Le delibere assembleari impugnabili solitamente vengono

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Le delibere assembleari impugnabili solitamente vengono qualificate come valide, nulle o annullabili.
Il problema assume una notevole rilevanza pratica perché l'impugnazione delle delibere "annullabili" deve
essere proposta necessariamente ed a pena di decadenza entro 30 giorni dalla data della deliberazione (nel
caso ad impugnare siano i condomini presenti all'assemblea), o dalla data di comunicazione della delibera
per gli assenti.
Naturalmente non possono impugnare la delibera i condomini che hanno espresso voto favorevole ad essa
(art. 1137 c.c.).
Il predetto termine di 30 giorni è inderogabile ed il suo decorso non può essere interrotto, perché si tratta di
un termine di decadenza e non di prescrizione.
Le delibere "nulle" possono invece essere impugnate in ogni tempo, anche dai condomini presenti alla
votazione ed addirittura se essi avevano espresso voto favorevole, poiché queste sono radicalmente
contrarie alla legge ed il trascorrere del tempo non basta a sanare il vizio.
Per i motivi già visti è consigliabile adottare una linea di estrema prudenza in ipotesi di questo tipo,
considerando la delibera "annullabile" anziché "nulla" per non incorrere nelle già vedute decadenze.
Tutte le delibere impugnabili possono comunque essere sostituite da una successiva delibera conforme alla
legge ed al regolamento: in tal caso la delibera viziata perde efficacia e non avrebbe più alcun senso
proporre impugnazione contro di essa: la sostituzione deve comunque essere esplicita ed integrale.
In ogni caso la sostituzione però dovrebbe essere deliberata dall'assemblea prima della proposizione di
un'impugnazione, perché se successiva potrebbe comportare una responsabilità del condominio convenuto
in ordine al pagamento delle spese legali relative al giudizio (oltre all'eventuale condanna per difesa
temeraria).
Ovviamente non può essere sostituita una delibera che sia stata già dichiarata invalida dall'Autorità
Giudiziaria.
Si ritiene ammissibile l'impugnazione da parte del condomino presente alla deliberazione, ma astenutosi al
momento di votare; analogamente da parte di chi, presente all'assemblea, si sia allontanato prima della
votazione.
Giurisprudenza:
Cass. civ., sez. II, 18-04-2002, n. 5626
La nullità di una delibera condominiale è disciplinata dall'art. 1421 cod. civ., a norma del quale chiunque vi
ha interesse può farla valere e quindi anche il condomino che abbia partecipato, con il suo voto favorevole,
alla formazione di detta delibera, salvo che con tale voto egli si sia assunto o abbia riconosciuto una sua
personale obbligazione.
Cass. civ., sez. II, 20-04-2001, n. 5889
L'omessa indicazione di un argomento , poi deliberato, nell'ordine del giorno di un'assemblea condominiale
non può essere rilevata dal condomino dissenziente nel merito, se non ha preliminarmente eccepito in quella
sede l'irregolarità della convocazione.
Cass. civ., sez. II, 20-04-2001, n. 5889
Il sindacato dell'Autorità giudiziaria sulle delibere delle assemblee condominiali non può estendersi alla
valutazione del merito ed al controllo del potere discrezionale che l'assemblea esercita quale organo
sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità che, oltre ad avere
riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, deve comprendere anche l'eccesso di potere,
ravvisabile quando la decisione sia deviata dal suo modo di essere, perché in tal caso il giudice non controlla
l'opportunità o la convenienza della soluzione adottata dalla delibera impugnata, ma deve stabilire solo che
essa sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell'organo deliberante.
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E’ fondamentale fare distinzione tra delibere valide, annullabili e nulle.
Le prime sono vincolanti per tutti i condomini, le seconde diventano valide se non vengono impugnate entro
30 giorni, per le ultime, invece, la nullità può essere fatta dichiarare in qualunque momento.
Le delibere condominiali sono “ANNULLABILI” in caso di:
 vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea;
 adozione con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale;
 vizi formali, in quanto assunte in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti
al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea;
 irregolarità nel procedimento di convocazione;
 violazione delle norme che richiedono maggioranze qualificate in relazione all’oggetto.
