il ciclo del carbonio ei processi elettrochimici

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IL CICLO DEL CARBONIO E I PROCESSI ELETTROCHIMICI
La respirazione cellulare o ossidativa, si afferma come risposta evolutiva al progressivo accumulo
nell’atmosfera di ossigeno molecolare, il gas prodotto come scarto dagli organismi fotoautotrofi che
“strappano” gli atomi di idrogeno alle molecole di acqua per ridurre il carbonio dell’anidride
carbonica e sintetizzare i composti biologicamente attivi. Sia la fotosintesi sia la respirazione
cellulare possono essere descritte come una serie di reazioni di ossido-riduzione.
Nella respirazione cellulare il carbonio ridotto del glucosio (elettronegatività = 2,5) cede gli
elettroni (e i protoni) all’elemento più elettronegativo (3,5) - l’ossigeno molecolare - e questo flusso
di elettroni, come una corrente elettrica, “libera” l’energia accumulata nei legami C-H.
Questa energia, opportunamente “incanalata”, viene utilizzata per la sintesi delle molecole di ATP
che possono quindi venire impiegate come delle batterie e portate dove serve energia per tutte le
reazioni biologiche (duplicazione del DNA, sintesi delle proteine, ecc.).
Il processo è, a prima vista, simile a quanto avviene durante una combustione: qualunque composto
del carbonio ridotto, in presenza di ossigeno, brucia e produce CO2, H2O e libera energia. E tuttavia,
analizzandolo tappa per tappa, assomiglia maggiormente a quanto avviene in una pila: gli elettroni,
infatti, non passano direttamente, per contatto, dal C all’ O come nella combustione, ma sono
costretti a percorrere una strada ben determinata e, nel loro percorso, a compiere – o a far compiere,
cedendo parte della loro energia ad altri dispositivi - un lavoro.
Gli elettroni passano dall’elemento con E° di riduzione inferiore (che, cioè, tende a ossidarsi
liberando energia) a quello con E° superiore (che, cioè, tende a ridursi liberando energia)
Così, come l’energia degli elettroni che corrono dall’elettrodo negativo a quello positivo (circuito
esterno della pila) attraverso un filo metallico accendono una lampadina, così, nel mitocondrio, gli
elettroni che passano dalla molecola di un composto che fa parte della catena di trasporto degli
elettroni (montata sulla membrana interna del mitocondrio) a quella successiva, mettono in attività
la molecola stessa che funziona come una pompa protonica, che “succhia” gli ioni H+ e li riversa
tra le 2 membrane del mitocondrio dove si accumulano, carichi di energia potenziale.
Alla fine della catena di trasporto, gli elettroni, “spompati” vengono scaricati sull’ossigeno, che si
carica negativamente (O2  2 O - ). Gli ioni H+, rientrando attraverso appositi canali, liberano
anch’essi la loro energia che viene impiegata dai canali attraverso cui sono passati per “saldare” un
gruppo fosfato (Pi) all’ADP e trasformarlo in ATP. Gli ioni H+ si incontrano con gli ioni O – e
formano H2O. Quasi tutta l’energia delle particelle elettroni e protoni è andata a finire nelle
molecole di ATP, anche se attraverso una serie complessa di passaggi.
Nella fotosintesi viene, invece, impiegata energia per ridurre un elemento -il carbonio- a spese
dell’ossidazione di un altro elemento più elettronegativo –l ’ossigeno dell’acqua- e questa energia si
troverà “ingabbiata” sotto forma di energia chimica potenziale nei legami C-H del glucosio.
Un processo simile avviene in una cella elettrolitica dove l’energia elettrica viene impiegata per far
ridurre elementi ossidati (specie metalli) a spese di altre specie chimiche che, avendo un alto E° di
riduzione ed essendo perciò ridotti, hanno elettroni da cedere, anche se “chiedono in cambio”
energia.
Anche in questo caso, i sistemi biologici sono più complessi e “tecnicamente più evoluti”: gli
organismi fotoautotrofi, infatti, sfruttano una particolarità dei metalli: l’ effetto fotoelettrico. Gli
elettroni periferici dei metalli, infatti, colpiti dalla luce, compiono dei “salti quantici” : a tale
fenomeno imputiamo la lucentezza di questi elementi. Se l’elettrone riceve più energia di quanta
venga impiegata dal nucleo per trattenerlo, esso “schizza via” e, opportunamente incanalato, può
dare origine a una corrente elettrica. E’ quanto avviene, appunto, nelle celle fotovoltaiche o nei
dispositivi fotoelettrici.
Il metallo utilizzato dai vegetali è il magnesio (Mg), montato su di una molecola, la clorofilla, che
ne permette l’ancoraggio sulla membrana del cloroplasto, l’organello nel quale avviene il processo.
Le molecole di clorofilla sono associate in 2 fotosistemi che hanno la funzione di caricare al
massimo di energia gli elettroni che vengono “sparati” dal magnesio – una sorta di un doppio colpo
dato dalla luce in modo da far rimbalzare più in alto , cioè con più energia, gli elettroni-.
Questi vengono poi avviati alla “solita” catena di trasporto degli elettroni; questa volta le molecole
sono montate sulla membrana interna del cloroplasto e, anche in questo caso, attivate dagli elettroni
che “si passano” dall’una all’altra come una corrente elettrica, funzionano come pompe protoniche
e agiscono sui protoni che provengono, però, dall’acqua e non dalle molecole di glucosio. (vedi *).
Gli elettroni vengono infine scaricati sugli atomi di C della CO2 che, per recuperare la neutralità
elettrica, deve unirsi ai protoni dell’acqua e dare carbonio ridotto
H
C
O
H
Questo è una specie di “modulo di base” da montare, ed eventualmente modificare, per ottenere
tutte le molecole biologiche, il glucosio C6H12O6 in primis.
Per “ricaricare” la cella fotoelettrica (cioè il magnesio della clorofilla che, colpito dalla luce, si è
ossidato sparando fuori gli elettroni), occorre un donatore di elettroni abbondante e facilmente
raggiungibile nell’ambiente: l’ossigeno dell’acqua (ricorda che nell’atmosfera primitiva, quando
compaiono i primi fotoautotrofi, circa 2,5 miliardi di anni fa, non c’era ossigeno atmosferico).
Ma l’ossigeno è molto elettronegativo, non cede volentieri gli elettroni con i quali forma legami
chimici. Nell’acqua, però, alcune molecole sono già parzialmente dissociate: H2O  H+ + OH- ed è
dagli ioni ossidrile che i vegetali sono riusciti a strappare un elettrone, trasformando lo ione in
radicale, fortemente reattivo: 4 OH-  4 e- + 4 OH.  2 H2O + O2
Gli ioni H+ vengono pompati e caricati di energia, in modo da “lanciarli” contro il carbonio che ,
legandoli a sé, si riduce [vedi *].
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