FEDERICO CORRONCA SEMEIOTICA CHIRURGICA LEZIONE 3

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FEDERICO CORRONCA
SEMEIOTICA CHIRURGICA
LEZIONE 3, SECONDA PARTE
Tra i cosiddetti sintomi di allarme (o sintomi principali) bisogna dare una rilevanza particolare alla febbre.
Con questo termine intendiamo un aumento della temperatura cutanea al di sopra dei valori normali.
Sappiamo che il nostro organismo è definito organismo di tipo omeoterme, ovvero organismo che è capace
attraverso alcuni meccanismi di mantenere la sua temperatura costante e altri due concetti da introdurre
sono che si parla rispettivamente di ipertermia e ipotermia per valore al di sopra o valori al di sotto dei
valori normali. In una persona adulta si indica come valore normale una temperatura al di sopra dei 37
gradi centigradi, con piccole variazioni (36.5) a seconda del punto di misurazione. Ricordiamo che dal punto
di vista fisiologico la temperatura può variare a causa di: temperatura esterna, del tipo di rilevazione (in
genere la temperatura interna è superiore anche di un grado nelle misurazioni rettali o vaginali), a seconda
dell'ora (in genere la temperatura è superiore di almeno mezzo grado durante le ore serali), varia nelle
donne con il ciclo mestruale (in genere è superiore nella prima metà del ciclo) ed è superiore nei bambini
(anche di un grado). La difficoltà nel valutare la temperatura sta nel fatto che i termometri a mercurio sono
stati aboliti e si può misurare solo con strumenti di tipo elettronico (es. con la misurazione della
temperatura della membrana timpanica lo strumento viene applicato nel condotto uditivo e rileva
immediatamente la temperatura). L'affidabilità di questi strumenti è del tutto relativo, (racconta un caso
che l'anno scorso ha causato diversi problemi riguardante una donna che era stata operata e che
regolarmente alla rilevazione della temperatura mostrava valori di iperpiressia sui 39-39 gradi e mezzo che
non avevano un corrispettivo da senso di vista clinico, utilizzando poi uno strumento al mercurio è stato
appurato che esistevano cerca 2 gradi di differenza rispetto alla rilevazione con lo strumento digitale). È
necessario tenere presente che lo strumento elettronico valuta la temperatura interna per cui si è
"autorizzati" a diminuire di circa un grado la temperatura rilevata.
Per secoli l’uomo ha tentato di spiegare cosa fosse la febbre. C'erano due partiti contrapposti: da un lato
c'era la visione della febbre come un meccanismo verosimilmente utile per la difesa dell'organismo,
dall'altra non si era mai capito in cosa consistesse realmente.
Soprattutto nel paziente chirurgico l'assenza di febbre (in quelle condizioni che dovrebbero essere
caratterizzate invece dalla sua presenza) dev'essere considerata un segno negativo perché in questa
situazione possiamo sospettare di essere davanti a un organismo ormai anergico. La febbre può comparire
in una miriade di situazione patologiche: legata a infezioni da parte di batteri,virus e altri parassiti, può
presentarsi in corso di neoplasie, è tipica di alcune lesioni infartuali, di emorragie, di alcune malattie
ematologiche,di leucemie e linfomi, di alcune malattie disreattive, di traumi, di alcune endocrinopatie, di
affezioni cerebrali (per esempio ictus o tumori cerebrali possono manifestarsi con la comparsa di febbre)
dunque dal punto di vista eziologico c'è un corollario di patologie che possono manifestarsi con la presenza
di febbre.
Dal punto di vista della semeiotica fisica dobbiamo prendere in considerazione alcuni caratteri delle febbri;
in particolare è molto importante tenere conto del luogo e dello strumento utilizzati per rilevare la
temperatura. L'intensità della febbre normalmente viene distinta in lieve, moderata, ed elevata a seconda
che la temperatura arrivi fino a 38 gradi, tra 38 e 39 e oltre 39; alla febbre possono associarsi alcuni sintomi
i quali devono essere colti all'esordio, all'acme e alla defervescenza della febbre che possono indirizzarci sul
tipo di affezione.