La mancata convocazione all'assemblea condominiale di uno o più condomini, ad esempio, non comporta la
nullità, ma l'annullabilità della delibera condominiale.
Ciò significa che qualora la delibera non venga impugnata entro trenta giorni essa diviene valida ed efficace
nei confronti di tutti i condomini.
Il previsto termine di trenta giorni per impugnare la delibera condominiale decorre dal giorno in cui si è avuto
notizia dell’adozione della stessa da parte dell’assemblea:
per i condomini presenti all’assemblea e dissenzienti il termine decorre dalla data della delibera. Decorso
tale periodo la delibera non è più impugnabile.
Per gli assenti il termine, sempre di 30 gg, decorre dalla data di ricevimento del verbale dell'assemblea.
La decorrenza del termine è sospesa nel periodo 1 agosto - 15 settembre (ferie giudiziarie).
Naturalmente non possono impugnare la delibera i condomini che hanno espresso voto favorevole ad essa
(art. 1137 c.c.).
Le delibere condominiali sono NULLE quando:


sono prive degli elementi essenziali;
quando hanno oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon
costume);
 quando hanno oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea;
 quando incidono sui diritti individuali, sulle cose o sui servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di
ognuno dei condomini;
 invalide in relazione all’oggetto.
Riportiamo alcuni esempi di delibere nulle.
La delibera dell'assemblea condominiale, ad esempio, è nulla se non si raggiunge il numero legale previsto
dall'art. 1136 c.c.:
 due terzi del valore dell'intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio in prima convocazione;
 un terzo del valore dell'intero edificio e un terzo dei partecipanti in seconda convocazione.
Una delibera di assemblea condominiale è nulla se, per perseguire l'interesse dell'intero condominio,
prevede la violazione dei diritti di proprietà esclusiva di un condomino (anche se adottata nell'interesse
comune o per adempiere ad un obbligo di legge).
Anche la delibera che modifica le tabelle millesimali a maggioranza con dissenso di alcuni condomini è da
considerarsi nulla.
Nei casi citati, come detto in precedenza, l'azione per far dichiarare nulla una delibera può essere proposta
in qualsiasi momento. Contrariamente alle delibere annullabili, inoltre, qualunque condomino può impugnare
una delibera nulla, anche chi ha votato a favore.
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Accade spesso che di fronte a una delibera ingiusta qualche condomino ritenga opportuno ricorrere
all’Autorita’ Giudiziaria. Si premette che quando si parla di impugnazione di delibera lo si fa per comodita’
discorsiva: infatti, e’ ben possibile impugnare una deliberazione assembleare non nella sua interezza, ma
con riferimento a un singolo punto che si considera illegittimo, considerando di per se’ valida la restante
parte. Molto spesso sono oggetto d’impugnazione le delibere concernenti lavori condominiali di notevole
entita', diverse volte la decisione assembleare contestata riguarda l’utilizzo degli spazi comuni ed infine,
trovano spazio nella casistica le impugnazioni che hanno alla base le dispute personali (e sovente di
principio) tra condomini o tra condomini ed amministratore.
Di certo, tanto piu' alto e’ l’interesse economico, tanto e’ piu’ probabile che sorga un contenzioso.
Non e’ raro vedere rigettato un ricorso per errori relativi alla legittimazione ad impugnare, ai tempi ed alla
forma del ricorso. Cerchiamo di fare chiarezza su questi aspetti iniziali che possono incidere in modo
decisivo sulla controversia condominiale.
La legittimazione
La legittimazione e' l’individuazione del soggetto che ha diritto ad opporsi alla delibera condominiale. In via
generale, unico legittimato ad impugnare la decisione dell’assemblea e’ il condomino che relativamente alla
deliberazione impugnata (o ad un suo singolo punto) ha votato in modo contrario o era assente al momento
della votazione. E’ incerta la posizione dell’astenuto: nelle decisioni giurisprudenziali alle volte lo si e’ ritenuto
legittimato, altre volte carente di tale legittimazione. Certamente, essere dissenziente o essere assente
incide sulla tempistica del ricorso all’Autorita’ Giudiziaria. Infatti, per il dissenziente il termine per
l’impugnazione inizia a decorrere dalla data della votazione, ossia dal giorno dell’assemblea. Per l’assente,
invece bisogna considerare il giorno in cui ha ricevuto comunicazione del verbale dell’assemblea.
