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Peter Zumthor
Peter Zumthor (Basilea, 26 aprile 1943) è un architetto svizzero, figlio di un ebanista, imparò falegnameria fin da piccolo. Negli anni sessanta ha studiato al
Pratt Institute di New York per poi lavorare a molti
progetti di restauro storici, che gli hanno permesso
di conoscere più a fondo le relazioni tra i vari materiali. I suoi edifici esplorano le qualità tattili e
sensoriali di spazi e materiali, pur mantenendo una
sensazione minimalista. Nel 1998, Zumthor ha ricevuto
il Carlsberg Architecture Prize per il progetto del
museo di Bregenz, Austria, e per i bagni termali a
Vals, nel Canton Grigioni (Svizzera). Zumthor ha insegnato al Southern California Institute of Architecture
di Los Angeles, alla Technical University di Monaco,
all'Accademia di Architettura di Mendrisio, all'Università della Svizzera Italiana e alla Harvard Graduate School of Design.
Nell'agosto del 1993 l'amministrazione di Bregenz dà il
permesso della costruzione di un nuovo museo d'arte. Il
piano e le negoziazioni erano già incominciate nel 1989.
L'architetto svizzero Peter Zumthor di Haldensterin,
vicino a Coira, si aggiudicò il primo premio del concorso.
I lavori del nuovo edificio cominciaron nel 1994 e per la
fine del luglio del 1997 erano inaugurati l'edificio
dell'amministrazione con il bar e le sale espositive del
museo.
"Questo museo si staglia nella luce del lago di Costanza.
Esso è fatto di vetro e acciaio e di una scatola di cemento che si sviluppa all'interno dell'edificio .
Dall'esterno, l'edificio sembra una lampada. Esso assorbe
i cambiamenti della luce del cielo, il riverbero del lago,
riflette la luce e i colori e nelle sale interne varia
l’atmosfera in accordo con la luce del giorno e del
tempo."
Zumthor attualmente lavora nel suo atelier, fondato
nel 1979 a Haldenstein.
la Kunsthaus si colloca, come costruzione solitaria, tra
il contesto urbanizzato di Bregenz ed il lungo lago. E'situata in "Seestrasse" tra il teatro di Vorarlberg e il
princiale ufficio postale della città, risarcendo uno
spazio rimasto non costruito per molti anni. L'ingresso è
posto sul lato orientale dell'edificio rivolto alla
città. L'edificio dell'amministrazione invece è situato
di lato al museo, rivolto al centro città, è una struttura
che accompagna l'altezza del contesto circostante con
edifici più bassi e storici. Tutte le funzioni di supporto
al museo e alle mostre d'arte sono state raggruppate separate in questo edificio più basso che ospita un bookshop,
il negozio del museo ed il bar, oltre agli uffici dell'amministrazione. La collocazione dell'edificio dell'amministrazione e del museo incorniciano un una piazza
all'aperto che è chiusa a sud dal retro del teatro mentre
si apre verso la città. Questo spazio pubblico aperto
unisce la kunsthaus alle attività che animano la città ed
è per questo molto frequentata. Il KUB cafè occupa lo
stesso suolo pubblico durante la stagione estiva così la
piazza si anima anche grazie ad eventi ed esposizioni che
vengono allestite negli esterni del museo.
Peter Zumthor si aggiudicò il concorso perchè unico tra i
concorrenti progettisti a manifestare la volontà di
progettare uno spazio esterno e non occuparare massivamente l'area assegnata.
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La facciata è caratterizata da una sovrapposizione di
lastre di vetro, la funzione di questo involucro è
molteplice: permette che l'interno sia illuminato da
luce naturale ma non diretta e che sia garantita un
ottimo isolamento termico. La luce che penetra nelle
sale espositive è riflessa una prima volta dal rivestimento esterno, una seconda dal filtro del soffitto,
ancora in vetro satinato.
La facciata è stata progettata autoportante, completamente indipendente dalla scatola in cemento. Le cornici in acciaio fanno sì che la costruzione che supporta
le lastre di vetro esterne sia strutturale anche per
quelle interne creando così una scatola che avvolge la
struttura opaca interna.
L'intercapedine è di 90 cm e permette alla luce diretta
durante il giorno di filtrare fino al piano seminterrato, questa dimensione permette che si possa effettuare costantemente la manutenzione dello stesso involucro e di inglobare le installazioni che illuminano
la Kunsthaus durante la notte.
Piano terreno
Superato l'ingresso ci si trova in una sala multifunzionale che funge da foyer, guardaroba e da reception
per i vari eventi; in questo spazio si può riconoscere
il disegno della struttura come fosse uno scheletro
che internamente sorregge la doppia struttura e si
svincola dalle pareti in cemento.
Questo medodo di costruzione è spesso applicato negli
edifici che raggiungono altezze elevate, permette di
avere la facciata libera e a vista tutte le pareti di
vetro. La stuttura dei vassoi interni è supportata da
tre setti verticali in cemento che articolano lo
spazio e introducono alla suddivisione verticale
dell'edificio. Il percorso di risalita si snoda lungo
gli stessi e lo spazio espositivo si apre al centro:
la kunsthaus offre 464 mq di spazio espositivo per
piano che in totale diventano 2000 con in piano terra.
Il piano seminterrato
Il piano seminterrato accoglie stanze accessibili al
pubblico, come la stanza lettura e il centro didattico del
museo, oltre al magazzino di manutenzione e stoccaggio
delle opere e i servizi. Il secondo piano seminterrato,
non accessibile al pubblico, offre lo spazio per l'organizzazione degli archivi originali.
