mantenimento della sovranità ottomana sui
dardanelli, in funzione della propria PE).
All’interno l’impero ottomano pativa una rigidità del sistema molto accentuata. Non c’era stato un
adeguamento dell’economia ottomana alle nuove sfide del ‘900, nonostante l’impero
commerciasse con i paesi europei.
Altro motivo di debolezza interna, era la struttura politico – burocratica: il sultano governava, non
avendo chiare regole di successione. Non esisteva una classe politica in grado di assumersi la
responsabilità del governo del paese e di un eventuale sostegno del sovrano come garanzia
interna dell’impero.
Altro elemento era l’esercito: molto agguerrito all’interno, ma rifletteva tutti i problemi che
caratterizzavano l’impero ottomano. La funzione di comando non è chiara, non si riconosce nel
suo capo supremo (in tempi remoti rappresentato dal sultano).
In tale momento di crisi l’impero deve affrontare la questione macedone, sempre più di carattere
internazionale che locale. Le potenze europee trovano nell’ambito macedone una loro
conflittualità.
La scintilla scoppia nell’agosto del 1903. Insurrezione del giorno di Sant’Elia. La popolazione
macedone, in tutte le sue componenti trovava un motivo di consolidamento nel comune dissenso
verso la politica dell’impero ottomano. Trovava un punto di aggregazione nel desiderio comune di
un’autonomia nazionale. La presenza dell’impero ottomano rappresenta l’elemento di
aggregazione per le forze macedoni che aspiravano all’indipendentismo.
A soffiare sul fuoco c’era l’organizzazione segreta macedone, che organizzava piccoli attacchi
terroristici.
Allo scoppio dell’insurrezione, lo stimolo è dato dall’organizzazione segreta finanziata dai bulgari.
La mano pesante della Bulgaria, che ha i propri referenti a Berlino (che non si interessa dei Balcani
perché vi ha spinto l’Austria Ungheria), ed è aiutata dalla Russia, che la spinge per avere una
estensione del suo potere nei Balcani. La Russia non interviene militarmente, per la presenza
dell’Austria Ungheria, che dal 1893 detiene l’amministrazione sulla Bosnia Erzegovina e sul
sangiaccato di novi Pazar.
Le grandi potenze sfruttano la questione macedone per realizzare i propri interessi.
Allo scoppio dell’insurrezione, non c’è appoggio russo. La macedonia non è militarmente
organizzata. Ciò comporta che le forze ottomane presenti in macedonia, riescono a schiacciare la
rivoluzione in tempi brevi. In questa circostanza, la reazione delle truppe ottomane è molto
brutale: dimostrazione di uno stato debole. Con la brutalità si vuole dare un monito non solo agli
insorti, ma anche alle altri possibili frange indipendentiste.
Ciò che accadde in macedonia gettò ulteriore discredito sulle forze ottomane, per via delle
brutalità commesse.
La Bulgaria non intervenne militarmente, nonostante avesse fomentato gli insorti, e nonostante
l’appoggio russo. Non intervenne perché il contesto internazionale non era favorevole: la Russia
non era intenzionata ad affrontare una guerra nei Balcani con l’impero ottomano, e soprattutto
con l’Austria Ungheria.
La sconfitta degli insorti faceva l’interesse di Vienna.
In questi anni la Russia assume una politica estera estremamente aggressiva (manca poco tempo
alla sua sconfitta contro il Giappone). L’aiuto russo non può esserci perché impegnata in altre
questioni interne ed estere. Interne, riforma dello stato, estere, guerra contro il Giappone.
La prima insurrezione contro i turchi è, quindi, fallimentare. L’impero ottomano mantiene la sua
posizione nei Balcani. Di questa sconfitta ne patì più di tutti l’organizzazione segreta macedone,
che si divise. Spesso nelle organizzazioni segrete non sono presenti solamente agenti di una sola
potenza; in quella macedone erano presenti russi, ma anche infiltrati di matrice filo serba. La
sconfitta dell’insurrezione del 1903, portò ad una scissione delle due anime: anima bulgara, più
consistente, rimase fedele alla propria fondazione, quella filo serba, che si spostò su posizioni
socialiste, finanziate della Serbia, mettendo tra i propri obiettivi anche la creazione di una
federazione jugoslava (cosa che la Bulgaria negava totalmente) dove la Serbia avrebbe avuto un
ruolo chiave e unificatore.
Nel 1910 si fonda ufficialmente il gruppo socialista macedone, con finanziamenti ed istruttori
serbi. Il gruppo si riunisce per le prime volte a Skopje.
Balcani.
I Balcani si presentano come il maggior punto di crisi all’interno del teatro politico europeo.
Era l’Austria Ungheria ad avere dei progetti di espansione economica nell’area, che prevedevano
la costruzione di infrastrutture. Aveva raggiunto un accordo con l’impero ottomano per la
costruzione di una ferrovia che attraversasse la Bosnia, arrivando fino in Grecia, passando per la
macedonia. Gli Asburgo utilizzavano la costruzione di infrastrutture anche per realizzare
l’unificazione dell’impero e legare a se i territori di interesse.
A causa dell’interesse economico, vi erano state reazioni da parte delle altre potenze: quale fu
l’atteggiamento della Russia nei confronti dell’iniziativa di Vienna?
Per valutare l’atteggiamento della Russia, è necessario considerare l’atteggiamento di PE della
Russia nei Balcani, e la situazione interna della Russia (che influenza a sua volta la politica estera).
Nel 1908 inizia una crisi che ha nella Bosnia il suo luogo principale. L’area di interesse dell’Austria
Ungheria era la Bosnia Erzegovina e il sangiaccato di novi Pazar. Era un territorio che al suo interno
aveva elementi di destabilizzazione, i quali si riflettevano nell’intera area balcanica.
In Bosnia vi era un microcosmo in cui erano condensate tutte le contraddizioni dei Balcani:
- Popolazione mista
- Più religioni conviventi pacificamente: cattolici, ortodossi, ebrei, musulmani.
- Modi di vita differenti, nonostante l’amministrazione di stampo ottomano  la sovranità
era asburgica dal punto di vista amministrativo, ma le strutture erano quelle dell’impero
ottomano (molto radicate).
- Atteggiamento della popolazione nei confronti dell’impero ottomano: non era ostile. I
bosniaci erano più propensi all’amministrazione ottomana, che a un’eventuale
amministrazione serba o croata.
- Economicamente povera: agricoltura di sopravvivenza, poche infrastrutture all’interno,
varie circoscrizioni amministrative in cui l’economia era poco sviluppata. Di per sé già
povera, non in grado di riprendersi dopo la crisi medievale che ne aveva stroncato la
grandezza, aveva patito le scorrerie e gli invasioni di altri imperi. Solo con l’impero
ottomano aveva goduto di un periodo di pacificazione.
L’accordo tra impero austro ungarico e impero ottomano per la creazione di infrastrutture c’era.
Dalla ferrovia che si intendeva costruire ne avrebbe tratto vantaggio economico anche l’impero
ottomano.
La Russia reagì con il proprio divieto alla costruzione della ferrovia. La Turchia, dalla propria
condizione di isolamento, legata ad altri stati, poteva essere contrastata dalla Russia, perché
avrebbe reso più difficile l’opera di penetrazione russa all’interno dell’area.
L’opposizione all’accordo nominalmente avrebbe comportato poco. C’era da giocare la carta
dell’indipendenza della macedonia. La Russia sobillò le rivolte macedoni, dando sostegno
finanziario e militare  esplode una nuova insurrezione. Avrebbe creato grossi fastidi agli
investitori asburgici: non è conveniente investire in un’area poco stabile politicamente. Inoltre, gli
ottomani, interessati alla ferrovia, avrebbero voluto fermare la rivolta.
La rivolta viene sedata, e l’impero ottomano affronta un periodo decisivo. Poiché la sconfitta della
seconda rivolta aveva comunque comportato un oltraggio all’impero ottomano (poiché aveva
impedito i suoi interessi), aveva come conseguenza quella di ostacolare gli interessi stessi
dell’impero.
Nell’impero ottomano esistevano delle forze contrarie al tipo di politica portata avanti dal sultano:
forze ispirate al nazionalismo, che si identificavano con un movimento turco e che chiedevano una
riforma dello stato ottomano in senso occidentale. Chiedevano la concessione di una costituzione
di stampo liberale, in forza della quale l’impero ottomano si sarebbe trasformato in una monarchia
costituzionale, con garanzia di libertà costituzionali. Questo movimento è il movimento dei giovani
turchi. Verrà chiesta, inoltra, la fine della politica estera ottomana che stava portando alla perdita
continua di territori.
La rivolta dei giovani turchi ottenne dal sultano l’emanazione di una costituzione di stampo
liberale. La rivolta dei giovani turchi è una rivolta di stampo nazionalista: nonostante chiedessero
una costituzione liberale, nelle quale le varie nazionalità dell’impero erano considerate allo stesso
livello, la politica dei giovani turchi sarà tendente a favorire l’elemento turco presente nell’impero,
e a considerare le altre nazionalità come secondarie. Inoltre, i giovani turchi erano molto radicati
nei quadri medio alti dell’esercito che vedevano nell’impero ottomano una decadenza
irreversibile, salvo un cambiamento che avrebbe potuto portare un miglioramento per l’impero.
Il movimento dei giovani turchi ebbe grande importanza all’interno dell’impero, perché riuscì a
riportare in vita elementi dimenticati dall’impero ottomano: la necessità di avere una PE non fatta
solo di concessioni verso le potenze internazionali, ma volta alla conservazione dei territori.
I giovani turchi iniziano un movimento che porterà l’impero ottomano a dei cambiamenti interni.
Ormai siamo molto vicini allo scoppio della IWW, non c’era più tempo per una riforma dello stato
che prevedesse una decisa inversione della politica interna ed estera.
L’impero ottomano avrebbe dovuto avere dei meccanismi di rinnovo e di elasticità che al suo
interno non aveva. Il movimento dei giovani turchi era importante, ma il suo carattere nazionalista
filo turco si caratterizzò con una aggressività in PE che non era giustificata né sostenibile per
l’impero. Il rapporto tra obiettivi e strumenti non era equo.
-
Movimento dei giovani turchi
Interesse della Russia all’area e contrarietà nei confronti della politica degli Asburgo
Gli Asburgo prendono una decisione che condizionerà la loro politica: si decise, per evitare
problemi con la Russia, la Turchia e la Serbia, di annettere all’impero, l’area amministrata fino a
quel momento. Con l’annessione della Bosnia Erzegovina e del sangiaccato, l’impero asburgico
diventò un impero balcanico, avendo, per la prima volta, dei confini in comune con la Serbia. Con
l’annessione della Bosnia, l’impero asburgico si legò dal punto di vista della collocazione
internazionale alle posizioni della Prussia. Berlino diventa il principale alleato di riferimento di
Vienna: l’impero asburgico si crea un problema di relazioni con la Serbia (e con la Russia sua
protettrice) a causa dell’annessione della Bosnia, ha bisogno di una tutela dei confini dell'Europa
centro orientale. Per tutelarsi, non può non legarsi alla politica estera del secondo reich.
1912 – 1913
Periodo delle guerre balcaniche che si concluderanno con l’ultima delle guerre balcaniche che avrà
valenza internazionale: scoppierà nei Balcani tra due potenze balcaniche, la Serbia e l’Austria
Ungheria.
Le due guerre balcaniche coinvolsero la Grecia, la Serbia, la Bulgaria, il montenegro, forze albanesi,
rumeni. È una sorta di resa dei conti che avrebbe dovuto portare ad una definitiva sistemazione
dei confini, ma soprattutto ad un rapporto consolidato con le varie nazionalità. Gli stati sorti dallo
smembramento dell’impero ottomano, avrebbero avuto, dopo le guerre Balcaniche, confini
delineati secondo le nazionalità.
I greci non volevano solo la macedonia, ma anche un pezzo dell’Epiro. E alla macedonia continuava
ad essere interessata la Serbia, per via dell’elemento presente all’interno della macedonia, e per
via della posizione strategica.
La fine delle guerre balcaniche non portò una soluzione alla costruzione degli stati nazione, anzi,
comportò ulteriori elementi di crisi:
- La Bulgaria non riuscì nuovamente nella creazione di una grande Bulgaria
- Anche la Serbia non riuscì a creare una grande Serbia.
I sogni di grandezza nazionale non si realizzano con le guerre balcaniche, seppure queste guerre
fossero combattute per risolvere i problemi di confine  tutto si accumula e si risolve con lo
scoppio della IWW.
IWW
Prima guerra civile europea, che coinvolgerà direttamente la popolazione, quasi tutta la
popolazione europea.
Le ragioni dell’odio che porteranno alle guerre balcaniche degli anni ’90 risalgono a problemi non
risolti, e al continuo coinvolgimento delle popolazioni all’interno dei confini.
La mantia 7/11/12
Conclusione della IWW con la vittoria degli alleati e la sconfitta dell’impero austro ungarico, della
Germania, dell’impero ottomano e di uno dei regni balcanici più aggressivi, la Bulgaria.
Durante le trattative svolte a parigi, c’è un membro dell’ormai repubblica russa. La Russia non partecipa alla
conferenza della pace, ma il pericolo del comunismo viene tenuto ampiamente in considerazione dalle
potenze della conferenza. Il timore consisteva nella possibilità che il comunismo potesse essere esportato
in tutta europa. I bolscevichi stessi ritenevano necessario, per la sopravvivenza del bolscevismo, che
scoppiassero molte rivoluzioni in Europa. Le condizioni di quel periodo erano tali da far temere una simile
contingenza, all’interno dell’europa.
Per alcuni stati la sconfitta ebbe valenza differente rispetto ad altri. Il riassetto dell’Europa post bellica fu
estremamente difficile.
La prima conseguenza, quella che creerà maggior problemi all’Europa del futuro, sarà la fine del concerto
europeo. Era stato metodo di lavoro per la composizione pacifica delle controversie tra le grandi potenze
europee, e necessità per mantenere uno status di equilibrio tra le potenze del contesto europeo.
Gli stati che ne avevano fatto parte si erano combattuti nel primo conflitto mondiale. A differenza delle paci
del secolo precedente, durante le trattative per la stipulazione degli accordi di pace, vi fu una
colpevolizzazione nei confronti della Germania, imputata giuridicamente di aver scatenato la guerra.
Si trattò di una pace imposta, e non concordata.
A Vienna, nel 1815, la Francia, origine dello sconquasso in Europa, era stata presente alle trattative e vi
aveva partecipato attivamente.
A Parigi, nel 1919, la Germania ebbe imposte le clausole della pace.
Il problema di sostituire al concerto europeo una istituzione internazionale avente la forza di imporre una
concertazione pacifica per la risoluzione delle controversie, non sarà affrontato a dovere e proprio per
questo fallirà. La SDN era prima degli strumenti necessari per imporre la propria volontà. All’interno di essa,
inoltre, non partecipava lo stato chiave da cui era venuta la proposta: gli USA.
Alla fine del concerto europeo, non successe in Europa un metodo che avesse come scopo la composizione
pacifica delle controversie. Ciò avveniva proprio mentre la conferenza della pace inseriva all’interno
dell’Europa orientale moltissimi fattori destabilizzanti, che avrebbero causato in seguito lo scoppio della
IIWW.
La scomparsa dell’impero austro ungarico.
Dal punto di vista geopolitico, l’Austria Ungheria, aveva avuto il ruolo di mettere insieme molte nazionalità
mantenendole unite (boemi, moravi, slovacchi, galiziani, ucraini, slavi, italiani, ebrei, zingari, romeni,
ungheresi). Tale varietà aveva trovato un unico ordinamento giuridico su cui fare riferimento.
Il crollo dell’Austria Ungheria, e la sua riduzione ad un fazzoletto di terra dotato solo di una capitale molto
grande, comporta la scomparsa dalla scena politica dell’Austria. Sarà protagonista passiva del periodo
hitleriano, con l’anschluss.
Gli imperi centrali ebbero come successori degli stati che non avevano ancora risolto i loro problemi di
identità nazionali. Volevano trasformarsi in stati nazione: significava mantenere aperta la questione delle
proprie nazionalità all’interno di confini altrui.
A Parigi, il criterio di definizione di confini consisteva nella nazionalità prevalente nel territorio.  uno dei
principi più destabilizzanti del dopoguerra.
La cecoslovacchia si trovò all’interno una forte minoranza tedesca, i sudeti.
La romania avrà cittadini ungheresi in transilvania.
Gli ungheresi avranno cittadini slavi all’interno del proprio territorio.
Uno dei 14 punti di Wilson prevedeva la sistemazione dell’Europa secondo il principio delle nazionalità.
Nonostante ciò, alla conferenza, i confini vennero tracciati spesso non tenendo conto di chi abitava il
territorio, comportando gravissime conseguenze per un futuro non troppo lontano.
Successivamente agli accordi di versailles, verrà siglata la piccola Versailles, che obbligava gli stati firmatari,
con all’interno delle minoranze, al rispetto delle minoranze di cui diventavano la potenza tutelare. I
polacchi, per esempio, firmarono e furono costretti a rispettare le minoranze galiziane, tedesche, russe al
loro interno.
Lo stesso dovettero fare i rappresentanti della neonata Cecoslovacchia.
Si trattò di un accordo che raramente venne rispettato. Questo accordo internazionale, che si proponeva di
risolvere il più grosso problema causato dalla fine della guerra, non aveva strumenti con cui farlo rispettare.
Problemi comuni agli stati uscenti dalla guerra:
 Minoranze
 Riconversione da economia di guerra a economia di pace
 Reinserimento nella vita civile delle enormi masse tornate dal fronte. Il mantenimento di feriti e
mutilati non in grado di lavorare diventò un fardello pesante portare. Questi, andarono a rinfoltire
il numero di malcontenti presenti nell’Europa orientale.
Nei Balcani combatteva un corpo di spedizione alleato comandato da un comandante francese. Queste
forze, dopo la rottura del fronte balcanico, avanzarono verso la Bulgaria. L’avanzamento delle forze alleate
provocherà una improvvisa rottura delle forze bulgare, che non si arresero, ma tornarono in patria. Le forze
sconfitte dagli alleati indietreggiarono verso la madrepatria per due motivi:
- Ritenevano di dover difendere la patria
- Arrendersi al nemico comportava un grave disonore per le forze bulgare.
Rientrano in patria il 23 settembre del 1918. Scoppia un ammutinamento: le forze armate non vogliono più
obbedire ai propri comandanti. L’ammutinamento coincide con una marcia verso la città di radomir e con
l’occupazione dei quartieri in cui stava i quartier generale bulgaro. Radomir viene assediata e viene
bloccato l’intero stato maggiore dell’esercito.
La reazione del sovrano, Ferdinando, fu quella di chiamare due capi politici molto sentiti in quel periodo.
Chiese l’intervento del segretario del partito degli agrari, Stambonivkij (un moderato), e l’intervento di
Dastalov (un bolscevico). Stambonivkij era stato in prigione per essersi opposto alla guerra, in quanto
avrebbe portato il paese all’arretratezza.
Dastalov avrebbe potuto rivolgersi alla parte più estremista dei rivoltosi. Entrambi ritenevano che la
sconfitta della Bulgaria poteva essere limitata: se la Bulgaria avesse mantenuto almeno parte della propria
forza militare, la sua capacità contrattuale sarebbe stata maggiore. Questo ragionamento, seppur
intelligente, non teneva conto della realtà interna della Bulgaria.
L’armistizio non era ancora stato firmato.
Per svuotare dall’interno la rivolta, furono iniziate delle trattative con il comando militare alleato in tempi
rapidissimi. L’inizio delle trattative portò una divergenza tra i capi dei partiti agrari, una divergenza molto
forte: Dastalov organizzò addirittura una rivolta all’interno di Radomir, fondando un’effimera repubblica di
soviet e mettendosi a capo dei rivoltosi. Stambonivskij non partecipa, come gli agrari moderati in generale.
Dastalov marcia verso Sofia.
La firma dell’armistizio svuotò la protesta dall’interno. La Bulgaria cessa di essere uno stato belligerante,
potendo occuparsi dei propri affari interni.
L’armistizio, prevedeva per gli stati che avessero già raggiunto l’indipendenza prima della guerra il rientro
degli stati stessi entro i confini di prima della guerra. La grande Bulgaria, che si era espansa molto durante
la guerra, dovette tornare al suo stadio normale.
Venne imposto a Ferdinando di abdicare in favore del figlio Boris II. Ferdinando abdicò senza troppi
problemi, essendo l’unico mezzo per salvare la dinastia.
Boris II nominò come primo ministro Stambonivkij. L’altro partito degli agrari aderì alla terza internazionale,
che stava prendendo vita in quel periodo.
La situazione politica in Bulgaria si radicalizza: il sovrano, il partito degli agrari moderati che lo sostiene, il
partito socialista bulgaro. Quest’ultimo, che aveva partecipato alle trattative durante le rivolte con i militari
bulgari, si unisce alla terza internazionale, diventando comunista a tutti gli effetti.
La Bulgaria patirà più di tutti le conseguenze della fine della prima guerra mondiale.
La Grecia era stata costretta ad entrare in guerra in favore degli alleati. Per farla intervenire in guerra c’era
stata una lunga trattativa, durante da quale ad Atene era stato promesso un ingrandimento territoriale che
coincideva con lo stesso ingrandimento territoriale promesso all'Italia dal patto di Londra.
Nell’immediata conclusione della IWW nasceva già un contrasto italo greco risoltosi solamente alla fine
degli anni ’20.
La Serbia era stata la causa scatenante della guerra. Con la sua volontà di creare un regno degli slavi del sud
aveva scatenato il fastidio dell’Austria Ungheria, tuttavia, uscirà vincitrice dalla guerra.
La Romania aveva ottenuto ingrandimenti notevoli e stava per iniziare una guerra di aggressione nei
confronti dell’Ungheria sconfitta.
Gli stati dell’Europa balcanica, salvo la Bulgaria, avevano ottenuto vantaggi territoriali dalla partecipazione
alla guerra.
La fine degli Asburgo era la fine di un’epoca: la fine del periodo imperiale, di un’area di grande sviluppo, di
circolazione di idee, di tolleranza. Era un territorio in cui le nazionalità presenti riuscivano a convivere senza
combattere tra loro.
Inoltre, la funzione dell’impero asburgico era stata strategica: faceva da muraglia nei confronti dell’impero
russo, bilanciandone la presenza ed il potere. La sua fine comportò conseguenze anche di carattere
economico, oltre che strategico: stati che appartenevano ad una unica legislazione economica, con moneta
unica, e infrastrutture uniche, furono costretti a reinventare moneta, leggi, infrastrutture proprie.
Dopo il 1815 la Polonia era stata divisa in 3 parti: una amministrata dai russi, una dagli Asburgo e una dalla
Prussia. Modi differenti di riscossione delle imposte, di rapporti con la proprietà terriera, di rapporti
all’interno di diverse nazionalità. Ora si ritrova a dover ricostruire una identità nazionale.
Franz mroì prima della fine della guerra, gli succedette Carlo d’Asburgo che divenne per poco tempo
imperatore d’Austria e re d’Ungheria. Era un personaggio lungimirante e probabilmente sarebbe stato un
buon imperatore. Per poter salvare l’impero era necessaria una riforma liberale dello stato. Questi erano
progetti formulati da pensatori boemi nella seconda metà dell’800. Secondo Carlo d’Asburgo era necessario
riconoscere l’indipendenza di questi stati e autonomia territoriale, in modo che si federassero sotto
l’imperatore, riconosciuto come principio unitario. Guardava alla figura del presidente degli stati uniti.
Molte di queste realtà nazionali non si riconoscevano nelle idee di Carlo: volevano sì l’indipendenza, ma
non sotto la corona degli Asburgo. In questo caso, Carlo si comportò come i suoi predecessori.
L’arciduca Ferdinando, era anch’esso fautore di una tale riforma. Ciò lo rese inviso a buona parte dei
reazionari conservatori all’interno dell’impero: il suo assassinio a Sarajevo può essere legato, in parte,
anche a motivi politici di questo tipo. A vantaggio di questa tesi sta il fatto che le organizzazioni segrete di
questo periodo erano tutte infiltrate da agenti di polizia e del governo, agenti provocatori che facevano
scoppiare volutamente disordini per poter giustificare una repressione da parte delle forze di polizia.
Carlo, nel gennaio del ‘17, non avrà la forza di imporre la propria volontà. Si pensava inoltra, vista la
situazione incerta (non era scoppiata ancora la rivoluzione bolscevica), che se si fosse vinta la guerra, si
sarebbe potuto sperare in una soluzione dei problemi.
Quando Carlo, nel 1918, ripropone la riforma, i tempi sono ormai scaduti. Nell’ottobre del 1918 l'Italia
prepara l’offensiva sulle dolomiti, il generale Foch avanza: l’esito della guerra appare scontato, e lo è ancor
di più, perché nel settembre del 1918 la Bulgaria aveva firmato l’armistizio. Nello stesso periodo, inoltre, la
Turchia stava subendo sconfitte continue. Il regno unito aveva spedito degli adenti, il colonnello Laurence,
che aveva riunito le tribù arabe facendole combattere contro l’impero ottomano (con il metodo della
guerriglia). C’erano in Europa le forze americane. Le forze italiane erano state riorganizzate.
Tutti gli avvenimenti si rivolgevano contro gli Asburgo, e il manifesto presentato nell’ottobre del ’18 non
suscitò gli effetti sperati.
Carlo manterrà fino all’esilio in svizzera, l’idea di poter restaurare la dinastia almeno all’interno
dell’Ungheria. Tutte le sue azioni sono volte alla salvaguardia della dinastia, almeno in una delle due ex
parti dell’impero. Carlo cerca di staccarsi della Germania, per far vedere che il ruolo dell’Austria Ungheria
era secondario, e che la colpa era interamente dei tedeschi. Il tentativo di apertura agli alleati fu fatto
mediante un contatto diretto con Wilson nell’ottobre del 1918 (periodo in cui Wilson è in pieno delirio di
onnipotenza).
Wilson riteneva che la guerra fosse scoppiata per problemi dinastici, non sapeva proprio na minchia
dell’Europa.
Wilson rifiuta l’apertura degli Asburgo: l’impero austro ungarico è morto.
Boemia
Era parte dell’impero asburgico. Il 28 ottobre 1918, dopo il manifesto di riforma e l’apertura verso Wilson,
proclamò la nascita della repubblica cecoslovacca (all’insaputa degli slovacchi). C’era lo zampino di Wilson.
L’accordo diplomatico tra cechi e slovacchi era stato raggiunto con la mediazione statunitense: prevedeva
la nascita di uno stato generale. La neo Cecoslovacchia era, invece, uno stato centralizzato. La Boemia, la
Moravia e la Slovacchia, amministrate in maniera differente finora, si unirono, dando vita ad un insieme di
contrasti che dureranno fino alla definitiva scissione della Cecoslovacchia post comunista.
Nasce il nuovo stato cecoslovacco. Si ottenne una clausola che escludesse il rientro degli Asburgo nel
territorio: il timore degli Asburgo era tale da far temere, agli stati dell’intesa, una possibile restaurazione.
Ungheria
Era appartenuta all’impero asburgico. Dopo la sconfitta con la Russia era nato l’impero austro ungarico: il re
era imperatore d’Austria e re d’Ungheria. Titolo al quale gli ungheresi tenevano molto, poiché ritenevano
che il re d’Ungheria dovesse essere legato al territorio ungherese.
Nel primo dopoguerra si ripercuoterà anche il problema tra la maggioranza magiara e le minoranze presenti
in essa. In quanto la Croazia rimase territorio amministrato dalla corona ungherese, c’era una piccola
minoranza slava. Dopo la creazione del regno degli slavi del sud, in Ungheria rimase una minoranza serba.
C’era anche una minoranza romena in Transilvania, e una minoranza ebraica e una tedesca. Il rapporto con
le minoranze fu sempre conflittuale: i governi ungheresi non presero mai in considerazione le richieste che
provenivano dalle minoranze presenti nel territorio, pur essendo gli ungheresi una nazionalità che chiedeva
maggior autonomia e indipendenza all’interno dell’impero.
Con la fine della guerra, il contrasto con le minoranze si accentuò. Come polo di attrazione degli slavi del
sud la Serbia aveva funzionato. La Croazia si era pronunciata a favore della creazione di un tale stato, e
anche la dieta slovena.
Gli slovacchi erano convinti che lo stato che stava per nascere sarebbe stato uno stato federale: si trattò, in
realtà, di un equivoco dovuto ad un volere differente dei padri fondatori rispetto a quello degli slovacchi.
Nell’ottobre del ‘18 verrà proclamata l’indipendenza da parte della dieta slovacca e la volontà di creare uno
stato federale.
L’Ungheria sarà il centro delle contraddizioni dell’Europa post bellica. Sarà il centro di quelle forze che
porteranno alla creazione di stati autoritari/totalitari. Il fascismo ebbe molta presa sugli stati dell’Europa
centro orientale.
Il 25 ottobre 1918 si può considerare la data di nascita dell’Ungheria. L’ottobre del 1918 è un mese in cui
tutto si svolge e si risolve:
- Inizio dell’offensiva italiana e rottura del fronte austriaco sulle dolomiti
- Sconfitte in Francia delle truppe tedesche
- Avanzata delle truppe alleate nei Balcani
Il dato militare è fondamentalesegnale che aspetteranno le popolazioni per mobilitarsi e creare dei
governi provvisori che destabilizzeranno dall’interno il fronte degli stati in guerra e costituiranno, al tempo
stesso, il primo embrione di stati nati dalla fine della IWW.
Il 25 ottobre ’18 verrà costituito un consiglio nazionale in Ungheria formato da esponenti dell’opposizione
alla monarchia e poi da esponenti del partito dell’indipendenza, a cui si uniranno successivamente parte dei
socialisti. Il capo del governo provvisorio era il conte Karony: aristocratico contrario alla guerra,
intellettuale, che vedeva nella conclusione della guerra l’occasione per fare dell’Ungheria uno stato forte ed
indipendente.
All’interno del governo c’erano elementi che nei confronti di un eventuale ritorno degli Asburgo aveva un
atteggiamento favorevole. C’erano due fazioni relative alla scelta istituzionale:
- Il ritorno di Carlo d’Asburgo in Ungheria, essendo egli già re d’Ungheriaala del consiglio nazionale
monarchica. Esistevano dei trattati internazionali, la piccola intesa, che escludevano dal punto di
vista giuridico, una tale eventualità.
- Possibilità di una monarchia elettiva, che escludeva dalla possibilità di diventare re i membri degli
Asburgofazione preponderante all’interno del governo.
Il consiglio nazionale ungherese, nasceva distaccato dalle varie diete. Non aveva grande seguito all’interno
della dieta ungherese. A creare i consigli nazionali erano spesso iniziative autonome, personaggi conosciuti,
intellettuali, che avevano spesso referenti all’estero, che con la loro presenza potevano far pensare di
ottenere delle condizioni di armistizio più favorevoli.
Il consiglio nazionale ungherese aveva un rapporto piuttosto conflittuale con la dieta ungherese, e il seguito
di cui godeva all’interno della dieta era molto scarso. Il consiglio nazionale ungherese, organo di governo
che si arrogava il diritto di rappresentare gli ungheresi anche nelle trattative internazionali, rifiutò di
accettare qualsiasi richiesta fatta dalle minoranze presenti in Ungheria. Tali erano minoranze particolari, in
quanto avevano i propri referenti all’estero. La minoranza romena, aveva referenti in Romania, stato che
stava per vincere la guerra. I referenti dei tedeschi erano a Berlino, sconfitta ma dotata ancora di un
esercito in assetto di guerra.
L’Ungheria indipendente nasce già al proprio interno con dei fattori destabilizzanti:
- Rapporto con le minoranze
- Rapporto con i partiti rappresentanti degli agrari
Dolomiti
La rottura del fronte asburgico comandato dagli ungheresi, ebbe un’eco molto forte in Ungheria. Gli
ungheresi si ritenevano soldati molto forti, e la rottura delle dolomiti portò alla rottura del fronte interno
ungherese. Al pari dei bulgari tornarono in patria per ottenere maggior potere negoziale alle trattative di
pace. Tornati in Ungheria scoppiano dei disordini a Budapest, tornano soldati incattiviti, stanchi, desiderosi
di ottenere riconoscimenti che l’Ungheria non può corrispondere.
Le rivolte scoppiano nei centri urbani, mentre le campagne restano abbondantemente al di fuori dal corso
degli eventi. L’occupazione di una capitale, oltre che valore militare, aveva un grande valore simbolicole
marce si fanno sulle capitali.
I disordini scoppiati nel novembre del ’18 in Ungheria, portarono piccole rivolte di stampo bolscevico
all’interno della capitale.
Con lo scoppio delle rivolte, i rivoltosi occupano alcune delle industrie poste a cintura della città. Si temette
che potesse scoppiare la rivoluzione come in Russia. A Budapest c’era una guarnigione bene armata,
riposata (non avendo partecipato alla guerra), che fu in grado di schiacciare la rivolta, di liberare le
fabbriche occupate dai consigli operai ungheresi. Contemporaneamente venne affrontato il problema
rappresentato dagli Asburgo: Karony, in un incontro con Carlo d’Asburgo, chiese che il sovrano, che aveva
già abdicato da imperatore, facesse altrettanto con il titolo dio re d’Ungheria. Carlo accettò, sapendo che
una guerra civile avrebbe ulteriormente indebolito il ruolo dell’Ungheria al tavolo delle trattative.
Con Carlo d’Asburgo cessa di esistere la dinastia.
321 don bruno
L’Austria Ungheria è un impero basato essenzialmente sull’agricoltura. Uno stato con sacche di miseria
molto forte, ad alto indice di emigrazione. Ad emigrare erano cittadini di nazionalità ebraica.
Era un territorio in cui, oltre alla cultura mitteleuropea, erano presenti numerose contraddizioni dovute ad
uno sviluppo economico non eccessivo ed a un intervento costante dello stato che aumentava le imposte
ogni volta che aveva bisogno di denaro. L’impero asburgico si rifaceva sul settore pubblico ogni volta che
era necessario, pretendeva il versamento dei tributi. Spesso questa politica impoverì i funzionari,
contribuendo a creare sacche di corruzione all’interno di un apparato statale considerato tra i più
funzionanti.
L’11 ottobre cessa la dinastia d’Asburgo: Carlo abdica dall’impero d’austria.
Il 12 novembre viene proclamata la repubblica d’Austria.
Il 13 novembre Carlo d’Asburgo abdica dal trono ungherese e viene proclamata la repubblica d’Ungheria
con un governo formato da socialisti, radicali e indipendentisti. Sta per nascere la repubblica dei consigli
d’Ungheria.
La mantia 09/11/12
Marzo 1919 repubblica dei consigli – 1939
Durante le trattative per la pace, la Russia, non era presente. Era, tuttavia, la potenza maggiormente
presente nelle paure dei capi delegazione. La situazione internazionale faceva temere uno scoppio di
rivoluzioni di stampo bolscevico in quasi tutta Europa. C’erano stati dei prodromi, come l’occupazione di
fabbriche ecc.
Anche per i vincitori riprendersi dalla guerra fu difficile: riconversione dell’economia, assorbimento reduci,
mantenimento delle promesse fatte prima della guerra.
La vittoria della rivoluzione bolscevica in Russia aveva comportato l’armistizio e la pace vergognosa. La
Russia, assente a Versailles, è comunque presente all’interno dei territori in cui si era combattuto: una volta
vinta la battaglia contro gli eserciti zaristi, per Lenin ed i maggiori dirigenti si pose il problema di difendere
la rivoluzione. Dovendo difendere la rivoluzione, i punti di vista circa la difesa erano differenti:
- Scoppio di tante altre rivoluzioni in Europa avrebbe potuto salvare la rivoluzione, soprattutto in
Europa occidentale, ormai matura;
- Rivoluzione in un solo paese.
Poiché la rivoluzione doveva scoppiare nel resto d’Europa, da mosca partivano agenti provocatori in grado
di organizzare le rivolte, di dare un senso a quelle frange estreme dei movimenti socialisti europei
convertendoli al bolscevismo.
Il primo stato in cui la rivoluzione scoppia è l’Ungheria: ci sarà la consegna del potere dello stato al
proletariato ungherese.
In Ungheria, nel ’19, c’era al governo il conte Karony. Aveva costituito il consiglio governativo: governo
provvisorio, che si era assunto il compito di trattare con le potenze vincitrici ed il compito di trattare i
problemi esistenti nel paese in quel periodo. Erano problemi gravi e di difficile soluzione:
- Situazione economica estremamente compromessa
- Il territorio ungherese era ampiamente ambito dagli stati confinanti
- Le minoranze interne al territorio nazionale, non ancora ben delimitato, spingevano fortemente per
l’autonomia appoggiandosi al bolscevismo
- Continui ultimatum provenienti da Parigi
La grave situazione economica comportò l’aumento dei prezzi. Solo chi aveva soldi poteva rifornirsi al
mercato nero, mentre gli altri morivano di fame. Nelle campagne la situazione era meno grave, grazie alla
possibilità di sopravvivere di sostentamento.
Seguì il crollo della moneta, anche a causa del potere politico inesistente.
Inoltre, vi era un afflusso di profughi ungheresi provenienti dalle regioni appartenenti all’ex impero
austroungarico, che ormai stavano divenendo parte di territori di altri stati.
Le poche fabbriche esistenti in Ungheria in quel periodo furono occupate dagli operai presenti.
Mentre il governo di Karony stava attraversando un periodo di grave incapacità politica, inizia a nascere un
nuovo centro di potere all’interno dell’Ungheria.
Bela Kun: intellettuale socialista, ungherese di nazionalità ebraica. Imprigionato più volte nel periodo
dell’impero, e nuovamente in Russia durante la guerra. Il periodo di soggiorno nelle galere russe l’aveva
portato a contatto con i rivoluzionari intellettuali del periodo che stavano in galera. Così perfeziona la
propria cultura rivoluzionaria. Fu liberato nel febbraio del ’17 durante la rivoluzione di febbraio, momento
in cui vennero liberati molti prigionieri dalle carceri.
Il governo bolscevico russo, vedendo la guerra come una lotta tra potenze borghesi vs proletariato, decise
per la pace vergognosa di Brest Litovsk.
Bela Kun torna in Ungheria e organizza il partito comunista ungherese dal 24 novembre del ’18. A lui si
unirono gli appartenenti al partito socialista, che esprimevano anche il governo di Karony: delusi dal fatto
che karony non aveva mantenuto le promesse per le quali era stato nominato, e che non era stato in grado
di ristabilire un equilibrio nel paese. Per questi motivi si unirono al partito bolscevico.
Il fattore scatenante della crisi del governo di Bela Kun, sarà l’avanzata nel territorio ungherese delle truppe
cecoslovacche e romene, avvenuta a causa dei territori promessi dai vincitori della guerra. Questi eserciti
cominciarono ad occupare anche territori che esulavano dagli accordi, puntando sempre più alla capitale:
occupando gran parte del territorio ungherese, sarebbe stato poi estremamente difficile farli arretrare. La
loro presenza in territorio ungherese poteva essere vista come un baluardo nei confronti della rivoluzione
bolscevica che avanzava da orientescusa ufficiale che avrebbero usato con le potenze occidentali a
Versailles.
Le potenze occidentali si dimostrarono, ancora una volta, miopi: la posizione centrale dell’Ungheria
avrebbe dovuto essere sfruttata attraverso l’appoggio e la stabilizzazione dell’Ungheria stessa. Avrebbero
dovuto appoggiare il governo di karony per allontanare il pericolo della rivoluzione.
Durante l’occupazione cecoslovacca e romena, il governo di Parigi inviò un ultimatum al governo ungherese
di karony: si diceva che karony avrebbe dovuto ordinare alle scarse truppe ungheresi sul territorio la
ritirata, per dare possibilità agli eserciti occupanti di occupare il territorio verso il quale stavano avanzando.
Karony agì in maniera inaspettata per tutti: il 20 marzo 1919, quasi in contemporanea con l’arrivo
dell’ultimatum, si dimise consegnando il potere nelle mani del proletariato ungherese.
Bela Kun non se l’aspettava. Si riteneva che il governo stesse per cadere, ma non si aspettevano che il
presidente del governo provvisorio cedesse il potere legittimando, addirittura, il cambiamento di regime
all’interno dell’Ungheria.
Bela Kun si pose lo stesso problema di Lenin dopo la guerra: che fare?
Con il trasferimento inaspettato di poteri era nata la “Repubblica dei Consigli”: repubblica dei soviet. Era
una repubblica bolscevica che si instaurava nell’Europa centro – occidentale. Rappresentava il trionfo di
tutte le paure che le delegazioni esistenti a Parigi avevano. Un paese profondamente anticomunista e
cattolico, con un governo funzionante, cedeva alla rivoluzione.
Si decisero delle contromisure.
Il che fare di bela Kun riguardava l’organizzazione del governo, l’economia e l’organizzazione militare.
Bela Kun iniziò ad organizzare la propria amministrazione sulle basi dell’unico modello socialista esistente in
quel momento: il modello sovietico. Si creò un consiglio dei commissari del popolo, di cui Bela Kun divenne
la guida.
Per quanto riguarda l’economia, vennero applicati, anche in questo campo, i principi applicati anche nella
Russia sovietica. In Russia si era provveduto alla nazionalizzazione delle banche e delle industrie: così Bela
Kun nazionalizza il sistema bancario e l’industria ungherese. La questione agraria ungherese diverge da
quella russa: in Ungheria c’erano una serie di piccoli proprietari terrieri che avevano dato vita ad un loro
partito. La nazionalizzazione delle terre, concesse a tutti i contadini, non colpì solo il latifondo, ma anche i
piccoli proprietari terrieri (possedevano terreno e strumenti per coltivarlo). La riforma agraria radicale di
Bela Kun colpì anche questa classe agraria florida. Questa classe sarà una costante, ed un problema,
durante tutto il periodo comunista. La riforma agraria aboliva la proprietà privata e istituiva la distribuzione
delle terre, date in affidamento ai contadini per poterle coltivare.
Aprile 1919 le riforme erano state approvate e messe in opera.
La riforma agraria distruggeva la classe di proprietari terrieri che aveva espressione nella nobiltà agraria,
che trovava uno sbocco anche nell’esercito: aristocrazia militare di origine terriera.
La chiesa cattolica, nell’impero asburgico, svolgeva un ruolo di aggregazione e di sostegno del potere
imperiale, ricevendone in cambio ampi benefici. Era diffusa nelle città, sotto forma di chiesa apparato
(vescovi, cardinali, ricchezza), e nelle campagne, dove sopperiva alle carenze dello stato (parroci). Cos’
come in Russia, l’atteggiamento del governo proletario di Budapest fu di separare nettamente la chiesa e lo
stato. Tale principio fu seguito da una persecuzione durissima nei confronti della chiesa, sia nei centri
urbani che nelle campagne  gravissimo errore di bela Kun. Chiesa vista come uno dei poteri reazionari
contro cui Bela Kun stava combattendo.
I poteri comunisti hanno sempre avuto bisogno di un forte apparato repressivo: non tutti accettavano
l’ideologia marxista, ed il modo con cui i bolscevichi la applicavano era piuttosto duro nei confronti dei
dissidenti. Era quindi necessaria una polizia politica. Anche in questo caso Bela Kun si adeguò: venne creata
una Ceka in versione ungherese.
A Bela Kun mancava una visione politica chiara delle vicende ungheresi. Oltre a questo, in tutti i
rivoluzionari del periodo era presente un forte complesso di accerchiamento, tipico della cultura marxista: il
proletariato è accerchiato dalle forze che vi si oppongono.
Bela Kun non fece nessun tentativo per ingraziarsi le campagne, e per avere un supporto politico nelle zone
grigie. Assunse un atteggiamento aggressivo che comportò la nascita di un forte dissenso politico.
Sia l’attività della Ceka, brutale, che le mosse politiche di Bela Kun, portarono a forti sconvolgimenti
all’interno dell’Ungheria. In tutto ciò continuavano ad avanzare le truppe cecoslovacche e romene,
raggiunte da quelle francesi, le quali avevano lo scopo di creare una sorta di divisione tra forze ungheresi e
forze occupanti. Non era chiaro il ruolo delle forze francesi. Ciò che era chiaro era il pericolo per il potere di
Bela Kun, sia per il dissenso interno che per l’occupazione esterna. Era quindi di vitale importanza la
creazione di un esercito con cui fronteggiare la situazione: venne creata l’armata rossa ungherese,
composta da gente inesperta. L’Ungheria di Bela Kun non era dotata di un generale come Trockij; inoltre,
non aveva potuto inserire nell’armata i generali della vecchia guardia imperialista.
Ilo culo
Le prime vittorie dell’armata rossa ungherese furono quelle ottenute contro le forze cecoslovacche, non
particolarmente forti e unite. C’erano, però, anche i francesi e le forze dell’ammiraglio Horty: Horty era
l’espressione di quella parte consistente dell’Ungheria vicina alle potenze occidentali. L’armata rossa
ungherese era in una situazione simile all’armata rossa russa: una guerra su più fronti con più truppe
straniere, ma senza l’appoggio che l’armata rossa bolscevica aveva avuto nel proprio territorio.
L’armata rossa ungherese non era in grado di contrastare l’opposizione interna dell’ammiraglio Horty
appoggiata dalla Francia, che aveva fornito armi, istruttori e copertura internazionale. Le vittorie iniziali
contro le truppe ceche furono illusorie. Stretto da più parti, il governo di Bela Kun non aveva possibilità. La
sua politica, inoltre, pur essendo di grande impatto riformatore, non ebbe quel consenso sperato da Bela
Kun stesso.
I primi di agosto Bela Kun scappò, ed il suo governo finì la propria brevissima stagione.
