MARTEDÌ 12 SETTEMBRE 2006 LA REPUBBLICA 45 DIARIO DI CENTO ANNI FA NASCEVA IL SATYAGRAHA L’11 settembre del 1906 a Johannesburg il Mahatma parlò di nonviolenza Tra ingiustizie, incomprensioni e guerre, il ruolo che oggi può giocare la pace (segue dalla prima pagina) a metanoia è la sola nozione di rivoluzione capace di sopravvivere quando l’idea della rivoluzione politica si è provata vana o sciagurata. Dunque è vero che la nonviolenza non è la risorsa dei deboli o dei senza speranza. Non interviene quando la violenza si mostra destinata alla sconfitta, ma dopo che la violenza ha provato la propria degradazione, perfino — se non più — quando abbia conquistato la vittoria e i suoi palazzi. Questo pensiero “che viene dopo” non è mai dato una volta per tutte. E’ una tensione, più che una soluzione. Alla stessa conversione non può essere assegnata una compiutezza irreversibile: si torna a sbagliare, e a peccare, mille volte di nuovo. Ecco un’altra ragione per respingere la consolazione dei princìpi “senza se e senza ma”. Gandhi sperimentò la relatività del proprio ideale. Quando fu tentato dall’assolutezza, propose soluzioni ingenuamente disastrose, come di fronte al nazismo. Ammise che, piuttosto che l’inerzia di fronte all’ingiustizia, avrebbe compreso la violenza. E sapeva che la non resistenza è meno ardua quando si tratti di sé che quando sia minacciata un’esistenza altrui, specialmente la più debole. Accolse anche lui l’argomentazione casistica, che è per definizione anti-assoluta, benché debba comunque scegliere un discrimine. «In alcuni casi può essere necessario perfino versare sangue umano. Supponiamo che un uomo venga preso da una follia omicida e cominci a girare con una spada in mano uccidendo chiunque gli si pari dinnanzi... Dal punto di vista dell’ahimsa è chiaro dovere di ciascuno uccidere un simile uomo... Colui che non uccide un assassino che sta per uccidere suo figlio (quando non può impedirglielo in altro modo) non ha alcun merito, ma commette peccato...». Questione che non sa bene dove mettere il suo punto fermo: e il figlio d’altri? Oggi, la scelta autentica della nonviolenza deve proporsi le condizioni perché il punto sia messo prima del passaggio dall’uso legittimo e proporzionato della forza alla smisuratezza legale e materiale della guerra. Una frontiera analoga va ricercata nella propria esistenza personale. Si capisce come sia difficile. Un campione come Zidane non sa resistere ai colpi di testa, e non una sola volta: figuriamoci i generali e i grandi della terra. Dunque la nonviolenza non è una tattica. Si può dire che sia insieme mezzo e fine, che è fine a se stessa. Arundhati Roy, impegnata nella lotta contro la diga di Narmada, dice: «Vorrei capire perché abbiamo fallito; perché, dopo tutti gli scioperi NONVIOLENZA Serveancoral’esempiodiGandhi? ADRIANO SOFRI MOHANDAS K. GANDHI NONVIOLENZA LA NONVIOLENZA è la legge della razza umana ed è infinitamente più grande e superiore alla forza della bestia. In ultima analisi, non giova a chi non possegga una viva fede nel Dio dell’Amore. La nonviolenza consente la più piena tutela della propria dignità e del proprio senso dell’onore, ma non sempre anche quella del possesso della terra o dei beni mobili, anche se la sua pratica abituale si rivela un miglior baluardo di quello assicurato dal ricorso a uomini armati. La nonviolenza, per sua stessa natura, non è di alcun aiuto nella difesa dei guadagni illeciti e degli atti immorali. Gli individui o le nazioni che vogliano praticare la nonviolenza, devono essere pronti a sacrificare (le nazioni fino all’ultimo uomo) tutto ciò che posseggono, fuorché l’onore. L’Ahimsa, perciò, è incompatibile con l’usurpazione di terre di altri popoli, come dire col moderno imperialismo, innegabilmente basato sulla forza. La nonviolenza, assunta come Legge di Vita, non va applicata solo ad azioni isolate, ma deve pervadere l’intero essere. “ sassini-suicidi, è così soverchiante da far disperare della nonviolenza. Tuttavia, un censimento delle trasformazioni del mondo sarebbe meno disperato. La conversione di Gandhi, la sua “notte”, venne quando lo buttarono fuori dal treno per Pretoria, Sudafrica, www.edizionidedalo.it violenza?» Risposta: «No, cerco una strada». La cerchiamo tutti. Però l’esperienza che abbiamo fatto è soprattutto quella opposta: che siamo falliti con la