I piani superiori
I tre piani espositivi differiscono tra loro solo per la
quota d'imposta del soffitto: il terzo piano, che gode
della migliore condizione di illuminazione diurna, misura
4.70 m, il primo e il secondo, 4.20 m. I muri conservano
ancora l’impronta del legno utilizzato per la casseratura, non hanno subito altri trattamenti se non una pulizia
superficiale con sapone mentre i pavimenti sono caratterizzati da una composizione “a terrazzo”, verniciati di
grigio scuro al piano seminterrato e terra mentre le scale
e i piani dell'esposizione sono grigi chiari. Questo
medodo di costruzione ha permesso che una superficie così
estesa non prevedesse giunti di dilatazione.
Luce
la kunsthaus di Bregenz è stata concepita come un museo
che vive con la luce del giorno. La facciata è composta
di lastre di vetro che diffondono la luce che attraversa
poi, in secondo tempo, la copertura translucida delle
stanze. Questa rifrazione in tre passaggi rende l'ambiente interno illuminato variabilmente, suscettibile alle
condizioni del tempo atmosferico e al passaggio delle
stagioni. Le lampade interne invece regolano l'illuminazione artificiale controllata direttamente da sensori
disposti sulla copertura dell'edificio, ognuno di questi
lumi è controllato separato in modo da permettere una
gamma di condizioni di luce sempre differenti.
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James Stirling
Sir James Stirling (Glasgow, 22 aprile 1926 – Londra,
25 giugno 1992) è stato un architetto britannico.
Fece parte del Royal Institute of British Architects,
egli fu tra i più importanti ed influenti architetti
della seconda metà del XX° secolo. Egli è forse meglio
conosciuto come uno di quei giovani architetti facenti
parte di vari paesi, che dal 1950 in poi, misero in
discussione e sovvertirono i precetti composizionali e
teoretici del primo movimento moderno.
Lo sviluppo reinterpretativo talvolta agitato e modificato di quei precetti fu molto influenzato dal suo
maestro, amico ed insegnante, l'importante teorico
architettonico ed urbanista Colin Rowe - egli introdusse uno spirito eclettico che gli permise di scavare
nell'intera storia dell'architettura per ricavarne una
sorgente di
ispirazione compositiva, partendo
dall'antica Roma e dal Barocco, via via fino alle molte
manifestazioni del periodo moderno, da Frank Lloyd
Wright ad Alvar Aalto. Il suo successo personale è
garantito dalla sua abilità a incorporare questi
sottili riferimenti enciclopedici, assieme ad una
forma forte e muscolare, architettura molto decisa,
gesti sicuri che hanno mirato a rivedere la forma
urbana.
Durante gli anni settanta, la firma architettonica di
Stirling iniziò a cambiare così come la scala dei suoi
progetti e la sua architettura divenne molto più di
stile neoclassico, sebbene rimase profondamente legata
al proprio potente modernismo rivisitato. Ciò produsse
un'ondata di progetti a larga scala, tre importanti
progetti riguardanti musei in Germania (a Dusseldorf,
Colonia, e Stuttgart). Vincendo la competizione per il
museo di Stoccarda - la Neue Staatsgalerie egli caricò
il proprio potente concetto di base con un largo numero
di divertimenti architettonici e di allusioni decorative, che portò molti erroneamente a vederli come un
esempio di postmodernismo - un'etichetta che poi
attecchì ma che egli rifiutò. Nel 1981, vinse il premio
Pritzker Prize.
Neue Staatsgalerie, Stoccarda (James Stirling, Michael
Wilford) 1984
Museo a forte connotazione urbana costruito per dare una
più appropriata collocazione alla sezione moderna e
contemporanea (dalle avanguardie storiche degli inizi del
Novecento alle opere degli artisti concettuali americani)
delle collezioni municipali. Viene realizzato in adiacenza al nucleo originario del museo, un edificio ottocentesco in stile neoclassico, a cui è collegato mediante un
ponte. Una delle sollecitazioni esterne di cui gli architetti devono tener conto è data dalla pendenza del lotto,
risolta realizzando un sistema di rampe che conducono dal
piano della strada al livello della terrazza dove si trova
il foyer d’ingresso. Questa organizzazione del versante
collinare per piani inclinati ricorda il sistema ipotattico di Praenestre, dove una serie di rampe conduce al
Tempio della Fortuna Primigenia. In questo caso il
percorso porta alla Rotonda, a cui si riconosce la stessa
centralità assegnata all’edificio sacro. Ma la differenza
fra l’impianto romano e questo stirlinghiano sta nel
fatto che malgrado l’impianto planimetrico abbia una
struttura simmetrica, in alzato ogni centralità è perduta
a causa di una composizione complessa e frammentaria dei
vari volumi che costituiscono l’insieme. Inoltre, a
negare ogni assialità concorre la collocazione fuori
centro della hall di ingresso, ospitata in un corpo vetrato dall’andamento sinuoso.