La repubblica dei consigli durò dal marzo all’agosto del 1919. Un tempo sufficiente per creare risentimenti
che si sarebbero ripercorsi nella vita futura dell’Ungheria.
La fine della repubblica dei consigli ebbe come principale conseguenza che gli stati che avevano appoggiato
la Francia, che aveva una politica importante nell’Europa orientale (per bilanciare il ruolo dell’italia e per
una sua tradizione di PE), appoggiarono a loro volta l’ammiraglio Horty. Per parecchi decenni, Horty sarà
l’effettivo capo dell’Ungheria post Bela Kun.
Nel gennaio 1920 ci saranno le elezioni in Ungheria per creare un governo che succedesse a Bela Kun.
Questo era capeggiato dal populista Ustzar: non godeva di forza autonoma, ma era presente in quanto
emanazione del potere di Horty e delle forze internazionali che lo appoggiavano.
Horty era l’effettivo centro di potere esistente in quel periodo, pur essendo defilato dalla politica. Il
governo di ustzar ne era l’espressione.
Nel gennaio del ’20 la maggioranza sarà del partito dei piccoli proprietari terrieri e dal partito nazionale
cristiano: entrambi uniti dalla comune ostilità nei confronti delle idee social comuniste, ed entrambi di
inclinazione monarchica. Erano favorevoli alla monarchia con delle differenze:
- Piccoli proprietari: favorevole ad una monarchia elettiva, con un sovrano costituzionale limitato nei
poteri;
- Nazionale cristiano: favorevole ad un ritorno degli Asburgo (cosa vietata dalle richieste della piccola
intesa, accolte dalle potenze vincitrici della guerra).
In assenza di un re, l’ammiraglio Horty venne nominato reggente il 1 marzo 1920. Il governo iniziò da quel
momento il periodo del terrore bianco per contrapporlo a quello del terrore rosso di Bela Kun: fu una
repressione durissima legale e non. Legale: esercitata all’interno dalle forze governative, con liste di
proscrizione nei confronti dei sostenitori di Bela Kun, incarceramento dei comunisti, incarcerazione dei
fiancheggiatori, dichiarazione di illegalità per il PC ungherese. Non legale: parte più crudele, fatta di
requisizioni, violenze nei confronti, non solo dei bolscevichi, ma anche nei confronti delle famiglie.
Questa fase del terrore bianco, non legale, colpì maggiormente la parte ebraica del movimento di Bela Kun:
assunse delle carature fortemente antisemite. Anche in Ungheria, come in Russia, la maggior parte degli
intellettuali rivoluzionari erano di origine ebraica.
Nell’aprile del 1921 e nell’ottobre dello stesso anno, Carlo d’Asburgo, che era in esilio in svizzera, pensava
ancora di poter tornare in patria grazie alla restaurazione bianca e cercò per due volte di tornare in
Ungheria. L’ostilità del governo in carica, di Horty (Horty non voleva saperne di lasciare il ruolo di reggente)
e della piccola intesa nei confronti di Carlo gli sconsigliarono di tornare in patria, costringendolo a tornare
definitivamente in esilio. Termina la vicenda degli Asburgo nell’Europa centro orientale: si conclude il
potere durato parecchi secoli.
Asburgo: bravi a creare alleanze e a intrufolarsi all’interno delle faccende internazionali. Avevano governato
al centro dell’Europa, ed erano stati in grado di produrre uno stile di vita, una cultura e un rapporto con le
popolazioni che si rifletteranno in futuro in maniera positiva. Tutto ciò aveva portato ad una unione
duratura.
Legge di detronizzazione degli Asburgo in Ungheria, per volontà anche della piccola intesa. Dal 1921
all’ottobre del ’44, l’Ungheria sarà una monarchia elettiva costituzionale. Horty non fece mai nulla per
portare a compimento questa modalità di regno, e rimase alla reggenza fino al ’44: l’Ungheria rimase una
monarchia senza re, retta provvisoriamente da Horty, avente funzione di capo dello stato.
L’Ungheria di Horty sarà una monarchia costituzionale di tipo parlamentare. Il potere legislativo era
espressione di una camera alta in cui sedevano gli altri gradi della chiesa, la nobiltà di sangue e terriera, e i
grandi corpi dello stato (tradizione di stile asburgica). A questa camera faceva da contrappeso una camera
dei deputati eletta a suffragio universale e segreto solo nei centri urbani: nelle campagne fino al 1939 i
contadini votavano a vista.
C’era una costituzione che garantiva alcune libertà fondamentali.
L’Ungheria sarà uno stato autoritario ma non fascista: l’autoritarismo significava che alcune libertà erano
previste dalla costituzione e rispettate, seppur limitate. La costituzione garantiva la libertà di espressione,
di riunione, di stampa. Questi diritti riconosciuti potevano essere oggetto di restrizione, ma non di
eliminazione. In parlamento risiedevano anche socialisti, ma non comunisti, che erano fuori legge (dando
loro modo di estremizzarsi).
Il governo di Bethelem durò 11 anni, dal ’21 al ’31. Dovette affrontare gli stessi problemi di Bela Kun.
In particolare, per quanto riguarda la stabilità monetaria, essa venne risolta nel ’26 con una politica
economica deflattiva con un restringimento della quantità di moneta in circolazione, che ebbe l’effetto di
impoverire ulteriormente le classi meno abbienti. La stabilità monetaria durò fino al 1930, quando in
Ungheria divennero palesi le conseguenze della crisi di Wall Street.
La conseguenza politica della crisi del ’29 in Ungheria fu, per prima cosa, la scissione del partito dei piccoli
proprietari terrieri. Fu una scissione a sinistra: il partito imputava alle scelte economiche del governo,
l’ulteriore impoverimento di una gran parte dei propri membri (i proprietari più piccoli). Da questa scissione
nacque il partito indipendente dei piccoli proprietari terrieri, schierato verso il centro sinistra.
La crisi economica provocò, inoltre, il cambiamento del governo, pur rimanendo il regime autoritario.
Nel ’32, salirà al governo Gombos: governo orientato più verso posizioni di centro, nell’affrontare la crisi.
Nato come conservatore su posizioni più centriste (maggior libertà di espressione, possibilità di riunione),
rafforzò l’ala destra del conservatorismo ungherese. La situazione internazionale aiutava: il fascismo
italiano finanziava le associazioni conservatoriste orientali, e esportava la cultura italiana all’estero 
serviva come strumento di politica estera. Ciò contribuì ad aumentare l’influenza dei partiti di ispirazione
fascista in Ungheria, Romania, Cecoslovacchia, polonia.
Il rafforzamento delle aree estreme portò ad una radicalizzazione degli estremismi. Il partito comunista,
abituato all’attività clandestina, e quindi meglio organizzato, era in grado di organizzare in momenti di
maggiore crisi politica ed economica interna, scioperi e manifestazioni. L’occupazione delle fabbriche era
sempre stata un’arma temuta dai governi conservatori, poiché considerata come un preludio alla
rivoluzione.
In Ungheria era difficile che accadesse: governo conservatore, esercito unito e fedele, e formazioni
paramilitari.
In opposizione all’attività del partito comunista, con la diffusione delle idee del fascismo italiano e
dell’influenza nazista, si rafforzò in Ungheria, partendo da gruppi di giovani nazionalisti, il partito delle croci
frecciate. Aveva in comune con i nazisti un forte antisemitismo: identificava negli ebrei gli appartenenti al
partito comunista. L’esistenza di un partito nazi fascista in Ungheria, sempre più ispirato al nazismo, porterà
ad alcuni provvedimenti restrittivi nei confronti della comunità ungherese di origine ebraica. Nell’aprile del
’38 venne istituito un provvedimento restrittivo del 20% per gli ungheresi ebrei che riguardava l’esercizio
delle professioni intellettuali e di maggiore importanza. Altre leggi approvate alla fine del ’38, limitavano
agli ebrei la possibilità di esercitare tali professioni ad un livello del 6%. Fu la camera alta a bloccare questo
tipo di provvedimenti restrittivi nei confronti degli ebrei.
L’ultima elezione libera in Ungheria si svolse nel maggio del ’39: fu a suffragio universale, ed i contadini
poterono votare per la prima volta in maniera segreta. Su 260 seggi, il partito governativo espressione del
partito dei piccoli proprietari (non quello indipendente) con al suo interno esponenti conservatori,
conquistò 183 seggi. I socialdemocratici ebbero 15 eletti, e lo stesso fu per i piccoli proprietari indipendenti.
L’estrema destra prese 40 seggi, di cui 31 alle croci frecciate. Al governo andò il conte Teleky che era un
ultra conservatore.
Teleky era un conservatore reazionario.
La mantia 12/11/12
Poloniadivisa tra Russia, Prussia ed impero asburgico.
Parte russa della polonia
Rivolte situate nel territorio sotto dominazione russa:
- 1830 – 31
- 1863
Le reazioni del governo zarista, soprattutto quella del ’63, fu estremamente dura: la caratteristica principale
della repressione consistette nel tentativo di togliere alla nazione polacca gli elementi principali sui quali si
basava la memoria della propria storia  tantissime condanne all’esilio dei capi politici delle rivolte, molti
dei quali furono deportati in siberia e/o uccisi.
Le pene capitali furono comminate in maniera crudele, spesso a simbolo di quello che poteva succedere ai
rivoltosi. Le proprietà dei rivoltosi furono confiscate e verdure.
La repressione più forte avvenne contro la cultura polacca:
- il polacco fu tolto dalle scuole e considerato come guerra straniera, al suo posto venne insegnato il
russo;
- la chiesa cattolica venne perseguitata, molti vescovi furono incarcerati, controllo ed ingerenza
statale sui seminari, la parte ortodossa della chiesa prese il sopravvento su quella cattolica. I collegi
e le scuole cattoliche furono chiusi, e venne imposto l’uso del russo anche nelle chiese come lingua
veicolare.
La chiesa cattolica polacca, quando perseguitata, ritrova elementi di unità politica. La persecuzione della
chiesa significò un suo avvicinamento alla popolazione, in quanto elemento di unificazione nazionale.
La chiesa cattolica era, in polonia, la chiesa prevalente. Esisteva anche la chiesa del rito ortodosso, anche se
riconosceva l’autorità del pontefice romano, anche la quale venne perseguitata e ricondotta sotto
l’amministrazione del patriarcato di mosca.
La lotta contro l’idea di nazionalità polacca trovò l’opposizione nell’organizzazione clandestina ?
La lingua polacca sopravvisse all’interno delle case e delle strutture clandestine che continuarono ad
operare nonostante la presenza massiccia nel territorio delle forze di occupazione russe.
Nonostante l’accanimento dei russi nei confronti della cultura polacca, essa sopravvisse grazie alla lingua
polacca stessa, anche se parlata di nascosto.
Vecchia generazione di patrioti polacchi, dell’era napoleonica, che combatteva per l’indipendenza polacca.
Nuova generazione di rivoltosi: figlia dei cambiamenti in polonia a causa delle varie spartizioni. Nell’area
russa c’era stata una timida rivoluzione industriale, nella zona di Lowz (pressi di Varsavia) si era sviluppata
una ricca industria tessile in grado di cominciare sia all’interno del territorio russo, sia nel centro Europa. In
questa zona si stavano creando una borghesia e una classe operaia che identificava la lotta contro la
potenza occupante come la lotta di classe, per gli operai, e come nazionalismo, per i borghesi. Si voleva un
miglioramento delle condizioni di vita sociali. (nella seconda metà dell’800 il marxismo comincia ad
attecchire in Europa)
Le campagne continuarono ad essere emarginate dallo sviluppo. I rapporti al loro interno sono ancora di
tipo antico, non c’è uno sviluppo della classe contadina come classe.
La diffusione delle idee marxiste fu la causa principale degli scioperi che si svilupparono dalla repressione
del ’63 alla fine dell’800 nelle aree russe della polonia. Scioperi sempre seguiti da dure repressioni, compiuti
per ottenere diritti civili e lavorativi. La copertura politica arriva in un secondo momento.
La necessità di creare una polonia indipendente dal gioco russo fu alla base della creazione del partito
socialdemocratico di polonia e lituania, clandestino. Operava con due obiettivi:
- miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori
- indipendenza della polonia.
L’accento era posto più sulla lotta di classe che sulla rinascita nazionale.
Il secondo partito era il Bund (?): la lega generale dei lavoratori. Aveva come principale caratteristica quello
di essere fatto principalmente da ebrei polacchi. Formatosi a Lowz, era integrato nel partito
socialdemocratico russo, di cui era la parte preponderante. Da questo periodo nasce l’identificazione ebreo
= comunista.
Perché gli ebrei? Perché erano più istruiti. Il livello culturale era generalmente più elevato. Le idee
socialiste, nate nell’Europa centro occidentale, e l’ideale marxista, trovarono ampia diffusione all’interno
dei circoli ebraici del periodo.
Il Bund, se da un lato era un partito socialista ben organizzato, con una struttura interna molto forte,
dall’altro era anche la testimonianza di una mancata integrazione delle popolazioni ebraiche della polonia.
Due popolazioni differenti che non riuscivano a trovare un punto d’incontro, pur avendo un obiettivo
condiviso. Sarà il partito bolscevico che le unirà.
Questi due partiti, erano più orientati verso la lotta di classe al regime zarista, che verso la rinascita della
polonia. Mancando una prevalenza degli indipendentismi sulla lotta di classe, ebbero buon gioco i partiti
che erano i esilio, la maggior parte dei quali si trovava a Parigi. Venne fondato a Parigi il partito socialista
polacco: si riconosceva idealmente in due personaggi, Limanovskij e Josep Pilsudski.
Pilsudski fu uno dei personaggi più importanti della polonia. Si rese conto che l’opposizione polacca politica
a Parigi poteva essere solo molto intellettuale. I francesi, inoltre, non avrebbero mai appoggiato
l’opposizione polacca in funzione anti russa, per via della PE comune che condividevano con la Russia per
quanto riguarda il territorio dei Balcani.
Pilsudski allora si muove in polonia, decidendo, però, di andare nel territorio polacco sotto sovranità degli
Asburgo (Galizia asburgica), lo stato che con la Russia non aveva buoni rapporti. Probabilmente finanziato
dai servizi segreti asburgici, iniziò una capillare campagna propagandistica anti russa. Poiché si trattava di
una politica diretta contro il principale nemico dell’Austria, l’attività poteva svolgersi in maniera serena e
alla luce del sole, con il sostegno della minoranza polacca sotto gli Asburgo. Il passaggio successivo sarebbe
stato quello di creare un braccio armato del partito socialista di Pilsudski.
I partiti di dissidenza polacca sono sostanzialmente socialisti. Venne fondato, però, anche il partito
moderato: il partito nazional democratico di Dumoskij. Era diffuso nella piccola nobiltà terriera ed in quella
parte della borghesia polacca che si era formata sul finire degli anni ’60 dell’800 (avvocati, medici, notai,
ecc). ritenevano che con l’impero zarista si potesse trattare.
Ritenevano che trattando con lo zar si potesse ottenere un margine di autonomia ampio, fino ad arrivare
all’indipendenza all’interno di una unione nazionale con la Russia.
Molti intellettuali chiedevano l’indipendenza delle varie nazionalità sotto Asburgo unite nella figura
dell’imperatore.
Il partito socialista e quello nazional democratico avranno diverse reazioni nei confronti delle rivoluzioni
russe del 1904 e del 1917. Nel 1905, la prima rivoluzione russa, porterà Nicola II a concedere libertà
politiche, poi subito revocate, ai propri sudditi. Le due aree della resistenza polacca nel 1905 agirono
differentemente:
- l’area socialista di Pilsudski, il Bund, ed il partito socialista organizzarono scioperi ed attentati. Il
taglio dato alla protesta è prettamente di sinistra, volto a portare un miglioramento sociale.
- L’area nazional democratica si dichiarò contraria a scioperi ed attentati. Si dichiarò propensa,
invece, a chiedere spazi di autonomia allo zar.
I due movimenti hanno tendenze e modi di rapportarsi agli eventi molto differenti tra loro. Differenti sono
anche i destinatari dei messaggi elaborati:
per i socialisti erano operai, intellettuali, patrioti acculturati.
- Per il partito nazional democratico la priorità è l’unità nazionale.
Questa divisione e differenza negli approcci si riproporranno durante la prima guerra mondiale.
Il partito nazional democratico era radicato nella piccola nobiltà e nella borghesia delle città che si
riconosceva in un percorso di autonomismo dallo zar, che avrebbe potuto portare ad un’indipendenza
all’interno dell’impero. Si riteneva che l’appartenenza all’impero avesse anche dei riscontri positivi per la
polonia stessa: all’interno dell’impero russo la minoranza polacca aveva un ruolo economico importante ed
era ben organizzata. Ciò le consentiva uno stile di vita migliore rispetto a quello dei sudditi russi. Inoltre, lo
zar era lontano, i polacchi avrebbero potuto mantenere la propria identità. Si pensava, quindi, che una
rottura di tale condizione avrebbe comportato più che altro degli svantaggi.
Per gli appartenenti al partito nazional democratico, il raggiungimento degli spazi di economia significava
maggiori spazi per commerciare, più soldi, scuole polacche: avere dei margini dei libertà molto ampi.
Il governo dello zar aveva dinanzi una scelta difficile:
- Tentare con il concedere l’autonomia alla polonia
- Maggior coinvolgimento dei polacchi al potere
- Etc
Tutto ciò poteva accadere con un governo che avesse un atteggiamento tollerante, come il governo degli
Asburgo, nei confronti delle proprie minoranze. Il governo dello zar, tuttavia, era un governo al cui interno
erano fortissime le spinte repressive. Era un governo miope, che si identificava con la difesa dello status
quo. Tutto ciò porterà il governo dello zar a commettere degli errori che spingeranno anche il partito
nazional democratico verso una rottura nei confronti del potere zarista.
La rivoluzione del 1905 non era dovuta solo alla sconfitta della Russia con il Giappone, ma era frutto anche
di pressioni sociali che chiedeva un ammodernamento della struttura dello stato: costituzione,
trasformazione da monarchia assoluta a costituzionale di stampo occidentale.
All’interno del governo zarista del tempo, erano presenti due forze:
- Chi propendeva per una concessione delle richieste dei rivoltosi.
- Chi propendeva per la repressione e la salvaguardia della monarchia.
Lo zar Nicola II concesse una costituzione e l’elezione della prima Duma.
I partiti di area socialista faranno propaganda per l’astensione. Ritenevano che le concessioni dello zar
avrebbero comportato un cambiamento irrilevanti della condizione dei polacchi.
Il partito nazional democratico si pronunciò per la partecipazione alle elezioni: riteneva che la concessione
della costituzione e della prima duma avrebbero portato dei miglioramenti alla situazione polacca, nel
senso di una maggiore autonomia nei confronti del potere russo. Parteciparono al voto, ed i seggi furono
tutti conquistati dal partito nazional democratico.
Lo zar, non particolarmente acuto politicamente, ed il governo, che aveva difficoltà nel convincere lo zar,
commisero il grave errore di non concedere ai polacchi il minimo di autonomia che si aspettavano.
Con l’elezione della seconda Duma, nel 1907, i polacchi che parteciparono alle elezioni videro dimezzati i
seggi che spettavano loro in quanto minoranza all’interno della duma. L’elezione della seconda duma ebbe
caratteristica molto restrittiva nei confronti dell’elettorato: si vide un restringimento nella possibilità di
voto dei polacchi e nei seggi.
La minoranza polacca era molto organizzata ed esprimeva la politica dei nazional democratici all’interno del
territorio polacco. La mancata conoscenza dei partiti polacchi, ed il mancato riconoscimento dei diritti
politici, portò ad una progressiva estremizzazione del partito nazional democratico polacco. Il vento di
liberalizzazione del periodo, presso la corte dello zar, avrebbe portato al mantenimento di alcuni elementi
basilari delle richieste di autonomia: fu concessa, nuovamente, l’utilizzazione della lingua polacca come
lingua veicolare all’interno delle scuole. Venne concessa la piena libertà di culto alla chiesa cattolica.
Questa parziale liberalizzazione di Nicola II ebbe l’effetto di rallentare i tempi della radicalizzazione della
posizione politica del partito nazional democratico. Non ebbe effetti positivi, invece, sulla posizione dei
partiti di area socialista, che si mantennero su posizioni estremiste.
A conclusione del periodo rivoluzionario, la posizione dei partiti nati in polonia verso la seconda metà
dell’800 fu:
- Per il partito nazional democratico, pur essendosi allontanato dalle prime posizioni moderate,
continuava ad avere una politica di dialogo con il governo dello zar, ritenendo che in situazioni
differenti ci sarebbero stati gli spazi per ottenere una maggiore autonomia polacca.
- I partiti di area socialista continuarono ad opporsi in maniera decisa alla dominazione russa
muovendosi su due direttrici ben precise: da un lato la richiesta di miglioramenti sociali di
ispirazione socialista, dall’altro legarono tale richiesta all’abbattimento della tirannia dello zar.
Area prussiana della polonia
Era la zona dell’ex polonia in cui i polacchi avevano dovuto affrontare delle profonde difficoltà con il
governo, rispetto a quelle nella polonia russa.
In Prussia, dopo il 1863, c’era Bismark, il quale riteneva che nei confronti dei territori polacchi bisognasse
mantenere una politica di vera e propria colonizzazione. Ciò significava che le proprietà appartenenti ai
latifondisti polacchi diventassero di proprietà dei tedeschi. Questa politica sarà affrontata da Bismark dopo
il 1866, e sarà una politica di germanizzazione della polonia.
I residenti polacchi in territorio prussiano, in quanto cattolici, dovettero subire le conseguenze del
kulturkampf tedesco dal ’71 al ’79: la lotta culturale contro la chiesa. Bismark voleva fare della chiesa
cattolica uno strumento del governo: voleva subordinare la chiesa al governo. Nei confronti dei capi
cattolici, poco inclini ad accettare le decisioni politiche, la repressione fu molto dura: furono costretti a
lasciare le proprie diocesi. Ci fu una pressione continua ad abbandonare le diocesi.
Con il kulturkampf, Bismark voleva riaffermare il principio che l’autorità dello stato sui cittadini non doveva
avere concorrenti: la chiesa, le organizzazioni ad essa legate, soprattutto le organizzazioni che si
occupavano della gioventù.
Gli 8 anni di lotta culturale ebbero buoni effetti: lo stato affermò la propria autorità nei confronti della
chiesa, inoltre, perseguitando la chiesa ne fece una chiesa martire, rafforzandola.
Nonostante la lotta imposta dal governo, la chiesa cattolica non subì sconfitte come chiesa di popolo, ma
solo come chiesa istituzione. Il cattolicesimo tedesco continuerà ad essere presente, allacciandosi
all’identità culturale tedesca.
I polacchi cattolici, che nei propri vescovi vedevano una autorità spirituale molto forte (da prima dell’anno
1000 la polonia si era votata al credo cattolico), dovettero subire le conseguenze della durezza della
persecuzione politico culturale, unita alla politica di germanizzazione delle province polacche.
C’è un accanimento prima contro l’aspetto culturale – religioso (coinvolgimento delle popolazioni di
nazionalità polacca in un attacco collettivo dello stato verso la chiesa), poi con la germanizzazione delle
terre.
Germanizzazione = vendita delle proprietà dei polacchi ai tedeschi. La legge preparata da Bismark per la
germanizzazione delle province polacche previde la creazione di una commissione di colonizzazione
interna. Questa aveva il compito di permettere ai tedeschi che lo volessero di acquistare terre appartenenti
ai polacchi, con l’aiuto finanziario dello stato. C’era una vera e propria politica volta alla colonizzazione delle
terre polacche.
Con la colonizzazione dei possedimenti polacchi in Prussia, la comunità polacca si rese conto, anche quella
parte poco incline alle rivolte, che era necessario ricostruire uno stato polacco per non dover subire
ulteriori vessazioni da parte della Prussia.
Il reichstag prussiano aveva al suo interno anche dei rappresentanti polacchi, i quali continuamente
protestavano contro la legge di colonizzazione. Non ottennero nulla perché i deputati prussiani furono tutti
uniti nel sostenere la legge di Bismark e la politica di germanizzazione.
Parte asburgica della polonia
Nella Galizia austriaca c’era Pilsudski. Da li aveva iniziato un’attività di propaganda capillare.
Pilsudski era natio di Vilnius, centro culturale prezioso per la cultura dell’Europa orientale. Conosciuta
anche come la seconda Gerusalemme, popolatissima da ebrei e sede di una cultura ebraica molto
approfondita. Scuole rabbiniche di grande importanza.
Secondo Pilsudski la polonia doveva avere un grande destino, e nei confronti dei russi aveva un’avversione
molto forte: riteneva che fossero stati la parte fondamentale della spartizione della polonia, riteneva che il
governo zarista tenesse la sua parte di polonia in condizioni politiche sottosviluppate, e riteneva che la
storia della polonia fosse così grande da poter competere nei confronti della politica russa di dominazione.
Pilsudski era un idealista concreto, politico di azione autoritario, molto facile all’ira. Avrà con mussolini un
rapporto molto duro: nessuno dei due sopportava l’altro.
Pilsudski riuscirà a far innamorare di se la parte di nazione polacca che era ancora orfana del periodo dei re.
Fu colui che incarnò lo spirito della polonia antica, con in sé la coscienza di dover avere al proprio interno
un governo stabile e forte.
Si dimetterà dalle cariche, sostenendo che l’autonomia concessa sarà poca. Riterrà che il regno della
polonia era naufragato a causa dell’impasse governativa all’interno della polonia pre spartizione.
In polonia, prima delle spartizioni, esisteva il principio del liberum vetum: le decisioni governative potevano
essere prese soltanto all’unanimità. Ciò, ovviamente, non accadeva mai.
Pilsudski guiderà la polonia contro la Russia, per conquistare territori in precedenza polacchi.
Per portare a termine i suoi desideri politici, Pilsudski , dalla Galizia asburgica aveva iniziato l’opera di
propaganda politica, ma mancava di un braccio armato. Sfruttando il silenzio assenso del governo degli
Asburgo, visto che operava contro il nemico anche asburgico, la Russia, gli fu concesso di creare delle
società di tiro al fucile o di tiro a segno. Tali società divennero delle vere e proprie società paramilitari. In
esse erano soci ufficiali imperiali di nazionalità polacca, la condiscendenza di Vienna era piena. Gli ufficiali
polacchi dell’esercito imperiale svolsero una funzione di inquadramento dei soci, creando una struttura
paramilitare pronta ad intervenire in qualsiasi caso.
Visto che il governo imperiale aveva un atteggiamento di colpevole silenzio verso i russi, nei confronti delle
attività polacche nel proprio territorio, Pilsudski ed altri uomini a lui vicini, crearono una commissione
provvisoria di governo: sezione politica. Era clandestina rispetto alle società di tiro a segno: cominciava ad
essere creatrice di problemi per Vienna. Di questa facevano parte Pilsudski, il populista Mitos (N.B. C’E’
SEMPRE UNA DOMANDA SU MITOS ALL’ESAME), e due generali: Sikorskij (presidente del governo
provvisorio in esilio durante la IIWW) e Aller (al comando delle truppe che combatteranno in Italia ed in
polonia contro i nazisti).
Questa commissione rappresentava un primo embrione di forza politica organizzava che si proponeva il
compito di subentrare al potere russo una volta che se ne fosse presentata l’occasione.
Era abitudine di Vienna mettere l’una contro l’altra le minoranze presenti contro il territorio. Gli Asburgo
furono i principali fautori del divide et impera. Le principali nazionalità dell’impero asburgico, rimasero in
equilibrio perché il governo imperiale appoggiava prima l’una e poi l’altra. Quando i polacchi cominciarono
a chiedere maggior autonomia alla corte di Vienna, gli agenti degli Asburgo fomentavano le rivolte dei
contadini galiziani nei confronti dell’amministrazione dei latifondisti polacchi in Galizia.
Questa politica denota una certa debolezza: mantenere una forza terroristica come quella di Pilsudski nel
proprio territorio, avrebbe potuto rappresentare un pericolo nei confronti della corte stessa.
Se l’impero asburgico consentì che ciò avvenisse, fu perché riteneva che la presenza di una forza
destabilizzante contro l’impero russo all’interno del proprio territorio, non si rivelasse destabilizzante anche
all’interno del proprio impero.
La mantia 14/11/12
Polonia
Fine IWWla polonia comincia ad essere uno stato unitario.
Wilson si interessa molto alla polonia poiché la lobby polacca in America era molto forte. C’erano state due
fasi di emigrazione:
- La prima composta da esuli polacchi fuggiti da una crisi molto profonda della zona galiziana;
- La seconda composta anche da nobili, intellettuali, che infoltì le file della prime emigrazione.
I problemi che i polacchi in america affrontarono furono legati al distacco dalle famiglie.
L’emigrazione diventa progressiva. In particolare a Washington fu molto presente una fascia di intellettuali
polacchi.
Padereskij: pianista, aveva molte amicizie all’interno del Congresso, soprattutto al dipartimento di stato.
Tutto ciò gli conferiva la possibilità di esercitare pressione nei confronti della diplomazia statunitense che
doveva occuparsi del caso polacco.
La rinascita della polonia aveva, inoltre, una valenza strategica non indifferente: piazzata al centro dei due
flussi opposti destinati a scontrarsi, quello tedesco verso est e quello russo verso ovest.
In una Europa priva dell’impero austroungarico, elemento di compensazione e di equilibrio, nella quale
erano scoppiate le rivoluzioni rosse, creare la polonia significava creare un cuscinetto tra la rivoluzione
russa e il resto dell’Europa. Inoltre, soprattutto per la Francia, avere uno stato amico all’interno dell’Europa
orientale significava avere ulteriori possibilità di arginare una possibile revanche tedesca.
Il tredicesimo punto dei 14 di Wilson prevedeva la rinascita della polonia, la quale avrebbe dovuto
rispecchiare la polonia storica. Fare rinascere la polonia, tuttavia, significava mediare anche con chi era
piuttosto restio a concedere lembi del proprio territorio.
L’influenza di Washington fu determinante per la creazione della polonia e la determinazione dei suoi
confini.
Scoppiata la guerra nella polonia asburgica (Galizia), le forze paramilitari di Pilsudski, si trasformarono in
truppe operative: legioni polacche. Erano forze armate che combattevano con le forze asburgiche, ma con
bandiera polacca. Il governo di Vienna consentì ad una delle minoranze, seppur turbolenta, di andare in
battaglia con la bandiera polacca perché a loro interessava che non scoppiassero disordini che creassero
problemi alle truppe asburgiche  fu promesso, in maniera molto vaga, ai polacchi galiziani una autonomia
(non bene indicata) alla fine della guerra.
Agli Asburgo conveniva avere all’interno una minoranza che combatteva in proprio favore. I polacchi,
inoltre, avevano una conoscenza molto approfondita del territorio.
Pilsudski, volevano creare una struttura armata operativa che potesse combattere contro un nemico
comune, all’interno delle truppe imperiali.
Le legioni polacche sotto bandiera asburgica erano fedeli, ben organizzate e molto pugnaci: combatterono
con maggior determinazione di altri, avendo un obiettivo preciso da perseguire. Le legioni furono guidate
da un gruppo di alti ufficiali: Aller e Sikovskij.
Pilsudski era un abile politico: riusciva a conciliare l’aspetto militare e quello diplomatico dell’attività che
stava svolgendo.
I polacchi rappresentati alla duma, rappresentati dagli esponenti del partito nazional democratico, si
dichiararono subito fedeli allo zar. Secondo il partito nazional democratico, all’interno della Russia si
sarebbe potuta ottenere un’autonomia sempre maggiore.
(entrambe le parti lottano a fianco dello stato sovrano di cui fanno parte, perché entrambe sperano nel
raggiungimento di una maggiore autonomia all’interno dell’impero in cui si trovano. La differenza sta che i
polacchi asburgici speravano in una vera e propria indipendenza)
I polacchi di Russia furono molto leali nei confronti dello zar. Quando cominciarono ad arrivare le prime
sconfitte nel ’15 – ’16 e l’esercito russo cominciò un arretramento, dovuto anche alle diserzioni e a
problemi interni all’esercito, i rappresentanti polacchi della Russia assunsero un atteggiamento di attesa e
aspettarono gli eventi: dovettero scegliere se continuare ad essere leali alla Russia, o se sarebbe stati
meglio ascoltare gli inviti (scritti, come i dispacci, o orali, con gli agenti) alla rivolta contro il governo zarista
che giungevano dai polacchi residenti nell’impero asburgico. Lo scopo di questi inviti era minare
dall’interno la forza dell’impero zarista, creando elementi di destabilizzazione dell’esercito imperiale per
portare alla sconfitta dello zar, e quindi all’unità della polonia.
La linea politica dei polacchi asburgici non cambia: continuano a combattere contro l’esercito zarista e
fomentano la ribellione dei polacchi di Russia per destabilizzare dall’interno l’esercito zarista ed il potere
politico imperiale.
Mentre l’esercito zarista arretrava, le regioni polacche asburgiche avanzarono nei territori prima occupati
dalle forze zariste, arrivando a Lublino.
Contemporaneamente, i tedeschi entravano a Varsavia. I tedeschi commetteranno un errore madornale: gli
imperi centrali non concessero, dopo l’occupazione di Varsavia, ai polacchi quella autonomia più
accentuata che loro richiedevano. Soprattutto non fecero alcuna promessa circa il futuro indipendente
della polonia. Errore madornale: i polacchi stavano combattendo con lo scopo ben preciso dell’unità e
dell’indipendenza. Poiché le promesse non furono nemmeno fatte dagli imperi centrali, e la guerra aveva
contribuito all’unità dei polacchi dei vari imperi, cominciò ad esserci una fase di raffreddamento
testimoniata dalle dimissioni da capo militare nel novembre del 1915 di Pilsudski. L’anno successivo, gli
imperi centrali, rendendosi conto dell’errore, decisero di concedere alla dirigenza polacca una parte
rilevante delle richieste fatte a Vienna dai dirigenti polacchi: la costruzione di uno stato con una autonomia
accentuata tappa di una futura indipendenza all’interno dei rapporti con gli imperi centrali.
Migliorarono, quindi, le relazioni tra polacchi ed i governi di Vienna e Berlino. Per dimostrare la buona
volontà nel mantenimento futuro della promesse, i due governi costituirono un consiglio di stato
provvisorio. Esso ebbe a disposizione le legioni polacche. Si ha quindi un embrione politico al quale viene
affidata la gestione delle legioni polacche. Primo governo provvisorio polacco.
Scoppia la rivoluzione d’ottobre – conseguenze internazionali.
Una delle prime conseguenze consistette nell’eliminazione dei sovrani. Ad essi era succeduto, nella
gestione dello stato, un governo fatto da bolscevichi, rivoluzionari comunisti che avevano al primo punto
del proprio programma (tesi di aprile di Lenin) la conclusione di un armistizio o pace separata con gli imperi
centrali. Agli imperi centrali, il raggiungimento di un armistizio era molto conveniente: significava la
possibilità di spostare truppe ingenti dal fronte orientale a quello occidentale.
Dal punto di vista politico, non c’era più un ulteriore nemico con cui dialogare: la Russia scompariva dal
teatro operativo. Non era un pericolo militare, né politico, ma diventava un grosso problema per i polacchi.
La dissoluzione dell’impero zarista portava come conseguenza la fine del nemico principale contro cui
combatteva Pilsudski. Il problema era, adesso, rispettare a Berlino (elemento dominante dell’alleanza degli
imperi centrali), soprattutto, e a Vienna gli impegni presi. Con la fine delle ostilità sul fronte orientale,
mantenere buoni rapporti con la popolazione polacca al suo interno diventava meno importante  il ruolo
del governo provvisorio polacco diminuì. Non essendoci più la Russia da sconfiggere, gli imperi centrali
potevano concentrarsi sul mantenimento dei territori. Specialmente Berlino, desiderosa di espandersi verso
est, non aveva interesse all’autonomia polacca. Il comando militare tedesco sostituì i comandanti polacchi
delle legioni polacche con comandanti tedeschi. Questa sostituzione fu seguita dall’immediato arresto degli
ufficiali polacchi.
Nella Russia rivoluzionaria, i polacchi sotto dominazione russa dovettero fare una scelta: aderire e
appoggiare la rivoluzione, o schierarsi apertamente dalla parte delle legioni polacche e assumere un
atteggiamento di rottura. I polacchi di Russia decisero di prendere contatto direttamente con gli alleati, in
particolare con gli USA (che erano ormai presenti sul suolo europeo, 1917). Dato che la diaspora polacca si
muoveva per raggiungere gli obiettivi che la parte russa dei polacchi stava perseguendo, venne fatto il
passo successivo: costituire, anche all’estero, un governo provvisorio. Il consiglio di stato creato all’interno
dell’impero asburgico aveva cessato la sua attività dopo l’incarcerazione degli ufficiali delle legioni polacche
e di Pilsudski.
A questo succedette il consiglio nazionale polacco in esilio in Francia: governo che aveva l’opportunità di
trattare direttamente con gli alleati, i quali erano ormai destinati alla vittoria.
Nel 1917, infatti, con la presenza americana in Europa e lo sviluppo delle circostanze belliche in favore degli
alleati, la vittoria sembra vicina. Gli imperi centrali sembravano perdere parte della loro capacità negoziale
a causa degli eventi bellici.
-
Era necessario stabilire un contatto tra polacchi all’interno degli imperi e polacchi del governo in
esilio in Francia.
-
Era necessario cominciare a discutere della questione dei confini.
Il governo provvisorio a Parigi, era quello che aveva maggiori chances di influenzare i polacchi nel resto
d’Europa, perché in contatto con la parte più trainante dell’alleanza: la Francia. Era la Francia che aveva
maggior interesse a creare un sistema europeo che garantisse la sicurezza da una eventuale revanche
tedesca. Per ovviare ai problemi che avrebbe dato il consiglio nazionale polacco in Francia, gli imperi
centrali, in gravi difficoltà, crearono un ulteriore istituto: consiglio di reggenza presieduto dal vescovo di
Varsavia, kapovskij. La sua posizione evidenzia gli obiettivi degli imperi centrali: il consiglio di reggenza,
capeggiato dal vescovo, aveva al suo interno membri provenienti dall’aristocrazia polacca, molto legata alla
corte. L’intento del consiglio di reggenza avrebbe dovuto essere quello di garantire un appoggio continuo
agli imperi centrali, in una visione autonomista nel futuro della polonia (e non indipendentista).
A Vienna interessava che nelle retrovie del fronte interno si mantenesse la calma: una rivolta polacca
sarebbe stata una rivolta condotta da truppe addestrate, le legioni polacche, comportando delle
ripercussioni gravissime per la tenuta del fronte esterno (novembre 1917).
In quel momento gli imperi centrali stavano grattando il fondo delle proprie risorse.
Gli aristocratici che componevano il consiglio di reggenza erano legati agli imperi centrali, con il compito di
portare un rasserenamento nel fronte interno.
Il consiglio di reggenza era composto da aristocratici e doveva avere un compito più propagandistico che
politico vera. Era comunque una istituzione governativa che aveva sede nella capitale polacca.
Come reagì il consiglio di reggenza di fronte alla sconfitta degli imperi centrali? Si comportò in maniera
molto concreta: sconfitti gli imperi centrali, proclamò l’indipendenza. I russi erano stati sconfitti, così come
gli Asburgo e i tedeschi: si trovarono, quindi, nella condizione di poter proclamare l’indipendenza. Fu
soprattutto per competenza politica: un governo insediato da una potenza sconfitta non poteva fare altro
che assecondare il desiderio primo dei polacchi. In un vuoto di potere come quello esistente in polonia, un
governo che rivestisse anche solo nominalmente la sua funzione, non poteva fare altro che quello che
aveva fatto il consiglio di reggenza.
La proclamazione di indipendenza era l’unica scelta possibile e l’unica da fareassumendosi un ruolo
primario. Nello stesso tempo, però, affidarono ai membri del consiglio nazionale polacco a Parigi il compito
di trattare con gli alleati: così facendo lo legittimarono.
Contemporaneamente alla dichiarazione di indipendenza e al riconoscimento del consiglio nazionale
polacco a Parigi, i socialisti di Tazinskij che erano tra le forze che avevano occupato Lublino, crearono il
quarto governo polacco: il governo provvisorio della repubblica di polonia. Tanzinskij affida il governo
provvisorio della repubblica di polonia direttamente a Pilsudski. Il consiglio di reggenza si allinea a questa
scelta, ed entrambi nomineranno Pilsudski capo di stato provvisorio.
In polonia ora non ci sono territori sui quali esercitare la sovranità, ma molti problemi da affrontare.
Situazione politico – militare:
Nel 1918 la Russia sta riorganizzandosi. Trockij sta ristrutturando l’armata rossa riutilizzando i vecchi quadri
dell’esercito zarista. Ciò significo per la futura URSS avere già alle origini una struttura militare fatta di
gente competente, e da soldati che combattevano uniti per un idealetruppe motivate! Questo era il
pericolo ad est che la neonata polonia avrebbe dovuto affrontare.
La Germania, sconfitta, ma non in ginocchio, aveva concluso la guerra con ancora un milione di uomini in
assetto di guerra. Firmò l’armistizio a rethondes perché non aveva più risorse, ma i reduci di guerra
andarono ad ingrossare i corpi franchi: organizzazioni paramilitare, a base fortemente nazionalista, che
combattevano all’interno contro i comunisti (riuscirono a bloccare in futuro le rivolte spartachiste), e
all’estero contro la polonia, la quale cominciava a rivendicare i propri territori.
La situazione polacca, nel novembre del ’18 è molto complessa:
- C’è un governo interno capeggiato da una figura forte autoritaria e autorevole: Pilsudski
-
Ci sono due tendenze politiche importanti: il partito nazional democratico di demovskij e il partito
nazional socialista di Pilsudski.
Ci sarà il problema di riunire tre ordinamenti giuridici differenti in uno solo, di integrare tre aree
economiche prima differenti. La Galizia aveva come punto di riferimento l’Europa asburgica:
commerciava all’interno. L’area russa, la zona di Varsavia e Lowz, commerciava con l’impero russo
esportandovi merci. Differenti erano le monete ed i rapporti con la proprietà privata. Differente era
anche il modo di pensare politico.
Dal punto di vista internazionale, la neonata polonia, ancora non definita per quanto riguarda i confini,
aveva l’appoggio degli USA, di Wilson, della Francia di Clemenceau, che voleva la creazione di uno stato
fedele nell’Europa centro orientale.
L’ultima volta che la polonia era stata una nazione unita era stato nel 1772. Per più di 100 anni la polonia
non era esistita come stato, ma era esistita come nazione. Esisteva una famiglia di memorie collettiva grazie
soprattutto all’opera della cultura polacca: letteratura, arte, lingua, musica.
Le sfide che aspettavano Pilsudski erano molte.
Il governo polacco provvisorio sarà caratterizzato dalla figura di Pilsudski: poco incline alla socialità, aveva
una visione dello stato molto etica, che si rifaceva molto alla polonia antecedente alla scissione. Aveva una
visione della nuova polonia come di uno stato in cui le barriere tra la popolazione dovessero essere
superate.
La prima tappa fu l’organizzazione dell’esercito. Vennero sfruttare come struttura centrale le vecchie
legioni che avevano combattuto contro l’impero asburgico. Venne organizzata anche una polizia interna.
La seconda, fu convocata un’assemblea costituente il 28 novembre 1918, la prima assemblea costituente
polacca.
Il terzo punto di Pilsudski, fu la rappresentanza all’estero ed il governo. Pilsudski dimostrò il suo fiuto
politico sin dall’inizio della sua avventura come governante della polonia. Come capo del governo
provvisorio e capo delle forze armate, nomina un presidente del governo, non tiene per sé la carica. Gli
interessava soprattutto l’aspetto militare del potere. Affida la carica di primo ministro al polacco più
famoso della scena internazionale: al pianista Padereskij.
Padereskij era uno dei principali interpreti della musica di Chopin, uno dei fautori principali della polonia
antica. Aveva portato a conoscenza degli amanti della musica europei la musica polacca delle origini. Era
una sorta di trait d’union della polonia attuale e di quella della memoria, in cui tutti i polacchi si
riconoscevano. Era, inoltre, una persona molto conosciuta e colta.
Era necessario, anche, scegliere un ministro degli affari esteri. In polonia erano presenti la corrente
socialista, di Pilsudski, e quella nazional democratica, più conservatrice e cattolica, rappresentata dal
partito nazional democratico. ? diventa ministro degli affari esteri. Essendo già a Parigi, rimane in loco, e
sfrutta i contatti creatosi durante la sua permanenza. Era una scelta oculata anche perché proveniva da un
partito sul quale si poteva fare affidamento per un futuro di stabilità, senza preoccuparsi di eventuali
rivoluzioni.
Il governo di Padereskij fu un governo di unità nazionale che cominciò ad operare nel gennaio del ’19.
Nel gennaio del 1919, l’assemblea costituente convocata da Pilsudski, votò una costituzione provvisoria (o
piccola costituzione). Essa vota anche come capo dello stato e delle forze armate Pilsudski.
I fattori destabilizzanti lasciati come eredità dalla prima guerra mondiale, in polonia non sembravano
funzionare, per il momento. Sia gli stati nazione, che i successori delle potenze centrali, arriveranno sulla
scena internazionale con un debito di politica estera forte: la mancata soluzione di problemi di carattere
nazionale  minoranze estranee al proprio interno, e minoranze proprie all’interno di altri stati.
Fra gli stati che saranno costretti a firmare la piccola Versailles, accordo multinazionale di stati neonati
dell’Europa centro orientale per il rispetto delle minoranze nel proprio territorio, la polonia fu l’ultima a
firmare. Al suo interno conteneva minoranze: tedesche, ucraine, russe, ceche, ebraiche. Oltre a questo
aveva al suo interno numerose altre confessioni religiose, oltre a quella cattolica.
