Lo Spirito e la koinonìa Due testi paolini hanno un legame esplicito

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Lo Spirito e la koinonìa
Due testi paolini hanno un legame esplicito tra Spirito e koinonia:
2Cor 13,13; La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello
Spirito Santo siano con tutti voi.
e Fil 2,1: Se c’è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c’è conforto derivante dalla
carità, se c’è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di
compassione.
Il saluto finale della 2Cor 13,13 sorprende per la sua ampiezza. orinariamente
Paolo menziona : lagrazia del Signore Gesù Cristo o del Signore nostro Gesù Cristo
Questo saluto si spiega per il cntesto storico in cui è nato e che ha miotivato i capitoli
10-13 . Nella comunità si sono introdotte delle divisioni; Paolo è stto costretto a
pronunciare parole molto dure davanti ai suoi avversari e così la lettera si chiude con
un saluto di carità e di comunione.
La formula solenne di 2Cor 13,13 traduce la volontà di Paolo di mettere un
termine a tutte le polemiche delle quali vi sono tracce nelle lettere ai Corinti.
San Paolo sa bene che la grazia, l'amore e la comunione sono doni già accordati
alla comunità, ma San Paolo esorta i Corinti a vivere di questi doni. Si tratta di mettere
bene in evidenza la tensione "già - non ancora" .
Nella seconda lettera di paolo ai Corinti lo Spirito contribuisce a specificare la
novità della comunità cristiana (2Cor 3) ma è anche pegno della pienezza futura (2Cor
1,22)
Per inivitare la comunità a ritrovare i suoi fondamenti e le sorgenti della sua unità si
addice bene un tale saluto finale.
la menzione, all'inizio della frase di : "La grazia del Signore Gesù Cristo" è
dovuta senza alcun dubbio alle abitudini epistolari di Paolo che termina ordinariamente
le lettere con questo saluto. Nell'espressione: "La comunione dello Spirito santo" le
difficoltà portano sul senso esatto di koinonia
Rompendo con la lingua classica Paolo usa la parola Koinonia con un genitivo di
persona: "la comunione dello spirito santo" ma cfr anche 1Cor 1,9: " alla comunione
del Figlio suo Gesù Cristo". Paolo utilizza sia il verbo che il sostantivo in maniera
dinamica: = dare la possibilità di partecipare a ...rendere una persona partecipante......)
Koinonia ha una duplice accezione: recettiva e attiva. Questo duplice senso è
probabilmente nato nel cuore stesso del mistero cristiano caratterizzato dallo scqambio.
Koinonia esprime la comunione personale non solo dei cristiani tra di loro ma anche tra
Dio e l'uomo. ma la parola Koinonia contiene un aspetto di novità assoluta: esprime la
comunità, partecipazione, comunione.
La frase di Paolo nel saluto finale della 2Cor 13,13 la parola koinonia può
ricevere un duplice senso: lo Spirito dona la koinonia e lo stesso Spirito è possuduto
grazie ad essa.
San Paolo ha già dimostrato che lo Spirito permette la comunione con Cristo e dei
cristiani tra di loro. Per mezzo di lui i beni arrivano alla comunità.
Il parallelismo tra le tre espressioni di 1Cor 13,13: (La grazia del Signore Gesù Cristo,
l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi) e l'attribuzione
di un ruolo allo Spirito nel sorgere della comunità cristiana giocano in favore di un
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genitivo soggettivo (lacomunione dello Spirito santo = la comunione che lo Spirito
santo produce tra i cristiani).
I tre termini di Paolo possono essere messi in rapporto con Romani 5,1-5: "
Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore
nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di
accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della
gloria di Dio. E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben
sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù
provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato
riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" dove
l'azione di Dio allo sguardo della comunità è compresa come un dono che si realizza
attraverso l'azione del Cristo e il soccorso dello Spirito. Lo Spirito gioca un ruolo
attivo allo sguardo della comunità cristiana.
"La comunione dello Spirito santo" indica la partecipazione dei cristiani a questa
forza che è stata loro donata, ma anche l'affermazione dell'azione dello Spirito nella
comunità (lo Spirito genera continuamente una nuova comunione all'interno della
comunità). La comunità riceve lo Spirito e vive. Nello stesso tempo lo Spirito è la
sorgente della comunione.
In Filippesi 2,1 abbiamo anche un espressione simile a quella di 2Cor ma il contesto è
molto differente. Prima di esortare all'unità, Paolo evoca sotto forma di condizionale i
fondamenti dell'unità «2.1 Se c’è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c’è
conforto derivante dalla carità, se c’è qualche comunanza di spirito, se ci sono
sentimenti di amore e di compassione»
Spirito e agape
Attraverso vie diverse lo Spirito appare nelle lettere paoline come colui che permete
l'unità della comunità: lo stesso Spirito suscita l'unità, si rivela come il luogo in cui la
comunità realizza la sua unità.
