LA DIMINUZIONE DEL COEFFICIENTE DI ATTRITO DURANTE UN TERREMOTO: PROCESSI DI INDEBOLIMENTO DINAMICO NEI CARBONATI 1. ANATOMIA DI UN TERREMOTO 2.EVIDENZE SPERIMENTALI E TEORICHE DI INDEBOLIMENTO DINAMICO 3. INDEBOLIMENTO DINAMICO NEI CARBONATI 3.1. ONDE D'URTO 3.2. COMPORTAMENTO SUPERPLASTICO 4. CONCLUSIONI 1. ANATOMIA DI UN TERREMOTO Nella Slide 4 si può osservare in pianta una faglia strike-slip destra originatasi nella crosta continentale entro cui si sta propagando, da sinistra verso destra, alla velocità di alcuni km/s, una frattura. La propagazione della frattura determina l’isolamento di due blocchi di roccia che risulteranno essere a contatto reciproco proprio sulla frattura. Ad un certo punto questi blocchi cominceranno a scivolare l’uno rispetto all’altro ad una velocità relativa dell'ordine, in media, di 1 m/s. Sia la propagazione della frattura, sia, dietro, lo scivolamento relativo tra i due blocchi di roccia determinano la formazione di onde sismiche. Questi due fenomeni sono quindi alla base di un terremoto. Lo scivolamento relativo tra i due blocchi di roccia determina, al contatto tra i blocchi stessi, un fenomeno di usura meccanica che causa una frammentazione della roccia ed una progressiva diminuzione della granulometria. Si origina il nucleo di faglia, un volume di materiale spesso da qualche metro a qualche centimetro. Durante lo scivolamento cosismico, cioè durante lo scivolamento relativo tra i due blocchi di roccia, gran parte della deformazione per taglio entro il nucleo di faglia è accomodata da dei layers spessi poche centinaia di micron. Nella Slide 5 si può osservare, in pianta, la superficie di uno di questi layers, che risulta essere perfettamente liscia e lucida: si parla di specchio di faglia. In conclusione, durante un terremoto la deformazione per taglio è assai fortemente localizzata. 2. EVIDENZE SPERIMENTALI E TEORICHE DI INDEBOLIMENTO DINAMICO Negli ultimi vent'anni lo sviluppo di High Velocity Frictional Apparatuses ha permesso di intraprendere un gran numero di studi sperimentali relativi alle proprietà frizionali delle rocce di faglia, sia coesive sia non coesive, quando soggette a velocità di scivolamento variabili. Questi studi hanno dimostrato che, indipendentemente dal tipo di roccia e dalla presenza o assenza di una fase π fluida, il valore del coefficiente di attrito π ( π = π , dove π è lo sforzo di taglio e ππ lo sforzo normale) π diminuisce fortemente quando ci si avvicina a velocità di scivolamento tipiche di un terremoto, vale a dire, come già specificato nel precedente paragrafo, circa 1 m/s. Come si può infatti notare dal grafico nella Slide 7 il valore del coefficiente di attrito passa da circa 0,7 a circa 0,1. Alla base di questa diminuzione del valore del coefficiente di attrito vi sono tutta una serie di processi di indebolimento dinamico. Questa è l'evidenza sperimentale dell'esistenza dei processi di indebolimento dinamico. Si supponga un terremoto che enuclei entro una successione carbonatica. L'equazione ricavata per via ππ πΏπΏΜ teorica da Rice (βπ = ( πππ ) √ππΌ π‘β , dove π è il coefficiente di attrito, ππ è lo sforzo normale, πΏ è il rigetto, πΏΜ è la velocità di scivolamento, ππ è il calore specifico per unità di volume e πΌπ‘β è la diffusività termica) permette di calcolare l'aumento di temperatura che durante lo scivolamento cosismico si verifica entro quei layers spessi poche centinaia di micron i quali accomodano gran parte della deformazione per taglio entro il nucleo di faglia. Si supponga che il valore del coefficiente di attrito rimanga elevato, 0,7 come si è visto nella Slide 7. Come si può osservare dall'andamento della curva blu nella Slide 8, anche un rigetto relativamente piccolo, 40 cm (un rigetto medio per un terremoto di magnitudo momento Mw = 6), determinerebbe un aumento di temperatura di quasi 8300 °C tale per cui la roccia si trasformerebbe in plasma. Ma se si osservano le faglie sismogenetiche esumate dall'erosione non si riscontrano evidenze della trasformazione della roccia in plasma. Ciò significa che durante lo scivolamento cosismico il valore del coefficiente di attrito non può rimanere così elevato, deve diminuire. Se infatti si considera un valore del coefficiente di attrito pari a 0,1, come si è visto nella Slide 7, come si può notare dall'andamento della curva rossa, per lo stesso rigetto, l'aumento di temperatura è molto minore, circa 1200 °C, tale per cui non si ha la formazione di plasma. Quindi anche attraverso un approccio teorico (l'equazione di Rice) si è in grado di dire che durante lo scivolamento cosismico il valore del coefficiente di attrito deve diminuire, cioè si è in grado di dire che durante un terremoto si devono verificare dei processi di indebolimento dinamico. Vi sono quindi anche evidenze teoriche dell'esistenza dei processi di indebolimento dinamico. 