La mantia 16/11/12
Anni ’20 – 1939
In questo periodo gli stati dell’Europa centro orientale andarono verso delle forme di governo dittatoriali,
alcune delle quali decisamente fasciste (grazie anche alla propaganda ed ai fondi italiani).
Due problemi spiccheranno:
- Creazione ex novo di strutture di governo, al quale era legato anche il problema dell’esistenza di
nuove èlites che dovevano legittimare il proprio posto al governo prendendo provvedimenti
sbagliati o frettolosiciò comporterà una generale aggressività nella politica estera, nella quale e
con la quale venivano espressi anche i problemi interni dello stato, che i funzionari incapaci vi
riversavano non sapendo come risolverli altrimenti.
- Problema tra la città e le campagne, con la costante della questione agraria. Legata all’assenza delle
masse contadine dal diritto di proprietà. In molti territori sussisteva ancora un rapporto molto
conflittuale tra città e campagne, caratterizzato da relazioni di tipo medievale.
Polonia
Viveva le conseguenze di essere diventata uno stato unitario provenendo da tre stati differenti.
La PE polacca viveva di un rapporto di base abbastanza problematico: l’enormità delle pretese e l’esilità
degli strumenti per realizzarle. (come l’Italia, continuò ad avere il dubbio se essere la prima tra le piccole
potenze o l’ultima tra le grandi)
Quando la PE è permeata da visioni grandiose, “la grande polonia”, deve fare i conti con gli strumenti atti a
realizzarle. Si crea uno scopo di PE importante, un fattore unificante, si identifica un nemico chiaro per
attribuirgli tutte le colpe dei problemi interni irrisolti. Per fare questo c’è bisogno di risorse.
Per la polonia, utilizzare l’economia come mezzo di affermazione della propria PE era un obiettivo molto
utopistico. Tre stati differenti = tre economie differenti  il fattore economico non può essere adatto a
realizzare gli strumenti di politica estera.
La polonia doveva, in primo luogo, consolidare i propri confini: aveva problemi con i porti franchi germanici,
con l’URSS, con la Germania.  c’era qualcosa di reale nella PE, che esulava dai problemi interni.
Aveva la necessità di affermare un ruolo all’interno dell’Europa orientale.
Altri strumenti possibili di PE:
- il prestigio internazionale (conseguente ad un passato di potenza). La polonia non era quel caso,
era indipendente da appena 3 anni. Solo 100 anni prima era stata una grande potenza regionale,
ma non era un valido argomento.
- Essere in grado di sfruttare a proprio vantaggio la situazione internazionalela polonia svolgeva
una funzione strategica sia nei confronti dell’URSS (per quanto riguarda la sua espansione a ovest),
sia nei confronti della Germania (blocca a oriente le frontiere tedesche). Ci sono stati che hanno
interesse al mantenimento dell’integrità della polonia. Cecoslovacchia: creata con una fortissima
pressione da parte degli USA e della Francia, anch’essa doveva svolgere un ruolo in un sistema di
difesa contro la Germania e l’URSS. La Cecoslovacchia aveva degli interessi di PE molto forti, che la
portavano in rotta di collisione con la politica estera polacca: vi erano dei conti in sospeso per
quanto riguarda obiettivi territoriali. Polonia e Cecoslovacchia, due stati con il medesimo referente
internazionale, propense a scontrarsi. Ungheria: presa da problemi interni, consolidamento del
regime autoritario (si evolverà verso un regime fortemente autoritario). Romania: aveva interessi in
quell’area che la portavano verso una politica di scontro con l’Ungheria; c’era la questione
transilvana in sospeso. URSS: non ha come riferimento la Francia, l’unica con cui ha dei rapporti è la
Germania.  per la polonia, realizzare una politica estera vantaggiosa era difficile: non c’era una
potenza referente che appoggiasse una politica estera aggressiva (l’unica referente era la Francia).
-
La polonia dei colonnelli stabilirà dei rapporti cordiali con la Germania nazista: unico momento in
cui il paese referente avvallò una politica estera aggressiva: ci sarà appoggio internazionale verso
una politica di espansione polacca in territori vicini.
La potenza militare: unico strumento della polonia. L’esercito godeva di un grande prestigio dopo le
vittorie iniziali e l’arresto finale dell’avanzata russa verso i territori polacchi. Unico strumento con
cui la polonia poté realizzare una PE aggressiva. È proprio l’esercito che avvia una politica di
espansione contro l’ucraina, contro la Russia, contro i corpi franchi tedeschi.
L’autoritarismo verso cui scivolerà la polonia sarà unito ad una situazione interna che agevolerà il ruolo
dell’esercito e valorizzerà la presenza di un uomo carismatico ed autorevole presso le forze armate stesse:
Pilsudski. Negli altri stati dell’Europa centro orientale, la presenza di capi carismatici con forti rapporti con
l’esercito o bande paramilitari, sarà la costante che fornirà a questi una politica estera aggressiva di
espansione.
L’esercito era appoggiato dalle forze socialiste che si riconoscevano in Pilsudski.
Evoluzione della politica interna polacca
1919 – convocazione della prima assemblea costituente e governo provvisorio. Viene varata una
costituzione provvisoria, o piccola costituzione. L’assemblea costituente è sempre espressione delle forze
politiche esistenti in un paese (sempre, e specialmente se utilizzato il sistema proporzionale).
Nell’assemblea costituente polacca si delinearono due schieramenti:
- Uno di destra: piccoli proprietari, nazionalisti, conservatori.
- Area di sinistra: partito socialista ebraico, socialisti. Si riconoscevano nella figura del maresciallo
Pilsudski.
Entrambi spingevano per due tipi di ordinamento costituzionale precisi:
- Destra – repubblica di tipo parlamentare
- Sinistra – presidenzialismo  volevano che la carica di presidente fosse impersonata dal
maresciallo Pilsudski, dotato di una fama grandissima.
Gran parte della sua fama era dovuta, in particolare, al fatto di aver bloccato e poi respinto l’esercito russo
una volta giunto sulla Vistola.
L’esercito godeva di buona fama: era stato ricostruito, e nell’ultima parte aveva goduto di innesti
fondamentali provenienti dalle campagne. Ai contadini polacchi era stato promesso il possesso dei territori
su cui lavoravano, per fornire una motivazione – spinta contro l’esercito russo.
La costituzione venne votata il 17 marzo 1921, la quale fece della polonia una repubblica parlamentare.
All’interno del raggruppamento socialista, è probabile, che in sede di votazione qualcuno abbia fatto il
franco tiratore.
Dalla costituzione, la forma di governo parlamentare era composta da:
potere legislativo su base bicameralebicameralismo perfetto: c’era una dieta che fungeva da camera
dei deputati, eletta per 5 anni a suffragio universale segreto e diretto, una camera del senato, eletto per 5
anni dai cittadini che avessero compiuto il 25 anno di età. Per essere eletti bisognava avere, inoltre, un’età
superiore ai 30 anni. Le votazioni avvenivano con sistema proporzionale. In uno stato che proveniva da 3
aree differenti, con una tradizione politica differente, il sistema proporzionale + il bicameralismo perfetto
erano l’anticamera dell’immobilismo politico. I partiti polacchi erano molti.
Potere esecutivo: rappresentato dal presidente eletto dai due rami del parlamento che si costituivano
in assemblea nazionale. Rimaneva in carica 7 anni, nominava un presidente del consiglio. Sistema molto
simile a quello francese, con cui i polacchi avevano forti legami. La costituzione francese del 1875 servì da
base per la creazione delle istituzioni politiche polacche. Il potere principale del presidente era quello di
sciogliere il parlamento. Tuttavia, non era dotato di particolari poteri. Il presidente della repubblica,
presentando all’esecutivo il bilancio dello stato, era soggetto al voto favorevole o meno del parlamento. Se
il parlamento non approvava, rischiava il ricatto di scioglimento. Tuttavia, lo scioglimento delle camere,
sarebbe potuto avvenire solo con una maggioranza del parlamento  il meccanismo del ricatto viene
spezzato.
Il candidato alla presidenza della repubblica doveva essere Pilsudski, ma proprio perché i poteri del
presidente della repubblica non erano così vasti come il generale si aspettava, si rifiutò di partecipare
alle elezioni, motivando la sua scelta con la mancanza di fiducia che c’era nei suoi confronti. Si ritirò,
apparentemente, dalla scena politica: stava dietro le quinte, e, avendo l’appoggio dei socialisti,
continuò ad influenzare la vita politica polacca. Venne eletto un socialista alla presidenza, il 9 dicembre
1922: il professor nantovicic. Sarà ucciso due mesi dopo. Subito dopo l’elezione fu accusato dalla destra
(frange dei nazional democratici) di essere di origine ebraica, di avere simpatie per gli ucraini, di essere
l’eletto dei nemici della polonia. Con l’assassinio si temette che in polonia potesse scoppiare una
rivolta: il vuoto di potere e l’incapacità di gestire la situazione è tipica e comune a tutti gli stati
dell’Europa centro orientale, fattore derivante da una mancata tradizione democratica. Le conseguenze
della IWW favorirono gli autoritarismi, le condizioni estreme, bloccando i processi di emancipazione.
Il presidente della repubblica fu sostituito rapidamente: il generale sikorskij, a capo del governo
provvisorio, gestì la transizione fino all’elezione del nuovo presidente della repubblica. In questo caso il
ruolo di Pilsudski fu più pesante.
I problemi che il governo polacco dovette affrontare, erano problemi che inficiavano direttamente la PE
polacca:
- Svalutazione della moneta. Non ai livelli della repubblica di weimar, ma la moneta era molto
svalutata: ci fu una svalutazione di fatto, ed una operata dal governo stesso.
- Agitazione sociale: scioperi, occupazioni e scontri tra forze dell’ordine e scioperanti.
- Scarso feeling che il governo, nonostante il presidente fosse stato eletto con parere favorevole di
Pilsudski, con l’esercito.
Si riteneva che la polonia dovesse investire maggiormente nelle riforme agrarie, nella costruzione di
infrastrutture, nel consolidamento dei porti, nella creazione di un sistema ferroviario unitario. La parte
polacca sotto sovranità russa era integrata nel sistema russo: esso ha una distanza tra i binari differente
rispetto al resto d’Europa, per evitare invasioni da parte delle forze nemiche in modo che non utilizzassero
le ferrovie. Era una strategia di guerra consolidata.
L’esercito, espressione di una politica autoritaria all’interno e di un PE aggressiva, riteneva necessari degli
investimenti al suo interno: ogni voce di mancato investimento costituivano un fattore di crisi tra una
massa di militari votati a Pilsudski ed il resto della popolazione. Ad aggravare la situazione, i socialisti, che
vedevano in Pilsudski la base del loro partito, dovettero ricredersi poiché il maresciallo stesso si stava
evolvendo verso posizioni autoritarie distanti da quelle socialiste ciò provocò in Pilsudski un forte
risentimento nei confronti della vita politica.
Nel maggio del ’23 annuncia il ritiro, per la seconda volta, dalla vita politica. Ma il timore dello
smembramento dell’esercito da parte del governo e l’accusa rivolta, da più parte, di corruzione dei politici,
rinsaldarono lo spirito unitario nell’esercito fornendo anche a Pilsudski la volontà di tornare ad occuparsi
della vita nazionale.
Nel 12 marzo 26 le truppe di Pilsudski marciarono su Varsavia, osteggiate dalle truppe fedeli al governo. Vi
furono degli scontri, le truppe governative spararono. I socialisti, che ritenevano ancora che Pilsudski fosse
nel giusto, appoggiarono le forze di Pilsudski e proclamarono uno sciopero generale. In una situazione di
forte instabilità interna, Pilsudski prenderà il potere. I presidenti della repubblica e del consiglio si dimisero.
Il 1 giugno 1926 l’assemblea nazionale, dieta e senato in seduta comune, elessero il nuovo presidente:
Pilsudski. Egli rifiutò nuovamente la carica: gli interessava poter gestire direttamente le forze armate.
Rifiutando la carica consentì l’elezione alla carica del socialista mociskij, ed accettò la carica politica di
ministro della difesa, e la carica di ispettore generale dell’esercito.
Le richieste di riforma dell’esercito non verranno ascoltate. Charles de Gaulle riteneva che le future guerre
riteneva che non sarebbero state guerre di posizione, ma guerre di movimento. Secondo de gaulle e
l’istruttore francese dell’esercito polacco, era necessario investire in strutture che garantissero la capacità
di movimento dell’esercito. I generali polacchi, una piccola parte, che ritenevano necessario un
provvedimento simile, non verranno ascoltati dal resto dei generali. L’esercito polacco verrà schierato
come un ottimo esercito, ma in riferimento alla prima guerra mondiale. Era pronto, infatti, per una guerra
di posizione, con una fortissima cavalleria, ma non per la IIWW.
Il discorso sulla modernizzazione dell’esercito porterà al suo ammodernamento in riferimento ad una
guerra di posizione e non di movimento, bei mone!
La costituzione del ’21 fu modificata: vennero ristretti i poteri del parlamento e fu concesso al presidente
della repubblica una sorta di potere incondizionato nei confronti del parlamentopoteva sciogliere il
parlamento senza avere la necessità di maggioranze qualificate all’interno dello stesso. Il bilanciamento dei
poteri viene meno.
Con la modifica della costituzione si modifica anche il quadro politico della repubblica polacca. Questa cosa
avverrà anche in altri stati dell’Europa orientale. In seno al parlamento si creerà un raggruppamento
eterogeneo: il blocco antigovernativo che appoggerà il presidente eletto. Trait d’union rappresentato
dalla figura di Pilsudski con un ruolo apparentemente defilato, ma in realtà dominante. La polonia aveva
nell’esercito lo strumento principale per esercitare un PE aggressiva.
L’unico stato che potesse avere una politica debole, o che al proprio interno non aveva le forze necessarie
per contrastare una PE aggressiva era la Cecoslovacchia. I polacchi occuperanno due piccole zone contese
tra i due paesi.
Alla fine degli anni ’20 (crisi del ’29)spinte all’autoritarismo.
Ungheriagoverno autoritario dell’ammiraglio Horty che rafforzava la propria politica autoritaria con
manifestazioni di stampo fascista.
Romaniaanch’essa stava regredendo verso posizioni autoritarie.
Cecoslovacchiaunico stato che non sta evolvendo verso un sistema autoritario. È debole, e deve cedere
all’aggressività polacca.
Al blocco antigovernativo che esprimeva il proprio sostegno alla presidenza, si oppose un raggruppamento
dell’opposizione. Tra il ’26 ed il ’35 (morte di Pilsudski), i polacchi crearono un raggruppamento di
opposizione, che prese il nome dalla riunione del raggruppamento stesso: congresso per la difesa della
legge e della libertà del popolo. Con il fattore esterno che fungeva da collante, il movimento resistette.
Ne facevano parte i populisti, frange dei nazional democratici, una buona parte dei socialisti resisi conto
della regressione verso l’autoritarismo di Pilsudski.
La reazione del governo nei confronti degli oppositori fu molto dura: si posizionò in maniera definitiva su
una posizione autoritaria. Venne sciolta con la forza questa associazione, e assieme ad essa venne sciolto
anche il parlamento  il governo convocò nuove elezioni, che si svolsero il 16 novembre 1930, in maniera
non propriamente corretta. L’influenza del governo in carica, del blocco governativo e dell’esercito fu molto
forte.
Nella parte più bassa della popolazione polacca il carisma di Pilsudski era molto forte. A fronte di una
diffusa corruzione dei politici del periodo, l’integrità del maresciallo, il suo essere schivo in pubblico,
avevano la loro influenza.
Da queste elezioni non regolari, ma ad alta partecipazione popolare (le campagne votarono), il blocco
governativo ottenne la maggioranza assoluta in parlamento  potevano governare in pieno accordo con il
parlamento, e con la scusa di un vasto supporto popolare. Il governo procedette all’ennesimo
emendamento della costituzione del ’21:
L’opposizione sarà smembrata e la tendenza all’autoritarismo si consoliderà dopo la morte di Pilsudski (12
maggio 1935). Gli succedettero i militari con il colonnello Bek, il presidente della repubblica Sikovskij. Bek
governò come ministro degli affari esteri in uno dei governi socialisti succedutisi.
Il sostituto di Pilsudski nella carica più importante, ministro della difesa, fu il generale Smigly.
L’opposizione polacca fu messa fuori legge. Si mantenne la presenza in parlamento di una opposizione
formale. Ad essere ridotte al silenzio non furono solo le opposizioni, ma anche i capi dei vari partiti
espressione delle varie nazionalità presenti in Europa. Partito ucraino, tedesco, russo.
Il colonnello bek, nel frattempo, stringeva rapporti con la diplomazia tedesca. Verso la fine degli anni ’30,
tra il 37 ed il 39, venne proposto, da parte polacca, uno scambio di popolazioni: per ingraziarsi l’amicizia
tedesca una politica antisemita era stata valutata come vantaggiosa; riteneva che la parte di cittadini
polacchi ebrei tedeschi, dovessero tornare in Germania.
Si giungerà al ’39 con una crisi interna forte: i polacchi si trovarono al centro di una trattativa che passava
sopra le loro teste, e che confermava come la polonia avrebbe dovuto avere ben altre risorse per
destreggiarsi nella scena internazionale.
Prima della firma del patto molotov – ribbentrop ci fu un incontro a mosca. A mosca non si fidavano degli
occidentali: ritenevano che Francia e UK avessero interesse a provocare una guerra tra URSS e Germania.
Poiché stavano negoziando con entrambe le parti chiesero la testimonianza della buona fede degli stati
occidentali. Poiché oggetto del contendere era la polonia, che andava progressivamente allontanandosi
dalla Germania e rafforzando, d’altra parte, i rapporti con la Francia, in quanto territorio di transito delle
truppe dell’URSS per un eventuale attacco alla Germania. I polacchi si rifiutarono sempre, perché sapevano
che difficilmente i russi, una volta transitati, se ne sarebbero tornati a casa. Ritenevano che l’esercito
polacco sarebbe stato in grado di bloccare l0esercito tedesco. A mosca, quindi, capirono che sarebbe stato
più conveniente allearsi con la Germania.
Settembre del ’39 – scoppia la guerra.
La guerra iniziò su di un pretesto organizzato dai servizi segreti tedeschi: vestirono dei detenuti comuni di
origine polacca con vestiti dell’esercito polacco, e li portarono all’interno di una stazione radio tedesca
confinante con la polonia, dicendo che questi avevano invaso il territorio tedesco. Questo fu il casus belli. In
realtà la Germania non dichiarò mai guerra alla polonia, fu combattuta in pochissimo tempo con l’impiego
congiunto dell’aviazione e della fanteria.
Dopo l’avanzata delle truppe tedesche, i sovietici aspettarono 15 giorni, ed in seguito avanzarono
completando l’occupazione stabilita nel trattato. Spariva la polonia dalla carta geografica, nuovamente,
durata esattamente per 20 anni.
20 anni non erano bastati per risolvere problemi che uno stato creato dal nulla, proveniente da 3 realtà
differenti, aveva. Non bastarono per completare riforme agrarie, per creare una struttura industriale e per
creare un tessuto democratico con un corretto esercizio di formazione del pensiero politico e della
sovranità. Nel ’26, solo 7 anni dopo, era diventata uno stato autoritario: uno stato autoritario blocca lo
sviluppo.
Alla fine della IIWW, si riproporranno gli stessi problemi. Durante l’occupazione nazista, tuttavia, nascerà in
polonia lo “stato” (o governo) clandestino: faceva funzionare una forma di istruzione primaria e secondaria,
aveva una sorta di ministero della giustizia che agiva contro i traditori, che gestiva la resistenza interna e le
magre risorse esistenti per tutelare la popolazione. Da questo governo nascerà una prima parte della
polonia contemporanea.
La mantia 19/11/12
Le nazionalità inserite nei vari contesti politici nati dai trattati di Parigi saranno quelle che più
destabilizzeranno l’area. Le questioni nazionali incideranno sulla PE di tutti gli stati dell’area.
Che incidenza ebbero le nazionalità per delineare la PE di uno stato?
Furono siglati degli accordi di tutela delle minoranze. Il problema delle nazionalità era un problema ben
presente a Wilson: quando scrisse i 14 punti aveva come obiettivo quello di creare un’Europa rispettosa
delle nazionalità.
Wilson era molto lontano dalla realtà dalla realtà dell’Europa, ed in particolare dell’Europa centro orientale.
Lavorava sulle informazioni fornitegli dall’UK e dalla Francia. La Francia aveva sempre avuto un ruolo molto
importante nell’Europa centro orientale.
Con la creazione di un sistema basato sul rispetto delle nazionalità, a Washington si pensava che l’Europa si
sarebbe evoluta in un continente pacifico e rispettoso. Quando si presentarono agli occhi di Wilson le
difficoltà nell’ordinare l’Europa secondo le nazionalità, dovette cambiare il tiro. Fu inamovibile sui 14 punti.
Era necessario creare una struttura di supporto per le nazionalità: qualcosa che potesse permettere loro di
esercitare un diritto all’autotutela, aiutate da un garante internazionale. L’osservanza dei trattati sulla
protezione delle minoranze fu posta sotto l’organismo internazionale nascente, che nei sogni di Wilson,
avrebbe dovuto essere la madre della pace internazionale: la SdN.
La tutela dei trattati sulla protezione delle minoranze sarebbe stata demandata alla SdN.
In porre
L’amministrazione della SDN era di fatto nelle mani degli stati vincitori della IWW: il loro coinvolgimento
nella creazione di questa struttura di controllo, era un coinvolgimento diretto.
Esisteva il problema di come imporre giuridicamente il rispetto dei trattati sulla tutela delle minoranze: vi
furono moltissime pressioni dal punto di vista politico verso gli stati dell’Europa dell’est che avevano al loro
interno consistenti minoranze, perché firmassero i trattati. I più recalcitanti furono romeni e polacchi.
Perché firmassero questi accordi, si impose l’inserimento dei trattati sulle minoranze all’interno delle leggi
fondamentali, costituzioni, che quegli stessi stati stavano varando in quel periodo  si voleva creare un
vincolo giuridico. Tutte le leggi degli stati firmatari avrebbero dovuto conformarsi alle norme costituzionali
e quindi alla legge sulle minoranze.
Per garantire a livello internazionale il rispetto dei trattati, la loro osservanza fu posta sotto la tutela di una
sezione specifica della SDN: la sezione delle minoranze.
Le potenze vincitrici affrontarono un problema importante quando dovettero risistemare la cartina
d’Europa: si scontrava da un lato con il tentativo di creare una stabilità all’interno dell’Europa centro
orientale, dall’altro con la tutela degli affari delle singole potenze vincitrici della IWW. Creare stabilità vs
fare in modo che la stabilità non inficiasse gli interessi delle singole potenze.
Quanto queste necessità influirono sul rispetto dei diritti delle minoranze? Quanto questa doppia necessità
influì sulla capacità di intervento della SDN nella questione di tutela delle minoranze?
Si trattò di una influenza molto importante dell’interesse interno sulla creazione di una condizione di
stabilità: alla fine non si trattò di una condizione di stabilità, ma di una condizione di stabilità sotto tutela 
si cercò di governare tutti gli elementi che avrebbero potuto portare ad una conflagrazione interna,
tentando di controllarli. Situazione politica complessa. Con l’appannaggio non si vede niente.
Alla fine de4lla IWW la situazione è fluida: le grandi potenze europee non hanno ancora subito quel
processo di regionalizzazione che subiranno dopo la IIWW. La Francia e la gran bretagna continueranno a
svolgere un ruolo molto forte con l’Europa orientale, così come l’Italia con l’albania e l’Ungheria. Man mano
che gli stati dell’Europa orientale regredivano verso l’autoritarismo si avvicinavano all’Italia.
Diritti riconosciuti all’interno dei trattati sulla protezione delle minoranze: riconosciuti tutti i diritti della
persona, della lingua, della religione, dell’istruzione, a non essere discriminati. Ma non fu riconosciuto
nessun diritto all’autonomia.
I requisiti essenziali per il riconoscimento della cittadinanza dello stato nazione alle varie altre nazionalità
presenti al suo interno erano legati al domicilio: al momento dell’entrata in vigore dei trattati era il
requisito essenziale per la concessione della cittadinanza.
Gli optanti per altra nazionalità sarebbero stati liberi di mantenere i beni immobili posseduti nel territorio
da cui stavano andandosene, e avrebbero potuto portare via i beni mobili senza pagamento di tasse
aggiuntive. Sempre se avessero avuto il requisito di domicilio.
N.B. il bogdan usa i termini domicilio e residenza come equivalenti, il termine corretto è domicilio, domicilio
prevalente.
Chi volesse chiedere la cittadinanza avrebbe dovuto avere il domicilio. Chi optava per un’altra cittadinanza
aveva diritto: 1 ad andarsene, portandosi i beni mobili di cui era proprietario senza dover pagare delle tasse
aggiuntive allo stato che stava lasciando 2 poteva mantenere la proprietà dei beni immobili posseduti
all’interno dello stato da cui se ne stava andando.  queste due clausole furono quelle più disattese, in
quanto dalla requisizione dei beni immobili (se non ci fosse stato il pagamento dei tributi aggiuntivi, che in
violazione delle clausole venivano richiesti) gli stati ospitanti traevano maggiori ricchezze e benefici (la
requisizione era una pratica molto diffusa).
Ci furono anche clausole legate alla specificità delle zone interessate. Tra le tante vi fu quella romena. Tra
Romania e Ungheria esisteva il grande problema della Transilvania e delle sue popolazioni: c’erano
ungheresi, rom, ebrei, e forti minoranze sassoni ed una forte minoranza schelenzin (?). Nei confronti di
queste ultime due, la Romania si impegnava a concedere in Transilvania l’autonomia per scuola e religione.
Lo stato riconosceva della peculiarità ma non concedeva autonomia amministrativa.
Procedura prevista per la tutela internazionale dei diritti delle minoranze: aveva come scopo da un lato,
quello di prendere tempo per conoscere ogni dettaglio della questione, dall’altro quello di giungere ad una
composizione politica con lo stato.
Per quanto riguardava la violazione dei diritti delle minoranze la società delle nazioni non prevedeva
sanzioni.
Dal ’20 al ’36 l’Europa fu immersa nell’idea della sicurezza collettiva: eliminare la guerra con dei trattati che
eliminano la guerra. In realtà, l’eliminazione della guerra poteva essere fatta con un vero sistema
sanzionatorio. Questo venne utilizzato solo nel ’35, quando l’Italia invase l’Europa, aumentando la
propensione all’alleanza con la Germania.
La procedura iniziava con una petizione che partiva dalle rappresentanze delle minoranze. Questa riportava
le presunte violazioni compiute dallo stato firmatario. C’era già una forte limitazione che rendeva molto
difficile la creazione stessa della petizione: si partiva dal presupposto che le nazionalità fossero organizzate,
che si potessero mettere d’accordo , attraverso dei rappresentanti, per denunciare le mancanze dello stato
di cui facevano parte. Non esisteva un rappresentante, incaricato statale che controllasse lo stato di tutela
delle minoranze nel territorio.
Dopo aver scritto la petizione, ed attivato l’interesse della SDN, la petizione era esaminata dai membri della
sezione delle minoranze: 3 commissari dedicati al caso, con alla presidenza della commissione un danese.
Qualora il problema fosse complicato era possibile l’esaminazione da parte di 5 commissari. La petizione
veniva esaminata ed in seguito veniva inviata una richiesta di informazioni allo stato mancante. Lo stato
poteva chiedere una dilazione nei tempi di consegna delle proprie osservanze per redigere una propria
relazione. Nel frattempo le minoranze continuavano a subire le vessazioni denunciate nella petizione.
Una volta che il governo dello stati inquisito mandava le proprie deduzioni, la commissione, in seduta
plenaria, si pronunciava se mandare o meno al consiglio della società delle nazioni la questione in esame
(ulteriore indagine di carattere politico – procedurale). Se il consiglio riteneva giusto aprire una procedura,
si contattava il governo ufficialmente chiedendo di giungere ad una soluzione, purché fosse una soluzione
di tipo politico. Il contatto con lo stato accusato, in tutti i passi della procedura, era volto continuamente a
raggiungere un compromesso politico, e mai a delle vere e proprie sanzioni. I membri del consiglio della
società delle nazioni, facenti parte degli stati principali, erano coloro a cui spettava la mediazione con lo
stato  era in questo momento che si creavano i conflitti di interesse tra la tutela delle minoranze (e quindi
il rispetto dei trattati della SDN) e i veri e propri interessi che i singoli stati commissari avevano con lo stato
denunciato.
Ogni qual volta la Francia fu coinvolta dalla SDN nei giudizi degli stati coi cui aveva buoni rapporti ma che
avevano violato i principi della SDN, si comporterà sempre cercando di tutelare i propri interessi, e quindi i
rapporti con questi stati stessi: la priorità era salvaguardare l’unità del governo amico  la tutela delle
minoranze avrà sempre un ruolo di secondo piano, grazie soprattutto alla Francia, perché subordinata agli
interessi degli stati vincitori della guerra.
Ruolo della Francia
La Francia è tra le potenze vincitrici della IWW, e quella che aveva maggior interesse nella politica degli stati
dell’Europa centro orientale.
La Francia era dietro, come stato che ne spinse la creazione, della piccola intesa. Il principale sponsor della
piccola intesa come insieme di stati che la costituivano, maggiorn referente internazionale della polonia,
con collaborazioni militari avviate. Uno degli stati che si era prodigato alla nascita di un regno degli slavi del
sud in funzione anti italiana.
Uno stato con cui i vecchi principati danubiani avevano un rapporto antichissimo: le élites rumene si erano
formate nelle scuole francesi. Il francese era la lingua più diffusa all’interno dell’Europa orientale.
L’interesse strategico francese è volto alla creazione di un muro che contrasti la politica di espansione
tedesca verso oriente: bisognava creare una situazione di controllo della Germania attraverso le frontiere
orientali.
Finita la IWW, la Francia non ebbe mai il dubbio di una futura revanche tedesca: tutta la PE francese, dai
trattati di pace alla sicurezza collettiva, era volta a intralciare la revanche tedesca, data per scontata, e
quindi da limitare. Lo fece continuando ad occupare la Sahr e la Ruhr, utilizzando le risorse necessarie alla
Germania per creare un nuovo esercito, contrastandola a livello internazionale sotto ogni aspetto  PE di
estrema tutela della propria sicurezza nazionale, e giustificazione dell’appoggio che la Francia dava agli stati
successori degli imperi, e che bastava a giustificare la mancata osservanza delle leggi sulla tutela delle
minoranze da parte di quest’ultimi.
Il caso degli ungheresi con la Transilvania dimostra l’atteggiamento francese molto vicino alle politiche di
bucarest. Gli ungheresi, non così rispettosi degli accordi firmati (imponevano tasse supplementari: i
telegrammi spediti in ungherese in territorio rumeno erano gravati da una tassa perché scritti in ungherese
e non in rumeno), erano costantemente colpiti dalle vessazioni nei confronti delle minoranze, operata dalla
Romania.
Colei che meno vessò le proprie minoranze fu la Cecoslovacchia: i cecoslovacchi, dopo un inizio piuttosto
duro nei confronti delle minoranze interne (tedeschi sudeti, polacchi, ungheresi), iniziarono a rispettare le
minoranze interne.
La violazione dei diritti delle minoranze sarà costante.
La PE di uno stato è costituita dal rapporto continuo tra obiettivi e strumenti necessari per realizzarli.
Spesso gli obiettivi superano di gran lunga gli strumenti disponibili. Avere minoranze all’interno era un
elemento che entrava nel delicato rapporto tra obiettivi e strumenti: le minoranze nazionali si
richiamavano a stati esteri. Non avendo la protezione interna spettante loro di diritto e non sentendosi
parte integrante dello stato in cui erano residenti, finirono per rivolgersi a referenti internazionali, la cui PE
trasse un vantaggio nell’avere all’interno degli stati con cui erano in disaccordo, una leva per far volgere le
decisioni ed i rapporti tra i due a proprio beneficio.
La miopia politico amministrativa si traduceva immediatamente in una diminuzione dello stato ospitante la
minoranza nella diminuzione di condurre una PE di successo: dava a stati esteri la possibilità di condizionare
le scelte di politica interna ed estera proprie.
Gli ungheresi avevano all’interno la minoranza rumena, quella serba.
La stessa Croazia, che faceva parte del regno degli slavi del sud, aveva al suo interno minoranze di altre
nazionalità.
Le nazionalità all’interno di stati ospitanti veniva usata come strumento di pressione da parte di stati esteri,
che veniva sfruttato a proprio vantaggio (elemento che tutt’ora funziona).
Le minoranze dell’Europa centro orientale avevano referenti in stati con cui lo stato ospitante aveva
problemi in sospeso.
Violazioni principali in corso:
1 Le violazioni erano innanzi tutto limitazioni politiche.
Petizione spedita dagli ungheresi di Transilvania il 15 marzo ’23 alla sezione delle minoranze della SDN: gli
ungheresi della Transilvania denunciarono una serie di violazioni constatate effettivamente. I cecoslovacchi,
per esempio, erano stati abili: stabilendo un rapporto tra l’eletto ed il numero degli elettori, facendo in
modo di descrivere le circoscrizioni elettorali in modo che le minoranze non avessero una circoscrizione
unitaria, ma fossero inserite come minoranza all’interno di circoscrizioni più ampie dove la maggioranza era
ceca  così i rappresentanti delle minoranze nel territorio cecoslovacco erano molto minori, poiché era
difficile avere dei propri eletti all’interno di circoscrizioni non omogenee. Non consentivano di fatto
l’esercizio delle libertà politiche. L’assimilazione che i governi nazionali ebbero, non scegliendo il rispetto
delle tutele inserite nelle costituzione, per evitare l’intromissione degli stati esteri tramite le minoranze
all’interno dei propri stati. Una volta che le minoranze fossero state assimilate, o fossero scomparse, il
problema del controllo dell’intromissione di uno stato estero negli affari interni non si sarebbe posto.
Per evitare che la Bulgaria non intervenisse negli affari della Grecia. Il governo di Atene espulse dal proprio
territorio in macedonia, al confine con la Bulgaria, 300'000 bulgari. Non ci furono più bulgari in Grecia, o per
lo meno un numero tale per dare alla Bulgaria il diritto di imporsi come potenza tutrice negli affari della
Grecia per proteggere la minoranza bulgara.
2 Il secondo elemento utilizzato nella politica di assimilazione, fu l’espulsione. Le espulsioni furono un
mezzo per togliere da territori economicamente importanti, minoranze nazionali. L’Europa tra il ’19 ed il ’30
fu un’Europa in transito per molte minoranze che furono spinte a trasferirsi altrove. Non sempre nella meta
di trasferimento trovavano disposizione all’accoglienza: c’era crisi economica. Spostare migliaia di persone
da un’area ad un’altra comportava dei grossi costi, pagati con i beni degli stessi transfughi. Era necessario,
poi, inserirli nei nuovi contesti in cui venivano cacciati  problema del nuovo stato ospitante.
Le minoranze che si stabilivano nello stato referente, non erano sempre bene accolte. Si rinfacciava loro la
colpa di insediarsi in realtà diverse incrinandone l’equilibrio.
Le minoranze organizzate cominciarono a pensare che la soluzione migliore sarebbe stata non la
transumanza verso lo stato originario, ma lo spostamento dell’intero territorio di residenza allo stato estero
di riferimento: l’annessione alla potenza tutrice sembrava logico. Da ciò veniva l’appoggio dato da partiti e
movimenti esterni che sostenevano tale idea a partiti interni che sostenevano l’idea. Spesso erano partiti,
di destra nazionalista, che rifiutavano la sistemazione europea dopo Versailles.
3 Veniva esercitata una fortissima pressione amministrativa sulle minoranze: tutto ciò che era burocratico,
per l’appartenente alla minoranza, diventava estremamente complicato da districare.
4 la bonifica delle città: avveniva mettendo vincoli all’acquisto di case, ai luoghi di residenza. Con una
politica amministrativa di continuo disagio nei confronti delle minoranze.
5 riforme agrarie. La fine del conflitto vide come uno dei problemi più gravi la gestione della terra. I
movimenti nazionali erano spesso spinti da élites borghesi, ma il rapporto con le campagne era conflittuale
in tutti gli stati dopo la guerra. I contadini spinti al fronti, motivati dalla promessa di concessioni territoriali,
rivendicavano ciò che spettava loro in maniera anche violenta. Inoltre, c’era il colosso russo in via di
sovietizzazione: aveva vinto la rivoluzione, ed espropriava le terre ai contadini. Serviva come grimaldello
all’interno: svuotava le premesse rivoluzionarie.
Esisteva un problema di carattere oggettivo: quante terre espropriare? C’era da affrontare un problema
oggettivo: a chi espropriare le terre?
Esigenza di effettuare riforme agrarie, necessità di espropriare, esigenza di operare la riforma.
I governi avevano bisogno del sostegno di quasi tutti i partiti. In tale stato di necessità, la soluzione migliore
era quella di destinare al sequestro le terre appartenenti ai membri delle varie minoranze. C’era necessità
politico economica di fare la riforma e di effettuare degli espropri: questo però avrebbe portato ad una
diminuzione del sostegno al governo, i quali ne avevano estremamente bisogno.
La soluzione fu vista nell’esproprio di latifondi appartenenti ai membri delle varie minoranze nazionali.
Alcune minoranze nazionali erano molto ricche: nell’impero asburgico la popolazione si era arricchita,
scisso l’impero, parte di questa finì per essere minoranza all’interno dei vari stati nazionali, mantenendo la
sua ricchezza e combattendo contro le espropriazioni dello stato ospitante.
Con l’esproprio si ottenevano terre curate ed in buono stato, ricchezze e finanziamenti per avviare la
coltivazione (mezzi, sementi, ecc). C’era il problema della redditività delle terre, la quale comportava debiti
fino a che non sarebbero stati prodotti dei beni  c’era bisogno di ricchezza  ottenuta dalle minoranze.
Europa centro orientale piena di minoranze nazionali. Minoranze = mezzo per realizzare la PE da parti degli
stati referenti per queste minoranze nella scena internazionale.
Le minoranze subirono una serie di vessazioni. La tutela prevista dalla SDN non funziona. Una politica
interna fatta di vessazioni continue di ogni tipo (politiche amministrative economiche) portava i partiti che
chiedevano l’annessione alla patria natia ad inasprire le proprie richieste e a spingere maggiormente per
ricongiungersi al patrio suolo. Queste furono le condizioni che fecero di Adolf Hitler un faro per le
nazionalità che vivevano in queste condizioni.
Fu dopo l’ascesa del fuhrer che alcuni stati cominciarono a mitigare la politica di vessazione condotta sulle
minoranze nel proprio territorio: c’era un referente nazionale con una PE molto aggressiva e strutturava 
attaccava i singoli stati per ricongiungere le minoranze nazionali al proprio territorio, e soprattutto, i trattati
messi a tutela delle minoranze che non erano stati rispettati. Hitler diventa un punto di riferimento per i
partiti di destra nazionalisti rappresentanti le minoranze. La Germania diventa un punto di riferimento.
Le conseguenze della mancata soluzione del problema delle nazionalità, saranno le principali cause della
IIWW perché daranno punti di intromissione, la possibilità alla Germania di introdursi negli affari interni
della Cecoslovacchia, della polonia, dell’Ungheria.
La mantia 21/11/12
Presenza partiti filofascisti e nazisti che rafforzavano la coesione all'interno delle varie minoranze nazionali.
Questi erano fortemente influenzati e finanziati dalla Germania e dall'italia.
1 le minoranze nazionali rappresentate all'interno delle potenze da questi partiti, erano spesso partiti che si
costituivano con l'ausilio di potenze straniere. Questi partiti di ispirazione fascista e nazista avevano i propri
referenti all'estero, il più importante dei quali era quello di adolf hitler.
2 capacità con cui Berlino legava a sé i paesi dell'area in ambito commerciale: non era solo una politica
biologicizzata, ma anche una politica economica. La politica tedesca non era per frocio chi legge solo
militare: la diplomazia tedesca era figlia di quella precedente → formatasi nel periodo bismarkiano,
conosceva gli strumenti per legare a sé degli stati che avevano molti problemi soprattutto di carattere
economico, sfruttando il vuoto lasciato dalla fine dell'impero asburgico in ambito commerciale ed
economico.
I finanziamenti degli stati ai partiti fascisti e nazisti ne aumentavano la capacità di radicamento e di
successo all’interno del paese in cui operavano, e, soprattutto, aiutavano il radicamento all’ideologia e alla
potenza nazista.
Diplomazia dell’Europa orientale legata ai periodi precedenti. La diplomazia cecoslovacca si era formata
sotto l’impero asburgico. Era una diplomazia in carriera, non c’era stato tempo per creare un nuovo corpo
diplomatico in grado di operare immediatamente. Le diplomazie asburgiche erano legate ad una
fondamentale idea di unità all’interno dell’impero. Le diplomazie che successero a quella asburgica
ereditarono parte del modo di pensare asburgico, ragionavano in termini diversi dal governo dello stato in
cui operavano  impedivano una PE chiara e unitaria, che limitava il raggio d’azione dello stato per cui
operava. Si registrarono speso delle indecisioni e degli errori che portarono a fare delle scelte che
portavano dei miglioramenti nell’immediato, ma che nel lungo termine si sarebbero rivelate dei danni
enormi. Gli stessi ministri degli esteri presero spesso degli abbagli, scegliendo degli alleati che poi si
rivelarono il principale nemico dello stato in questione.
3 le prime due variabili erano funzionali essenzialmente alla PE tedesca dei revisione dei trattati di pace. La
germanie era revisionista da tempo. Aveva iniziato ad essere revisionista dalla ratifica dei trattati di pace, la
quale ritenevano ingiusta, come ingiuste ritenevano le vessazioni, le clausole economiche, ma soprattutto
l’eliminazione dell’esercito, ed il tentativo delle altre potenze di rendere la Germania una potenza
inesistente. La politica di revanche della Germania preoccuperà a fondo, e coinvolgerà ampiamente la
Francia. C’era un gruppo di stati revisionisti che ritenevano che a Parigi si fossero firmati dei trattati ingiusti.
Questi stati, pur non essendo al proprio interno autoritari, avevano come principale referente per la
revisione dei trattati di pace, lo stato maggiormente interessato alla loro revisione: la Germania. I tedeschi
seppero sfruttare ampiamente questo sentimento/contesto internazionale a loro favorevole.
All’interno dell’Europa orientale esistevano diverse organizzazioni nazifasciste:
- Croci frecciate Ungheria
- Guardia di ferro Romania
- Raggruppamento nazionale Cecoslovacchia
- Ecc ecc
Questi contribuivano a facilitare la realizzazione della PE tedesca all’interno del proprio paese.
Particolarmente importanti furono le organizzazioni nazifasciste croate e ?
Fattori di stabilità e potenza  governo in grado di emanare leggi e di farle rispettare, che non avesse
bisogno di ricercare continuamente consenso popolare, ma che avesse una forte base politica per condurre
una chiara politica all’interno e all’esterno del paese. Fedeltà delle forze armate. Buono stato
dell’economia.
Stabilità = potenza  uno stato instabile al proprio interno: governo non in grado di durare per una
legislatura, economia dissestata, disordini interni, forze armate non bene armate e non fedeli al governo
non è in grado di esprimere una PE coerente con la sua stessa capacità di affermazione. È uno stato
costretto a cercarsi delle alleanze per dotarsi di un referente internazionale.
Cecoslovacchia
Fattori di stabilità:
- Industrie militari: soprattutto la parte boema era provvista di industrie militari di alta qualità. I
sistemi di occultamento dei carrarmati tedeschi furono approntati, in seguito, dalle industrie ceche.
- Sostegno francese: così come altri stati dell’Europa centro orientale, era stata creata soprattutto
per la volontà della Francia, alleato principale. La PE della Francia è tutta in funzione anti tedesca in
questo periodo. Gli alleati nell’Europa centro orientale avevano come scopo quello di bloccare a
oriente la Germania.
Fattori di crisi:
- Il 40% della popolazione cecoslovacca era formata da minoranze nazionali all’interno del quale
c’erano minoranze molto forti e altre molto deboli che avrebbero usato il supporto di quelle
maggiori per ottenere l’adempimento delle loro richieste. Tra quelle più forti c’erano: quella
tedesca, con il partito tedesco dei sudeti, nato all’interno dei sudeti e subito dopo la sua nascita
aveva preso contatti con la Germania. Con l’avvento del nazismo si stabilì un collegamento molto
forte, poiché il nazismo rivendicava i territori tedeschi del paese e finanziava ampiamente il partito.
Il leader del partito tedesco dei sudeti andava spesso a Berlino. Il partito tedesco dei sudeti era un
partito fortemente autonomista. Germania referente internazionale del partito tedesco dei sudeti.
Altre istanze separatiste erano rivendicate dal partito dei ruteni e dal partito degli slovacchi, con a
capo monsignor Tiso. Monsignor Tiso era un prelato particolare: politico prima che religioso,
sfrutterà la politica tedesca ritenendola un supporto della propria politica. In Cecoslovacchia ci sono
quindi già due partiti espressioni di minoranze che hanno come referente internazionale un paese
revisionista nei confronti dei trattati di Versailles: il partito dei sudeti e quello degli slovacchi si
richiamavano alla Germania nazista.
La Francia degli anni ’30 ha problemi di carattere economico. La gestione della pace fu molto complicata:
piena di disordini sociali e di tentativi di riforme, su cui pesava la mancata soluzione del problema tedesco.
