APPENDICE A - INQUINAMENTO E VEGETAZIONE
Il tratto di costa tirrenica a cui appartiene Bibbona registra un contenuto tenore di inquinamento, senza
particolari sorgenti localizzate.
La situazione complessiva può essere ricondotta a cinque
fondamentali origini:
• utilizzo e dispersione di biocidi e fertilizzanti nell’agrosistema;
• punte di carico nel sistema fognario urbano;
• polluenti provenienti dall’asse infrastrutturale;
• inquinamento del mare;
• inquinamento atmosferico generale.
di queste, le prime tre sono generate nel territorio e le altre appartengono agli ecosistemi marino e
atmosferico.
Nelle sezioni specifiche della Relazione è stata accennata la natura e la diffusione degli agenti
inquinanti in agricoltura e delle acque fognarie civili. In questa parte ci soffermeremo sui principali
polluenti atmosferici di origine locale come i gas di scarico del traffico autoveicolare nonché
dell’aerosol marino e dell’inquinamento atmosferico con i loro effetti sulla vegetazione.
I vegetali assieme alle radiazioni solari e al terreno costituiscono i principali fattori di
depurazione degli inquinanti (funzione pozzo). Gli inquinanti giungono alle piante attraverso tre vie:
atmosfera, terreno, acqua. Quelli atmosferici possono presentarsi allo stato gassoso, ma anche in
forma areosolica ovvero solidi e/o liquidi. Gli inquinanti atmosferici hanno uno sostenuto tropismo
chimico, con processi di idratazione (acidificazione), di ossido- riduzione.
Essi costituiscono la
categoria che maggiormente interagisce- semplicemente o sinergicamente- con i vegetali, attraverso
la respirazione e la deposizione superficiale.
A.1
ITERAZIONE TRA PIANTE ED INQUINANTI ATMOSFERICI
Gli inquinanti assorbiti dai vegetali possono essere metabolizzati o inattivati ma, superate determinate
soglie, diventano pericolose per le piante o per gli organismi che hanno trofismo con le stesse.
Le piante possono reagire nei confronti degli inquinanti atmosferici con duplice meccanismo:
• assumerli, aumentando la loro concentrazione interna;
• emetterli, diminuendo la loro concentrazione interna.
L’assunzione è il preambolo di alcuni processi fisiologici di risposta agli inquinanti, che possono
essere:
− inattivazione superficiale, incorporazione a livello del tegumento;
− inattivazione nei tessuti, precipitazione e diluizione nei tessuti interni;
− metabolizzazione, utilizzo in un processo fisiologico,
− patogenesi, degenerazione delle cellule , dei tessuti e degli apparati.
L’emissione avviene attraverso il:
− dilavamento superficiale;
− la perdita della cuticola;
− il ricambio fogliare.
Le iterazioni tra piante e inquinanti sono condizionate da diversi fattori esterni:
− la temperatura e l’illuminazione, che determinano i ritmi di fotosintesi- respirazione ovvero
gli scambi gassosi tra vegetale e ambiente esterno;
− il vento e la pioggia, che condizionano la propagazione e il contatto dei polluenti con i
diversi apparati della pianta (velocità di deposizione, velocità di afflusso, dilavamento,…);
− la densità e la disposizione del popolamento vegetale che determinano i livelli di
penetrazione.
L’inattivazione superficiale operata dalla cuticola è tanto più attività quanto più esteso è lo sviluppo
della superficie fogliare, incrementato soprattutto alla presenza di peli, di ghiandole, ecc.
I principali polluenti atmosferici inattivati dalla cuticola sono: ozono (inattivato poi dal calore solare);
anidride solforosa, fluoruri gassosi, polveri.
L’assorbimento attraverso gli apparati respiratori della pianta stessa (stomi) è la principale
via di penetrazione degli inquinanti nei vegetali. Negli spazi intercellulari questi possono disciogliersi
nella soluzione che imbeve le pareti e quindi passare la membrana plasmatica ed entrare nel
metabolismo. La fase di assorbimento è quindi massima con la massima apertura degli stomi ovvero
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vicino all’optimum fotosintetico (vedasi Relazione Parte Prima. I fattori climatici e la vegetazione).
L’assorbimento degli inquinanti da parte delle foglie dipende quindi della loro idrosolubilità e dalla
capacità di penetrare la membrana cellulare e possono così essere classificati in ordine decrescente:
HF, SO2, Cl2, NO2, CO2, PAN, NO.
La propagazione degli inquinanti all’interno dell’organismo
vegetale avviene quindi attraverso due vie quella gassosa (veloce e limitata) e quella liquida che
permette la sua diffusione, attraverso il trasporto linfatico, a tutte le parti della pianta.
