LA VOCE DEL POPOLO IL TEMA DEL MESE U n orso bruno rischia di far litigare la Croazia e l’Unione europea e mandare in tilt la Fanteria croata. Il plantigrado in questione vive nei boschi della Regione di Karlovac. Si tratta di un animale di 200-300 chilogrammi di peso che la scorsa primavera ha iniziato a frequentare il poligono militare “Eugen Kvaternik” nei pressi di Slunj, seminando il panico tra i soldati che nel sito si recano a esercitarsi. Inizialmente i militari, già abituati alla presenza di questi animali nel poligono, hanno tentato di risolvere il problema sparando colpi di arma da fuoco in aria nella speranza di spaventare l’animale e di farlo allontanare dalla base. Sforzi che però si sono rivelati vani: infatti, il plantigrado non si è fatto impressionare e ha continuato a girovagare tra i magazzini della base militare alla ricerca di cibo, trasformandosi in una minaccia per l’incolumità del personale. A questo punto il Comando della base ha inoltrato al ministero della Difesa un reclamo ufficiale per lamentarsi della presenza dell’orso. In seguito alla denuncia nei suoi confronti il plantigrado è stato registrato come “orso problematico” e i funzionari del ministero della Difesa si sono rivolti ai propri colleghi del dicastero dell’Agricoltura per ottenere il nulla osta necessario ad abbatterlo. Fatte le dovute valutazioni il ministro dell’Agricoltura, Božidar Pankretić, ha firmato il 20 ottobre scorso l’autorizzazione a sopprimere l’animale. L’incarico è stato affidato ai cacciatori della zona di Slunj con la raccomandazione di abbattere solo l’animale in questione e nessun’altro dei circa 30 orsi che frequentano la zona. I cacciatori non sono però potuti intervenire in quanto l’accesso nella base è loro precluso visto che si tratta di una zona militare nella quale i civili non possono accedere senza un permesso firmato dal comandante dell’Esercito croato. Nel frattempo la notizia inerente alla possibile sorte del plantigrado “problematico” è giunta alle orecchie degli attivisti dell’Associazione per la protezione degli animali selvatici “Animalija” che nel tentativo di salvaguardare la fiera si sono ri- volti all’Unione europea. La Commissione europea ha fatto presente che non essendo la Croazia ancora un membro dell’UE non ha modo di avviare una procedura disciplinare nei confronti di Zagabria per il trattamento riservato all’orso. Tuttavia le autorità europee hanno invitato la Croazia a rispettare gli accordi internazionali dei quali si è fatta carico. Salgono così a due le note che Bruxelles ha spiccato nei confronti di Zagabria a causa del trattamento riservato agli orsi sul suo territorio. Il primo richiamo risale al 2003. In Croazia il numero degli orsi non è stato mai appurato con esatezza. I ricercatori stimano che la loro popolazione si aggiri attorno alle 400-600 unità, mentre le società venatorie stimano che nei boschi croati gli esemplari di orso siano non meno di 1.500. Una sproporzione dovuta al fatto che gli orsi sono animali migratori che possono dimorare alcune settimane in Croazia, per poi spostarsi nei Paesi limitrofi (Slovenia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro). L’orso bruno è una specie dal basso tasso riproduttivo: le femmine partoriscono generalmente 2 piccoli ogni 2-3 anni e la sopravvivenza dei piccoli spesso non supera il 50 p.c. La loro dieta è costituita prevalentemente da vegetali, ma poiché l’apparato digerente è poco efficiente per la digestione di questi alimenti, l’orso ha necessità di assumere grandi quantità di cibo per far fronte alle sue esigenze nutrizionali. Per questi motivi l’orso bruno risulta una delle specie più sensibili alle influenze ambientali negative, i cui effetti demografici possono essere mascherati dalla longevità degli esemplari. Quindi, anche se l’orso è presente in una certa area, non è detto che la popolazione goda di