Se la Francia supportava la Cecoslovacchia, aveva anche dei problemi con la Germania, ed a sua volta aveva
dei referenti internazionali che non vedevano di buon occhio la sua politica aggressiva nei confronti della
Germania. Fino a che punto la Francia sarebbe stata disponibile ad aiutare la Cecoslovacchia?
I francesi, i governi che si succedettero, furono influenzati dal clima di concessione nei confronti della
Germania (fase storica dell’appeasement) ritenendo che una politica di apertura potesse svuotare
dall’interno la forza nazista. Anche in Cecoslovacchia si riteneva che la Francia non si sarebbe spinta fino
alla guerra contro Berlino, se Berlino fosse passata da una politica aggressiva a delle azioni militari  così
praga tenta un’apertura ben riuscita con l’altra grande potenza: L’URSS. Nel 1935 viene firmato un accordo
con l’URSS in forza del quale l’unione sovietica dava la propria possibilità ad intervenire qualora la
Cecoslovacchia si fosse trovata in competizione militare con la Germania. C’era una clausola: l’URSS
avrebbe aiutato la Cecoslovacchia se la Francia avesse fatto lo stesso  mosca non voleva trovarsi da sola
di fronte ai tedeschi.
Comincia un periodo di forte crisi che si concluderà con lo smembramento della Cecoslovacchia.
15 marzo 1938 – anschluss – la Germania diventa una potenza danubiana.
In questa circostanza l’Italia non fa nulla. In precedenza, all’epoca del cancelliere Dolfuss, molto amico di
mussolini, l’Italia si era dimostrata contraria all’anschluss, arrivata a schierare 40.000 uomini alla frontiera
con la Germania.
L’Italia del ’38 ha margini di PE molto ridotti: guerra in Etiopia, guerra in spagna, necessità di rifondare
l’esercito italiano. L’autonomia era ridotta, e l’amicizia tra Hitler e mussolini è anche troppo stretta.
Il 15 marzo del ’38, pochi giorni dopo, il partito tedesco dei sudeti chiese ciò che non era stato mai
concesso dal governo di Praga: l’autonomia amministrativa per le aree germanofone. La politica di Praga
era stata dura e repressiva nei confronti delle minoranze.
Il partito tedesco dei sudeti chiede l’autonomia amministrativa dopo l’autorizzazione ricevuta da Berlino. Si
trattava di una serie di passaggi concordati con l’ufficio degli esteri tedesco.
Il sostegno tedesco era fortissimo: significava che era tangibile all’interno, ma soprattutto fuori della
Germania. Hitler infuocava le masse, grazie a grandi capacità oratorie. Continui riferimenti al sistema di
Versailles che opprimeva le masse. Concetti principali di Hitler: i trattati di Parigi devono essere rivisti, la
Germania è l’unico stato che si faccia portavoce della situazione nella quale vivono le minoranze rese tali
dalla pace del ’19  e in effetti è vero.
Il governo di Praga non accettò nessuna delle richieste che venivano dalla Francia e da Londra. Londra
aveva meno influenza sulla Cecoslovacchia: c’erano dei contatti, ma non la cultura che il paese aveva in
comune con la Francia. Inglesi e francesi chiedevano a Praga di dare autonomia per svuotare dall’interno la
politica del partito tedesco dei sudeti. Servivano, da parte del governo, provvedimenti che garantissero
l’eliminazione delle vessazioni, una qualche forma di autonomia ai tedeschi, mantenendo sempre la
sovranità.
Continuando una PE di aggancio degli stati dell’Europa centro orientale, a Berlino si tentò di agganciare,
come con la minoranza sudeta e come i polacchi, l’ammiraglio Horty e la sua Ungheria. Ungheria autoritaria
che se ne stava al di fuori dalle tensioni dell’area centro orientale. Gli ungheresi avevano delle
rivendicazioni nei confronti della Cecoslovacchia, ma la forza militare ceca li faceva desistere. Inoltre si
riteneva che la piccola intesa sarebbe potuta scattare se gli ungheresi avessero deciso di ottenere ciò che
volevano.
La PE di Berlino nei confronti dell’Ungheria fu una PE di coinvolgimento: l’ammiraglio Horty fu invitato a
Berlino. Horty, però, non si fece coinvolgere nella politica aggressiva che la Germania stava operando in
quell’area. L’atteggiamento di horty ricorda quello di francisco franco durante gli inizi dell iiww. Non cederà
alle lusinghe tedesche e neanche ai tentativi di mussolini, rimanendo al di fuori della scena.
Horty non vuole farsi coinvolgere dalla politica estera della Germania. Tradizionalmente, l’Ungheria, si era
sempre opposta all’espansionismo tedesco in quell’area.
Le pressioni provenienti da Parigi e da Londra furono ugualmente in Cecoslovacchia fermate per il timore
che la concessione di autonomia accentuata al partito tedesco dei sudeti potesse innescare una reazione
che avrebbe portato al disfacimento dello stato stesso, vista anche la quantità di minoranze operative
all’interno della Cecoslovacchia.
La politica del governo cecoslovacco non diede risultati: sia i referenti internazionali che la politica interna
furono fallimentari. Gli alleati internazionali della Cecoslovacchia erano Francia e URSS, e la Romania in
primis (facente parte della piccola intesa), che avrebbero dovuto scendere in campo per difenderla.
Piccola intesa: patto difensivo. Se uno degli stati facenti parte fosse stato attaccato dalla Germania, sarebbe
scattato il casus federis per cui i restanti stati avrebbero dovuto intervenire in favore dello stato attaccato.
Tutti gli stati che ne facevano parte erano stati appena nati, che dovevano garantirsi nei confronti dei
pericoli esterni.
Internazionalizzare la crisi funzionò? Internazionalizzare un a crisi può avere un effetto negativo se gli stati
non sono interessati, o se sono interessati ad una soluzione differente proposta dallo stato in questione. Le
scelte politiche di Praga furono volte ad internazionalizzare la questione, fatte già prima. Un quadro di
referenti internazionali serve ad aumentare le capacità di affermazione dello stato in questione, aiutandolo
e sostenendolo nelle crisi. Se questi non hanno la forza di supportare lo stato, il quadro di
internazionalizzazione diventa un’arma a doppio taglio, che può indebolire lo stato stesso che l’abbia messa
in atto.
Il governo ceco sperava che la Francia, l’URSS, la Romania ed il regno degli slavi del sud si rivelassero degli
alleati con i quali aveva da tempo tessuto accordi.
Parigi è il perno di una politica di difesa del governo cecoslovacco. Parigi chiese ufficialmente l’accordo di
Mosca: se la Germania nazista, nel ’38 (già riarmata e ripresasi dalla profonda crisi, in balìa delle decisioni di
Hitler). Il governo di Parigi non se la sentiva di iniziare una guerra contro la Germania a causa di Praga,
perché:
- l’atteggiamento del governo di Londra non era molto chiaro, principale artefice della politica di
appeasement;
- i sudeti erano stati dati alla Cecoslovacchia per volontà degli inglesi e soprattutto dei francesi in
funzione antitedesca. La causa della crisi del governo di Praga era un elemento imposto a suo
tempo dall’occidente. Il possesso dei sudeti fu un fattore di crisi enorme all’interno della
Cecoslovacchia.
I francesi chiesero ufficialmente a mosca di appoggiare un’azione militare contro la Germania nazista. Nel
’38 l’URSS era appena uscita dal periodo delle purghe staliniane, l’epurazione dell’armata rossa, voluta da
stalin, si era appena compiuta. Era stata purificata dei quadri alti che stalin riteneva stessero complottando
contro di lui. L’armata rossa non era pronta per un intervento militare. Nonostante l’impreparazione,
Litvinov, ministro degli esteri sovietico, assentì alla richiesta di Parigi di mettere in atto un casus federis con
la Cecoslovacchia a patto che la Francia intervenisse. Questo sarà un motivo conduttore di tutte le relazioni
successive dell’URSS con gli alleati occidentali. Dall’inizio della guerra, Stalin comincerà a chiedere
l’apertura di un secondo fronte. La condizione per la quale i sovietici avrebbero onorato l’accordo avrebbe
dovuto essere anche che o la polonia, o la Romania consentissero l’attraversamento del proprio territorio
da parte delle truppe sovietiche. Entrambi negarono immediatamente.
Perché no?
1 il timore che l’armata rossa, una volta entrata, non se ne andasse più. I polacchi non avevano precedenti
in materia, i romeni sì: quando l’impero zarista, per difendere la Grecia, si era stanziato nei loro territori dei
principati danubiani.
2
Dopo il rifiuto di mosca e della polonia e della Romania, e dopo le pressioni giunte da Parigi e da Londra, il 7
settembre del ’38 il governo cecoslovacco di Benesh decide di concedere autonomia amministrativa ai
tedeschi sudeti. Ormai i giochi erano aperti. Quasi contemporaneamente all’apertura diplomatica di Benesh
ci fu, il 12 settembre, un violentissimo discorso di Hitler a Norimberga. La scelta del luogo era sintomatica: lì
dove il nazismo celebrava i riti della razza che rafforzavano il senso di appartenenza, Hitler si proponeva
come unico difensore delle minoranze e allo stesso tempo rivendicava il diritto per i tedeschi residenti
all’estero di riunirsi al territorio del reich. Contemporaneamente, il presidente del partito tedesco dei
sudeti, chiese che i tedeschi dei sudeti si potessero riunire al reich tedesco.
Punto culminante dell’appeasement: un gran pezzo del territorio slovacco era richiesto da un altro stato,
sotto il principio del diritto a riunirsi con il proprio popolo natio. Salvare la pace o agire di forza?
Chamberlain opta per la pace, cosa che lo porterà all’accordo di monaco del 29 settembre 1938. Con gli
accordi di monaco, la politica germanica divenne il perno di tutta l’area centro orientale. Il patto di monaco
portò anche la collaborazione, il ruolo determinante, di mussolini: la richiesta di una conferenza fatta da
chamberlain, il quale aveva chiesto a mussolini di convincere e mediare con Hitler. Con la firma degli
accordi di monaco si ritenne che si fosse salvata la pace d’Europa. Si trattava di una salvezza temporanea a
prezzi estremamente elevati.
La Cecoslovacchia perde l’intera regione dei sudeti a maggioranza tedesca. L’arrivo di Hitler, accompagnato
dal capo del partito dei sudeti, fu trionfale.
Fase critica dello stato cecoslovacco. Gli stati vicini trassero giovamento da questa situazione: in polonia
c’era al governo il colonnello Beck (governo di militari, polonia scivolata in una fase autoritaria). Il
colonnello beck riteneva giunto il momento di potersi prendere il territorio di Teschen rivendicato da
tempo dalla polonia. Entrambi gli stati, polonia e Cecoslovacchia, avevano tratto giovamento dai trattati di
pace. Il problema di teshen non era stato affrontato e risolto, fin quando la Cecoslovacchia non si era
trovata in situazione di crisi tale che la polonia poteva sfruttare.
La polonia si prese, quindi, teshen, un territorio del 70% a maggioranza polacca. Ciò dette l’occasione alla
Germania di mostrarsi come la risolutrice delle ingiustizie derivanti dalla pace di Versailles.
Praga concesse, dopo l’invasione del territorio di teshen, la più ampia autonomia ai ruteni e agli slovacchi,
movimenti separatisti capeggiati entrambi da preti. Vennero create due diete, nei quali l’elemento
secessionista rispettivo era molto forte: puntavano all’indipendenza e avevano nella Germania un valido
sostegno.
Problemi Ungheria – Cecoslovacchia
Poiché l’Ungheria rivendicava una piccola parte di territorio cecoslovacco, entrambe si rimisero all’arbitrato
di Germania e Italia. Si giunse al primo grande arbitrato del 2 novembre del ‘038: SANCIVA L’INIZIO della
fine della Cecoslovacchia, ed il ruolo di grande potenza dell’Italia in questo territorio  12500kmq abitati
da una maggioranza magiara andarono all’Ungheria.
Dopo questa ulteriore scissione, la Cecoslovacchia cesserà rapidamente di esistere.
Monsignor tiso chiederà l’indipendenza, guidato dal ministero degli esteri tedesco. L’indipendenza della
svolacchia seguirà di lì a poco, e nemmeno un anno dopo gli accordi di monaco, la Cecoslovacchia diventerà
un protettorato tedesco.
Il governo democratico di Praga si sposterà su ideali autoritari, guidato da militari, con al ministero degli
esteri un filotedesco, il quale guiderà le tappe dell’avvicinamento della Cecoslovacchia a Berlino. Non ci
sarà un’annessione, ma una protesta di protettorato: il governo di Praga chiederà che i territori rimasti, la
Boemia e la Moravia storica, entrassero a far parte dell’area dio influenza del reich ottenendo il
protettorato, la tutela di Berlino nei confronti dello stato. Nel ’39 la Cecoslovacchia cessa di esistere come
stato indipendente, e contemporaneamente nelle capitali occidentali si inizia a preparare il secondo
conflitto mondiale.
La mantia 23/11/2012
Periodo tra l’agosto del 1944
1939 – scoppia la IIWW. Le conseguenze dei trattati rigidi di Versailles sono le contingenze storiche che
portano al secondo conflitto.
Anno in cui Hitler decide di attuare l’ultimo atto della politica nazista.
La IIWW inizia ufficialmente con l’invasione della polonia da parte della Germania. Come scusa si disse a
Berlino che i polacchi stavano operando delle violenze sui tedeschi residenti in polonia; si disse che erano
possibili delle trattative  perché la Germania arrivasse al compromesso voleva il territorio di danzica. Si
trattò solo di pretesti per giustificare lo scoppio della guerra.
Con la conquista dei territori polacchi, la Germania diventa sovrana di territori non popolati da popolazioni
tedesche. Formalmente anche il protettorato di Boemia e Moravia era un territorio su cui i tedeschi
esercitavano una forma di tutoraggio richiesto da ciò che rimaneva del governo slovacco.
Con l’ingresso della wermarcht in polonia si delinea lo schema della guerra lampo, teorizzata da un
maggiore dell’esercito britannico: avanzata di truppe con impiego di artiglieria e conquista del territorio.
Non erano pronti ad una guerra di logoramento, ma ad una guerra rapida. Forze corazzate + aviazione +
mobilità della fanteria (trasporti efficienti)  ciao esercito polacco. La wermarcht si stabilisce sui confini
stabiliti dal patto Molotov – Ribbentrop: la Germania si garantiva le frontiere orientali, realizzando il
peggior incubvo dei francesi, e potendo scaricare la sua potenza direttamente sulle frontiere occidentali.
Dall’ottobre del ’39 comincia la “strana guerra”: combattuta e minacciata tra le forze francesi e inglesi vs
quelle tedesche. La politica dell’appeasement è ormai fallita del tutto.
L’Italia crea una nuova figura del diritto internazionale: la non belligeranza  non entra in guerra ma si
prepara a farla. Aveva interessi nei paesi dell’Europa orientale. Non intervenne in guerra perché non ne
aveva gli strumenti: mancavano materie prime, l’esercito era poco attrezzato, le forze militari restanti non
erano pronte, l’apparato industriale (no materie prime + arretratezza) non era in grado di produrre gli
armamenti necessari. L’Italia sarà importante quando deciderà di attaccare la Grecia e la jugoslavia,
subendo sconfitte cocenti.
Ciò che prima era stato un gioco politico diplomatico, ora è un gioco militare: gli stati che ritenevano di
potersi giovare della forza della Germania per realizzare i propri interessi lo fecero  deflagrazione che
portò a combattere anche gli stati dell’Europa orientale, ognuno dei quali voleva realizzare gli obiettivi
incompiuti della IWW.
Mosca
Il nuovo primo segretario del PCUS, Stalin, decise di applicare una teoria: socialismo in un solo paese.
L’URSS non doveva aspettare lo scoppio delle rivoluzioni in tutto il modo, ma rafforzarsi per espandersi più
rapidamente in seguito.
Dal ’39 in poi l’URSS diventa punto di riferimento per sapere ciò che accade nell’Europa orientale.
La diplomazia sovietica durante la IIWW.
I partiti comunisti erano stati tutti ridotti alla clandestinità:
- I vari partiti comunisti e socialisti dovettero operare non relazionandosi ad un regime
parlamentare, nei quali esisteva pur una parvenza di democrazia, non potendo partecipare alle
scelte politiche del proprio stato. Durante la IIWW la clandestinità si rivelò un grande vantaggio:
partiti abituati a muoversi nella clandestinità. I partiti comunisti erano i meglio organizzati come
logistica e come buona riuscita delle operazioni propagandistico – politiche durante la guerra.
Svolgevano un’attività di guerriglia e di sabotaggio.
Coloro che erano stati fedeli al PCUS e che si erano salvati dalle epurazioni staliniane erano abilissimo nella
politica clandestina e nella guerriglia.
La Germania invade la polonia. L’URSS non si muove, ma utilizza tutti gli strumenti previsti dal patto
molotov ribbentrop: occupa i territori stabiliti (Finlandia, Europa centro orientale, paesi baltici). Comincia
un’opera di russificazione e di penetrazione all’interno dei territori occupati.
Fattore esterno che andrà a contribuire alla creazione degli equilibri del dopoguerra: la Germania si
presentava come la potenza liberatrice delle nazionalità oppresse, soprattutto di quelle nazionalità
scivolate verso ideali nazional socialisti e di quelle contrarie ai vecchi stati. I tedeschi, con questa politica,
riusciranno ad avere qualche successo: dopo l’inizio dell’operazione barbarossa otterrà i successi migliori, in
quanto nel territorio dell’URSS esistevano moltissime minoranze nazionali combattute dal governo
comunista fin dall’inizio della rivoluzione.
La Germania commetterà un grave errore: nel momento in cui le sorti della guerra sembravano essere del
tutto a vantaggio della Germania nazista, il loro comportamento nei confronti delle minoranze di cui
avevano ottenuto l’aiuto, furono trattate in maniera brutale. Ci fu l’affermazione della supremazia
germanica su tutti e su ogni cosa. Si giocarono, così, il ruolo di liberatori che avevano ottenuto nell’Europa
centro orientale. Fu causa di una politica brutale e miope che le stesse minoranze che li avevano
appoggiati, si rivoltarono contro i tedeschi.
Con la fine del periodo di pace, l’URSS poteva agire all’interno dell’Europa centro orientale utilizzando
un’arma data dai partiti comunisti che con mosca avevano rapporti stretti: i partiti comunisti interni ai vari
stati, nel primo periodo dell’avanzata tedesca, non poterono fare molto. Dopo l’attacco all’unione sovietica,
però, cominciarono ad avere un ruolo primario, poiché il fronte tedesco sovietico permetterà loro di
giocare il ruolo di quinta colonna all’interno degli stati occupati o alleati con i tedeschi agendo alle loro
spalle  era un operare dietro le linee che disturbava l’occupante tedesco creando problemi in un settore
specifico ed importante per la guerra: i trasporti. Le resistenze filocomuniste operavano con azioni di
guerriglia e sabotaggio, attaccando i punti di rifornimenti alimentari e di carburante. Interrompevano i
collegamenti tra le truppe ed i centri operativi e di rifornimento.
La resistenza di stampo filo comunista fu operativa in tutta l’Europa centro orientale, assumendo
un’importanza decisiva verso la fine della guerra, quando ormai era certo che la Germania sarebbe stata
sconfitta, poiché farà parte del nucleo centrale dei governi costituiti dai fronti interni che resistettero
contro gli occupanti tedeschi.
Ci sarà la lotta partigiana con una organizzazione politica molto forte, senza contare il sostegno dell’armata
rossa  garantiranno la supremazia delle forze filocomuniste nei governi degli stati dell’Europa centro
orientale.
Oltre alle forze filocomuniste, c’erano altre sacche di resistenza:
- I monarchici, provenienti da monarchia. C’era per esempio la frangia monarchico – nazionalista
croata, oltre a quella filocomunista di Tito. Anche in polonia cin saranno due anime differenti
contro gli occupanti: le forze filocomuniste e le forze nazionali: si costituirà un esercito clandestino
nazionale, il quale organizzò tutte le azioni di guerriglia contro gli occupanti nazisti.
Nelle zone occupate della zona centro orientale i tedeschi furono tremendi, in polonia lo furono anche di
più.
I tedeschi ritenevano che la polonia dovesse diventare parte integrante con la Germania. Doveva essere un
tutt’uno con la Germania.
La resistenza polacca contro i tedeschi fu politica e militare:
- Politica  venne creato “lo stato clandestino”: governo clandestino che gestiva l’istruzione, la
giustizia, l’assistenza sanitaria ed alimentare minima. Aveva funzione concreta di sostegno da una
parte e dall’altra garantire la sopravvivenza della nazione polacca, nonostante non fosse esistente
la polonia come stato.
I sovietici, dopo l’inizio dell’operazione barbarossa, aiutarono il partito filocomunista polacco, ma non il
partito clandestino nazionale. Chi si era unito ai nuclei centrali di quest’ultimo proveniva da frange
nazionaliste, molto vicine alle idee di Pilsudski (non molto in linea con l’URSS). L’URSS non aiutò
assolutamente questo partito clandestino.
L’URSS sostenne quelle forze politiche comuniste all’interno dei paesi che potevano garantire una propria
influenza sugli stati dell’Europa dell’est.
Verso la fine della guerra, nell’agosto del ’44.
1943:
- Uscita dell’Italia dalla guerra
- Svolta nella guerra a favore degli alleati (fine assedio stalingrado, avanzata russa, intervento
statunitense)
Il piano barbarossa fu messo in atto perché Hitler era convinto che la conquista dell’URSS sarebbe stata
funzionale alla Germania per le enormi risorse disponibili nel territorio dell’est Europa e della Russia stessa.
Il governo provvisorio polacco pensò che la liberazione della polonia sarebbe dovuta partire dalla
liberazione di Varsavia stessa: il governo clandestino nazionale era in collegamento con il governo polacco
in esilio a Londra. La resistenza polacca riteneva che i tempi fossero maturi per lo scoppio di una rivolta. Il
governo polacco in esilio non concordava con l’idea di organizzare l’insurrezione di Varsavia. Churchill
sapeva che difficilmente l’URSS sarebbe accorsa in difesa dei polacchi rivoltosi, e quindi, premendo sul
governo polacco di Londra cercò di frenare lo scoppio dell’insurrezione. Il governo clandestino polacco,
però, d’accordo con l’esercito nazionale, decise di agire.
Varsavia era stata occupata dalle truppe tedesche dopo l’inizio dell’operazione barbarossa, ed i tedeschi
avevano compiuto ogni sorta di schifezza.
Il 1 agosto 1944 scoppiò la prima insurrezione di Varsavia: la rivolta sarebbe durata fino alla prima
settimana di ottobre del ’44. Attaccarono la guarnigione tedesca ottenendo dei successi data la sorpresa
dei tedeschi. Di fatto liberarono la città, che però fu posta sotto assedio dalle forze tedesche, che vi
rientrarono e cominciarono una guerriglia urbana. Grande ruolo ebbero le donne ed i bambini: le donne
combattevano, i bambini facevano da staffette. Ma il governo nazionale non poteva farcela per lungo
tempo contro le forze tedesche. L’unica possibilità era che le truppe sovietiche attestate ad una
cinquantina di km da Varsavia avanzassero ed attaccassero i tedeschi  infatti non si mossero, e non
concessero nemmeno di far partire rifornimenti aerei dal proprio territorio verso i rivoltosi polacchi.
Nell’ottobre del ’44, Varsavia fu ripresa dalla truppe germaniche e rasa al suolo.
Non intervenendo immediatamente, le truppe sovietiche raggiunsero un obiettivo di PE e di affermazione
della stessa: con la distruzione di Varsavia era distrutto anche il partito nazionale clandestino. Distruggendo
la capitale della polonia, si distruggeva anche il suo simbolo. Militarmente la polonia non sarebbe stata in
grado di creare fastidi in futuro: rimanevano operativi in territorio polacco la resistenza legata al governo in
esilio a Londra, e quella legata all’unione sovietica, che avrebbe creato un governo provvisorio a Lublino. Di
lì a poco l’armata rossa avanzerà in polonia, liberando ciò che rimaneva di Varsavia.
Gli ebrei polacchi organizzarono una resistenza contro le truppe naziste. Fu l’anima antica del bund polacco
che fornì i quadri della resistenza di origine polacca. I polacchi ebrei combatterono nelle campagne, si
rifugiarono nei boschi, organizzarono delle comunità di sostegno dove si rifugiavano coloro che erano
scappati dai ghetti. Riparati dai boschi, veniva loro fornita assistenza sanitaria, alimentare, e organizzavano
le azioni di guerriglia.
I rapporti con i cittadini polacchi furono contrastanti: in polonia l’antisemitismo continuava ad essere un
problema. L’antisemitismo ritornò in auge nel periodo dell’occupazione tedesca. Frange della popolazione
polacca collaborarono con i nazisti, denunciando gli ebrei polacchi. In polonia, la repressione dei tedeschi
contro coloro i quali avessero voglia di aiutare i propri connazionali di origine ebraica era più dura rispetto
agli altri territori occupati: era prevista la pena di morte.
Shoah  tempesta
Olocausto  una vittima innocente uccisa per espiare i peccati di qualcun altro.
I rapporti con l’arnja crajova (esercito nazionale clandestino) furono di collaborazione. L’esercito nazionale
polacco era dotato di scarsi armamenti. Qualcosa arrivava dai lanci degli aerei alleati. La resistenza ebraica
era male armata e l’arnja crajova non era in grado di fornire armamenti anche alla resistenza polacca.
La resistenza filocomunista risentiva delle direttive dell’URSS: l’URSS non era molto misericordiosa nei
confronti delle minoranze nazionali scomode, e nei confronti degli ebrei stessi. La resistenza comunista
polacca e quella non comunista ebbero rapporti conflittuali. La resistenza ebraica non venne nemmeno
riconosciuta, inizialmente, dall’URSS ed ebbe rapporti contrastanti con la parte di resistenza comunista
polacca. Non c’era collaborazione, ma scontro.
Armata rossa
Gennaio 1945  inseguimento con i tedeschi che scappano ed i sovietici che cacciano. È un inseguimento
su larga scala. I sovietici stanno vincendo la guerra: libereranno la polonia e di lì a poco anche Berlino.
Erano riusciti a salvare gran parte della Russia spostando i complessi industriali al di là degli urali, così come
anche la salma di Lenin. Avevano una motivazione forte: i tedeschi avevano commesso orrende atrocità
contro i territori occupati, facendo in modo che anche li aveva appoggiati si rivoltassero loro contro.
Stavano vincendo anche grazie ad un nuovo tipo di carrarmati, con una spessa blindatura, motori più
potenti, meno agili, ma più veloci.
La superiorità germanica delle prime fasi della guerra era data essenzialmente dai carrarmati corazzati e
semoventi.
Nonostante l’URSS avesse perso 20 milioni di persone, senza contare gli invalidi, la vastità del territorio e
della popolazione stessa le permettevano un grande vantaggio. Inoltre, aveva con se il valore patriottico
degli ideali comunisti, fatto risorgere dal PCUS per scatenare la popolazione contro l’occupante tedesco.
Durante la guerra, venne sanata anche la scissione della chiesa ortodossa operata da Stalin tempo prima. Il
patriarca si appellò al governo comunista perché sconfiggesse il nemico.
Gli alleati continuarono a rifornire l’unione sovietica di armi e tecnologia.
All’interno del territorio sovietico enne organizzata una guerriglia efficacie contro l’occupante nazista da
organizzazioni paramilitari: compivano azioni di sabotaggio, volte a distruggere le vie di comunicazione.
Arrivata a Berlino, l’armata rossa vi isserà la bandiera rossa.
Il 20 gennaio 1945, l’Ungheria, che combatteva con Hitler, firmò l’armistizio con gli alleati.
Nel gennaio del ’45 inizia l’occupazione dei territori precedentemente occupati dai tedeschi da parte
dell’armata rossa: Budapest divenne una città occupata dall’armata rossa.
In polonia, sovietici trassero giovamento dai vantaggi che l’arnja crajova aveva creato combattendo e
opponendosi ai tedeschi, nel tentativo di insurrezione. Avevano preparato il terreno (fatto terra bruciata) di
tutto, per impedire l’insediamento dei tedeschi, cosa che aiutò molto i sovietici.
Yalta, febbraio ‘45
La fine della guerra sanzionò lo stato di fatto. Nell’Europa orientale le truppe presenti erano quelle
sovietiche. Si sanzionò che l’URSS avesse diritto ad uno spazio di tutela, dove poter creare una situazione a
lei favorevole per non essere messa più in pericolo ai propri confini: condizione militare di occupazione
territoriale e cui si diede in seguito una connotazione politica.
Gli USA ebbero un atteggiamento condiscendente verso l’URSS: con l’armata rossa in continuo
avanzamento, che altra alternativa c’era? Sull’elba ci furono alcuni scontri tra i soldati di Eisenhower e
dell’armata russa.
A Yalta si avvallò uno stato di fatto, si diede veste politica a qualcosa che era già presente nella realtà,
soprattutto territoriale.
Con Yalta si sanzionò anche la nascita dell’ONU ed il funzionamento del Consiglio di Sicurezza: si decise per
l’immobilismo, ossia la possibilità di veto da parte di uno dei 5 membri permanenti.
L’Ungheria è già, quindi, predestinata ad essere uno stato con buone inclinazioni comuniste.
La Romania è importante, poiché aveva iniziato la guerra con i tedeschi, e dopo il cambiamento di governo,
aveva chiesto l’armistizio agli alleati. Dopo averlo ottenuto, salì al potere il capo del partito contadino
schiettamente filocomunista: Petru Groza. Fece un governo di unità nazionale. Fece subito una riforma
agraria molto radicale.
Il 28 giugno del ’45, venne firmato un accordo tra il governo di mosca ed il governo polacco di Lublino: dal
’45 esercitavano in polonia la propria sovranità 3 governi:
- Il governo in esilio di Londra, in contatto con il governo clandestino che operava a Varsavia
- Governo clandestino a Varsavia.
- Governo di Lublino, di stampo comunista.
I sovietici riconobbero il governo di Lublino e con esso firmarono un trattato di reciproco aiuto.
Riconobbero il governo di Lublino perchè nel ’43 c’era stata la rottura dei rapporti tra mosca ed il governo
polacco in esilio a Londra, a causa dell’affare Katyn. Il governo di sirkovskij, aveva imputato a mosca la
responsabilità dell’assassinio degli ufficiali polacchi a katyn, che aveva portato alla rottura tra mosca ed il
governo, prima riconosciuto.
Il governo polacco di Londra rimarrà in carica fino agli anni ’60, pur essendoci in polonia uno stato
riconosciuto. L’unica che continuò a mantenervi rapporti fu la Santa Sede.
Nel governo di unità nazionale costituito da un socialista, i comunisti ebbero la maggioranza e
cominciarono subito una propaganda capillare all’interno dell’intera struttura statale.
La Cecoslovacchia firmò l’armistizio nel 1945. Dopo la sconfitta e la ritirata dei tedeschi, l’armata rossa
libera i territori storici: Boemia, Moravia, Slovacchia di monsignor Tiso (nazista). I sovietici ricostruirono la
Cecoslovacchia antecedente ai patti di monaco, sudeti compresi. Restituendo alla Cecoslovacchia i suoi
territori, avevano restituito anche diversi problemi: problemi di minoranza, in particolare quella dei
tedeschi sudeti che non avevano fatto a tempo ad andarsene. Come risolvere il problema?
Con la fine della IIWW comincia un dal contrario: i tedeschi nei territori tornati sotto sovranità di stati
recentemente occupati dai nazisti furono espulsi. I sudeti non saranno più un problema, perché verranno
cacciati. Con l’espulsione dei sudeti si chiudeva la storia della vecchia Cecoslovacchia, e si poneva fine ad
uno dei tanti errori commessi alla fine della IWW: quello della determinazione dei confini nazionali secondo
la nazionalità PREVALENTE.
La nuova Cecoslovacchia dovette pagare un prezzo: la cessione della Transcarpazia all’unione sovietica.
Conferenza di Yalta
Il quadro politico di Yalta verrà contestato apertamente, ossia la modalità di conferenza tra grandi, da
Giovanni Paolo II.
1 L’elemento principale delle elezioni nei paesi orientali dell’Europa è la presenza, al loro interno,
dell’armata rossa.
2 Fu la presenza in ognuno dei vari stati di partiti comunisti legati all’URSS, sorti in clandestinità.
3 Ancora una volta la questione agraria agisce come punto determinante per lo svolgersi degli eventi.
4 Ricerca di stabilità da parte dei nuovi governi.
Conferenza 28/11/12
ROAD TO WARSAW
La Mantia
Con l’ingresso della polonia nella NATO ‘99 e nell’unione europea 2004, si realizza una rottura nel processo
che aveva fino ad ora condizionato la polonia. Con l’ingresso nella NATO e nell’UE, la polonia ha realizzato
un grande successo nella sua PE, basato su due elementi:
- Il suo nemico storico, la Germania, diventa improvvisamente suo alleato: garante della sicurezza
della polonia e anche delle sue strutture interne.
- Sfruttando un favorevole contesto internazionale, pone fine ad un secolare condizionamento della
propria politica e della propria storia, favorito dalla sua particolare posizione geografica. La polonia,
in quanto stato nel mezzo tra due direttrici di espansione destinate a scontrarsi (da est a ovest,
russa, e da ovest a est, Germania).
Germania garante dell’integrità polacca + appartenenza all’UE = Varsavia assume notevole importanza ed
influenza nei confronti di mosca  Varsavia riesce ad internazionalizzare le sue frontiere attraverso
un’alleanza militare importante (NATO) e politico – economica (UE).
La PE polacca ebbe come principale riferimento l’URSS ed il suo sistema politico.
Sistema politico: sistema in cui gli attori sono talmente legati per cui tutto ciò che avviene all’interno causa
ripercussioni su tutti gli attori che ne fanno parte.
Le limitazioni per la PE polacca, fortemente nazionalista, sono forti: dal ’45 la sue PE sarà condizionata dalle
scelte dell’alleato principale. Inoltre, la relazione tra obiettivi di PE e strumenti necessari a realizzarli era
appiattita sui corrispettivi appartenenti al sistema sovietico, entro il quale i polacchi faticavano a trovare
spazi di manovra.
I polacchi cominciarono ad ottenere i loro spazi con l’affermazione di solidarnosc, l’elezione di Giovanni
paolo II, la crisi interna all’URSS. Gli spazi cercati dalla PE polacca per realizzare obiettivi sempre presenti
nella sua storia come fattori di continuità, in grado di condizionare le scelte dei governi polacchi a
prescindere dal tipo di governo e dalla struttura che sta dietro. La polonia ha sempre avuto un fortissimo
interesse a legarsi con l’Europa occidentale, allo scopo di realizzare gli altri obiettivi di politica estera
perseguiti. Prima dell’89, le autorità polacche nel pieno di una crisi economica, intrapresero dei timidi
tentativi con l’occidente europeo: con i tedeschi (molto interessati alla polonia, anche dopo la fine del
comunismo). Dopo l’89, e quindi dopo i tentativi di stabilire rapporti con l’UE, negli anni ’90 i rapporti
(accordi commerciali e politici) si normalizzarono, assumendo una certa costanza. La svolta degli anni ’90
può essere considerata come una finale realizzazione della visione polacca, della convinzione di essere
parte dell’Europa occidentale. Coronamento finale di ciò, è stata l’effettiva integrazione della polonia
all’interno dell’unione europea: ha portato a riforme strutturali, alla determinazione di una PE forte
portandola ad aumentare la propria influenza all’interno dell’Europa.
Il governo polacco, con quello svedese, propose nel 2008, l’idea del paternariato orientale, approvata dal
consiglio europeo del giugno successivo. Il paternariato orientale p concepita come bilanciamento del
rafforzamento dei paesi dell’UE con quelli del mediterraneo, permettendo alla polonia di raggiungere una
notevole influenza sui paesi dell’est, e all’interno dei rapporti tra l’UE e la Russia.
Ci sono due problemi:
- Costruzione a Kaliningrad di una centrale nucleare, al confine con la polonia, che dovrebbe rifornire
i paesi dell’Europa centrale. Problema che si scontra con la questione n. 2.
- Ritrovamento, in polonia, dei più grandi giacimenti europei di gas SNEI, gas molto volatile che
costituirà, sembra, il futuro per l’energia dell’Europa orientale, portando ad interrompere la
dipendenza dal gas russo.
Andrea Margelletti – presidente del CESI e consigliere strategico del ministro della difesa
La polonia ha la sua forza nei rapporti bilaterali. Forza enorme della lobby polacca all’interno degli USA, e
rapporto consolidato con il regno unito. Intrattiene folti rapporti ed è dotata di una grande conoscenza
della realtà del medio oriente.
Durante la guerra fredda, il patto di Varsavia vendeva armi alla siria e all’iraq  gli istruttori inviati in questi
paesi erano quasi sempre polacchi.
Agosto 1990 – saddam invade il kwait: si manifesta il problema di esfiltrare il personale della CIA a baghdad.
Chiedono aiuto ai polacchi. Il servizio polacco compie un’operazione sfruttando i sentieri per i conigli:
modalità che permettono di prendere una persona portandola da un paese verso un’area più sicura.
Il peso della polonia all’interno della NATO e dell’EU diventa sempre più importante, in una strettissima
relazione con gli USA. La polonia è stato uno dei primi paesi entrati in iraq nel 2003, insieme ad USA e UK.
Nel 2001 invia un contingente di forze speciali in afghanistan. Partecipa ad operazioni in aree
tradizionalmente lontane dall’interesse polacco.
Sono i polacchi che chiedono agli USA di rafforzare il sistema missilistico statunitense degli M23.
L’ambasciatore presso la Santa Sede ha una notevole importanza. La polonia può permettersi di continuare
ad avere una sponda con gli USA e allo stesso tempo con l’Europa dell’est (non nell’area balcanica).
Neglie
Dissidenza gentile dei ragazzi di piazza majakovskij. Chi è al di fuori di alcuni canoni culturali è classificato
come nemico, per Lenin  qualsiasi forma di dissenso culturale viene criminalizzata. Libri su libri vengono
mandati al rogo.
L’egemonia culturale si concretizza maggiormente con l’inizio del periodo stalinista.
L’0età dell’argento, invece, si realizza con l’inizio del periodo leninista: stagione di rigoglio che finisce con il
’24. Con Stalin inizia un periodo di oscurantismo, in cui si realizza il realismo socialista incarnato da Zdanov:
dare una descrizione veritiera della realtà plasmando le coscienze e guidandole culturalmente. Fin dagli
anni del leninismo, convissero nell’URSS la letteratura sociale e quella clandestina, per mantenere il ruolo
della letteratura in Russia in quanto coscienza sociale del popolo.
In questo clima non si trovano forme di sperimentazione o di manifestazione della libertà dopo la morte di
Stalin si manifesta la prima forma di dissenso artistica: l’arte è libera o al servizio del partito?
La grande frattura avviene con il tentativo di apertura di Kruscev, il quale, avendo bisogno di legittimazione
e riconoscimento, apre all’occidente: mostre di Picasso, festival nazionale della gioventù nel ’57, dagli anni
’60 le prime mostre anglosassoni e occidentali di stampo artistico e culturale. La moda, la musica, lo stile di
vita occidentale si insediano nell’URSS  tutto ciò porta i giovani a manifestare quel disagio che avvertono
proveniente dal sistema, forti anche dell’apertura del nuovo segretario e della condanna di Stalin.
La giovane intelligenzija manifesta attraverso i comportamenti il dissenso verso le colonne portanti del
regime sovietico. Nel ’58 il governo stabilisce di erigere un monumento di Majakovskij sull’omonima piazza.
Alla fine della manifestazione ufficiale poeti e giovani si intrattengono sotto il monumento per recitare
delle poesie. Da lì inizia una frequentazione di persone che si riuniscono per discutere dei tempi di cui è
proibito discutere in URSS, temi di stampo principalmente sociale, culturale ed economico.
Le autorità, e i giovani del komsomol, guardano all’evento preoccupati.il komsomol cerca di assorbirlo
svuotandolo dall’interno e integrandolo al suo interno, le autorità proibiscono l’iniziativa, etichettandola
come un’attività tipica del nemico del popolo. Con l’intervento delle autorità, il movimento si rafforza e
alimente le richieste da esso rivendicate. B.B. i giovani che ne fanno parte non hanno vissuto il terrore
staliniano. Inizia quindi una rigoglio di cultura che fiorisce nella clandestinità: stamidzat (libri, poesie,
giornali, riviste copiati a mano o a macchina).
Quando nellì’autunno del ’60 i giovani si riuniscono nuovamente, le autorità li lasciano fare. Questa volta,
però, non soltanto si è affaermato il dibattito politico, ma il carattere politico del dissenso si è rafforzato e
ha assunto una sorta di struttura organizzativa. Cominciano ad emergere quelle figure legate al dissenso
verso l’URSS che avranno poi ampia fama.
Non mettono in discussione apertamente il sistema  il KGB non li può arrestare. Il presidium del soviet
supremo emana un decreto con cui si cerca di colpire il parassitismo: tutti i parassiti possono essere
arrestati  i giovani di piazza Majakovskij possono essere arrestati. Da questo periodo comincerà il
crescendo che porterà questo ragazzi ad assumere i panni di veri e propri dissidenti politici, con le
conseguenze ovvie: il lager.
Con bresnev, nel ’64, l’atteggiamento delle autorità peggiora. Nel corso di uno dei processi, l’avvocato
Volpin, definisce la strategia della legalità, tipica di Solzenicyn: cercare dio far vedere che questi ragazzi
erano innocenti, non essendo esistenti articoli che li possano effettivamente condannare ed accusare dei
crimini di cui sono etichettati.
La società russa si manifesta come una società profondamente malata nella morale: delazioni, corruzione,
alcolismo, divorzi, suicidi, illegalità diffusa strettamente legata alla sopravvivenza. Coloro i quali si pongono
al di fuori del sistema vengono a loro volta considerati malati. Il socialismo non prevede il dissenso e lo
considera come una demenza, particolarmente durante Bresnev si afferma la pratica dell’internamento il
lager psichiatrici: lo psichiatra ha il compito di combattere la devianza di ogni tipo 8anche culturale)
all’interno dell’URSS.
La polonia com’è legata al dissenso sovietico? Vi sono momenti di dissenso che hanno elementi in comune.
Come con i ragazzi di piazza Majakovskij, l’apertura di Kruscev si ripercuote in un’apertura culturale e
politica anche in polonia. Stagione di grande rigoglio. C’è un ritorno alla grande industria grazie al
miglioramento delle condizioni dell’economia, dovuto a sua volta ad un miglioramento dei rapporti con
l’occidente, in particolare con gli USA.
Hanno un ruolo importante l’economia e la religione,. Quando il governo decide di tornare all’industria
pesante, diventa insostenibile, per la popolazione, tornare a condizioni di lavoro disumane dopo aver
assaggiato un sentore di libertà. L’intelligenzija polacca si incontra con la chiesa polacca e la forza della
religione in polonia, la quale incarna il nazionalismo polacco, il sentimento antirusso e antisovietico, la
quale si è opposta al nazismo durante l’occupazione della polonia, soggetto moralmente accreditato alla
lotta per la polonia. Nel ’78, quando viene eletto paolo II, in polonia c’è aria di riscatto: si cementa una
grande unità.
Quando si arriva ad uno scontro tra autorità e dissenso politico - religioso, solidarnosc, il ruolo della chiesa,
la quale vuole evitare lo scoppio della guerra civile, rimane di moderatrice. Quando jaruzelski compie il
colpo di stato il messaggio è di non reagire.
Lech walesa, ammette davanti al giudice il ruolo di massima importanza della chiesa a livello organizzativo e
finanziario. La sua è una scelta interna, ma anche derivante dall’esterno, come spinta per scardinare il
sistema socialista.
Reagan, gorbacev, kohln, sono cambiamenti e contingenze internazionali determinanti, ma l’esperienza
polacca e quella sovietica riguardo la cultura, suggeriscono che quest’ultima sia fondamentale per la
crescita di una coscienza civile, e anello di congiuntura con la politico.
Georg Meyr
L’allargamento della NATO ha provocato delle ripercussioni maggiori sulla Russia, essendo un’alleanza
politico militare strategica, più che l’allargamento dell’UE.
Se una importante alleanza come la NATO non è capace di crescere in termini qualitativi, modificare gli
obiettivi, e quantitativi, crescere come gruppo, ha un destino inglorioso certo. Un po’ come la triplice
alleanza, che non trasformando i propri obiettivi, perde di significato (vedi Italia che si avvicina con la
Francia) per i propri membri, e nel tempo si spegne.
Il trattato di Washington del 4 aprile del ’49 contiene i germi della possibilità di trasformazione della NATO.
L’art. 5, il casus federis (aggressione contro uno o più membri), è certamente la ragione specifica del
trattato, ma non solo. La NATO è un tentativo di creare un gruppo omogeneo di paesi che condividono
valori ed ideali. Art. 10  l’alleanza ha ampio mandato di allearsi con nuovi membri che condividano i
valori della democrazia ecc.
La NATO nasce con al suo interno una flessibilità di obiettivi diversi con vari protagonisti, che è
indispensabile dopo il 1991 con la fine dell’URSS. Il portogallo, entrato nel ’49, prima che per la paura del
comunismo, perché il governo di salazar ha bisogno di un riconoscimento, da parte della comunità
occidentale, del paese in quanto stato democratico. La Francia ha paura della revanche tedesca, e l’art, 5,
non citando l’URSS in particolare, può essere inteso anche nei confronti di una eventuale rinascita tedesca.