Attraverso l'agape, che è il frutto dello Spirito, cresce la comunione della
comunità, la riflessione sul ruolo dello Spirito nella sua relazione al credente è
inquadrata da appelli all'unità.
In quanto produttore di agape, lo Spirito prende posto in questa edificazione
armoniosa della comunità. Perchè la libertà non dia adito alla carne, la carità deve
presiedere agli scambi che si allacciano tra i differenti membri della comunità. Lo
Spirito appare allora come forza che apre all'altro.
Quando Paolo scrive la lettera ai Romani, si sta preparando per portare la colletta
alla comunità di Gerusalemme; le contrarietà non mancano sulla sua strada e perciò
invita i romani a combattere cob lui con le preghiere affinchè le difficoltà non si
trasformino in ostacoli.
In Romani 15,30 egli appoggia il suo appello su due espressioni: « 15.30 Vi esorto
perciò, fratelli, per il Signore nostro Gesù Cristo e l’amore dello Spirito, a lottare
con me nelle preghiere che rivolgete per me a Dio, 15.31 perché io sia liberato dagli
infedeli della Giudea e il mio servizio a Gerusalemme torni gradito a quella comunità,»
Paolo fa dunque il suo appello per mezzo dell'autorità (=Il Signore nostro Gesù Cristo)
il secondo appello lo fonda sull'amore che lo Spirito fa sorgere all'interno dei membri
della comunità crstiana.
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Paolo e l'esperienza dello spirito:
Nel corso delle sue lettere Paolo accorda un ruolo importante allo Spirito nella vita
della comunità. Non sottrae se stesso all'azione dello Spirito. É dunque interessante
comprendere il ruolo che Paolo attribuisce allo Spirito nella sua vita e nel suo
ministero.
Lo Spirito nella vita di Paolo
In Galati 1,15-16 Paolo racconta la sua vocazione senza fare riferimento allo Spirito:
«Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua
grazia si compiacque [1.16] di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo
ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo,»
Ma bisogna anche notare che lo Spirito, nella lettera ai Galati viene nominato ben 18
volte nei capitoli 3 e 4 e mai viene menzionato nei capitoli 1 e 2.
Nel racconto della sua vocazione Paolo insiste sulla sua indipendenza da
Gerusalemme rivendicando di aver ricevuto il Vangelo da una rivelazione diretta di
Gesù Cristo Gal 1,12: « (Il vangelo ) infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da
uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo». É Dio stesso che ha rivelato in lui il suo
Figlio. Tutto il racconto è centrato sulla persona di Gesù Cristo. Questo tratto è
fondamentale perchè questa rivelazione lo pone al livello degli altri apostoli.
In Galati 2,1-2: «Dopo quattordici anni, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia
di Barnaba, portando con me anche Tito: vi andai però in seguito ad una rivelazione.
Esposi loro il vangelo che io predico tra i pagani, ma lo esposi privatamente alle
persone più ragguardevoli, per non trovarmi nel rischio di correre o di aver corso
invano». Paolo attribuisce ad una rivelazione la sua salita a Gerusalemme per esporre il
Vangelo. Anche in questo contesto non parla dello Spirito. Paolo intende evitare ogni
confusione. paolo non ha ricevuto la sua chiamata ad opera dello Spirito ma ad opera di
Dio che gli ha rivelato il suo Figlio.
Paolo è molto discreto nel parlare di se e delle sue epserienze straordinarie. Possiede
bene il dono del discernimento e sa dove c'è veramente lo Spirito del Signore.
Alcuni della comunità di Corinto vogliono vantarsi dei doni vistosi che hanno
ricevuto, ma Paolo li mette in guardia dal vantarsi per un dono (come ad esempio
quello del parlare in lingue) che non costruisce la comunità. ma Paolo afferma di
possedere in larga misura: 1Cor 14,18 « Grazie a Dio, io parlo con il dono delle
lingue molto più di tutti voi; ma in assemblea preferisco dire cinque parole con la
mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il
dono delle lingue».
Nelle lettere di San Paolo lo Spirito non è legato ad eventi straordinari ma è legato
al dono della sapienza, alla conformità alla passione di Cristo.
Paolo unisce il suo invio in missione alla potenza di Cristo risorto e non mette
prima alcuna azione particolare dello Spirito nella sua vita. Ma ciascuno ha potuto
sperimentare la forza dello Spirito in opera nella sua predicazione.
L'azione dello Spirito attesta la verità della predicazione e, nello stesso tempo la
predecazione della Parola fa sorgere lo Spirito. Lo Spirito testimonia in favore della
veracità della predicazione apostolica, perchè è forza di convinzione. Lo Spirito è
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all'opera nelle comunità dove Paolo si dirige. Paolo mostra esplicitamente lo Spirito
nell'attività apostolica ma attribuisce a Cristo risorto l'inizio della missione e della
predicazione.
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