Appendice A
A1. VARIABILI A PREZZI CORRENTI E A PREZZI COSTANTI
year
Se ipotizziamo che: VR tyear = VN t / Ptyear =100 , dove VR t indica il Valore Reale assunto dalla
variabile nel periodo t e misurato in base ai prezzi dell’anno di riferimento “year”, VN è il
corrispondente Valore Nominale al tempo t e Ptyear =100 è il valore assunto al tempo t da un indice di
prezzo avente “base” (ossia valore convenzionale pari a 100) nell’anno “year”.
Il dato a prezzi costanti fornisce la misura corretta della dimensione di un fenomeno e della sua
evoluzione nel tempo, “depurando” i risultati dai puri effetti di crescita dei prezzi. Importante è la
gestione degli anni base e il corretto utilizzo dei Coefficienti di rivalutazione monetaria forniti
dall’ISTAT
Per capire meglio la distinzione tra variabili a prezzi correnti (reali) e variabili a prezzi costanti
(nominali) possiamo prendere in considerazione la variabile macroeconomica Pil (Prodotto Interno
Lordo). Il Pil è un indicatore della produzione totale realizzata in un paese durante un certo periodo
di tempo, quale un determinato anno, ed è utile per mettere a confronto l’attività economica di aree
diverse. I dati relativi al Pil dell’Unione Europea relativo al 2007, per esempio, suddivisi per i vari
Stati, permettono di fare un raffronto tra la produzione aggregata della Germania con quella della
Francia, della Gran Bretagna e così via per tutti i 27 Paesi dell’UE.
Per gli economisti, tuttavia, è interessante confrontare i livelli di attività economica realizzati non
solo in loghi diversi, ma anche nel corso del tempo per conoscere di quanto sia cresciuto (o
diminuito) il livello del prodotto del paese.
Utilizzare il Pil per confrontare l’attività economica ottenuta in due momenti diversi può tuttavia
portare a conclusioni fuorvianti, come dimostra l’esempio che segue. Supponiamo che in Italia si
producano solo pizze e calzoni e che i prezzi e le quantità riferiti agli anni 2001 e 2006 siano i
seguenti:
Quantità di pizze
Prezzo
delle Quantità
di Prezzo
pizze
calzoni
calzoni
2001
10
10 euro
15
5 euro
2006
20
12 euro
30
6 euro
dei
Se calcoliamo il Pil di ogni anno in termini di mercato della produzione otteniamo:
per l’anno 2001: PIL2001 = (10 * 10) + (15 * 5) = 175
1
per l’anno 2006: PIL2006 = (20 * 12) + (30 * 6) = 420
Confrontando i due risultati potremmo concludere che il Pil del 2006 è 2.4 volte maggiore di quello
del 2001 (420euro/175euro).
Se osserviamo con maggiore dettaglio i dati presentati nella tabella notiamo che le quantità di pizze
e calzoni prodotta nel 2006 sono esattamente raddoppiate rispetto a quello del 2001, ma osserviamo
anche che i valori del Pil hanno subito un incremento maggiore. Perché?
Il motivo di questo andamento, come si evince anche dalla tabella, è che tra il 2001 e il 2006 oltre
alle quantità sono aumentati anche i prezzi; di conseguenza, il valore di mercato della produzione è
cresciuto più del volume fisico della medesima. In questo caso il Pil si rivela un indicatore non
veritiero dell’andamento della crescita economia del paese, poiché sono le quantità fisiche dei bei e
servizi prodotti in un determinato anno, non i valori monetari, a determinare il livello di benessere
economico della popolazione. In tal caso sostenere che il livello del prodotto dell’economia italiana
è più che raddoppiato sarebbe un’affermazione falsa.
Quindi se volgiamo utilizzare il Pil per mettere a confronto l’attività economica di un paese in
momenti diversi nel tempo dobbiamo trovare il modo di escludere gli effetti delle variazioni di
prezzo; in altri termini, è necessario effettuare alcuni aggiustamenti per tenere conto dell’inflazione.
A tal fine gli economisti utilizzano un unico insieme di prezzi in base ai quali stimano il valore della
produzione realizzata in anni diversi. Il metodo standard permette di scegliere un determinato anno,
chiamato anno-base, per poi calcolare il valore di mercato del prodotto in base ai prezzi di tale
anno. Quando il Pil viene calcolato utilizzando i prezzi di un anno base, anziché quelli dell’anno
corrente, prende il nome di Pil reale, a indicare il fatto che si tratta appunto della misura della
produzione fisica reale e rappresenta il valore del Pil corretto per tenere conto dell’inflazione. Il Pil
calcolato ai prezzi dell’anno corrente viene detto Pil nominale per distinguerlo dal Pil reale.
Nel nostro esempio ponendo il 2001 come anno base, ci proponiamo di calcolare il Pil reale degli
anni 2001 e 2006, per vedere in che misura sia cresciuto il prodotto reale nel quinquennio in esame.
Per trovare il Pil reale del 2006 dobbiamo stimare il valore della produzione di quell’anno
utilizzando i prezzi dell’anno base, il 2001. Con riferimento ai dati della nostra tabella avremo che:
Pil reale del 2006: PILR = (20 *10) + (30 * 5) = 350
Pil reale del 2001: equivale alla produzione del 2001 valutata ai prezzi dell’anno base (2001), in
questo caso corrisponde al Pil nominale del 2001 ed è pari a 175.
A questo punto se confrontiamo i due Pil reali osserviamo che la produzione è passata da 175 a 350,
quindi è raddoppiata, in questo caso si tratta di una conclusione sensata.
