Il sogno di Dio sulla coppia “Una buona novella” per

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Il sogno di Dio sulla coppia
Fratelli e sorelle,
Dio ci ha creati per essere felici,tutti insieme ;marito,moglie e figli. La famiglia
Egli l’ha sognata,voluta e creata come luogo di gioia e di felicità. Come può essere
dunque che tante famiglie vivono nella sofferenza? Da dove viene ciò ? E’ colpa
nostra ? Questa sofferenza è dunque senza spiegazione, senza motivo ? L’amore
sarebbe dunque una trappola ?
Soprattutto c’è da parte di Dio una” buona novella”, una parola di sostegno,
d’incoraggiamento per le famiglie che soffrono? Si , c’è una “buona novella” un Vangelo
di Dio per tutte le famiglie, soprattutto per quelle che devono vivere all’ombra della
croce e che intravedono appena i barlumi della Risurrezione.
“Una buona novella” per tutte le famiglie
Non è raro sentir dire che la Chiesa parla quasi sempre della coppia
ideale, delle famiglie senza grandi problemi, dove il cielo è sempre sereno.
Ma sappiamo ci sono tante altre famiglie che sono ben lontano dal raggiungere l’ideale.
Tante altre coppie che attraversano tempeste in cui naufragano. Cosa dire a tutte le
famiglie monoparentali, a tutti i divorziati, ai divorziati risposati? Alle coppie colpite
dalla sterilità o provate da un figlio handicappato o dalla malattia, dalla morte ? Cosa
dire a quelli e quelle che hanno fallito e che sono più feriti che riconfortati dal discorso
sulla famiglia se non addirittura spinti alla rivolta? Dio ha una buona parola anche
per loro ? E la Chiesa? Ha una parola di comprensione e d’amore che rimanga però
nella verità ? Poiché non si può mai praticare la carità rinunciando alla verità cosi
come la verità può essere solo annunciata da un cuore che ama
« Il giorno in cui l’ideale sparì…. »
Viviamo in un’epoca in cui grandi ombre oscurano il matrimonio e la famiglia.
La realtà è spesso cruda, a volte triste. Non bisogna tuttavia che l’ideale, sognato e
creato da Dio,sia annunciato a fior di labbra,sia solo bisbigliato. “ Quando i profeti
tacciono e la profezia sparisce, il popolo cade in un grande torpore” dice Isaia (Is 29,9ss) Questo torpore, questo velo sugli occhi può essere più grave che tutte le debolezze
morali poiché non c’è debolezza più grande che dimenticare l’ideale che Dio aveva
presente quando creò l’uomo e la donna. E non c’è peccato più grande di quello contro
la verità,quello che dichiara che il male è un bene. Così noi dobbiamo continuare a
pronunciare parole di luce nel paese delle ombre e proclamare l’ideale. Dobbiamo
leggere e rileggere ancora il racconto della creazione dell’uomo e della donna : è per
amore che Dio ha creato la coppia, che ha condotto la donna all’uomo affinché essi si
amassero del medesimo amore con il quale essi furono creati. Così si doneranno l’uno
all’altro fin nei loro corpi, saranno fecondi e il figlio sarà il frutto del loro amore
spirituale e corporale. “Dio vide che ciò era buono, molto buono” (Gn 1,31) cosi dice il
racconto della creazione. Ciò che Dio ha dichiarato buono rimane buono per sempre
perciò il dovere e la gioia della Chiesa – e di tutti gli uomini- è di mai rinunciare a
credere nella famiglia quale la vede Dio : unita, solida, luogo del dono di sé e della
fecondità,della condivisione e del perdono, della maturazione nell’amore, della sua
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continuità e della sua durata. “Finché morte non ci separi…” E tutto ciò anche se noi
non realizziamo che una parte dell’ideale. Lo sguardo della Chiesa - come quello di Dio
- sulla coppia e sulla famiglia rimane risolutamente ottimista, anche se questo ideale
non è mai raggiunto in tutta la sua perfezione
Il baco alla radice
La famiglia, Dio « l’ha piantata come un albero, vicino all’acqua” essa vive cresce
porta frutti. Un albero creato per restare eternamente verde, che non conosce né
autunno né inverno. Allora perché ci sono tanti alberi che non portano più frutti, che
hanno le foglie gialle, o che sono completamente spogli, apparentemente morti come
in inverno ?
Anche di ciò si dice nel libro della creazione. Alla radice dell’albero, c’è un
piccolo verme che corrode, il tarlo misterioso del male. Misterioso, si, poiché l’origine
del male e del peccato è oscura, ambigua. Certo, il peccato è sorto dalla nostra cattiva
volontà, ma ci viene anche per cosi dire dall’esterno : da colui che la Bibbia chiama il
Maligno e che ha instillato il veleno della ribellione a Dio nel nostro cuore. E’ davvero
impossibile analizzare a fondo questo enigma della nostra libertà e della seduzione del
Tentatore.
Comunque sia, il peccato ha introdotto nel mondo due realtà : l’egocentrismo (io
ti prendo per me stesso) e la sofferenza che minaccia la comunione d’amore degli
sposi.
Questa dualità della sofferenza non voluta e del peccato volontario la si ritrova
ovunque. Essa s’insinua anche nella coppia e nella famiglia : sterilità, malattia,
handicap, morte di un congiunto, lenta disgregazione del focolare senza che se ne
sappia neanche il perché… Ma altre sofferenze provengono più direttamente dalla
debolezza umana o persino dalla propria cattiva volontà: infedeltà, rottura, conflitto
perdurante e lontanamente voluto, violenza fisica o morale, dominazione e umiliazione
dell’altro, ricatto, rifiuto del figlio che si annuncia.
Virtù naturali e grazia divina
Non dobbiamo concludere che non c’è speranza in caso di peccato o di sbaglio e
che la sofferenza in seno alla coppia o alla famiglia è senza scampo. L’uomo non
manca di risorse per uscirne : una sola estate secca non prosciuga una sorgente. Il
cuore dell’uomo e della donna è ricco di grandi potenzialità naturali : quanta bontà nel
cuore umano, quanta solidarietà, energia e pazienza tolleranza, convivialità,
umorismo e saggezza, sopportazione, in una parola, amore naturale ! Poiché il cuore
umano è creato ad immagine e somiglianza di Dio. Resta il problema di sapere se
queste risorse sono sufficienti per superare le nostre pene ed i nostre cadute. La coppia
e la famiglia possono certo fare un bel pò di cammino grazie alle loro sole forze
umane; ma la vittoria su tutte le sofferenze ed il perdono di tutti i peccati non si
trovano al di fuori di Cristo : questa è la nostra fede. È lui “che porta le nostre
sofferenze ed i nostri peccati” Lui solo è l’Agnello che, benché trafitto resta saldamente
in piedi (Apoc 5, 6)
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Già nel racconto della caduta nel libro della creazione, Dio ci parla di un
Salvatore. Certo,egli annuncia la sofferenza : “ con il sudore della tua fronte tu
mangerai il pane finche tornerai alla terra” (Gn 3,19) e.. “con sofferenza darai alla luce
i figli” (Gn 3, 16). Egli parla anche di cattiva volontà e di malizia : “Verso il marito
sarà il tuo istinto ed egli ti dominerà” (Gn 3, 16) Ma Dio aggiunge rivolto alla donna
che la sua discendenza schiaccerà la testa al serpente. Il figlio che nascerà da lei farà
perire il male. Al di sopra della lacerazione tra Dio e l’umanità è già gettato il ponte
dell’Alleanza.
Gesù riprende il sogno di Dio sull’uomo e sulla donna al momento della
creazione : la loro unione è santa ed indissolubile. Da tempo i dottori della legge
avevano rinunciato a questa “utopia” dell’unicità del matrimonio e, della sua
indissolubiltà. Mosé stesso aveva ammesso che una donna potesse essere ripudiata dal
marito Ma Gesù ritorna alle origini : il piano del Creatore sull’uomo e sulla donna,
sulla coppia non è pura utopia. Mediante la Grazia del suo Spirito, il progetto
iniziale è possibile. « Non avete dunque letto che il Creatore fin dalle origini, li creò
maschio e femmina e disse : “Così l’uomo lascerà suo padre e sua madre per
congiungersi alla sua donna e i due saranno una carne sola » ( Mt 19, 4/5).
