MAGIA E RELIGIONE
-------------------------------------------------------------------------------Il codice di Hammurabi, all'inizio del secondo millennio, nella
Mesopotamia, comminava grosse pene a coloro che praticavano la
stregoneria. Nell'Antico Testamento il Levitico (cap. XXII, v. 18)
condannava a morte gli stregoni. La magia, invece, si può affermare che
considera e fa proprie le stesse domande della religione senza perdersi
in inutili speculazioni vertenti sulla esistenza e natura di Dio. Essa
afferma il dogma della divinità e offre una serie di modi per giungere a
Dio.
Di conseguenza <<...le pratiche magiche possono trovarsi negli uomini
della Bibbia a servizio dell'annuncio sull'opera e sulla parola di Dio>> (N.
Schiffers, Magia, su “Dizionario teologico”, Cittadella editrice, Roma
1974). La Bibbia non è contraria all'uso della conoscenza magica, ma
ad una condizione, non si deve scivolare nella stregoneria. La
stregoneria consiste per la Bibbia in quel complesso di azioni che
<<dimostrano negli uomini e nelle donne un sentimento di indipendenza
dalla sovranità di Dio... Gli stregoni pretendono di agire per virtù propria,
dunque irresponsabilmente. Questa mentalità viene condannata...>>
(Ibidem).
Ed è questa concezione che, malauguratamente, è la mentalità
informatrice del revival di pratiche satanico-luciferine che dilaga oggi nel
mondo occidentale, che vive una nuova forma di mitologismo. Tale
interesse, nel mondo moderno, non nasce da un niente, ma affonda le
sue radici in una particolare concezione filosofica del mondo e
dell'individuo.
Vi è, nel complesso delle idee di intuizione del mondo, quella corrente di
pensiero nota come idealismo tedesco, fondata da Fichte e Scelling e
intesa come trascendentale o soggettiva o assoluta. E' trascendentale in
quanto vi è collegamento col principio della conoscenza di Kant: <<Io
penso>>. E' assoluta perché si contrappone alla riduzione della realtà
ad un unico principio <<la Sostanza>>, come oggetto di Spinoza. E'
soggettiva nel senso che, oltre l'<<Io o Spirito>>, non c'è altro.
L'antecedente immediato del Romanticismo è lo "Sturm und Drang"
(Tempesta e impeto), movimento letterario e filosofico che si ebbe in
Germania verso la fine del 1700. Esso supera il limite dell'Illuminismo,
fondato sulla ragione umana limitata, e da qui si oltrepassa
(Romanticismo) il concetto di Kant su una ragione limitata, alla quale si
contrappone il potere dell'esperienza immediata della fede, che ora
traduce la ragione in forza illimitata e onnipotente (sostanza e forza del
mondo).
E' una coscienza che può tutto nel mondo. Il legame con la filosofia
platonica è evidente, particolarmente con Plotino. Altro tratto saliente del
romanticismo è l'irrequietezza, la voglia di evadere verso nuovi orizzonti,
che si manifesta con l'attrazione verso le droghe, la morte, ecc. L'Io di
Fichte è dotato di una forza infinita e intesa come un Principio spirituale
avente potere creativo, da Schelling chiamato <<Assoluto>> e da Hegel
<<Idea>>.
E' questa la concezione di un "Io" capace di creare e limitare la realtà fin
dove la comprende e farà dire a Hegel: <<Ciò che è reale esiste, ciò che
esiste è reale>>. E' il titanismo, aspetto fondamentale del
Romanticismo, con la sua espressione di ribellione contro ogni regola,
che limita la sfida al finito e, perciò, non adeguato all'infinito.
Abbagnano, di Hegel, scrive: <<dal neoplatonismo antico... deriva
anche la forma del suo sistema: quello di un processo unico e
continuativo che attua e rivela nei suoi gradi necessari un principio
assoluto. Soltanto, egli non pone l'assoluto fuori dal processo stesso, e
come un'Unità inafferrabile, ma lo identifica col processo stesso, e così
lo immanentizza (...). Il finito stesso è, nella sua realtà, l'infinito>> (N.
Abbagnano, Storia della filosofia, vol. III, UTET, Torino 1969). Il
titanismo afferma una concezione della vita basata sulla riscoperta di
valori autonomi mondani e storici in senso assoluto (Umanesimo).
L'umanesimo o umanismo, scrive C. Ranzoli nel “Dizionario di scienze
filosofiche”, è <<caratterizzato da uno sforzo per sottrarre all'influenza
dei dogmi della Chiesa lo spirito umano...>>.