3.INDEBOLIMENTO DINAMICO NEI CARBONATI Vediamo ora due fenomeni che si ritiene siano alla base di altrettanti processi di indebolimento dinamico nelle rocce carbonatiche: le onde d'urto ed il comportamento superplastico. Questi due fenomeni rivestono una certa importanza in quanto gran parte dei terremoti, caratterizzati da una magnitudo momento da moderata ad elevata, che si verificano in Italia enucleano e si propagano proprio in successioni carbonatiche Mesozoiche: si possono citare la sequenza dell'Aquila (Mw = 6,3) e la sequenza dell'Emilia (Mw = 6,0). 3.1. ONDE D'URTO Tra i tanti sono stati effettuati tre esperimenti utilizzando altrettanti campioni di Marmo di Carrara i quali sono stati soggetti ad una forte accelerazione iniziale. I tre esperimenti, blu, grigio e nero, sono stati interrotti rispettivamente dopo un rigetto di 1,5 mm, 5 mm e 50 mm. Durante l'esperimento blu, come si può osservare dal grafico nella Slide 10, in quegli 1,5 mm di rigetto totale, si è osservata una forte diminuzione del valore del coefficiente di attrito. La stessa cosa si è osservata durante l'esperimento grigio, in quei 5 mm di rigetto totale, e anche durante l'esperimento nero, nei primi 7 mm dei 50 di rigetto totale. La cosa "strana" è che questa diminuzione del valore del coefficiente di attrito si è verificate per velocità di scivolamento molto piccole, essenzialmente inferiori a 0,2 m/s, velocità di scivolamento, per quello detto nel primo paragrafo, non tipiche di un terremoto. Al termine degli esperimenti i campioni sono stati analizzati. Mediante un Focus Ion Beam al Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) sono state ricavate delle sezioni sottili rappresentative anche delle superfici di scivolamento. Queste sono state osservate con un Microscopio Elettronico a Trasmissione ad alta risoluzione (HRTEM). Nella Slide 13 si può osservare ciò che è stato visto: da singoli cristalli di calcite grandi in media 130 micron si è passati ad aggregati nanocristallini. Nell'immagine si possono intuire i singoli nanocristalli di calcite ruotati gli uni rispetto agli altri grazie al fatto che si riescono ad intuire i singoli filari di atomi spaziati di pochi angstrom. Cosa è successo? Gli studi condotti nell'ambito delle scienze dei materiali hanno dimostrato che quando un'onda d'urto si propaga entro un materiale determina, nell'arco di nanosecondi o di picosecondi, un forte aumento sia della temperatura sia della pressione. Ma le Molecular Dynamics Simulations che sono state fatte su di un cristallo puro di ferro dicono che in realtà può accadere anche qualcosa in più. Dicono cioè che se l'onda d'urto si dovesse propagare ad una velocità sufficientemente elevata, e l'aumento di pressione e di temperatura da lei generato dovesse quindi essere sufficientemente intenso, allora si avrebbe il superamento di una soglia energetica di trasformazione e la formazione di un aggregato nanocristallino. Nell'immagine nella Slide 14 si può osservare un elemento cubico appartenete al cristallo puro di ferro mentre è attraversato dall'onda d'urto da sinistra verso destra. Si può notare il fronte d'onda (corrispondente con l'interfaccia tra il volume grigio e quello blu) e dietro il più lento fronte di trasformazione (corrispondente con l'interfaccia tra il volume blu e quello rosso). I domini gialli sono limiti intergranulari, quindi il volume rosso è un aggregato nanocristallino, i volumi blu e grigio non lo sono ancore, sono ancora, nel loro insieme, rappresentativi di un singolo cristallo. Alla base della formazione dell'aggregato nanocristallino non vi è una deformazione fragile, bensì plastica. L'onda d'urto determina infatti la formazione e la propagazione di dislocazioni entro il reticolo cristallino. La porzione di reticolo cristallino intorno ad una dislocazione è deformata rispetto alle altre porzioni di reticolo cristallino, è quindi caratterizzata da una energia più elevata. Le dislocazioni determinano quindi un aumento dell'energia interna del reticolo cristallino. Dalla Termodinamica si sa però che ciascun sistema tende alla più bassa energia possibile, ecco che si innescano tutta una serie di processi, chiamati di annealing, che permettono di diminuire il grado di deformazione del reticolo cristallino. Tra questi, come si vede nella Slide 15, vi è l'impilameneto di edge dislocations dello stesso segno, e presenti su piani cristallografici distinti e paralleli, a costituire dei dislocation walls. Così facendo, parte della porzione di reticolo cristallino intorno ad una dislocazione, e caratterizzata da compressione, si