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La caratteristica dominante di questo museo è la sua
dimensione urbana. Quest’ultima non si manifesta solo
nella riproposizione a scala architettonica della
complessità tipica dello scenario metropolitano. Osservando la planimetria si può notare che il centro ideale
del complesso museale, la Rotonda ipetrale, non si configura come il cuore sacrale dell’itinerario espositivo, ma
piuttosto come il nucleo centrale da cui si irradiano
tutti i volumi verso le zone perimetrali, come se fossero
soggetti a una forza centrifuga che sembra voler suggerire il dissolvimento dei confini museali nello spazio
della città. Pertanto la Rotonda, nella tradizione tipologica ottocentesca considerata il centro nevralgico
dell’itinerario espositivo, qui sembra ribaltarsi in
un’assenza piuttosto che in una presenza. Con questo
“svuotamento” la sacralità dell’opera d’arte invece che
essere celebrata nel museo viene proiettata nella città.
Unitamente alla Rotonda, altri ambiti esterni al museo
subiscono una connotazione tale da far sì che la socialità
sia esterna allo spazio museale e non preservata al suo
interno. Percorsi sinuosi, volumi stravaganti, coloratissimi dettagli pop, sono tutti “ammiccamenti” collocati
all’esterno per attrarre una vivace vita sociale, che
popola e anima questo luogo anche senza accedervi al suo
interno.
Rispetto al carattere ludico e chiassoso degli ambienti
esterni, l’interno appare ordinato, quasi ortodosso per
il modo in cui qui si trova riproposta, immodificata, la
tradizionale tipologia a galleria.
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HAUS 33 - hans sharoun
HAUS 31-32 - peter behrens
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HAUS 22 - richard docker
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HAUS 20 - hans poelzig
HAUS 18 - ludwig hilbersemeier
HAUS 14-15 - pierre jeanneret - le corbusier
HAUS 17 - walter gropius
HAUS 1-4 - ludwig mies van der rohe
HAUS 19 - bruno taut
HAUS 12 - adolf schneck
HAUS 5-9 - peter oud
HAUS 16 - walter gropius
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Peter Behrens
Victor Bourgeois
Le Corbusier (Charles Edouard Jeanneret-Gris)
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Richard Döcker
Josef Frank
Walter Gropius
Ludwig Hilberseimer
Ludwig Mies van der Rohe
Jacobus Johannes Pieter Oud
Hans Poelzig
Adolf Rading
Hans Scharoun
Adolf Gustav Schneck
Mart Stam
Bruno Taut
Max Taut
Ferdinand Kramer
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HAUS 11 - adolf schneck
Il quartiere Weissenhof (in tedesco Weißenhofsiedlung)
è un quartiere costruito a Stoccarda nel 1927, in occasione dell'esposizione organizzata dal Deutscher
Werkbund. È stato una sorta di "vetrina" internazionale, per mostrare le innovazioni (architettoniche e
sociali) proposte dal Movimento moderno.
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La Weißenhofsiedlung: simbolo dell'architettura moderna
La Weißenhofsiedlung di Stoccarda è considerata uno dei
monumenti architettonici più straordinari e rappresentativi della moderna architettura in Europa.
Essa sorse nel 1927 con lo scopo dichiarato di fungere
da modello per le grandi città del futuro. L'iniziativa
partì dal Deutscher Werkbund nell'anno 1925. Grazie al
titolo "L'abitazione", l'associazione riuscì a convincere le autorità della città di Stoccarda a mettere a
disposizione, nel contesto del suo programma edilizio
municipale, la zona sul pendio sudorientale del Killesberg per l'allestimento dell'esposizione.
Sulla base del generale riorientamento in campo politico,
sociale, economico e artistico conseguente alla prima
guerra mondiale, era arrivato il momento di elaborare
anche per l'architettura edilizia principi di modernità
che potessero soddisfare le esigenze tecniche, igieniche
ed estetiche del nuovo tempo.
Mies van der Rohe considerava suo compito quello di
realizzare per la Weißenhofsiedlung un concetto complessivo, all'interno del quale i diversi architetti potessero liberamente mettere in pratica la propria concezione
edilizia ed abitativa.
Abitare come espressione di una nuova forma di vita
HOUSE 1-4, LUDWIG MUES VAN DER ROHE
Sotto la sovrintendenza artistica dell'architetto
berlinese Ludwig Mies van der Rohe, rinomati esponenti
delle avanguardie architettoniche europee vennero invitati a partecipare alla progettazione di questo insediamento modello. Il compito era quello di realizzare "abitazioni" per famiglie dalle scarse o medie possibilità
economiche, per le quali vi era un'urgente carenza di
alloggi a Stoccarda.
16 architetti provenienti da 5 diversi paesi europei
tradussero così in realtà nel quartiere Weißenhof il
loro concetto di abitazione del futuro.
Testimonianza di un concetto architettonico rivoluzionario
Lo scheletro della struttura permette a Mies di raggiungere il suo obiettivo (e di dichiarare i principi
dell’architettura moderna) di progettare un piano terra
flessibile per questi appartamenti.
L’unico punto fisso nel disegno di questa architettura
(determinato dalla scansione del blocco servizi) sono le
cucine, i bagni, il rimanente spazio è caratterizzato
invece da setti mobili che permettono ai residenti di di
suddividere gli ambienti a seconda delle necessità. Mies
affermò di aver deciso di assecondare con questo progetto
le richieste di cambiamenti delle persone perché potessero avere la massima libertà nel disegno degli interni
delle proprie abitazioni.