I tessuti possono inattivare gli inquinanti a diverso livello: il F nella cute, O3 negli spazi intercellulari
viene ridotto ad O2, ecc. Oppure possono avvenire processi di metabolizzazione come succede per
SO2, NO2, NH3.
La remissione, ovvero il rilascio degli inquinati da parte della pianta, può avvenire con
modalità differenti:
• attraverso il dilavamento (pioggia, rugiada, …), come avviene sovente per il particolato;
• attraverso la respirazione con scambio gassoso, col variare di alcune condizioni fisicoclimatiche (umidità, pressione,…), e possono essere riemessi nella forma originale (HF) o nella
forma trasformata (HCl, H2S da SO2);
• attraverso il decadimento dei tessuti (deposizione fogliare, decomposizione tessuti morti, …).
Il contributo delle piante alla depurazione dell’aria è considerevole e si sviluppa su diversi piani.
•
In primo luogo attraverso l’impiego metabolico:
∗ CO2 ↔O2 è alla base della complementarità vegetale↔animale.
∗ Anche SO2 e NO2 sono impiegati nei metabolismi vegetali. Un km2 di prato a erba medica
può assorbire sino a 100 kg al giorno di questi inquinanti. In due ore, 1 dm2 fogliare (vite)
possono depurare 300 l di aria con SO2 a 1,99 ppm.
• L’altro meccanismo è dato dal ‘trattenimento’ degli inquinanti che permette la loro
scomposizione o la loro neutralizzazione chimica o fisica, ma anche l’opposizione alla loro
diffusione. Tali meccanismi possono avvenire in diversi modi.
∗ Abbattimento delle polveri con effetto barriera (soprattutto specie sempreverdi) o
imbrigliamento fogliare per aumento della vorticosità dei flussi d’aria (soprattutto aghifoglie).
∗ Trattenimento superficiale ad opera di sostanze di ricopertura dei vegetali (cere, resine,…) o di
loro apparati (peli, rugosità, …) e deposizione in luogo (soprattutto caducifoglie).
∗ Sottrazione dall’atmosfera per deposizione dei polluenti negli organi interni della pianta.
A.2
DANNEGGIAMENTO DEI VEGETALI AD OPERA DI INQUINANTI
ATMOSFERICI
Le modalità attraverso le quali i principi inquinanti sviluppano danni nei vegetali sono molteplici e non
del tutto note.
Le più frequentemente riconosciute sono di seguito menzionate.
• Aumento della permeabilità delle membrane cellulari, con azione che può spingersi sino
alla loro disgregazione, da cui deriva l’appassimento e la degenerazione progressiva della
pianta.
• Iterazione con i processi biochimici della pianta come la fotosintesi (iterazione con gruppi
prostetici clorofilliani) o le reazioni enzimatiche, causando alterazioni fisiologiche e deficit
metabolici.
• Mimesi chimica soprattutto con fitormoni che procura alterazione nello sviluppo e nelle
ciclicità del vegetale.
• Deficit energetico causato dall’assorbimento di energia richiesto dei processi riparativi.
Oltre alle interferenze dirette degli inquinanti nel metabolismo vegetale vanno considerate pure quelle
indirette.
• Turbative in fase riproduttiva con danneggiamento degli organi riproduttivi e del polline
(piogge acide e modifiche di pH, deformazioni tissutali,…).
• Alterazioni ecosistemiche con mutamento delle componenti protettive per il vegetale,
dall’entomofauna utile (insetti pronubi, …) ai predatori.
La patogenesi da inquinanti si sviluppa in differenti fasi:
Il principio inquinante non neutralizzato e/o non metabolizzato interferisce con componenti cellulari,
ovvero con le membrane (SO2, F, O3), il citoplasma (F, SO2, SO3), l’attività enzimatica (F, NOx, O3) e
interferire a diversi livelli nel processo fotosintetico (F, SO2, SO3, NOx, HCl, O3, PAN). Tale fase è
definita perturbazione. Ad essa segue la risposta della pianta, ovvero il risanamento, attraverso
due distinti meccanismi: la riparazione dei danni subiti e la compensazione con modifica dei processi
fisiologici.
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Se la capacità omeostatica non è sufficiente ad ammortizzare le perturbazioni causate nei tessuti dagli
inquinanti atmosferici si verifica lo sviluppo delle lesioni, con manifestazione delle alterazioni
patologiche (depigmentazione fogliare, defogliazione, mancata allegagione, zone necrotiche nei frutti,
degenerazione radicale, ecc.), a cui può seguire un tentativo di riparazione da parte dei tessuti
circostanti ipertrofia, callosità, clorosi, ecc.).