sovrappone a parte della porzione di reticolo cristallino caratterizzata da distensione intorno alla dislocazione sovrastante o sottostante, determinando una certa diminuzione del grado di distorsione del reticolo cristallino. L'impilamento implica necessariamente una rotazione delle due porzioni di reticolo cristallino a lato del dislocation wall in via di formazione, infatti non è possibile uno scivolamento relativo dei piani cristallografici su cui si trovano le dislocazioni, sarebbe necessaria una energia a dir poco enorme dato che dovrebbero essere rotti e quindi ricostruiti un numero elevatissimo di legami chimici. Maggiore è il numero di dislocazione che si impilano a costituire un dislocation wall, maggiore è l'ampiezza dell'angolo di rotazione relativa tra le due porzioni di reticolo cristallino a lato edl dislocation wall stesso. Quando quest'angolo raggiunge un'ampiezza di circa 10°, il dislocation wall diviene un limite intergranulare e da un singolo cristallo si passa ad un aggregato cristallino. Alla base della formazione di questo aggregato non vi quindi, come detto prima, una deformazione fragile, cioè una frammentazione meccanica del reticolo cristallino, la scala è troppo piccola, per il teorema di Griffith sarebbe richiesta un'energia spropositata, ma un processo di pura plasticità cristallina. Ecco quindi ciò che è accaduto ai tre campioni di Marmo di Carrara: la forte accelerazione iniziale cui sono stati soggetti deve aver determinato la propagazione al loro interno di un'onda d'urto, questa, viaggiando ad una velocità sufficientemente elevata, ha determinato la trasformazione dei singoli cristalli di calcite in aggregati nanocristallini; questo collasso strutturale di tipo plastico è stato, molto probabilmente, alla base della forte diminuzione del valore del coefficiente di attrito. Il motivo per cui la forte diminuzione del valore del coefficiente di attrito si è verificata per velocità di scivolamento non tipiche di un terremoto è quindi da ricercarsi esclusivamente nella forte accelerazione iniziale. In conclusione si può dire che un'onda d'urto, propagandosi entro dei campioni di Marmo di Carrara ha determinato una forte diminuzione del valore del coefficiente di attrito: essa è stata quindi alla base di un processo di indebolimento dinamico. 3.2. COMPORTAMENTO SUPERPLASTICO Si riconsideri l'esperimento nero, quello che è stato interrotto dopo un rigetto di 50 mm. Come è stato detto nel paragrafo precedente, nei primi 7 mm di rigetto si è osservata una forte diminuzione del valore del coefficiente di attrito, causata dalla formazione di un aggregato nanocristallino per la propagazione di un'onda d'urto. Come si può osservare dal grafico nella Slide 18, ha però continuato a verificarsi, anche se in maniera più blanda, una ulteriore diminuzione del valore del coefficiente di attrito per un rigetto superiore ai 7mm. Al termine dell'esperimento il campione è stato analizzato. Ancora una volta sono state ricavate delle sezioni sottili rappresentative anche della superficie di scivolamento. Queste sono state osservate al SEM. L'immagine nella Slide 19 è stata ottenuta osservando una di queste sezioni perpendicolarmente al suo spessore ad una distanza dalla superficie di scivolamento di circa 10 micron: si osservano dei grani di calcite ricristallizzata. Cosa è successo? Esistono dei materiali che mostrano comportamento superplastico, che sono cioè in grado, in determinate condizioni, di deformarsi fino ad oltre il 1000% senza rompersi. Vediamo cosa succede, dal punto di vista microscopico, ad un materiale che si sta comportando in questo modo. Si consideri la figura nella Slide 20. Si considerino quattro granuli a contatto reciproco, come mostrato in figura A. Siano essi soggetti ad uno sforzo verticale. Come indicato dalle freccette nere i granuli 1 e 3 tendono a spostarsi rispettivamente verso il basso e verso l'alto, contemporaneamente i granuli 2 e 4 tendono a spostarsi rispettivamente verso sinistra e verso destra. Lo spostamento dei granuli, come indicato dalle frecce rosse, si esplica attraverso lo scivolamento degli stessi lungo i quattro limiti intergranulari: si ha un processo di Grain Boundary Sliding che porta però alla formazione di vuoti. Esso è quindi accomodato da un processo di Diffusion Creep, cioè di diffusione della materia, di diffusione delle specie ioniche. Questa diffusione può avvenire entro i granuli (Nabarro-Harring Creep) o lungo i limiti intergranulari (Coble Creep) o contemporaneamente in entrambi i modi a seconda della temperatura, della velocità di deformazione, della dimensione dei granuli, della presenza o assenza di una fase fluida. Sta di fatto che il processo di Diffusion