buona salute. Per queste caratteristiche bioecologiche, l’orso bruno ha necessità di cibo abbondante e di alta qualità nutrizionale, di spazi ampi gestiti secondo criteri idonei e all’interno dei quali il disturbo sia limitato, di una corretta gestione delle attività antropiche nell’habitat naturale o comunque nelle aree critiche. (kb) animali ce vo /la .hr dit w.e ww Un orso «problematico» An no IV 1 201 e r • n. 4 mb 4 • Mercoledì, 16 nove IL RUGGITO di Krsto Babić Il fiuto per i contanti La crisi del debito sta mettendo a dura prova Eurolandia e l’Unione europea. La situazione in Grecia si fa sempre più complicata rischiando di compromettere l’euro. Anche l’Italia, i cui titoli di stato sono stati presi di mira dalla speculazione internazionale versa in seri problemi. Uno scenario che ha spinto Silvio Berlusconi a rassegnare le dimissioni da capo del Governo al fine di acconsentire la creazione di un consiglio dei ministri tecnico, guidato da Mario Monti, che applicando con rigore le misure concordate tra l’Italia e l’UE, traghetti il Paese in acque meno tumultuose. Per risolvere i problemi dell’Italia servono riforme che comporteranno tagli alla spesa pubblica e probabilmente l’aumento della pressione fiscale. Uno degli scenari possibili consiste nel tassare ulteriormente le famiglie. L’idea è quella di ripartire equamente questo ulteriore balzello, “mettendo le mani nei portafogli” di chi dispone di maggiori risorse. Per capire chi sono costoro il fisco dovrebbe ricorrere al redditometro, uno strumento di accertamento del reddito. Attraverso il redditometro, il fisco prende come riferimento il possesso o la disponibilità di taluni beni che sono sintomo di capacità contributiva e associa agli stessi un certo reddito, utilizzando appositi coefficienti. Dalla stampa abbiamo appreso che uno dei parametri di riferimento del redditometro potrebbe essere la spesa per le cure veterinarie degli animali domestici. Un’eventualità che non condividiamo in quanto potrebbe spingere molte persone a non far curare i propri animali e in casi estremi ad abbandonarli condannandoli al randagismo e spesso alla morte. Forse sarebbe meglio investire maggiori risorse nell’addestramento di ulteriori “cash dog”, i cani che la Guardia di Finanza impiega per individuare le persone che tentano di far fuoriuscire illegalmente dai confini nazionali grosse somme di denaro e che in due anni hanno permesso di recuperare due milioni di euro. A Zeb, uno dei “cash dog” delle Fiamme gialle, sono bastati pochi giorni dall’entrata in servizio per finire sui giornali grazie alla scoperta di 65mila euro nascosti nelle scarpe e nel reggiseno di una insospettabile quarantenne in transito al valico autostradale di Brogeda. È proprio vero, insomma, che i cani sono i migliori amici dell’uomo: possono persino aiutarlo a risolvere le crisi finanziarie. 2 animali Mercoledì, 16 novembre 2011 ORNITOLOGIA Campionato ornitologico internazionale «Češljugar 2011» Il meraviglioso mondo dei cardellini di Monica Kajin Benussi ČAVLE – Si è rivelato un successone il Campionato ornitologico internazionale “Češljugar 2011”, organizzato dall’omonima associazione fiumana per la tutela e l’allevamento degli uccelli e che si è svolto dal 3 al 6 novembre nella Casa della cultura di Čavle. Al campionato, giunto alla sua 33.esima edizione, hanno partecipato una settantina di alleva- tori provenienti da tutta la Croazia, con in bella mostra ben 740 esemplari provenienti da tutte le parti del mondo, tra specie appartenenti alla fauna europea nonché specie esotiche, con alcuni bellissimi esemplari di pappagallo. Come ci ha spiegato il presidente della “Češljugar”, Renato Brnja, per la prima volta in assoluto quest’anno il campionato ha avuto una giuria internazionale, con giudici provenienti da Italia e Slovenia: “Si tratta di un significativo passo avanti per la nostra associazione