Oggi le cose non sono molto cambiate: ragioni specifiche di appartenenza all’alleanza si vedono più
chiaramente. La Slovenia, non temendo di fatto un’invasione russa, entra nel 2004 per uscire dai retaggi dei
conflitti balcanici degli anni ’90. La macedonia entra perché ciò significherebbe garantirsi dalla posizione
aggressiva della Grecia nei suoi confronti. Quando entrano la Grecia e la Turchia nel ’52, pur se in funzione
antisovietica, lo fanno con la speranza, disattesa, che essendo alleate entrambe nella stessa struttura
possano migliorare i conflitti perennemente intercorrenti tra loro.
L’alleanza atlantica non ha, quindi, come unico significato l’essere un bastione contro l’URSS.
Ci sono delle motivazioni più folte della sua esistenza.
L’alleanza è stata in grado di modificarsi strada facendo. Già dagli anni ’80, con la debolezza visibile del
sistema sovietico che fa pensare ad un suo prossimo tracollo, si pensa ad un doppio allargamento della
NATO: allargamento a tutta l’Europa, e delicatissimo allargamento del campo di azione all’intero globo 
polizia globale, azioni ovunque serva agli ideali dell’alleanza nel mondo. Élites di potere statunitensi, i
neoconservatori affermatisi durante la duplice presidenza di Reagan, teorici anche dell’unilateralità
americana (chissene dell’Europa se non ci sta).
Allo scadere del patto di Varsavia, il problema si pone subito in Europa. Durante la messa a punto
dell’Europa, con il vertice di Maastricht, il dibattito sulla PESC (politica estera di sicurezza comune) fu molto
acceso: si rimise in discussione l’indispensabilità del meccanismo atlantico (servono USA e Canada per la
sicurezza dell’Europa?). L’allargamento non è una formula scontata: Kennan, a metà degli anni ’90, sostiene
che l’allargamento alla sfera dei paesi dell’URSS sarebbe stata una tragedia per il futuro dell’alleanza.
Attualmente si opta per il coinvolgimento: lasciare una zona grigia in Europa tra l’ex madrepatria e gli ex
paesi della NATO potrebbe essere pericoloso  flessibilità degli obiettivi della NATO. Ammissione degli
stati che ne presentino i requisiti (per lo più garanzie di democrazia), o che abbiano delle partnerships
discutibili (Russia e Ucraina hanno un legame molto forte). Ci sono meccanismi di cooperazione che
riescono a stringere i paesi dell’area con l’obiettivo di mantenimento della pace e della stabilità.
Nel 2002, con evidente impegno italiano, viene varato il consiglio Russia – NATO, che significa regolare i
rapporti tra le due. Si lavora in questo senso perché l’area balcanica e dell’Europa orientale è ancora
un’area di instabilità.
Negli anni ’90, la NATO si rivela l’unico strumento capace di operare realmente in situazioni di crisi (già). La
sofferta soluzione della guerra in Croazia, il 1995, deve molto alla NATO (già BIS) e non all’ONU, per
esempio. L’intervento contro la Serbia nel ’99, viene attuato dalla NATO, anche fuori dal mandato ONU.
L’alleanza, inglobando potenziali ex nemici, riesce a garantire un’area di stabilità dell’intera Europa che solo
una ventina di anni fa era non prevedibile.
Sergio canciani
Barone von herbertstein  una delle prime testimonianze scritte dalla moscovia. Inviato dall’imperatore di
Vienna alla corte degli zar per scoprire la Russia. Tornato a Vienna dopo qualche mese, il barone afferma
che la Russia, in virtù della sua complessa grandezza, necessita di anni e anni per poterla conoscere.
Qualcosa sta cambiando in maniera sociale prima che politica: si sta creando una nuova classe piuttosto
benestante, una classe media, che dovrà dotarsi di una rappresentanza politica  in questo la battaglia del
presente. All’inizio dell’anno, con le elezioni, ci sono state manifestazioni di massa nel centro di mosca, non
del carattere di vecchia dissidenza alla Solzenicyn, ma costituite da individui di medio rango (imprenditori,
impiegati) richiedenti democrazia e libertà democratiche. Questa gente è scesa in piazza affrontando il
potere senza più l’atavica paura.
Putin promette ai russi che soffrono di un nazionalismo sentimentale e aggressivo che ci sarà una nuova
grandezza della Russia, promette di investire 700 miliardi di dollari per rimodernare e ristrutturare la forza
armata. Promette una nuova forza, potenza, che garantisca la passata forza negoziale della Russia sovietica.
Quando la polonia rivendica un’autonomia politica e militare, ai dirigenti dell’URSS si delinea un futuro
chiaro. La NATO subisce due goal: in ucraina, quando il movimento arancione di Ushenko chiede l’adesione
all’UE e alla Nato (anche se la corrente filooccidentale scompare nel movimento), e in Georgia dove il
presidente sfida la potenza russa per riannettersi l'Ossezia del sud e dell’Abkhazia.
La potenza della Russia dipende grandemente dalle materie prime: il gas in primis.
Una variabile importante è quella degli equilibri sociali interni: pensioni e alloggi sono problemi interni
fondamentali da cui il consenso popolare non esula.
Putin è un grande scacchista; potrebbe modificare le pedine in gioco a suo piacimento rivoluzionando la
situazione mondiale.
DOMANDE
A canciani  il finanziamento di 700 miliardi alle forze russe. Nel febbraio 2012 putin preannuncia il
finanziamento con l’obiettivo della resurrezione dell’orso russo. Nell’ottobre del 2012, denuncia il
comandante delle forze armate di corruzione. La corruzione è un’accusa frequente per fare fuori i vertici. Il
cambio del capo delle forze armate è una ricerca di una linea più aggressiva?
Putin ha fatto il ricambio ai vertici militari per garantirsi un controllore di fiducia, facendo fuori il ministro
della difesa ed il capo di stato maggiore, ed affidando il ministero della difesa al suo braccio destro in
ombra: al ministro per la protezione civile (ministero per le situazioni di emergenza): potenza autentica che
dispone di uomini e delle strutture più avanzate. È interessante che sholgu, a nome della protezione civile,
abbia fatto rimettere alla Russia un piede nei Balcani firmando con la Serbia un piano di protezione
congiunta nella valle del varsha ai confini con la Serbia. È una mossa interessante e significativa. Quella
militare sarà una pedina importante per putin, potendo rafforzare una delle gambe finora zoppicanti sulla
quale si basa il suo potere: quella dei militari. La corruzione è un problema centrale del sistema russo, ma
non è un ministro della difesa ad estirpare questo fenomeno. Inoltre, Putin ha a disposizione colui che
affermò che la più grande tragedia del XX secolo è la scomparsa dell’URSS.
A margelletti  se lei fosse il ministro della difesa polacco, quali deduzioni ne trarrebbe?
Il ministro della difesa polacco, molto giovane. Gli USA sono l’unica reale superpotenza globale
attualmente. Per questo, nel lungo termine, non è possibile delineare una stabile alleanza tra USA e Cina: le
superpotenze o esplodono o implodono (come l’URSS).
Per la polonia è fondamentale, quindi, continuare ad avere un rapporto stretto e stabile con gli USA, e
contestualmente, rafforzare il rapporto con gli alleati europei (non con l’Europa, in quanto improbabile che
diventi politicamente unita).
L’allargamento della NATO a est è un’idea di cui paghiamo conseguenze in termini economici, di cui l’unico
risultato è di interesse degli USA. Possono fare qualunque cosa senza nessuno, ma politicamente hanno
bisogno di alleati per trasformare le operazioni unilaterali in operazioni condivise ed accettate dai propri
alleati, ed in questo modo giustificate.
Esercito polacco. Jaruzelski attua un colpo di stato militare contro il partito comunista polacco al governo.
Gli eserciti comunisti del patto di Varsavia che entrano e si integrano con gli eserciti amici della nato,
facendone parte., com’è possibile questa integrazione?
Non si integrano: esistono degli standard di sistemi di armamento, addestramento e di modalità operative
che sono molto lenti. Questi eserciti, nominalmente, entrano a far parte della NATO, ma solo dopo anni ed
ingenti finanziamenti iniziano ad operare congiuntamente con gli eserciti occidentali. Si tratta di un
processo lungo. La cooperazione è rallentata dagli scarsi mezzi di cui dispongono gli eserciti dell’Europa
dell’es.
Prima di tutto c’è una formazione in termini di addestramento e poi a cascata anche sui sistemi d’armi.
A cancianila nuova classe media che si sta affermando in Russia. Come la vede, in merito
all’orientamento: è maggiormente filorusso o filooccidentale?
C’è un po’ di tutto. Prevale maggiormente l’attrazione per lo stile di vita occidentale. I giovani viaggiano
molto, studiano nelle università americane o anglosassoni, comunicano attraverso la rete: sono giovani
globalizzati. Quando i loro leader parlano alla folla, però, si sente uno stridio; emergono parole di
nazionalismo piuttosto pesante mescolato con degli evidenti fili di xenofobia ed antisemitismo. Questa
opposizione è ancora in fase di formazione ideologica. Il pericolo che corre è di essere infettata
dall’estrema sinistra nazionalista, xenofoba e antisemita e dall’estrema destra neonazista. Finora non c’è
ancora una leadership strutturata, esperta e credibile.
La madonna 03/12/12
Jugoslavia tra la caduta del regime filo nazista fino alla rottura con l’URSS 1944 – 1948
La presenza di truppe sovietiche sul suolo slavo questa volta è effettiva, a differenza del suolo romeno. Ciò
influirà sui rapporti tra Belgrado e mosca.
Jugoslavia prima dell’avvento di Tito
La Jugoslavia era stata quadi tutta liberata dalle forze di Tito e dalle forze monarchiche. C’erano due
componenti della resistenza che lottavano contro i nazifascisti:
- Comunisti, con il fronte di liberazione nazionale (Tito)
- Monarchici, con il Re Pietro II
Nel ’44 c’erano circa 800.000 uomini del fronte di liberazione nazionale.
Pietro II era in esilio, come gran parte dei sovrani europei, a Londra. Gli unici sovrani che non scapparono
furono quelli d’Inghilterra.
Elemento interno alla Jugoslavia, dovuto alla presenza di una fortissima forza armata filocomunista sul
territorio: 800 mila uomini che conoscevano bene il territorio, ben addestrati nelle condizioni di guerriglia,
avendo contrastato sia l’esercito italiano prima, che quello nazista poi.
Sfruttarono l’arretramento dei tedeschi attaccando e riuscendo a liberare progressivamente il proprio
territorio.
Le due anime della resistenza erano destinate a scontrarsi.
Vi sarà una ulteriore complicazione: la presenza di raggruppamenti di cetnici (truppe). Cetnici: partigiani
che dovevano combattere contro i nazisti ed i fascisti, inizialmente, ma combatterono anche, in tempi
diversi, contro i serbi.
Re Pietro II era poco amato dal popolo: gli si riconoscevano comportamenti politici vicini alle forze che
avevano occupato la Jugoslavia. Tuttavia era una autorità tuttora influente e viva nella parte della
popolazione che si riconosceva nei principi monarchici.
Il 16 giugno 1944 a Lissa, le due anime della resistenza jugoslava firmarono un accordo: re Pietro II
riconosceva come unico esercito regolare le forze di tito  rinunciando al fatto che l’esercito jugoslavo in
patria, l’altra forza partigiana, fondata il 13 maggio del ’41 e comandato da Draza Mihailovic, si sciogliesse
riconoscendo l’autorità del maresciallo tito.
Il governo in esilio di Pietro II era rappresentata da Subasic, monarchico succeduto da poco al precedente
presidente, che a Lissa firmò l’accordo con tito.
In cambio del riconoscimento delle forze di tito come uniche regolari in Jugoslavia, Pietro II ottenne una
promessa: che il futuro governo che avrebbe retto la Jugoslavia sarebbe stato un governo di coalizione
all’interno del quale i monarchici avrebbero avuto dei seggi.
Contesto internazionale
Novembre – dicembre 1943 – conferenza di Teheran  fattore dominante della conferenza: necessità di
far confluire tutte le forze su un unico scopo: la sconfitta della Germania. Volontà comune di roosevelt,
churchill e Stalin. Roosevelt ha anche il problema giapponese da affrontare. Si decidono i provvedimenti
sotto l’unica essenziale condizione di sconfiggere la Germania: ciò comporta una predisposizione al
compromesso e quindi alle eventuali richieste che sarebbero state avanzate da mosca. Stalin stava
compiendo enormi sforzi, all’interno del proprio territorio, per tenere a bada i nazisti.
A Teheran, da parte di Stalin venne fatta una richiesta precisa: chiese che si aiutassero i partigiani di tito
(non i partigiani monarchici) nella lotta contro i nazifascisti  implicava che si dovessero mollare i
partigiani monarchici, perché la richiesta di Stalin comprendeva il fatto che la Jugoslavia entrasse a far parte
della sfera di influenza politica comunista.
Roosevelt accettò, mentre Churchill si trovò a dover affrontare non solo la forza di Stalin, ma anche
l’assecondamento di Roosevelt nei confronti di Stalin.
Il 19 maggio del 1944 venne chiarita la posizione degli USA attraverso un documento ufficiale: il
dipartimento di stato pubblicò un memorandum (strumento diplomatico tramite il quale una potenza fa il
punto di una situazione e chiarisce la propria posizione) con il quale informava della propria posizione di
disinteresse verso gli interessi britannici e sovietici in Jugoslavia.
Stato di fatto: presenza sul suolo jugoslavo di 800.000 uomini di tito, bene armati e bene accolti dalla
popolazione (salvo in Croazia). L’obiettivo principale di Washington corrispondeva con quello dei titini:
vincere la guerra.
Con questa manifestazione di disinteresse appoggia implicitamente le richieste di Stalin: nella querelle tra
l’alleato britannico e quello sovietico, la parte più forte era mosca. Togliere il proprio sostegno alla politica
di Churchill era un modo implicito di assentire alle richieste staliniane. Gli accordi successivi siglati tra
Londra e mosca andranno in questa direzione: spartizione di aree di interesse.
La Jugoslavia diventerà zona di influenza sovietica, la Grecia zona di influenza britannica. Sarà uno scambio
lineare e molto concreto. Verranno fatte pressioni a Pietro II da parte di Londra, per giungere ad un accordo
con tito. In Grecia, il PC ellenico, sarà pian piano abbandonato a se stesso in favore dei partigiani
filomonarchici appoggiati dall’Inghilterra.
Churchill si mosse lungo un modo di comportamento tipico del periodo delle conferenze tra i tre grandi:
ogni volta che si cedeva alle richieste di Stalin si cercava di dare una parvenza di democraticità allo sviluppo
politico dello stato in questione. Churchill chiese e ottenne che l’evoluzione della Jugoslavia post guerra
sarebbe stata democratica: governo di coalizione, elezioni regolari, rispetto delle libertà fondamentali.
Accordi simili a questo saranno stipulati per tutti gli stati dell’Europa centro orientale. Il fallimento più
clamoroso di questo scambio sarà quello polacco: all’interno del governo polacco di coalizione saranno
inseriti dei rappresentanti del governo in esilio di Londra, che col tempo verranno eliminati, anche
fisicamente.
-
Situazione militare. Vantaggio determinante delle forze sovietiche o comunque di forze legate al
governo sovietico.
Sia il contesto interno che quello internazionale giocavano a favore del maresciallo Tito. Il suo
alleato di riferimento era rispettato e sentito. Avendo le spalle coperte da una tale potenza
militare, Tito poté permettersi un’affermazione del proprio regime in Jugoslavia.
Dicembre 1944accordo tra la parte titina della resistenza jugoslava e quella monarchica, che al momento
della liberazione prevedeva la costituzione della Jugoslavia in uno stato democratico e federale.
Federale: in Jugoslavia erano presenti più realtà, esigenze di carattere economico e sociale. Solo una forma
federale avrebbe potuto garantire una certa stabilità.
L’accordo prevedeva la convocazione di un’assemblea costituente che avrebbe dovuto decidere circa il
mantenimento o meno della forma monarchica.
7 Marzo 1945  formato il primo governo della Jugoslavia libera.
I tedeschi sono fuori dalla Jugoslavia, gli italiani sono fuori dall’8 settembre del ’43. L’intera Jugoslavia è
stata liberata dalle forze partigiane jugoslave, di Tito e del generale Draza Mihailovic (con cui combattevano
i cetnici: in più di una occasione spareranno contro i serbi di Tito creando un’acredine che si ripercuoterà
nel tempo).
Nel governo di unità nazionale formato da Tito, il 7 marzo, trovarono posto anche i monarchici di Pietro II: il
vecchio presidente del consiglio, Subasic, (quello che aveva firmato l’accordo di Lissa) trovò posto al
ministero degli esteri. Lo sloveno Edward Cardeli, il montenegrino Dilas, e Alexander Rankovic a cui andò la
direzione dei servizi di sicurezza (ministero più importante all’interno del governo, in quanto erano
monopolizzati dalla componente più vicina a Tito e più staliniana).
Tito era uno staliniano di ferro, si riteneva fosse uno dei personaggi più vicini all’ideologia del capo
sovietico. Prima di convertirsi al marxismo – leninismo, Tito era stato un fedele combattente dell’impero
austroungarico. Di origine croata aveva combattuto nella IWW nelle file dell’esercito asburgico e aveva
partecipato all’assedio di Belgrado. Questa parte della sua biografia sarà censurata. Aveva un
atteggiamento molto duro nei confronti di chi manifestasse idee non marxiste, o idee non titine. Per un
certo periodo, ebbe le stesse paranoie di Stalin nei confronti degli altri stati, ma solo per la prima fase del
suo governo. Divenne un personaggio molto amato.
Il ruolo dei servizi di sicurezza significava, oltra che la difesa dello stato, anche quella del capo del governo,
Tito. Ciò che avrebbe dovuto preoccupare i partigiani monarchici, era che il governo aveva tantissimi
ministri (come tutti quelli dell’Europa orientale): 28 ministri. Governo poco agile, significa che le decisioni
saranno prese da un gruppo ristretto di ministri. Su 28, 23 erano comunisti, e solo 5 no.
L’esponente di Pietro II, il ministro degli esteri, si trovò circondato all’interno di un governo in cui la
predominanza era comunista, ed in un governo in cui già Tito esercitava un’autorità molto forte. Tito era
anche molto carismatico: sfruttò abilmente il successo ottenuto autonomamente contro le forze di
occupazione naziste e fasciste. Il suo carisma era figlio della capacità di presentarsi come fattore di unità
all’interno di un territorio devastato dalla guerra e dall’occupazione del nemico; fu un carisma che crebbe
nel tempo e derivò anche dalla capacità che Tito avrà costantemente di ritagliarsi uno spazio personale e di
ritagliare uno spazio alla Jugoslavia in campo internazionale.
Il governo cominciò a operare immediatamente (nel marzo del 45 la guerra non è finita): lo sforzo è volto,
da parte di tutti, a sconfiggere la Germania. A tutti i paesi liberati dall’occupazione tedesca, facenti parte
dei territori centro orientali, vennero concesse grandi manovre decisionali politiche alla luce del loro
potente alleato.
Sfruttando la situazione internazionale favorevole, il governo di unità nazionale procedette ad una
epurazione di tutti i collaborazionisti e anche dei nemici politici del governo stesso: nazifascisti, vecchi
monarchici abbandonati dall’Inghilterra.
Conseguenze della pulizia degli oppositori effettuata dal ministero della sicurezza nazionale: si colpiì
l’opposizione vietandole la possibilità di pubblicare i giornali filomonarchici. L’unica stampa consentita fu
quella filogovernativa. Misura presa in precedenza già da altri stati dell’Europa orientale, uno dei primi
sintomi dell’affermazione di un regime: si vuole colpire la creazione di un’aggregazione, ma soprattutto la
diffusione delle idee degli oppositori.
Vennero ostacolati anche i movimenti non comunisti. Vennero chiuse le sedi dei partiti, arrestati i dirigenti
locali. Ci fu un’attività di repressione completa, violenta, a livello legislativo.
Tutto ciò comportò da un lato, il rafforzamento del governo, dall’altro la reazione delle componenti non
filocomuniste.
Il ministro degli esteri, e gli altri 4 ministri che non aderivano al fronte di liberazione nazionale si dimisero
dall’incarico. Queste fecero il gioco dei comunisti. Si consolidò una sorta di opposizione al governo: chi non
riteneva corretto il comportamento del governo, che si riconosceva in ideali non di stampo comunista.
Rimasero al di fuori del governo e cominciarono una lotta, per quanto consentito, contro l governo: lotta di
carattere politico, soprattutto, manifestatasi con la richiesta di boicottare le elezioni che si sarebbero svolte
di lì a poco in Jugoslavia.
Il fronte di liberazione nazionale cambiò nome, presentandosi alle elezioni come fronte popolare:
espressione tipica dei partiti filocomunisti.
L’attività degli oppositori fu tenace, al punto da riuscire a creare dei problemi al governo stesso. Le elezioni
non furono, tuttavia, un successo per gli oppositori: la capacità di convincimento delle forze governative era
decisamente superiore, sul terreno il fronte popolare era maggiormente radicato rispetto agli altri, perché il
partito monarchico si identificava nella popolazione come il partito degli ex vessatori (proprietari terrieri).
La percentuale del successo del fronte popolare alle elezioni dell’11 novembre 1945 sarà del 90,48% dei
consensi. La parte rimanente della percentuale, si astenne dal voto.
Il 29 novembre del ’45, l’assemblea costituente eletta l’11 novembre, proclamò la repubblica federativa
jugoslava e nel gennaio successivo (30 gennaio 1946), approvò una costituzione molto simile a quella
dell’URSS del 1936. La costituzione sovietica del ’36 ebbe una pubblicità largamente favorevole, anche
all’interno degli USA, perché costituzione garantista dei diritti fondamentali.
Il fatto che la costituzione fosse così simile a quella sovietica, voleva significare ulteriormente come Tito
fosse quasi il figlio di Stalin.
La costituzione del ’46 era una costituzione che garantiva la struttura federativa della Jugoslavia. Perché la
struttura federativa? Scelta perché Tito ritenne che solo una struttura federale avrebbe potuto garantire
uno sviluppo pacifico della Jugoslavia, avrebbe stemperato quella continua crisi tra i popoli esistenti
all’interno della Jugoslavia. Struttura federativa che già nel ’46 prevedeva larghi spazi di autonomia per le
repubbliche: permetteva una specie di gioco condotto dale repubbliche, che nel tempo ottennero sempre
maggior autonomia, e condotto da Tito dell’unificazione della Jugoslavia.
La dirigenza si mosse lungo due binari: da un lato si sfruttò il carisma titino, figura che faceva da collante
per l’intera repubblica, dall’altro si sfruttò un altro collante ancor maggiormente radicato, la lega dei
comunisti (principale fattore di unità). Quando negli anni ’80 l’idea di comunismo entrerà in crisi nello stato
leader, l’URSS, la crisi avrà delle ripercussione su tutti i partiti comunisti dell’Europa dell’est e dell’Europa
occidentale. La lega dei comunisti risentirà del dibattito interno ai partiti comunisti che metterà in
discussione il ruolo dei partiti come avanguardia operaia. Venendo meno Tito, la lega dei comunisti si
scinderà in piccole leghe dove prevarrà l’aspetto nazionale.
Con la costituzione del ’46 il governo è ormai legittimo  momento adatto per una ulteriore epurazione. :D
L’epurazione fu durissima, della quale responsabili furono anche le potenze occidentali. UK e USA
cedettero, trasferirono, 100.000 prigionieri di guerra croati dall’Austria in Jugoslavia: furono tutti uccisi
perché croati. La Croazia era nemica dichiarata, durante la guerra, di tutte le altre componenti della
Jugoslavia, in particolare era nemica della Serbia.
I 100.000 soldati croati trasferiti in Jugoslavia, furono uccisi per rafforzare il consenso ed eliminare
fisicamente oppositori abituati all’uso delle armi. L’eliminazione dei propri prigionieri provenienti da altri
stati sarà una pratica applicata per gran parte dall’URSS: eliminerà i soldati catturati dalle forze naziste che
erano tornati in patria dopo la guerra.
I cetnici furono accusati di collaborazionismo con i tedeschi. In realtà collaboravano con gli italiani. Il loro
generale, mihailovic fu arrestato e giustiziato in poco tempo.
Il rafforzamento del regime passò anche attraverso una durissima repressione verso la chiesa cattolica, la
quale aveva avuto un atteggiamento piuttosto ambiguo nei confronti degli occupanti, soprattutto in
Croazia. Ci sono state della zone grigie molto prossime al collaborazionismo, e altrettante caratterizzate da
un collaborazionismo dichiarato. La chiesa cattolica venne colpita duramente: centinaia di sacerdoti uccisi
nella Voivodina croata.
Occhio alle cifre fornite dal Bogdan poiché si affida a fonti a senso unico!
La chiesa cattolica fu perseguitata, oltre che per il collaborazionismo, anche per un motivo politico. Quando
i sistemi di governo si spostano verso la forma di un regime, o di un governo autoritario che voglia stabilire
il proprio potere in maniera radicata e duratura nel tempo, devono contrastare chiunque sia in concorrenza
con esso sull’educazione della gioventù. Questo perché il consenso nasce crescendo e trasformando i
giovani in buoni cittadini. Dovettero formare giovani consenzienti.
La chiesa cattolica è in concorrenza sulla formazione della gioventù, poiché con le proprie organizzazioni
giovanili fornisce elementi culturali che contrastano, entrano in concorrenza, con quelli del governo
autoritario, in questo caso con il governo comunista di Tito.
La chiesa cattolica fu colpita duramente: oltre ai massacri dei sacerdoti, furono chiusi i monasteri,
incendiate le chiese o trasformate in depositi. Fu un attacco strutturato in modo da sbaragliare
completamente la concorrenza. Venne incarcerato e condannato l’arcivescovo di Zagabria, stepinaz (che
aveva collaborato abbastanza con i croati di ?).
La chiusura con mosca – agosto 1948
Tito aveva una visione della PE jugoslava molto ampia e molto attiva: non vedeva la Jugoslavia appiattita
sulle posizioni di mosca, ritenevano che la Jugoslavia fosse nelle condizioni per svolgere una PE autonoma.
Era difficile farlo quando si parla di autonomia dall’URSS, la quale, in quel momento, stava tessendo una
serie di strettissimi rapporti politici, militari ed economici con i satelliti.
L’URSS si sostituì in tutto e per tutto agli alleati occidentali dei paesi dell’Europa orientale: questa politica si
concretizzò nel fatto che l’URSS diventerà il partner economico principale dei paesi suoi satelliti, tanto da
essere legami condizionanti per i satelliti stessi. Oltre a questo, negli stati dove l’armata rossa aveva
liberato il territorio dall’occupazione nazista svolgeva un ruolo militare importante. Inoltre, nei confronti
dei paesi che erano stati in guerra contro l’URSS, l’unione sovietica vantava delle riparazioni di guerra.
- Presenza militare, forza di occupazione che diventava forza di tutela per un eventuale ritorno
tedesco
- Riparazioni da scontare, delle quali offre l’annullamento in cambio di accordi commerciali in cui
mosca diventava la principale partner dello stato in questione.
In Jugoslavia non c’erano occupanti sovietici militarmente, né essa aveva da scontare riparazioni nei
confronti dell’URSS! L’unico collante che ha mosca con Belgrado è quello della solidarietà politica. E se
mosca, dal canto suo, non aveva vantaggio negoziale nei confronti di Belgrado, parimenti Belgrado non
aveva vincoli di riconoscenza nei confronti di mosca, né doveva far fronte ad una presenza militare fisica
sovietica nel suo territorio.
A tale situazione, va aggiunta la variabile umana: presente in Tito e nei suoi principali collaboratori. La
Jugoslavia, che aveva vinto la guerra, mirava a realizzare i presupposti politici da “grande Jugoslavia” che
prima non si erano manifestati  Tito guarda verso l’Albania e verso la Bulgaria. La Bulgaria era il paese
con il quale si poteva condividere una preoccupazione data dalla probabile vittoria dei filomonarchici,
sostenuti dagli inglesi, in Grecia.
La PE di Tito è una PE molto autonoma, per i presupposti sopra descritti.
I progetti di Tito erano molto concreti:
1 progetto di federazione balcanica con Albania e Bulgaria. Federazione in cui gli albanesi erano d’accordo:
all’interno del PC di (anna) Hoxha c’era una componente filojugoslava molto forte, che riteneva che con la
Jugoslavia si potesse giungere ad un modus vivendi, ad una coabitazione che portasse dei vantaggi reciproci
 si riteneva potessero derivare dall’unione doganale (raggiunta), dalla moneta unica (non raggiunta),
dall’eliminazione dei confini. Anche la Bulgaria era propensa a stringere rapporti con Belgrado: la
componente filotitina all’interno del PC bulgaro riteneva che l’amicizia di Tito fosse molto ambigua e figlia
di un interessamento secondario, volto ad un impossessamento dell’Albania. Il timore reale venne quando
si cominciò a discutere dell’unione delle forze armate: significava un comando comune, risorse comuni, ma
anche il controllo delle truppe da parte di Tito. Forti dubbi sorsero quando Tito propose di spostare una
parte della truppe in Albania, e divennero realtà quando a Belgrado si chiese che tutte le forze albanesi
entrassero a far parte del comando dello stato maggiore jugoslavo. Hoxha decise, quindi, di allentare
l’amicizia stritolante jugoslava. L’eventuale presenza di truppe in Albania era motivata dalla necessità di
difendere il suolo albanese dai sicuri attacchi che sarebbero provenuti dalla Grecia. La reazione di Enver
Hoxha, essendo lo squilibrio tra forze jugoslave e albanesi molto forte, fu quella di volare a mosca e
rivolgersi alla madre Russia. La reazione di hoxha si basava sul fatto che, secondo il leader albanese, Tito si
stava comportando come un reazionario, un fascista all’interno e all’esterno della Jugoslavia, chiedendo
che si intervenisse contro di lui.
Allo stesso tempo anche i bulgari erano preoccupati dalla PE titina.
Inoltre, il progetto di federazione balcanica aveva creato grosse ansie a mosca.
L’URSS sta creando, dal ’45, una frontiera esterna che la tuteli dall’eventuale pericolo proveniente
dall’occidente capitalista. La federazione balcanica avrebbe creato una unione tra 3 stati: Albania, Bulgaria
e Jugoslavia. Avrebbe avuto un PE propria, ampi margini di autonomia  proprio ciò che mosca non voleva.
Il sistema di alleanze che mosca stava creando doveva consentirle di dirigere l’alleanza stessa, cosa che
sarebbe stata ostacolata dalla possibile autonomia eccessiva che avrebbe avuto la federazione balcanica,
potendo creare grossi problemi al sistema sovietico.
Nell’agosto del ’48, i rapporti tra mosca e Belgrado peggiorarono. Belgrado, resosi conto che mosca non
approvava il tipo di PE autonoma che la Jugoslavia conduceva, mobilitò il proprio esercito. Gli 800.000
uomini che erano diventati esercito in seguito alla guerra, non avevano lasciato le armi e avevano
conservato una grande esperienza in merito a guerra e guerriglia. La Jugoslavia era lo stato che aveva più
possibilità di resistere ad una eventuale invasione sovietica.
Come reazione nei confronti dell’azione jugoslava, mosca ritirò i propri consiglieri diplomatici.
La rottura avvenne per motivazioni di politica estera e perché l’URSS non aveva in Jugoslavia quegli
strumenti atti a concludere in maniera positiva i propri equilibri di PE, strumenti che erano rappresentati
altrove dalla presenza militare, e dagli accordi commerciali e politici stipulati con gli stati satelliti.
L’unico mezzo per agganciare la Jugoslavia era la disciplina di partito, il senso comune di appartenenza
all’ideologia. L’unica ritorsione operabile nei confronti di Belgrado, era l’espulsione dall’organo che riuniva
tutti i partiti comunisti: il kominform. Kominform: comunità di partiti comunisti fratelli. Gli jugoslavi furono
espulsi, giungendo alla rottura vera e propria tra mosca e Belgrado.
(siamo nel pieno della guerra fredda, ed in tale contesto, il ruolo di uno stato comunista in contrasto con il
principale stato comunista, è un ruolo importante, che Tito saprà sfruttare bene)
La mantia 05/12/12
Dal 1945 agli anni ‘50
Cosa significò la socializzazione nell’Europa orientale?
I governi che si instaurarono in Europa dal ’45 in poi dovettero fare i conti con una realtà precedente. Il
modo in cui lo stile comunista venne inserito e durò fino agli anni ’90 fu differente a seconda dei casi.
Ci sono comunque dei tratti in comune.
Istituzioni
L’area centro europea era un’area in cui erano esistite più forme di governo: asburgica, russa, prussiana,
ottomana. Istituzioni differenti  rapporti differenti con la popolazione  rapporti differenti con le
minoranze.
Bisognava creare istituti nuovi ed un diverso modo di rapportarsi con la gente. Per quanto riguardò le
istituzioni, i comunisti ne cambiarono l’indirizzo politico. L’istituzione principale che subì maggiori variazioni
fu la presidenza dello stato: l’organo singolo venne sostituito da un organo collegiale. La collegialità
significava il passaggio ad una forma di governo maggiormente democratica. La presidenza, in realtà,
contava meno nella sfera delle cariche di potere di uno stato. La carica più importante era quella del
segretario.
Nell’URSS ci fu un partito stato, che invase tutte le forme istituzionali. Nei paesi dell’Europa orientale,
invece, con un background diverso, non ci fu una sostituzione totale dei partiti allo stato. Tuttavia,
politicamente, i partiti continuarono ad esercitare un ruolo fondamentale all’interno dello stato e al suo
esterno.
1 elemento di comunistizzazione : agricoltura - collettivizzazione. In che modo l’ideologia comunista venne
applicata nei rapporti agrari?
Gli stati dell’Europa centro orientale avevano vissuto tipologie di rapporti agrari differenti: territori con alto
sviluppo dell’agricoltura, e zone caratterizzate da una tecnologia medievale.
Idea di partenza: collettivizzare la proprietà privata  collettivizzazione delle campagne come passaggio
obbligatorio. Collettivizzare i grandi latifondi, in cui i rapporti tra latifondisti erano profondamente
contrapposti ai contadini era un conto, ma collettivizzare i territori coltivati da piccoli e medi contadini
(piccola e media proprietà terriera) comportò scontri, non accettazione, cattiva gestione.
La progettata collettivizzazione delle terre ebbe un’opposizione consistente nelle aree della polonia
precedentemente governate dalla Prussia, mantenutesi sulla precedente tipologia di rapporti agrari. Le
varie riforme agrarie della polonia indipendente avevano rafforzato la presenza di piccoli proprietari
terrieri, non solo nell’ex area prussiana. Fu quindi difficile., per il governo di Varsavia, imporre una
collettivizzazione simile a quella dell’URSS.
Un’altra area in cui si verificarono consistenti proteste contro la collettivizzazione, fu l’Ungheria. La ricca
proprietà terriera si interessava dei propri latifondi, traendone le proprie risorse e le proprie ricchezze:
borghesia latifondista NON parassitaria. Inoltre, c’era anche una piccola proprietà terriera molto
produttiva, la quale aveva espressione nel partito politico radicato in tutta l’Ungheria. La collettivizzazione,
quindi, venne attuata con molta difficoltà, tanto che nel tempo verrà progressivamente abbandonata (così
come in polonia).
Nelle altre aree dell’Europa orientale, dove i rapporti all’interno delle campagne erano piàù stratificati, e
dove non esisteva una piccola efficiente proprietà terriera, la collettivizzazione fu più semplice.
Collettivizzazione:
- sequestro dei terreni ai vecchi proprietari. Per accattivarsi il consenso popolare vennero espropriati
per primi i collaborazionisti, poi gli oppositori del regime, poi le terre di tutti. Queste espropriazioni
venivano destinate ai piccoli proprietari terrieri ed ai braccianti, parte della popolazione che più
sosteneva le riforme agrarie.
- Costituzione di fattorie collettive (sovhoz) e statali. Statali: lo stato interviene organizzando e
finanziandole, coloro che vi lavorano sono dipendenti statali. I kolhoz erano fattorie in cui i
partecipanti mettevano in comune le risorse per raggiungere uno scopo comune. La gestione del
lavoro era organizzata attraverso un consiglio direttivo che stabiliva tempi, mansioni, cosa coltivare,
ecc. la struttura kolhoziana non ebbe molta fortuna dove già esisteva una piccola proprietà
contadina.
Con gli anni ’50, la struttura agraria dell’Europa orientale era mista:
- Fattorie statali
- Fattorie collettive (nate in maniera volontaria sul modello dei kolhoz)
- Economia mista: concessioni ai proprietari che potevano coltivare i propri appezzamenti e vendere
i propri prodotti. Questa parte venne tollerata nel tempo perché la sua produzione serviva a coprire
gli errori nella politica agraria e le mancanze da essa causata. Questa parte fu spesso la fonte
primaria del mercato nero.
La collettivizzazione delle terre ebbe anche un aspetto politico, oltre che economico: si creò una massa
enorme di gente che dalla collettivizzazione trasse benessere. Questa parte di popolazione ebbe un forte
consenso con il regime al governo, ma, essendo il comunismo un fenomeno generalmente ulbano, con le
campagne, il rapporto continuerà ad essere sempre contrastante e ambivalente. Le campagne erano
fondamentali per lo sviluppo dell’economia dello stato, ma nel rapporto campagna industria, era l’industria
ad avere la precedenza, così come i proletari avevano la precedenza, come classe, nei confronti del
contadini. Questo porterà, nel tempo, alla creazione di un dissenso nei confronti degli stessi partiti che
avevano stimolato e prodotto la riforma agraria.
2 elemento di comunistizzazione: regime di stampo autoritario in cui la gestione dell’istruzione, e della
gioventù è importante. Un regime autoritario non tollera un concorrente istituzionale, che lo possa
contrastare agli alti vertici, né concorrenti nell’educazione della gioventù. Nel primo caso, c’è una lotta per
la conduzione e l’esercizio del potere, nel secondo, una lotta per l’educazione della gioventù.
Stato come istituzione e partito come creatore del consenso VS la chiesa.
I partiti comunisti al potere nell’Europa orientale si scontreranno con due aspetti della chiesa:
- Chiesa intesa come istituzione: chiesa rappresentata dalla gerarchia, dal corpo ecclesiastico, dalla
struttura. Dalla parte più vicina all’esercizio del potere. Contro questa parte della chiesa la lotta fu
decisa da parte dei governi comunisti. Furono chiusi gli ordini religiosi.
- Chiesa come movimento. Si concentrò l’attività contro gli aspetti della chiesa volti alla formazione
della gioventù, si sciolsero le organizzazioni cattoliche e ci fu una lotta basata sulla propaganda. Il
clero veniva presentato come sfruttatore, parassitario, dominatore. Il contrasto fu molto forte, e
molto più percepito in questa seconda parte della lotta contro la chiesa che non nella prima.
Si sostituirono le feste religiose con celebrazioni statali: non si poteva lasciare la popolazione nuda,
priva di fede.
Tutto l’aspetto esteriore della creazione del consenso e della gioventù verteva sulle attività politiche. Si
volle creare un’alternativa attraverso le organizzazioni giovanili del partito (komsomol sovietico replicato in
tutti i satelliti). Le organizzazioni giovanili del partito si sostituirono a quelle religiose, le quali, quelle non
sciolte, dovettero combattere una concorrenza spietata da parte del partito.
In alcuni casi si crearono delle strutture para religiose: strutture religiose che facevano capo al partito. Es. in
polonia azione cattolica retta da un ex agente segreto, chiamata PAX. Organizzazione comunista che
portava avanti una sorta di sincretismo tra marxismo e cattolicesimo, con il compito primario di fare
concorrenza alle organizzazioni giovanili di stampo cattolico.
A livello istituzionale ci fu un attacco forte ai cardinali che rappresentavano la chiesa: in particolare in
Ungheria e polonia.
Ungheria: venne arrestato con l’accusa di anti patriottismo il cardinale ?, il quale fu per molti anni
perseguitato dal regime ungherese. Non venne incarcerato perché riuscì a scappare nell’ambasciata
statunitense dove rimase prigioniero per anni. Venne perseguitato perché di fatto era un oppositore. I vari
cardinali, in particolare il cardinal primate (punto più alto della gerarchia, espresso dalla conferenza
episcopale), venivano colpiti duramente poiché erano persone molto forti e politicamente rilevanti.
Avevano un carisma molto forte e quindi grande forza sulle masse cattoliche. Non potevano non essere
perseguitati, essendo in tal modo una pericolosa concorrenza per le istituzioni comuniste.
In polonia vennero arrestati diversi vescovi ed arcivescovi, fino a quando non si consolidò un certo mudus
vivendi con la chiesa: la santa sede, dopo aver scelto il successore alla cattedra vescovile, doveva ricevere
l’approvazione da parte del governo. Alcune volte era il governo stesso che proponeva alla santa sede
personaggi ritenuti affidabili.
Venivano nominati amministratori apostolici, che in assenza di vescovi o cardinali, sostituivano l’autorità
delle diocesi in cui vi erano vuoti di potere (vescovi e cardinali incarcerati).
In polonia si riteneva che il cardinal primate avesse importanti contatti con gli USA. Vista la fase di guerra
fredda molto intensa, per dare l’esempio e mettere paura, il primate venne perseguitato e accusato.
Con l’arresto del primate in Ungheria si ebbe il primo tassello che avrebbe portato l’Europa dell’est a
È proprio in questo periodo che nasce la chiesa del silenzio: chiesa presente che però non parla, non
esprime il proprio parere. Significava anche una chiesa martire, perseguitata. Il cattolicesimo europeo, la
santa sede, insistette parecchio su questa situazione: la chiesa del silenzio era figlia delle persecuzioni
operate in questa fase del periodo comunista, ma aveva anche un ritorno positivo per l’immagine della
chiesa.
Durante la IIWW la chiesa cattolica aveva avuto degli atteggiamenti sospetti di vicinanza con i tedeschi in
più zone dell’Europa (Jugoslavia, Ungheria). Zone grigie in cui non si era fatta luce. La chiesa perseguitata
ritornava ai valori delle origini: la persecuzione purificò la chiesa cattolica di molte zone e di elementi non
chiari accaduti durante il secondo conflitto.
Il papa era Pio XII. Era il papa del silenzio. Gli verrà imputata una posizione molto ambigua nei confronti
della shoah: il silenzio di cui si ritiene essere stato colpevole, era il silenzio da egli mantenuto durante lo
sterminio degli ebrei. Con l’apertura degli archivi della santa sede, e la consultazione incrociata di tutti gli
archivi delle potenze coinvolte nella IIWW, la figura di Pio XII venne considerata diversamente.
La figura di Pio XII ebbe grande influenza sulla chiesa della guerra e sulla chiesa perseguitata dai comunisti.
A Pio XII si imputò un atteggiamento filotedesco ed un atteggiamento poco responsabile nei confronti della
shoah: gli furono fatte numerose richieste di intervento da parte della diplomazia degli alleati (dagli USA,
dalla gran Bretagna, dalla comunità ebraica). Si riteneva che dinanzi all’aggressione della polonia, era
necessario che il vaticano scomunicasse i tedeschi, che dinanzi all’evidenza dei fatti dello sterminio, si
dovesse scomunicare Hitler.
La santa sede agiva con prospettive di ampio raggio temporale, non di qualche anno, ma di decenni. La
santa sede, dopo l’invasione della polonia, il cardinal primate di polonia scappò godendo di un passaporto
diplomatico, e andò al vaticano. Qualche giorno dopo l’invasione, il cardinal primate pronunciò un discorso
alla radio vaticana sulla rinascita della polonia in un periodo in cui la polonia non esisteva più, non citando i
tedeschi. La radio vaticana, potente, è autorizzata ad emettere solo ciò che decide ed approva la segreteria
di stato vaticana.
Quando a mosca molotov e ribbentrop avevano firmato la spartizione della polonia, e la notizia era stata
diffusa dalla radio vaticana, l’approvazione era partita dalla segreteria vaticana.
Pio XII non aveva agito con sufficiente fermezza e determinazione, non producendo risultati valevoli.
In Germania c’era una forte componente cattolica, della quale la maggior parte erano nazisti. La scomunica
nei confronti di Hitler avrebbe mai potuto avere un effetto nei suoi confronti?! NO, ma avrebbe creato delle
ripercussioni nei cattolici tedeschi filonazisti. Avrebbe potuto avere due risultati negativi: eventuale
aumento nei confronti dei cattolici tedeschi presenti in Germania, i cattolici tedeschi avrebbero potuto
sconfessare la pronuncia papale. Rischi che la santa sede non vuole correre.
Inizialmente, si riteneva che la santa sede non sapesse nulla dello sterminio in polonia. Non è vero: se c’è
un sistema di comunicazione che funziona, è quello vaticano, il quale dispone, soprattutto in Europa
orientale, di una rete capillare di parrocchie, preti, vescovi, avamposti che le permette di avere un controllo
del territorio completo. La conoscenza dei fatti era piena all’interno della santa sede. Era a conoscenza di
tutto, se non per via diretta, per via indiretta. Anche Churchill e Roosevelt sapevano. Tutti sapevano cosa
succedeva in Europa orientale. Il silenzio nei confronti degli ebrei è inquietante: non ci fu una denuncia
aperta e chiara nei confronti dei crimini nazisti contro la popolazione di origine ebraica. Ci saranno denunce
che colpiranno i crimini e le azioni di guerra in generale, ma non una denuncia immediata e specifica.
La santa sede non denunciò i fatti di cui era a conoscenza con la giustificazione di non voler aggravare la
situazione. Tutta l’attività che le organizzazioni cattoliche svolsero a favore degli ebrei servì a giustificare
questa scusa. Venivano rilasciati grandi quantitativi di certificati di battesimo, di purezza della razza ariana,
vennero aperte parrocchie e chiese per dare rifugio ai perseguitati.
