16.11.2011 - La voce del popolo

LA VOCE
DEL POPOLO
IL TEMA DEL MESE
U
n orso bruno rischia di far litigare la
Croazia e l’Unione europea e mandare in tilt la Fanteria croata. Il plantigrado in questione vive nei boschi della
Regione di Karlovac. Si tratta di un animale di 200-300 chilogrammi di peso che la
scorsa primavera ha iniziato a frequentare il poligono militare “Eugen Kvaternik”
nei pressi di Slunj, seminando il panico tra i
soldati che nel sito si recano a esercitarsi.
Inizialmente i militari, già abituati alla
presenza di questi animali nel poligono,
hanno tentato di risolvere il problema sparando colpi di arma da fuoco in aria nella
speranza di spaventare l’animale e di farlo allontanare dalla base. Sforzi che però si
sono rivelati vani: infatti, il plantigrado non
si è fatto impressionare e ha continuato a girovagare tra i magazzini della base militare
alla ricerca di cibo, trasformandosi in una
minaccia per l’incolumità del personale.
A questo punto il Comando della base
ha inoltrato al ministero della Difesa un reclamo ufficiale per lamentarsi della presenza dell’orso. In seguito alla denuncia nei
suoi confronti il plantigrado è stato registrato come “orso problematico” e i funzionari
del ministero della Difesa si sono rivolti ai
propri colleghi del dicastero dell’Agricoltura per ottenere il nulla osta necessario ad
abbatterlo. Fatte le dovute valutazioni il ministro dell’Agricoltura, Božidar Pankretić,
ha firmato il 20 ottobre scorso l’autorizzazione a sopprimere l’animale. L’incarico
è stato affidato ai cacciatori della zona di
Slunj con la raccomandazione di abbattere
solo l’animale in questione e nessun’altro
dei circa 30 orsi che frequentano la zona. I
cacciatori non sono però potuti intervenire
in quanto l’accesso nella base è loro precluso visto che si tratta di una zona militare nella quale i civili non possono accedere
senza un permesso firmato dal comandante
dell’Esercito croato.
Nel frattempo la notizia inerente alla
possibile sorte del plantigrado “problematico” è giunta alle orecchie degli attivisti
dell’Associazione per la protezione degli
animali selvatici “Animalija” che nel tentativo di salvaguardare la fiera si sono ri-
volti all’Unione europea. La Commissione
europea ha fatto presente che non essendo
la Croazia ancora un membro dell’UE non
ha modo di avviare una procedura disciplinare nei confronti di Zagabria per il trattamento riservato all’orso. Tuttavia le autorità europee hanno invitato la Croazia a rispettare gli accordi internazionali dei quali
si è fatta carico. Salgono così a due le note
che Bruxelles ha spiccato nei confronti di
Zagabria a causa del trattamento riservato
agli orsi sul suo territorio. Il primo richiamo risale al 2003.
In Croazia il numero degli orsi non è
stato mai appurato con esatezza. I ricercatori stimano che la loro popolazione si
aggiri attorno alle 400-600 unità, mentre
le società venatorie stimano che nei boschi croati gli esemplari di orso siano non
meno di 1.500. Una sproporzione dovuta
al fatto che gli orsi sono animali migratori che possono dimorare alcune settimane
in Croazia, per poi spostarsi nei Paesi limitrofi (Slovenia, Bosnia ed Erzegovina,
Montenegro).
L’orso bruno è una specie dal basso
tasso riproduttivo: le femmine partoriscono generalmente 2 piccoli ogni 2-3 anni
e la sopravvivenza dei piccoli spesso non
supera il 50 p.c. La loro dieta è costituita prevalentemente da vegetali, ma poiché
l’apparato digerente è poco efficiente per
la digestione di questi alimenti, l’orso ha
necessità di assumere grandi quantità di
cibo per far fronte alle sue esigenze nutrizionali. Per questi motivi l’orso bruno
risulta una delle specie più sensibili alle
influenze ambientali negative, i cui effetti demografici possono essere mascherati dalla longevità degli esemplari. Quindi, anche se l’orso è presente in una certa
area, non è detto che la popolazione goda
di buona salute. Per queste caratteristiche
bioecologiche, l’orso bruno ha necessità
di cibo abbondante e di alta qualità nutrizionale, di spazi ampi gestiti secondo criteri idonei e all’interno dei quali il disturbo sia limitato, di una corretta gestione
delle attività antropiche nell’habitat naturale o comunque nelle aree critiche. (kb)
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Un orso «problematico»
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IL RUGGITO
di Krsto Babić
Il fiuto per i contanti
La crisi del debito sta mettendo a dura prova Eurolandia e l’Unione europea. La situazione in Grecia si fa sempre più complicata rischiando di compromettere l’euro. Anche l’Italia, i cui titoli di stato sono stati presi di mira dalla speculazione internazionale
versa in seri problemi. Uno scenario che ha spinto Silvio Berlusconi a rassegnare le dimissioni da capo del Governo al fine di acconsentire la creazione di un consiglio dei ministri tecnico, guidato da Mario Monti, che applicando con rigore le misure concordate
tra l’Italia e l’UE, traghetti il Paese in acque meno tumultuose.
Per risolvere i problemi dell’Italia servono riforme che comporteranno tagli alla spesa pubblica e probabilmente l’aumento della pressione fiscale. Uno degli scenari possibili consiste nel tassare ulteriormente le famiglie. L’idea è quella di ripartire equamente questo ulteriore balzello, “mettendo le mani nei portafogli” di chi dispone di maggiori
risorse. Per capire chi sono costoro il fisco dovrebbe ricorrere al redditometro, uno strumento di accertamento del reddito. Attraverso il redditometro, il fisco prende come riferimento il possesso o la disponibilità di taluni beni che sono sintomo di capacità contributiva e associa agli stessi un certo reddito, utilizzando appositi coefficienti. Dalla stampa
abbiamo appreso che uno dei parametri di riferimento del redditometro potrebbe essere
la spesa per le cure veterinarie degli animali domestici. Un’eventualità che non condividiamo in quanto potrebbe spingere molte persone a non far curare i propri animali e in
casi estremi ad abbandonarli condannandoli al randagismo e spesso alla morte.
Forse sarebbe meglio investire maggiori risorse nell’addestramento di ulteriori “cash
dog”, i cani che la Guardia di Finanza impiega per individuare le persone che tentano
di far fuoriuscire illegalmente dai confini nazionali grosse somme di denaro e che in due
anni hanno permesso di recuperare due milioni di euro. A Zeb, uno dei “cash dog” delle Fiamme gialle, sono bastati pochi giorni dall’entrata in servizio per finire sui giornali
grazie alla scoperta di 65mila euro nascosti nelle scarpe e nel reggiseno di una insospettabile quarantenne in transito al valico autostradale di Brogeda.
È proprio vero, insomma, che i cani sono i migliori amici dell’uomo: possono persino
aiutarlo a risolvere le crisi finanziarie.
2 animali
Mercoledì, 16 novembre 2011
ORNITOLOGIA Campionato ornitologico internazionale «Češljugar 2011»
Il meraviglioso mondo dei cardellini
di Monica Kajin Benussi
ČAVLE – Si è rivelato un successone il Campionato ornitologico internazionale “Češljugar
2011”, organizzato dall’omonima
associazione fiumana per la tutela e l’allevamento degli uccelli e che si è svolto dal 3 al 6 novembre nella Casa della cultura di
Čavle.
Al campionato, giunto alla sua
33.esima edizione, hanno partecipato una settantina di alleva-
tori provenienti da tutta la Croazia, con in bella mostra ben 740
esemplari provenienti da tutte le
parti del mondo, tra specie appartenenti alla fauna europea nonché
specie esotiche, con alcuni bellissimi esemplari di pappagallo.