L’ideale vive dunque, diventa persino la norma. Non che l’amore umano sia
diventato di colpo più forte. Ma il legame che unisce l’uomo e la donna non é più il
risultato solo degli sforzi della loro volontà ed energie comuni ; é l’amore stesso di
Gesù che lega l’un l’altro gli sposi cristiani e che è fondamento della coesione della
famiglia. “L’uomo ama sua moglie come Cristo ama la Chiesa. Egli si è donato per lei
… Ė per questo che il marito deve Amare sua moglie come il proprio corpo” (Ep 5,28)
La legge, pur rimanendo legge, é resa possibile dalla potenza della grazia. Il
peccato viene ‘inghiottito’ dalla misericordia di Dio che si é manifestata sulla croce.
Tuttavia questa misericordia tocca solo quelli che intraprendono il cammino interiore
della conversione del cuore. Questo esige tempo, pazienza, penitenza, ma prima di
tutto una fiducia filiale e perseverante nel perdono di Dio che non vuole la morte del
peccatore ma desidera invece che egli si converta e viva (cf. Ez 18, 23)
1 _ LA SOLITUDINE
Ciò di cui non si parla mai
C’é una categoria di persone di cui si parla poco se non niente del tutto Sono le
migliaia di donne - e di uomini - che non sono sposati , spesso loro malgrado ; non li si
rifiuta. Semplicemente li si dimentica… salvo appellarsi – sovente - alla loro grande
disponibilità.
Quella donna, perché é rimasta sola ? Spesso nessuno lo sa. Si è presa cura dei genitori
per lungo tempo? Ha trovato qualcuno che ha perduto subito dopo? Ha consacrato
esclusivamente la propria giovinezza ai malati, agli handicappati, ai poveri, finche il
tempo di sposarsi è trascorso senza che essa se ne sia accorta ! Ha sognato una vita
consacrata al Signore senza trovare né come né dove realizzarla? Tutte queste
sofferenze non hanno la stessa intensità, ma sono tutte reali. “ Tutti i miei amici sono
sposati, ed io ? I treni passano, ed io sono rimasta sola sulla banchina , mentre il
tempo passa”. “Ho un cuore fatto per amare e per essere amato. Qualche volta sono
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innamorata e mi sento rivivere : ma dopo qualche settimana o qualche mese, mi sento
più sola di prima. É insopportabile ! ”
Cosa fare ? Non sarà già un notevole progresso se noi riusciamo a purificare il
nostro cuore e i nostri pensieri nei confronti di queste persone? Bandendo le
osservazioni sgarbate e le domande indiscrete,guardando queste persone con un altro
occhio : « anche lui, anche lei, é un essere umano completo; essi non sono sminuiti
nella loro umanità perché celibi. Non abusiamo del loro aiuto benevolo : “Essa ha
quanto meno molto tempo libero…potrebbe guardare i bambini di altri, d’altronde essa
ama fare ciò”. È normale che nelle feste di famiglia, esse siano sempre le prime a
servire e le ultime ad essere servite? E che siano sempre esse a vegliare al capezzale di
un malato in famiglia poiché “nessun’altro ci pensa”?
La solitudine di questi uomini e queste donne, rimaste sole senza averlo voluto,
è spesso grande ma nessuno se ne accorge. Essi hanno diritto ad un posto a tavola.
Non domandano di essere inondati di parole di consolazione o che si faccia luccicare ai
loro occhi delle soluzioni illusorie alla loro solitudine. Essi domandano semplicemente
che le si ami, le si ascolti, che si accolgano come sono, con grande discrezione, con
rispetto e gratitudine per la generosità di cuore di cui hanno dato molte prove.
Sono loro d’altra parte che comprendono meglio la solitudine degli altri, anche
in seno alle coppie e alle famiglie. Essi sanno cos’è il trovarsi soli, lo sentono nel
profondo. Essi sanno cos’è portare delle ferite degli handicap, invisibili all’esterno. Il
celibato involontario può forse essere anch’esso un cammino verso Dio e verso gli altri :
un cammino di apprendimento dell’ amore.
Handicappati
Il tempo in cui si nascondevano gli handicappati non é lontano : essi
infastidivano le gente sana. Jean Vanier ed altri con lui hanno fatto evolvere molto la
mentalità su questo punto: gli handicappati hanno diritto di cittadinanza nella nostra
società, prendono parte alla vita normale, sono nostri fratelli e sorelle a pieno titolo.
Sono anche, nella società e nella Chiesa, una vocazione profetica. Svelano le cose dalla
parte di Dio, sulla vita, su noi stessi. “ Ma la vita con gli handicappati mi ha
completamente cambiato ; essa mi ha rivelato la mia povertà, i miei handicap e le mie
ferite ; mi ha aiutato ad accettarle ed a guarirle ” mi ha detto un giorno un valido
membro dell’ « L’Arche »
Ne viene nondimeno che, per il bene degli handicappati, la via del matrimonio
non è quasi presa in considerazione. È una grande sofferenza. Ciononostante, anche
per essi l’amore é possibile. Nella sofferenza e nella prova, essi imparano a capire
lentamente che l’amore non porta un solo nome : l’amore si chiama anche fraternità,
amicizia, convivialità, solidarietà, condivisione. “L’Arche” di Jean Vanier, dove persone
valide ed handicappati vivono la stessa vita di famiglia, é per tutti loro un luogo
privilegiato per imparare ad amare ed essere amati. Il problema del celibato causato
da un handicap non è evidentemente risolto : restano dei momenti di scoraggiamento,
di rivolta. Ma molti handicappati guadagnano uno spirito più temprato, capace
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d’amare ogni giorno di più nonostante un corpo minorato. Per i ‘ validi ’ che vivono con
loro, essi sono una buona scuola per non classificarli senza amore e sessualità. L’amore
umano ha molti aspetti perché è il riflesso dell’amore unico e multiforme di cui Dio ci
ama.
« Gli handicappati dell’amore »
Non c’è forse una nuova forma di handicap che si sviluppa nella nostra società,
soprattutto in mezzo ai giovani, quello di non poter più amare? Questi handicappati
dell’amore non lo hanno conosciuto vicino a loro, o a malapena. essi sono vissuti in un
ambiente d’amore precario confrontandosi con delle caricature dello amore. Certi
hanno provato ad uscirne. Sovente per dei percorsi che portano alla morte : sessualità
precoce, erotismo sfrenato, droga. Non credono più alla possibilità di un amore puro,
gratuito, disinteressato, rispettoso dell’altro, spirituale. Saranno un giorno capaci di
affrontare una relazione affettiva, stabile e duratura? Ne dubitano fortemente, e non
senza ragione. Che fare per questi handicappati dell’amore?
Bisognerà - ad imitazione di Jean Vanire - aprire degli “Arches” dove questi
giovani trovino infine da soli un ambiente dove imparare ad amare quanto ad essere
amati, dove scoprire la vera natura dell’amore con tutte le sue ricchezze. Essi potranno
avere la rivelazione che la stabilità, la trasparenza, il disinteressamento, sono possibili
nella coppia e nella famiglia. Impareranno come farvi riferimento per diventare
veramente ragazzi o ragazze, uomo o donna, padre o madre. Degli “Arches” per essere
al riparo, ma soprattutto per potere partire rinnovati, capaci di fondare una famiglia
sotto l’arcobaleno di Dio e della sua alleanza.
Oggi noi insegniamo ai giovani tutto salvo che l’arte di amare come uomini e
come cristiani. Ci sarebbe molto da dire sulla povertà dell’iniziazione all’amore, che si
limita spesso ad una informazione sulla sessualità. Anche nei giovani impoveriti da un
ambiente deplorevole, resta sempre un pezzo di terra nel campo del cuore dove il buon
seme può cadere e mettere radice. Non è mai troppo tardi per seminare.
