La crisi europea - Fondazione per la Sussidiarietà

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La crisi europea: un’occasione per superare la crisi della modernità
e affermare una libertà alimentata da un nuovo umanesimo
di DARIO VELO
La crisi europea: un’occasione
per superare la crisi della
modernità e affermare una
libertà alimentata da un
nuovo umanesimo
di DARIO VELO
È PROFESSORE ORDINARIO ALL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA, MEMBRO DEL CONSEIL UNIVERSITAIRE
EUROPEEN A BRUXELLES E PRESIDENTE DELLA CONFERENZA DEI PRESIDI DELLE FACOLTÀ DI ECONOMIA E
STATISTICA ITALIANA. HA INSEGNATO NELLE UNIVERSITÀ DI STRASBOURG, BORDEAUX E NICE-SOPHIA ANTIPOLIS.
DIRIGE LA RIVISTA THE EUROPEAN UNION REVIEW. PRESIDENTE DELLA SCUOLA DI ETICA DELL’ALMO COLLEGIO
BORROMEO, FA PARTE DI NUMEROSI COMITATI SCIENTIFICI E CENTRI DI RICERCA, A LIVELLO NAZIONALE E
INTERNAZIONALE.
La crisi europea: un’occasione per superare la crisi della modernità
e affermare una libertà alimentata da un nuovo umanesimo
di DARIO VELO
È
Nelle società liberali occidentali i meccanismi dimercato costituiscono la chiave di volta del sistema economico-sociale. E' lecito chiedersi se leprospettive di sviluppo e modernizzazione a lungotermine della società
mondiale possa fondarsi su questi meccanismi
La strategia di Lisbona: l’insoddisfazione alla base della
ricerca di un nuovo modello di sviluppo
È noto che la Strategia di Lisbona, approvata dal Consiglio Europeo nel 2000, mira
a realizzare un rinnovamento dell’economia e della società europea.
Questo nuovo modello di sviluppo si fonda sulle conoscenze e sull’innovazione nel
quadro di una società solidaristica1: uno sviluppo sostenibile, fondato sulla creazione di
posti di lavoro di alta qualità. In questo quadro, coesione sociale e sviluppo economico
non costituiscono obiettivi antitetici, ma al contrario strumenti coerenti per l’affermazione di un nuovo modello di sviluppo.
La strategia di Lisbona è coerente con la posizione assunta, con riferimento alla
comunità mondiale nel suo insieme, dalle Nazioni Unite che hanno adottato, già nel 1987,
il rapporto Our Common Future, noto anche come Rapporto Brundtland. Questo rapporto definisce il concetto di sviluppo duraturo, come un processo che orienta l’uso delle
risorse, gli investimenti, il cambiamento tecnologico e la modernizzazione delle istituzioni, verso l’obiettivo di soddisfare i bisogni dell’umanità nel suo insieme2.
Per soddisfare i bisogni dell’umanità il primo prerequisito è che siano rispettati i
diritti dell’uomo in tutte le loro dimensioni: l’eguaglianza e la non-discriminazione nell’esercizio dei propri diritti; il riconoscimento della dignità di tutti gli individui fondato sulla
accettazione delle diversità; l’autonomia e lo sviluppo di ognuno in quanto persona; la
partecipazione e l’impegno di ogni persona alla costruzione di una società giusta3.
Nelle società liberali occidentali i meccanismi di mercato costituiscono la chiave di
volta del sistema economico-sociale; ad essi è chiesto di garantire il benessere degli individui, la loro libertà di scelta e la loro integrazione in un insieme di relazioni equilibrate.