violenza. Oggi la violenza dei potenti e dei vendicatori, fino alla vera mutazione degli entusiasti as- Edizioni Dedalo della fame e le iniziative legali, la resistenza nonviolenta è stata repressa con una brutalità pari a quella usata contro la lotta armata. Ci siamo fidati troppo dello stato di diritto? In India i potenti devono prendersi un bello spavento...». Domanda: «Sta facendo un’apologia della “ Repubblica Nazionale 45 12/09/2006 L perché si era seduto al posto di prima classe di cui aveva il regolare biglietto. Il 5 dicembre del 1955 sugli autobus di Montgomery, Alabama, viaggiarono solo 12 persone di colore, invece dei 12 mila di ogni altro giorno. Tutto perché una certa Rosa Parks aveva deciso di metter- Daniele Gouthier - Elena Ioli Le parole di Einstein Comunicare scienza fra rigore e poesia prefazione di Tullio De Mauro Un viaggio al confine tra scienza e linguaggio, per scoprire come nascono le parole e le metafore scientifiche alla base dell’edificio della scienza e della sua comunicazione. Jean-Pierre Luminet L’invenzione del Big Bang Storia dell’origine dell’Universo prefazione di Carlo Bernardini I protagonisti della scienza dell’ultimo secolo raccontano il percorso che ha condotto a «ricostruire il fulgore scomparso della formazione dei mondi». si a sedere in un posto riservato dell’autobus. Il comunismo sovietico era incrollabile: la sua vera anima era il culto della potenza e la derisione degli inermi. «Quante divisioni ha il Papa?» Non ne aveva neanche una, il Papa, quando radunò nelle piazze della Polonia folle milionarie e disciplinate, né quando operaie e operai devoti alla Madonna Nera scioperarono in nome della Solidarietà. L’Urss stessa, anima d’acciaio e cortina di ferro, è crollata come un castello di carte. Il Muro di Berlino è diventato nel giro di una notte un parco dei divertimenti. La Cina è troppo occupata a comprare il mondo, e il mondo a farsi comprare, per perdere tempo coi diritti umani: ma un giorno la figurina del ragazzo che gioca a mani alzate col carro armato come il topo col gatto sarà innalzata sulla Tian An-men. La responsabilità più grave della dirigenza palestinese e di Arafat, dopo la prima intifada, non fu forse di rifiutare una lotta popolare nonviolenta, di fronte alla quale una democrazia come quella israeliana sarebbe stata vulnerabile e lacerata, e di consegnare invece il popolo arabo più laico al fanatismo islamista e al terrorismo kamikaze? La Cecenia, ispirata all’inizio da un formidabile senso del valor militare e dell’onore virile, dunque destinata a soccombere sotto la brutalità militarista russa, e a cedere al terrore e al fratricidio, che strada poteva avere se non quella di una resistenza nonviolenta, che tramutasse le sue donne da vittime sopraffatte a protagoniste? Il delitto dell’occidente non è solo nell’affarismo complice delle repressioni e nell’omissione del soccorso, ma nella mancata sollecitazione e solidarietà con una resistenza nonviolenta. La polizia internazionale e l’educazione alla nonviolenza (materna, in primo luogo) sono complementari: lo sono, dall’altra parte, la guerra e la violenza, che oggi tramuta pressoché irreparabilmente ogni Resistenza in terrorismo. Lasciare che il proprio corpo testimoni della verità, piuttosto che farne un’arma di aggressione: c’è una ricerca lucida e realista di metodi che non si contentino della testimonianza. Si impara a fare un sitin, a condurre un digiuno, a esigere il rispetto letterale della legge ecc. Tuttavia la nonviolenza non è una “scienza”, né un manuale di istruzioni per l’uso. Lungi dal rafforzarla, questa illusione può impoverirla fino alla recita scolastica. Così, la nonviolenza scommette sulla possibilità che in ogni essere umano ci sia una capacità di ascoltare e di disarmare. Scommette, ma non alla cieca. Non al punto di convincersi che non esista il male, e che non esista il nemico. DIARIO 46 LA REPUBBLICA LE TAPPE GANDHI 1869-1948 Nel 1906 a Johannesburg, durante un’assemblea di indiani immigrati in Sud Africa, il Mahatma parla per la prima volta di “nonviolenza”. E’ l’atto di nascita del Satyagraha, “forza della verità”. ALDO CAPITINI 1899-1968 Pacifista e antifascista, è uno dei primi in Italia a sostenere il pensiero gandhiano. Il 24 settembre 1961 è organizzata la prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi. Nel 1964 