Io rendo grazie al Signore ogni volta che sento dire che delle famiglie accolgono
per un tempo più o meno lungo un ragazzo od una ragazza usciti da un’esperienza
sfortunata per insegnargli a diventare adulti nell’amore, per fare un uomo,una donna,
un marito, una sposa, un papà, una mamma. E tutto ciò semplicemente
permettendogli di condividere la vita di famiglia, d’avere un posto in mezzo ai loro
figli.
Non si può imparare a fondare una famiglia senza vivere in seno ad una
famiglia. Ci sono delle eccezioni, certo, ma confermano la regola. Cristo non ha dunque
detto: “Chi accoglie uno di questi piccoli in mio nome, accoglie me” (Mt 18, 5) ? E chi
sono i piccoli dei nostri tempi, se non quelli che sanno a malapena cosa vuol dire essere
amati ?
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2 _ MASCHIO E FEMMINA LI CREÓ
Se é vero che alcuni uomini e donne restano soli, la maggioranza degli altri si
sposano e trovano la felicità. Si potrebbe dire che c’è molto sole e poche nuvole. E
ancora che c’è qualche difficoltà di adattamento all’inizio e più tardi l’usura della vita
in comune. Per i problemi della vita di tutti i giorni, e comunque per i minori, si può
trovare aiuto; ci sono letture utili e incontri dove si può imparare molto per venirne a
capo.
« Ignoravo che l’altro potesse essere così differente”
I piccoli problemi di ogni giorno sono comunque rivelatori di una verità più
profonda sulla vita in coppia ed in famiglia : l’amore non è anzitutto né sentimento né
passione ; l’amore è una decisione, con la quale accetto l’altro qual’è per farlo crescere
nel suo essere ‘altro’ e non per adattarlo a mia misura ed ai miei bisogni. Quante
coppie provano difficoltà a rinunciare al sogno dell’amore-fusione, per consentire la
modesta crescita dell’altro cosi qual’é. Ciò non significa che si deve arrivare ad un
vago compromesso, dove, essendo salvo l’essenziale, ogni partner può fare buona parte
del cammino in piena indipendenza. No! Il vero amore accetta l’altro per liberarlo, per
permettergli di diventare pienamente se stesso. La scuola dell’amore vero ci fa passare
dalla ‘ possessività alla gratuità ’ ; bisogna rinunciare a prendere per meglio
donare. L’altro non é la soddisfazione pura e semplice dei miei bisogni, una specie di
protesi per rimediare ai miei handicap. No, l’altro è diverso ed amarlo vuol dire
accoglierlo in questa differenza.
Forse ciò è più difficile ai giorni nostri che una volta. La vita in coppia è molto
più lunga. D’altra parte, siccome tutte le attenzioni non si devono più concentrare sul
lavoro necessario per la sopravvivenza, resta molto più tempo per stare insieme,
analizzarsi l’un l’altro. Forse i nostri nervi sono anch’essi diventati più fragili. Infine
un certo narcisismo moderno ci rende più introversi, più portati a spulciare ed a
scorticare una relazione. Sicuramente il nostro io occupa un grande spazio e noi
abbiamo troppo poco senso dell’ umorismo di fronte a noi stessi ed agli altri.
Ma tutto ciò non impedisce necessariamente di crescere nel vero amore, che é
accoglienza dell’altro. Le scienze umane e certe tecniche di comunicazione ci possono
aiutare. Pertanto il vero cammino di crescita dell’amore é spirituale : è la via della
conversione del cuore, di un vero rovesciamento di se, di una nuova nascita, di un
andare oltre. L’amore come Dio lo sogna e lo dona, è l’amore dell’incarnazione. “Ah se
tu squarciassi i cieli e discendessi…” (cf. Is 63, 19) e Dio é sceso per essere il bambino
nella mangiatoia. Il vero amore fa dire a Giovanni il Precursore: “Bisogna che lui
cresca e che io diminuisca” (Jn 3, 30). “ Chi vuol salvare la propria vita, la perderà”
(Mc 8, 55) disse Gesù e “Considerate gli altri come superiori a voi…” (Ph 2, 3) scrive
san Paolo. Il vero amore non dice « io mi arricchisco a tuo scapito », ma invece « voglio
diventare povero per arricchire te ». Fino a darti tutto ciò che possiedo. “Perché nessuno
ha amore più grande che colui che si spoglia della propria vita per quelli che
ama”.(Jn15,.13)
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Un’epidemia?
Molte coppie .crollano ai giorni nostri. Tutto ciò sembra quasi un’ epidemia.
« Esistono ancora famiglie dove nessuno é divorziato ? » si domanda qualcuno. La
domanda è senza dubbio esagerata ; ma la tendenza è netta. Uno dei grandi problemi
della famiglia moderna è la sua instabilità e tutto ciò che ne consegue.
Le cause individuate sono molteplici e varie. La coppia è mal protetta dalla
società e dalle sue leggi ; la preparazione al matrimonio è insufficiente; l’amore tra i
giovani è precoce ed immaturo : si avvia subito attraverso il corpo, il contatto genitale,
per non raggiungere mai il livello di un’unione spirituale dei cuori. La promiscuità è
diffusa nella nostra società, nel mondo del lavoro e in quello del dei divertimenti, nei
media. Infine, in quale vuoto spirituale vivono i nostri giovani…Ci sono persino dei
casi di separazione senza spiegazione apparente : certi sposi hanno tutto per essere
felici insieme, ma essi non riescono veramente a trovarsi l’un l’altro. C’è qualcosa di
tragico in queste sconfitte.
Il cuore cattivo
E’ piuttosto raro che delle coppie si sciolgano soltanto per motivi esterni ad esse
come situazioni di vita o di ambiente. Quasi sempre la vera ragione della rottura è da
ricercarsi nel cuore dell’uomo, nella sua debolezza, talvolta persino nella sua
cattiveria. Cosi come non si può semplicemente sostituire all’ideale del matrimonio ciò
che invece è realizzabile, non si può banalizzare a priori l’errore e il peccato di certi
divorzi facendo appello alle scuse ed alla comprensione. Se è vero che la nostra epoca
vuol essere comprensiva, tollerante, se vuole astenersi dal giudicare troppo in fretta,
bisogna d’altra parte che non diventi permissiva e che non ignori i casi di divorzio in
cui uno dei partners abbandona l’altro, non senza cinismo, per rifarsi una vita. Non
bisogna dimenticare che i legami del matrimonio validamente contratto non sono
soltanto legami d’amore ; il divorzio ritira una parola data e rompe un legame
giuridico. Gli sposi, il giorno del matrimonio, non si sono forse detti : “ rimarrò al tuo
fianco nei buoni e nei cattivi giorni finché la morte non ciò separi”? Il Matrimonio è
anche una questione di giustizia sociale. Ci sono casi in cui una persona è
ingiustamente privata dell’amore, della ragione di vita, del futuro, essa è lesa nei suoi
diritti fondamentali. L’assegno per gli alimenti è soltanto una compensazione
parziale ; esso non annulla la rottura colpevole di un contratto ma la rende appena un
po’ più sopportabile.
Perché tanti matrimoni spezzati ?
Non si può eludere la questione. Le scienze umane - la sociologia soprattutto - ci
forniscono qualche spiegazione. Anche se le risposte che ci propongono sono più
descrittive che veramente esplicative. Le vere cause non sono forse da ricercarsi nel
profondo ?
La spiegazione - la risposta vera - al perché di queste rotture non è per caso da
ricercarsi nell’ignoranza o in una concezione erronea della vera natura dell’amore ?
Anzi diciamo al riguardo una parola più alta: l’amore è un dono totale dell’uomo alla
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donna, corpo e anima, non un’unione parziale, condizionata, transitoria. L’amore è
durata, non un contatto fuggevole. Ecco perché anzitutto esso non è un sentimento ma
una decisione ; esso è servizio all’altro e perciò anche annullamento di se e non
l’inverso. E’ in seno ad una famiglia pienamente umana e cristiana che s’impara
meglio che altrove che cosa è amare in pienezza, come uomo e come cristiano. Questo
apprendistato d’amore può sicuramente essere poi completato per mezzo di altre
‘scuole di amore’ quali i Centri di preparazione al matrimonio, con incontri di ogni
genere, conferenze, letture. Rimane ancora molto da fare in questo campo.