Pio XII era stato nunzio apostolico in baviera: il ruolo del decano spetta al nunzio apostolico. Ha una certa
autorità: presenta richieste allo stato, presenzia a cerimonie particolari.
In baviera, Pio XII fu presente come nunzio negli anni delle rivolte. Negli anni ’20 rimase per ore
asserragliato all’interno della nunziatura temendo di essere catturato da parte dei manifestanti comunisti.
Questo comportamento causò la voce secondo cui egli odiava i comunisti.
Pio XII contrastava l’ateismo di base del marxismo, soprattutto.
Si riteneva che Pio XII avesse una particolare predilezione per la cultura tedesca, perchè parlava molto
correttamente il tedesco e perché apprezzava la cucina tedesca (aveva una cuoca tedesca). Aveva un’alta
conoscenza della cultura tedesca, si imputò anche a questo il suo feroce anticomunismo. E gli si imputò
anche una sorta di consenso nei confronti del nazismo, per via dell’attacco tedesco alla Russia che avrebbe
potuto debellare il comunismo. Tutte queste sono falsità.
Concordato con la Germania in vigore quando Adolf Hitler prese regolarmente il potere: appiglio giuridico
che serviva per tutelare i cattolici in Germania. La scelta di comportamento del papa fu squisitamente
politica: si optò per un pronunciamento nei tempi e nei modi sopra scritti perché si riteneva che solo in quel
modo si sarebbe potuto ottenere qualcosa, altrimenti si sarebbero avute solo conseguenze negative.
In polonia c’era il cardinal wyszinsky, cardinal primate, il quale sarà l’artefice principale dell’elevazione al
soglio pontificio di Giovanni paolo II. Era un grande politico e diplomatico. In polonia, il regime comunista
guidato da Jerut, staliniano di ferro, si trovò dinanzi ad un problema grave: in polonia i cattolici erano un
gran numero e la loro influenza era molto grande. Nei confronti della chiesa polacca, quindi, non si sarebbe
potuto tenere il comportamento usato anche nel resto dell’Europa dell’est. Inoltre, la chiesa cattolica
polacca è una chiesa nazionale: i polacchi si identificavano nel cattolicesimo. Poiché anche molti comunisti
continuavano ad essere cattolici bisognava muoversi in maniera diversa.
Ci furono condanne, incarcerazioni, chiusure di monasteri, ma non nei numeri del resto dei paesi
dell’Europa dell’est. Non ci furono condanne a morte.
In polonia era stata anche creata l’organizzazione paracattolica. Tuttavia, una lotta contro la chiesa era una
lotta contro i polacchi. La stessa pratica di collettivizzazione agraria, nei luoghi dove maggiormente radicata
era l’influenza della chiesa, si dovette giungere ad una sorta di compromesso perché la chiesa cattolica non
si inserisse negli affari dello stato.
Si giunse ad una trattativa (in seno al comunismo si accettò di venire a patti con la santa sede, e viceversa).
Il cardinal wyszinsky ritenne che fosse opportuno giungere ad un compromesso con il regime, perché
riteneva che accordandosi su uno scambio equo (più vantaggioso per lo stato), ci sarebbero stati vantaggi
anche per la chiesa. Si dava alla chiesa polacca la possibilità di poter usare questo scambio contro il regime.
Inoltre, all’interno dei margini, seppur ristretti, concessi alla chiesa dallo stato polacco in cambio di una sua
esclusione dagli affari statali, la chiesa avrebbe potuto continuare a fare politica.
I preti non dovevano fare propaganda politica, in sostanza. Questo avrebbe avuto come effetto positivo
dello scambio: la possibilità di tenere aperte le chiese ed esercitare le attività nei limiti dei confini delle
chiese, possibilità di ricevere finanziamenti statali per il mantenimento di sacerdoti e istituzioni, possibilità
di attuare una sorta di istruzione, e di continuare a fare in maniera legale le decine e decine di santuari che
attiravano un gran numero di pellegrini. La valenza dei simboli mete dei pellegrinaggi polacchi era
grandissima, a cui lo stato comunista tentava invano di sostituirsi.
L’accordo raggiungo nel 1950 fu vantaggioso per entrambi. Accordo, non concordato. Concordato: trattato
internazionale tra due stati.
L’accordo del ’50 venne firmato dalla conferenza episcopale polacca, non la santa sede, alla quale il
governo polacco non riconosceva la sovranità. Inoltre, un concordato avrebbe comportato il rischio di
essere sottoposti a vertenze giuridiche internazionali.
Che c’entra Pio XII? Era dall’inizio decisamente contrario perché conosceva poco la situazione polacca. I
commenti dei vescovi della conferenza episcopale polacca erano del tutto negativi, poiché la maggioranza
dei suoi membri si sentì scavalcata dall’attivismo del cardinal primate. Egli era un personaggio piuttosto
spiccio. Sentendosi scavalcati, ritenevano che nei confronti del comunismo in salsa polacca si dovesse
riprovare la scomunica, e non giungere ad un accordo. Perciò Pio XII leggeva rapporti negativi rispetto a
quello che succedeva in polonia. Inoltre, nei confronti dei comunisti Pio XII aveva sempre avuto un
atteggiamento molto duro, ritenendoli molto pericolosi per il loro ateismo totale.
Il cardinal wyszinsky chiese il visto per andare a Roma, andò nella santa sede ed ebbe numerosi colloqui con
il papa. Pio XII accettava il ragionamento di carattere pastoral politico. Il primate di polonia gli disse che
conveniva sfruttare l’accordo con i comunisti polacchi.
Con l’assenso di Pio XII, che aumentò la rabbia della conferenza episcopale polacca, l’accordo venne
firmato. Dimostrando una grande lungimiranza, il cardinale sigla l’accordo con un carattere completamente
ateo: permettendo alla chiesa di avere dei margini di manovra per potersi muovere in quanto istituzione.
Sfruttando un’antica tradizione polacca, in forza delle quale nel periodo delle spartizioni facevano
riferimento alle potenze occupanti, i preti polacchi pronunciavano celate invettive contro il governo.
Era soprattutto nelle campagne, dove le cooperative di stampo cattolico erano maggiormente presenti, che
la lotta tra propagandisti del partito e cattolici fu più dura.
L’accordo del ’50 servì a mantenere in vita l’azione ed il corpo istituzionale della chiesa polacca, a differenza
degli altri paesi dell’Europa dell’est.
Il cardinal primate polacco aveva una grande potenza. Giovanni paolo II, quando parlava il cardinale, non
interveniva.
Periodo post staliniano
Si manifestano le prime contestazioni.
Marzo 1953, muore Stalin. A Stalin successe una troika: Malenkov, Molotov e Berja.
Destalinizzazione  fu un fenomeno complesso, non solo il togliere le effigi di Stalin dalle case e
abbatterne le statue. Fu un dover reimpostare una politica interna ed estera per gli stati dell’Europa
orientale. Significava, per tutti i satelliti, dover ricominciare da capo. Ci furono molte resistenze nei
confronti dell’applicazione del processo di destalinizzazione.
Destalinizzare:
-
-
-
Instaurare delle direzioni collegiali all’interno dei governi degli stati dell’Europa, come sembrava
dovesse esserci in URSS. Dopo la morte di Berja, le pressioni sui governi dell’Europa orientale per
destalinizzare furono numerose. Le direzioni collettive dovevano servire ad eliminare il principale
problema sovietico: il culto della personalità. Ma i vari segretari di partito Rakozy, Enver Hohxa,
Ulbricht, ecc, si erano formati in periodo staliniano, e avevano riportato nel proprio paese i metodi
tipici di Stalin nel governo.
Migliorare il rapporto con le campagne dal punto di vista economico, lasciando da parte
l’industrializzazione selvaggia.
Rimettere in discussione i processi degli anni delle purghe: riabilitare i condannati dei processi
farsa. Molte delle riabilitazioni furono post mortem. Riabilitare significava la chiusura dei sistemi di
costrizione, la riduzione dei vari arcipelaghi gulag.
Dare qualche libertà alla popolazione.
A seconda dei vari stati ci saranno diverse sfumature della destalinizzazione.
La destalinizzazione viene spesso ritenuta come l’inizio della crisi del sistema comunista. A 8 anni dalla sua
nascita, il sistema è già in crisi. NON PROPRIO: i problemi tra regimi e popolazione c’erano sempre stati. I
contadini proprietari non erano per niente favorevoli alla collettivizzazione, gli espropriati non erano
favorevoli all’esproprio, gli imprenditori non erano favorevoli alla nazionalizzazione delle imprese.
Non fu, quindi, la morte di Stalin la responsabilità della fine del blocco sovietico, casomai esso accelerò
alcuni fattori di crisi che erano già presenti fin dalla nascita e dai presupposti precedenti alla guerra.
Svolsero il ruolo di catalizzatore di forze presenti, ma non ancora operanti.
Un aspetto della destalinizzazione: l’allargamento del controllo e la riabilitazione dei condannati politici,
sarà uno dei fattori principali che accelereranno il processo di contrasto tra dissidenza e regime.
La mantia 07/12/12
1968 – 1977
1968 anno della primavera di Praga.
Nascita, nella parte slovacca, della primavera di Praga. Comincia a Bratislava e poi si sposta nella capitale.
Gli slovacchi, in quanto gruppo nazionale, chiedevano all’interno del PC slovacco una maggiore autonomia
da Praga. Erano i comunisti slovacchi con in testa Dubcek, segretario del partito, che chiedevano un
maggior bilanciamento a livello partitico e statale tra l’elemento ceco e quello slovacco.
La parte ceca, boema e morava, era prevalente rispetto a quella slovacca: stato a due velocità. Si rifletteva
nella formazione culturale tra le due aree: i docenti nelle scuole slovacche, provenivano dall’area ceca
(imparavano lo slovacco per potervi insegnare)  sorta di colonizzazione interna da parte dei cechi sugli
slovacchi. Elemento di instabilità importante.
Il ’68 praghese nato a bratislava nasce su elementi politici ed economici. Il PC slovacco con segretario
Dubcek chiedeva maggior autonomia dal centro ed un bilanciamento all’interno della struttura statale. Ciò
che sarà realmente approvato sarà la ristrutturazione della Cecoslovacchia su basi federali. Con il ’69 si
arriverà ad una struttura federale  io fattori di destabilizzazione presenti prima della seconda guerra
mondiale erano stati sopiti nel periodo tra il ’45 ed il ’69 a causa della struttura fortemente centralizzata
dello stato, da un forte collante ideologico, e di contingenze internazionali per cui i fattori unitari 8la
comune appartenenza ad un sistema comunista in lotta contro il nemico di sempre, gli stati borghesi uniti
in alleanza militare) spingono su quelli destabilizzanti. Nel momento in cui il sistema unitario comunista
vacilla, i fattori di destabilizzazione si risvegliano.
Le truppe del patto di Varsavia compirono un’operazione da manuale invadendo la Cecoslovacchia: fu
invasa da più punti, occupata in pochissimo tempo da 500.000 uomini. La maggior parte delle forze di
invasione erano sovietiche. Con l’invasione della Cecoslovacchia, vennero in superficie degli elementi nuovi:
-
-
Invadendo la Cecoslovacchia, e posizionandosi nella zona più importante, quella boema e morava, i
sovietici (che mantennero un contingente fortissimo sul luogo anche dopo la crisi) si trovavano a
diretto contatto con la Germania orientale. Non fu una novità. Il dispositivo di difesa sovietico si
rafforzò all’interno dell’Europa centrale.
Alcune parti delle truppe del patto di Varsavia furono accolte come liberatrici: le truppe ungheresi.
Furono accolte da liberatrici dalla parte della popolazione ceca di nazionalità ungherese.
Trovava un’applicazione completa la dottrina Breznev.
Il ’68 praghese aveva visto altre 2 situazioni complicate:
- L’assenza delle truppe rumene all’invasione, con la dichiarazione contraria della Romania
all’intervento. Ceausescu aveva più volte viaggiato lungo la direttrice Bucarest – Praga, per crearsi
spazi di manovra all’interno del patto di Varsavia e agire internazionalmente con autonomia.
- Tito continuò a rimanere ai margini dell’alleanza. La Jugoslavia non era parte del patto di Varsavia,
e continuava a giocare un ruolo di partecipante liberale al mondo comunista.
Gli anni dal ’69 al ’70 furono gli anni delle epurazioni in Cecoslovacchia.
C’era stato un risultato positivo in Slovacchia: la struttura federale. Il PC cecoslovacco continuò ad avere
alla propria direzione uno slovacco, Jusak.
Saranno anni molto veloci.
Situazione del blocco comunista agli inizi degli anni ‘70
Economia. Il termine blocco è erroneo, poiché si intende qualcosa di immutabile. È più corretto sistema
sovietico. All’interno del sistema sovietico c’erano più velocità dal punto di vista economico, se si parla di
successi nel campo dello sviluppo e del miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. C’erano 3
aree:
- L’area di maggior successo comprendente la DDR, e l’Ungheria. La DDR era ritenuta il fiore
all’occhiello del sistema comunista, in quanto avevano un PIL molto elevato (primi in quanto a
produzione industriale), era dotata di un sviluppato sistema di assistenza sociale. Queste due
economie vedevano al loro interno una parvenza di rapporto reale tra il prezzo dei prodotti
effettivo ed il loro costo reale. Lo sviluppo dell’industria nella DDR era stato imposto da Walter
Ulbricht, che governò con pungo di ferro fino al ’73. L’essere uno stato talmente controllato
consentì al partito di indirizzare gli investimenti nei settori più opportuni. Le contestazioni del ’53
non saranno elementi destabilizzanti a lungo termine.
L’Ungheria aveva una base economica più solida nell’agricoltura. Negli anni del governo
dell’ammiraglio Horty, l’agricoltura si era sviluppata talmente che poteva sostenere lo sviluppo
dell’industria. In Ungheria nel ’56 si era rivoltata al sistema comunista, rivolta spinta verso una
liberalizzazione del sistema, una parlamentarizzazione: riforma di stampo occidentale dove lo
stesso ruolo del PC era messo in discussione. L’appartenenza alla famiglia comunista fu messa tanto
in discussione con la richiesta della cessazione dei rapporti col patto di Varsavia aveva portato
Lo sviluppo interno non coincideva con un eguale sviluppo politico: gli ungheresi chiedevano di
poter partecipare alla formazione della volontà politica del paese. Essendone escluse, a parte per il
proletariato, unico a poter esprimere la volontà nazionale, cominciarono a manifestare il loro
dissenso.
Nella DDR il controllo sociale da parte dello stato era fortissimo: la polizia segreta era penetrata
talmente in profondità nella società che conosceva benissimo gli spostamenti delle persone. Il
controllo poliziesco era così forte che dopo il ’53 non ci saranno più alcune rivolte. Comunque la
società tedesca orientale coverà il desiderio di poter essere associata al governo: non sarà un caso
che il governo della DDR cadrà in pochissimo tempo, pur essendo talmente efficiente.
Gli investimenti nell’industrializzazione dei due paesi furono molto ingenti ma non a totale discapito dello
sviluppo dell’agricoltura e della conseguente produzione di beni di consumo!!! La DDR e l’Ungheria non
soffriranno la classica penuria di generi alimentari sofferta nel sistema, in particolare in Romania e polonia.
Le altre aree erano posti in cui il rapporto industria – agricoltura era molto squilibrato: in Cecoslovacchia,
polonia, Romania. All’interno di questa situazione c’erano ulteriori divisioni dal punto di vista economico.
Gli anni ’70 avevano portato in particolare Cecoslovacchia e polonia ad aprirsi ai rapporti commerciali con
l’Europa occidentale: significava abbandonare la struttura tipica del Komecon, per il quale ci dovevano
essere relazioni commerciali all’interno e l’URSS doveva essere il principale partner economico dello stato
in questione. Dagli anni ’70, questo elemento si affievolisce: con gli effetti della distensione (anni ’70 
URSS potenza ormai matura che gioca alla pari con gli USA, allenta quindi la presa, si può permettere una
conveniente politica di distensione avendo anche scazzi con la Cina maoista) si ebbero ripercussioni
sull’economia. I satelliti cominciarono ad avere rapporti consolidati con l’ovest con lo scopo di svincolarsi
dalla tutela economico dell’alleato leader del sistema.
Gli effetti delle politiche di apertura furono inizialmente produttivi: le produzioni di beni di minor costo
rispetto a quelli occidentali, coprendo fasce di mercato non toccate dai prodotti occidentali.
Anni ’70 anni di crisi, soprattutto energetica: gli stati dell’Europa occidentale dipendevano dall’URSS dal
punto di vista energetico, la quale si faceva pagare a prezzi di mercato. Gli stati in commercio con
l’occidente cominciarono a chiedere prestiti alle banche internazionali e nazionali, i quali indebitarono
notevolmente alcune economie dell’Europa orientale. Ad indebitarsi in maniera ingente furono i polacchi e
la Romania.
Polonia. Gli anni ’70 furono duri: la crisi economica dovuta ad altissimi tassi di inflazione provocò un cambio
di regime piuttosto repentino. Ci fu un cambio nei vertici del governo polacco a causa di una carenza
strutturale dell’economia polacca c’era un deficit di produzione dei beni di consumo, ed i beni prodotti
costavano talmente caro che venivano tolti dal mercato e messi all’ammasso  si alzava il tasso di
inflazione, e conseguentemente diminuiva il potere d’acquisto del salari, che non crescevano. La presenza
dei beni ammassati contribuiva ad alimentare un circuito di mercato nero che aumentava il disagio sociale,
in quanto la merce costava tantissimo. Solo una parte limitata della popolazione polacca poteva accedere
economicamente ai prezzi del mercato nero.
Questa crisi economica dovuta alla crisi strutturale dell’agricoltura e all’indebitamento con l’estero provocò
la ricerca di un capro espiatorio: fu il segretario di partito Gomulka. Era succeduto a Jelut con un
programma politico molto simile a quello di Jelek: volto ad abbattere i prezzi, aumentare i salari ed
aumentare la merce in circolazione. Erano programmi difficili da realizzare vista la situazione. Inizialmente
Jelek, che successe a Gomulka (spedito a riposarsi), riuscì a bloccare le piccole sommosse che scoppiavano
in polonia con un piccolo innalzamento del salario. I manifestanti protestavano in maniera animata,
pestando le milizie e bruciando le sedi del partito.
Per poco tempo le proteste in corso vennero bloccate.
Il sistema polacco non era in grado di sostenere in quel periodo le sfide dovute all’evoluzione del sistema
sovietico e di quello internazionale.
Con jelek alla segreteria del partito, e la presenza dei suoi uomini alle cariche maggiori dello stato, la
polonia comincerà un decennio che la porterà verso la fine del sistema comunista.
Negli anni ’70 nascono i sindacati libera, per primi in URSS, e poi in polonia, dove si affermeranno.
Sistema dove non esiste per definizione il rapporto padronale e la proprietà privata, dove tutti sono
proprietari di tutto: il rapporto tra datore di lavoro e prestatore d’opera non era inteso in termini
occidentali  i sindacati svolgevano un ruolo di organo di trasmissione tra il partito e la società civile, non
un ruolo di tutela della popolazione.
La nascita di sindacati liberi significò nel contesto interno e in quello esterno, che era in atto la creazione di
un dissenso non solo politico, ma soprattutto economico: basato sulle richieste dei primi sindacati operai
(poi anche contadini), sanzione di un contrasto esistente tra la parte lavoratrice del paese (popolazione) ed
il partito, visto come controparte. Già questo era una sconfitta: poiché non esisteva la proprietà privata, la
nascita di un sindacato di stampo occidentale significa la nascita di una dinamica tipica dei paesi capitalisti.
Gli analisti europei cominciarono a gridare alla fine del sistema comunista: erano gli stessi che durante il
periodo di Dubcek avevano gridato alla nascita del socialismo dal volto umano, gli stessi che ritenevano che
in Ungheria sarebbe iniziato un percorso parlamentare, non prevedendo le invasioni delle truppe del patto
di Varsavia.
La presenza di sindacati liberi costituiva un elemento di grande novità all’interno del mondo comunista. Essi
cominciarono a muoversi all’interno dei settori cantieristici: soprattutto nella siderurgia.
Le richieste iniziali furono classiche: miglioramenti salariali, migliori condizioni lavorative, riduzioni
dell’orario di lavoro. Ciò accadde solo in polonia, negli altri stati dell’Europa orientale questi vennero
repressi. La crisi sarà evidente, nel resto dell’Europa orientale, solo qualche anno prima dell’effettiva
caduta dei regimi comunisti.
Il blocco sovietico non era poi così omogeneo  velocità diofferenti di sviluppo economico.
C’erano anche delle differenze per quanto riguardasse le PE ed il rapporto con le istituzioni europee.
Il primo stato a stabilire un rapporto duraturo con la CEE fu la Jugoslavia. Tra gli stati dell’Europa comunista
la Jugoslavia era quella che aveva la moneta convertibile, le altre monete non lo erano. Questo perché la
Jugoslavia commerciava cmolto con l’ovest e perché essa stessa era meta di grande turismo. Il turismo
ebbe un ruolo molto importante nel processo di allentamento dal sistema dei paesi facenti parte.
L’inizio degli anni ’70 porta problemi economici. L’esperienza jugoslava era un’esperienza ben vista nei
paesi dell’est come strumento per attirare ricchezze. L’apertura al turismo occidentale avvenne per una
maggior predisposizione ai viaggi nell’Europa comunista. Iniziò una politica di concessione di visti a chi
desiderava andare all’estero: i viaggi non erano del tutto liberi, si viaggiava in comitive, con un responsabile
che controllasse i passaporti. Ma poiché le famiglie non partivano per interno, alla fine rientravano tutti.
Inoltre, era un periodo di grande subbuglio sociale.
Tutte quesdte ragioni spinsero i regimi ad essere più aperti nel concedere visti in uscita, ma soprattutto in
entrata.
La Jugoslavia aveva già attuato questa politica quasi subito dopo la sua costituzione, grazie al turismo
pregiato indirizzato verso le coste croate pregiate.
La lira, con tassi di inflazione galoppanti, era circolava in grandi quantità (la Banca d’Italia continuava a
stamparne) ed era valuta pregiata nei paesi dell’est  per dare la misura della differenza dello sviluppo
economico all’interno dei paesi dell’est.
I paesi più aperti al turismo furono l’Ungheria, la Cecoslovacchia e la polonia. In polonia, dopo l’elevazione
al soglio pontificio di Giovanni paolo II, il turismo più florido era di tipo religioso.
Il contatto del turismo con l’Europa occidentale portò alla contaminazione con idee nuove e stili di vita
differenti.
Soprattutto gli albanesi, che vedevano la televisione italiana, si fecero l’immagine di un’Italia ricchissima.
A spostarsi non furono solo i turisti, ma anche delegazioni governative. Nella storia dei rapporti tra Europa
orientale e occidentale, gli anni ’70 furono anni di viaggi ad altissimi livelli da parte delle delegazioni
governativa dei paesi dell’est. Le delegazioni dell’Europa dell’est avevano decine di persone. Furono
presenti ai funerali di paolo VI (ostpolitik), di Giovanni Paolo I, all’elevazione al soglio pontificio di Giovanni
Paolo II.
Gli anni ’70 furono anni di apertura che si concluderanno con la conferenza di Helsinki: ratifica dei confini
della IIWW e la creazione dei comitati di controllo per il rispetto dei diritti umani, questi ultimi serviranno ai
dissidenti interni degli stati dell’Europa orientale di fare leva sulle dirigenze comuniste.
DDR
Uno degli stati più controllati all’interno del sistema. Gli analisti ritenevano che tra gli stati comunisti quello
che sarebbe durato di più sarebbe stata la Jugoslavia.
La DDR non aveva un gran numero di cattolici al suo interno, poiché quella parte di Germania era
caratterizzata dalla presenza di protestante. Le chiese riformate cominciarono ad interpretare la protesta
proveniente dagli ambienti giovanili che cominciò con le richieste dei verdi: protesta ecologista di
miglioramento e tutela della salute e dell’ambiente. Saranno le chiese riformate le portatrici di un’idea di
contestazione del regime che metterà in crisi il regime stesso.
In 17 anni, nonostante il PC della DDR avesse svolto un ruolo capillare di creazione e mantenimento interno
del consenso, non riuscì a raggiungere una totale uniformazione della popolazione. In 17 anni, il consenso
creatosi, vista l’opera promossa dalle chiese, non era così saldo, né lo stato era stato in grado di creare una
base solida su cui poggiare la propria legittimità  le proteste, prima con base ecologica e poi passate a
rivendicazioni politiche e sociali, cresceranno di intensità negli anni fino ad arrivare alla vera e propria
contestazione del sistema.
Polonia
Il movimento dei sindacati liberi non divenne subito Solidarnosc.
Il sindacato libero nasce in maniera autonoma e con basi e motivazioni operaie; gli intellettuali, per la
maggior parte cattolici, nella fase iniziale sono al di fuori del movimento perché era già da diverso tempo
che le due anime polacche non dialogavano tra loro. Avevano protestato in tempi differenti e mai in
maniera unitaria, solo con la crisi che vedrà la comparsa di Dierek si uniranno.
La fede e la chiesa porteranno ad una uniformazione dei due movimenti, a spingere gli intellettuali a
collaborare con i sindacati indipendenti, dando un carattere religioso al movimento. L’unione tra l’anima
operaia cattolica e quella intellettuale avverrà negli anni ’70 con la nascita del COR: comitato difesa
operaia. Fatto da intellettuali cattolici sotto l’influenza della chiesa (prima cardinal Wyszinsky) con lo scopo
di difendere il giudizio degli operai, offrendo loro assistenza legale gratuita per il far parte dei sindacati
indipendenti, e per aver subito conseguenze giuridiche conseguenti alle proteste.
Due delle principali istituzioni che dovevano essere le cinghie di trasmissione tra la popolazione ed il partito
si schieravano contro il partito: sindacati ed intelligencija.
L’intellettuale serve a trasmettere l’esatta dottrina alle masse. All’intellettuale del mondo sovietico viene
tolta la caratteristica principale del suo lavoro: la libertà.
L’intelligencija sovietica doveva svolgere un ruolo di acculturazione della popolazione, uno degli strumenti
attraverso cui si sarebbe dovuta formare la coscienza collettiva che avrebbe garantito il consenso popolare
e quindi il sostegno dei regimi.
L’incontro tra sindacalisti e intellettuali dimostrò che qualcosa stava cambiando. La presenza del papa
polacco fu importante, ma non determinante: solo uno degli elementi che porteranno alla fine del sistema
comunista.
Movimenti come quello polacco non nasceranno nel resto d’Europa orientale. Ma nasceranno, nel ’77,
quelle commissioni di controllo del rispetto dei diritti umani, per prime in Cecoslovacchia. Avranno un ruolo
fondamentale: vi nasceranno le idee che porteranno alla fine del sistema comunista in Cecoslovacchia, e vi
matureranno quelle forze politiche che porteranno la Cecoslovacchia ad una divisione pacifica in due aree.
1980
Gli anni ’80, rispetto al decennio precedente, videro un’accelerazione dei processi di destabilizzazione
all’interno del settore orientale all’interno dell’Europa.
Variabili economiche: funzione interna ed internazionale. Quando il contesto economico internazionale
influì sull’interno.
Variabili di carattere dottrinale: crisi del sistema comunista.
rapporto tra obiettivi di PE e strumenti necessari per realizzarli  Romania di Ceausescu.
Ceausescu aveva instaurato una sorta di governo familiare. La seconda persona più importante del regime
era la moglie Elena: fu un personaggio particolare, molto ignorante, presidente degli scrittori rumeni (ebbe
premi letterari), scrisse libri di medicina. Tutta la famiglia aveva preso in mano il partito comunista romeno.
In Romania si arriverà ad una crisi molto forte, a partire dagli anni ’70, legata al forte debito che la Romania
aveva creato legandosi agli istituti bancari internazionali. Per liberarsi dal debito, ceausescu pose in essere
una politica di imposizione fiscale molto alta. La Romania riuscì a onorare tutti i debiti contratti ed il debito
pubblico romeno scomparve, ma la Romania era ridotta allo stremo. Per riuscire a trovare soldi da
investire, ceausescu operò una politica dissennata: sequestrò le poche ricchezze detenute dalle piccole
minoranze all’interno della Romania (romeni di origine turca, ungheresi della Transilvania, ebrei, le genti
rom), le quali furono oggetto di repressione. Peggiorarono le condizioni lavorative, vi fu una disoccupazione
altissima. Nonostante i lavori pubblici che lo stato proponeva (deliranti: Ceausescu volle trasformare
Bucarest sull’immagine di Parigi) la disoccupazione non veniva sanata. Critica la situazione dell’infanzia.
Peggiorò la condizione di vita dei lavoratori delle miniere.
La Romania degli anni ’70 è una mini polveriera: mancano gli strumenti di controllo sociale presenti
all’interno della polonia, per esempio. La chiesa polacca svolse sempre un ruolo di mediazione e
pacificazione rispetto al dissenso operaio polacco. Ciò non era presente in Romania, dove la maggioranza
della popolazione era ortodossa. In Romania non ci saranno valvole di sfogo.  La contestazione al regime
sarà così violenta che porterà a dei cambiamenti repentini.
Ad eliminare la famiglia Ceausescu saranno membri dello stesso partito comunista romeno.
La Mantia
10/12/12
CONFERENZA DELLA TIZIA BOH – insegna all’università di Cracovia, italianista.
Fino alla fine degli anni ’80 l’URSS usava una strategia basata sull’egemonia politica militare sovietica e sul
mantenimento del vigente sistema politico anche con l’uso della forza. A partire dagli anni ’80 l’URSS vede
un cambiamento nella sua politica, grazie alla politica di glasnost operata da gorbacev. Cambia quindi il
modo di porsi nei confronti dei satelliti.
Solidarnosc nato in risposta ad una serie di licenziamenti verificatisi nel cantiere di danzica, tra cui Lech
walesa e anna valentinovic. Insieme hanno creato solidarnosc, sindacato appoggiato da altri sindacati che
funzionavano nel litorale baltico. Sindacato autonomo e movimento di opposizione molto forte. La forza di
solidarnosc consisteva nel fatto che essa è stata creata dagli operai, ma soprattutto appoggiata dalla
popolazione, con l’appoggio degli intellettuali: si crea quindi un movimento politico di opposizione di massa
contro il partito comunista.
Solidarnosc era di carattere moderato: pronto a venire a patti con il governo comunista  elemento che
favorisce la risoluzione della crisi politica verso un governo democratico in polonia.
Inoltre solidarnosc accetta necessariamente i mutamenti del sistema e li prepara attivamente. La
trasformazione del sistema politico è stata favorita dall’aggravarsi della crisi economica alla fine degli anni
’80. L’economia polacca si trovava al collasso. Ci sarebbe potuto essere il rischio di una rivolgimento
rivoluzionario al culmine della crisi.
Al termine di una lunga stagione di scioperi, nel ’89, inaugurata dalle proteste dei metalmeccanici a danzica.
La drammatica situazione economica era causata non solo dagli sciopewri, ma anche dall’embargo imposto
dai paesi occidentali a seguito delle leggi marziali rese vigenti in polonia a seguito degli scioperi. L’embargo
rende la polonia sempre più dipendente dall’URSS.
Aprile 1989 – tavola rotonda con l’opposizione, il partito ed i rappresentanti sovietici per risolvere la crisi
politica  portano alle elezioni democratiche.
Le trattative tra il governo comunista e l’opposizione cominciano il 6 febbraio e finiscono ad aprile dell’89.
Riguardavano:
-
Le riforme politiche
Economia e politica sociale
-
Pluralismo associativo.
Si concludono con l’accordo sulla regolarizzazione di Solidarnosc e la decisione di indire le elezioni:
pluraliste per il senato e per la dieta.
Le riforme politiche costituivano la parte più importante dei negoziati, le quali vertevano su:
-
Introduzione del nuovo sistema elettorale
Prerogative del presidente
Rapporti tra la dieta (camera bassa) e senato.
Come risultato dei negoziati della tavola rotonda, viene ripristinata in polonia la seconda camera, il senato,
eliminata per tutto il periodo dal dopoguerra all’89. In polonia è presente una lunga tradizione del
parlamentarismo, risalente al 1500: spartizione dei poteri tra una camera bassa ed una camera alta. In
seguito alle decisioni prese alla tavola rotonda, l’assemblea nazionale (parlamento) è composta da due
camere: senato e camera bassa, legislatura di 4 anni. La camera bassa ha il potere di controllo, vigilanza sul
governo, in grado di accordare o revocare il sostegno all’esecutivo attraverso il voto di sfiducia costruttiva,
che comporta automaticamente anche lo scioglimento del senato.
Viene ripristinato anche il ruolo del presidente: il presidente della repubblica deve essere eletto
indirettamente dall’assemblea nazionale (ora viene eletto direttamente dal popolo).
Inoltre, al presidente vengono attribuiti ampi poteri in materia di difesa e politica estera.
Il primo ministro viene eletto dalla camera bassa su proposta del presidente della repubblica.
Elezioni semilibere:
-
Basate su un particolare calcolo dei voti. Ripartizione dei seggi in un modo tale che ai
raggruppamenti del governo comunista venisse assegnato il 65% dei seggi.
La decisione di tenere le elezioni ai primi di giugno, subito dopo la fine della tavola rotonda, è stata imposta
dai rappresentanti del governi resisi conto dell’aggravarsi della crisi economica e del crescente malcontento
della popolazione, comportante una diminuzione delle basi sociali del governo comunista. Il governo
comunista, inoltre, voleva dare meno tempo possibile agli oppositori di approntare la campagna elettorale.
A metà dell’aprile nascono i primi comitati cittadini di Solidarnosc, che in brevissimo tempo si diffondono in
tutti i paesi, creati dai rappresentanti di Solidarnosc con l’appoggio dei vertici della chiesa polacca: il 2
maggio dell’89 la conferenza dei vescovi polacchi fa appello ai cattolici invitandoli a partecipare alle
elezioni.
Rapporti con la chiesa
La chiesa polacca, con il primate veshensky cercava di incoraggiare i movimenti politici sorti in polonia che
cercavano di riformare in senso democratico le strutture dello stato. La politica del nuovo primate era
molto più moderata. La chiesa ebbe un ruolo molto importante dopo l’introduzione delle leggi marziali in
polonia nel 1981. I rapporti con il PC, invece, erano ambigui. La chiesa appoggiò la parte moderata di
Solidarnosc cercando di evitare lo scontro diretto con il partito comunista.
Il pieno appoggio fornito dalla chiesa polacca a Solidarnosc durante la campagna elettorale colse di
sorpresa il PC, che contava sulla neutralità delle gerarchie della chiesa polacca. Il parlamento approva due
leggi sui rapporti stato chiesa per garantire la neutralità:
-
Garanzie di libertà di coscienza e religione
Rapporti tra stato e chiesa cattolica: garantisce il diritto di creare organizzazioni ecclesiastiche,
giornali, programmi televisivi, riduzione delle tasse e creazione di una commissione che si
occupasse della restituzione dei beni ecclesiastici sequestrati.
Nonostante i provvedimenti la chiesa non rimase neutrale.
La campagna di Solidarnosc si basò in gran parte sui manifesti, raffiguranti i leaders del movimento
(Walesa), con lo scopo di creare il mito della squadra di partito. I diversi incontri e comizi pre elettorali si
trasformarono spesso in show, grazie alla partecipazione delle personalità del mondo della letteratura e
dello spettacolo nazionali ed internazionali (steve wonder, lol).
Venivano distribuite veline con i nomi dei candidati già segnati poiché si temeva che la parte di popolazione
poco istruita non sapesse come votare.
Solidarnosc ebbe difficoltà nell’operare attraverso i moderni sistemi di comunicazione, ai quali ebbe
accesso solo a partire dal mese di novembre dell’88.
Il PC, inoltre, commise numerosi errori:
-
Sottovaluta il ruolo della chiesa.
Sceglie male i suoi candidati: persone obbligate a candidarsi, ma non realmente interessate alla
politica.
Non ha saputo creare una campagna politica efficacie e dinamica come quella di Solidarnosc.
Le elezioni hanno luogo il 4 giugno, con una percentuale di votanti del 60%, finite con la clamorosa vittoria
di Solidarnosc.
Il processo di formazione del nuovo sistema politico si sviluppa in 4 fasi:
-
-
Anni 1989 – 1992  fase di transizione o periodo della democrazia contrattuale: secondo gli
accordi della tavola rotonda, per il senato viene stabilita la concorrenza di candidati senza alcuna
restrizione. Per la camera bassa invece, la percentuale dei seggi viene stabilita per il 65% al PC ed il
restante all’opposizione. Questo sistema, in realtà, non entrerà mai in vigore poiché le elezioni
dell’89 vedono un successo talmente clamoroso di Solidarnosc ed una sconfitta clamorosa del PC
che delegittimava totalmente il loro diritto di operare.
1992 – 1997  periodo di vigenza della costituzione transitoria, o piccola costituzione
1997 in poi  adozione della nuova costituzione
Dopo le elezioni dell’89 viene formato il primo governo a maggioranza non comunista, guidato da un
premier non comunista tadeusz mazoviecki: nato politicamente con i disordini nei cantieri, appoggia la
parte della destra liberale che è al governo. Primo premier della polonia post comunista. Nel suo governo si
trovano ministri appartenenti al partito comunista.
In seguito viene eletto il presidente, Jaruzelski: rappresenta il partito comunista e artefice delle leggi
marziali dell’81. In seguito alle elezioni, nel gennaio del ’90, si verifica lo scioglimento del PC polacco e lo
svolgimento di nuove elezioni pienamente libere.
Dopo le elezioni libere, che portano nuovamente ad una vittoria di Solidarnosc, avviene un cambiamento
del presidente e dei dicasteri degli esteri e della difesa. Nel ’90 si hanno anche le prime elezioni dirette del
presidente a suffragio universale: lech walesa.
Lech walesa diventa presidente sfruttando molto il malcontento sociale creatosi in polonia in seguito alla
politica adottata dal ministro del tesoro la quale comportò numerosi e faticosi sacrifici per la popolazione.
Alla fine degli anni ’80 l’economia del paese, in collasso, richiedeva delle misure di risanamento drastiche: il
ministro aveva deciso di bloccare l’inflazione e ristabilire l’equilibrio del mercato  ciò portò ad un
considerevole aumento dei generi di prima necessità, oltre che al blocco dell’adeguamento dei salari.
L’aumento dei prezzi fu pari al 95%, con una diminuzione dei salari pari al 20%.
Tra giugno e luglio del ’90 cominciano gli scioperi per il malcontento dovuto alla crisi economica. Walesa fa
leva sul malcontento della popolazione per arrivare alla presidenza. Ciò porta alla frantumazione del
movimento Solidarnosc in due ali: una liberale e laica, e una cattolica e conservatrice. Per la prima, le libere
elezioni significava la fine della lotta contro il comunismo, mentre per la seconda significavano una seconda
fase della lotta con il comunismo. Piattaforma civica vs legge e giustizia.
Walesa viene eletto presidente della repubblica negli anni ’90. Subito dopo il presidente mazowiecki si
dimette.
Il risanamento cominciato dal primo governo democratico polacco aveva comunque portato i suoi buoni
frutti, permettendo alla polonia di integrarsi nell’economia europea.
Piccola costituzione
Approvata nel ’92, sostituiva la costituzione comunista. Viene introdotto in polonia un modella
semipresidenziale: il potere governativo viene ripartito tra primo ministro e presidente della repubblica. A
partire dalle elezioni di walesa, il presidente viene eletto a suffragio universale in modo diretto. Il
presidente deteneva competenze importanti nei ministeri chiave: esteri e difesa. Disponeva anche dei
poteri di nomina presidenziale, poteva interagire con l’attività parlamentare agrazie al diritto di veto e di
iniziativa legislativa. Poteva sciogliere le camere.
Il presidente, quindi, si trovava in una posizione predominante rispetto al primo ministro. Queste
prerogative crearono dissidi nel corso degli anni ’90, con il ritorno dei comunisti al potere.
Walesa sfruttò questi poteri durante la prima fase del suo mandato, fino al ’93, quando cercò do svolgere
un ruolo centrale nella politica nazionale: interveniva sia sul governo che sull’attività della dieta. La politica
di walesa e le ampie prerogative presidenziali portarono ad una grande instabilità politica. Con la fine del
mandato di walesa si ha un cambiamento delle prerogative del presidente e dei suoi rapporti con governo e
parlamento
Costituzione del 97
Il presidente della repubblica viene eletto a suffragio universale. Ridotti i poteri: eliminati i dicasteri degli
esteri e della difesa, obbligo di controfirma del premier. Gode ancora di iniziativa legislativa, e di controllo
costituzionale delle leggi, assieme al diritto di veto esercitabile solo in situazioni particolati. Viene rafforzata
la posizione della dieta nei confronti del presidente. Viene abbassato il quorum per scavalcare il veto
presidenziale ed introdotto il meccanismo della sfiducia costruttiva sul modello tedesco (con maggioranza
3/5) anche con l’indicazione del primo ministro. La nuova costituzione attribuisce maggior potere al primo
ministro, il quale ha maggiore influenza sulla formazione del proprio governo, del quale dirige l’attività,
determina l’agenda e il programma. I ministri non sono più politicamente responsabili nei confronti del
presidente.
Ali differenti della Solidarnosc:
differenze che riguardano il rapporto con il passato comunista e la Russia. Le due anime all’interno di
Solidarnosc sono quella liberale, che adotta la linea proposta da Mazowiecki della linea spessa (distinzione
tra passato comunista e ciò che viene dopo), e quella conservatrice (legge e giustizia) che sostiene che in
polonia non sono mai stati fatti i conti con il partito comunista. Nel programma di legge e giustizia c’era
anche la messa al bando del partito comunista.
La politica con la Russia, per la piattaforma civica, vede una tentativo di miglioramento dei rapporti con
Putin (vedi incidente aereo a smolensk nel 2010). Per quanto riguarda legge e giustizia la Russia rimane il
peggior nemico della polonia.
Legge e giustizia è un partito molto conservatore e legato alla dottrina della chiesa. La piattaforma civica,
invece, è molto più liberale ed europeista, appartiene ai partiti euroentusiasti. Il partito legge e giustizia si
muove su posizioni filoamericane.
Oltre a Solidarnosc non c’erano altre piattaforme di opposizione a causa del fatto che quest’ultima aveva
assorbito in sè tutte le altre forme di dissenso e opposizione politica. C’era quindi un solo movimento di
opposizione di massa che racchiudeva in se molteplici anime politiche.
Attuale situazione politica.
Attualmente c’è la piattaforma civica al governo. È il partito che si trova al governo dal 1007, riconfermato
nel 2011. Vince le elezioni parlamentari e quelle presidenziali. Il più grande partito di opposizione è il
partito di legge e giustizia, creato dai fratelli katchinski, partito conservatore radicale: legato molto alla
dottrina della chiesa ma profondamente nazionalista. Nel suo programma fa riferimento ai momenti
salienti della storia polacca. È un partito schierato contro la Russia, ma molto vicino ai paesi baltici e
all’ucraina, dei quali vuole favorire l’entrata nell’UE. È molto filo americano.
C’è il partito degli ex comunisti, alleanza della sinistra democratica. Partito di centrosinistra che ha favorito
l’eltrata della polonia nella NATO e nell’UE.
C’è anche un partito contadino, attualmente in coalizione con la piattaforma civica, chiamato anche
movimento di Pelikot, nato nel 2010 da un esponente espulso dal partito civico dopo l’incidente di
smolensk. Questo partito crea la sua campagna elettorale contro la chiesa: il programma verte sulla laicità
dello stato e sulla diffusione dei moderni diritti civili (droghe leggere, coppie di fatto, ecc.).
La mantia 10/12/12 bis
Plebiscito dei piedi
Forma di protesta concreta che i cittadini della Germania orientale incominciarono a fara attorno al ’52. Nel
’53 si ebbe la fase più consistente, quella che diede il nume al fenomeno. Plebiscito: forma di
manifestazione di volontà da parte del popolo su di una questione esistente. Manifestazione di volontà dei
tedeschi orientali rivolta al regime della Germania orientale: un governo comunista, il partito comunista
tedesco orientale SED, con segretario Walter Ulbricht, staliniano di ferro. Aveva trasferito nella Germania
orientale i metodi di governo propri di Stalin: regime molto autoritario, volto all’industrializzazione rapida
dell’economia, in cui la SED aveva un ruolo determinante come partito al governo e come partito –
istituzione, introdotto all’interno della società.
La Germania orientale alla fine della IIWW era stata occupata dai sovietici: l’armata rossa si trovava in
quanto forza militare occupante nel territorio ancora nel 1953, e ci rimarrà per lungo tempo ancora.
La presenza dei sovietici giocherà un ruolo importante negli stati in cui l’armata rossa era presente. La
commissione interalleata di controllo era a maggioranza sovietica: garantisce un ruolo enorme al partito
comunista, che riesce dal nuovo a creare delle istituzioni.
La struttura della SED era ricalcata sulla struttura del PCUS: era rigida, composta da un consiglio che votava
un segretario centrale. Ulbricht convinto della necessità dell’industrializzazione della Germania orientale,
proprio nella zona dove era invece maggiormente sviluppata l’agricoltura.
Della Germania orientale facevano parte territori agricoli molto sviluppati, nei quali l’agricoltura si reggeva
spesso su di un latifondo produttivo, fondato sul potere degli junker: classe terriera che si era unita con
l’aristocrazia militare.