fonda la rivista Azione Nonviolenta MARTEDÌ 12 SETTEMBRE 2006 NELSON MANDELA 1918E’ stato uno dei leader del movimento anti-apartheid. Inizialmente coinvolto nella battaglia di massa nonviolenta, accetta la causa armata dopo l’uccisione di manifestanti a Sharpeville nel 1960 DALLE LOTTE PER L’INDIPENDENZA ALLA NASCITA DI UNA DEMOCRAZIA L’EREDITÀ GANDHIANA TRA INDIA E OCCIDENTE FEDERICO RAMPINI I LIBRI MOHANDAS GANDHI Teoria e pratica della non-violenza, Einaudi 2006 (a cura di G. Pontara) GIORGIO BORSA Gandhi, Bompiani 2003 ALDO CAPITINI Le ragioni della nonviolenza: antologia degli scritti (a cura di Mario Martini), ETS 2004 / WALTER BENJAMIN Angelus Novus, Einaudi 2006 NORBERTO BOBBIO Elogio della mitezza, Net 2006 (Pratiche 1998) ANDREA COZZO Conflittualità nonviolenta, Mimesis 2004 Repubblica Nazionale 46 12/09/2006 ARUNDHATI ROY Guerra è pace, TEA 2003 MARTIN LUTHER KING I have a dream, Mondadori 2001 LEV NIKOLAEVIC TOLSTOJ Il regno di Dio è in voi, Marco Valerio 2001 BERTRAND RUSSELL Un’etica per la politica, Laterza 1994 HENRY D. THOREAU Disobbedienza civile, SE 1992 GIUSEPPE LANZA DEL VASTO Che cos’è la nonviolenza, Jaca Book 1990 ndré Malraux sosteneva che furono dei santi a creare l’India, e questo accadde all’ombra di Hitler, Stalin e Mao. «Non solo ci siamo risparmiati le due guerre mondiali — ha scritto Gurcharan Das — ma siamo diventati liberi senza versare una goccia di sangue, grazie al Mahatma Gandhi. È perché eravamo assuefatti alla pace, che abbiamo creato la più grande democrazia del mondo». L’origine di quel miracolo risale al Satyagraha, il primo movimento moderno di resistenza non violenta che ebbe il suo battesimo l’11 settembre 1906 in un teatro di Johannesburg. Tremila indiani si riunirono là, richiamati dal giovane avvocato Gandhi, per organizzare l’opposizione alle politiche razziste del Sudafrica. Quarant’anni dopo lo stesso movimento avrebbe riscosso il suo trionfo più grande, l’indipendenza dell’India dall’impero britannico, ottenuta senza fare ricorso a forme di lotta armata o di terrorismo ma solo attraverso digiuni, pacifiche manifestazioni di massa, sit-in, scioperi fiscali. Un capolavoro politico dalla suggestione così forte che avrebbe poi generato emuli in tutti i continenti, dal pastore Martin Luther King nella battaglia per i diritti civili dei neri americani negli anni Sessanta fino a Nelson Mandela in Sudafrica. Il lascito più importante del Satyargraha all’India contemporanea, nuova superpotenza dell’economia globale, è una liberaldemocrazia parlamentare genuina, forte, dove su tredici elezioni legislative dal 1952 a oggi, per sei volte il partito di governo è stato mandato a casa. In nessun’altra zona del mondo l’esercizio del diritto democratico a eleggere i propri governanti da parte di un popolo sovrano avviene su questa scala, assume le proporzioni di un evento così gigantesco. La magnifica anomalia dell’India è questa democrazia federale fiorita nelle condizioni meno facili: una popolazione immensa, ancora in gran parte povera e analfabeta; delle disparità economiche, sociali, religiose, etniche e linguistiche molto superiori all’Europa o agli Stati Uniti. Un aspetto di questo laboratorio politico è cruciale per il mondo intero. L’India è l’unico paese al mondo A ‘‘ ,, SATYAGRAHA Vuol dire forza della verità, essa ha consentito che la democrazia diventasse in India qualcosa di profondamente genuino dove ben 150 milioni di musulmani sono integrati in un sistema democratico dove eleggono liberamente i propri rappresentanti, vivono sotto le regole di uno Stato laico, tollerante e rispettoso di tutte le identità confessionali. E’ l’India, non l’Iraq né la Palestina né le banlieues francesi, il luogo dove si svolge il test più cruciale e su vasta scala di convivenza tra l’Islam e la democrazia. WALTER BENJAMIN L’eredità gandhiana non è estranea a un altro fascino del modello indiano nei nostri giorni. L’India è anche il paese che meglio ha saputo conservare il proprio passato e la propria memoria storica, pur raccogliendo la sfida della modernizzazione. E’ un concetto caro al Mahatma Gandhi quello per cui l’identità indiana è spaziosa e assimilativa, pluralista e ricettiva, inclusiva e umanista. Per questo motivo l’India è meno vulnerabile di fronte alla globalizzazione dei prodotti culturali e degli stili di vita, perché nella