Un’altra ragione che spiega in parte la frequenza delle separazioni é la
‘ privatizzazione ’ del matrimonio. “È un affare tra noi due”, si dice, “la società non si
deve immischiare. Essa non deve imporci le sue esigenze, deve limitarsi a garantire i
nostri diritti ”. Ma il matrimonio è proprio un affare privato ? Quando un uomo ed una
donna si sposano, il fatto non si limita ad un affare tra i due. Questa unione cambia
qualcosa nella loro relazione con tutti gli altri esseri umani, sia che siano vicini o che
siano lontani da loro. Il significato sociale del matrimonio é poco percepito ai nostri
giorni. Ciò è sorprendente e paradossale in un’epoca dove tutti considerano il rispetto
delle regole sociali un elemento cardine della morale. Il pianeta si sta globalizzando,
ma ci si può sposare come se si vivesse su un’isola.
Infine ultima causa della fragilità coniugale- molti cristiani percepiscono a mala
pena le implicazioni di carattere sacramentale del loro matrimonio. Questo non é
semplicemente opera umana, è opera di Dio, che ha creato l’uomo e la donna e li ha
donati l’uno all’altro nel rispetto della loro libertà. In seguito il Cristo ha elevato il
matrimonio alla dignità di sacramento, gli ha conferito tutte le qualità del proprio
amore per la Chiesa, un amore che è dono e servizio, forza e potenza, un amore forte,
tenero e duraturo. Egli ha donato agli sposi cristiani la presenza del suo Spirito Santo.
Questo non annulla la libertà umana, la libera di tutte le tracce di egoismo e di peccato
e la fortifica. Ah, se gli sposi cristiani si ricordassero un po’ di più di tutto ciò nei giorni
della debolezza e della tentazione!
La chiesa è dunque così severa ?
( n.d.r.)La gente dice: “ In materia di matrimonio e di sessualità, la Chiesa é
troppo severa, rigorista, senza cuore.E’ impossibile vivere una morale così. Ci sono
tuttavia certi casi dove persone validamente sposate, per ragioni serie, possono non
solamente andare a vivere separatamente, ma essere liberate da un primo legame per
ricominciare una nuova vita. Un uomo e una donna possono cambiare idea, evolversi”
Si sentono tutti i giorni delle riflessioni così.
Malgrado tutto, la Chiesa proclama l’indissolubilità di un matrimonio
validamente contratto. Perché ? Perché essa stessa é sottomessa al comandamento del
suo Maestro e Signore. La legge dell’indissolubilità, la Chiesa non l’ha inventata di
sua autorità ; essa viene da Gesù stesso. Lungo tutta la sua storia, la Chiesa avrebbe
avuto la vita molto più facile, se su questo punto avesse introdotto nel suo
insegnamento qualche flessibilità e nella pratica qualche compromesso. Mosé stesso
non aveva forse permesso al popolo ebreo che un marito ripudiasse sua moglie
concedendogli il divorzio ? Anche i dottori della legge si appellarono alla autorità di
Mosè per far dire a Gesù che dovevano pur esserci dei casi in cui un uomo poteva
ripudiare sua moglie. La risposta del Signore fu chiara : ciò non é permesso e la legge
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di Mosè in materia è sorpassata. “É a causa della durezza dei vostri cuori che Mosé vi
permise di ripudiare le vostre donne ; ma in principio, non era così. Io vi dico : se
qualcuno ripudia la sua donna - salvo in caso di unione illegale - e ne sposa un’altra,
esso è adultero” (Mt 19, 8-9)
Queste parole vengono dal Signore. La Chiesa ascolta il Signore e fa propria la
sua parola. Essa può parere dura. D’altronde, questo era già successo nella comunità
di Gesù ai suoi tempi. I suoi discepoli non mancarono di fare subito questa riflessione
“ Se questa é la condizione dell’uomo verso la donna, non conviene sposarsi” (Mt 19,
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Per la Chiesa é una questione di fedeltà od infedeltà alla parola del suo
Maestro. Ma la Chiesa non può limitarsi ad annunciare la legge ; essa deve anche
indicare come osservarla e dove trovare la forza per farlo. Dio non impone una norma,
senza promettere l’aiuto della grazia . Se Gesù rinvia alla legge delle origini, sotto
l’autorità di Mosè, è perché i tempi di Mosè sono compiuti e con Lui viene il tempo
della grazia. A partire dalla sua morte in croce e della sua resurrezione, lo Spirito è
dato a tutti per permettere di adempiere la legge. Gesù ripristina il regime primitivo
in cui sono stati creati l’uomo e la donna e lo sorpassa introducendo il regime della
grazia. Da adesso, una fedeltà durevole é possibile nel matrimonio poiché Dio ha
stipulato per mezzo della morte di suo Figlio una nuova Alleanza d’amore con gli
uomini. Questa alleanza è indissolubile ed eterna. Il sacramento del matrimonio è una
concretizzazione di questa alleanza Divina ; essa comporta lo stesso carattere di unità
ed indissolubilità. La fedeltà non é più unicamente questione di sforzo morale e di
dovere. Essa è prima di tutto dono di Dio, grazia, garanzia divina che si inserisce nel si
liberamente donato nel matrimonio dai due battezzati.
Molte situazioni critiche della coppia cristiana potrebbero essere evitate o
superate per mezzo di un richiamo più cosciente, del marito e della moglie, alla grazia
sacramentale del loro matrimonio. Perché non ripetere più spesso : “ E’ davanti a Dio
che ci siamo promessi fedeltà, ed è proprio Lui che ci ha donati l’uno all’altro. Perché
dubitare ora? Dio non cambia col tempo”
Spetta alla comunità cristiana ricordare tutto ciò alle coppie e alle famiglie. La
coppia cristiana isolata è in pericolo: non può essere il sostegno della comunità
cristiana, di tutta la Chiesa. Nessun albero isolato può resistere attraverso le
tempeste. Arriverà il giorno in cui non resisterà più all’uragano e cederà. E’ per questo
che gli alberi si radunano nella foresta e i più resistenti stanno piantati all’esterno.
Quante coppie cristiane hanno bisogno di raggrupparsi per resistere ai venti
d’autunno di una civiltà post-cristiana ?
“ Per tutti questi anni non ho fatto altro che aspettarti…”
Anche nell’occhio della tempesta, capitano cose meravigliose nella Chiesa. Pur in
mezzo a tanta debolezza si scopre a volte una forza morale quasi eroica. Ci sono sposi_
il cui matrimonio è fallito_ che rimangono fedeli al loro partner, anche se c’è stato un
abbandono ingiusto e non c’è speranza di ritorno. Alcuni tra questi hanno un senso
così serio dell’amore coniugale, quale Dio l’ha creato, che essi fanno emergere dal
profondo la sua caratteristica intangibile, inviolabile, verginea quasi. Una persona mi
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confidava recentemente, parlando del suo coniuge allontanatosi da tanto tempo, : “ io
l’ho aspettato per tutti questi anni e lo aspetto sempre”
Non è forse anche di costoro che Gesù parla nelle beatitudini, quando dice :
“Beati i puri di cuore perché essi vedranno Dio” (Mt 5,8). Essi sono d’altra parte
raramente capiti da chi sta loro intorno : “Chi si comporta ancora così ? Tu sei un
disadattato, un originale , un debole. Rifatti una vita e dimentica il passato.” Inoltre
capiamo sufficientemente cosa vuol dire essere divorziati non risposati? La donna
soprattutto vede cambiare d’un colpo molte cose della sua esistenza : “ Ho perso quasi
tutto , diceva una di loro, sono compianta; non sono più la sposa di qualcuno ; resterà
sola o ricomincerà con un altro compagno? ci si domanda spiando ogni suo
comportamento? Mi capita di giungere ad aver paura quando qualcuno mi tende la
mano o le braccia per aiutarmi o per darmi un un appoggio : cosa significa questo
gesto? Non nasconde per caso qualche intenzione segreta? alcuni hanno pietà di me ma
io non voglio compassione, ciò mi umilia”
La comunità cristiana non potrebbe fare di più per sostenere ed incoraggiare
queste persone ? Esse sono divorziate, ma non c’é alcuna ragione per discriminarle nei
confronti degli altri, né per rifiutare la loro collaborazione in molti campi della vita
parrocchiale e comunitaria.