Ora, è lecito chiedersi se le prospettive di sviluppo e modernizzazione a lungo termine della società mondiale possa fondarsi su questi meccanismi. Essi hanno dato buona
prova nell’esperienza europea fino alla nascita di un modello europeo di economia sociale di mercato, ma occorre interrogarsi se essi conservino validità anche nei nuovi scenari
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emergenti, caratterizzati dalla globalizzazione e dall’involuzione del liberalismo verso il
liberismo radicale. Il problema da affrontare è costituito dalla capacità della società europea di opporsi a questa involuzione, rinnovando la propria capacità di recepire e risolvere nuove problematiche. Si pensi ai problemi di responsabilità morale degli attori economici o la non eguaglianza del potere detenuto da ciascuno di essi. Il fatto di ignorare questi aspetti non significa affatto che essi non esistano; al contrario, dimenticati essi riemergono in un clima di tensione sociale e di crisi di legittimità, imponendo di ricercare nuovi
paradigmi per comprendere la realtà.
Non possiamo dare per scontato che i meccanismi di mercato siano in grado di
sostenere la realizzazione della Strategia di Lisbona o la strategia del Rapporto
Brundtland. Entrambe queste strategie di sviluppo hanno bisogno di fondarsi sulla sussidiarietà; che certamente nasce nell’ambito del sistema liberale, ma al tempo stesso vale
ad avviarne il superamento.
Una crisi economica che ha alla base una crisi sociale più
profonda
Alla fine del 2004 diversi rapporti hanno formulato valutazioni negative, sostanzialmente convergenti, dei risultati raggiunti dalla Strategia di Lisbona, lontani dagli obiettivi perseguiti. Fra questi rapporti il più noto è certamente il Rapporto Sapir, elaborato per
conto della Commissione da un gruppo di esperti; altri studi, pubblicati nello stesso
periodo, hanno preso in considerazione aspetti specifici.
Le indicazioni fornite da queste analisi possono essere sintetizzate in alcuni punti
essenziali:
●
lo sviluppo economico in Europea resta debole, tipico di un’economia matura;
●
il tasso di disoccupazione resta elevato; aumentano i rapporti di lavoro precari.
Ciò genera incertezza e alimenta timori sul futuro;
●
la distribuzione del reddito diviene sempre più ineguale, riducendo la coesione
sociale;
●
gli investimenti si mantengono a livelli bassi sia nel settore privato che in quello
pubblico;
●
la ricerca scientifica e tecnologica resta a livelli insufficienti, in un contesto ove
invece aumenta l’esigenza di sostenere la competitività grazie allo sviluppo delle
conoscenze;
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●
i valori dell’umanesimo e della democrazia, cari all’Europa, declinano. Il capitale
umano si disperde, migrando sui mercati, perdendo le radici che lo legavano alla
comunità in cui si era formato.
In breve, il modello europeo di economia sociale di mercato è messo in crisi dalla
globalizzazione ed è attaccato dalla diffusione di una ideologia neo-liberista che si presenta come pensiero dominante. La sopravvivenza stessa del modello europeo è messa
in discussione, in quanto l’approccio neo-liberista si presenta come regola ineludibile.
A fronte della globalizzazione, l’Europa stenta a mettere a punto un progetto politico alternativo. Aumenta la resistenza ad accettare passivamente la mondializzazione,
con tutte le sue regole; ma questo rifiuto, se non si tradurrà in una precisa iniziativa europea, alimenterà solamente un atteggiamento tristemente rassegnato, fatalista. L’Europa
ha tutte le risorse necessarie per alimentare l’iniziativa; basti pensare, a tal fine, al capitale accumulato, materiale e immateriale.
Un nuovo ordine economico-sociale fondato sulla sussidiarietà
I problemi che la società europea è chiamata ad affrontare richiedono risposte a
livello di sistema, in grado di garantirne un governo efficace, e a livello di ogni singolo
individuo, in grado di affermare la centralità di ogni uomo in un ordine più libero e giusto.
Le risposte a livello di sistema e a livello di singolo individuo devono essere coerenti; per questo la prospettiva della sussidiarietà è l’unica praticabile, nelle condizioni
oggi vigenti, per individuare un nuovo ordine economico-sociale, in grado di affermarsi.
La sussidiarietà può essere vista come un ponte per percorrere la difficile fase della transizione dalla crisi della modernità ad un nuovo umanesimo.
