Una casa a consumo zero

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ALCHIMIEONLINE
Cultura e Ambiente – Febbraio 2012
Una casa a consumo zero …
di Adriano Vanara
Nei precedenti numeri di alchimieonline, all’interno di questa stessa rubrica, ci si è
dedicati ad indagare quali fossero i comportamenti e le proposte tese ad una
migliore qualità della vita, quali fossero le riflessioni e le esperienze della cultura
dell’abitare, per una “nuova cultura dell’abitare”, quali le iniziative, tra l’altro, quali
fossero i pensieri per una casa “energetica”, ambientalmente ed energeticamente
compatibile, fino a spingersi a ”sfondare il muro di casa” per entrare nella casa
stessa (cfr. alchimieonline n. 2 e n. 3) per scoprire quali fossero le azioni in tal
senso anche su mobili e materiali per interni. Ora si vuole nuovamente “uscire”
dalla casa, per esplorare e comprendere il vantaggio di una “casa passiva”, una
vera casa rispettosa dell’ambiente e delle sue risorse, quali i principi, quali le
tecniche, quali materiali, quali gli accorgimenti, quale la filosofia d’approccio.
Si vuole ora ragionare su ciò, attraverso una nuova intervista ad un sicuro e
riconosciuto esperto in tale materia, il professor Maurizio Pallante 1, basti scorrere i
titoli dei suoi libri e gli innumerevoli ed autorevoli interventi effettuati da più parti
(all’Associazione Culturale Case Sparse, agli innumerevoli convegni, a Rai Radio
Due intervenendo alla trasmissione Catarpillar, a TV La 7, al manifesto, all’Unità,
ecc.) sull’uso razionale dell’energia, sui risparmi energetici e sulla “decrescita
felice”.
Caro professore Pallante, è un vero piacere incontrarla e, come già
accennato altre volte, in convegni, dibattiti sull‟argomento, sul quale
suggerirei di procedere subito, Le ricordo prima di tutto questo esempio:
“in generale quando si acquista un‟autovettura, tra le altre, ci si pone
sempre la domanda: „quanto consuma‟, mentre quando si acquista o si
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Maurizio Pallante, ha focalizzato il suo impegno ambientalista sulle tecnologie che riducono il consumo di risorse,
l’impatto ambientale e la produzione di rifiuti. Nel 1988 ha fondato insieme al responsabile dei servizi termotecnici del Centro
Ricerche Fiat, ing. Mario Palazzetti e al fisico prof. Tullio Regge, il Comitato per l’Uso razionale dell’energia. Dal 1990 al 1995
è stato assessore all’ecologia ne all’energia del Comune di Rivoli (TO), dove ha promosso la ristrutturazione energetica di due
edifici pubblici con la formula del finanziamento tramite terzi. Nel 2005 ha fondato il Movimento della decrescita felice, di cui
coordina le attività e cura le edizioni. Sui rapporti tra ecologia, economia e tecnologie ambientali ha pubblicato a partire dal 1994
dodici libri. Tra di essi, La decrescita felice, nel 2005, di cui quest’anno è stata pubblicata la traduzione francese. Nell’ultimo
libro, Meno e meglio, 2011, ha proposto un indicatore di benessere fondato sulla soddisfazione dei bisogni irrinunciabili dei
bambini da 0 a 3 anni.
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realizza una casa mai nessuno si pone questo interrogativo?”2 … Perché?
…. E in relazione a ciò cosa si intende per casa passiva?
Per riscaldare un giorno un appartamento di 130 metri quadrati occorre tanta
energia quanta ne occorre a un’automobile di media cilindrata per percorrere il
tragitto tra Genova e Roma. Il riscaldamento del patrimonio edilizio italiano
consuma più di tutto il sistema dei trasporti. Poco più di un terzo contro meno di un
terzo delle fonti fossili che importiamo. Ma i consumi delle automobili qualche
preoccupazione la creano e quando nelle aree urbane le loro emissioni superano le
soglie massime fissate per legge se ne blocca la circolazione per qualche ora o per
tutto il giorno. Oppure si organizzano le domeniche a piedi, che non contribuiscono
granché alla riduzione dell’inquinamento atmosferico, ma aiutano a riscoprire che,
usando le gambe o i mezzi pubblici, la qualità della vita nelle città migliora. Invece
le emissioni degli impianti di riscaldamento non vengono nemmeno prese in
considerazione.
Per calcolare quanto consuma una casa occorre in primo luogo trasformare in
chilowattora termici i litri di gasolio o i metri cubi di metano che si acquistano
(basta una moltiplicazione: 1 litro di gasolio ne genera un po’ meno di 12; 1 metro
cubo di gas circa 10) e successivamente dividere il risultato per i metri quadrati
dell’abitazione. Se ne ricava un dato espresso in kWh/mq/anno, che consente di
effettuare valutazioni tecniche ed economiche. Per esempio di fare confronti con la
media italiana che oscilla tra i 150 e i 200 kWh/mq/a, con le prescrizioni della
legislazione tedesca: 70 kWh/mq/a.