E se si divorzia poi …
..
Ci sono coppie che si separano apparentemente senza provare grande dolore . Quasi
allegramente, si direbbe. Ma nella stragrande maggioranza dei casi, si divorzia con
sofferenza . Se qualche volta la separazione è una liberazione, quasi sempre è una
morte preceduta da lunga angoscia e seguita da un lungo e doloroso processo.
Se malgrado tutti gli sforzi per restare insieme, i coniugi decidono di lasciarsi, è
un dovere per tutti rendere questa sofferenza sopportabile. Prima tra di loro : durante
la procedura di separazione, essi continueranno a rispettare la persona dell’altro, il
suo diritto all’intimità e vita privata. Quelli che sono incaricati dalle azioni
amministrative e giuridiche richieste per il divorzio devono evitare il più possibile di
creare delle situazioni dove gli sposi siano portati a farsi del male. Giudici ed avvocati,
anche loro hanno il dovere del rispetto. Un divorzio, che è sempre uno scacco già
doloroso in sé, non deve essere appesantito dalla lentezza o dalla mancanza di
delicatezza nello sviluppo dell’azione giudiziaria.
Ed i figli ?
Se bisogna fare tutto ciò che é possibile per umanizzare il divorzio nell’interesse
dei coniugi, ciò é ancora più necessario quando si pensa ai figli. Le loro pena é ancora
più cocente. Essa non comincia d'altronde il giorno che i genitori si separano
effettivamente. La sofferenza dei piccoli è presente da lungo tempo. D’altra parte i
bambini possono sentirsi in parte colpevoli. Poiché ai loro occhi, essi sono il centro del
focolare, i figli si immaginano con facilità che sia un po’ per colpa loro, se papà e
mamma “hanno da dire”. Queste discussioni concernono spesso la loro educazione.
Papà e mamma non si accordano più sull’ l’ora del dormire dei bambini, sul loro
comportamento a tavola, i loro rendimenti scolastici, e per i più grandi, sull’ora di
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rientro a casa,sulle uscite con gli amici. E’ soprattutto il figlio piccolo che soffre perché
è incapace di ‘discernere’, distinguere, di giudicare chi ha torto e chi ha ragione; egli
può così soffrire, subire, sopportare. C’è anche molta saggezza nel consiglio di uno
psicologo: “Genitori quando discutete davanti ai vostri bambini , dite loro che é roba da
poco ; avete sì il diritto di essere nervosi, ma se non siete d’accordo sui vostri metodi
educativi ….attendete qualche minuto. Quando il bambino sarà a letto od uscito a
giocare dalla vicina, ne parlerete entrambi con più calma ”G. Severin). Se il bambino
assiste comunque ad una sfuriata, bisogna assolutamente parlargli : solo la parola
può rassicurarlo, liberarlo dall’angoscia che si è installata nel suo cuore. Siatene certi :
nel loro cuore, si pongono già la domanda : “Papà e mamma vogliono divorziare? ”. In
occasione di un litigio importante non bisogna dire al bambino: “Vai via, sono cose
nostre che non ti riguardano” Vi sembra vero che le scenate tra mamma e papà non lo
riguardino?
Il divorzio significa sempre per il figlio il crollo se non addirittura la distruzione
del suo mondo. Se si arriva a tal punto , può essere utile ricordare questa
conversazione tra una mamma divorziata e sua figlia : “Non rimpiango di essere stata
sposata anche se adesso è duro divorziare, dato che sei nata tu e che ognuno di noi due
è felice che tu ci sia.Il fatto che ci separiamo non vuol dire che il nostro matrimonio sia
stato uno smacco,visto che ci sei tu: tu sei il frutto del nostro matrimonio ed io sarò
sempre felice che tu sia arrivata.” Questo atteggiamento non elimina le sofferenze del
figlio, ma esso si sentirà meno solo, meno indifeso :Comunque
ciò lo libererà dal senso di colpa e non gli farà dire : “ Non avrei mai dovuto nascere”
Altrimenti all’età della pubertà il tutto prenderà proporzioni più gravi: “Io non mi
sposerò mai poiché non voglio fare l’infelicità di un figlio”
Divorziati risposati
Il divorzio è sempre una sconfitta. Ma ci sono situazioni in cui esso è il male
minore :non è possibile fare altrimenti. Risposarsi , è un’altra cosa , è fare un passo
ancora più in là. La Chiesa non può né riconoscere né benedire una tale seconda
unione. Ciò perché se il matrimonio, come l’ha voluto il Creatore, è un’alleanza
d’amore, esso è unico ed indissolubile.Un secondo matrimonio non è possibile finché
dura il primo matrimonio. Ma è anche vero che solo Dio conosce il cuore di colui che
divorzia e si risposa; solo Dio può giudicarlo. Ma obiettivamente il risposarsi dopo un
divorzio non può essere riconosciuto. Ciò comporterebbe una contraddizione oggettiva
all’Alleanza tra Dio e l’umanità, tra il Cristo e la sua Chiesa Alleanza della quale il
legame tra marito e moglie ne è l’attualizzazione. Per la stessa ragione,la Chiesa
domanda ai divorziati risposati di astenersi dalla comunione. Infatti la comunione
eucaristica è un’altra attualizzazione sacramentale della stessa “Alleanza nuova ed
eterna”. Molti cristiani fanno confusione in materia. Essi dicono : “ Divorziati ? Niente
comunione”. Ciò non é vero, l’astensione dalla comunione è imposta dalla Chiesa solo
ai divorziati risposati
Si parla spesso di discriminazione a questo proposito:la Chiesa non dovrebbe
privare i suoi figli della comunione. E’ giusto parlare di discriminazione? La Chiesa
giudica una situazione oggettiva all’interno della comunità oggettiva. Quanto alla
colpevolezza e alla disposizione di cuore, Dio solo può giudicare. Ma ciò non toglie alla
Chiesa il diritto di fissare le regole di comportamento per la comunità ecclesiale.
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Ci si può domandare se questa apparente ‘discriminazione’ non sia la
conseguenza di un altro fenomeno, criticabilissimo d’altronde, presente nella vita della
Chiesa di oggi. Non assistiamo forse ad una certa ‘banalizzazione’ della comunione
eucaristica ? tutti si comunicano, o quasi. Soltanto i divorziati risposato devono
astenersi. E tuttavia è all’indirizzo di tutti che Paolo ha dato questo comandamento :
“Che ciascuno si interroghi prima di mangiare questo pane e di bere questa coppa,
poiché colui che mangerà e berrà senza discernere il corpo del Signore, mangia e beve la
sua condanna” (1Cor 11, 28-29). Oggi sembrerebbe che nella Chiesa soltanto i
divorziati risposati debbano « interrogare se stessi » e tirarne le conseguenze. Questa è
di fatto una discriminazione!
Nessuna buona novella per loro ?
Non c’è dunque da dire altro che male di questo secondo matrimonio?
Certamente no. Ci sono sfumature da prendere in considerazione. Non solo spetta
unicamente a Dio giudicare i cuori, ma la Chiesa stessa parla in un modo più
articolato di quanto si pretenda spesso. Ascoltiamo un testo chiave del sinodo del 1980
sulla famiglia:
“I pastori devono sapere che, per amore della verità, hanno l’obbligo di ben discernere
le diverse situazioni. C’è in effetti una differenza tra coloro che si sono sforzati con
sincerità di salvare il primo matrimonio e sono stati ingiustamente abbandonati, e
coloro che per un grave sbaglio hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido.
E infine c’è il caso di coloro che hanno contratto una seconda unione in vista
dell’educazione dei loro figli e che a volte in coscienza hanno la certezza soggettiva che
il loro matrimonio precedente, irrimediabilmente distrutto, non fosse mai stato valido.