sua storia ha sempre saputo integrare influenze esterne senza smarrire la sua forte fisionomia. E’ un paese orgoglioso delle proprie tradizioni ma ammette volentieri un debito istituzionale verso l’Inghilterra da cui ha voluto importare le istituzioni parlamentari e giudiziarie. In India, nonostante la lunga dominazione coloniale britannica, non si sente mai nessuno attribuire qualche problema del paese agli inglesi, all’Occidente. La cultura del vittimismo che paralizza la modernizzazione del mondo arabo non è di ca- PROTESTA A sinistra, manifestanti gandhiani dispersi dalla polizia inglese negli anni ’30 MAX WEBER C’è una sfera a tal punto nonviolenta di intesa umana da essere affatto inaccessibile alla violenza: la vera e propria sfera dell’“intendersi”, la lingua I grandi virtuosi di amore e bontà, sia che vengano da Nazareth o da Assisi o dai palazzi reali indiani, non hanno agito con il mezzo politico della violenza Per la critica della violenza 1920 La politica come professione 1919 RENÉ GIRARD ALDO CAPITINI Se tutti amassero i loro nemici, non vi sarebbero più nemici. Ma se ci si sottrae al momento decisivo cosa accadrà all’unico che non si sottrae? La nonviolenza è apertura all’esistenza, alla libertà e allo sviluppo di tutti gli esseri, e perciò interviene anche nel campo sociale e politico, orientandolo Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo (1978) Cammino per la pace 1962 sa a New Delhi. Gli indiani si sentono padroni del proprio destino, se hanno dei problemi ne danno la responsabilità alla propria classe dirigente, si adoperano per cambiarla e migliorarla, non cercano capri espiatori altrove. La stupenda eccezione indiana ed in particolare il miracolo della convivenza democratica con 150 milioni di musulmani purtroppo attira anche ostilità, in un mondo dove la loro fede troppo spesso si associa a regimi intolleranti e liberticidi, oppressori dei diritti umani. Proprio perché è un ostacolo ai progetti più incendiari l’India è stata aggredita più volte, e spesso prima dell’Occidente. In realtà questo paese è sotto tiro dal 1947. Il 1947 è l’anno della sciagurata “partizione” delle sue regioni islamiche destinate a diventare il Pakistan e poi anche il Bangladesh. I due padri dell’indipendenza indiana, Gandhi e Nehru, non volevano quella secessione e la subirono. Nehru era convinto che la creazione di uno Stato confessionale ai confini del suo paese sarebbe diventato una minaccia permanente per il modello laico e multireligioso dell’India. I nazionalisti indù ci misero del loro, con periodiche fiammate di intolleranza e pogrom anti — islamici. La maggioranza degli indiani però ha sempre cercato la convivenza e i partiti dell’estremismo religioso hanno avuto meno seguito di quanto DIARIO MARTEDÌ 12 SETTEMBRE 2006 MARTIN LUTHER KING 1929-68 Guida della protesta nonviolenta dei neri d’America contro la segregazione razziale. Nel 1963 si reca in India. Nello stesso anno, a Washington, pronuncia il discorso I have a dream... LA REPUBBLICA 47 DALAI LAMA 1935Il XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso, è stato insignito nel 1989 del premio Nobel per la Pace. Dal 1959 la guida spirituale del buddismo tibetano vive in esilio a Dharamsala in India OGGI Il movimento pacifista (dai cattolici ai laici di sinistra) rifiuta la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti. I disobbedienti di Seattle invece non escludono a priori gli scontri I MOLTI MODI IN CUI LA VIOLENZA È STATA CONDANNATA DA TOLSTOJ A CAPITINI LA FINE DEL NEMICO ENZO BIANCHI a cinque anni, ogni volta che ritorna la data dell’11 settembre, il pensiero e il ricordo di tutti va all’attacco terroristico al cuore degli Stati Uniti e alla tragica svolta che ha impresso alla nostra storia, stabilendo un “prima” e un “dopo” nell’approccio ai problemi più complessi, che siano di natura geopolitica o economica, di globalizzazione o di confronto tra mondi culturali o religiosi, di giustizia internazionale o di concezione della guerra. Ma l’11 settembre è anche l’anniversario di altri eventi. Due risalgono a quattro secoli fa, ma sono stranamente legati ai luoghi o alle problematiche del 2001: è in quel giorno del 1609 che l’esploratore Henry Hudson sbarcò per la prima volta sull’isola di Manhattan, proprio mentre al di qua dell’Atlantico, a Valencia, veniva emanato un ordine di