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A2. TASSI DI CRESCITA E LORO ALGEBRA
• Variazioni congiunturali: forniscono una “fotografia istantanea” dell’andamento di un
fenomeno. Sono ottenute confrontando l’ultimo dato disponibile con quello del periodo
precedente: ∆ X t =
%
X t − X t −1
× 100 . I problemi si hanno nel momento in cui esiste un
X t −1
fenomeno di stagionalità nei dati.
• Variazioni tendenziali: sono preferibili in presenza di stagionalità, e sono utilizzate di solito
a livello istituzionale. Sono ottenute confrontando l’ultimo dato disponibile con quello del
medesimo periodo dell’anno precedente: ∆ X t =
%
X t − X t −k
, con k=12 nel caso di dati
X t −k
mensili, k=4 per dati trimestrali ecc.
Per spiegare meglio la differenza tra variazioni congiunturali e tendenziali possiamo prendere
come esempio la serie storica dell’inflazione. L’inflazione consiste in un aumento del livello
generale dei prezzi che provoca e riflette una diminuzione del potere d’acquisto della moneta.
Per misurare l’inflazione si utilizza il tasso di crescita percentuale del livello dei prezzi
rispetto a un dato periodo di riferimento. La scelta del periodo di riferimento determina il tipo
di inflazione che viene misurata. Per capire meglio, immaginiamo di disporre di dati mensili
sull’indice dei prezzi al consumo standardizzato (IPC).
Una possibile misura dell’inflazione corrente, l’inflazione congiunturale, può essere ottenuta
confrontando il dato dell’ultimo mese disponibile con quello del mese immediatamente
precedente:
tasso di inflazione congiunturale = Π C =
IPC t − IPC t −1
× 100
IPCt −1
Questa misura dell’inflazione può (talvolta) risentire di un difetto tale da renderla scarsamente
attendibile: si tratta del problema della stagionalità. Molte variabili economiche esibiscono
un comportamento tipicamente stagionale, nel senso che ogni anno, con regolarità, fanno
registrare un picco verso l’alto in alcuni specifici mesi (sempre i medesimi) e una
diminuzione in altri. Un esempio tipico è dato dalla produzione industriale, che ogni anno ad
agosto precipita a causa della chiusura di molte fabbriche e stabilimenti produttivi.
Nel caso degli indici di prezzo la presenza di stagionalità è meno evidente e frequente: esiste
ad ogni modo una tendenza sistematica dei prezzi a lievitare durante il mese di dicembre di
ogni anno.
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Provate allora a pensare di misurare il tasso di inflazione congiunturale registrato nel
dicembre dell’anno 2007: per effetto della stagionalità, scoprirete senza dubbio che l’indice
dei prezzi al consumo di dicembre è più alto di quello di novembre e il tasso di inflazione
congiunturale avrà certamente un valore positivo. Tuttavia, risulterà difficile interpretarlo.
Infatti, non sarà possibile capire se esso segnala l’esistenza di tensioni sul mercato dei beni, e
quindi è un vero e proprio surriscaldamento generalizzato dei prezzi (ossia vera e propria
inflazione), o se si tratta di un risultato puramente tecnico, che si ripete uguale a sé stesso di
anno in anno ed è imputabile alla sola esistenza di stagionalità.
Un valido aiuto a interpretare meglio le dinamiche di prezzo viene dall’utilizzo di una misura
dell’inflazione alternativa a quella congiunturale: è la cosiddetta inflazione tendenziale, che
viene calcolata confrontando il dato dell’ultimo mese disponibile con quello relativo allo
stesso mese dell’anno precedente:
tasso di inflazione tendenziale = Π te =
IPC t − IPC t −12
× 100
IPCt −12
è evidente che la misura dell’inflazione tendenziale viene ottenuta confrontando due dati che,
in quanto riferiti allo stesso periodo dell’anno (seppur in anni diversi), sono caratterizzati dal
medesimo effetto stagionale.
OSS. Pertanto, la differenza (percentuale) tra questi due dati, ossia la crescita dei prezzi
rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, risulta in un certo senso “depurata” dalla
stagionalità e permette di quantificare con buona precisione la dimensione del fenomeno
inflazionistico.
A3. NUMERI INDICE
I dati grezzi tendenzialmente non trasmettono informazioni economiche rilevanti, per questo motivo
è utile introdurre il concetto di numero indice.
Il numero indice è un numero puro che non avendo un’unità di misura di riferimento permette di
fare confronti tra variabili diverse.
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Un esempio potrebbe essere il seguente: ipotizziamo di avere i seguenti dati dell’ICP dal 2000 al
2005 (cinque anni):
Anno
ICP
ICP –
numero
indice con base
2000
2000
138
138
* 100 = 100
138
2001
148
148
* 100 = 107
138
2002
152
152
* 100 = 110
138
2003
180
180
* 100 = 130
138
2004
210
210
* 100 = 152
138
2005
197
197
* 100 = 142
138
Per trovare il numero indice, ipotizzando come base il primo anno, dobbiamo calcolare:
valore periodo t
* 100 = numero indice
valore periodo di rifermento
OSS. Nel file excel allegato trovate un esempio di costruzione di numero indice per la serie storica
del Pil (GDP) dell’Italia. Nella tabella sono presentati i due casi in cui si prende come riferimento il
primo e l’ultimo trimestre.
OSS. Definizione di Pesi
I pesi sono dei coefficienti la cui somma è pari a 1 e vengono assegnati alle diverse variabili in
funzione della rilevanza che tali variabili assumono nella spiegazione del fenomeno.
Un esempio potrebbe essere quello del Pil dell’Unione Europea. Il valore del Pil a livello aggregato
è dato da una somma “ponderata” dei valori del Pil dei singoli Stati membri, ossia si sommano i Pil
dei diversi Paesi però con un coefficiente diverso in base alla dimensione (non solo territoriale) del
Paese.
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