Inoltre la febbre può essere valutata per quello che riguarda il suo andamento temporale con un grafico
che viene apposto al letto del malato e viene realizzato tramite una rilevazione della temperatura
effettuata 4 volte al giorno. Ecco alcune premesse di natura fisiopatologica per spiegare la febbre:
sappiamo già che il nostro organismo e di tipo omeoterme in quanto dotato di centri termoregolatori che ci
permettono di bilanciare le variazioni della temperatura dell'ambiente esterno con meccanismi quali
vasodilatazione, aumento della frequenza respiratoria, sudorazione, vasocostrizione cutanea, aumento
dell’attività muscolare involontaria, brividi, e aumento dei processi metabolici che hanno come risultato
finale quello di produrre calore. E’ quindi plausibile che alla base della febbre ci sia un deficit dei
meccanismi periferici di termoregolazione o meglio dove l'eccessiva quantità di calore somministrata al
nostro organismo non può essere controbilanciata dai meccanismi di termoregolazione stessi (l'esempio
tipico può essere il colpo di calore). Esistono delle situazioni particolari in cui la febbre può derivare da un
eccessivo quantitativo di calore prodotto durante una contrattura muscolare (come ad esempio il tetano o
alcune forme di ipertermia maligna che è una patologia che può essere messa in evidenza in ambiente
chirurgico, legata ad allergie a particolari anestetici e soprattutto a miorilassanti). La febbre può essere
anche il risultato di un danno presso i centri termoregolatori e questa è la febbre che può essere messa in
evidenza in soggetti che presentano un trauma cranico o delle emorragie cerebrali. Nella pratica quotidiana
la maggior parte di fenomeni di iperpiressia con cui ci s'imbatte è dovuta alla presenza di pirogeni cioè di
sostanze vuoi di natura esogena (per esempio microbi), vuoi di natura endogena (in genere legati ad
un'origine di tipo leucocitario  per la cascata infiammatoria che viene a produrre queste sostanze che
vanno a stimolare i centri termoregolatori con l'aumento della temperatura corporea). Nell'ambito della
fisiopatologia ma soprattutto nella pratica clinica e necessario ricordare che tutto questo ragionamento
non vale in età pediatrica e nemmeno nel paziente anziano. In età pediatrica, non essendosi ancora
completamente sviluppati i centri termoregolatori a livello ipotalamico, succede che il bambino è molto più
sensibile alla variazione della temperatura ambientale rispetto all'adulto e all'adolescente e inoltre c'è
anche una maggiore suscettibilità all'inverso (cioè all’ ipotermia). Lo squilibrio dell'attività di
termoregolazione si manifesta non solo con la comparsa di febbre ma anche con delle crisi convulsive,
fenomeni particolari caratterizzati dalla contrazione brusca e involontaria della muscolatura scheletrica;
viene distinta in una contrazione generalizzata qualora coinvolga tutte le masse muscolari oppure in una
convulsione localizzata che coinvolge solo determinate strutture muscolari (come per esempio gli arti, la
faccia) e a seconda dell'andamento della convulsione possiamo distinguere delle convulsioni di tipo tonico
(prolungate nel tempo con irrigidimento della muscolatura) o convulsioni di tipo tonico-clonico (ovvero di
contrazione e rilasciamento).
Possono avere una genesi quanto mai varia e soprattutto possono essere:
-riconducibili a delle crisi epilettiche, cioè a delle alterazione nella corteccia cerebrale e possono
manifestarsi in alcune malattie come il tetano;
-espressione di situazioni dismetaboliche come per esempio alterazioni del metabolismo del calcio;
-situazioni di anossia ipoglicemia di natura isterica;
-nella stragrande maggioranza dei casi (soprattutto nel bambino) sono situazioni legate alla comparsa di
febbre.
Di contro esiste la situazione nel paziente anziano in cui la temperatura basale e al di sotto dei valori
considerati normali e c'è una minor risposta termica alle infezioni. Non è raro nel paziente anziano mettere
in evidenza gravi situazioni di peritonite (ovvero infiammazione della sierosa peritoneale) in cui mancano i
sintomi presenti normalmente in una persona giovane quali iperpiressia con febbri remittenti o
intermittenti, brividi, sudorazione e questo può confondere il nostro ragionamento se non ricordiamo
questo aspetto.
Ricordiamo ancora, sotto questo punto di vista, che ci sono dei corrispettivi che dal punto di vista
semiologico, sia per quello che riguarda la respirazione sia per quello che riguarda la frequenza cardiaca,
che dettano una legge “molto empirica” che per un aumento di temperatura corporea si ha un aumento
della frequenza del polso (circa 8 pulsazioni al minuto in più) e si presenta anche un aumento della
frequenza respiratoria con un rapporto di 1 a 4.