espulsione contro i musulmani che non accettavano di convertirsi, preludio alla cacciata di tutti i moriscos dalla Spagna. E come dimenticare, in tempi più recenti, l’11 settembre 1973? In Cile una giunta di militari appoggiata dai servizi segreti della più grande potenza democratica rovesciò nel sangue il governo democraticamente eletto di Salvador Allende, instaurando una dittatura tra le più feroci e longeve dell’America latina. Ma l’11 settembre di quest’anno è anche il primo centenario di un evento raramente ricordato nelle cronache, la cui memoria tuttavia fornisce preziosi elementi di riflessione e di azione proprio nel contesto di conflittualità globale scatenato dall’11 settembre 2001. Siamo a Johannesburg, Sudafrica. Una proposta di legge vorrebbe confinare gli indiani e gli altri asiatici presenti nel paese in una condizione di semi-illegalità, per non dire di sub-umanità. Alcune migliaia di loro si riuniscono al Teatro imperiale per decidere la forma di resistenza da adottare contro quel provvedimento iniquo. Uno dei promotori della manifestazione, un giovane avvocato di nome Gandhi, proclama la sua ferma risoluzione di affrontare anche la morte piuttosto che sottomettersi alla legge ingiusta. Dopo il suo appassionato discorso, tutti i presenti giurano di non piegarsi a quel sopruso. L’11 settembre 1906 diviene così il giorno della nascita della nonviolenza. Questo termine – che uno dei suoi sostenitori più lucidi, Aldo Capitini, insegnerà a scrivere (e a pensare) tutto attaccato, per distinguerlo dalla “non violenza”, la semplice assenza di violenza, e declinarlo invece come lotta tenace, limpida e coerente contro ogni violenza – racchiude in sé due concetti complementari elaborati da Gandhi ma, per sua stessa affermazione, “antichi come le montagne”: quello di ahimsa (lotta contro la violenza, in-nocenza come rifiuto di nuocere, riconciliazione) e quello di satyagraha (forza della verità, ma anche energia di amore, rispetto per la pienezza della vita). Ma l’aspetto più significativo della nonviolenza è il suo essere al contempo teoria e prassi, riflessione e azione, interiorità e lotta. Così la storia ha conosciuto declinazioni diverse di questo convincimento interiore che si fa agire concreto: se Tolstoj, per D si temeva. L’esistenza oltre la frontiera di uno Stato militaresco che si proclama islamico ha offerto un referente permanente alle frange più radicali tra i musulmani dell’India. GLI AUTORI Il testo del Sillabario di Mohandas Gandhi è tratto da Gli scritti e discorsi più importanti ( N e w t o n C o m p t o n , 1991). Enzo Bianchi è priore della Comunità di Bose LE IMMAGINI Tutti i numeri del “Diario” di Repubblica sono consultabili in Rete al sito www.repubblica.it nella sezione “Cultura e spettacoli”. Qui i lettori troveranno le pagine con tutte le illustrazioni La catena di esplosioni che l’11 luglio scorso fecero stragi multiple su tutti i treni per pendolari di Mumbai, è solo l’ultimo di una lunga serie di attentati di matrice islamica. Anche se gli occidentali ne sono poco informati, da tempo l’India è diventato un laboratorio sperimentale del terrorismo. Nel 1985 l’esplosione di un aereo di Air India è la prova generale per l’attentato contro il volo PanAm (Lockerbie, Scozia) del 1988. In un dirottamento indiano del 1999 entra in azione un commando che anticipa le tecniche dell’11 settembre 2001. Le caratteristiche del terrorismo hanno seguito un’evoluzione. Nella strage del 1993 di fronte all’hotel Taj Mahal di Mumbai, la mano dei servizi segreti pachistani è pressoché certa e manovra la mafia islamica locale. Negli attentati del 2003 invece la polizia indiana scopre in casa propria una nuova leva di terroristi, non più legati a rivendicazioni locali come il Kashmir: sono giovani professionisti incensurati e insospettabili, molto simili alle reclute di Al Qaeda per l’11 settembre; informati degli avvenimenti mondiali e pronti ad autoreclutarsi per stragi di risonanza planetaria, in una sorta di “franchising” delle cellule di Osama bin Laden. La forza suggestiva della nonviolenza indiana cent’anni dopo è troppo importante perché qualcuno non tenti di ucciderla. ‘‘ ,, PRINCIPI Il rispetto della vita e della dignità è parte integrante della nonviolenza, la quale ha per scopo la valorizzazione dell’umanità ‘‘ ,, LEZIONE La storia ci dovrebbe