Con grande carità, tutti faranno in modo che essi non si sentano separati dalla Chiesa,
poiché essi possono e persino devono, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita Li
si inviterà all’ascolto della parola di Dio, ad assistere al sacrificio della messa, a
perseverare nella preghiera, a portare il loro contributo alle opere di carità e alle
iniziative della comunità a favore della giustizia, a crescere i loro figli nella fede
cristiana, a coltivare lo spirito di penitenza e a compierne gli atti al fine d’implorare
giorno dopo giorno la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi e si dimostri
a loro riguado una madre misericordiosa, e che cosi essa li mantenga nella fede e nella
speranza” (Familiaris Consortio n°84)
Infatti anche queste unioni possono essere portatrici di valori, che bisogna
riconoscere, sostenere e promuovere : amore reciproco, sollecitudine per i figli,
attaccamento al focolare, ferma volontà,dopo un primo fallimento,di ricominciare e di
fare meglio, umile pentimento e reale desiderio di conversione, senso di penitenza e
desiderio di reincontrare Dio nella preghiera. Dunque non è tutto schematicamente
bianco o nero , luce o tenebre : ci sono zone di mezza luce di cui bisogna apprezzare il
chiaroscuro. E anche la Chiesa stessa non vuole “ spezzare la canna incrinata, né
spegnere lo stoppino dalla fiamma debole” ( Is 42,3)
Il problema dei divorziati risposati è uno dei più assillanti della vita della
Chiesa di oggi. Se il suo atteggiamento può sembrare di un rigore eccessivo non è per
insensibilità o per superiorità, ma perché in nessun modo Essa non vuole essere
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infedele al comandamento del suo Creatore e Salvatore : il matrimonio è uno ed
indissolubile. Ed è anche perché, in questi tempi caotici in tema di fedeltà coniugale e
di sessualità, essa non può lasciare alcun dubbio ai suoi figli che sono invece
nell’ignoranza o nel dubbio circa la natura del matrimonio come è stato rivelato dal
Genesi fino al Vangelo di Matteo : “ non separi dunque ciò che Dio ha unito” (Mt 19,6)
L’esortazione apostolica Familiaris consortio, cosciente di questo problema in
tutta la sua profondità, termina così: “Con ferma fiducia la Chiesa crede che anche
coloro che si sono allontanati dal comandamento del Signore e continuano a vivere in
questa situazione potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della
salvezza,se persevereranno nella preghiera, nella penitenza e nella carità” (n° 84)
Non è forse una “buona parola” per essi? Ma essa viene detta loro così poco e
mai al momento opportuno!
« Ma io non sono un superuomo ! »
…”Ella crollò una domenica a mezzogiorno nella sua cucina. Era un giorno di
festa anzi un giorno di compleanno. Beniamino stava per soffiare le sue cinque
candeline e la famiglia era pronta ad applaudire in coro. Tutta la famiglia: papalino, il
padrino, la madrina ecc.. Ma mentre da una parte della sala da pranzo Beniaminio
apriva i suoi pacchetti, Isabella « sballò » il suo : “ sono così stanca !!” diceva tra i
singhiozzi. Tutto a causa delle tazze della colazione. Gentilmente quel mattino, i suoi
figli avevano voluto sparecchiare la tavola e mettere le tazze nella lavastoviglie.
Soltanto che.. “non cè posto ” aveva brontolato Olivier. “E si, non c’è posto, non c’è
posto, non c’è posto!” aveva urlato Isabella. “ non c’è posto perché una lavastoviglie,
pensa un po’, si carica ma poi si scarica anche. Ma a far ciò, in questa casa, non ci
pensa mai nessuno ! E io ne ho abbastanza, ecco!!!” Olivier piangeva ma lo sfogo si
rivolgeva piuttosto a Jean Pierre, suo marito. “ io m’impegno, m’impegno …e lui
invece? Non sono mica un superuomo io!” diceva lei lisciando il fazzoletto. “ E’ tutto
sulla mie spalle: gli esami dei figli, i problemi con i vicini, i reumatismi della suocera e
Jean Pierre, lui, non si preoccupa di niente!” (Da La Vie, 9 giugno 1988)
Crollare a metà del cammino di vita, ecco una crisi e delle sofferenze che
colpiscono tutte le famiglie. Oggi forse più che una volta. E ciò non capita solo alle
mogli. Anche i mariti non sono dei superuomini. Anche per loro arriva il momento in
cui non avanzano più nella carriera, o addirittura perdono il lavoro; essi vengono
sorpassati, non potendo più tenere testa al ritmo dei colleghi più giovani. E’ il crollo
‛dell’età di mezzo’. Essi rincasano stanchi, stroncati e si chiudono nel mutismo per
giorni e giorni. “ C’è qualcosa che non va ? - E si cara!” Poi più niente : né urli ne
pianti, li si soffoca e ci si rode dentro.
Cosa fare ?
Se cominciassimo col lasciare tranquillo il partner? Che pianga o che taccia,
secondo il proprio temperamento. Almeno per un certo tempo. Senza far domande.
soprattutto amandolo. Infine verrà il momento in cui bisognerà focalizzare il conflitto
con più precisione, passare al setaccio la causa della depressione. Poiché i conflitti non
ben individuati prendono proporzioni smisurate e le depressioni che non riusciamo ad
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esteriorizzare diventano insormontabili. Questi sono senza dubbio i passi da fare al
primo allarme di stanchezza del rapporto.
Poi sarà bene trovar il tempo di rivedere insieme al coniuge il passato comune,
di « fare anamnesi », di ricordare il primo mattino d’amore di lasciar risalire alla
coscienza la freschezza dei sentimenti antichi. « non ci siamo sposati come due
ghiaccioli !! ». Le vacanze possono fornire l’occasione e il tempo di sedersi insieme :
naturalmente vacanze tranquille, non quelle dove non si fa che correre da un’attività
all’altra , cosa che è addirittura più stressante ancora che la vita del resto dell’anno.
Bisogna ritrovare la giusta dose di intimità. È precisamente ciò che il partner si
augura pur a volte temendolo. Ma questo ritrovarsi, questo ritorno verso il
‘ patrimonio ’ comune, é tonico per la vita della coppia e del focolare. Ciò favorisce
spesso una nuova partenza. La crisi non avrà fatto altro che portare l’amore ad una
più grande maturità.
Dunque la crisi di mezza vita non è un semplice incidente psicologico, essa
manifesta una falla che attraversa tutto l’essere umano : malgrado si sia in due si
resta spesso soli. In essa c’è tutta la difficoltà di essere uomo o donna, di diventare
marito e moglie, padre e madre secondo il piano di Dio. “ Qual’è il progetto di Dio su di
me, su di noi due ? Sulla nostra unione ? ” La risposta a queste domande è anche
religiosa, e la crisi deve essere superata utilizzando le risorse della grazia ed
appoggiandosi sulla fede, la speranza e la carità.
3 _ ESSERE PADRE E MADRE OGGI
La ragazza madre
Ci fu un tempo quando non se ne parlava in pubblico : ella aveva fatto un passo
falso e lo sbaglio le si incollava addosso per sempre ….dell’uomo non se ne parlava
quasi.
Oggi non è più così : le ragazze madri sono raramente emarginate, messe da
parte. Esse non sono più espulse, come Agar, la seconda moglie di Abramo, lo fu nel
deserto con i suoi figli. Non le si scaccia più. Ma non si manca di dare loro dei
suggerimenti assai peggiori : “ Agar, perché tenere il bambino ? ”
Senza dubbio, non è il caso di fare l’elogio della ragazza madre. Tuttavia, certe
giovani donne che tengono i loro bambini sono mosse da un senso della vita così
profondamente umano, che emanano anche loro qualcosa di divino. Esse si dicono : « Il
bambino che ho è prima di tutto un figlio di Dio, egli appartiene a Lui come a me ed a
suo padre”. Quanto alle famiglie o alle istituzioni che le ospitano con i loro bambini,
esse siano rassicurate che questa parola di Gesù è rivolta a loro prima che a tutti gli
altri : « Chi accoglie nel mio nome un bambino, accoglie me”.(Mt 18, 5)
« Guarda, Signore, io invecchio e non ho figli”
In ogni tempo, la sterilità della coppia è stata sempre una grande sofferenza.