Quali attenzioni dovremmo avere per ridurre i consumi?
Per ridurre i consumi energetici di una casa a parità di benessere, il primo passo è
far effettuare da un tecnico una diagnosi energetica dell’edificio e dell’impianto di
riscaldamento per sapere l’entità delle dispersioni di calore e dove avvengono. Dai
vetri? Dagli infissi? Dal sottotetto? Dai muri perimetrali? Oppure la caldaia è
inefficiente e bisogna cambiarla? Ma con cosa? Con una caldaia a scarti di legna o a
pellets? Con una caldaia a condensazione? Con un impianto di microcogenerazione? Con collettori solari termici e caldaia d’integrazione collegata al
serbatoio di accumulo? Con un mix di interventi sulla coibentazione e sull’impianto
termico? Per decidere quale adottare delle soluzioni possibili, è indispensabile fare
un calcolo accurato del rapporto tra i costi che ciascuna di esse richiede e la
riduzione dei consumi energetici che consente di ottenere, in modo da valutare in
quanti anni i risparmi sulle spese di gestione ammortizzano l’investimento.
Questa volta vogliamo chiedercelo! Quanto consuma una casa? Quali i
vantaggi avremmo? Immediati e futuri?
Se si abita in un condominio e si paga il riscaldamento in millesimi, tutto si
complica, perché non si sa quanto consuma ogni appartamento. La bolletta di ogni
condomino viene infatti calcolata suddividendo il consumo complessivo del palazzo
per mille e assegnando a ogni unità abitativa una quota proporzionale ai suoi metri
cubi moltiplicati per un coefficiente relativo alla sua collocazione nell’edificio. Si può
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Cfr. Adriano Vanara, la cultura dell’abitare,tecniche costruttive e impatto ambientale, su alchimieon line, numero
zero, Torino 2009; Qui la relazione viene ridotta e aggiornata per esigenze editoriali.
Relazione tenuta da Adriano Vanara, architetto, nel corso del Convegno: “T.E.A. Tecniche Edilizie Ambientali”,
WORKSHOP Seminario di Studio, promosso e organizzato dall’Associazione culturale CASE SPARSE a Castelnuovo don
Bosco (AT) presso la Sala Consigliare il 4 Aprile 2003, patrocinata dalla Comunità Collinare e dalla Provincia di Asti. La copia
integrale è pubblicata sulla rivista culturale “CASE SPARSE”, N°5, autunno-inverno 2003, pagg. 19 e segg., Edita
dall’Associazione culturale Case Sparse, sede e redazione: 10142 Mondonio - Castelnuovo don Bosco (AT).
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solo sapere quanto consuma tutto il palazzo ed effettuare il calcolo dei
kWh/mq/anno sulla superficie complessiva dei suoi alloggi. Conoscere questo dato
non ha però nessuna utilità pratica, a meno che l’assemblea del condominio non
deliberi di passare dal pagamento forfettario al pagamento a consumo. Questa
soluzione oggi è obbligatoria se si cambia la caldaia. Una soluzione di questo
genere induce ad assumere atteggiamenti più saggi nella gestione del
riscaldamento. Che so, ad abbassare la mandata dei termosifoni invece di aprire le
finestre se fa troppo caldo. O a tenere al minimo i radiatori nelle ore in cui in casa
non c’è nessuno, o nei fine settimana in cui si va in vacanza. Per pagare il
riscaldamento a consumo, anziché a forfait, basta installare su ogni radiatore, o in
ogni appartamento, dei contabilizzatori del calore. Se in ogni unità abitativa si
pagasse l’energia termica a consumo, i proprietari sarebbero incentivati a
effettuare interventi di ristrutturazione per ridurre gli sprechi - che so, a sostituire i
vetri semplici con vetri camera, a cambiare gli infissi, ad applicare le termovalvole
sui radiatori per tenerli al minimo nelle ore in cui non c’è nessuno in casa, a
coibentare i cassonetti delle tapparelle – perché i risparmi sui costi di gestione
consentirebbero di ammortizzare le spese d’investimento e di migliorare il
benessere termico consumando di meno.
Per avere un’idea di quale possa essere la convenienza di una diminuzione degli
sprechi, basta pensare che 1°C grado centigrado in meno di temperatura ambiente
fa risparmiare l’otto per cento del combustibile. Se invece si paga in base ai
millesimi, per quale ragione si dovrebbero fare spese d’investimento per consumare
di meno se poi si continua a pagare la stessa cifra di chi, non facendole, continua a
consumare di più?
In conclusione cosa ci può raccomandare? Quale può essere una “bussola”
per adottare comportamenti adeguati, compatibili? Appunto per cambiare
la rotta? Per questa nuova cultura?
Una misura molto importante, che per legge deve essere integrata negli atti notarili
in caso di compravendita di un edificio o di un appartamento è la certificazione
energetica. In questo modo l’efficienza nell’uso dell’energia viene riconosciuta come
un valore aggiunto. Una casa che a parità di cubatura e zona climatica consuma
meno di un’altra vale economicamente di più perché ha costi di gestione più bassi.