Come ci ha spiegato il presidente della “Češljugar”, Renato
Brnja, per la prima volta in assoluto quest’anno il campionato ha
avuto una giuria internazionale,
con giudici provenienti da Italia
e Slovenia: “Si tratta di un significativo passo avanti per la nostra
associazione in qualità di organizzatore. Per i nostri giovani giudici, invece, questa è stata un’ottima
occasione per apprendere i criteri
di valutazione, assolutamente rigorosi in questo caso, e per vedere come funziona un campionato a
livello internazionale”.
Più che soddisfacente è stato anche il numero dei visitatori, anche perché nel Grobniciano tantissime persone si dedicano
all’allevamento di uccelli, come
ha precisato Brnja, la cui passione per i volatili è iniziata quando era ancora bambino e non l’ha
più lasciata, ma è anzi cresciuta
ERPETOLOGIA
sempre di più con il passare degli anni. “L’allevamento e la passione per gli uccelli è molto più
di un semplice hobby. Io e gli altri allevatori lo facciamo per puro
amore, gli interessi qui non c’entrano niente”.
Per la “Češljugar” il successo al Campionato è stato doppio,
in quanto è stato proprio uno dei
suoi cento soci a trionfare nella
categoria “Miglior allevatore”,
ossia Ivica Žuvić. Il miglior allevatore nella tradizionale categoria “Češljugar” (“Cardellino”),
riservata ai soci dell’associazione, è risultato, invece, Milorad
Malatestinić.
L’UCCELLO DELLA PASSIONE Il cardellino (carduelis
carduelis) è un uccello appartenente alla famiglia dei Fringillidi.
Il nome deriva dalla pianta cardo, dei quali semi (specialmente quelli del cardo rosso) questi
uccelli sono ghiotti. Il cardellino
è facilmente riconoscibile per la
macchia rossa sulla faccia e per
l’ampia barra alare gialla. Il resto
del piumaggio va dal bianco delle guance, al nero della nuca, della coda e della parte esterna delle
ali, al marrone scuro del dorso. Il
canto di questo grazioso uccellino, o trillo, è molto bello ed è uno
dei motivi per cui viene allevato,
oltre che per la bellezza, nonché
per l’ibridazione con il canarino.
Il maschio è caratterizzato dalla testa con calottina nera e tipica
mascherina rosso-arancio, il dorso bruno, il groppone grigio-biancastro, le ali e la coda nere con tipiche “perle” bianche, la barratura alare giallo-oro tipica dei carduelidi, il ventre bianco e petto
bianco con macchie brune.
Le femmine differiscono dai
maschi per piccoli dettagli che
solo l’occhio più esperto e specializzato riesce a cogliere: la testa è più arrotondata, la mascherina non oltrepassa l’occhio, la
spallina (piccole copritrici alari)
è grigio-verdastra anziché nera
(quest’ultimo particolare è molto
utile per distinguere il sesso dei
novelli nei primi mesi di vita).
La specie tipica è distribuita
in Europa e Africa del nord. Esistono diverse sottospecie, di cui
la più nota è senza dubbio la Carduelis Major, distribuita principalmente in Siberia e caratterizzata, rispetto alla forma nominale, da una taglia decisamente più
grossa e da una minore quantità
di bruno.
Un impulso decisivo all’allevamento in cattività del cardellino, ma in generale di tutti i Fringillidi, è stato dato dall’avvento
delle mutazioni di colore, anomalie genetiche ereditabili che
trasformano il fenotipo del soggetto mutato rispetto alla sua forma ancestrale.
Secondo la mitologia greca, il cardellino sarebbe in realtà una delle Pieridi, Acalante, trasformata in uccello da Atena (il
mito è raccontato da Ovidio nelle
“Metamorfosi”).
L’uccello, solitamente un cardellino, nella antica cultura pagana rappresentava l’anima dell’uomo che al momento della morte
vola via e mantiene tale significato anche in ambito cristiano. Il
cardellino è, inoltre, simbolo della passione, perché anticamente si
pensava vivesse tra cardi e spine.
Una delle specie di serpenti più diffuse, ma meno note
La coronella austriaca
a cura di Giorgio Adria
A
l giorno d’oggi si conoscono
circa tremila specie di serpenti. Una delle meno note è il colubro liscio (Coronella austriaca).
La coronella austriaca è un serpente grigio, marrone o rossiccio,
con punti più chiari lungo il dorso, una stria nera che attraversa gli
occhi e pigmenti più scuri sopra
la testa. In genere i maschi adulti
hanno colorazioni tendenti al bruno, mentre nelle femmine prevale il grigio. La lunghezza di questa
specie è limitata e raramente supera i 75 centimetri.
Questa specie è presente in tutta Europa, Gran Bretagna compresa, dove è però limitata a una
piccola area calda di pianura nel
Dorset e nell’Hampshire. Si tratta
di un animale schivo, difficile da
osservare. Il colubro liscio si nutre
prevalentemente di sauri, quali lucertole, giovani ramarri e orbettini. Non disdegna tuttavia nidiacei,
altri serpenti e piccoli mammife-
ri. Le sue ridotte dimensioni non
gli consentono di attaccare grosse
prede, come ratti e ramarri adulti, ma si segnalano casi di predazione su vipere. Nel catturare una
preda, il colubro liscio dapprima la addenta, poi, mantenendola
ben salda con i piccoli denti, si avvolge attorno a essa e la inghiotte, senza tuttavia soffocarla. È una
specie essenzialmente diurna, che
ama molto rimanere per ore a termoregolarsi sotto il sole. Pur essendo molto comune nei suoi areali di diffusione, è molto difficile
riuscire ad osservarlo, in quanto al
primo segnale d’allarme scompare
alla vista, sotto una pietra o in un
cespuglio. Spesso chi lo vede, lo
confonde con una vipera. Il mimetismo di questo serpente, oltre che
farlo sfuggire agli occhi dei predatori, gli permette di passare inosservato dalle sue prede.
Il colubro liscio viene spesso
uccisa in quanto confuso col suo
stretto parente velenoso l’aspis.
Ma l’innocua coronella austriaca si distingue immediatamente dall’aspis per la pupilla rotonda, la testa tondeggiante con tante
squame e la coda finissima, mentre l’aspis presenta pupilla lineare,
testa triangolare con larghe squame e coda grossa che si restringe
solo alla fine.
Il letargo invernale del colubro
liscio è molto lungo: cade in ibernazione in ottobre per risvegliarsi solo in aprile. Se catturato può
tentare di mordere, ma solitamente si limita a sibilare contro l’ag-
gressore, secernendo un liquido
dall’odore fetido.
La riproduzione avviene in primavera, a seconda delle condizioni atmosferiche: in agosto la femmina, vivipara, da alla luce 8-15
serpentelli di 14-18 centimetri di
lunghezza, a intervalli di 30-45
minuti. I piccoli nascono avvolti
da una sottile membrana che forano in pochi istanti. La prima muta
si ha a dieci giorni dalla nascita,
e, in questo periodo, i giovani colubri sono perfettamente autosufficienti e in grado di cacciare. La
maturità sessuale viene raggiunta
al quarto anno di età. Le femmine più giovani sono le meno prolifiche, e sovente si ha un secondo accoppiamento in autunno, non
seguito da gestazione.