Attenzione, questo è vero ma in alcune situazioni l’incremento della frequenza è ben maggiore delle
semplici 8 pulsazioni. Ricordatevi sempre che i sintomi di allarme sono soprattutto nel paziente chirurgico,
quando voi vedete che nel post operatorio il paziente si presenta tachicardico, ipoteso, febbrile e con un
aumento della conta dei globuli bianchi, dovete immediatamente prestare maggiore attenzione perché
quel paziente presenta una reazione anomala.
È chiaro se viviamo in Italia noi esprimeremo la temperatura in gradi centigradi; se andate a lavorare nei
paesi anglosassoni e negli Stati Uniti utilizzerete una diversa scala di riferimento: la scala Fahrenheit (e
dovrete utilizzare delle formule di conversione dalla scala Celsius alla Fahrenheit).
Cosa si associa, in genere, alla comparsa di febbre? Abbiamo detto che possono mettersi in evidenza alcuni
fenomeni, a seconda delle varie fasi. In genere l’esordio della temperatura può mostrarsi con due aspetti:
da un lato un esordio progressivo, con il paziente che può esprimere un progressivo senso di calore; in
alcuni casi invce questo esordio è molto brusco, con la comparsa di brividi alle volte squassanti che non
riescono ad essere dominati, col paziente che non riesce in alcuna maniera a superare questo imponente
senso di freddo a cui fa seguito la comparsa di un’intensa sensazione di calore. Lo stesso fenomeno può
avvenire alla risoluzione della febbre: la febbre normalmente può cadere per crisi (per brusca caduta per
es. da 38,5 a 36) ed in genere si associa a abbondanti sudorazioni oppure può cadere per lisi, una lenta e
progressiva diminuzione della febbre, riscontrabile nella riproduzione grafica, che avviene nell’arco di
diversi giorni.
Quindi bisogna sempre andare a cercare sintomi di accompagnamento come brividi e sudorazione; in alcuni
casi la sudorazione è una delle caratteristiche fondamentali della febbre, tali che un tempo si parlava di
vere e proprie febbri sudorali come procellosi, tubercolosi e linfomi. Oggi sono molto meno frequenti,
soprattutto le prime due ed è più raro mettere in evidenza malati di questo genere. Per i linfomi vedremo,
soprattutto nel linfoma di Hodgkin, il particolare andamento di febbri remittenti.
Abbiamo già ricordato la possibilità di convulsioni e, in alcuni casi particolari, la possibilità di mettere in
evidenza fenomeni come il delirio legati ad alterazioni del sensorio del paziente.
Abbiamo detto come dobbiamo rappresentare la febbre con andamento grafico: questo grafico parte come
linea di riferimento da una situazione di normotermia (che abbiamo detto essere di 37 gradi centigradi) per
cui dalla situazione basale noi avremo la possibilità di mettere in evidenza la salita della febbre, l’acme, con
la situazione di massima temperatura raggiunta, e la defervescenza con alcune modalità a seconda della
caduta per lisi o per crisi e in funzione dell’andamento della temperatura corporea possiamo distinguere
quattro tipi di curve termiche: parliamo di febbre continua quando la febbre è elevata, cioè una febbre
superiore ai 38 – 38,5° e nell’arco delle 24 ore si hanno delle variazioni della temperatura inferiori a 1
grado(andamento tipico di malattie infettive come il tifo); parliamo di febbre remittente quando invece la
temperatura mostra delle variazioni superiori a 1° anche se la temperatura rimane, nell’arco delle 24 ore,
sempre al di sopra dei 37° (andamento tipico di infezioni da piogeni); parliamo di febbri intermittenti
quando la variazione di temperatura è superiore a 1° ma la temperatura nell’arco delle 24 ore torna al di
sotto dei 37°(andamento tipico delle infezioni soprattutto delle vie biliari e delle vie urinarie ed in genere è
caratterizzato da un esordio con brividi squassanti prima dell’acme della puntata febbrile); parliamo di
febbre ricorrente quando l’andamento della curva termica permette di evidenziare una febbre continua
intervallata, per alcuni giorni, da situazioni di apiressia.
Nel paziente chirurgico spesso parliamo anche di febbricola; cosa si intende? Vi capiterà sicuramente
quando passate in visita o quando si fa una riunione collegiale di valutare i singoli casi sia per quanto
riguarda una valutazione pre-operatoria che una valutazione del decorso post-operatorio e sentirete spesso
parlare di paziente con una febbricola. Si tratta di un aumento modesto della temperatura: 37,5 fino a 38°
e le cause, soprattutto nel paziente chirurgico, possono essere molteplici: può trattarsi di febbre da
riassorbimento, febbre legata a un’infezione da catetere, un’infezione delle basi polmonari, o legata
all’allettamento del paziente. Il più delle volte sono dovute a cause banali, che regrediscono nel giro di
qualche giorno senza necessità di adottare particolari terapie se non antipiretici. Esistono delle situazioni
dove la febbre rimane di origine sconosciuta e sotto questo termine intendiamo degli stati febbrili che
durano da due o tre settimane e che rimangono senza diagnosi anche in ambiente ospedaliero e dal punto
di vista statistico, nel 40% dei casi, queste febbri sono legate a infezioni, nel 20% a tumori, nel 20% può
trattarsi di collagenopatie, nel 10% dei casi rimangono di origine sconosciuta (manca un 10%).