Un piccola disputa si accese tra gli architetti coinvolti, il cliente ed il proprietario del sito, Richard
Docker, quando l’impresa costruttrice –come da pratica
corrente- volle modificare il piano disegnato che Mies
aveva disegnato applicando molta cura fin nei dettagli
per il suo edificio. Docker ripetutamente chiese più
piante per ciascuno degli edifici e lo sviluppo nel
complesso,
le
consegne
vennero
effettuate
dall’architetto con un margine di ritardo.Questo causò
problemi in corso d’opera , un fermo del cantiere e
sostanziali modifiche apportate per mano dell’impresario
con conseguenti notevoli problemi e discordanze. La
difficoltà maggiore che si dovette affrontare fu anche il
primo confronto con un nuovo sistema strutturale che
abbandonava la struttura classica in calcestruzzo per
utilizzare quella in ferro.
Sulla base del generale riorientamento in campo politico, sociale, economico e artistico conseguente alla
prima guerra mondiale, era arrivato il momento di elaborare anche per l'architettura edilizia principi di
modernità che potessero soddisfare le esigenze tecniche, igieniche ed estetiche del nuovo tempo.
Mies van der Rohe considerava suo compito quello di
realizzare
per
la
Weißenhofsiedlung
un
concetto
complessivo, all'interno del quale i diversi architetti
potessero liberamente mettere in pratica la propria
concezione edilizia ed abitativa.
Le successive dispute in campo architettonico
videro
anche un allontanamento momentaneo di Mies alla guida
dell’organizzazione e direzione del Weissenhof a favore
di Docker. Questi conflitti e la rapidità dei tempi di
esecuzione che si richiedevano non permisero la completa
chiusura
del
cantiere
all’inaugurazione
dell’esposizione: la facciata non venne pitturata se non
successivamente e oggi la possiamo distinguere di un
color rosa pallido come doveva essere finita nel 1927.
HOUSE 5-9 : JACOBUS JOHANNES PIETER OUD
Originariamente Mies aveva previsto che le case assegnate alla progettazione di Oud dovessero essere 4, ognuna
contenente tre camere con una cucina, un bagno ed una
camera per la domestica. Successivamente Mies, attento
alle richieste della città che pretendeva un’incidenza
del costo di costruzione bassa , per cui al posto di un
appartamento Oud progettò una terrazza così che il
budget previsto non venne superato.
Le case progettate da Oud rappresentano un esempio dei
buoni valori di vita in un quartiere che soddisfano le
richieste di larga parte della popolazione. Partendo dal
concetto espresso da Le Corbusier che un appartamento o
una casa dovesse essere considerata “una macchina in
cui vivere” egli riaffermò anche il principio che in
essa si ritrovasse “tutto quello che il piacere del
confort richiede”. Questa idea rispecchia l’utilità di
affiancare il giardino sul lato nord della casa che
nello specifico caso delle case di Oud aveva anche una
funzione di strutturare l’architettura del complesso.
HOUSE 11 LE CORBUSIER e PIERRE JEANNERET
Per un certo momento, a Le Corbusier non fu permesso di
partecipare al progetto del Weissenhofsiedlung “per la
sua nazionalità” (egli proveniva dalla Svizzera Occidentale), tuttavia , grazie all’insistenza di Mies van der
Rohe, Gustaf Stotz e Mayor Sigloch , fu coinvolto ed
incluso nella lista dei progettisti.
Le Corbusier e il cugino Pierre Jeanneret furono capaci
di realizzare il concept della casa come macchina in cui
vivere , in queste case di legge l’idea basica del funzionamento della Maison Citrohan portato allo sviluppo,
dieci anni dopo la sua promulgazione. I concetti fondamentali dell’architettura di Le Corbusier sono ribaditi
nell’utilizzo del tetto piano, delle finestre a nastro e
della pianta libera che permette di avere uno spazio
giorno molto ampio in cui si ritagliano scatole funzionali come la cucina.
La casa 11 è unifamiliare ed ha sei stanze, una cucina ed
un bagno con una stanza per il personale di servizio; il
mezzanino solleva il soggiorno dall’attacco a terra di
ben due piani permettendo che filtri la luce all’interno
dalle grandi vetrate.
HOUSE 14-15 LE CORBUSIER e PIERRE JEANNERET
Mies inizialmente aveva previsto che la casa 14 e la casa
15 fossero gemelle, così come assecondato dal primo
progetto di Le Corbusier. Successivamente l’architetto
invece ridisegnò le due case dimezzate che volle rappresentare come l’una caratterizzata da un arredamento per
spazi vissuti di giorno, l’altra per quelli vissuti la
notte. In comune, queste due case che si compensano,
trovano la finestra a nastro, continua, le colonnine in
ferro che poggiano a terra e due scale come volumi indipendenti sul lato destro della casa. La casa ricorda
marcatamente il principio d’uso di un vagone ferroviario
- nell’organizzazione dello spazio soggiorno e nella zona
notte che sono tra loro intercambiabili e nello stretto
corridoio che distribuisce alle stanze.
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Rudolf Steiner
Nato il 27 febbraio 1861 a Donji Kraljevec vicino
Cakovec,
nella
Zupanija
Medjimerje,
AustriaUngheria, oggi Croazia.
Studioso e ricercatore di Goethe, filosofo ed esoterista contestato. Fu membro della Società Teosofica
dalla quale prese le distanze per divergenze di
idee.
Dal 1902 ebbe una più intensa attività come scrittore e conferenziere, prima nell'ambito della Società Teosofica e poi di quella Antroposofica, da lui
fondata nel 1913.
Ha edificato, prima in legno e poi in cemento, il
Goetheanum, centro di attività scientifiche e artistiche fondate sull'antroposofia.