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Mercoledì, 16 novembre 2011
FELINI Il gatto alla conquista del mondo
L’origine delle razze a pelo lungo
I
a cura di Claudia Lanciotti
l gatto sbarcò nell’Estremo
oriente grazie agli intensi scambi commerciali che agli inizi del
primo millennio erano stati instaurati tra la Cina e le civiltà mediterranee. In quella parte del mondo il
gatto ebbe subito un gran successo
legato al suo fascino e alla sua ben
nota qualità di cacciatore di topi. Alcune popolazioni orientali elevarono
questi felini a simbolo di pace, fortuna e serenità domestica. Le numerose ceramiche e dipinti che lo raffigurano, testimoniano la considerazione
che i cinesi nutrivano (un sentimento che sopravvive anche ai giorni nostri) nei confronti dei gatti.
Nello stesso periodo il gatto arrivò anche in India dove venne divi-
nizzato con il nome di Sasti, simbolo della maternità. La devozione fu
tale che la religione induista obbligava ad ospitare e accudire almeno
un gatto.
Alla fine del primo millennio il
gatto dalla Cina arrivò in Giappone.
Nel Paese del Sol levante gli fu subito attribuita l’aggettivo di animale
imperiale, degno di attenzioni regali. Solo nel XVII secolo in seguito a
ripetute esplosioni demografiche di
topi in Giappone i gatti vennero impiegati per dare la caccia ai roditori. Compito che gli esemplari nipponici eseguirono eccellentemente,
nonostante i secoli di “inattività
venatoria”.
Nello stesso periodo il
gatto si diffuse anche nei paesi islamici dove eguagliò
la fama e la stima del cavallo.
Si narra che anche Maometto apprezzasse molto i gatti
e che ne possedeva uno di
nome Muezza.
IL PELO LUNGO
Fino agli inizi del XVI
secolo, in Europa erano noti solo i gatti con il
pelo corto a mantello tigrato o pezzato. Prima di
allora, infatti, gli europei
non avevano avuto modo
di apprezzare le razze
originarie dell’Estremo Oriente. Animali
quali il Siamese (Thailandia), il Burmese
(Thailandia), il Persiano o il Sacro di
Birmania (Birmania).
Si pensa che il
primo gatto
a pelo lun-
go giunto in Occidente sia stato un
Angora portato da Ankara in Italia
nel XVII secolo da Pietro della Valle, uno scrittore famoso per i resoconti dei suoi viaggi in Oriente
Nel “Vecchio continente” l’allevamento delle razze a pelo lungo è
documentato solo a partire dal 1871,
ossia dopo che a Londra si svolse la
prima mostra felina ufficiale.
Le origini delle varietà di gatto a
pelo lungo sono alquanto controverse. In base alle diverse teorie i gatti a
pelo lungo discenderebbero da progenitori originari dalla Cina, dal Tibet oppure dalla Turchia. Da allora
sono state fatte molte ibridazioni, tra
di esse gli allevatori inglesi ne fecero
una molto importante: incrociarono i
primi gatti a pelo lungo con dei soggetti provenienti dal Khorazan (Persia) e da cui deriverebbe il persiano
odierno. Ad ogni modo nel XIX secolo si iniziò a delineare una mentalità e un sentimento che aggiunse alla figura del gatto la mansione di animale di compagnia a quella di predatore di roditori. Un ruolo
che però all’epoca era accettato solo
nelle città e principalmente presso le
famiglie di livello culturale più alto,
ossia dagli scrittori e artisti. Per contro nelle campagne, il gatto veniva
visto sempre e solo in veste di cacciatore di topi e proprio per questo
motivo, dalla fantasia popolare, nascono molte delle credenze legate
alle capacità dei gatti e tante “tecniche” usate nel tentativo di acuirgli le
sue qualità di cacciatore. La più infame di tutte, che ci trasciniamo ancora ai nostri giorni, è ritenere il gatto affamato più bravo a cacciare!
Con l’illuminismo il gatto ricomincia ad ottenere quei riconoscimenti e la valorizzazione negatagli
nei secoli precedenti.
In questo periodo, in cui veniva
contrastata ogni forma di superstizione, tutti gli animali riacquistano
considerazione e il gatto vede riconosciuti parte di quei valori che lo
contraddistinguono: animale fiero,
indipendente ma sempre misterioso.
Nei secoli delle scoperte delle
malattie infettive il comportamento del gatto, sempre dedito alla pulizia del mantello e dall’aspetto mai
sporco, ne hanno fatto un animale
da preferire a molti altri. Ora non è
più visto solo come animale “utile”
ma, specialmente nelle grandi città,
è visto come vero animale da compagnia da apprezzare anche perché
“solo” bello.
LE PRIME MOSTRE A Londra nel 1871 si tiene la prima mostra
felina. A questo appuntamento ne
seguiranno presto numerosi
altri nella maggior parte delle principali città del mondo
organizzate dalle prime
associazioni feline. Nel
1935 a Torino si svolse
la prima mostra felina italiana. Con lo scoppio della Grande guerra l’interesse verso il gatto decrebbe tanto che andò
quasi del tutto perso
il lavoro di molti allevatori. La stessa cosa
successe nuovamente
con l’avvento del secondo conflitto mondiale. Durante questi
terribili anni molte
popolazioni furono colpite da carestie d i gatti subirono nuovamente un
oscuro periodo
di persecutorio
che ne ridusse
(temporaneamente) stima e... numero.
Il significato del miagolio
Anche i bambini piccoli conoscono e imitano il miagolio dei
gatti. Quel tipico “miao” non è un
semplice suono emesso dai gatti.
Si tratta di un mezzo di comunicazione estremamente sofisticato.
Perché dunque i gatti miagolano?
È possibile imparare molto sul
proprio gatto, prestando attenzione
ai suoi miagolii. Ogni gatto ha un
miagolio caratteristico, così come
ogni persona ha il suo timbro di
voce. Il vostro gatto potrebbe non
emettere quasi mai dei suoni, oppure essere un felino logorroico.
Razze diverse hanno miagolii diversi. I gatti siamesi, ad esempio,
sono noti per i loro lamenti striduli. Guardami! Il miagolio più comune è una richiesta di attenzione
da parte del gatto. Il contesto aiuta
molto a determinare perché un gatto sta miagolando.
Se cammina avanti e indietro
per la cucina, probabilmente vuole del cibo. Se miagola quando
siete appena rientrati a casa, probabilmente è contento di vederti,
e vuole essere accarezzato o preso in braccio. Il miagolio di benvenuto, specialmente quando viene ripetuto più volte, è anche legato all’accoppiamento. Una gatta in
calore miagola costantemente, per
rendere nota la sua disponibilità ai
maschi. In alcuni gatti questo comportamento degenera in lamenti
prolungati a tutte le ore, giorno e
notte. A volte un gatto emette dei
borbottii strani, o addirittura dei
gemiti, quando ad esempio vede
una preda che non può raggiungere. Nessuno sa esattamente perché
i gatti lo facciano. Alcuni pensano
che si tratti semplicemente di un
richiamo di avvertimento o un segnale di frustrazione per la mancata preda. Altri pensano che si tratti
di un tranello per indurre la preda a
investigare su un suono insolito.
Grugniti, sputi, fischi e grida
sono tutti richiami difensivi e aggressivi. È ovvio, in questi casi,
che il gatto è arrabbiato, o spaventato. Analogamente, le fusa non richiedono molte spiegazioni. Il vostro gatto è semplicemente contento. Dovreste sapere che se un gatto abitualmente silenzioso inizia
a miagolare frequentemente questo potrebbe indicare che è malato. Lo stesso discorso vale pure se
un animale “loquace” d’improvviso “ammutolisce”. Dovreste prestare particolare attenzione ai gatti che cominciano a miagolare co-
stantemente quando usano la loro
vaschetta, quando si lavano, o
quando mangiano. Ognuno di questi può indicare che il vostro gatto
soffre di qualche disagio.