Come sempre nei processi storici, è astratto definire il modello di lungo periodo
con precisione; tale modello, nella misura in cui può essere definito, potrà costituire un
punto di riferimento, di cui è più facile intuire che precisare analiticamente le caratteristiche.
Non sfugge l’importanza di un punto di riferimento per orientare un processo evolutivo; la meta dà senso al sentiero anche se può essere conosciuta solo al termine di un
lungo cammino. Il cammino è ancora più entusiasmante se il sentiero va tracciato nel
mentre lo si percorre. Il problema è attivare il processo, iniziare a percorrere il sentiero.
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Un nuovo ordine economico-sociale è in grado di realizzarsi se riesce a mobilitare le
energie necessarie per la sua costruzione, se vede crescere il numero di persone che
intendono percorrere quel sentiero.
Un progetto è realistico se corrisponde ai processi in corso e se è in grado di mobilitare le energie necessarie per il suo successo.
Un nuovo ordine fondato sulla sussidiarietà è un progetto credibile perché in grado
di dare risposte alla crisi economica, alla crisi delle istituzioni, alla domanda di nuova
libertà e di valori che viene dalla società.
Il portato della riorganizzazione della società secondo il principio di sussidiarietà
sarebbe in primo luogo un processo di democratizzazione più avanzato, con modalità
innovative.
Questo processo generale può svilupparsi in presenza di sviluppo economico e diffuso benessere, che realizzino una sempre minore diseguaglianza economica. La sussidiarietà caratterizza uno stadio avanzato di sviluppo socio-economico e culturale; essa
costituisce una formula istituzionale che vale a contrastare le accumulazioni di potere,
pubblico e privato; essa quindi per esistere necessita di una diseguaglianza decrescente
e a propria volta riduce ulteriormente quest’ultima nella misura in cui diventano sempre
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più efficaci i meccanismi impliciti nella sussidiarietà.
La diminuzione delle diseguaglianze lascia spazio alla valorizzazione delle diversità
culturali. Ciò vale per i popoli e le comunità che li compongono; ciò vale per ogni persona.
Democrazia, eguaglianza, pluralismo sono principi destinati ad evolversi in parallelo nella società. La sussidiarietà in questo quadro è in grado a dare crescenti contenuti
alle relazioni verticali fra i diversi livelli della società e orizzontali tra i diversi soggetti e tra
le manifestazioni delle diversità.
Un sistema in cui ogni cittadino ha consapevolezza di essere complementare e
identifica la propria realizzazione nel conquistare posizioni sempre più centrali nell’ambito di questa complementarietà, risulta antitetico ai sistemi che si fondano sul conflitto e
che utlizzano il conflitto stesso come strumento per dare ordine alla complessità. Questi
due modi di essere non sono alternativi: uno rappresenta uno stadio più avanzato dell’altro.
Ognuno dei due sistemi è dominante, in una società, nella fase storica in cui risulta attuale .
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Dal punto di vista etico, la complementarietà implica un atteggiamento “di servizio” del cittadino rispetto al sistema di cui fa parte. A propria volta, un atteggiamento di
servizio può svilupparsi solo se rivolto ad un sistema (ad un progetto, ad un processo)
dotato di senso. Il servizio, nel senso più nobile del termine a cui si fa riferimento in questa sede, non è un atto di scambio ma il dono di una persona o di un atto di una persona.
È un mondo nuovo che sta emergendo, in modo ancora confuso ma già con un
orientamento, il che rende certa una crescente chiarezza. La sussidiarietà è la frontiera
oggi più avanzata per realizzare una libertà alimentata da un nuovo umanesimo.
Note
1 Commissione Europea, SEL, Lussemburgo, 25/30
2 Commission mondiale sur l’environnement et le dèveloppment, Notre avenir à tous, Ed. du Fleuve, Montrèal,
1988.
3 Conseil de l’Europe, Tendances de la cohèsion sociale, Ed. du Conseil de l’Europe, 12/04.
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