Essa influenza tutta l’esistenza : la sessualità, la vita di tutti i giorni, l’integrazione
sociale, la fiducia nell’avvenire, le prospettive della vecchiaia. È un momento
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particolarmente difficile per le coppie senza figli il tempo in cui, nella loro buca delle
lettere arrivano con la regolarità di un pendolo le partecipazioni per le nascite. Fratelli
e sorelle, amici e conoscenti annunciano con gioia l’arrivo di un bambino. Le visite alla
maternità diventano delle prove penose. Si regala agli altri un corredo di abitini da
vestire una famiglia numerosa e non si hanno bambini proprii. Come tutte le
sofferenze, anche quella della sterilità approda un giorno alla domanda : « perché ? » E
non si potrà non rivolgerla anche a Dio.
È un dovere per l’umanità fare il possibile per rimediare a questa sofferenza,
per guarire la sterilità. Ed è possibile in una serie di casi, ma impossibile per altri.
Attualmente, molte coppie senza figli pongono la loro speranza nelle nuove
tecniche di fecondazione artificiale. I giornali ne parlano tutti i giorni : « Genitori felici
grazie ai progressi della scienza !” La Chiesa non è dell’idea che sia quella la buona
strada per risolvere il problema : non si guarisce la sterilità, la si aggira. Molta gente
non comprende questo orientamento della Chiesa : non è forse una madre che non ha
cuore di fronte a coppie provate che non domandano altro che accogliere la vita, e che,
attraverso questi metodi tecnici potrebbero avere un figlio?
Accogliere un bambino ! La Chiesa potrebbe non gioire di ciò ? Ma la Chiesa
pensa anche al come e a tutti i fenomeni annessi. Quanti frutti umani son dovuti
essere sacrificati per dare la vita a questo solo bambino ? La Chiesa valuta
sopprattutto che ogni bambino ha il diritto di cominciare la propria esistenza
nell’intimità protetta e sacra dell’atto coniugale. Per coloro che pensano soprattutto
alle « tecniche », non c’è quasi differenza tra una fecondazione che in un laboratorio e
quello che avviene nel seno di una madre ; il risultato è lo stesso, un bambino
completo. Ma una riflessione più profonda vuole garantire al bambino un ingresso
nell’esistenza pienamente umano ; egli ha il diritto di accedere alla vita nell’ habitat
sacro della persona di sua madre. E non evochiamo che di passaggio altre
considerazioni secondarie come la scarsa percentuale di riuscita ed il carattere penoso
-ed anche un po’ umiliante per la coppia - degli interventi tecnici ripetuti. È davvero
inconcepibile per la scienza medica condurre la ricerca entro vie che rispettino l’atto
sessuale umano nella sua completa integrità ? La medicina non può aiutare la
fecondazione nel suo svolgersi naturale, senza sostituirla ? Ciò escluderebbe allo stesso
tempo sia ogni rischio di manipolazione sia esperienze ancora più inquietanti dal
punto di vista morale.
« I nostri figli non sono figli nostri »
Non avere figli é una grande tormento. Bisogna fare tutto ciò che è accettabile
per rimediare. Ma senza dubbio, ci saranno sempre delle coppie senza figli: non c’é
dunque per loro nessuna “buona novella” da parte di Dio e della Chiesa?
L’assenza dei figli non vuol dire minimamente che l’amore di una coppia non
continui ad avere un senso, anche se esso non sfocia nella fecondità fisica. Il libro
di.Samuele ci ha lasciato questo bel brano. Come ogni anno, Elqana era salito al
tempio con sua moglie Anna ; essa “si mise a piangere e si rifiutò di mangiare. Suo
marito Elqana le disse : Perché piangi Anna? Perché non mangi? “ Perché il tuo cuore è
triste ? Io non valgo dunque più di dieci figli per te ?” (1S1, 7b-8)
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La tristezza di non avere figli può mettere a dura prova l’amore coniugale ;
talvolta lo raffredda. Ma può anche approfondirlo. Può anche riavvicinare marito e
moglie rivelando loro un senso più profondo di fecondità. Nel dolore essi comprendono,
spesso meglio che le altre coppie, quanto è vero che i nostri figli non ci appartengono,
che essi appartengono prima a Dio che li dona. Non è raro che si scopra in essi un
senso puro della gratuità del figlio, della vita, dell’intera creazione. Ciò che altri
genitori non capiscono che più tardi, essi l’hanno capito prima : che bisogna staccarsi
dai figli affinché essi facciano il loro cammino.
« una decina di anni fa, a seguito di una malattia, un medico mi aveva pronosticato
delle difficoltà per avere dei bambini. Per la paure di diventare acida, mi sono
domandata come avrei potuto affrontare questo eventuale sconfitta. Decisi perciò che ad
ogni incontro con un bambino (per quanto breve fosse, nell’autobus, dagli amici), avrei
condiviso qualcosa con lui. Ritenevo che questa relazione, anche brevissima, poteva
essere bella come quella di una madre con il proprio figlio, perché libera di ogni
sentimento di possesso. Questa idea si rivelò molto arricchente”. Questa giovane donna
ebbe la fortuna, più tardi, di avere dei bambini suoi. Ma aveva imparato in anticipo ad
amare i figli degli altri allontanando dal suo cuore ogni desiderio di possesso.
Lasciare partire i figli
Un giorno tutti i genitori devono passare di li : lasciare partire i figli, staccarsi,
metterli al mondo una seconda volta. I figli lasciano la casa, per lo più per sposarsi a
loro volta.
La tentazione dei genitori di trattenerli è reale : un aiuto finanziario per
partire, una certa pressione perché essi ritornino a casa ogni domenica. Ma ciò è bene
per i figli ? Quelli che sono più deboli di carattere, più vulnerabili, meno autonomi,
rischiano di essere più o meno tenuti in ostaggio ; essi non abbandoneranno mai
interamente il nido e resteranno troppo legati ai loro genitori. I figli sposati non
devono forse a loro volta aiutare i loro genitori ad assumere una seconda paternità maternità, che li rende capaci di ‘donare la vita ai loro figli’ in un modo nuovo ?
E quando i figli prendono strade pericolose ?
Cosa fare quando il figlio và per la propria strada e questa non corrisponde ai
principi dei suoi genitori ? e se si sposa con una divorziata, o se divorzia egli stesso e si
risposa ? I genitori cristiani non possono fare a meno di porsi delle gravi domande :
abbiamo trascurato qualche cosa nell’educazione dei nostri figli ? Dove ci siamo
sbagliati? che fare adesso ? In coscienza noi non possiamo essere d’ accordo. Ma è pur
sempre nostro figlio !. Come ci dobbiamo comportare col nuovo partner ? Andremo
semplicemente a fargli visita ? Bisogna accoglierli in casa senza dire nulla ? Non
sappiamo davvero più cosa e come fare…
Ecco due o tre idee che possono portare un aiuto. Questi genitori hanno
certamente il diritto di spiegare ai figli che il loro comportamento ai loro occhi non è
ammissibile. Bisognerà dirglielo in un incontro chiaro e leale, rispettoso ma senza
compromessi : “ Siamo dei genitori cristiani e questa situazione ci fa soffrire”. Lo si può
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fare anche con la mediazione di una terza persona : un fratello, una sorella, un amico,
un prete. Ma una volta che ciò è stato chiarito, bisognerà aggiungere subito : “Noi
restiamo i tuoi genitori, non chiudiamo la porta. Infatti la sofferenza che noi
sopportiamo e la prova che subiscono le nostre convinzioni religiose, non ci esonerano
dal nostro primo dovere di genitori, quello di amare nostro figlio in ogni situazione. Noi
continuiamo perciò ad amarti, ma con una grande pena nel cuore”
C’è anche l’aiuto e la consolazione della preghiera . Per anni certi genitori
intercedono quotidianamente in favore dei loro figli, affinché Dio porti una soluzione,
anche la dove umanamente pare non esserci via di uscita. « La richiesta di un giusto
agisce con molta forza”, dice la scrittura (Jc 5, 16) e talora arriva il giorno in cui
l’angelo dice « Dio ha sentito il tuo grido ». Come per Monica, la mamma di Agostino,
alla quale il figlio fu restituito nella preghiera e nelle lacrime.