insegnare che la risposta violenta e armata spesso non è la soluzione del problema ma il suo aggravamento esempio, ne ha valorizzato soprattutto l’aspetto di ritrovata armonia con se stessi, con gli altri e con la creazione, Martin Luther King l’ha interpretato come “forza dell’amore” capace di abbracciare anche il nemico per disarmarlo, mentre i quaccheri lo vivono ancora oggi come pacifismo radicale che rifiuta ogni guerra. E se diversi e complementari sono stati gli approcci teorici a questa visione del mondo e dei rapporti sociali, altrettanto svariati sono stati e possono essere gli strumenti utilizzati per tradurre le convinzioni in prassi ca- LETTERA Qui sopra, una lettera di Gandhi contro la tassa sul sale, che gli costò l’arresto. In alto, giornali che annunciano la morte del Mahatma pace di mutare gli eventi della storia: digiuni e marce, boicottaggi e difesa popolare nonviolenta, battaglie legislative e interposizioni disarmate. Ma l’obiettivo costante di ogni iniziativa nonviolenta va ben al di là del coinvolgimento del maggior numero possibile di uomini e donne nella lotta e mira a ricondurre anche l’avversario all’interno di un’unica comunità umana riconciliata. Con estrema lucidità lo storico inglese Arnold J. Toynbee ha osservato che il satyagraha predicato e attuato da Gandhi «ci ha reso impossibile continuare a governare l’India, ma ci ha permesso di partire senza rancore e senza disonore». Così, se si confrontano due lotte di liberazione dalla presenza coloniale vissute a una dozzina d’anni di distanza – quella dell’Algeria dalla Francia e quella dell’India dalla Gran Bretagna – non si può fare a meno di constatare che la prima, condotta principalmente con metodi violenti, ha causato quasi un milione di perdite umane e ha tuttora pesanti strascichi di incomprensione e di insofferenza, mentre la seconda, condotta con mezzi essenzialmente nonviolenti, ha conosciuto appena un migliaio di morti – pur in un paese ben più popoloso – e ha facilitato da subito nuovi rapporti di cooperazione e scambio pacifico. Sì, il rispetto della vita e della dignità anche del peggior nemico è parte integrante della nonviolenza perché scopo di quest’ultima non è il trionfo di una fazione contro un’altra ma il riconoscimento e la valorizzazione dell’umanità comune a tutti gli esseri umani. E’ lo stesso concetto, espresso con il termine africano di ubuntu, che ha reso possibile uno dei più straordinari processi di guarigione della memoria che il nostro mondo abbia conosciuto: la “Commissione per la verità e la riconciliazione” istituita in Sudafrica dopo la fine dell’apartheid è riuscita là dove ha fallito il tribunale di Norimberga e dove si sta arenando quello internazionale dell’Aia: rileggere il passato, riconoscere e condannare il male commesso offrendo nel contempo a vittime e carnefici la possibilità di cogliere un senso nel dolore, di pesarne le ferite e la speranza di poter vivere un futuro liberato dalle atrocità conosciute. Certo, ci si chiederà come sia possibile vivere la nonviolenza nel contesto tragicamente inedito del terrorismo suicida e della guerra asimmetrica tra eserciti nazionali o sovranazionali e civili assoldati per imprese mortifere disperate: non è forse utopia pensare di contrastare le bombe a mani nude? Ma la storia ci dovrebbe insegnare che la risposta violenta e armata non solo è altrettanto inadeguata a fronteggiare questi nuovi scenari apocalittici, ma sempre più spesso si mostra non come la soluzione del problema bensì come il suo progressivo aggravamento: la spirale della violenza, infatti, non viene spezzata ma accelerata da una violenza più forte che non fa che precipitare tutti sempre più velocemente nel baratro della disumanizzazione. Ecco allora che l’11 settembre 1906 ha ancora molto da insegnare a noi sconvolti dall’inaudito piombatoci dal cielo l’11 settembre 2001. I FILM GANDHI La vita del Mahatma, da giovane avvocato a leader dell’indipendenza indiana. Nel kolossal, premiato con otto Oscar, Gandhi ha il volto smagrito dai digiuni di protesta di Ben Kingsley. di Richard Attenborough 1982 LA LUNGA STRADA VERSO CASA In Alabama, nel 1956, i neri danno vita alla lotta nonviolenta contro la segregazione razziale con il boicottaggio degli autobus. La domestica Whoopi Goldberg aiuta la “padrona” bianca, Sissy Spacek, a prendere coscienza delle