Il vizio di nullita'
Ad oggi, un altro fattore incide sulla tempistica delle impugnazioni: ferma restando la mancanza di pronunce
contrarie alla nota sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 4806 del 2005 (clicca qui), il vizio di
nullita’ in tema di delibere condominiali trova applicazione minoritaria rispetto al piu’ ricorrente vizio di
annullabilita’. Cio’, cosi' come per la distinzione tra assente o dissenziente, puo’ rappresentare un ulteriore
ostacolo alla corretta impugnazione della delibera. Difatti mentre la deliberazione nulla e' impugnabile in ogni
tempo, quella annullabile deve essere impugnata entro 30 giorni che decorrono diversamente a seconda che
il condomino sia assente o dissenziente.
Ricapitolando: di fronte ad una delibera annullabile (ad es. per omessa convocazione), chi e' legittimato puo’
impugnare la deliberazione assembleare entro 30 giorni con le decorrenze di cui sopra. Nessun vincolo
temporale, invece, quando la deliberazione e' nulla.
La forma dell'atto
Per ultimo, il rischio di "sforare" i 30 giorni dipende dalla forma dell’atto prescelta per impugnare la
deliberazione condominiale.
Andiamo per gradi.
Per prima cosa chi decide di impugnare una deliberazione condominiale deve rivolgersi ad un
avvocato. Per la materia, infatti, non vi e’ possibilita’ per le parti di difendersi personalmente. Una
volta rivoltisi ad un legale, occorre che quest’ultimo scelga con attenzione l’atto giudiziale introduttivo del
giudizio. Il codice civile parla "a-tecnicamente" di ricorso, sicche’ e’ possibile iniziare il giudizio sia con un
atto di citazione sia con un ricorso. Qualora si propenda per la citazione, questa dovra’ essere notificata alla
controparte (il condominio) entro i 30 gg. di cui sopra. Qualora si propenda per il ricorso, esso dovra’ essere
depositato in cancelleria entro i 30 gg. Le notevoli differenze, che incidono sull’evolversi della controversia a
seconda che si introduca il giudizio con citazione o con ricorso e la sostanziale arbitrarieta’ di tale scelta,
dovrebbero indurre il nostro legislatore ad una attenta rivisitazione di questa disciplina al fine di introdurre i
piu’ adeguati correttivi legislativi.
IL REGOLAMENTO CONTRATTUALE
Il regolamento contrattuale deriva da un’accettazione di esso da parte degli acquirenti delle varie porzioni di
immobili, al momento dell’acquisto: per lo più viene predisposto dal costruttore-venditore dell'edificio e
costituisce parte integrante di tutti gli atti di acquisto stipulati dai diversi condomini.
Da questa sua natura deriva la funzione di disciplinare tanto i rapporti tra i singoli proprietari, quanto alcuni
rapporti tra condomini e venditore. Poiché costituisce un'articolazione del contratto di acquisto, ne deriva la
piena applicabilità delle norme relative alla trascrizione degli atti relativi ad immobili in particolare per quanto
riguarda gli effetti nei confronti dei terzi.
In ogni caso l'omessa trascrizione nei Registri Immobiliari non influisce sulla validità ed efficacia del
regolamento.
Si suole distingue tra le disposizioni che incidono nella sfera dei diritti soggettivi e degli obblighi di
ciascun condominio (ad es. destinazione delle proprietà esclusive, modifica dei criteri di ripartizione
delle spese) e norme che coinvolgono interessi impersonali della collettività dei condomini (come
quelle che prevedono le modalità di uso dei servizi condominiali).