Non poter lasciare il nido
Un fenomeno nuovo si evidenzia tra i giovani della nostra epoca : succede
sempre più frequentemente che essi non arrivino più a lasciare il nido famigliare. Fino
a poco tempo fa era piuttosto il contrario : partire il più presto possibile, andare a
vivere soli, acquisire la propria indipendenza. Attualmente, l’adolescenza tende a
prolungarsi, talora fino a 30 anni. Questi giovani restano nella casa paterna : « I miei
studi non sono ancora terminati, non trovo il lavoro, io non ho risorse, né alloggio.
Restare con i miei genitori mi evita molti rischi che non posso correre. Inoltre, mi trovo
bene qui : nutrito, alloggiato, vestito, vezzeggiato, nella sicurezza. D’altra parte, papà
e mamma non domandano di meglio ; mi dicono : “tu non puoi trovare di meglio ; tu
non puoi ancora andartene perché ti manca ancora questo e quello !”
Certi giovani aspettano ad andarsene. Essi continueranno ad attendere fino al
momento in cui tutte le sicurezze saranno raggiunte, tutti i rischi coperti. Eterna
adolescenza… Ma davvero ci vogliono le garanzie assolute di avere tutto disponibile
prima di poter lasciare il nido ? E’ superfluo dire che questo atteggiamento non è
senza conseguenze anche sulla risposta ad una eventuale vocazione religiosa : essa
rende particolarmente ardua la decisione di abbandonare l’imbarcazione, le reti e la
riva del lago di Galilea per seguire il Cristo. La causa di questo fenomeno ?
I genitori diranno : “ I nostri figli li abbiamo lasciati liberi, non li abbiamo
forzati ; difatti li abbiamo sorvegliati e “moralizzati”poco ; sono stati liberi…” Ecco la
domanda è proprio questa : si può costruire una casa senza impalcatura ? Si può
diventare adulti in assenza di costrizione ? Per crescere, il bambino non deve forse
scontrarsi di quando in quando a delle esigenze, alla legge” ? Questo gli è proposto da
adulto. Non c’è educazione possibile se ciascuno - padre, madre e figlio - non rivestono
il proprio ruolo. Lo stesso principio si applica d’altronde all’educazione religiosa : Dio è
Dio, egli domanda rispetto ed adorazione. E l’uomo si deve situare al proprio posto.
D’altronde il senso della grandezza e della maestà di Dio non lo rende più lontano : «
Un Dio a cui si possa battere sulle spalle non mi interessa” diceva recentemente un
giovane : “compagni ne trovo sufficientemente altrove”.
« Aspetto un figlio handicappato »
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Quando si aspetta un figlio e si è sicuri o quasi che sarà handicappato, il periodo
della “gioiosa attesa” diventa un periodo di inquietudine e di angoscia, un tempo di
gravi problemi morali “”volete proprio tenere il vostro bambino ?” : è la domanda posta
da più parti.
Ma ascoltiamo, se lo volete, un’altra campana ! La Vita - settimanale francese ha pubblicato una conversazione tra il senatore Henri Cavaillet e Jean Vanier. Il
primo è un sostenitore dichiarato del lasciare ai genitori la scelta di accettare o no un
bambino molto handicappato. Jean Vanier, consacra invece tutta la sua vita agli
handicappati.
H. C. “Non credendo in Dio, considero in effetti che, durante le sue prime ore di vita,
un bambino che non si percepisce ancora e non appartiene ancora alla società è solo
della coppia che gli ha donato la vita. È la sua creazione, il suo bene. Se questo
bambino non è normale, accettabile, bisognerà, nelle prime ore, che un collegio di
pediatri
preavvisi i genitori e domandi loro se desiderano tenerlo”. In caso di
disaccordo nella coppia, precisa M. Caillavet, , spetta alla madre la decisione finale.
J. V. “Io vivo da parecchio tempo con delle persone che, secondo i vostri criteri,
avrebbero potuto essere ammazzati. Lucia, una ragazzina abbandonata alla nascita,
apparentemente inerte e vegetativa. Una equipe intera s’è impegnata intorno a lei ed
ora lei ha reagito. Per noi è evidente che Lucia ha un cuore. Certamente non sarà mai
un intellettuale ; essa non parlerà mai…. Ma per me il dibattito è quello : che cos’è una
persona umana ? Rispondo : è qualcuno che ha un cuore, una capacità di comunicare.
E noi sappiamo che anche prima della nascita un bambino ha questo potere di
comunicare. Dobbiamo combattere, tutti insieme, per la libertà di questi bambini
contro la libertà degli adulti. Bisogna ad ogni costo difendere la persona umana”
Possiamo ancora aggiungere qualche cosa a questa testimonianza di un uomo che ha
capito come Dio guarda un bambino handicappato ? Se tutti i genitori che hanno
tenuto ed accettato un bambino handicappato prendessero la parola, quante “buone
novelle” sentiremmo a proposito dell’amore e della comunicazione tra loro stessi ed i
loro figli ?
La morte di un bambino
La morte di un bambino è un mistero incomprensibile. Perché queste giovani vite se
ne vanno ? Per un credente, la sofferenza è altrettanto profonda che per un non
credente. Per un credente la domanda : “Mio Dio, perché ? ” è veramente assillante.
C’è una risposta a questo perché ? Allo scandalo della sofferenza di un innocente ?
Si può provare a sopportare pazientemente il dolore, e riversare l’affetto sugli altri figli
– se ce ne sono. Si può cercare la consolazione nell’amore del proprio partner . Ma tutto
ciò non elimina il dolore, non risolve il problema del senso della sofferenza di un
innocente né della morte prematura, sebbene il calore del focolare e l’amicizia di chi
li circonda possa rendere la pena più sopportabile.
Tutto il libro di Giobbe si dibatte con questo problema. C’è un’altra risposta oltre
quella della fede ? Per la fede in effetti, questa vita spezzata ritrova in Dio il suo senso
profondo, anche se nascosto. Noi non sappiamo come né perché. I pensieri di Dio non
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sono i nostri ; il suo amore prende altre strade che noi non immaginiamo. Ma questo
bambino è nascosto nell’amore di Dio e vive vicino a lui.
Dio accorda a volte ai genitori di un bambino morto prematuramente la grazia
di una fede intensa nella comunione dei santi. Essi considerano il loro bambino un
‘piccolo intercessore’ presso Dio, il loro ‘avvocato’ ed il consolatore di quelli che sono
restati. Il bambino intercede presso Dio affinché coloro dai quali ha ricevuto la vita
temporale ricevano la vita eterna. Dio dona spesso a questi genitori insieme alla fede,
la fiducia, la saggezza, un cuore sensibile a tutte le sofferenze inspiegabili per gli altri.
Una mamma mi diceva l’altro giorno : “ Noi non abbiamo
veramente
‘perduto’
questo piccolo : egli è sempre accanto a noi ”
Fratelli e sorelle, le famiglie vivono tra la sofferenza e la speranza . Ma c’è
una buona notizia, una parola di speranza per ciascuna delle loro sofferenze. La
Grazia di Dio è destinata a tutte le coppie, ad ogni famiglia, così com’è. Per mezzo
della croce e resurrezione del Figlio, Dio ha fondato una Alleanza d’amore nuova ed
eterna con gli uomini. Anche se noi viviamo nella penombra della fede e della
speranza, l’amore è presente : l’amore di Dio per tutte le famiglie nella loro infinita
varietà, attraverso le loro cadute e le loro riprese. « Chi ci separerà mai dall’amore
di Cristo? ” (Rm 8, 35)
+ Cardinal Godfried Danneels
Archevêque de Malines-Bruxelles
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