ingiustizie. di Richard Pearce, 1990 IN MY COUNTRY Negli anni Novanta il Sud Africa scava nel proprio passato di apartheid con la Trc, Commissione per la verità e la riconciliazione, voluta da Nelson Mandela e dal premio Nobel per la Pace Desmond Tutu. Un giornalista (Samuel L. Jackson) e una scrittrice (Juliette Binoche) seguono le udienze. di John Boorman, 2004 Fondatore Eugenio Scalfari mar 12 set 2006 Anno 31 - Numero 214 Direttore Ezio Mauro 0,90 in Italia SEDE: 00147 ROMA, Via Cristoforo Colombo, 90 tel. 06/49821, fax 06/49822923. Sped. abb. post., art. 1, legge 46/04 del 27 febbraio 2004 - Roma. Concessionaria di pubblicità: A. MANZONI & C. Milano - Via Nervesa, 21 - tel. 02/574941. martedì 12 settembre 2006 PREZZI DI VENDITA ALL’ESTERO: Portogallo, Spagna € 1,20 (Azzorre, Madeira, Canarie € 1,40); Grecia € 1,60; Austria, Belgio, Francia (se con D o Il Venerdì € 2,00), Germania, Lussemburgo, Monaco P., Olanda € 1,85; Finlandia, Irlanda € 2,00; Albania Lek 280; Canada $1; Costa Rica Col 1.000; Croazia Kn 13; Danimarca Kr.15; Egitto EP 15,50; Malta Cents 53; Marocco MDH 24; Norvegia Kr. 16; Polonia Pln 8,40; Regno Unito Lst. 1,30; Repubblica Ceca Kc 56; Slovacchia Skk 71; Slovenia Sit. 280; Svezia Kr. 15; Svizzera Fr. 2,80; Svizzera Tic. Fr. 2,5 (con il Venerdì Fr. 2,80); Tunisia TD 2; Ungheria Ft. 350; U.S.A $ 1. www.repubblica.it Tutto il mondo commemora le vittime dell’attacco alle Torri gemelle di New York. La Cina invia 1.000 uomini in Libano “ForzeOnunemichedell’Islam” Al Zawahiri, minaccia in video. Bush: “La guerra non è finita” 1 2 DIARIO Gandhi cent’anni dopo serve ancora la non violenza? ADRIANO SOFRI L’ANALISI LA SOLITUDINE DEL PRESIDENTE La nuova Al Qaeda del Jihad mediatico VITTORIO ZUCCONI LLA FINE del lungo giorno delle rimembranze, il Presidente Bush ha voluto, ha dovuto, parlare per fingere di rassicurare l’America. Ma in realtà per convincere se stesso che la strada di morte costruita a partire dal cratere delle Due Torri era la direzione giusta e necessaria da imboccare. Ascoltandolo mentre argomentava con la passione che sa ritrovare in questi momenti e mentre ripeteva nei 20 minuti della sua orazione all’America il mantra del «resolve», della risolutezza, la sensazione era quella di un uomo che sta ormai cercando di autoconvincersi di non aver commesso un errore epocale, che vuole esorcizzare il timore di passare alla storia come colui che cadde nella provocazione del culto della morte, aperta dagli esecutori dell’attentato. SEGUE A PAGINA 16 A IL CASO La Casa Bianca e la fiction su Clinton RENZO GUOLO P La corona di fiori deposta da Bush a Ground Zero SERVIZI DA PAGINA 2 A PAGINA 9 Ieri il cda, debiti a 41,3 miliardi. Accordo con Murdoch sui film. “Per ora sui cellulari nessuna offerta” Telecom,scattailpianoanti-crisi Tronchetti: la risanerò. Scorporo di Tim. Prodi: sono sconcertato LA STORIA ALEXANDER STILLE OL SUCCEDERSI degli anniversari dell’11 settembre l’evento reale – un terrificante assassinio di massa e lo sforzo straordinario di una metropoli di reagire alla tragedia – tristemente svanisce dalla memoria e viene a poco a poco sostituito da una serie di rappresentazioni artificiose a sostegno di questa o quella causa politica. L’amministrazione Bush usò inizialmente l’11 settembre a giustificazione dell’invasione dell’Iraq e della sua “guerra al terrore” a tempo indeterminato, trasformando un evento che commosse profondamente milioni di persone in un espediente politico. SEGUE A PAGINA 4 Repubblica Nazionale 01 12/09/2006 C UNTUALE come sempre, nel quinto anniversario dell’attacco all’America, compare in video Ayman Al Zawahiri. Non è una novità. Da quando la sua leadership è dispersa e clandestinizzata e si è trasformata in una sorta di copyright o, secondo alcuni, in uno “stato della mente”, Al Qaeda storica ha fatto del jihad mediatico un punto fermo della propria strategia. Il virtuale surroga il reale. Tanto che le apparizioni dell’ideologo egiziano, segnate dal progressivo allargarsi nella sua fronte di un sempre più esteso callo della preghiera, non si contano più. SEGUE A PAGINA 2 LA LATITANZA DEL CAPITALE L’epopea dei telefonini e l’algoritmo della ritirata MASSIMO RIVA ALBERTO STATERA ONTRORDINE, azionisti Telecom: la parola «incorporazione» con la quale, poco più di un anno fa, l’assorbimento di Tim vi era stato presentato