in qualità di organizzatore. Per i nostri giovani giudici, invece, questa è stata un’ottima occasione per apprendere i criteri di valutazione, assolutamente rigorosi in questo caso, e per vedere come funziona un campionato a livello internazionale”. Più che soddisfacente è stato anche il numero dei visitatori, anche perché nel Grobniciano tantissime persone si dedicano all’allevamento di uccelli, come ha precisato Brnja, la cui passione per i volatili è iniziata quando era ancora bambino e non l’ha più lasciata, ma è anzi cresciuta ERPETOLOGIA sempre di più con il passare degli anni. “L’allevamento e la passione per gli uccelli è molto più di un semplice hobby. Io e gli altri allevatori lo facciamo per puro amore, gli interessi qui non c’entrano niente”. Per la “Češljugar” il successo al Campionato è stato doppio, in quanto è stato proprio uno dei suoi cento soci a trionfare nella categoria “Miglior allevatore”, ossia Ivica Žuvić. Il miglior allevatore nella tradizionale categoria “Češljugar” (“Cardellino”), riservata ai soci dell’associazione, è risultato, invece, Milorad Malatestinić. L’UCCELLO DELLA PASSIONE Il cardellino (carduelis carduelis) è un uccello appartenente alla famiglia dei Fringillidi. Il nome deriva dalla pianta cardo, dei quali semi (specialmente quelli del cardo rosso) questi uccelli sono ghiotti. Il cardellino è facilmente riconoscibile per la macchia rossa sulla faccia e per l’ampia barra alare gialla. Il resto del piumaggio va dal bianco delle guance, al nero della nuca, della coda e della parte esterna delle ali, al marrone scuro del dorso. Il canto di questo grazioso uccellino, o trillo, è molto bello ed è uno dei motivi per cui viene allevato, oltre che per la bellezza, nonché per l’ibridazione con il canarino. Il maschio è caratterizzato dalla testa con calottina nera e tipica mascherina rosso-arancio, il dorso bruno, il groppone grigio-biancastro, le ali e la coda nere con tipiche “perle” bianche, la barratura alare giallo-oro tipica dei carduelidi, il ventre bianco e petto bianco con macchie brune. Le femmine differiscono dai maschi per piccoli dettagli che solo l’occhio più esperto e specializzato riesce a cogliere: la testa è più arrotondata, la mascherina non oltrepassa l’occhio, la spallina (piccole copritrici alari) è grigio-verdastra anziché nera (quest’ultimo particolare è molto utile per distinguere il sesso dei novelli nei primi mesi di vita). La specie tipica è distribuita in Europa e Africa del nord. Esistono diverse sottospecie, di cui la più nota è senza dubbio la Carduelis Major, distribuita principalmente in Siberia e caratterizzata, rispetto alla forma nominale, da una taglia decisamente più grossa e da una minore quantità di bruno. Un impulso decisivo all’allevamento in cattività del cardellino, ma in generale di tutti i Fringillidi, è stato dato dall’avvento delle mutazioni di colore, anomalie genetiche ereditabili che trasformano il fenotipo del soggetto mutato rispetto alla sua forma ancestrale. Secondo la mitologia greca, il cardellino sarebbe in realtà una delle Pieridi, Acalante, trasformata in uccello da Atena (il mito è raccontato da Ovidio nelle “Metamorfosi”). L’uccello, solitamente un cardellino, nella antica cultura pagana rappresentava l’anima dell’uomo che al momento della morte vola via e mantiene tale significato anche in ambito cristiano. Il cardellino è, inoltre, simbolo della passione, perché anticamente si pensava vivesse tra cardi e spine. Una delle specie di serpenti più diffuse, ma meno note La coronella austriaca a cura di Giorgio Adria A l giorno d’oggi si conoscono circa tremila specie di serpenti. Una delle meno note è il colubro liscio (Coronella austriaca). La coronella austriaca è un serpente grigio, marrone o rossiccio, con punti più chiari lungo il dorso, una stria nera che attraversa gli occhi e pigmenti più scuri sopra la testa. In