Assieme a Ita Wegman fondatore della medicina antroposofica fu fondatore della scuola e della pedagogia
di Waldorf.
Da anni Steiner era solito praticare la meditazione
ed intensificò notevolmente quella pratica con lo
sviluppo de
"la coscienza di un uomo spirituale
interiore che può crescere nella natura umana e che,
liberato totalmente dall’organismo fisico, può
vivere, percepire, muoversi nel mondo spirituale.
Ha ideato l'Euritmia, un'arte del movimento in
grado, attraverso forme, gesti e movimenti, di
rendere visibile "l'invisibile" (suoni e forme del
linguaggio,
stati
d'animo,
forme
e
concetti
archetipici).
L'eredità poderosa di conoscenze innovative e di
iniziative che Rudolf Steiner ci ha lasciato hanno
prodotto nel mondo una vasta serie di iniziative nei
vari campi delle attività umane tra cui emerge
l'agricoltura biodinamica, la medicina antroposofica, l'euritmia, l'arte della parola, la pedagogia
steineriana
(scuole
waldorf),
l'architettura
vivente. Nel Goetheanum si svolgono le attività
della Libera Università di Scienza dello Spirito, le
attività artistiche e teatrali, convegni, meetings e
concerti.
La costruzione del primo Goetheanum inizò nel 1913 per
terminare con l'inaugurazione del 1920 - era un enorme
edificio in legno con due cupole, all'interno impreziosito da ricche decorazioni pitturate e intagliate nel
legno. Due anni dopo la sua inaugurazione, nella notte di
San Silvestro del 1922/23, bruciò completamente. Rudolph
Steiner non tardò a ideare il modello per un nuovo Goethenaum, questa volta da realizzare in cemento armato. La
nuova costruzione fu iniziata poco prima della sua morte
avvenuta nel 1925, si tratta del Goetheanum tutt'oggi
esistente e da alcuni anni sotto la protezione dei Beni
Architettonici. Al suo interno si svolgono le attività
della Libera Università di Scienza dello Spirito, ci sono
sale per spettacoli, concerti, convegni e altre attività.
L'elemento che più caratterizza la costruzione è l'assenza totale di angoli retti. Rudolph Steiner sosteneva che
questi in natura non esistono e quindi vanno evitati anche
nell'habitat che l'essere umano si costruisce. Con il
Goetheanum è stato quindi realizzato un'importante esempio di architettura organica, con forme ispirate al mondo
delle piante e delle espressioni della natura in genere.
E'un' idea che era stata sviluppata già intorno al 1900,
nella corrente dello stile "liberty", ma più nel campo
della gioielleria e oggettistica che in quella architettonica.
Il Goetheanum è stato il primo edificio monumentale mai
modellato in cemento armato. Per poterlo realizzare è
stato necessario trovare soluzioni tecniche e artistiche
di assoluta avanguardia. L' inaugurazione è avvenuta nel
1928, quando non era ancora completato, e i lavori hanno
proseguito fino al 1989. Negli anni successivi intorno a
al Goetheanum è sorto una specie di villaggio, tutte case
costruite nello stile sviluppato da Rudolph Steiner.
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Steiner
faceva spesso l'esempio del guscio di noce, il
quale si adatta esattamente al frutto che contiene.
Le attività artistiche e scientifiche del movimento
miravano ad un completo rinnovamento della cultura.
Del pari la forma dell'edificio doveva parlare un
nuovo linguaggio.
L'attività antroposofica è caratterizzata da una
polarità, da una continua relazione tra il soprasensibile e il sensibile, tra spirito che dona e spirito che
riceve, tra oratore e pubblico. Questa dualità
«espressa in sentimento artistico, si materializza
nella doppia cupola» (Rudolf Steiner). Al di sopra
della scena doveva inarcarsi la piccola, sulla sala
degli spettatori la grande. Il podio dell'oratore
avrebbe dovuto trovarsi tra le due cupole.
Rudolf Steiner non eseguì solamente il disegno di tali
forme, ma ne modellò l'abbozzo.
Passati all'esecuzione sorse un problema tecnico molto
delicato e dei più insoliti. Si trattava di determinare la linea lungo la quale le due gigantesche cupole
avrebbero dovuto intersecarsi. Dopo lunghi scambi di
vedute con gli architetti incaricati del lavoro,
Steiner stesso contribuì decisamente alla risoluzione
del problema. Questo suo lavoro portò un architetto
americano all'affermazione: «chi ha risolto questo
problema e un genio matematico di primo ordine» (dalla
prefazione di Marie Steiner von Sivers all'opera:
«Verso un nuovo stile architettonico»).
La sala avrebbe dovuto contenere mille spettatori; il
volume globale dell'edificio era di 66.000 m3. Le
spese di costruzione furono di sette milioni di franchi
svizzeri
e
furono
interamente
coperte
da
donazioni.
Sopra due filari di colonne correva un architrave in
legno scolpito. La ragione per cui colonne, zoccoli,
capitelli, architravi, gli archi delle finestre ed una
gran parte dei muri esterni ed interni fossero, come
le porte, in legno era che lo scopo stesso
dell'edificio esigeva forme piene di vita.
Quest’opera costituisce l’esempio di un buon connubio tra
l’espressionismo e la secessione viennese (non si dimentichi che Steiner era austriaco, come austriaco era un
altro grande filosofo-architetto come Wittgenstein).