Le prime hanno natura contrattuale e perciò possono essere modificate soltanto per iscritto e con il
consenso unanime di tutti i condomini, mentre le seconde hanno natura tipicamente regolamentare e
possono essere perciò modificate con deliberazione dell'assemblea adottata con la maggioranza
prevista dall'art. 1136 cod. civ. .
Il regolamento contrattuale può contenere limitazioni al diritto di proprietà esclusiva dei singoli condomini
(che sono opponibili ai terzi sub acquirenti se debitamente trascritte) come può contenere speciali esoneri di
uno o più proprietari da alcune spese condominiali, o la previsione dell'uso esclusivo di alcune parti comuni a
favore di una proprietà esclusiva (nesso pertinenziale); deve essere osservato anche dall'originario unico
proprietario dell'edificio, ma non può derogare alle norme imperative dettate dal codice civile e dalle leggi
speciali.
Il regolamento di condominio edilizio predisposto dall'originario unico proprietario dell'edificio non è
vincolante per coloro che abbiano acquistato le unità immobiliari prima della predisposizione del
regolamento stesso (anche se nell'atto di acquisto sia posto a loro carico l'obbligo di rispettare un
regolamento da redigersi in futuro) salvo che l'acquirente, successivamente alla sua redazione, vi presti
adesione con atto scritto da cui risulti in modo chiaro ed inequivocabile la "presa di cognizione" del
regolamento stesso e la volontà di darvi esecuzione.
Nei regolamenti contrattuali predisposti dal costruttore\venditore dell'immobile, di norma questi si riserva
alcuni "benefit" che potrà esercitare anche dopo aver alienato tutte le unità immobiliari: ad es. il diritto di
autorizzare l'apposizione di targhe o insegne, o lo svolgimento di determinate attività all'interno dell'edificio.
Queste norme servono a garantire una più facile commerciabilità dell'immobile, anche qualora - in seguito
alle vendite via via effettuate - il costruttore non disponesse più della maggioranza assembleare.
IL REGOLAMENTO ASSEMBLEARE
Il regolamento approvato a maggioranza (o di natura assembleare) deriva da una delibera assembleare
approvata con la maggioranza degli intervenuti all’assemblea (appositamente convocata) che rappresentino
almeno la metà del valore dell’edificio (art. 1136 II c.c.): la relativa delibera, come quella che modifica un
regolamento preesistente, può essere impugnata rispettando le ordinarie regole previste dall'art. 1107 c.c.
Le norme del regolamento non devono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali
risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli
articoli 1118, secondo comma 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137 oltre che 63,66,67,69 disp. att.
c.c. .
In pratica non può contenere limitazioni o divieti alla destinazione o utilizzabilità delle proprietà esclusive,
oppure criteri di ripartizione delle spese diversi da quelli previsti dal codice civile: tali deroghe sono amesse
solo ove risultino deliberate all'unanimità.
Ad esempio, il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto
negli ordinari regolamenti condominiali approvati a maggioranza, non potendo detti regolamenti apportare
limitazioni delle facoltà del diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi
individualmente ed in esclusiva: sicché in difetto di un'approvazione unanime le disposizioni anzidette sono
inefficaci anche con riguardo a quegli stessi condomini che le avevano approvate.
Negli edifici con più di dieci proprietari l'adozione del regolamento è obbligatoria, mentre è facoltativa nel cd.
piccolo condominio (art. 1138 c.c.).
Quest'obbligo comporta la facoltà di ciascun proprietario di sottoporre all'assemblea la necessità di adottare
un regolamento: qualora non si provvedesse, sarebbe configurabile il ricorso all'Autorità Giudiziaria, le cui
modalità di intervento sono peraltro molto discusse.
Concludendo si segnala che, mentre ogni condomino ha diritto di esigere il rispetto del regolamento, per le
infrazioni può essere stabilito a titolo di sanzione il pagamento di una somma "fino" a lire cento (art. 70
disp.att. c.c.) che viene devoluta per le spese ordinarie: sono nulle le eventuali disposizioni del regolamento
di condominio che dovessero prevedere sanzioni di importo maggiore.
L'esiguità di tale importo rende di fatto difficile ottenere l'adempimento coattivo delle infrazioni cd. lievi.
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