Nelle zone della vecchia Germania occidentale le cooperative erano molto sviluppate, e si trovavano
nell’attuale DDR. Quando la SED ndò al potere portò avanti un programma di industrializzazione forzata ed
una riforma agraria con schemi propri di quella della rivoluzione d’ottobre.
Se nazionalizzazione delle terre poteva giovare ai braccianti dei latifondi degli junkers, non giovava ai piccoli
proprietari e mebri delle cooperative che nel periodo precedente avevano vissuto in una condizione di agio.
Anche nella Germania orientale la riforma agfraria incontrerà qualche problema come in polonia e
Ungheria.
Il plebiscito dei piedi ebbe inizio con l’accentuarsi della politica industriale della SED. L’accentuazione
comportò un continuo incremento del tasso di produzione: ogni anno si doveva produrre un quantitativo
superiore di merci  significava un costante stimolo all’aumento della produttività di ogni operaio: lavoro a
ciclo continuo, ferie ridotte al massimo, turni continui e massacranti.
Nel ’53, ulbricht, ritenendo che gli obiettivi non erano ancora stati raggiunti, decise di aumentare
ulteriormente il prodotto interno industriale: significava l’aumento della produttività di ogni singolo
operaio  lavorare di più a parità di salario.
Il contesto internazionale era quello dell’inizio della guerra fredda. La Germania orientale è inserita nella
cintura esterna sovietica: fa parte del confine sovietico spostato nell’Europa centro orientale. Le possibilità
che la DDR potesse diventare una repubblica parlamentare non ce n’erano.
In quel periodo esisteva una netta divisione delle aree di influenza. Le due superpotenze rispettavano le
aree di influenza rispettiva. I sovietici un po’ meno rispetto agli statinitensi, perché all’interno dei vari stati
dell’Europa occidentali operavano i partiti comunisti che avevano forti legami con mosca, i quali dureranno
fino al ’68 con la primavera di Praga. La stessa invasione dell’Ungheria nel ’56 non incrinerà il rapporto con
l’URSS da parte dei partiti comunisti occidentali.
Il confine tra la Germania orientrale e quella occidentale era, ancora nel ’53, un confine aperto. Berlino, pur
essendo una città occupata dalle potenze vincitrici in maniera piuttosto diseguale: metà all’URSS, e l’altra
metà divisa tra USA, GB e Francia (su richiesta di quel frocio di De Gaulle, al quale l’URSS si era giustamente
opposta perché non erano favorevoli a cedere parte del territorio, costringendo americani e inglesi a
mettersi a 90 e a cedere parte del loro territorio).
Parte dell’antica capitale tedesca era ancora libera: c’erano si controlli, ma pro forma. Nella Germania
occidentale, la ricostruzione stava garantendo una grande domanda di lavoro. Dall’est tedesco arrivava sia
manodopera che personale specializzato. Si utilizzava Berlino per passare dall’altra parte, bastava un
biglietto della metro.
Quando bancov cominciò a imporre una politica economica molto dura, con un inasprimento delle
condizioni di lavoro, andando oltre all’ideale socialista, i cittadini che andavano a lavorare a Berlino ovest
non rientravano a Berlino est. Fuggivano all’interno della Germania occidentale soggiornando da parenti e
amici oppure emigravano nel resto dei paesi dell’Europa occidentale o dell’occidente in sé. Poiché ad
andarsene era personale altamente specializzato ed istruito, la Germania orientale si trovò a dover
affrontare il depauperamento di un insieme di risorse utilissime alla ricostruzione della parte orientale della
Germania, la quale era stata succube della guerra più della parte orientale. Tra le truppe di Eisenhower e
quelle di Zukov c’erano modi diversi di rapportarsi con la popolazione e con il territorio.
Ulbricht dovette affrontare una situazione molto critica: da un lato voleva che aumentasse la produttività
interna, e dall’altro dovette fronteggiare un aumento delle fughe verso occidente.
Si trovò in una condizione delicata.
È un periodo duro per la Germania, la fase della ricostruzione.
Da mosca giungono consigli di ammorbidire un po’ la situazione ed il peso gravante sulla popolazione
tedesca, ma Ulbricht inasprì le misure di sicurezza contro operai e tecnici fuggitivi, rafforzò i controlli alle
frontiere e inasprì le condizioni di lavoro. Il controllo poliziesco divenne più serrato.
Le proteste cominciarono ad evolversi dalle fughe alle proteste di massa: scioperi, manifestazioni di massa.
Alle richieste di carattere economico si aggiungeranno quelle di carattere politico: riduzione delle libertà
civili contro il serrato controllo poliziesco. Si andava ad intaccare l’appartenenza della DDR alla famiglia
comunista, chiedendo che la Germania si distaccasse dall’influenza sovietica  fattore determinante che
poteva usare Ulbricht nell’appellarsi ai sovietici per richiedere un aiuto per ristabilire l’ordine.
L’elemento che determinerà in ogni circostanza l’intervento sovietico diretto (truppe dell’armata rossa) o
indiretto (truppe del patto di Varsavia) sarà la possibile incrinatura del sistema.
In Germania la garanzia di un mantenimento della frontiera sovietica stava nel governo della SED.
Il plebiscito dei piedi finirà con le cannonate sparate dai sovietici, ad altezza uomo. Scoppieranno disordini
nelle principali città della Germania orientale e scioperi operai.
La DDR, stato socialista, al proprio interno aveva operai, in teoria base politica del governo comunista, che
scioperavano contro lo stato stesso. Ci sarà una protesta da parte della popolazione che chiederà il
ripristino delle libertà tipiche degli stati borghesi. Già nel ’53 c’è già una forte contestazione al regime, cosa
che smentisce la teoria secondo cui dal ’45 in poi l’Europa orientale era un blocco ligio e uniforme al potere
comunista.
Ci sarà una sorta di stabilizzazione: le popolazioni dell’area, che avevano subito devastazioni enorme,
covavano un desiderio di pace talmente grande che poterono rinunciare a delle libertà fondamentali.
Il bisogno immediato di un miglioramento sostanziale dei bisogni primari (alimentari, lavorativi) non
lasciavano molte alternative. L’enorme scoramento, inoltre, che seguito alla guerra mondiale aveva creato
terreno fertile per l’instaurazione dei regimi comunisti.
Il plebiscito dei piedi comportò inasprimento del controllo della polizia politica e dei controlli alle frontiere,
in particolare al confine tra Berlino est e ovest. I controlli di frontiera significavano che anche nelle metro
venivano effettuati controlli. Alcuni metodi di controllo cominciarono ad essere basati sulle famiglie: di una
famiglia dell’est poteva andare a lavorare nella Germania occidentale un solo membro.
L’inasprimento del controllo porterà nel tempo alla nascita di un vero stato di polizia, con una polizia
segreta tra le più efficienti tra quelle dei regimi comunisti (vedi film “le vite degli altri).
Il traffico degli invisibili. Migrazioni illegali lungo le rotte balcaniche.
Migrazione e globalizzazione
Allargamento dell’area Schengen ai Balcani: valutare la stabilità dell’area prima (ministero della difesa).
Non si può considerarla un’area in transizione.
Il ministero degli affari esteri ha un braccio tecnico: direzione generale di cooperazione allo sviluppo 
iniziative che il ministero dirige all’estero. Programm officer: individui che valutano i progetti (in termini di
impatto sul territorio operativo) delle varie ong. Alla fine del compimento del progetto, vi è la valutazione
di sostenibilità.
SIR: organo a cavallo tra la dimensione civile e militare. Agisce nella fase post conflitto o immediatamente
prima. Organo di monitoraggio che disloca esperti in determinate aree a seconda del contesto politico e
sociale che vi si trova.
Problema dell’area balcanica: allargamento area Schengen  regime dei visti: ha causato un sacco di
problemi seppur sia stato allargato (macedonia, Albania).
Migrazione illegale: clandestini, traffico di persone e di organi.
L’allargamento del regime dei visti, con l’entrata dei Balcani nell’area Schengen, ha portato ad un
allargamento della migrazione illegale. Vi sono sempre più domande di immigrazione, ma sempre più
offerte di emigrazione tramite canali illegali che sono maggiormente accessibili alla popolazione.
Perché non si riesce a legalizzare la condizione di migrante? La legislazione è ampia e gli organi di polizia
fanno il loro dovere. Quindi?
Antropologia della sicurezza: specialità dell’antropologia sviluppatasi recentemente (2008 – 2010). Il ruolo
dell’antropologo sul campo in quanto osservatore può permettere all’osservatore stesso di trovare una
nuova chiave di lettura per analizzare in fenomeno nella sua completezza, potendo assistere agli eventi
macro e microscopici.
Coalizzazione di organizzazioni militari che operavano tra Cina e Italia  riesce a introdurre dalla Cina 5000
clandestini cinesi in 9 mesi in maniera del tutto illegale. Rete di organizzazioni asiatiche – balcaniche –
italiane: cooperazione tra mafie.
Attraverso i canali illegali passano tutti i traffici: droga, armi, persone, organi.
Buchi neri dei Balcani: aree tipiche attraverso cui convergono tutti i canali dei traffici illeciti.
Migrazione illegale: flussi di persone che cercano di spostarsi da alcuni paesi difficili, passando per paesi di
transito e arrivando ai paesi di destinazione. Italia  una delle mete privilegiate per quanto riguarda i flussi
di immigrazione clandestina: paese preferenziale. A livello geografico il friuli è la regione colabrodo: dai
campi passano flussi di migrazione illegale dall’est. La frontiera colabrodo si è spostata più a est, in
Slovenia, con l’allargamento dell’area Schengen.
Contrabbando: un’organizzazione criminale si occupa semplicemente di trasportare una persona dal paese
d’origine a quello di destinazione, fornendo documenti e “comfort” di viaggio.
Traffico: riduzione in schiavitù della persona, la quale è la stessa ad offrirsi, spesso. Relazione asimmetrica
tra trafficante e contrabbandato che permette ai trafficanti di avere il coltello dalla parte del manico,
instaurando un circolo di usura e usurpazioni esercitati sui contrabbandati. Le minacce, i ricatti e le torture
vengono utilizzati al fine di estorcere quanto più denaro possibile, fino ad arrivare all’omicidio con
conseguente traffico illegale di organi.
Aspetti giudiziali e sociali interagiscono tra loro.
Nel 2005 si è proceduto per fasi.
Quando si parla di traffico si intendono due dimensioni:
- Di superficie: individuazione del tipo e di quali mafie operano a questo livello, di quali nazionalità,
di eventuale cooperazione.
o Organizzazioni criminali transnazionali. Con il peggioramento della situazione nei Balcani si
potrà avere un maggiore flusso di migrazione illegale. Tuttavia, la mafia italiana è implicata
in affari transnazionali con le mafie balcaniche quasi esclusivamente per il riciclaggio di
denaro sporco. Essendoci richiesta specifica di affidarsi a organizzazioni illegali, il modello di
azione a riguardo è la prevenzione: anche la gente comune, disoccupata, nel vuoto
organizzativo lasciato dalle mafie si organizza in modo da ricreare i collegamenti di traffico,
arrivando a gestire quasi completamente le operazioni illegali (es. promozione della
prostituzione). Vi sono anche traffici all’interno di uno stesso paese. Il radicamento
dell’illegalità nella gente comune comporta notevoli difficoltà per la buona riuscita di
eventuali raid, e, addirittura, per l’arginamento del fenomeno che ormai è totalmente
spalmato e nascosto all’interno della popolazione. Come far capire al migrante illegale che
il rapporto creatosi con l’organizzazione è malato e non porta al benessere.
o Operazioni di counter trafficking: cooperazione tra i ministeri degli interni, all’interno della
cooperazione allo sviluppo al fine di agire preventivamente
- Dimensione profonda:
o Traffico di esseri umani: prostituzione, accattonaggio, reati minori.
o Traffico di organi: i clandestini, spesso, sono intesi come riserve di organi che viaggiano da
un paese all’altro.
o Riciclaggio dei proventi: dimensione profonda attraverso cui le mafie vengono smascherate
attraverso le tracce dei flussi di capitale.
Estremo interesse di tutti, a parte per l’Europa, per la situazione balcanica. Si reputa che l’area sia stabile,
grazie anche al “modello italiano”: particolare modello di azione vincente nell’arginare e bloccare il traffico
illegale. Si caratterizza per una connotazione antropologica molto forte perché:
i vari flussi provenienti dai diversi paesi vengono gestiti in maniera diversa a seconda delle etnie
che vi partecipano. Non si può prescindere dall’analisi del contesto del paese.
- Presuppone l’analisi delle organizzazioni criminali come società multinazionali: società mafiose che
cooperano tra loro per la massimizzazione del profitto. Analizzare le strutture mafiose come
fossero delle S.p.a.
- Analisi della struttura etnica delle mafie e delle varie coalizioni di mafie interetniche: come
contrattato e come si contattano. Ci sono operazioni di subappalto: le mafie balcaniche operano in
una parte del tragitto che riguarda lo spostamento di migranti provenienti dall’asia, finanziati dalle
mafie cinesi stesse.
- Analisi dei sotto fenomeni collegati al traffico di persone: sfruttamento della prostituzione, minori,
ecce cc.
Minori in affitto (Argat): costume delle famiglie ROM, quando si trovino in difficoltà economiche, è affittare
i propri figli a dei padroni per un determinato periodo di tempo. Molto spesso i bambini non tornano a
casa.
KAMUN. Codice orale trasposto in maniera scritta, dopo Hoxha. Codice sociale informale albanese che
scavalca la legislazione istituzionale vera e propria. Viene applicato maggiormente nelle dimensioni rurali, e
nella dimensione kosovara. La dimensione dei minori in leasing è, quindi, determinata anche da codici
informali.
Progetti ragionati in fase di emergenza, immediatezza: non vengono fatte previsioni di lungo periodo o di
medio, provocando un dispendio di soldi inutile per ottenere dei risultati minimi.
Un antropologo sul campo
I traffici illegali sono talmente radicati nel tessuto sociale, che alcuni centri profughi (shelters) vengono
utilizzati dalla mafie come veri e propri haabs: centri di raccolta e di smistamento di qualsiasi tipo di
traffico.
Il ministero dell’educazione in Bosnia Erzegovina non ha una direzione centrale, è suddiviso in due apparati,
quello che fa riferimento alla componente serba e quello che fa riferimento alla componente musulmana.
Metodi dell’antropologia applicata:
- Osservazione partecipante attiva.
- Approccio orientato agli attori sociali: creare le relazioni sociali  a livelli macroscopici, cioè
istituzionali, o microscopici, contatti veri e propri con le persone utilizzando un approccio empatico
(mimetico).
- Approccio mimetico: sforzo che l’antropologo deve attuare per mettersi nei panni degli altri.
- Creazione di una rete di informatori a più livelli. Istituzionale, operativo, informale.
L’antropologo deve comunque mantenere un basso profilo per evitare di esporsi a rischi.
La creazione di una rete informale di informatori è indispensabile per l’accumulazione di informazioni da
parte dell’antropologo. Il principale problema che si manifesta in questi casi è la sussistenza di un alto
grado di fiducia dell’antropologo nei confronti dei suoi canali di informazione ufficiosi.
In Bosnia vi sono due entità che lavorano parallelamente contrastandosi: la parte serba e la parte bosniaco
– musulmana che non permettono una commistione a livello istituzionale. La parte serba è indubbiamente
meglio organizzata, fortemente appoggiata dalla Serbia e dalla Russia, che inviano fondi per le
infrastrutture e con i progetti. Anche gli altri attori internazionali (economici) si concentrano sulla parte
serba poiché più stabile e moderna.
Come agire a livello sociale per dissuadere la popolazione dall’appoggiare le organizzazioni criminali?
Domanda: può essere una causa del successo dei traffici illegali il fatto che la legislazione in materia di
rifugiati politici e richiedenti asilo sia carente?
Come commenta la difficoltà nell’ottenere il titolo di rifugiato politico o di richiedente asilo nella
legislazione italiana, intendendo con ciò i tempi biblici in cui si sviluppa la procedura?
Qual è il ruolo delle piccolissime associazioni che operano nei Balcani attraverso la semplice donazione di
vestiario/medicinali/alimentazione particolare nelle aree più colpite dalla guerra? Sono provvedimenti che
potranno generare un ciclo autonomo e inerziale di miglioramento o sono destinati a rendere dipendente
la popolazione dagli aiuti stessi?
Report - esposizioni
Mezz’ora per ogni report
A partire da mercoledì 09/01/13
Mercoledì 09
-
Carlo I
Imperatrice Sissi nelle vicende politiche
Soldati italiani nell’esercito austroungarico
Mitteleuropa
Venerdì 11
-
Impero ottomano
Le minoranze nazionali in Romania
Ebrei
Lunedì 14
-
Persecuzione religiosa in Albania
Politica estere albanese e scelte sovietiche durante lo stalinismo
Cultura occidentale e cultura sovietica
La reggenza provvisoria di Horty
La fine del comunismo e la sue eredità
Perché il sistema comunista dell’Europa orientale cessa di esistere in pochissimo tempo, almeno
apparentemente?
Tutto si svolge dalla seconda metà degli anni ’80 al ’90 – ’91 (vi potrebbero rientrare anche le guerre
balcaniche). Il crollo del sistema comunista non avviene in pochissimo tempo: lo spazio temporale dalla
seconda metà degli anni ’80 è uno spazio in cui vengono a conclusione una serie di processi iniziati già a
partire dal ’45. Le cause che porteranno alla fine del comunismo dell’Europa orientale nascono già nel ’45,
quando il sistema comunista comincia ad affermarsi. Gli elementi di crisi sono legati a fattori ben definiti:
Fattore economico:
La struttura del sistema comunista era basata su un accrescimento rapidissimo del settore industriale. La
motivazione di ciò era di carattere dottrinario: il marxismo teorizza lo sviluppo dell’economia basato
sull’industrializzazione. Lo sviluppo dell’economia forzoso ebbe come conseguenza la destinazione della
maggior parte delle risorse interne agli stati al settore industriale: industria pesante (siderurgia,
armamenti). L’effetto di tale processo fu l’evoluzione degli stati dell’Europa dell’est in stati industriali: la
produzione industriale era aumentata in maniera esponenziale. La conseguenza finanziaria fu che, avendo
destinato gran poarte delle risorse al settore industriale, queste vennero sottratte al settore dei beni di
consumo: quello agroalimentare. Vi sarà una costante mancanza di beni di consumo.  fattore indicativo
di crisi. Il settore agroalimentare era il settore che produceva di meno. Vi sarà una penuria di generi di
cponsumo costante, creandosi così delle condizioni di malcontento strisciante, che si evolsero in protesta
successivamente, e rimasero presenti lungo tutto l’arco della storia dell’Europa dell’est, trovando
condizioni favorevoli verso la fine degli anni ’80.
All’interno dell’Europa dell’est avvenne una vera e propria divisione del lavoro: l’URSS, oltre ad aver creato
una cintura esterna di stati satellite che tutelavano le sue frontiere, aveva necessità di diversificare la
produzione economica all’interno dell’intero sistema (che si concretizzerà con la nascita del KOMINFORM e
la diffusione del rublo). Ciò porterà ad una interdipendenza delle singole economia luna dall’altra,
rafforzando i vincoli all’interno del sistema economico  le crisi che si verificheranno all’interno dei singoli
elementi del sistema si ripercuoteranno all’interno dell’intero sistema stesso.
Il comunismo sin affermerà in stati aventi storie, tradizioni politiche, economiche e culturali differenti:
ognuno di questi stati, quindi, metabolizzerà il nuovo sistema di governo in maniera particolare, ed in
ognuno di essi vi saranno delle dimostrazioni in favore o contro il nuovo tipo di governo differenti. Ciò
spiega la fine del sistema comunista: in ognuno dei vari stati vi furono reazioni differenti nei confronti del
sistema di governo.
Da un lato l’unitarietà forzata, dall’altro la diversità.
Già negli anni ’50 si manifestano proteste, manifestazioni, sommosse, crisi. Tutto ciò all’interno di un
sistema che aveva un unico modo di governarsi: attraverso strutture autoritarie che basavano la propria
forza sul controllo della popolazione stessa, oltre che sul consenso.
Rapporto tra sistema comunista e sistema internazionale:
L’URSS, la potenza dominante all’interno del sistema stesso, la quale non accettava di essere messa in
discussione e che adotterà un sistema di tutela attraverso l’intervento armato anche all’interno dei singoli
stati del sistema. Tutto ciò che accadeva all’interno della potenza leader aveva delle ripercussioni su tutti gli
altri stati. Il dialogo tra la potenza comunista e quella occidentale aveva essa stessa delle ripercussioni
all’interno dell’intero sistema comunista. Qualsiasi cosa accadesse a mosca aveva delle ripercussioni sui
satelliti. La prova di ciò si ha durante la destalinizzazione. Non tutti accettarono la destalinizzazione: ci
furono stati che la rifiutarono, arrivando ad accusare l’URSS di revisionismo borghese (Albania, Cina); stati
che accettarono in tempi diversi rispetto a mosca la destalinizzazione (polonia) e stati come l’Ungheria che
la accettarono appieno giungendo ad una vera e propria rivolta contro il sistema comunista.
Qualcosa di simile accadrà anche dopo la conferenza di Helsinki: l’URSS fu costretta ad accettare il
riconoscimento delle libertà civili in cambio del riconoscimento dei confini della IIWW. In Albania i diritti
civili non vennero riconosciuti.
Quando, alla fine degli anni ’80, l’URSS comincerà un percorso di ridiscussione del ruolo del partito
all’interno della società sovietica, le ripercussioni di ciò si avranno ovviamente all’interno dei singoli stati
del patto di Varsavia. Più l’unione sovietica andrà verso la crisi, più questo avrà una conseguenza diretta
sugli stati dell’Europa orientale. Il disgregamento dell’URSS seguito al periodo Gorbacev influirà
pesantemente. Il dialogo tra mosca e Washington aumenterà pesantemente i fattori di destabilizzazione
dell’URSS. Vi saranno quindi un contesto interno ai singoli stati ed uno internazionale che contribuiranno
alla divisione del sistema comunista europeo.
I partiti comunisti
Vi è un fattore comune: l’eccessiva rigidità che li caratterizza, dovuta ad una forte spinta al
conservatorismo. Tutti i partiti comunisti dell’Europa orientale, soprattutto il PCUS, furono, in maniera
differente, poco inclini all’autoriforma e all’accettazione di critiche provenienti dall’esterno. I fattori
principali di sclerotizzazione delle varie realtà nazionali sono legati ai singoli partiti: i vari partiti comunisti
riuscirono a bloccare anche quei tentativi di riforma che alcuni degli stati avevano tentato di portare avanti
negli anni precedenti. In Ungheria, in Cecoslovacchia, in Polonia, i vari progetti di riforma della struttura del
partito erano falliti: c’erano delle posizioni da difendere, il ruolo dei vari funzionari del partito. Ruoli che
spesso erano legati a benefits non indifferenti (fattore di mancata evoluzione dei singoli partiti).
Il primo caso si ha nel ’53 nella DDR, quando scoppiano le prime contestazioni contro la dirigenza
comunista, che sfoceranno in scontri di piazza portando all’intervento dei carrarmati sovietici. Gli operai
contestavano una regolamentazione del lavoro estremamente rigida: i reati contro il lavoro erano reati del
codice penale. Contestavano il lavoro volto alla produzione, e non alla sopravvivenza. La possibilità che le
manifestazioni di piazza potessero rivelarsi una vera e propria minaccia nei confronti del partito comunista
tedesco, portarono Ulbricht ad agire pesantemente, richiedendo l’ausilio dell’URSS, nonostante il PCUS
stesso spingesse per una lieve apertura del partito alle richieste dei manifestanti.
In Ungheria, nel ’56, con Imre Nagy, l’URSS starà a guardare fin quando non sarà messo in pericolo il
dispositivo di difesa esterna creato dopo la IIWW. La parte conservatrice del PC ungherese aveva avuto il
sopravvento su quella comunista.
In Polonia, la contestazione interna causata dalla carenza dei generi di consumo. I margini di manovra del
partito erano più stretti che nel resto del sistema, grazie all’influenza che vi esercitava la chiesa cattolica.
Il ’68 di Praga, con l’intervento dei carrarmati che fece tacere la primavera di Praga: anche in questa
circostanza, la parte più conservatrice del partito comunista cecoslovacco aveva avuto la meglio nei
confronti della fazione riformista. Anche in questo caso l’URSS intervenne quando ciò che stava accedendo
all’interno della Cecoslovacchia divenne suscettibile ad incrinare il sistema di difesa esterna.
L’URSS, negli anni ’80, vedrà un rapido succedersi di segretari al PCUS, cosa insolita per l’abituale
successione. Gli ultimi segretari furono piuttosto anziani e malati. L’esigenza di eleggere un segretario
relativamente giovane ed in salute portò all’elezione di Gorbacev.
Il riformismo di Gorbacev portò alla ristrutturazione dell’URSS, ed ad un contrasto interno al partito tra la
fazione riformista e quella conservatrice, la quale sosteneva che il ruolo del PCUS non dovesse essere
messo in discussione.
L’eredità del periodo comunista porta forti differenze sociali di una regione in cui tanti anni di governo
comunista portarono dei miglioramenti, ma anche stratificazioni e tensioni sociali si ritrovarono ad
emergere dagli anni ’90 in poi, oltre che squilibri dello sviluppo e della distribuzione del potere all’interno.
I paesi dell’Europa dell’est, dopo la fine del comunismo, si trovarono in una condizione di deficit di
leadeship. Erano stati per lungo tempo con un confronto continuo con la potenza leader del sistema: la
politica estera passava da mosca, così come la politica economica era concordata con mosca all’interno del
KOMINFORM.
Finita l’URSS, ed i rapporti con il PCUS, i vari paesi dovettero fare i conti con una forma nuova di
autogoverno per la prima volta dopo la IIWW furono liberi di operare delle scelte, anche se furono
comunque condizionate da problemi di carattere economico e sociale che imposero delle determinate
scelte, e che agevolarono la ricerca di un nuovo posizionamento internazionale  cominciarono a guardare
verso occidente: l’unione europea ed i singoli stati che ne facevano parte, da cui potevano giungere
finanziamenti de investimenti che servivano agli ex satelliti per superare il differenziale tra essi e
l’occidente.
Dagli anni 90, comincia una sorta di corsa verso occidente, fortemente agevolata dall’UE , che a sua volta
ridefinisce una PE verso i paesi dell’Europa orientale ed accosnsente ad accollarsi spese enormi per
superare il distacco con l’Europa orientale, onde evitare che tali paesi finissero nuovamente all’interno
della sfera di influenza russa. Gli investimenti che gli stati occidentali, in particolare la Germania,
effettueranno ad est saranno ingenti. Saranno investimenti politici finanziati con soldi dell’UE, ma con una
finaliotà essenzialmente politica: attrarre l’aera orientale ed inserirla all’interno dell’occidente, prima che la
Russia tornasse ad essere forte. Si accettarono, quindi, all’interno dell’UE paesi con una legislazione
abbastanza vicina alla legalità (per esempio in merito alla tutela del lavoro), con delle condizioni
economiche poco felici (per quanto riguarda il settore agricolo), con delle garanzie antitedesche (polonia).
Varsavia temeva che i tedeschi potessero fare ciò che avevano già fatto militarmente, anche
economicamente: comprare grosse fette dell’economia polacca per poterla dirigere. Ci furono conseguenze
negative: i paesi dell’UE si accollarono un peso non indifferente, accettando di migliorare la condizione dei
paesi dell’est, oltre che a delle differenze sostanziali per quanto riguarda il sistema dei paesi occidentali e
orientali.
Con la fine della guerra fredda, e l’accorciamento delle distanze tra le due realtà europee, l’Europa
orientale esiste più come finzione intellettuale. Sarebbe più corretto parlare di Europa, e di aree
geografiche. Dal punto di vista politico non si può più fare una differenza.
L’Europa dell’est è un sistema di cattive e/o inesistenti infrastrutture. Gli anni successivi al ’45, la situazione
infrastrutturale migliorò, ma non al punto di poter essere integrata all’interno dell’UE: erano sistemi
differenti miranti ad obiettivi differenti. Era un’eredità di scontri anche di tipo nazionale: nei 45 anni di
comunismo l’ideologia aveva coperto tutto, la forza dell’alleato dominante aveva soppresso i movimenti
nazionali, e la forza delle nazionalità sembrava essere stata unificata dalla dottrina marxista.
In realtà vi furono dei segnali già prima: la primavera di Praga vede al suo interno lo scontro tra il PC
slovacco e quello ceco; all’interno della polonia le differenze economiche erano molto forti e strutturate, in
Romania, tra città e campagne c’era una notevole differenza nelle condizioni di vita. Le distanze
economiche e sociali erano diverse.
Nella Romania di Ceausescu, per pagare i debiti internazionali contratti, la comunità rumena fu costretta a
sacrifici enormi, patiti per gran parte dalle minoranze nazionali: furono poste davanti alla scelta di pagare o
andarsene. Furono spremuti i turchi rimasti, le popolazioni rom, la componente magiara.
La repubblica cecoslovacca, in origine nata con un’idea federalista, si caratterizza invece dall’inizio come
stato centralizzato. Gli accordi di Helsinki e gli avvenimenti successivi porteranno alla scissione della realtà
cecoslovacca.
La ex Jugoslavia di Tito, che sembrava essere lo stato comunista destinato a durare nel tempo, inizia una
discesa rapidissima verso la guerra civile tra nazionalità che ritornano ad essere differenti tra loro, a
dimostrazione del fatto che il comunismo avesse solamente nascosto i conflitti nazionali, non eliminato.
Aspetti sociali dell’eredità del comunismo
Lo scontro tra le élites esistenti all’interno dei paesi comunisti. Il sistema comunista fu un sistema in cui la
movimentazione delle classi sociali si restringeva man mano che si saliva ai vertici: l’accesso alle alte cariche
era limitato. L’élite al potere, la nomenklatura, era presente in tutti gli stati dell’Europa centro orientale.
Quella per eccellenza era la nomenklatura del PCUS. In versione ridotta, le varie nomenklature
governavano all’interno dei singoli paesi. La fine del sistema comunista portò al crollo di queste élites.
Quelle parti che fiurono in grado di sapersi riciclare, soprattutto le élites legate ai servizi di informazioni e
alle grande strutture economiche (che ebbero la possibilità di prevedere ciò che stava accadendo), si
ritrovarono a gestire la transizione del regime comunista a quello democratico. La presenza di personaggi
appartenenti al passato che gestirono la transizione in maniera da poter esercitare ancora un ruolo di
influenza all’interno dei vari stati del sistema comunista è parte dell’eredità del sistema stesso. I casi in cui i
vecchi comunisti si ritrovarono al potere sono presenti in tutta l’Europa orientale.
I vari partiti comunisti, inoltre, spesso si scissero in più fazioni, e parte di essi si ritroverà ad essere schierata
all’opposizione a rivendicare quei diritti che non avevano saputo accettare quando erano al potere.
Chiederanno cambiamenti di politica, e contestando da posizioni autenticamente di sinistra, ciò che i
governi facevano in quel periodo. I comunisti polacchi si porranno a difesa dei reduci, della libertà di
stampa, contro le éPlityes al governo che non consentivano una partecipazione democratica. Si porrà un
rimescolamento dal quale emergeranno i più forti.
Il sistema comunista creò una classe media che era figlia dell’industria statale, della burocrazia e dei quadri
intermedi dei vari PC. Questa si ritrovò spiazzata alla fine del periodo comunista, poiché, essendo legata alla
struttura di governo, venendo a mancare il partito, si troverà in crisi. La burocrazia sarà quella componente
della classe media che si salverà: i burocrati sono sempre necessari, perché ci vuole tempo per affrontare
un cambio strutturale. L‘Europa dell’est avrà una struttura burocratica figlia del comunismo, composta da
funzionari formatisi durante quel periodo. Tutto ciò contribuirà a rallentare la transizione: periodo di tempo
che va dalla fine del sistema comunista all’ingresso nell’UE dei vari stati.
La transizione non è un periodo a sé stante: è una funzione intellettuale che serve a spiegare un processo in
atto, altro momento del divenire storico. Lasso di tempo in cui continuano a vivere elementi dei precedenti
governi, ma non sono ancora presenti del tutto nuove strutture.
La comprensione dei periodi di transizione va fatta considerando gli elementi della fase precedente, che
rappresentano, a loro volta, gli elementi della fase successiva.
Eredità militare dei paesi dell’Europa orientale
Più importante per il mondo sovietico che per l’Europa orientale, perché lo smembramento dell’URSS
porterà alla nascita di repubbliche indipendenti le quali possiederanno parte non indifferente
dell’armamento militare appartenuto all’URSS, senza gli elementi atti alla manutenzione. Ciò farà dell’ex
URSS una polveriera, e dell’Europa orientale un enorme mercato per i vari movimenti terroristici.
Dall’Europa centro orientale inizierà una sorta di compravendita di armi che non aveva eguali nel passato.
In particolare, la DDR possedeva un arsenale di armamenti convenzionali tra i migliori d’Europa (copiavano
perfettamente quelli dell’Europa occidentale). Dalla Bulgaria, dalla Romania ci sarà un grande flusso di armi
verso il resto del mondo. I depositi di armi erano utilizzati come veri e propri supermercati.
Tutti questi armamenti andarono a rimpinguare gli arsenali dei vari movimenti di liberazione che
combattevano contro gli occupanti del proprio territorio e quelli dei movimenti terroristici.
Armamenti nucleari. Negli stati dell’Europa dell’est gli armamenti nucleari erano “riservati” alla potenza
leader.
L’industria degli armamenti era una delle voci in attivo del KOMINFORM. I principali destinatari erano quei
paesi in cui si verificarono le lotte per la decolonizzazione. Venendo a mancare l’industria delle armi, gli
stati dell’est ne risentirono in maniera negativa.
L’eredità pagata dalle fasce più povere della popolazione
La crisi del sistema porterà all’immediata cessazione del sistema statale, che garantiva l’assistenza a tutti i
cittadini e che rappresentava un grande passo in avanti. Con la fine del comunismo, tutta la struttura
statale cessa di funzionare come organizzazione amministrativa. A mancare furono i sussidi, l’assistenza
all’infanzia. A risentire della crisi in maniera negativa furono soprattutto le fasce più deboli: bambini. Ci fu
un crollo sociale, una vera e propria implosione dei vari sistemi.
La tutela nei confronti delle fasce più povere della popolazione venne immediatamente meno. I governi
post comunisti, trovatisi di fronte a delle scelte drastiche imposte dalle organizzazioni economiche
internazionali, dovettero operare dei tagli enormi, che si ripercossero sulla popolazione con prezzi altissimi.
Ne risentì anche la rete delle organizzazioni di spionaggio: alcune riuscirono a riciclarsi attraverso affari
illeciti. La crisi porterà ad una crisi anche esistenziale di molti appartenenti alle strutture del partito:
aumentò il tasso di alcolismo, l’uso di droghe, la violenza all’interno delle famiglie e la violenza nei confronti
delle donne.
Le donne furono un elemento portante della conversione da un sistema all’altro: si trovarono a dover
sostenere economicamente la famiglia a causa della diffusa disoccupazione tra gli uomini appartenenti al
partito. Vedi l’ucraina con le badanti.
Ci furono dei cambiamenti positivi rispetto al sistema comunista dovuti alla modernizzazione
dell’industrializzazione.
Il raggiungimento di un fine superiore, legato ad una sorta di eguaglianza poi mai raggiunta, si basava
sull’idea della disgregazione dello stato, con il raggiungimento della piena eguaglianza tra gli uomini. Tale
scopo ultimo del sistema comunista portò alla subordinazione delle libertà fondamentali e del benessere
all’interno delle sue componenti.
La mantia 09/01/2013 report
Carlo I
1849 muore e subentra Francesco Giuseppe.
Carlo I opera degli importanti cambiamenti militari.
Imperatrice Sissi nelle vicende politiche
Da sempre abituata ad una certa autonomia e libertà.
Moglie di Francesco Giuseppe. Tiene particolarmente all’educazione dei figli, solitamente impartita
dall’imperatore con stampo molto severo. Incredibilmente, ha una forte influenza sul marito, seppure egli
fosse conosciuto come estremamente autoritario.
Si riserva di scegliere i cortigiani.
Sofia, sua suocera, arciduchessa, aveva escogitato un sistema per controllare Sissi in ogni momento.
Contessa Esterassì: fidata dell’arciduchessa, curtigghiara di corte. Riteneva lecito intromettersi nella vita
coniugale degli imperatori.
Nei primi anni Sissi è vittima del controllo stretto esercitato dall’arciduchessa sofia sulla vita coniugale.
Nel tempo riesce però ad attorniarsi di personale fedele, soprattutto ungherese  gran torto per
l’arciduchessa, la quale non provava simpatia per gli ungheresi.
Sissi, quindi, afferma la sua volontà (anche se in modo indiretto: la corte la criticò spesso per la sua volontà
di educare i figli e per aver spesso lasciato solo cecco beppe).
Il rapporto con gli ambienti viennesi non era molto sentito, ma l’amore di Sissi per il popolo era molto forte.
Sebbene non le piacesse partecipare alle occasioni ufficiali, si diede particolarmente da fare per mantenere
un interesse vivo per la sfera sociale più debole, visitando spesso manicomi, ospedali, orfanotrofi, operando
per migliorarne le condizioni di vita. Stabilì, quindi, una forte intesa con la popolazione dell’impero.
Nell’ultimo periodo della sua vita, tuttavia, diventa sempre più schiva nei confronti della popolazione e
della corte: si ritira a vita privata e si dedica ai viaggi. Essendo una persona molto narcisista, con lo sfiorire
della sua bellezza, evita di mostrarsi in pubblico.
Dopo 1856 Francesco comincia a compiere una serie di viaggi lungo tutto l’impero, accompagnato da Sissi,
figura fondamentale per la sua influenza e benevolenza nei confronti della popolazione. Lo scopo dei viaggi
di Francesco era dovuto alla necessità di mantenere unito l’impero dopo la difficoltà nel tenere a bada i
movimenti nazionali e le diverse componenti dell’impero.
Sissi abbraccia in toto la causa ungherese. Negli anni ’50 dell’800, infatti si svolgono le trattative tra gli
imperatori e la parte moderata della duma ungherese. Sissi si esprime in perfetto ungherese e si veste con i
suoi abiti tradizionali, suscitando una forte simpatia nel re e nella regina ungherese.
Durante la III guerra di indipendenza italiana, Francesco utilizza Sissi come leva per ottenere il sostegno
ungherese. Durante le trattative del cosiddetto “compromesso austroungarico” Sissi farà notevoli pressioni
per nominare Andrassy, politico ungherese che aveva partecipato ai moti del ’48 dalla parte di Kossuth,
come ministro.
Sissi farà di tutto per giungere ad un accordo. Grazie alle sue innumerevoli pressioni su cecco beppe, nel
1867 si giunge al compromesso austroungarico. Ciò spacca la corte, la maggior parte della quale, capeggiata
dall’arciduchessa sofia sono nettamente contrari, insieme a lo stesso cecco beppe, il quale ritiene che
questa decisione gli sia stata letteralmente strappata alla sua volontà.
Successivamente verranno incoronati imperatori. Avverrà lo stesso giorno per entrambi, contrariamente
alla tradizione ungherese, la quale prevedeva l’incoronazione della regina qualche giorno dopo quella del
re, in segno di devozione al marito.
Soldati italiani nell’esercito austroungarico
Nazionalità italiana? Nel periodo storico analizzato non c’era ancora una coscienza definita di appartenere
al suolo italiano. Vengono indicati come austriaci di lingua italiana.
La fama che gli italiani avevano nell’impero asburgico non era molto buona: scarsamente devoti alla causa,
e scarsamente fedeli all’imperatore.  interpretazione che viene data dalla maggior parte della storiografia
Le prime truppe di nazionalità italiana si ebbero sotto Carlo V, imperatore di un impero sul quale non
tramontava mai il sole. Vi furono ufficiali di alto rango provenienti soprattutto dalla lombardia.
Nel 1713, dopo la pace di Utrecht, l’Austria ottenne il regno di Napoli e della Sardegna, che cederà poi ai
Savoia, e fonda la prima flotta sulle rimanenze della vecchia flotta napoletana.
Fino al 1813 la presenza di italiani non è rilevanti. A partire da questa data la presenza degli italiani delle
regioni occupate comincia ad avere un suo peso. L’elemento fondamentale è il 1848: il piemonte dichiara
guerra all’Austria venendo inizialmente appoggiato dalla confederazione degli stati italiani; tuttavia è
l’unico che attivamente fronteggia l’Austria. Pio IX, nonostante appoggiasse la causa italiana, ritirò le truppe
nell’arco di un mese, poiché non poteva permettersi di fare guerra ad una potenza cattolica come l’Austria,
difensore per l’eccellenza del cattolicesimo.
Gli italiani vennero impiegati in Lombardia e in Ungheria. I veneti erano meno fedeli, per via delle
numerose rivolte che ebbero luogo a Venezia in favore della causa della patria serenissima.
Nasce un mito: il XXII reggimento Trieste, i bastardi traditori  furono uno dei reggimenti più agguerriti in
battaglia, tanto che venivano scherniti dagli organi di stampa piemontesi e considerati i principali nemici
dell’unità italiana.
Nel 1849, con la ripresa delle ostilità, il reggimento che ebbe maggior successo fu il XXII di trieste.
Negli anni successivi vi fu un riarmo dell’esercito, con l’ascesa al trono di Francesco Giuseppe: aumentò
anche la presenza di italiani. Ciò fece sì che aumentasse il malcontento nei confronti del sistema di
reclutamento austriaco nell’esercito: gli anni di servizio erano molti, difficile fare carriera, la paga non era
onorevole. Ci furono i primi segni di stanchezza.
Nel 1866, con la guerra tra Prussia e Austria, nella quale si inserì anche il Piemonte, l’Austria vi fece
combattere i soldati italiani, che avevano dimostrato fedeltà e abilità in polonia. I soldati che furono
rimpatriati alla fine della guerra rimasero in buona percentuale in Austria, fedeli all’imperatore.
Marina austroungarica
Nel 1814, il blocco dell’espansione napoleonica verso est permette all’Austria di appropriarsi di territori
dell’adriatico, rendendo necessario dotarsi di una flotta  adotta la flotta veneta. I veneti avevano
combattutto per più di 10 anni ai comandi di napoleone, potevano non essere così fedeli. La maggior parte
dei soldati che avevano servito napoleone, tuttavia, vennero presto congedati.
Tutti coloro che facevano parte della flotta austriaca dovevano saper parlare italiano, che era lingua
ufficiale e veicolare, solo in seguito verrà sostituita dal tedesco.
Nel 1848 viene istituita la repubblica veneta da manin: più della metà dei componenti veneti della flotta
disertarono per servire la serenissima.
In sostituzione ai veneti vengono reclutate diverse componenti nazionali dell’impero, tra queste quella
croata, non particolarmente leale né conoscente la lingua italiana o tedesca. Venne infatti presto sostituita
dai triestini.
Si sostituisce progressivamente il tedesco all’italiano partendo dagli insegnamenti dell’accademia, e dalla
sostituzione delle principali cariche che verranno affidate ad austriaci ed ungheresi. L’overcommandant
massimiliano opera tali cambiamenti; tuttavia mantiene stabile la componente italiana, importante per
quanto riguarda il valore e l’esperienza. Gli italiani, in realtà, erano il 10%, il resto era composto dai croati e
dalle popolazioni triestine e dalmate.
A fine 800 la flotta è composta da una vastissima composizione di diverse nazionalità  toglie il prestigio ai
triestini e dalmati. L’importanza di Trieste e Monfalcone non viene meno, poiché vengono loro affidati i più
importanti compiti di costruzione delle navi e dei mezzi marittimi.
Tra i soldati di nazionalità italiana quelli triestini sono i più fedeli all’imperatore. Perché? Perché hanno
rotto il cazzo.
Trieste, soffocato dalla serenissima, compie un atto di dedizione all’Austria: richiesta di protezione al duca
di Asburgo, per pura necessità politica ed economica. Trieste sviluppa la sua prosperità nel XVIII secolo. In
pochi anni la situazione economica vive un’importante periodo di prosperità che porta ad un alto livello di
benessere.
La corte imperiale scioglie lo statuto speciale che era concesso al comune di Trieste, poiché essa acquista
un’importanza sempre maggiore per via del suo successo economico e grazie alla sua posizione geografica.
A Trieste, questo provvedimento non sortisce alcun effetto: la prosperità è tale, grazie anche agli Asburgo,
che non ci sono conseguenze.
Non ci sono conseguenze nemmeno con la nascita del nazionalismo italiano: a Trieste le idee risorgimentali
non attecchiscono, non ce n’è motivo. Anche nel 1848, anno del risveglio delle nazionalità, pur essendoci
alcune rivolte a Trieste, esse non assumeranno mai un carattere indipendentistico o patriottico, piuttosto
verteranno sulle libertà civili. Vi saranno piuttosto sentimenti anti italiani.
Perché Trieste passa all’Italia?
- Slavizzazione voluta da Vienna. Per volontà di Metternich, la corte imperiale opera una
slavizzazione dei territori a maggioranza italiana (costieri): azione mirata a limitare la
preponderanza della nazionalità unghereseaiutano il risveglio della nazionalità croata per
disgregare il nascente e forte risorgimento della nazionalità ungherese (kossuth). La slavizzazione
inizia a pesare sui triestini e sulle élites culturali, specialmente quando nel 1861 l’idea di Italia si
concretizza a due passi dalla città.
- Unità d’Italia del 1861.
Sul finire del XIX secolo Trieste non guarda all’Italia, ma continua a perseguire il suo interesse.