Un’altra strana filiazione, è quella che scorge alcuni
addentellati tra le più recenti forme di arte contemporanea in Germania e certe idee di Steiner.
Se l’aspetto secessionista del Gotheanum è indubbiamente
da porre in rapporto con il clima artistico dell’epoca
(anche alcuni particolari decorativi ne risentono e si
pensi all’Einsteinturm, la famosa costruzione di Mendelsohn, che ha molti punti di contatto con questa anche se
è ancora costruita in muratura); esistono in questo
edificio, degli indizi del tutto nuovi, che fanno pensare
ad una concezione “diversa” del fare architettonico e
soprattutto alla possibilità di usare un nuovo materiale
come il cemento non solo dal punto di vista meramente
funzionale, ma da quello di una effettiva “interpretazione” stilistica del medium.
In altre parole, utilizzando il cemento secondo principi
essenzialmente plastici (e non solo di funzionalità
statica), Steiner, otteneva un nuovo tipo di spazialità,
svincolata bensì dalle antiche leggi triliti che, ma non
da quelle costanti spaziali che dovevano
guidare la
ricerca di una autentica “architettura per l’uomo”.
Si può per questo creare un parallelismo tra Innen e
Aussen –tra interno ed esterno- intesi anche in senso
psicanalitico. L’uomo – si dice- cerca nella sua abitazione l’equivalente d’un grambo materno, ma anche la
proiezione
della
sua
più
intima
persona
umana.
L’edificio, costruito esclusivamente secondo i metodi
della razionalità tecnica, dalle pareti trasparenti ,
dalla “pianta libera” pur nella squisita e aerea eleganza, è privo d’ogni autentica “spazialità interna” e
proietta all’esterno quello che dovrebbe generalmente
essere gelosamente costodito, violando quindi la privacy
stessa dell’abitante che ospita e protegge.
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Varie epoche del design moderno per l’arredamento
Il gruppo internazionale Vitra è nato nel 1950 a Weil
come azienda a condizione famigliare. Il museo Vitra
Design si occupa della ricerca e della storia internazionale, oltre che dell’attuale sviluppo del design
industriale per l’arredamento e settori affini. Al suo
interno sono esposti oggetti di tutte le epoche rilevanti dal punto di vista stilistico: dall’inizio della
produzione industriale di massa, alla metà del XIX
secolo, ai progetti funzionali dell’epoca moderna,
fino agli oggetti d’arredamento post-moderni dei
giorni nostri. Chi nutre interesse per l’architettura
ed il design moderno non può rinunciare a una visita
al famoso Parco Architettonico Vitra dell’omonima
azienda produttrice di sedie, rinomata in tutto il
mondo, che si trova alla periferia nord di Weil
All'epoca, cominciò ad acquistare mobili, oggetti di
arredamento e prodotti del design industriale, con l'intento di documentare la storia della Vitra. Dal sodalizio
con l'attuale direttore del museo, Alexander von Vegesack, è scaturita l'idea di farne un museo. È seguito,
quindi, l'incarico a Gehry di progettare l'edificio e
l'inaugurazione ufficiale il 3 novembre 1989.
In anni recenti, gli interessi del Vitra Design Museum si
sono spinti fino a Berlino, dove è stato creato il Vitra
Design Museum Berlin. Attualmente sono in corso i lavori
di sistemazione della sede, la ex-birreria Pfefferberg.
L'apertura è prevista nella primavera 2007.Il Vitra
Design Museum di Weil am Rhein deve gran parte della sua
fama al singolare contenitore che lo ospita. In effetti,
quando venne realizzato, in Europa non ne esistevano
ancora di simili.
Il Vitra Design Museum di Weil am Rhein è un museo
privato dedicato al design del mobile e, secondariamente, all'architettura moderna e contemporanea. La
collezione, le mostre e le varie iniziative hanno lo
scopo di documentare la storia, le tendenze e i prodotti del design industriale.
Oltre che per le attività, il museo è noto a livello
internazionale per l'originale edificio che lo accoglie. Si tratta del primo progetto realizzato in
Europa dal famoso architetto californiano Frank O.
Gehry.
Dall'esterno, l'edificio di Frank O. Gehry appare come
una massa candida e asimmetrica, costituita da cubi,
torrette, passerelle ed elementi sbilenchi giustapposti.
La sensazione è quella di una struttura delicata, sconvolta dal vento.
L'interno si caratterizza per una successione di spazi
dalla forma e disposizione irregolare. Lucernari e feritoie, garantiscono l'alternanza di luce naturale e artificiale, che conferisce suggestione e mistero agli oggetti esposti.
Ma lo strano "blocco" del Vitra non è solo. Sulla verde
distesa sorgono altre illustri testimonianze dell'architettura contemporanea:
Feuerwehrhaus (caserma dei pompieri) di Zaha Hadid
(1993)
Konferenzpavillon (padiglione per le conferenze) di
Tadao Ando (1993)
Fabrikationsgebäude (fabbrica) di Nicholas Grimshaw
(1981-86), Frank O. Gehry (1989) e Alvaro Siza (1994)
Questi edifici, assieme ad alcune recenti costruzioni di
Buckminster Fuller e Jean Prouvé sono l'oggetto di uno
speciale Tour guidato di architettura.
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Zaha Hadid -stazione vigili del fuoco (1991-93)
E' un intersecarsi di superfici e piani obliqui e
inclinati, ciascuno dei quali saetta lungo autonome
linee di fuga.