Affinché un edificio venga certificato come “passivo”, il suo fabbisogno di energia
termica non deve superare i 15 chilowattora al metro quadrato di superficie
calpestabile all’anno e deve essere soddisfatto senza l’apporto di un impianto di
riscaldamento. Devono bastare i contributi dell’irraggiamento solare, del
metabolismo delle persone che li abitano (circa 80 watt ciascuna), delle dispersioni
termiche degli elettrodomestici e delle lampadine, del calore prodotto per cucinare.
Nelle condizioni climatiche più rigide si può utilizzare un sistema centralizzato di
ricambi d’aria con scambiatore di calore, che richiede consumi di energia elettrica
così modesti da poter essere soddisfatti con fonti rinnovabili.
Per costruire una casa passiva bisogna ridurre al minimo gli scambi termici tra
l’interno e l’esterno dell’edificio. D’inverno non deve entrare il freddo e non deve
uscire il caldo. D’estate non deve entrare il caldo e non deve uscire il fresco. Per
raggiungere questi obbiettivi si deve intervenire a tre livelli. Primo: realizzando una
accuratissima coibentazione dei muri perimetrali, del sottotetto e del pavimento del
piano terreno. Secondo: installando finestre con telai coibentati e vetri camera
termoisolanti, doppi o tripli in relazione alle caratteristiche climatiche della zona.
La coibentazione dell’involucro esterno dell’edificio si ottiene realizzando
intercapedini di uno spessore variabile tra i venti e i sessanta centimetri riempite di
materiali isolanti. Lo spessore delle intercapedini incide in maniera rilevante sugli
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extra-costi di costruzione rispetto a un edificio normale, non solo per il prezzo degli
isolanti termici con cui si riempiono, ma anche perché accresce la superficie
edificata.
Il terzo aspetto su cui si interviene sono i ricambi d’aria, perché ogni volta che si
aprono le finestre, quella che entra nelle stanze è fredda d’inverno e calda d’estate.
Per evitare le perdite energetiche che ne conseguono, l’aria esterna può essere
introdotta in casa attraverso un impianto di distribuzione e trattamento dove viene
riscaldata dal calore dell’aria viziata estratta dall’interno e portata all’esterno. Il
rendimento dello scambio termico è del 75 per cento, per cui quando l’aria
proveniente dall’esterno si diffonde nelle stanze è già quasi alla temperatura
ambiente. I ricambi forzati evitano anche i ristagni di umidità perché il vapore
acqueo fuoriesce con l’aria viziata. L’impianto è in grado di operare in maniera
differenziata stanza per stanza, con maggiore frequenza nelle cucine e nei bagni,
dove l’umidità è maggiore, con minore frequenza nelle altre camere. Per potenziare
il contributo dello scambiatore di calore al condizionamento termico degli ambienti,
il condotto che preleva l’aria dall’esterno può essere fatto passare sotto terra a una
profondità di circa 1 metro e mezzo, dove la temperatura è costante e si aggira
intorno ai 15 °C gradi: ben più calda dell’aria esterna d’inverno e ben più fresca
d’estate. Questa soluzione comporta però maggiori costi d’investimento, per cui
viene adottata solo nelle situazioni in cui è necessaria. Risultati ancora più efficaci
in termini di riscaldamento invernale e raffrescamento estivo si possono ottenere
collegando al tubo sotterraneo una pompa di calore.
La somma dei risultati che si possono ottenere intervenendo a questi tre livelli
consente di realizzare edifici con dispersioni termiche talmente basse da poter
essere riscaldati con meno di 15 chilowattora al metro quadrato all’anno. Ma per
ottenere lo standard di casa passiva non basta: questi chilowattora non devono
essere ricavati da un impianto di riscaldamento. Oltre agli apporti interni dati dal
metabolismo delle persone e dal calore di scarto dei motori degli elettrodomestici e
delle lampade, occorre pertanto sfruttare bene gli apporti gratuiti esterni
dell’irraggiamento solare. A tal fine le finestre devono essere distribuite in modo da
catturarne il più possibile d’inverno, evitando al contempo i rischi di
surriscaldamenti estivi per non aver bisogno di condizionatori. Sul lato nord le
superfici vetrate servono soltanto a garantire una luminosità sufficiente ed è bene
che non superino il 10% della facciata. Nel lato sud non possono essere inferiori al
40% della facciata, altrimenti non basterebbero a captare la quantità necessaria di
irraggiamento solare, ma è meglio che non siano superiori al 60% , perché
d’inverno non se ne ricaverebbero apporti ulteriori, mentre d’estate si porrebbero i
problemi di surriscaldamento a cui ho fatto cenno. Sui lati ovest ed est la
dimensione ottimale delle finestre può variare tra il 15% e il 30% delle facciate,
tenendo presente che i rischi di surriscaldamento estivo sono maggiori sul lato
ovest».
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