Slavizzazione, unità d’Italia e progressivo sgretolamento dell’impero austroungarico spingono Trieste più
vicina all’Italia: la città riconoscerà che il suo interesse è maggiormente perseguibile nel neonato stato
italiano che nel decadente impero mitteleuropeo. Tuttavia, la fedeltà alla casa d’Asburgo non verrà meno: a
ciò si deve la fedeltà dei triestini. Non ci sarà un sentimento nazionale italiano totalizzante a Trieste.
Soldati italiani che combatterono durante la IWW – XCVII reggimento
Furono migliaia coloro i quali preferirono indossare la divisa asburgica.
XCVII reggimento composta da triestini, isontini e da croati. Non vennero fatti combattere sull'Isonzo per
paura di diserzioni. Ebbero diverse decorazioni, nonostante venissero disprezzati dai reggimenti austriaco
ed ungherese.
Il reggimento venne costituito nel 1883. In quegli anni l’addestramento militare era più decorativo, di
facciata, che pratico. Ciò pesò sull’andamento del primo anno di guerra.
Il reggimento combatté prima sul forte serbo e poi sul fronte russo in Galizia a L’vov. Subirono una cocente
sconfitta, poiché vennero mandati allo sbaraglio frontalmente. La colpa della sconfitta venne data agli
italiani e agli slavi. Il reggimento venne conseguentemente tenuto lontano dal fronte e inviato in Ungheria.
Nonostante la fedeltà e le numerose decorazioni ottenute, vi fu sempre un grande disprezzo da parte degli
alti quadri austriaci.
La memoria di questi soldati è stata quasi persa, soprattutto a causa della messa a tacere dell’argomento
da parte del fascismo: si riteneva vergognoso e poco patriottico che degli italiani avessero combattuto
contro la causa italiana stessa.
La mitteleuropa
Mitteleuropea: l’Europa di mezzo. Geograficamente comprende l’Austria, Ungheria, la Cecoslovacchia. Più
che un concetto geografico, si tratta di un concetto politico: non si riconosce né nell’Europa progressista
occidentale, né nel conservatorismo russo e ottomano.
Assume politicamente diversi significati:
- Prima fase: impero associato alla figura di un unico regnante. La monarchia è vista come totalità,
incarnata dalla figura del regnante.
- Seconda fase: dal ’48 in poi. All’idea di centralizzazione della casata dell’Austria si contrappone la
teoria di alcuni pensatori che fanno riferimento a questo potere con accezioni liberali. Nascono le
prime spinte nazionali all’interno delle principali componenti etniche, prima fra tutti quella
ungherese.
- Terza fase: dopo che la corona perde la sua importanza e che la figura dell’unico regnante perde
potere in seguito alla perdita della centralizzazione dell’impero. Si fanno strada sempre più le
diverse nazionalità. Emergono due posizioni: una filotedesca, che prevede la germanizzazione
dell’impero, e l’altra, che prevede uno stato liberale che considerasse tutte le nazionalità e che
operasse un’unione doganale. Dopo l’unione doganale, che però escluse diverse nazionalità, venne
avanzata la teoria di una federazione multietnica, la quale escludeva l’unificazione con la Germania.
Esercito: momento in cui tutti gli uomini dell’impero vengono chiamati a servire l’impero stesso. Il servizio
nelle file del regio esercito era un dovere da compiere per ogni cittadino. Le milizie si dividevano in
territoriali, che rappresentano il servizio militare obbligatorio di base, e in reggimenti di movimento, cuore
dell’esercito, che garantiva la potenza imperiale alla corono asburgica. Le conquiste territoriali degli
Asburgo sono frutto non dell’esercito, ma di abili strategie politiche e matrimoniali ottenute sempre con
conferenze di pace. L’esercitò servì come forza di difesa dall’esterno e di controllo del territorio, più che
come strumento offensivo.
Vista la vastità del territorio, poteva rivelarsi estremamente duro il compito di controllo del territorio da
parte dell’esercito. Nei reggimenti di movimento si sviluppa una sorta di lingua propria dell’esercito che
rappresenta un insieme di tutte le diverse lingue dell’impero.
La formazione degli ufficiali non poteva vedere al suo interno il verificarsi di episodi razzisti, vista la natura
composita dell’esercito. All’interno dell’accademia degli ufficiali veniva fatto in modo che entrassero nobili
appartenenti a tutte le etnie dell’impero, con la funzione di creare un collante tra le varie nazionalità
esistenti nell’esercito.
Dal ’48 al ’67, nonostante le sconfitte subite, non ci fu un cedimento strutturale dell’impero poichè sia la
corona, che l’esercito, che l’aristocrazia riuscirono a tenere unito il fronte asburgico.
Quando i pericoli esterni uniti a quelli interni non poterono più essere gestiti, l’impero implose.
Con la divisione in impero austroungarico si hanno due compagini separate: l’esercito di movimento
austriaco e quello ungherese, che rispondono a parlamenti diversi, misura che permette che l’esercito non
rimanga paralizzato in caso di discordie tra i due parlamenti.
Come si sviluppa il concetto di mitteleuropa una volta crollato l’impero. Fra il 1919 e il 1933 l’idea di
mitteleuropa viene portata avanti dalle nazionalità sensibili alla propaganda nazista, che ne sfrutta la
potenza per realizzare l’unità dei territori ad essa necessari per lo spazio vitale. Vi sono delle forze
mitteleuropee nostalgiche, e delle forze mitteleuropee acquisite o nuove, facenti riferimento al nazismo.
Gran parte della popolazione dell’ex impero asburgico rimpiange la condizione precedente alla prima
guerra mondiale e si caratterizza come sentimento nostalgico.
I sovietici, dopo la IIWW, reprimono il sentimento di mitteleuropa.
Dopo la caduta del muro, il concetto viene ripreso, e viene ad integrarsi con il vecchio significato corrente
nell’epoca dell’impero asburgico.
1890 – 1920. Vienna. Capitale artistica più importante d’Europa, catalizzatore delle menti geniali dell’epoca.
Un gruppo di artisti guidato da Klimt decide di ribellarsi alle regole dell’accademia per trovare il proprio
linguaggio artistico altrove. Essi cercavano di andare contro corrente, tentando di fare di Vienna un polo
della libertà artistica. Nessuno di essi parla di mitteleuropea, essendo essa un concetto prettamente
politico, utilizzato dai politici dell’epoca. Tuttavia, la composizione nazionale degli artisti è indicativa: ne
facevano parte individui provenienti da tutti gli angoli dell’impero, perfettamente integrati tra loro. Questa
condizione mostra come la mitteleuropa, pur non esplicita, fosse un modus vivendi permeante.
La mantia 11/01/2013 report (2)
Il millet
- Manca testo Dinamismo delle comunità cristiane interne all’impero ottomano. Ponte verso l’occidente grazie al
commercio e alla cultura, soprattutto a partire del XIX secolo. Gli scambi culturali favoriscono la
penetrazione delle idee di nazionalità e di libertà all’interno dei millet cristiani.
A partire dal XIX, inoltre, grazie ad un miglioramento delle condizioni igienico – sanitarie, dell’istruzione e
grazie alla riduzione della mortalità, i cristiani vedono una grande crescita demografica  minoranza
prevalente e più importante. Raggiungono la parità giuridica grazie ai tanzimat (riforme strutturali del XIX
secolo) emanati dal sultano nel XIX secolo.
La popolazione musulmana, svantaggiata dalle riforme, comincia a nutrire un forte risentimento verso i
cristiani. Inoltre, si diffondono le idee occidentali fondate sul liberalismo europeo, veicolate da giornali e
associazioni. Grazie alla lingua, prendono piede le idee di nazionalità occidentali, basate su una
connotazione territoriale. Ciò ebbe delle conseguenze su base etnica, ovviamente. Già nei Balcani, si vede
come questo processo abbia influenzato la religione in primis, portando alla nascita di numerose chiese
autocefale.
Il millet svolgeva la funzione essenziale della preservazione della cultura e della religione, garantendo,
inoltre, una giurisdizione di tutela per coloro che vi abitavano. Nasce sull’idea orientale di nazionalità
(gemos) opposta a quella occidentale (demos). La diffusione delle idee occidentali all’interno dei millet
contribuirono alla fine dell’impero ottomano.
Il periodo di grande instabilità politica nell’impero causavano periodi di prolungate crisi e vacanze al trono.
L’apparato burocratico era arcaico e imponente, difficile da gestire ed estremamente corrotto. A ciò si
aggiunge la crisi economica aggravata dai costi sempre maggiori delle guerre che l’impero dovette
affrontare per mantenere la propria integrità territoriale.
La principale comunità dell’impero, quella musulmana, era divisa tra sciiti e sunniti, dei quali gli ultimi erano
in netta maggioranza e dotati di maggiori diritti.
Vi furono anche delle cause esterne del crollo dell’impero: le potenze europee penetrarono l’impero e
quasi se lo spartirono attraverso la politica dei mandati, iniziata con il congresso di Berlino del 1878.
Da questo momento il milleti si trasforma: da elemento di supporto dell’impero ottomano, a nucleo
primario delle prime comunità nazionali, delle quali le prime furono quelle greche e bulgare.
Il millet fu un fattore importante per l’impero, non fu la causa principale del suo crollo, ma lo favorì.
Minoranza romena in Transilvania
La Transilvania subì varie dominazioni:
- Daci. Regione ricca di risorse.
- Impero romano, sotto Domiziani, che ne istituì il protettorato e Traiano che la rese provincia.
- Le regioni magiare si insediarono dal X secolo D.C.
- I sassoni e i romeni vi si insediarono i primi nel XII e i secondi nel XIII secolo.
Integrata nell’Ungheria cattolica, era caratterizzata da una forte componente ortodossa che ne ostacolò la
possibilità di affermarsi economicamente.
Con il compromesso austroungarico del 1867, vennero assegnati 15 seggi del parlamento alla Transilvania.
Accordo difensivo segreto del 1883 siglato con gli imperi centralimotivo per cui dovette abbandonare la
sua PE.
Solo i cittadini che pagavano le tasse avevano il diritto di voto.
Ferdinando I fu il primo re della Romania, appartenente alla famiglia imperiale Hoenzollern (posto al trono
da Napoleone III).
Politica di magiarizzazione che si intensifica dopo il 1867, a scapito della diversità culturale rumena in
Transilvania: si trattò di diffusione della cultura ungherese attraverso l’imposizione della lingua
nell’istruzione, nell’amministrazione, ed attraverso la restrizione delle libertà per le minoranze nazionali
(come la possibilità di acquistare terreno agricolo).
Nel 1881 nasce il partito nazionale rumeno, operante attraverso il quotidiano “Tribuna”.
Prima guerra mondiale. La Romania si mantiene inizialmente neutrale pur essendo legata agli imperi
centrali dall’accordo dell’83, rinnovato nel ’13. Prima di scendere in campo intrattiene numerose
comunicazioni segrete con i paesi dell’intesa per ricavarne vantaggi. A partire dal 1916 entra in guerra.
L’Ungheria sfruttava il caos causato dalla guerra per fare pulizia delle minoranze etniche. Ai romeni in
guerra con l’Ungheria non venivano nemmeno concesse le cure mediche, venivano reclutati minori di 18
anni e mandati allo sbaraglio nelle prime linee.
Nell’autunno 1918, assieme all’intesa, la Romania riesce ad appropriarsi della Transilvania.
Alba Iulia. Città simbolo dell’unità rumena: fu qui che nel 1918 venne proclamata l’unione della Transilvania
alla Romania.
Influenza dell’emigrazione romena. USA: molti provenienti dalla Transilvania. In America ebbero modo di
colonizzare le principali testate giornalistiche e di crearne altrettante. Combatterono in prima linea con
l’esercito americano già durante la prima guerra mondiale. Portarono un considerevole apporto economico
agli USA.
L’influenza dell’opinione pubblica degli stati dell’intesa venne fortemente influenzata dalla potente
componente romena transfuga.
Grazie ai buoni rapporti con le aristocrazie dell’Europa occidentale, gli intellettuali romeni fecero conoscere
la situazione della Transilvania all’interno del contesto ungherese opprimente, al contrario di ciò che si
pensava all’epoca dell’Ungheria.
La popolazione ebraica
Shtetl. Parola iddish. Iddish: lingua che si sviluppa tra gli ebrei ashkenaziti. L’ebreo era una lingua sacra, che
non poteva essere usata comunemente. Lo shtetl vede al suo interno una rigida piramide di prestigio:
intelligenzija e mercanti, commercianti, artigiani. Il prestigio viene dalla ricchezza detenuta da ciascuno,
poiché significa che è riuscito a fare successo.
Ci furono due direttrici:
- Assimilazione:
o Haskala: illuminismo ebraico.
o Politiche zariste: Nicola I attuò delle riforme terribili per la comunità ebraica (istituì la leva
obbligatoria anche per gli ebrei, la quale era più lunga di 6 anni). Vi era un’idea burocratica
di assimilazione. La volontà di rendere gli ebrei cittadini russi non ebbe successo. Ciò che
cambia per la comunità ebraica è l’avvento al trono di Alessandro II, che attua importanti
riforme per la comunità ebraica: diminuzione della leva, apertura delle università agli
studenti ebrei, maggiore libertà di movimento. Si formano dei gruppi ebraici che si battono
per l’integrazione e l’assimilazione all’interno della Russia: si crea una volontà di
integrazione, unitamente ad una élite laica aperta ad idee innovative.
- Antisemitismo: rimane costante nei secoli.
-
Pogrom: significa spaccare, distruggere. Significa pestaggi. Saccheggi. Alcool (la maggior parte degli
ebrei erano venditori di alcool: quando il pogrom inizia si beve gratis). Il pogrom si propaga come
un’influenza. Nel 1881 il più grande pogrom registrato avviene in 200 villaggi.
La dirigenza zarista non aveva intenzione a scatenare i pogrom, la lasciava che si svolgessero,
essendo una buona valvola di sfogo per il popolo.
Elementi di un pogrom:
Risentimento sociale
Economico
Sensibilità religiosa offesa (ebrei = deicidi)
Pogrom 1881 – 1882
Successe un mese e mezzo dopo l’assassinio di Alessandro II, al quale succedette il figlio Alessandro III che
ritirò le riforme a favore degli ebrei. L’élite laica nata a metà ottocento venne annientata politicamente.
Tuttavia, piccoli gruppi di ebrei cominciarono ad emergere e ad organizzarsi politicamente.
Un passo fondamentale per gli ebrei fu il populismo russo, anche se fu piuttosto ambiguo: vedeva
l’intelligencija russa come educatrice del popolo ignorante, così come avrebbe dovuto fare quella ebraica.
Gli attentati ad Alessandro secondo furono operati dalla Narodnalija Vodnija, organizzazione populista,
della quale facevano parte ebrei.
Ebrei e socialismo
1897: viene formato il Bund  lega generale operaia ebraica per Russia, polonia e Lituania. Guardava al
modello austriaco, poiché i partiti socialisti austriaci avevano una struttura federalista, potendo godere di
maggiore autonomia.
Sionismo e sionismi
- Religioso: c’era già una comunità ebraica che risiedeva a Gerusalemme. Le sacre scritture sono
ambigue: obbligo di tornare in Palestina, ma solo in presenza del messia!
- Culturale
- Socialista. Vi saranno due gruppi, uno moderato, l’altro radicale. Gli “amanti di sion” furono il primo
partito che dimostrò la possibilità di tornare nella terra promessa.
Nella 1897 viene creata la prima organizzazione mondiale sionista ad opera di Herlz, che vede l’uscita del
malessere ebraico verso un disinteresse totale verso la politica degli stati di emigrazione, con l’unica
soluzione di giungere in un territorio proprio, di una patria propria, ripartendo da zero. Una seconda
corrente del movimento è palestinocentrica: serve ad attrarre gli ebrei dell’est, tra i quali c’è una maggiore
densità di rabbini.
1917 anno della dichiarazione Balfour e della rivoluzione d’ottobre.
L’uscita dal mondo chiuso dello shtetl fu causata da fattori esterni: vessazioni e idee di libertà. I fattori
interni furono, invece, i rapporti con i propri fratelli occidentali, che portò ad una riformulazione del
pensiero religioso. Vi sarà, inoltre, uno sviluppo del pensiero nazionale.
Enver hoxha
Provvedimenti interni: cercò di eliminare completamente la posizione per rafforzare la sua posizione
all’interno del partito e del paese. Durante la guerra fredda l’Albania si configura come uno degli stati
comunisti più vicini allo stalinismo. Piano quinquennale ’51 – ’55 per trasformare il paese rurale in un paese
industriale. Hoxha segue con grande zelo le orme di Stalin. Vengono sfruttate a gran regime le miniere di
carbone e di zinco.
La morte di Stalin venne ampiamente celebrata in Albania: si celebrarono più giorni di lutto che in Russia.
La destalinizzazione di krushev porta a
Avvicinamento dell’Albania alla Cina avviene per motivi politici e di sopravvivenza, non per la
destalinizzazione. Tito riafferma la sua appartenenza al blocco comunista, dopo la rottura del ’48. Hoxha
preme perché krushev ritiri le accuse contro gli esponenti del PC albanese che erano stati accusati. (?)
L’Albania vive l’avvicinamento tra Jugoslavia e l’URSS come una minaccia.
Rapporti Cina – Albania. La rottura vera e propria tra URSS e Cina si consumerà nel ’58. Nel ’58 la Cina
fornisce l’Albania di generi. Nello stesso anno krushev si reca in Albania  gli americani stanno costruendo
basi missilistiche in Grecia ed in Turchia. Si deteriorano i rapporti tra URSS e Cina e tra URSS e Albania. Cina
e Albania si avvicinano: visite sempre più frequenti tra i due paesi, la stampa albanese smise di pubblicare
articoli della pravda per sostituirli a quelli dei quotidiani cinesi.
Giugno 1960 – conferenza di Bucarest. L’Albania prende le parti della Cina, trovandosi al centro
dell’attenzione mondiale. Da questo momento comincerà a rivestire un ruolo primario all’interno della
frattura russo – cinese.
Nel novembre del 1960 c’è la conferenza di mosca. Vi è uno scontro diretto tra mao e krushev. Hoxha
accuserà il segretario del PCUS per non aver mantenuto una linea dura contro l’imperialismo. Fu l’ultima
volta che hoxha andò in URSS e l’ultima che uscì dall’Albania (terrorizzato dai complotti).
Nel ’61 viene annunciato un nuovo piano quinquennale, che non prende in considerazione le indicazioni di
krushev, il quale spingeva sull’agricoltura. In seguito i delegati albanesi si rifiutarono di presentarsi alla
conferenza dei delegati del patto di Varsavia.
Nel ’68, con la primavera di Praga, hoxha sfrutta il momento per uscire definitivamente dal patto di
Varsavia.
Nel frattempo vengono attuate purghe ed un regime di terrore estremo.
Nel corso del XXII Congresso del PCUS (1961), Kruscev condanna la condotta del partito comunista
albanese, che avrebbe potuto dare forza ai movimenti dissidenti all’interno del patto di Varsavia. L’Albania
si ritrova isolata all’interno del blocco comunista sovietico, isolata anche economicamente. Interviene la
Cina, fornendo un ingente prestito in dollari, per avere un ponte in Europa.
L’Albania si trovava in una situazione di grave crisi economica, e gli importanti flussi con la Cina non
bastavano a risanare la sua condizione di embargo da parte del blocco comunista. Vi è anche la rottura
delle relazioni diplomatiche con il mondo sovietico: isolamento diplomatico.
Il viaggio di Nixon viene considerato un affronto da parte di Mao nei confronti del comunismo. Inoltre,
Hoxha non sopporta l’atteggiamento ambiguo della Cina.
I cinesi, inoltre, invitarono Tito in Cina. La rottura definitiva avviene nel ’78: l’Albania si trova
completamente isolata sia sul piano economico che su quello diplomatico.
La cultura di massa occidentale ha causato il crollo del blocco sovietico?
Cultura di massa: riesce ad inserirsi in tutti gli strati della popolazione, non solo in quelli benestanti.
Cittadini scrittori, studenti, ingegneri, artisti. Erano controllati dal KGB. Tuttavia vennero fortemente
influenzati dalla società consumistica.
Obiettivi che gli americani si erano prefissi con questo accordo: approfondire le relazioni con l’URSS
attraverso i cittadini, comprendere a fondo l’URSS, instaurare relazioni con l’URSS, porre fine all’isolamento
sovietico, godere dei benefici culturali della collaborazione.
I due paesi dovevano vedersi l’un l’altro come pari. I rapporti dovevano essere mutui: equivalenza. I
benefici per i due paesi dovevano essere comparabili.
Gli studenti sovietici in USA furono sconvolti dal supermercato e dall’incredibile varietà di cibi che vi si
poteva trovare. Gli scambi tra studenti laureati erano i più interessanti. I sovietici che tornarono dagli USA
non furono dei dissidenti aperti, ma apportarono delle idee che alla lunga contribuirono al crollo del
regime.
Iacovlev stesso studiò in America.
Scambi come cavallo di troia: dimostrano il ritardo nella tecnologia e nella società dell’Unione Sovietica.
Vennero effettuati scambi anche tra i giovani (over 40) leader politici americani con il KOMSOMOL:
consistevano in 5 giorni di dibattiti tra i giovani, con un tour di due settimane da parte del paese ospitante.
La maggior parte dei partecipanti sovietici provenivano dalle imprese agricole, a differenza da quelli
americani provenienti da ambienti politico – giudiziari  si svilupparono delle collaborazioni in ambito
agricolo, edile e tecnologico.
Il cinema ebbe un ruolo primario:
-
Per l’indottrinamento dei russi
Per la diffusione della cultura occidentale in URSS. I russi erano estremamente colpiti dall’opulenza
mostrata all’interno delle pellicole e dalla apparente semplicità della vita. Molte pellicole venivano
contrabbandate, altre, in minore quantità, semplicemente importate.
Nell’accordo venivano comprese anche le esibizioni. Con l’accordo culturale vennero effettuate una ventina
di esibizioni che vertevano su una grande varietà di argomenti. Tali mostre vennero sempre prese d’assalto.
Le esibizioni dimostravano effettivamente il progresso degli USA, tanto che i sovietici decisero in primo
luogo di cancellarle, e in seguito di limitarle.
Vi erano diversi programmi internazionali trasmessi via radio: costituivano il collegamento con l’esterno, e
un’opinione diversa da quella comunista. L’URSS impediva l’ascolto delle trasmissioni diffondendo sulle
stesse frequenze musica, rumori, ecc.
Radio free europe fu una delle maggiori trasmissioni “sovversive”, fondamentale nel periodo della guerra
fredda. Fondata negli anni ’50, fu la prima che annunciò la morte di Stalin, e diffuse il rapporto di Kruscev
sui crimini di Stalin. Il suo obiettivo era di ricordare costantemente ai cittadini sovietici di essere sottomessi
ad un sistema imperialistico. Attuò l’operazione focus, che durò dal 54 al 55: consistette in una operazione
di volantinaggio al fine di evitare l’integrazione totale dell’Ungheria nel blocco sovietico. Questa operazione
contribuì a diffondere l’immagine di Imre Nagy, che aveva perso consenso sia tra la popolazione che
all’interno del partito. I volantini erano segnati dall’1 al 12: 12 richieste che la popolazione doveva fare al
proprio governo, richieste di diritti civili. Con l’invio della nota di protesta di Nagy per tali volantini
all’amministrazione della radio americana, i rapporti si raffreddarono, e la radio assunse una posizione
neutrale.
Musica. Fu uno dei fattori che contribuirono alla destabilizzazione del regime. Il jazz in particolare,
importato dall’occidente, venne inizialmente osteggiato, ed in seguito ebbe molto successo nel blocco
sovietico poiché rappresentava l’ideale di libertà in quanto al suo interno racchiude innumerevoli possibilità
di improvvisazione da parte del musicista. La radio che ebbe maggiori ascolti, infatti, trasmetteva 45 minuti
di musica jazz. Anche i Beatles ed il rock aiutarono alla diffusione delle idee occidentali. L’influsso della
musica occidentale si sviluppa all’interno del blocco sovietico con caratteristiche diverse: c’era un
movimento di giovani che si vestivano come gli artisti occidentali che venne represso duramente, si esaurì
negli anni ’60, quando cominciava l’era Beatles. Il mercato nero ebbe un forte incremento grazie al
contrabbando dei cd. Negli anni ’70 si diffusero le band sovietiche che volevano adattare la propria lingua al
rock: c’era scarsità di strumenti, e la censura molto forte impediva alle band di esibirsi. Le band
cominciarono allora a scrivere testi che non riguardassero l’URSS, ma i paesi occidentali, portando
comunque molti elementi di raffronto.
Il sistema sovietica cercava di chiudere totalmente il passaggio delle culture. Non ci riuscì: venne scavalcato
da numerosi espedienti.
Coloro che tornavano dall’esperienza statunitense, prima indottrinate, non furono totalmente assorbiti
dalla cultura occidentale, tuttavia presentarono numerosi dubbi: si rendevano conto che l’URSS aveva
bisogno di riforme. Iakovlev aveva elaborato la teoria della glasnost.
I cittadini che non ebbero modo di viaggiare si fermarono al primo stadio dello shock culturale: amavano
tutto ciò che arrivava dagli USA sotto forma di intrattenimento. Vennero aperti dei ristoranti che
vendevano pollo fritto, i quali vennero immediatamente presi d’assalto dalla popolazione. Furono chiusi
dalla polizia politica.
La tendenza della dirigenza sovietica era sempre una prima apertura ed una successiva ossessione nel
tentare di arginare gli effetti prodotti da tale apertura.
I dirigenti sovietici pensarono che aprire alla televisione americana avrebbe comportato un effetto positivo
nella popolazione sovietica: sarebbe stato un contentino ricreativo che non avrebbe inficiato sull’ideologia.
Si tendeva comunque a preferire un socialismo reale e realizzabile che il capitalismo sfrenato e corrotto.
Honecker si rese conto che non poteva competere con la televisione occidentale: per questo permise la
totale trasmissione delle reti occidentali. Gli spettatori sovietici non si interessavano alle notizie ed ai
telegiornali, ma prediligevano i programmi di divertimento e cabaret.
La repressione religiosa in Albania l’ha resa un paese ateo?
Dal 1921 si susseguiranno numerosi governi, solo verso il 1925 il potere verrà preso da ? e durerà fino al
1939. L’Albania diventa una monarchia laica, anche se il re avrà un forte controllo della religiose.
Nel ’39 l’Italia attacca l’Albania. Il regime fascista attuato dal re colpirà duramente le comunità religiose. Si
forma il nucleo della resistenza albanese, con a capo Enver Hoxha. Quando nel ’43 gli italiani si ritirano,
subentrano i tedeschi fino al ’44. Nel ’46 viene instaurata la repubblica popolare dell’Albania.
Religioni dell’Albania precomunista (1945). I musulmani erano il 70% della popolazione, sparsi un po’ in
tutta l’Albania: i sunniti erano maggioritari, mentre il 12% erano trallallashi una setta di origine sufi che
univa tradizioni ortodosse e islamiche. 30% di cristiani: 20% ortodossi, situati nell’Albania meridionale, e
10% cattolici, concentrati al nord e sulle coste. L’evangelizzazione cristiana risale al IV secolo, e la divisione
tra ortodossi e cattolici risale al VI secolo. Alla fine del XV secolo, con il crollo della resistenza di Giorgio
Castriota, si ha l’occupazione e la conversione all’islam da parte dell’impero ottomano. Le ragioni per cui
buona parte della popolazione si converte all’islam si ritrovano nel reclutamento dei giovani da parte
dell’esercito ottomano, nella possibilità di accedere all’amministrazione, e nell’obbligo dei cristiani di
pagare una tassa per praticare il loro culto. Una popolazione povera come quella albanese, stremata da
anni di resistenza, non aveva le forze per pagare tali tasse.
Un mosaico così composito di religioni portò, tuttavia, a scontri sporadici tra i gruppi religiosi. Maggiori
erano i tentativi di influenza provenienti dall’esterno: la Grecia puntava sugli ortodossi e l’Italia sui cattolici.
Hoxha. Nel 1976 l’Albania diventa l’unico paese ateo del mondo. Hoxha il religioso rosso: vuole sostituire le
religioni con l’ideologia marxista ed il nazionalismo  per creare l’uomo nuovo.
Nella resistenza la parte cattolica era dalla parte lealista, i musulmani si schierano con i comunisti. I gruppi
cattolici vengono in seguito accusati da aver appoggiato il fascismo, scusa che serve a Hoxha per poterli
attaccare. Si attua la repressione dei membri del clero, la nazionalizzazione delle istituzioni religiose e
l’espulsione dei suoi componenti.
Viene proclamata la riforma agraria, che colpisce maggiormente i trallallashi.
Nel ’46 viene ultimata la costituzione, della quale 4 articoli si occupano della questione religiosa: i primi due
trattano di restrizioni, si vieta alla religione di operare con scopi politici, istruzione prerogativa esclusiva
dello stato.
Successivamente iniziano le persecuzioni anche nei confronti degli ortodossi e dei musulmani. Vengono
nuovamente chiese le istituzioni religiose che si occupano di esigenze sociali: orfanotrofi, ospedali, ecc.
Dal ’49 al ’67 si attua l’ateismo di stato. Vi sono due momenti fondamentali:
-
-
1949, promulgazione del decreto sulle confessioni religiose: sancisce il mantenimento delle libertà
religiose, in quanto la popolazione vi era molto legata. Tuttavia, le religioni assumono una funzione
essenzialmente politica per instaurare un sentimento di fedeltà nelle persone nei confronti dello
stato. Inoltre, vi è una maggiore vigilanza sulla pratica delle religione: si propone di creare chiese
nazionali. Tali restrizioni valevano maggiormente con la chiesa cattolica: il vaticano era un pericolo
per Hoxha. In questo periodo Hoxha tornò a negoziare con i cattolici, essendoci anche la Jugoslavia
che, appena distaccatasi da Varsavia, cercava degli accordi con il vaticano per stabilizzare la
popolazione religiosa albanese.
1967, evento culturale: rivoluzionarizzazione (?). Distacco dall’unione sovietica ed avvicinamento
alla Cina. La rivoluzione del proletariato attuata in Cina aveva colpito anche le religioni. Per seguire
l’0esempio cinese, anche l’Albania vide al suo interno l’attacco delle istituzioni religiose da parte di
studenti. Per Hoxha questo fu il segnale che la popolazione era pronta alla svolta: furono chiuse
definitivamente tutte le istituzioni religiose, e furono aboliti gli statuti (vedi sopra). L’Albania si
appresta a diventare stato ateo.
Dopo il ’67, vengono emessi due decreti fondamentali:
-
1974, proibisce il nome religioso delle città.
1975, obbliga le persone a cambiare nome e cognome in quanto in contrasto con le norme
politiche, ideologiche e morali dello stato. Cancellazione dell’onomastico, in Albania festeggiato più
del compleanno. Vennero dati 2 nomi: uno per uso scolastico, ed uno di uso familiare.
Nel ’76 viene proclamata la nuova costituzione, nella quale presenziano due articoli che segnano il divieto
di culto come reato e proclamano l’ateismo di stato. La religione diventa crimine di stato ed è ufficialmente
bandita.
Ricerca del consenso attraverso due canali:
-
-
Sistema educativo. Il comunismo si insegnava fin dalle elementari. L’Albania godeva del boom
demografico che aveva portato a quadruplicare le religioni. Si incoraggiavano i bambini a tradire i
genitori nel caso praticassero qualsiasi religione.
Propaganda. Nel ’78, con il raffreddamento dei rapporti con la Cina si trovò in uno stato di
isolamento. Altro fattore fondamentale fu l’analfabetismo della popolazione, che permise
l’attecchire della propaganda e del revisionismo storico.
Religione nazional – marxista di Hoxha:
-
Nazional. Si rifaceva al nazionalismo albanese. Le varie comunità religiose fecero a gara per
dimostrare il loro patriottismo, mentre Hoxha era convinto le fossero le religioni i principali ostacoli
alla realizzazione ultima del nazionalismo albanese.
Si assiste ad un revival religioso, èper due ragioni principali:
-
-
Caduta del regime che priva la popolazione dell’identità e di una fede. Cade il regime, cade la
religione di stato, cadono simboli e riferimenti  la popolazione albanese ricerca delle risposte e
punti di riferimento.
La condizione economica disastrosa dell’Albania, porta moltissimi stati e organizzazioni religiose ad
inviare ingenti finanziamenti. La conversione da una religione all’altra si lega, quindi, agli aiuti
economici.
Negli anni ’90 avvengono le liberalizzazioni delle religioni.
Sono i musulmani sunniti bektashi (prima nominati trallallashi) che si risvegliano per primi e si strutturano.
Venne incentivata la predisposizione del popolo a riscoprire la religione di origine. L’avvicinamento al
mondo musulmano scatenò il timore di studiosi del regime passato che l’Albania si allontanasse dalla sfera
occidentale per preferire il medio oriente. Il presidente albanese degli anni ’90, dichiarò invece l’intenzione
di preservare la laicità dello stato.
I bektashi ricevettero finanziamenti da Detroit, in cui è presente una folta comunità. Il gruppo religioso
fatica a ritrovare il prestigio, essendo uno dei maggiori colpiti durante la repressione.
Gli ortodossi si distinguono tra ellenofoni ed albanofoni. Gli albanesi ellenizzarono il loro cognome per
poter ricevere gli aiuti provenienti dalla Grecia. Gli albanofoni pensano che la Grecia tenti, in questo modo,
di arrivare ad un’annessione dell’Albania.
Arrivo dei protestanti in Albania: il loro arrivo è considerato come sconcertante. Il paese non conosceva
questa branca della religione cristiana. Questi gruppi appartenevano alle frange estremiste del culto
suddetto. Cercarono di incrementare le convenzioni fornendo incentivi materiali (alla popolazione povera e
affamata).
Horty
Non emerge come un vero e proprio dittatore, poiché aveva per lo più incarichi di rappresentanza e non
deteneva molti poteri in ambito legislativo ed esecutivo.
Capo formale dell’esercito, anche se ogni sua decisione doveva essere firmata dal ministero della difesa.
Horty era una figura molto diversa da quella di un duce o di un dittatore.
Tuttavia, ci sono dubbi sull’effettiva legalità della carica di reggente, che anche sulla carta è esplicitamente
etichettata come transitoria, fino all’elezione di un nuovo sovrano.
Horty militò nella flotta austroungarica, unico esercito che deteneva ateliers tra i soldati. La banda
dell’esercito austroungarico era tra le migliori bande filarmoniche. Béla Kun limitò l’espressione artistica a
lui contemporanea e passata.
Durante il periodo socialista fu l’ultima repubblica popolare a costituirsi e la prima a dimettersi.
La mantia 16/01/13 report
Ruolo delle Filiki Eteria nel processo indipendentistico greco.
Filiki Eteria: società greca segreta che nasce su base ideologiche provenienti dalla rivoluzione francese e che
si poneva come obiettivo l’indipendenza della Grecia. Il ruolo di questa società segreta è in realtà
miticizzato, poiché furono altri a fattori a portare all’indipendenza greca.
Indipendenza dall’Impero Ottomano attuando il suo controllo attraverso l’invio di emissari: califfi.
Nasce ad Odessa, che al tempo era parte integrante dell’impero ottomano. La nascita di questa società
segreta ad Odessa, un luogo esterno rispetto alla Grecia, è dovuta all’appartenenza dei suoi componenti a
diverse regioni.
Nei primi decenni dell’800 la sua sede fu spostata a Costantinopoli.
Personaggi fondamentali:
-
Laskarina Bouboulina 1771 – 1825. I turchi si sentivano fortemente minacciati da laskarina per la
sua influenza e per il suo carisma, ma anche per la sua forza economica: investì ingentemente nella
navigazione. Le venne offerta protezione diplomatica da un ambasciatore russo. Inoltre, le navi
elleniche da lei dirette viaggiavano con bandiera russa. Nel 1818 entra nella Filiki Eteria e fu l’unica
donna che ne fece parte.
-
Alexander Ypsilantis 1792 – 1828. Uno dei principali patrioti e comandanti greci del processo di
indipendenza. Cerca l’alleanza con l’Austria in funzione anti turca, che però non gli offre asilo.
Filiki Eteria = amore per i compagni. Dà importanza al giuramento che i partecipanti dovevano fare prima di
entrarvi.
Nasce grazie a 3 personaggi:
-
Uno che aveva rapporti con la Russia
Un massone
Un membro di una società di mutuo soccorso.
Tutti vivevano all’estero, ma erano animati da un profondo senso di appartenenza alla Grecia, come per la
maggior parte degli esuli greci in Europa.
Era composta principalmente da mercanti, professionisti, proprietari terrieri. Tutte categorie appartenenti
al ceto medio, a cui mancavano le risorse per potersi sviluppare in modo incisivo. Dal principio, quindi, fu
caratterizzata da grosse difficoltà economiche.
Clero greco: faceva da tramite tra i fedeli e l’impero. Non aveva alcun interesse nel supportare la causa
indipendentista per via dei vantaggi garantiti loro dal sultano. A causa del legame particolare che la società
greca aveva con il clero, non si era mai consolidato un forte sentimento di unità sul concetto di
indipendenza greca.
L’apporto della Filiki Eteria alla Grecia è stato più di carattere ideologico che pratico. L’indipendenza greca,
inoltre, viene osteggiata dalle élites greche stesse, avvantaggiate dall’impero ottomano e miranti a
sostituire il ruolo dell’impero ottomano ai vertici una volta la Grecia fosse stata resa indipendente.
Inoltre, il popolo resta estraneo al sentimento nazionale.
Il risveglio della nazionalità polacca fine 1700 – metà del XIX secolo
Maggior risveglio del nazionalismo polacco.
La spartizione della polonia in 3 diversi blocchi è dovuta al fatto che il regno polacco che era in mano alla
classe dirigente che poco riusciva a sostenere il peso dello stato ed ad affermarsi in Europa. Dal 1795 la
polonia scompare come unità statale sovrana, diventando territorio di occupazione.
L’economia polacca si basava principalmente sull’economia agraria. La maggior parte del territorio era nelle
mani di pochi latifondisti, mentre vi era una quasi totale assenza di piccoli e medi contadini. I nobili, non
interessati ad un aumento della produzione, in netta maggioranza, non apportarono consistenti innovazioni
produttive.
Vi fu una svolta industriale consistente nelle zone austriaca e prussiana, anche in seguito al ritrovamento di
risorse minerarie ingenti. Fu una delle zone industriali più produttive dell’impero austroungarico.
La religione in polonia è per il 90% cattolica. La chiesa cattolica è presente in polonia da molto tempo e fu
da sempre una delle chiese più influenti all’interno dell’universo cattolico. Da un lato funge da collante per
la popolazione, dall’altro la tiene distante.
In Prussia si tenta fortemente di osteggiare la religione cattolica. Ciò provocò nella popolazione un forte
risentimento nei confronti della Prussia.
In Austria – Ungheria, il cattolicesimo era religione di stato.
In Russia, si ha un tentativo di abolire la chiesa cattolica, principale vettore di trasmissione della cultura, e
soprattutto, della lingua polacca. Fu attuata una intensa opera di russificazione.
La bandiera polacca, ed il suo stemma, traggono ispirazione dalla confederazione polacco lituana. L’effige
raffigura un’aquila bianca, segno di buon auspicio. Lo sfondo rosso rappresenta il sole che sorge e che dà
vigore. La bandiera ha avuto un ruolo importante nel corso della storia polacca: durante le sollevazioni del
’30 – ’31 la camera polacca approvò i colori della bandiera. Essi vennero utilizzati anche nelle altre occasioni
di rivolte contro gli occupanti (nel ‘48 e nel ‘63).
La bandiera odierna viene definitivamente ratificata dal parlamento una volta raggiunta l’indipendenza nel
1919. Anche durante la guerra fredda, la polonia, assieme alla Cecoslovacchia, mantenne la sua bandiera.
la mantia 18/01/13 report
Cucina jugoslava nel processo di unità
Jugoslavia pretitina.
Slavo: insieme di popolazioni che parlavano la stessa lingua. XIX – XX secolo risveglio del nazionalismo.
XIX secolo: presenza forte dell’impero ottomano e dell’impero asburgico. Nel 1814 l’Austria comincia a
inserirsi nei Balcani annettendosi parte dell’Istria ed in seguito la Dalmazia. Vi è anche il grande interesse
della Russia che sfrutta il panslavismo per avere accesso al mediterraneo.
Nel 1815 la Serbia diventa principato autonomo.
1848 la Vojvodina diventa indipendente. Lascia un segno indelebile per le popolazioni dei Balcani, tra le
quali si rafforza il nazionalismo.
Insurrezioni del ’75: a cominciare dalla Bosnia per finire alla guerra russo – turca. La Russia fa leva sulla
Bulgaria per attaccare l’impero ottomano. Si conclude con il trattato di santo Stefano e con una scampata
crisi europea, che viene sventata da Bismark con la convocazione del congresso di Berlino  indipendenza
della Serbia e del Montenegro.
1908 annessione della Bosnia.
Guerre balcaniche  indebolimento dell’impero ottomano che aveva ricevuto il colpo di grazia con
l’annessione della Bosnia e la guerra di Libia con l’Italia.
Nell 1912 la lega balcanica muove guerra all’impero ottomano. Se ne esce con la pace di Londra: l’Albania
ottiene l’indipendenza; all’impero ottomano rimane solo Costantinopoli; questione della spartizione della
Macedonia  porta alla seconda guerra balcanica.
II guerra balcanica  pace di Bucarest.
1914 formazione del comitato jugoslavo per l’unità della Jugoslavia.
Tumbric preme per il rafforzamento del nazionalismo in chiave jugoslava per riunire il territorio dei Balcani
sotto un unico stato.
1917 l’Austria riconosce lo stato dei serbi, dei croati e degli sloveni. L’indipendenza effettiva arriverà nel
1918.
1919 unificazione effettiva sotto il nome di regno dei serbi, dei croati e degli sloveni. Nel ’29 prende il nome
di “regno di Jugoslavia”.
Per quale motivo le spinte forti all’unità?
-
Presenza di un oppressore comune.
Comune cultura: gli slavi meridionali hanno origini contadine, raggruppati in gruppi familiari,
ciascuno con il compito di dare il proprio contributo alla comunità. Molto importanti le danze
popolari, raffiguranti situazioni tipo o problematiche sociali e politiche.
La presa di coscienza dell’unità culturale delle popolazioni slave avviene nell’800, in particolare con le
spinte nazionalistiche dei movimenti del ’48. Comincia a formarsi il movimento illirico, che comprendeva
quasi tutti i territori della moderna Jugoslavia. Uno dei leader era Ljudevit Gaj. In seguito viene fondato “lo
jugoslavismo”: movimento socio – politico che si auspicava l’unità di tutte le popolazioni jugoslave. Era
caratterizzato da un ideale di forte connotazione romantica, mistica e naturalistica.
Lingua. Elemento principale dell’unificazione. Con la riforma protestante, dal 1530 al 1598 si tradusse il
nuovo testamento nel dialetto della carniola. Venne inserito un vocabolario in modo da rendere il libro
comprensibile a tutti i dialetti, ma la controriforma bloccò il tentativo di unificazione linguistica. Si dovrà
aspettare Ljudevit Gaj, il quale scrisse la grammatica del dialetto stakavoikavo. Con karadzic si ha un
accordo letterario.
Cucina. Cevap: simile a kebab; è la stessa forma di carme (o per lo meno lo era). Cultura musulmana 
carne musulmana. La mescolanza delle diverse popolazioni slave ha garantito una grande diffusione delle
diverse culture culinarie dei territori dei Balcani in tutte le regioni ad essi appartenenti.
L’era bismarkiana
Inghilterranon colpita dalla prima guerra dei popoli.
Russia due direttive di espansione.
Primo sistema bismarckiano:
-
-
Lega dei tre imperatori 1873. Il ruolo della Germania era quello di stabilizzare l’Europa attraverso la
deviazione delle direttrici di espansione della Russia e della gran Bretagna in altre direzioni rispetto
all’Europa stessa. La Germania, per non diventare oggetto di spartizioni, restava un’unica strada
verso l’ottenimento di un ruolo preponderante all’interno di alleanze egemoniche di carattere
difensivo.
Crisi balcanica – trattato di santo Stefano.
-
Congresso di Berlino – fine del primo sistema bismarckiano. Bismark vuole costruire un secondo
sistema bismarckiano in cui escludere la Francia.
Secondo sistema bismarckiano:
-
-
Duplice alleanza e seconda lega dei tre imperatori. Duplice alleanza 1879: reciproco soccorso,
funzione difensiva in caso di attacco (anche se nel 1914 verrà usata in senso offensivo). È in chiave
antirussa. Seconda alleanza dei tre imperatori del 1881: nel caso in cui una delle tre potenze si
fosse trovata in guerra le altre sarebbero state neutrali.
Triplice alleanza 1882.
Trattato di contro assicurazione con la Russia nel 1887. Viene rinnovata la triplice, accontentando
l’Austria sul mantenimento del trattato originale, e vengono stipulati due patti: rapporto tra Austria
e Italia, reciproca consultazione e bilanciamenti sui cambiamenti dello status quo; rapporto Austria
e Germania.
Conslusioni:
-
1888 muore Guglielmo I, seguono Federico III e Guglielmo II. Con Guglielmo II si ha un
cambiamento di rotta nella PE tedesca: dal concerto di potenza alla weltpolitik.
Dimissioni di Bismark. Non viene rinnovato il trattato di contro assicurazione con la Russia, che
permette il riavvicinamento di quest’ultima alla Francia.d’oh
Politica di Bismark: molto attenta. Improntata sul piano interno a consolidare delle forze conservatrici, e
all’esterno ad instaurare un equilibrio di potenza che avvantaggiasse la Germania stessa.
Scarica