Situata in un'area ai margini del campus della Vitra,
segna in maniera decisa il luogo; con i ritmi serrati
e articolati che sviluppa, esprime una forte identità
che si trasmette a tutta la zona.
"L'edificio - ha dichiarato Hadid - è movimento congelato. Esprime la tensione dello stato di allarme, può
esplodere in azione in ogni momento. I muri sembrano
scivolare gli uni sugli altri, mentre le grandi pareti
scorrevoli sono letteralmente muri mobili.
Interamente realizzato in cemento armato e privo di
ogni accenno di ornamentazione, delinea un linguaggio
asciutto, netto, che esalta maggiormente la manipolazione spaziale svolta, tesa a creare cavità dinamiche.
L'assenza
di
dettagli
rende
più
eloquente
"l'affastellarsi"e stratificarsi dei volumi, disposti
e riordinati in modo tale da rendere l'uso dell'edificio necessariamente esatto e rapido.
Tadao Ando - Padiglione conferenze
Il progetto a Weil-am-Rheim si compone di tre figure
poste nella loro semplicità. Poco più in là un’opera
di Claes Oldenburg diventa il diaframma tra l’edificio
di Ando e quello progettato da Frank O. Gehry. Nel
Padiglione, un primo blocco rettangolare è accostato
ad un secondo, ruotato rispetto all’ortogonale.
Entrambi terminano nel giardino “murato” da pareti che
ricostruiscono un quadrato, seminterrato in cui i
volumi si ritrovano ad essere collegati da un muro
semicircolare. Sembrerebbe quasi asettica questa
architettura che invece è percorribile, utilizza scale
per far sì che le persone possano esperire lo spazio,
acquisendo la consapevolezza dell’edificio.
È architettura tattile questa di Tadao Ando. Fatta di
calcestruzzo armato a vista e di listelli di legno per la
pavimentazione.
È probabile che gli elementi di questo progetto, posti in
una determinata coerenza tra loro generino, a chi guarda,
un’idea di ordine. Un ordine tuttavia non asettico, non
lontano, ma fatto di esperienza. Sostiene Ando che affinché la geometria possa risvegliare le nostre emozioni
“necessita di quel tipo di dinamismo che può distruggere
la coerenza logica”.
l piano seminterrato accoglie stanze accessibili al
pubblico, come la stanza lettura e il centro didattico del
museo, oltre al magazzino di manutenzione e stoccaggio
delle opere e i servizi. Il secondo piano seminterrato,
non accessibile al pubblico, offre lo spazio per l'organizzazione degli archivi originali.
Alvaro Siza Vieira - Fabbrica
La collocazione della fabbrica lungo la Charles Eames
Street, asse principale del Campus Vitra, costituisce il
progetto di Álvaro Siza che ha per tema la costruzione di
uno spazio pragmaticamente formato sulle esigenze della
produzione seriale. Il contesto è quello di un complesso
industriale in cui distribuzione e connotazione architettonica degli edifici contribuiscono a formulare un
linguaggio complessivo reso evidente anche nelle prospettive osservabili dalla viabilità. Le relazioni con
l’intorno, a partire della Stazione dei pompieri di Zaha
Hadid, fanno di questo luogo una sorta di grande museo di
architettura. L’architettura della Hadid alimenta la
percezione del dinamismo dei vigili del fuoco, mentre
Siza fonda le sue osservazioni sull’assonanza tra destinazione d’uso ed esito architettonico, contrapponendo a
quella della Hadid un’architettura ideologica, in cui
vige l’assenza di ogni eccitazione e di generiche concessioni al poetico.
La fabbrica di Álvaro Siza è una metafora della scansione
temporale nella produzione del bene economico, nella
misura del tempo e della materia.
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Jean Nouvel
(Fumel, 12 agosto 1945) è un architetto francese,
vincitore del premio Pritzker nel 2008.
Dopo aver lavorato da Claude Parent, il padre della
«funzione obliqua», e nel movimento intellettuale
dell'architetto Paul Virilio, fonda nel 1970 la sua
prima agenzia con François Seigneur.
1971: Diploma d'architetto DPLG e incontro col critico
Georges Boudaille grazie al quale diviene architetto
della Biennale di Parigi. Pratica allora la scenografia per la sezione di architettura e design
dell’esposizione Les Années 50 al Centre Pompidou nel
1988, e più di recente quella della mostra Le Futur du
travail e La Mobilité per l’Expo 2000 ad Hannover. Nel
1976,incontra lo scenografo Jacques le Marquet che gli
fa scoprire il mondo del teatro e la messa in scena.
Jean Nouvel ha sempre preso posizioni di militanza, a
volta polemici riguardo ai problemi e decisioni
sull'architettura e la città.
Nel 1976 è co-fondatore del movimento degli architetti
francesi Marzo 1976. L'anno dopo è co-fondatore del
Sindicato dell'Architettura e uno dei principali organizzatori della consultazione internazionale per la
riqualificazione del quartiere delle Halles di Parigi.
Fonda nel 1980 la Biennale d’architettura all'interno
della Biennale di Parigi.
Nouvel ha vinto numerosi premi di architettura e
design, ed ha ricevuto varie distinzioni per il suo
lavoro. Nel 1980 gli venne concessa la medaglia
d’argento della Académie d´Architecture. Nel 1983 fu
nominato dottore honoris causa dalla Universita di
Buenos Aires. Nel 1987 riceve il "Grand Prix d'Architecture" alla totalitá dela sua opera e l’"Equerre
d'Argent" per le sue creazioni di mobili minimalisti.