come la soluzione miracolosa di tutti i vostri problemi va oggi sostituita dalla parola «scorporo». Questo in estrema sintesi il senso della comunicazione ufficiale fatta ieri dai vertici dell’azienda a conferma, purtroppo, delle anticipazioni che ormai circolavano da settimane. SEGUE A PAGINA 17 N PRINCIPIO fu l’algoritmo di Viterbi, dal cognome di Andrea Viterbi, l’esule italiano costretto nel 1939, da bambino, alla fuga dall’Italia con i suoi genitori a causa delle leggi razziali, il quale concepì in America la formula matematica che oggi fa funzionare miliardi di telefonini in tutto il mondo. Poi fu l’algoritmo industrial–commerciale di Tim e successivamente di Omnitel, che fecero dell’Italia, tra epiche lotte politico-finanziarie, la nazione più “telefoninizzata” dell’orbe terracqueo. SEGUE A PAGINA 13 C I Marco Tronchetti Provera ALLE PAGINE 10, 11 e 13 Il Mahatma Ghandi A NON violenza non si misura con l’efficacia. Del resto, la definizione di efficacia è essa stessa dubbia: una modificazione vantaggiosa dei rapporti di potere, di forza? O piuttosto un cambiamento nel modo di essere proprio e altrui – anche del “nemico”? Può darsi che in qualche vita personale la nonviolenza sia una scelta originaria. Ma noi veniamo da una lunga storia segnata dalla violenza, non solo nella pratica, ma nell’ideale. Valore, coraggio, fermezza virile, si misurano nel cimento della violenza. La violenza non è apparsa solo come una dura necessità. È stata nobilitata come il fuoco in cui rigenerare e temprare l’umanità: nella guerra, nella redenzione nazionale, nella rivoluzione. Dunque la nonviolenza risale alla sapienza induista, greca, evangelica, ma è destinata ad affiorare come il frutto di un pentimento, l’abbandono di una strada che si è pretesa finora inevitabile e anzi magnanima. Anche in san Francesco, che fu già, come ha detto lievemente il Papa, un playboy, e comunque un militare di carriera. La nonviolenza, anche nell’espressione più laica, ha un contenuto religioso, coincide con una conversione. Dico conversione e non riconversione: quest’ultima è l’aggiustamento di qualcosa che si riconosce superato, o inefficace. Il comunismo ecologista, o l’ecologismo comunista (o il femminismo comunista, o il comunismo femminista) è una specie di riconversione: il suo è un cambiamento gradualista, in cui non a caso la continuità prevale sulla rottura. Un colore si accosta a un altro: il rosso, il verde. La conversione, dunque il cambiamento di sé, oltre che della propria corazza mentale, delle abitudini, ha bisogno di una svolta, della notte di crisi che ti consegni diverso alla nuova mattina. SEGUE A PAGINA 45 BIANCHI e RAMPINI ALLE PAGINE 46 e 47 L LA POLEMICA CON REPUBBLICA LA RICERCA Forse oggi il consiglio vara le nomine. Caso Moggi, scontro tra Mastella e Melandri “La storia dell’arte” in edicola il volume 3 Secondo un’indagine patrocinata dal Festival della Filosofia, 50 italiani su 100 ne sono convinti I due poli al banchetto della Rai CURZIO MALTESE L 29 MARZO 1994, giorno della prima vittoria elettorale, Silvio Berlusconi giurò solennemente che non avrebbe spostato in Rai “neppure una pianta”. Tre mesi dopo il governo sciolse con cinque righe di decreto il consiglio dei “professori”, in anticipo di un anno e mezzo sulla scadenza, inaugurando la più vasta lottizzazione dai tempi di Bernabei. Nel 2001 Berlusconi tornò a giurare che non si sarebbe mai occupato della tv di Stato. Nel giro di undici mesi avrebbe sostituito tutti i direttori di testata e l’intera dirigenza. SEGUE A PAGINA 17 SERVIZI ALLE PAGINE 22 e 23 I Anche gli animali hanno un’anima dal nostro inviato MICHELE SMARGIASSI MODENA ON LO DICE la parola stessa? Gli animali hanno l’anima. Ne è convinto un italiano su due. Con tanti saluti ai pensatori che, da Aristotele a Kant, sostennero il contrario. Bella figura, i grandi filosofi, sconfitti dalla vox populi proprio alla vigilia del Festival Filosofia di Modena. Che quest’anno, volendo occuparsi di Umanità, ha buttato uno sguardo anche al suo reciproco, l’animalità, o almeno all’idea che noi esseri pensanti ce ne siamo fatta; e ha commissionato all’Istituto Piepoli un’indagine sull’opinione che abbiamo dei nostri coinquilini terrestri. SEGUE A PAGINA 33 N “L’alto medioevo”, terzo volume de “La storia dell’arte” è in edicola con Repubblica a soli 12,90 euro in più