Inevitabilmente si arriva, in questo modo di concepire la realtà per intera
nella coscienza dell'Io, al rifiuto di ogni principio di trascendenza
(Immanentismo). L'enciclica "Pascendi dominici gregis", condannò
l'immanentismo sia per la credenza che ogni religione e lo stesso
sentimento religioso nascono per immanenza vitale dall'abisso del
subconscio, sia per la credenza che la Divinità è immanente
nell'individuo, il che porta a negare il soprannaturale e a confondere Dio
con la natura. L'uomo è visto come destinato a vivere nel mondo, a
dominarlo e a ricercarne il piacere. Viene, altresì, negata la preminenza
della vita contemplativa su quella attiva.
L'uomo, dunque, finisce con l'occupare uno spazio centrale nella natura
e la domina; e, come scrive Franco Pierini, nella prefazione al libro di
Wurmbrad, <<Dunque, il titanismo produce l'umanesimo assoluto...>>
(ed è facile scivolare, a questo punto, nella stregoneria o nel peggiore
dei casi nel satanismo). L'umanesimo assoluto, continua Pierini,
<<rende operante lo storicismo assoluto (Benedetto Croce, nella sua
concezione dello storicismo assoluto afferma che la realtà e la stessa
vita sono solo storia, oltre la quale, non esiste niente, ndA); la
trascendenza, resa impossibile dal titanismo, cede i propri caratteri alla
storia, che diventa il vero -deus absconditus- della nuova prospettiva
filosofica>> (R. Wurmbrand, Mio caro diavolo, Paoline, Roma 1979).
Sul Dizionario Teologico, alla voce Magia, si apprende che: <<I Maestri
e i Profeti di Israele ricorsero alle pratiche magiche e parlarono al livello
irrazionale dell'esperienza magica, insita nei loro simili, per far giungere
ad essi, con la forza dell'esperienza e in maniera efficace, la loro parola
che aveva come punto di riferimento Dio...>> ( N. Schiffers, op. cit). E',
altrettanto, risaputo che i re magi furono assaliti da gioia quando
apparve loro la stella (Mt2,9 s).
Gli stessi libri profetici contengono diversi <<improperi magici contro
Israele e i nemici (Mi 1-3; Is 1; Gr 1-25; Ez 1,32; So 1-3,8), ai quali
fanno seguito le parole di Jahvè che promettono realtà nuove (Mi 4-5; Is
2,2-4; Gr 25-35; Ez 33-48; So 3,9-20). Tutto - la strada sbagliata di
Erode come le minacce dei profeti - irrompe nel livello magicomitologico-inestricabile dell'uomo, che sente la vita, l'amore, il dolore e
la morte come forze il cui mistero può essere risolto da Dio non dagli
stregoni>> (Ibid.).
I seriosi e ignoranti bacchettoni che si scagliano contro la magia
scuotono la forza, che la parola evoca, per paura del potere della
stregoneria. <<Questo però sarebbe un purismo sterile che debilita il
livello esperienziale dell'uomo tanto da portarlo solo a conoscere la
parola di Dio e non più a sperimentarla in maniera stimolante>> (Ibid.).
Nella religione cristiana <<non si tratta di rifiutare la dimensione magica,
ma di liberarla dall'autoidolatria oggettivante. Perciò esso (il
cristianesimo, ndA) riconosce questa dimensione come dono di Dio che
nella meditazione, nella lingua, nell'arte e nella liturgia diventa
operante come libero dono creativo di Dio all'uomo che rivela così
all'uomo l'infinita vita di Dio>> (Ibid.).
Nelle Scritture troviamo molti esempi di esercizio della magia; così
quando Mosè e Aronne andarono dal faraone e questi gli chiese un
prodigio: <<...Aronne gettò il bastone (che in questo caso ha il potere di
una vera bacchetta magica, ndA) davanti al faraone e davanti ai suoi
servi ed esso divenne un serpente>> ( Esodo 7:10.).
L'Arcangelo Raffaele si rivolge a Tobia alla vista di un grosso pesce,
mentre il giovane era intento a lavarsi i piedi nel fiume e gli dice:
<<Afferra il pesce e non lasciarlo fuggire... Aprilo e togline il fiele, il
cuore, il fegato; mettili in disparte e getta via invece gli intestini. Il fiele, il
cuore e il fegato possono essere utili medicamenti>> (Tobia 6:3-4.).
Quando il ragazzo chiese all'angelo le virtù magiche racchiuse nel
fiele, nel cuore e nel fegato di quel pesce, Raffaele gli rispose:
<<Quanto al cuore e al fegato, ne puoi fare suffumigi in presenza di una
persona, uomo o donna, invasata dal demonio o da uno spirito cattivo e
cesserà in essa ogni vessazione e non ne resterà più traccia alcuna. Il
fiele, invece, serve per spalmarlo sugli occhi di uno affetto da albugine;
si soffia su quelle macchie e gli occhi guariscono>> (Tobia 6:3-4.).