LE TATTICHE ANTIMIAGOLIO Normalmente i gatti domestici miagolano molto più frequentemente di quelli “randagi”. Il
motivo è semplice. I gatti domestici imparano presto che miagolando possono richiamare l’attenzione
dei propri padroni. Uno stratagemma utile, ma che in certi casi può
essere abusato dall’animale. Se il
vostro micio miagola troppo, infastidendo voi e i vostri vicini esistono delle tecniche di disuassione
che potrete utilizzare per “insegnare loro le buone maniere”.
Un modo per disincentivare il
vostro gatto è quello di ignoralo.
Questo è il modo più efficace per
farlo smettere, ma anche il più difficile da mettere in pratica. Inizialmente, infatti, il problema si aggrava, ma prima o poi il tuo gatto imparerà che miagolando non ottiene
niente continuando a lamentarsi.
Quindi, per quanto insopportabile sia il miagolio, tenete duro.˝Se
il vostro tuo gatto comincia a miagolare alle 4 del mattino perché
provate a dissuaderlo con una folata d’aria dell’asciugacapelli o
uno spruzzo d’acqua. Ma non fatevi scoprire per evitare che associ a
voi l’esperienza sgradevole. Spesso i gatti miagolano quando si annoiano. Lasciate qualche giocattolo sparso per casa così il gatto potrà giocare e distrarsi. I gatti sono
animali abitudinari e vi comunicano il loro nervosismo di fronte a un
cambiamento di programma. Una
routine regolare farà felice il vostro gatto e i vostri timpani.
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Mercoledì, 16 novembre 2011
CINOFILIA L’Apollo dei cani non è né danese né ellenico
L’Alano, un cane tedesco dal 1
a cura di Krsto Babić
I
n molti paesi l’Alano è chiamato Gran danese (in inglese Great
Dane), nulla di più sbagliato dal
momento che questo cane è di nazionalità tedesca. L’equivoco nasce
dalla raffigurazione dell’Alano arlecchino nella “Table de l’Orde des
Chiens”, disegnata dal grande naturalista francese George Buffon, che
denominò appunto questo cane come
Grand Danois. La nazionalità tedesca della razza venne codificata in
un primo momento nel 1878 a Berlino, quando un gruppo di allevatori decise di catalogare sotto il nome
di Deutsche dogge (Mastino tedesco) diversi gruppi di cani dalle caratteristiche molto simili provenienti dalla regione sud occidentale della Germania. Sotto la denominazione
Alano si intendeva inizialmente un
grande cane potente che non doveva
obbligatoriamente appartenere a una
determinata razza. Il primo standard
dell’Alano odierno fu abbozzato nel
1880 e stabilito nel 1888, quando fu
fondato il Deutsche Doggen Club.
Lo standard in vigore attualmente risale, invece, al 1994.
LE ORIGINI La tradizione vuole che la prima immagine conosciuta dell’Alano, sia quella ritrovata in
una tomba egizia del 3000 a.C., che
raffigura un cane di grande mole dal
mantello arlecchino. Simili illustrazioni sono state ritrovate anche nei
templi babilonesi del 2000 a.C., ma,
a parte la mole, null’altro può ricondurre i cani ivi raffigurati ai moderni alani.
Altrettanto vaga è l’ipotesi che si
parli dell’Alano in un passo letterario cinese del 1121 a.C., anche se è
fuor di dubbio che i popoli medioorientali allevassero e tenessero in
grande considerazione cani molto
grandi, robusti e possenti, dalla testa
pesante, con orecchie pendenti e labbra abbondanti. Anche i più illustri
cinofili sono in genere concordi nel
riconoscere, quale antenato ancestrale di tutti i molossoidi e delle razze
con essi imparentati, il Mastino del
Tibet. Questi cani di origine indoeuropea furono probabilmente diffusi in Europa dai Fenici, che nei loro
viaggi si spinsero fino alle coste della Francia e dell’Inghilterra, e avrebbero così contribuito alla nascita del
Canis familiaris decumanus, progenitore del più famoso Bullembeisser,
universalmente riconosciuto come il
diretto ascendente dei Mastini europei. Questi cani venivano usati per la
caccia al cinghiale e per la lotta contro orsi e tori, essendo dunque i progenitori della forma medioevale tedesca del cane da presa (Saupaker,
ossia acchiappa cinghiali).
Un’altra ipotesi, che concorda
con l’origine indoeuropea del nostro Alano, è quella che ritiene che
sia stato il popolo degli Alani (tribù
nomadi della Scizia, che invasero la
Galia, la Spagna e l’Impero Romano nel IV o V secolo) a diffondere
i loro cani durante le loro campagne
di conquista. Gli Alani furono sottomessi dagli Unni e attraverso grandi migrazioni, i discendenti di questi popoli, con i loro cani, raggiunsero ogni regione dell’Europa. Anche
Greci e Romani amarono molto questo tipo di cane che in alcune regioni d’Europa è soprannominato pure
“L’Apollo dei cani”.
LA CACCIA Gli Alani furono
impiegati per un lungo periodo per la
caccia agli animali selvatici, specialmente al cinghiale e all’orso. Cacciavano quasi sempre in muta, con le
orecchie tagliate per evitare di venire
feriti dalla preda afferrata con le potenti mascelle, non per ucciderla, ma
per trattenerla in attesa dei cacciatori.
Poiché la tecnica di caccia consisteva
nell’inseguimento al fine di stancare
la preda, alcuni studiosi sostengono
che, per associare alla resistenza una
maggiore velocità, sia stato incrociato con il Levriero irlandese.
Il GUARDIANO Il suo essere
stato cane da guerra, lo faceva eccellere, oltre che nel combattimento e
nella lotta, anche come difensore del
padrone, attento custode degli interni dei castelli e delle case dei nobili. Le sue qualità di guardiano, protrattesi fino ai giorni nostri, presero
rapidamente il sopravvento sia perché, anche per il suo pelo corto, preferiva il calore del focolare al freddo
inverno mitteleuropeo, sia per il suo
aspetto particolarmente bello ed elegante che, dal rinascimento in poi, lo
fece diventare il cane di moda della
nobiltà europea, che lo voleva accanto a sé nelle proprie case.
IL CARATTERE L’Alano è un
cane tranquillo, equilibrato, docile e
molto socievole. Ama la compagnia
e si intristice se tenuto isolato. Per
via delle sua mole ha bisogno di un
buon addestramento durante la gio-
vinezza che gli permetta di non diventare troppo invadente e creare
problemi alla famiglia che lo adotta.
È molto intelligente e apprende facilmente. Se non addestrato, tende a essere molto espansivo e ciò può costituire un problema specie nei giochi
con i bambini, che adora.
È molto legato al proprio padrone
e se lo ritiene in pericolo può diventare molto aggressivo.
L’ASPETTO L’Alano è insieme al Levriero irlandese (Irish wolfhound), tra le razze canine più alte.
Nel 2007 un esemplare di questa razza è stato proclamato il cane più alto
del mondo con ben 107 centimetri di altezza al garrese. Pur essendo
un cane di grande taglia, non è massiccio e tozzo, ma snello e slanciato. La sua testa è imponente e le sue
linee sono eccezionalmente eleganti
nell’insieme. Il suo muso è simile a
quello del molosso, con testa stretta, occhio sceso, labbro abbondante e pendente, stop marcato e orecchie dritte e appuntite, anche se ora
sono molto più diffusi gli Alani con
le orecchie integre a seguito delle varie ordinanze degli ultimi anni contro
la conchectomia.