Creep impedisce (non completamente, invero) la formazione di vuoti attraverso una progressiva deformazione dei granuli durante il Grain Boundary Sliding, come indicato in figura B. Questi granuli, alla fine, giungeranno alla configurazione stabile nelle nuove condizioni di stress. Alla fine, come si può osservare dalla figura C, i granuli presentano la loro forma originaria, tuttavia la configurazione spaziale è diversa, infatti i granuli 1 e 3, prima separati, ora sono a contatto reciproco, viceversa per i granuli 2 e 4: si è verificato un fenomeno di neighbour switching, letteralmente di scambio del vicino. Si riesce quindi a giungere a grandi deformazioni senza rottura. L'immagine nella Slide 21 rappresenta la superficie di scivolamento di un altro campione di marmo che durante un esperimento ha mostrato un comportamento superplastico: notare i quattro granuli evidenziati, la loro configurazione è quella si è appena vista nell'esempio riportato nella Slide 20. La struttura vista nella Slide 21 è quella che ci si aspetterebbe intersecando quella raffigurata nella Slide 22 con un piano, piano che potrebbe essere la superficie di scivolamento. Quindi anche il campione di Marmo di Carrara durante l’esperimento nero ha mostrato un comportamento superplastico. Siccome alla base del comportamento superplastico vi è anche un processo di diffusione π» ππ della materia, questa è l'equazione che lo descrive: πΜ = π΄π −π π π3 , dove πΜ è la velocità di deformazione, π΄ è un fattore preesponenziale, π» è l'energia di attivazione richiesta per innescare il comportamento superplastico, π è la costante dei gas, π è la temperatura, π è la granulometria e π è lo sforzo di taglio; π vale circa 1,7 quindi il comportamento superplastico è di tipo non-Newtoniano. Notare che esiste una relazione di proporzionalità inversa tra la velocità di deformazione e la granulometria, cioè minore è la granulometria maggiore è la velocità di deformazione, quindi più evidente è, per un materiale mostra comportamento superplastico, il comportamento superplastico. Ma perché si era verificata quella progressiva diminuzione del valore del coefficiente di attrito per un rigetto superiore ai 7 mm? Possiamo rispondere a questa domanda riscrivendo l'equazione che descrive il π» comportamento superplastico esplicitando lo sforzo di taglio elevato alla π: π π = π π π πΜ π 3 π΄ . Come si vede, a parità di π», π , π,Μ π ed π΄, all'aumentare della temperatura, cosa che, come si osserva nel grafico nella Slide 23, si verifica durante l'esperimento a causa della progressiva trasformazione di parte del lavoro meccanico compiuto dalle forze di attrito sulla superficie di scivolamento in calore, π π diminuisce. Ma nel secondo paragrafo si è detto che π = , durante gli esperimenti lo sforzo normale ππ è sempre rimasto costante, quindi se un progressivo aumento della temperatura ha causato una progressiva diminuzione del valore dello sforzo di taglio ha causato anche una progressiva diminuzione del valore del coefficiente di attrito. Quindi, proprio perche alla base del comportamento superplastico vi è anche un processo di diffusione della materia, il comportamento superplastico stesso è stato alla base di un processo di indebolimento dinamico. Il motivo per cui il campione di Marmo di Carrara, durante l'esperimento nero, ha mostrato un comportamento superplastico è da ricercarsi nella formazione dell'aggregato nanocristallino per la propagazione dell'onda d'urto. La formazione di un aggregato nanocristallino corrisponde infatti ad una diminuzione della granulometria, e per quello che si è appena detto minore è la granulometria, più evidente è il comportamento superplastico. 4. CONCLUSIONI Si è visto che gli esperimenti sono in grado di riprodurre le condizioni di deformazione che si verificano durante un terremoto, quindi sono in grado di dirci che durante un terremoto si devono verificare dei processi di indebolimento dinamico. Anzi sono in grado di dirci che durante un singolo terremoto si possono anche verificare in sequenza tipi diversi di processi di indebolimento dinamico a seconda dell'evoluzione termica e strutturale del volume di materiale che durante lo scivolamento cosismico subisce la deformazione per taglio. Nel caso delle rocce carbonatiche la diminuzione del valore del coefficiente di attrito è da ricercarsi in meccanismi di tipo plastico ( la formazione di un aggregato nanocristallino per la propagazione di un'onda d'urto) e di tipo superplastico, che possono essere, come visto, l'uno la causa dell'altro. Notare infine come i microprocessi associati ai terremoti, i quali sono visti come l'estrema manifestazione di un comportamento fragile, di fatto non sono di tipo fragile.