genere i maschi adulti hanno colorazioni tendenti al bruno, mentre nelle femmine prevale il grigio. La lunghezza di questa specie è limitata e raramente supera i 75 centimetri. Questa specie è presente in tutta Europa, Gran Bretagna compresa, dove è però limitata a una piccola area calda di pianura nel Dorset e nell’Hampshire. Si tratta di un animale schivo, difficile da osservare. Il colubro liscio si nutre prevalentemente di sauri, quali lucertole, giovani ramarri e orbettini. Non disdegna tuttavia nidiacei, altri serpenti e piccoli mammife- ri. Le sue ridotte dimensioni non gli consentono di attaccare grosse prede, come ratti e ramarri adulti, ma si segnalano casi di predazione su vipere. Nel catturare una preda, il colubro liscio dapprima la addenta, poi, mantenendola ben salda con i piccoli denti, si avvolge attorno a essa e la inghiotte, senza tuttavia soffocarla. È una specie essenzialmente diurna, che ama molto rimanere per ore a termoregolarsi sotto il sole. Pur essendo molto comune nei suoi areali di diffusione, è molto difficile riuscire ad osservarlo, in quanto al primo segnale d’allarme scompare alla vista, sotto una pietra o in un cespuglio. Spesso chi lo vede, lo confonde con una vipera. Il mimetismo di questo serpente, oltre che farlo sfuggire agli occhi dei predatori, gli permette di passare inosservato dalle sue prede. Il colubro liscio viene spesso uccisa in quanto confuso col suo stretto parente velenoso l’aspis. Ma l’innocua coronella austriaca si distingue immediatamente dall’aspis per la pupilla rotonda, la testa tondeggiante con tante squame e la coda finissima, mentre l’aspis presenta pupilla lineare, testa triangolare con larghe squame e coda grossa che si restringe solo alla fine. Il letargo invernale del colubro liscio è molto lungo: cade in ibernazione in ottobre per risvegliarsi solo in aprile. Se catturato può tentare di mordere, ma solitamente si limita a sibilare contro l’ag- gressore, secernendo un liquido dall’odore fetido. La riproduzione avviene in primavera, a seconda delle condizioni atmosferiche: in agosto la femmina, vivipara, da alla luce 8-15 serpentelli di 14-18 centimetri di lunghezza, a intervalli di 30-45 minuti. I piccoli nascono avvolti da una sottile membrana che forano in pochi istanti. La prima muta si ha a dieci giorni dalla nascita, e, in questo periodo, i giovani colubri sono perfettamente autosufficienti e in grado di cacciare. La maturità sessuale viene raggiunta al quarto anno di età. Le femmine più giovani sono le meno prolifiche, e sovente si ha un secondo accoppiamento in autunno, non seguito da gestazione. animali 3 Mercoledì, 16 novembre 2011 FELINI Il gatto alla conquista del mondo L’origine delle razze a pelo lungo I a cura di Claudia Lanciotti l gatto sbarcò nell’Estremo oriente grazie agli intensi scambi commerciali che agli inizi del primo millennio erano stati instaurati tra la Cina e le civiltà mediterranee. In quella parte del mondo il gatto ebbe subito un gran successo legato al suo fascino e alla sua ben nota qualità di cacciatore di topi. Alcune popolazioni orientali elevarono questi felini a simbolo di pace, fortuna e serenità domestica. Le numerose ceramiche e dipinti che lo raffigurano, testimoniano la considerazione che i cinesi nutrivano (un sentimento che sopravvive anche ai giorni nostri) nei confronti dei gatti. Nello stesso periodo il gatto arrivò anche in India dove venne divi- nizzato con il nome di Sasti, simbolo della maternità. La devozione fu tale che la religione induista obbligava ad ospitare e accudire almeno un gatto. Alla fine del primo millennio il gatto dalla Cina arrivò in Giappone. Nel Paese del Sol levante gli fu subito attribuita l’aggettivo di animale imperiale, degno di attenzioni regali. Solo nel XVII secolo in seguito a ripetute esplosioni demografiche di topi in Giappone i gatti vennero impiegati per dare la