La sua opera é stata esposta in diversi musei internazionali come il Museo Nacional Centro de Arte Reina
Sofía di Madrid, il Museo di Arte Moderna Exposeum o
il centro di arte e cultura Centre Pompidou di Parigi.
Nel 2008 è stato insignito del Premio Pritzker che è
considerato il Premio Nobel per l'architettura.
Situato sulla riva del lago di Lucerna, l’edificio guarda
verso la città del XVII secolo.
Dalla sponda opposta il Centro si staglia netto nei suoi
volumi dal taglio moderno ma sempre nel rispetto della
struttura precedente della città.
Città storica/nuovo edificio
Lucerna, antica città dalla lunga tradizione turistica,
aveva sempre mantenuto la propria immagine architettonica, senza mai introdurre nuovi edifici. Questa struttura
ultramoderna, con la sua facciata in vetro ed acciaio
multicolore e lo straordinario tetto a sbalzo, a ventuno
metri da livello del suolo, rappresenta un netto taglio
con la tradizione.
Innovazione/tradizione
Dal Centro Congressi, che sorge sulle sponde del Lago di
Lucerna, sono visibili una serie di edifici risalenti al
diciassettesimo secolo, un antico ponte in legno e torri
medievali in pietra.
Tuttavia, osservata dalla sponda opposta del lago, la
struttura si fonde perfettamente con l'orizzonte, rispettando la struttura tradizionale della città. L'enorme
sporgenza del tetto, le tre sezioni in cui si suddivide
l'edificio sottostante ed il lungolago chiuso al traffico
sono visibili soltanto da vicino.
Cliente/Architetto
L'unicità del progetto consiste nella straordinaria
partecipazione dimostrata dai clienti, vale a dire gli
abitanti di Lucerna, che hanno collaborato con l'architetto durante le varie fasi della costruzione. Sono stati
indetti numerosi referendum e gli abitanti hanno approvato la proposta dell'architetto.
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Armonia/dominio
I cittadini hanno avuto il coraggio di approvare un
progetto estremamente innovativo e diverso rispetto
all'ambiente in cui sarebbe stato inserito. D'altro
canto, Jean Nouvel ha avuto il buon senso di armonizzare
la struttura con l'ambiente esistente invece di cercare
di dominarlo.
Da un punto di vista programmatico, si tratta di una
struttura di fondamentale importanza per una città che
aspira ad ospitare concerti e congressi di portata
internazionale e di un elemento essenziale della vita
culturale di Lucerna.
Riflessi/sostanza
L'enorme tetto, con la sua sporgenza di quarantacinque
metri, rappresenta l'elemento architettonicamente più
ardito dell'edificio ma, nonostante ciò, 'galleggia'
leggero ed elegante fra terra e cielo, valorizzato da
lastre piatte in alluminio che ne riflettono le linee
decise in contrasto con le marezzature del lago.
Opacità/Trasparenza
L'edificio ospita iniziative tradizionalmente considerate come mondi chiusi in se stessi e non comunicanti.
La sala concerti in stile "scatola", il centro congressi
ed il museo sono in effetti spazi autonomi, ma la struttura nel suo insieme offre indizi su ciò che ha luogo
all'interno, contrapponendo materiali caratterizzati da
vari gradi di trasparenza ed opacità.
Cornici/Vista panoramica
All'esperienza visiva all'interno dell'edificio contribuiscono varie aperture di tipo diverso. La terrazza
sottostante il tetto circonda la struttura ed offre una
vista panoramica del paesaggio. Le varie finestre, nella
loro diversità, offrono un'esperienza più controllata,
catturando determinati momenti ed immagini della vita
cittadina ed incorniciandoli ad uso dei visitatori.
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Luce filtrata/visione totale
Nouvel ha creato effetti visivi utilizzando, in diversi
settori della facciata, griglie metalliche caratterizzate
da diversi gradi di trasparenza. L'effetto è sia interno
(le griglie filtrano la luce ed occludono parzialmente la
visione) che esterno, in quanto i passanti possono scorgere i movimenti dei visitatori ed il mondo della cultura
ospitato all'interno.
Frammentazione/unità
I tre elementi principali sono allineati perpendicolarmente al di sotto di un'enorme struttura orizzontale.
Come una grande pagoda, il tetto ricopre le tre masse
architettoniche di cui si compone l'edificio: ideato al
fine di armonizzare il Centro con la distesa orizzontale
del lago, invita i visitatori a passare un po' di tempo
all'esterno.
Il Centro comprende una sala concerti da milleottocentoquaranta posti, un salone multifunzionale da novecento
posti ed un museo completo di sala conferenze da trecento
posti. L'ambizione di promuovere la città come centro
turistico ed organizzatore di conferenze hanno inoltre
consentito al Festival musicale di Lucerna, un'iniziativa
di fama internazionale, di trovare una nuova sede.
Sponda/lago
Il progetto originario, che ha consentito a Nouvel di
aggiudicarsi il concorso nel 1990, prevedeva che il
Centro si sviluppasse sulla superficie stessa del lago:
tuttavia, al momento di vedersi affidare i lavori, l'architetto si vide imporre come condizione quella di
lasciare il lago immutato.
Nouvel decise allora di introdurre il lago nell'edificio,
costruendo due canali di scarsa profondità che si sviluppano all'interno del complesso, suddividendolo in pratica
in tre settori distinti.