Il pelo è corto e lucido, nella varietà di colore nero, gli occhi sono
scuri, mentre nella varietà blu possono essere anche di una tonalità
più chiara. Nell’Alano fulvo il pelo
è di color giallo oro, con la maschera nera. Nell’Alano tigrato il colore
di fondo é giallo oro, con striature
trasversali continue nere e gli occhi
sempre scuri. La variante più decorativa è indubbiamente quella ad arlecchino, il cui mantello si presenta
bianco con macchie di colore nero,
proprio come nel caso del Cane dalmata. Il peso di questi cani in media
si aggira attorno ai 60 chilogrammi, ma generalmente maggiore è il
suo peso, migliori sono le valutazioni espresse dai giudici, ovviamente a
patto che il rapporto massa-dimensioni sia proporzionato. In età adulta
l’Alano arriva a mangiare non meno
di 1,5 chilogrammi di carene al giorno.
I COLORI L’Alano è allevato
in tre varietà di colori distinti: fulvo e tigrato, arlecchino e nero, blu.
Sono ammessi alle esposizioni pure
gli esemplari dal mantello completamente bianco e quelli con il corpo
bianco e la testa nera (definiti in que-
mali
Mercoledì, 16 novembre 2011
5
1878
sto caso Platten). Quest’ultimi sono
i più rari e vengono giudicati con i
neri.
ACCOPPIAMENTI Per evitare o perlomeno ridurre al minimo la
possibilità che dall’accoppiamento
di varietà diverse di Alani possano
venire alla luce cuccioli non conformi agli standard di razza gli allevatori hanno allestito un regolamento per la riproduzione di questi animali. Solo i cuccioli nati da
varietà compatibili hanno diritto al
pedigree. Gli accoppiamenti consentiti sono: fulvo con fulvo, tigrato con tigrato, arlecchino con arlecchino, nero da arlecchino con nero
da arlecchino, arlecchino con nero
da arlecchino, blu con blu, nero da
blu con nero da blu, blu con nero da
blu e nero da nero con nero da nero.
Inoltre, il nero da nero può anche essere accoppiato con le seguenti varità: blu, nero da blu, arlecchino e
nero da arlecchino.
I MANTELLI SBAGLIATI I
colori di mantello non previsti dallo standard sono: i grigi arlecchinati
o merle (gli esemplari con il fondo
grigio o blu e macchie nere), i grigio-tigrati (alani con il fondo grigio
o blu con tigrature nere), gli albini
(animali tutti bianchi o bianchi con
pochissime macchie nere).
Gli esemplari caratterizzati da
queste cromie hanno diritto al pedi-
gree, ma sono esclusi dalla riproduzione.
LA SALUTE L’Alano è soggetto, come altri cani di grossa mole,
alla displasia dell’anca, alle cardiopatie, alle malattie dell’occhio e alla
torsione dello stomaco.
LE PROPORZIONI Nell’Alano il tronco, specialmente quello
dei maschi, si inscrive nel quadrato. La lunghezza del tronco (misurato dalla punta della spalla alla punta dell’ischio) non deve superare nei
maschi il 5 p.c. dell’altezza al garrese e nelle femmine il 10 p.c. L’altezza minima richiesta al garrese è di
80 centimetri per i maschi e 72 centimetri per le femmine.
Lo standard essenziale
Paese d’origine: Germania
Altezza (minima) al garrese:
80 centimetri per i maschi e
72 per le femmine
Peso (minimo): 50 chilogrammi
Pelo: raso
Colore: tigrato, fulvo, nero, arlecchino o blu
Note: è un cane costoso, che
mangia in proporzione alla
taglia e che da giovane ha bisogno di cure particolari.
6 animali
Mercoledì, 16 novembre 2011
LETTERATURA Le favole sono racconti che insegnano la morale
Un leone saggio che va alla guerra
L
a favola è un componimento letterario breve, narrativo, che fornisce un insegnamento di carattere morale o didascalico. I protagonisti delle favole
sono in genere animali antropomorfizzati (più raramente piante, oggetti inanimati o personaggi
fantastici) rappresentanti dei vizi e
delle virtù degli uomini.
Nelle favole gli animali rappresentano dunque gli uomini
con i loro vizi e le loro virtù. La
natura che fa da sfondo alle varie vicende ricopre un ruolo secondario. All’autore di favole
abitualmente non interessa inserire l’animale nel suo habitat, ma
piuttosto descriverne i comportamenti per richiamare alla mente
del lettore norme di vita che regolano la convivenza umana. Il
lupo, ad esempio, rappresenta il
cattivo, il malvagio e il male in
generale. Il leone è sempre il forte e spesso il prepotente, mentre
la pecora è per antonomasia l’innocente e talvolta l’ingenuo che
si fida di altri personaggi come la
volpe. Questa è forse uno dei personaggi più complessi perché non
rappresenta solo il furbo e quindi la furbizia in generale, ma è un
personaggio vario e forse il migliore per rappresentare le numerose sfumature di noi uomini.
Ad ogni modo ogni favola deve
racchiudere una verità morale o un
insegnamento di saggezza pratica,
spesso espressa esplicitamente in
una massima. L’animale delle favole perde talvolta, e sempre più
di frequente quanto più ci si avvicina ai tempi moderni, ogni caratterizzazione psicologica peculiare, per diventare semplice pretesto all’introduzione di una conclusione morale: il fine morale è
assolutamente predominante. Nelle favole antiche, senza una lettura
critica, il messaggio che a volte il
lettore potrebbe ricevere è che bisogna adeguarsi alla società in cui
si vive, accettando le proprie condizioni di vita. Non sempre esiste una esplicita visione critica di
norme comunemente accettate per
consuetudine.
Le favole sono abitualmente
destinate a un pubblico infantile. Il bambino nella prima infanzia è attraversato da forme comportamentali animistiche, per cui
l’elemento magico racchiuso nelle favole appare essenziale per
lo sviluppo della sua sensibilità.
I bambini, come i filosofi, cercano di dare delle soluzioni ai primi
ed eterni interrogativi dell’uomo.
Attraverso il loro pensiero animistico i bambini si domandano:
chi sono? come devo comportarmi di fronte ai problemi e agli avvenimenti della vita? Interrogativi alle quali le favole spesso possono dare una risposta comprensibile e a misura di bambino. La
favola, spesso erroneamente assimilata alla fiaba e alla leggenda, infatti, è caratterizzata da uno
stile chiaro e da un’atmosfera di
svolgimento della vicenda pacata
e serena. (kb)
Il leone va alla guerra
Il leone, re della foresta, decise un bel giorno di fare una guerra e, come fanno tutti i re, diramò
un bando fra tutti gli animali suoi
sudditi.
Gli animali – diceva il bando
– vengano da ogni parte della foresta per aiutare il loro re a fare
la guerra. Vengano tutti, senza
nessuna esclusione, per prendervi parte.
Vennero tutti, dai più grandi ai
più piccoli. Tutti erano stati invitati perché il leone aveva detto che
tutti avrebbero avuto un compito
in guerra.
Quando tutti gli animali furono
riuniti davanti al re e ai suoi ministri, il leone cominciò ad assegnare ad ognuno il proprio compito.
Disse all’elefante:
“Tu hai molta forza. Combatterai, ma porterai anche l’artiglieria e tutto quello che occorre
ai tuoi compagni”.
Poi disse alla volpe: “Tu che
sei il più furbo degli animali, mi
aiuterai ad ingannare il nemico”.
“E tu – disse all’orso – che sei
forte e agile, sarai utile quando
dovremo assalire le fortezze. Scavelcherai le mura e conquisterai
in breve tempo le città”.