La sensibilità agli inquinanti atmosferici è tipica di ogni specie, ma si può genericamente affermare
che:
• la vegetazione erbacea è meno colpita rispetto ai cespugli ed agli alberi per il suo limitato
sviluppo fogliare e per la sua breve periodicità di rinnovo che ne abbassa l’esposizione e
l’accumulo;
• le specie arboreo ed arbustive a foglia persistente sono più sensibili di quelli a foglia caduca
per l’esposizione più prolungata che ne subiscono le foglie;
• le conifere sono in genere più suscettibili delle latifoglie perché dispongono di minori tessuti di
riserva;
• la sensibilità fogliare varia in relazione alla fase di sviluppo e sembra dipendere dallo sviluppo
degli stomi, e generalmente la maggior vulnerabilità si ha nelle foglie giovani.
A.3
ADATTAMENTO DELLE PIANTE ALL’AMBIENTE INQUINATO
L’adattamento delle piante all’esposizione continua a determinati inquinanti può esplicarsi con diversi
meccanismi:
• selezione delle specie resistenti all’interno di popolamenti misti;
• selezione di individui con particolare resistenza all’interno della stessa specie (sottospecie,
varietà);
• nascita di un nuovo clone, cioè acquisizione genetica e trasmissione ereditaria dei caratteri di
resistenza.
Alcuni tipi di inquinamento come quello dei metalli pesanti e degli erbicidi provoca un trend involutivo
sulle popolazioni naturali che si sviluppa con particolari modalità.
• Le specie, sottospecie, le varietà e le forme più sensibili vengono eliminate più o meno
rapidamente dal popolamento con due possibili risultati di adattamento all’ambiente inquinato:
∗ a dosi acute i genotipi sensibili sono subito eliminati;
∗ a dosi croniche i genotipi sensibili sono ostacolati nella riproduzione e nell’affermazione;
• L’adattamento cronico favorisce la riproduzione e l’affermazione dei genotipi resistenti, ma con
la diminuzione delle sorgenti inquinanti, tali genotipi resistenti- in quanto forme ‘specializzate’
dalla selezione- faranno fatica ad adattarsi alle nuove condizioni (adattamento all’ambiente
puro).
La resistenza agli inquinanti in forma cronica si manifesta in forma percettibile intorno ai 25 anni di
esposizione ed è più spiccata nelle piante a ciclo annuale rispetto alle perenni.
In ogni caso le variazioni sui popolamenti naturali procurano una restrizione più o meno sensibile ed
occulta della biodiversità, una maggiore vulnerabilità alle variazioni (es. al meteoclima) e una
banalizazione degli habitat e del paesaggio.
In relazione ai lunghi tempi di adattamento naturale sia all’ambiente inquinato che a quello ripulito si
può intuire la pericolosità dei “vuoti” di stabilità che si creano e che mettono in serio pericolo
l’esistenza dei biotopi meglio conservati.
A.4
L’AEROSOL MARINO
È una forma di inquinamento costiero che trova origine nella concomitanza di più fattori i cui
meccanismi fitopatologici non sono ancora del tutto stabiliti. La sua insorgenza risale ai certi tratti di
costa marina, particolarmente trafficata da mercantili e significativamente popolata, ma l’areale di
diffusione in questi ultimi quarant’anni si è espansa a grandi tratti di litorale, interessando praticamente
tutta la penisola anche se con diversa intensità di manifestazione.
L’azione inquinante a carico dei vegetali risiederebbe principalmente in questi inquinanti:
• detergenti anionici, con sorgente principalmente domestica ( specialmente sulfonati di Na);
• idrocarburi pesanti del petrolio, con sorgente nel trasporto del greggio;
• ossidanti e sbiancanti dei detersivi domestici (specialmente perborato di sodio);
• anidride solforosa (SO2) e fluoro (F), provenienti da processi industriali;
• prodotti della biodegradazione del greggio;
+
• salsedine (Na , Cl ).
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I meccanismi di azione sono complessi:
Le microgocce che si sollevano dalla superficie marina contengono molti idrocarburi e detergenti ionici
che si trovano sulla superficie del mare e piccole quantità di perborato, di salsedine e di alcuni metalli
pesanti (Mn) che stanno nelle acque marine. Il trasporto effettuato dalle correnti d’aria permette
all’aerosol di arricchirsi di altri inquinanti, quali SO2 e F, che si trovano nell’aria e di depositarsi, spesso
in forma solidificata dall’evaporazione, sulla vegetazione del litorale.