Finanche dei papi ricorsero alla magia, particolarmente in epoca
rinascimentale. Lo stesso Innocenzo VIII si rivolse a un mago per curare
una sua malattia ribelle.
In sostanza <<la parola del livello magico-mitologico dell'uomo è a
servizio di un annuncio della parola di Dio che preserva questa parola
dalla conoscenza amorfa unicamente logico-razionale per far
germogliare realtà nuove - per giungere a Dio - nello spirito umano,
dove sono familiari la preoccupazione, il dolore, la speranza e la gioia>>
(N. Schiffers, op. cit..).
Nell’ambito della modernità, nella sua diffusione, si è assistito ad un
altro inquietante fenomeno. La magia nera ha preteso una sua propria
valenza culturale, filosofica e psicologica e così si è mossa negli abissi
ascosi dell’inconscio collettivo, per risvegliare simboli e archetipi, dietro i
quali si nascondono gli antichi e feroci dèi. Il mago nero Aleister Crowley
annota, commentando il Libro della Legge: <<Dobbiamo ringraziare
Freud - e specialmente Jung - per aver esposto questa parte della
dottrina magica così pienamente... >> (Kenneth Grant, Il risveglio della
magia, Astrolabio, Roma 1973).
C.G. Jung, in particolare, è considerato uno dei padri del moderno
satanismo. Egli <<dopo aver discusso il significato della Trinità in termini
di archetipi... ne propone un’interpretazione <<ricostruttiva>> che di
fatto passa da una teologia trinitaria a una <<quaternitaria>>. Un
sistema completo di archetipi deve comprendere, infatti, quattro
<<attori>>: il Padre (l’unità), i suoi due Figli (Cristo e il diavolo: il
conflitto) e lo Spirito Santo (la riconciliazione o l’unità restaurata). Il
suggerimento di Jung è che Cristo e il demonio sono emanazioni
ugualmente potenti ma opposte del Padre, e che Satana deve essere
inserito come quarta figura nella Divinità (trasformandola, appunto, da
Trinità in Quaternità)>> (Massimo Introvigne, Il cappello del mago,
SugarCo, Milano 1990).
In sostanza, Jung asserisce che la fine del Cristianesimo sarà
terapeutica. Egli, infatti, afferma: “oggi, rimossi dalla civiltà occidentale
monoteista, <<gli dèi sono diventati malattie>>, agiscono nell’inconscio
come disturbi psichici” (Maurizio Blondet, Maurizio Blondet, Gli
<<Adelphi>> della dissoluzione. Edizioni Ares, Milano 1994, vedi nota
4).
Jung predica che “il bene e il male sono principia. <<Principio>> viene
da prius, quel che era <<prima>>, quel che è <<all’origine>>.
L’ultimissimo principio pensabile è Dio. I principia, riportati alla loro
origine, sono aspetti di Dio. Il bene e il male sono principia del nostro
giudizio etico, ma riportati all’ultima radice ontica sono <<inizi>>, aspetti
di Dio, nomi di Dio” (Carl Gustav Jung, Bene e male nella psicologia
analitica, Bollati Boringhieri, Torino 1993).
Jung scrive di Cristo e di Satana: <<Questa coppia di opposti CristoDiavolo è originariamente contenuta nel creatore, e opera, come dice
Clemente Romano, come sua mano destra e sua mano sinistra. Dal
punto di vista psicologico, l’esperienza di Dio creatore rappresenta la
percezione di un impulso strapotente che proviene dall’inconscio. Non
sappiamo se questa efficacia strapotente debba essere chiamata buona
o cattiva, sebbene non possiamo fare a meno di accoglierla o di
maledirla, di darle un nome buono o cattivo... Così Yahwèh contiene
entrambi gli aspetti...>> (Ibid.).
Lo stesso, più avanti, nel libro citato, non fa mistero della sua
avversione al Cristianesimo e scrive: <<Non m’aspetto da nessun
cristiano credente che continui a seguire il corso di questi miei pensieri,
che forse gli sembreranno assurdi. Io non mi rivolgo, infatti, ai “beati
possidentes” della fede ma a quella moltitudine per cui la luce è spenta,
il mistero sommerso, e Dio è morto>> (James Hillman, Il demoniaco
come eredità di Jung, in “Presenza ed eredità culturale di C. G. Jung”,
Cortina, Milano 1987). In fondo fu <<Il sogno gnostico di ricostruire il
pleroma originario, di integrare Apollo a Dionisio - il divino con la sua
umbra, la sua parte maledetta per tornare nell’indistinzione-dissoluzione
arcaica o fetale al “di qua del bene e del male” -, fu questo il vangelo di
Jung>> (Maurizio Blondet, Gli <<Adelphi>>..., cit.).
Giuseppe Cosco
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