Ad uno a uno il leone chiamò
tutti gli animali e trovò per ognuno
un compito preciso per la guerra
che stava per cominciare. Quando
comparvero davanti al re gli asini
e le lepri, i ministri e i consiglieri
gli dissero: “Questi sono animali
inutili alla nostra guerra. Gli asini sono sciocchi e le lepri paurose e timide, che cosa ne facciamo?
Mandiamoli via”.
Ma il leone rispose ai suoi
consiglieri e ministri: “L’asino ha
una voce più forte della mia. Sarà
un’ottima tromba per chiamare a
raccolta i soldati. La lepre è velocissima e porterà i messaggi da un
luogo all’altro”. Il leone che era
saggio sapeva che nessuno era
inutile e disse: “Dovete imparare
che tutti sono utili se usati al momento opportuno e sfruttando le
loro capacità”.
Esopo
POESIA
Gli animali nella letteratura CNI
El Cucal Filéipo
di Krsto Babić
Una poesia in dialetto è per
definizione possibile solo quando esiste una lingua nazionale comune, rispetto alla quale, per ragioni diverse che variano da caso
a caso, essa tende a distinguersi.
La storia linguistica italiana è assai peculiare sotto questo aspetto.
Abbastanza presto si crea una lingua letteraria egemone, fondata
sulla preminenza del dialetto tosco-fiorentino, che però solo con
il Cinquecento, in epoca classicistica e bembiana, si impone definitivamente. Fino al XVI secolo
troviamo documenti letterari che
presentano spiccate caratteristiche dialettali, che però non vengono sentite come alternative o
addirittura oppositive alla lingua
letteraria nazionale.
Nel Novecento la lingua italiana tende a diventare progressivamente la lingua anche dell’uso
comune, ma non in modo omogeneamente diffuso almeno sino
ad anni a noi molto vicini. Nel
“Secolo breve” si manifesta pure
il fenomeno della dialettofobia,
diffusosi soprattutto nel ventennio fascista, ma in qualche misura
fenomeno connaturato allo sforzo da parte delle istituzioni del
nuovo Stato unitario di unificare
di fatto la lingua degli italiani. Di
conseguenza la scelta del dialetto diventa nel corso del secondo
Novecento sempre più spesso una
libera opzione per uno strumento
espressivo efficace e pienamente
dominato dallo scrivente, anche
senza intenti polemici o regressivi, proprio in relazione al fatto
che mano a mano che ci si avvicina al presente anche sul piano
sociale e culturale i dialetti hanno
riconquistato una loro piena dignità espressiva e culturale, non
sono più ostracizzati come era accaduto in passato e anzi sono stati in anni recentissimi, nell’ultimo
trentennio all’incirca, fortemente
rivalutati su tutti i piani.
Una rivalutazione della quale probabilmente non hanno
EL CUCAL FILÉIPO
In sta zurnada da maltenpo
A ma suven ca lasù ‘n Siruoco
xi ‘óun cucal fra tanti,
saruò ‘l martéin da l’anno passà,
ca ogni giuorno a ma spieta.
Sul sico da Cunvarsari
o su quil de la Taronda
su la fóusa da Gustéigna
o su quila del Purier
el xi senpro préima da méi.
El xi biel, nito e grando;
dóuto ‘l santo giuorno
el xi ‘in lavur cun li satuléine
contro vento e curantéia
par stame rente, par vidame meo.
I ga favielo e dóuto ‘l capéisso,
a sa vido ch’el patéisso
parchì a ga manca la paruola
e cui uciti el ma conta, a méi ch’i siè,
cossa ca xi la fan.
Cu i lu ciamo Filéipo
za ‘l sa liva per ciapà ‘l pissito,
uciando par divierse méie,
ca nu séio óun cuncurente
pióun svielto d’ingurgaghe ‘l bucon.
Suovi xi i ribunséini,
li dunzalite e li maréincule,
féin ch’el sul va a li basse,
féin ca sassio e cuntento
el pol sbulà per li suove.
E méi, in quila sira,
i turno cun bai pissi
e cul racuordo d’óuna bona cunpanéia.
Nelle liriche di Zanini,
come osserva Antonio Pellizzer
nell’antologia Voci Nostre (Edit
1993) è frequente il contatto
con la natura, il colloquio sommesso e attento con le cose, con
il mare, con i pesci. Lo spunto
di questa poesia è dovuto alla
“consuetudine” (ma si dovreb-
avuto bisogno i dialetti di derivazione veneta e romanza parlati nelle zone d’insediamento storico della Comunità Nazionale Italiana, in particolar
modo l’Istria e il Quarnero.
Aree nelle quali l’uso e la
tutela del dialetto, forse più
della lingua standard, hanno testimoniato il senso di appartenenza di un’intera Comunità a
una cultura: quella italiana. Ne
è un valido esempio la poesia
in dialetto rovignese di Eligio
Zanini.
IL GABBIANO FILIPPO
In questa giornata di maltempo
mi ricordo che laggiù a Scirocco
c’è un gabbiano fra tanti,
forse sarà il gabbianino dell’anno scorso,
che ogni giorno mi aspetta.
Sulla secca di Conversari
o su quella della Taronda,
sulla fossa di Gustigna
o su quella del Porer
è sempre prima di me.
È bello, pulito e grande;
tutto il santo giorno
è al lavoro con le zampette
contro vento e corrente
per starmi vicino, per vedermi meglio.
Gli parlo e tutto egli comprende,
si vede che soffre
perché gli manca la parola
e con gli occhietti racconta, proprio a me che lo so,
che cos’è la fame.
Quando lo chiamo, Filippo
già si alza in volo per prendere il pesciolino,
scrutando se nel raggi di diverse miglia,
non ci sia un concorrente
più agile di lui ad inghiottirgli il boccone.
Suoi sono i fragolini pallidi,
le donzelle e le marincole,
fino a che il sole va al basso
fino a che sazio e contento
può volare per le sue.
E io, quella sera,
ritorno con bei pesci
e con il ricordo di una buona compagnia.
be dire alla fame), che hanno i
gabbiani di accostarsi il più possibile alle barche dei pescatori.
Si avvicinano a qualche metro di distanza, nuotando contro corrente, attenti a spiccare il
volo per tuffarsi sul pesciolino
che di tanto in tanto i pescatori
cedono loro. E si stabilisce così
tra il pescatore e l’uccello un
dialogo immaginato, ma quasi sempre ad alta voce (da parte del pescatore, si capisce). E
va a finire che si diventa amici
e che magari il pescatore decide
di dare un nome al proprio gabbiano. Filippo, nel nostro caso,
o meglio Filéipo.
animali 7
Mercoledì, 16 novembre 2011
ITINERARI Viaggio nel maggiore giardino zoologico degli Stati Uniti d’America
Bronx Zoo, tanto divertimento
L
di Nevio Tich
o Zoo del Bronx, il più grande degli Stati Uniti, si trova
nel quartiere del Bronx e più
precisamente nel Parco del Bronx.
Questo giardino zoologico, uno
dei quattro dell’area metropolitana
di New York, è stato inaugurato l’8
novembre 1899 e all’epoca conteneva (mai come in questo caso il
passato è d’obbligo) 843 animali in 22 aree protette. La missione dichiarata dell’ente è quella di
studiare la zoologia, proteggere gli
animali (un po’ un controsenso per
uno zoo che invece li tiene in cattività) e soprattutto educare il pubblico diffondendo l’amore per la
natura.
Oggi lo zoo si estende per più
di 107 ettari all’interno del Bronx
Park e ospita oltre 4.000 esemplari di 650 specie differenti, molte
delle quali in via d’estinzione. Gli
animali possono essere ammirati
nelle apposite aree, nelle quali viene ricreato un habitat il più vicino
possibile a quello naturale.