Mentre l’acqua marina pura nebulizzata in laboratorio su specie come Pino domestico, Pino marittimo,
Pino d’Aleppo, Leccio, Platano, Oleandro, Ligustro procurano danni di modestissima entità.
L’introduzione selettiva degli altri principi inquinanti ha permesso di ricostruire il processo di
patogenesi.
Gli idrocarburi corrodono la cuticola e i detergenti- solubilizzandone le protezioni- faciliterebbero la
penetrazione del liquido all’interno del plasma cellulare. Qui i principi più fitotossici (F, SO2 e sali
marini), trasportati dal torrente circolatorio cominciano a produrre necrosi nei gruppi di cellule dove si
accumulano. Ma il danno non è solo tissutale, si arriva poi ad interferire biochimicamente con i cicli
vitali della pianta quali la fotosintesi, la respirazione, la caduta ormonale e la regolazione enzimatica
con un decadimento generale di tutte le funzioni della pianta.
Il quadro sintomatico permette di stabilire che le specie più colpite sono quelle legnose a foglia
persistente.
Il tutto si annuncia con necrosi a livello degli stomi che appare con macchioline
necrotiche, con necrosi del margine quindi internervale, e nelle aghifoglie si presentano necrosi
apicali. A ciò segue ingiallimento delle parti ancora verdi e filloptosi (caduta fogliare) progressiva e
precoce. Col passare degli anni avanza irresistibile il processo di progressiva riduzione delle chiome
a cui segue il deterioramento mortale, non raramente accompagnato da patologie infettive.
A.5
I DISERBANTI ORMONALI
Sono sostanze chimiche che agiscono interferendo nei processi fitormonali bloccando alcuni processi
di crescita. Appartengono chimicamente alle famiglie dell’acido 2,4-di-cloro-fenossiacetico (2, 4 D) o
dell’acido 2,4,5, tri-cloro-fenossiacetico (2,4,5- T), con attività ormonale simile all’auxina naturale, ma
con potere esponenzialmente maggiore. La loro forma di inquinamento più diffuso è doviuto alla
volatilità di alcuni loro esteri.
Il loro impiego come diserbante è dovuto alla loro selettività a favore delle dicotiledoni.
Particolarmente sensibili tra le piante sative troviamo la vite, le cucurbitacee e il pesco.
A.6
I GAS DI SCARICO NELLA COMBUSTIONE DEL PETROLIO E DERIVATI
Questi inquinanti sono classificati dalla chimica ecologica come ossidanti atmosferici o fotoossidanti,
raggruppabili in alcune categorie: ossidi di azoto, l’ozono, idrocarburi e loro frazioni ossidate (alcheni,
aldeidi, alcani, aromatici), periossiacetilene (PAN), ossido e biossido di carbonio. Ovviamo qui di
accennare i complessi processi di trasformazione e di attivazione delle frazioni inquinante per passare
direttamente al loro effetto sui vegetali.
Gli ossidi di azoto (NOx) in genere sono presenti in basse concentrazioni (<1,14 ppm di NO e 0,74
ppm di NO2)e tali da non procurare effetti immediati nella patologie vegetale, tuttavia la vicinanza
strette della sorgente (strade di grande percorrenza giustifica l’attenzione nei confronti di questo
fattore inquinante peraltro assai tossico. L’azione sviluppata dagli ossidi di azoto è quella di chiudere
gli stomi, inibire la fotosintesi e permettere l’accumulo interno di CO2 ed inoltre causano l’inibizione di
alcuni enzimi proteici.
Anche la presenza di ozono (O3) produce danni in relazione alla chiusura degli stomi con edema per
plasmolisi e alterazioni nella biochimica della catena energetica cellulare (ATP). Un effetto simile lo
produce il PAN oltre alla distruzione di alcune molecole di pigmeti vegetali (clorofilla, carotenoidi,
riboflavina).
Il pulviscolo atmosferico somma le particelle dello smog fotochimico- precedentemente visto- ad
altre particelle come il Piombo (Pb), tradizionale additivo delle benzine, alle ceneri, alle polveri
minerali e a quelle idrocarburiche bitomose degli asfalti. L’azione sui vegetali è spesso quella di
intasare gli stomi con ripercussione sulla fotosintesi, respirazione e traspirazione, provocare
inertizzazione delle sostanze protettive della lamina fogliare (cere), disturbare i processi di
impollinazione, modificare il pH, e se di colore scuro aumentare la temperatura fogliare. L’accumulo
di principi di polveri tossiche (Pb, As, F) sugli apparati fogliari può renderli pericolosi per
l’alimentazione umana e per il bestiame.
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