Riprendendo il discorso sull’ipertermia maligna, è sicuramente una fra le peggiori situazioni di ipertermia in
quanto porta alla morte del paziente. È una patologia del tutto asintomatica prima dell’intervento perché
legata ad una anomalia congenita del reticolo sarcoplasmatico del muscolo scheletrico; oggi si sa che è
legata all’alterazione di un recettore che prende il nome di recettore della rianodina RYR-1, questa
situazione è dovuta al fatto che questi pazienti hanno una particolare allergia ad alcuni anestetici volatili (il
più caratteristico è l’alotano) o ad alcuni farmaci che vengono utilizzati per il rilasciamento muscolare del
paziente (es. la succinilcolina). In questi pazienti si hanno gravissimi danni intracellulari soprattutto si hanno
alterazioni dei canali del calcio a livello della membrana cellulare che portano, praticamente, a fenomeni di
rabdomiolisi (lesioni delle cellule muscolari scheletriche) si determina una situazione di MOF (multiple
organ failure) che porta in pazienti in un quadro di insufficienza renale acuta e di insufficienza cardio
respiratoria acuta e alla morte. Il problema fondamentale è che si tratta di persone assolutamente sane: gli
esami pre operatori non evidenziano informazioni di rischio; l’unica informazione che si può avere è
un’informazione anamnestica ed effettuare una biopsia del muscolo per mettere in evidenza se siano
presenti alterazioni. In tutti gli altri pazienti in cui si presenta questa situazione, che si caratterizza per un
marcato incremento di temperatura (40-42°), si possono effettuare immediatamente somministrazioni di
farmaci cortisonici.
Di contro, nell’ambito della temperatura corporea, dobbiamo ricordare dei fenomeni opposti: situazioni
che si caratterizzano per una diminuzione della temperatura corporea. Situazioni di ipotermia che possono
essere legate ad una esposizione importante, prolungata, al freddo, l’assideramento. Fuori dai casi estremi,
dobbiamo ricordare fenomeni quali l’algidismo, situazioni di ipotermia che possono essere ricondotte a
collassi cardiocircolatori cioè delle situazioni di importante ipotensione o legate ad alcune situazioni di
ipofunzione ormonale (es. insufficienza surrenalica, insufficienza tiroidea, insufficienza ipofisaria).
Importante rammentare situazioni di ipotermia distrettuale per fenomeni di occlusione embolica o
trombotica di un’arteria di un arto. L’embolia di un’arteria di un arto inferiore metterà in evidenza un forte
dolore, la comparsa di difficoltà nella deambulazione con claudicazione importante, e l’arto si presenta
freddo. Lo stesso fenomeno può evidenziarsi in alcune patologie quali il morbo di Raynaud caratterizzato da
brusche contrazioni delle arteriole e delle venule delle estremità che porta, progressivamente, a una
ipotermia distrettuale proprio per la cronica comparsa di queste crisi di tipo acroasfittico.
Ultimo consiglio in merito alla febbre nel paziente chirurgico: la maggior parte delle febbri di interesse
chirurgico è di tipo remittente o intermittente e quasi sempre legate a infezioni da piogeni, anche nel postoperatorio, con tutto il corollario descritto sia per quanto riguarda la comparsa dei brividi all’insorgere della
febbre, e la caduta per crisi con intense sudorazioni. È buona norma, nel paziente chirurgico che presenti
queste crisi di iperpiressia, fare emocolture. All’acme della febbre effettuare prelievi di sangue raccolti con
cannule e bottiglie particolari che verranno poi inviate al servizio di microbiologia: è verosimile, infatti, che
all’acme della puntata febbrile, siano presenti germi che possono essere evidenziati. L’altro aspetto è che le
neoplasie di interesse chirurgico in genere non sono patologie che danno febbre; la febbre è in genere
legata o alle loro complicanze o la neoplasia, di per sé è causa, soprattutto, di febbricola, di una febbre che
non supera i 38°.
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