TANTE ZONE TEMATICHE Sono previsti vari percorsi di
visita ed esibizioni, sia all’aperto
che all’interno di strutture coperte: dalla “Baboon Reserve”, che ricrea l’ambiente etiope, alla “Congo Gorilla Forest”, una foresta pluviale che ospita la ventina di gorilla che vive nello zoo. Con i suoi
2.7 ettari è oggi la più grande foresta artificiale del mondo. I ricavati
del biglietto d’ingresso sono utilizzati per salvare i gorilla dall’estinzione.
Tra gli spazi al chiuso spiccano il “Jungle World”, con circa 800
animali, e il “Butterfly Garden”, il
giardino delle farfalle. Possiamo,
inoltre, trovare il mondo dei rettili, quello degli uccelli, il mondo
dell’oscurità con pipistrelli e altri
animali notturni, e tanto altro.
BREVE PASSEGGIATA Entrando dalla Fordham Road Gate,
una delle quattro entrate allo zoo,
la prima area in cui vi imbatterete
sarà quella dei bisonti americani o
più semplicemente buffali. Il loro
habitat tipico è la grande prateria
nordamericana, qui perfettamente
ricreata. Ne abbiamo visti una decina godersi la vista dei palazzoni
popolari del Bronx. L’area adiacente è invece esclusiva dei cervi
canadesi, da queste parti chiamati
wapiti.
Ad ogni bivio dello zoo c’è la
possibilità di scegliere in quale direzione andare, a seconda dei musi
degli animali esposti sui cartelli a
forma di freccia. Inutile dire che
la tigre è stata quella che ha catturato immediatamente la nostra
attenzione. È stato ricostruito una
specie di campo di caccia dove i
bambini possono scoprire la vita
del cacciatore nella giungla. Alla
fine del breve percorso ci si poteva avvicinare alle grandi vetrate,
a caccia (metaforicamente parlando) dell’animale. In India la tigre
è il simbolo del potere divino e vederla qui, in uno spazio limitato e
poco… ruggente, fa indubbiamente uno strano effetto.
Dalla foresta al Polo, ecco uno
dei miti di grandi e piccini: l’orso polare. Una caratteristica interessante della sua pelliccia è che,
fotografata con luce ultravioletta,
compare nera, a significare che la
pelliccia dell’orso assorbe la luce e
quindi il calore pur essendo bianca.
Uno dei quattro ingressi dello Zoo del Bronx
Gli orsi polari sono isolati termicamente dal freddo molto bene, ma il
loro corpo si surriscalda a temperature sopra i 10 °C. Considerato
che al momento della nostra visita
era il mese di giugno, inutile illustrare le sofferenze dell’animale.
Lo spazio riservatogli è una
pozza di acqua, un pezzo di plastica a forma iceberg e un gigantesco fossato che divide il pubblico
e l’animale.
Eccoci all’area del leopardo
delle nevi. Forse non tutti sanno
che questo animale emette un suono molto simile a quello del nostro
gatto, solo molto più forte. Dopo
una decina di minuti che ci stava
fissando intensamente si è allontanato dalle vetrate con un passo…
poco felino.
Arriviamo pian piano al “Congo Gorilla Forest”. Dopo aver
incontrato i pavoni, che passeggiano liberamente tra i visitatori (niente paura, non sono animali aggressivi), ecco la gabbia dei
gorilla. Lo spazio all’aria aperta
riservata a questi animali è molto dignitoso, alla pari di quello
riservati alla giraffe, ai leoni o
alle zebre. Tutti hanno un’ampio spazio dove poter “passare le
loro giornate”. Tornando ai gorilla, davanti le gabbie troverete le schede di Zuri (unico maschio), Julia, Holli, Tuti e Sufi.
Scoprirete così, per esempio, che
il papà di Julia è un vip allo zoo
di Los Angeles!
Lasciamo i mammiferi per i fenicotteri rosa: in estate ce ne sono
e anche in grande quantità. Siccome non sono vincolati da reti, nella stagione invernale migrano verso i paesi caldi per poi tornare qui.
Oseremo dire: niente di più naturale.
Il cartello successivo indicava:
“farfalle e insetti”. Più che vederli,
possibilmente da quanto più vicino, si nota la loro presenza grazie
ad un’inquietante musichetta allegra che si diffonde nell’aria. Altro
bivio e altra sorpresa: l’area picnic,
una delle tante dello zoo, si trova
accanto alla gabbia dell’orso bruno. Quest’ultimo, da poco uscito
del letargo, non è certo affamato,
ma un po’ di acquolina in bocca
gli viene certamente nel vedere la
gente mangiare.
L’ultima area visitata è lo “Skyfari East”. Tra meraviglia e spavento ci avventuriamo all’interno
di questa specie di villaggio. Siamo riusciti a intravedere i cammelli del Camel Rides, chiusi in un recinto e ammassati tutti insieme. Di
fronte, nel “Jungle World”, ci sono
poi anche diversi esemplari di gibboni e canguri.
Da questo punto in poi non abbiamo più visto nessun animale, se
non qualche scoiattolo (ce ne sono
comunque di più a Central Park)
e gli immancabili pavoni scappati
dalla loro recinzione.
QUALCHE CONSIGLIO Il
giardino zoologico del Bronx vale
la pena visitarlo solo se avete gran
parte della giornata da dedicargli. Non solo vi occorrerà un po’
di tempo per raggiungerlo, ma lo
zoo è davvero esteso e le attrazioni
sono numerose. Veniteci, pertanto,
subito al mattino (gli animali sono
più attivi) dato che terminerete la
visita non prima di metà pomeriggio. Ricordate che lo zoo chiude
relativamente presto ed è di conseguenza totalmente inutile programmare la visita solo il pomeriggio, specialmente nelle giornate
autunnali e invernali.
Il Bronx Zoo dà il meglio di sé
in una bella giornata estiva, quando gli alberi sono verdi, fa caldo e
gli animali stanno all’aperto e sono
ben avvistabili. Considerate, inoltre, che d’inverno diverse attrazioni sono chiuse, con gli animali
ben rintanati al coperto. Un esempio è l’“African Plains”: se volete
vedere giraffe, licaoni, zebre e leoni dovete venire da aprile a fine
ottobre. Nei mesi invernali dovrete
accontentarvi di vedere le giraffe
all’interno del “Carter Giraffe Building”. Aperta tutto l’anno, umida e riscaldata, è invece la “Jungle
World”: l’ambiente è quello di una
foresta tropicale asiatica, dove si
possono osservare tra gli altri gibboni e canguri.
Aperte tutto l’anno sono tre attrazioni davvero speciali: il “Congo Gorilla Forest”, dove ammirare un nutrito gruppo di gorilla di
pianura (richiede un fee extra),
l’“Himalayan Highlands”, con il
raro leopardo delle nevi, e il “Tiger Mountain”, con le tigri siberiane.
8 animali
CURIOSITÀ
Le guide al nettare
Un’ape vola in un prato. Si dirige verso un fiore. Il nettare che cerca
non si vede, eppure l’insetto penetra con sicurezza fin nell’interno della corolla dove la sostanza zuccherina è nascosta e succhia avidamente.
Come fa a sapere che si trova là dentro? Fotografando il fiore con speciali pellicole sensibili all’ultravioletto, ecco che si svela l’arcano. La
foto mette in evidenza speciali linee colorate, invisibili in natura al nostro occhio, che i botanici chiamano “guide al nettare”. Sono veri e propri indicatori stradali: segnalano il percorso da seguire per raggiungere
il dolcissimo cibo. L’ape li vede perché per lei l’ultravioletto è un “colore visibile”. (ra)
Mercoledì, 16 novembre 2011
AGENDA
Associazioni
“Snoopy” – Pola
Gsm: 098/9230-461
Web: www.snoopy.hr
“Ruka šapi” – Pola
GSM: 091/3914-561 e 092/2535-999
Web: www.ruka-sapi.hr
Canile di Pola
Tel: 052/541-100
Gsm: 098/855-066
Società per la protezione degli animali di Fiume
Gsm: 098/649-939, 098/814-775 e 095/536-4548
Web: www.azil.org
“Lunjo i Maza” – Laurana
Gsm: 091/763-8892
Web: www.lunjoimaza.org
Associazione per la tutela dei gatti “Mijau”
Gsm: 091/543-5819, 091/8875-688 e 091/7386-268
E-mail: [email protected]
Associazione amici degli animali “Capica” – Fiume
Gsm: 098/264-892 e 092/285-9622
Web: www.capica.hr
Traži se prijatelj – Fiume
Web: www.traziseprijatelj.com.hr
Gsm: 091/594-5694
Rifugio per animali Lič
Gsm: 098/187-36-88
Web: www.skloniste-lic.com
Gruppi cinofili
CURIOSITÀ
Denti di latte
A differenza dei bambini che incominciano a mettere i denti di latte
parecchi mesi dopo la nascita, i pipistrelli li mettono addirittura prima
della nascita, quando si trovano ancora nell’utero materno. Così i neonati appena venuti al mondo hanno subito la possibilità di agganciare
saldamente il capezzolo materno per succhiare il latte. I dentini di latte
però hanno vita breve. Cadono ancora prima che avvenga lo svezzamento, sostituiti dalla dentatura definitiva. (ra)
Società cinofila “OPATIJA”
Casella postale 12, 51410 Abbazia
Tel: 051/250-555
Società cinofila “RIJEKA”
Via dei combattenti di Valscurigne 2a, 51000 Fiume
Tel: 051/216-030
Gsm: 091/563-4460
E-mail: [email protected]
Club di cinofilia sportiva “RIJEKA”
Via Kumičić 38, 51000 Fiume
Tel: 051/421-457
Gsm: 091/120-8975
E-mail: [email protected]
Associazione cinofila “BUZET”
Piazza Fontana 7, 52420 Pinguente
Tel: 052/773-654
Gsm: 098/207-689
E-mail: [email protected]
Associazione cinofila “LABIN”
Vines, Casa di cultura s.n., 52220 Albona
Gsm: 098/610-801
E-mail: [email protected]
Società cinofila “POREČ”
Via Mauro Gioseffi s.n., 52440 Parenzo
Tel: 052/431-530
Società cinofila “PULA”
Via Marulić 4/I, 52100 Pola
Tel: 052/535-041
Società cinofila “ROVINJ”
Via della 43.esima divisione istriana 34,
52210 Rovigno
Tel: 052/829-041
Gsm: 091/568-2781
E-mail: [email protected]
Club “ISTARSKI GONIČ”
Via Albona s.n., 52470 Umago
Tel: 052/756-006, 052/742-101 e 052/742-019
Società cinofila “PAZIN”
52000 Pisino
Tel: 052/624-361
Gsm: 091/624-7210
Società cinofila “ISTARSKI GONIČ”
Via dell’Istria 36, 52460 Buie
Tel: 052/742-884
Gsm: 091/252-8165
Il girasole
Porpetto (Udine)
tel/fax: +39 0431 60375
Società venatorie
Federazione italiana della caccia
Via Salaria 298/A, 00199 Roma
Tel: +39/06/8440941
Fax: +39/06/844094217
Web: www.federcaccia.org
Federazione croata della caccia
Via Vladimir Nazor 63, 10000 Zagreb
Tel: 01/48-34-560, 01/48-34-559
Fax: 01/48-34-557
Web: www.hls.com.hr
Federazione slovena della caccia
Via Župančič 9, 1000 Lubiana
Tel: +386/01/24-10-910
Fax:+386/01/24-10-926
Web: www.lovska-zveza.si
Associazione venatoria di Capodistria
Via del distaccamento istriano 2, 6000 Capodistria
Tel: +386/041/427-321
E-mail: [email protected]
Associazione venatoria di Isola
Baredi 20, 6310 Isola
Tel: +386/041/327-650
E-mail: lovska.druzina.izola @siol.net
“Platak” – Fiume
Via Frane Rački, 51000 Fiume
Gsm: 091/537-0818
“Lane” – Abbazia
Via M.Lahinja 14, 51410 Abbazia
Tel: 051/271-515
Fax: 051/718-913
Gsm: 091/272-6921
“Kobac 1960” – Laurana
Via Maresciallo Tito 84, 51415 Laurana
Tel: 051/292-461,
Gsm: 091/912-2143
“Perun” – Draga di Moschiena
Mošćenice 21, 51417 Draga di Moschiena
Tel: 051/737-441
Fax: 051/739-030
Gsm: 091/794-2590
“Kamenjarka” – Lussinpiccolo
Casella postale 96, 51550 Lussinpiccolo
Gsm: 098/240-864
“Orebica” – Cherso
Via 20 travanj 3, 51557 Cherso
Gsm: 098/864-894
“Lisjak” – Castua
Šporova jama 2, 51215 Castua
Tel: 051/543-238
Gsm. 091/790-7148
INIZIATIVE
CURIOSITÀ
Genitori premurosi
Anatre, oche e cigni una volta all’anno cambiano le ali remiganti, e
in quel periodo sono incapaci di volare. Nei cigni, durante lo sviluppo
dei piccoli, che avviene molto lentamente, i genitori mutano il piumaggio non tutt’e due assieme, ma l’uno dopo l’altro, in modo che almeno
uno di loro sia in grado di guidare e di difendere i figli. Nella tarda estate, tanto il padre quanto i piccoli sono in grado di volare perfettamente.
E per l’intera famiglia è giunto allora il momento di intraprendere la migrazione autunnale. (ra)
Un videogioco contro gli abbandoni
Adottare un animale è un gesto nobile, ma soprattutto una decisione importante, che deve essere
meditata attentamente e non derivare dallo slancio
emotivo del momento, poiché ogni animale ha le sue
esigenze e le sue necessità.
Una delle maggiori piaghe della società sono gli
abbandoni degli animali. Un fenomeno che si intensifica alla vigilia dei periodi di vacanze. Nel tentativo di arginare questa disgrazia la Lega nazionale per
la difesa del cane ha pensato di ricorrere ai videogiochi. Un’iniziativa varata con la collaborazione della
Nintendo. Il risultato del progetto consiste in un videogame che permette di allenarsi in modo virtuale
nello gestire tutto ciò che è connesso con il prendersi cura di un animale domestico. In questo modo,
nel momento in cui ci si trova a voler adottare un
animale si è più consapevoli. Da tutto ciò dovrebbe
scaturire una riduzione dell’abbandono degli anima-
li. La simulazione è disponibile per Nintendo 3DS e
può essere noleggiata rivolgendosi ai canili convenzionati dalla Lega nazionale per la difesa del cane.
L’elenco dettagliato dei canili selezionati è consultabile sul sito www.legadelcane.org.
Anno IV/ n. 44 del 16 novembre 2011
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina
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Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat
edizione: ANIMALI / e-mail: [email protected]
Redattore esecutivo: Krsto Babić / Impaginazione: Denis Host-Silvani
Collaboratori: Giorgio Adria, Monica Kajin Benussi, Renata Akkad, Claudia Lanciotti, Nevio Tich
Foto: Zlatko Majnarić, Graziella Tatalović e d’archivio