caccia ai roditori. Compito che gli esemplari nipponici eseguirono eccellentemente, nonostante i secoli di “inattività venatoria”. Nello stesso periodo il gatto si diffuse anche nei paesi islamici dove eguagliò la fama e la stima del cavallo. Si narra che anche Maometto apprezzasse molto i gatti e che ne possedeva uno di nome Muezza. IL PELO LUNGO Fino agli inizi del XVI secolo, in Europa erano noti solo i gatti con il pelo corto a mantello tigrato o pezzato. Prima di allora, infatti, gli europei non avevano avuto modo di apprezzare le razze originarie dell’Estremo Oriente. Animali quali il Siamese (Thailandia), il Burmese (Thailandia), il Persiano o il Sacro di Birmania (Birmania). Si pensa che il primo gatto a pelo lun- go giunto in Occidente sia stato un Angora portato da Ankara in Italia nel XVII secolo da Pietro della Valle, uno scrittore famoso per i resoconti dei suoi viaggi in Oriente Nel “Vecchio continente” l’allevamento delle razze a pelo lungo è documentato solo a partire dal 1871, ossia dopo che a Londra si svolse la prima mostra felina ufficiale. Le origini delle varietà di gatto a pelo lungo sono alquanto controverse. In base alle diverse teorie i gatti a pelo lungo discenderebbero da progenitori originari dalla Cina, dal Tibet oppure dalla Turchia. Da allora sono state fatte molte ibridazioni, tra di esse gli allevatori inglesi ne fecero una molto importante: incrociarono i primi gatti a pelo lungo con dei soggetti provenienti dal Khorazan (Persia) e da cui deriverebbe il persiano odierno. Ad ogni modo nel XIX secolo si iniziò a delineare una mentalità e un sentimento che aggiunse alla figura del gatto la mansione di animale di compagnia a quella di predatore di roditori. Un ruolo che però all’epoca era accettato solo nelle città e principalmente presso le famiglie di livello culturale più alto, ossia dagli scrittori e artisti. Per contro nelle campagne, il gatto veniva visto sempre e solo in veste di cacciatore di topi e proprio per questo motivo, dalla fantasia popolare, nascono molte delle credenze legate alle capacità dei gatti e tante “tecniche” usate nel tentativo di acuirgli le sue qualità di cacciatore. La più infame di tutte, che ci trasciniamo ancora ai nostri giorni, è ritenere il gatto affamato più bravo a cacciare! Con l’illuminismo il gatto ricomincia ad ottenere quei riconoscimenti e la valorizzazione negatagli nei secoli precedenti. In questo periodo, in cui veniva contrastata ogni forma di superstizione, tutti gli animali riacquistano considerazione e il gatto vede riconosciuti parte di quei valori che lo contraddistinguono: animale fiero, indipendente ma sempre misterioso. Nei secoli delle scoperte delle malattie infettive il comportamento del gatto, sempre dedito alla pulizia del mantello e dall’aspetto mai sporco, ne hanno fatto un animale da preferire a molti altri. Ora non è più visto solo come animale “utile” ma, specialmente nelle grandi città, è visto come vero animale da compagnia da apprezzare anche perché “solo” bello. LE PRIME MOSTRE A Londra nel 1871 si tiene la prima mostra felina. A questo appuntamento ne seguiranno presto numerosi altri nella maggior parte delle principali città del mondo organizzate dalle prime associazioni feline. Nel 1935 a Torino si svolse la prima mostra felina italiana. Con lo scoppio della Grande guerra l’interesse verso il gatto decrebbe tanto che andò quasi del tutto perso il lavoro di molti allevatori. La stessa cosa successe nuovamente con l’avvento del secondo conflitto mondiale. Durante questi terribili anni molte popolazioni furono colpite da carestie d i gatti subirono nuovamente un oscuro periodo di persecutorio che ne ridusse (temporaneamente) stima e... numero. Il significato del miagolio Anche i bambini piccoli conoscono e imitano il miagolio dei gatti. Quel tipico “miao” non è un semplice suono emesso dai gatti. Si tratta di un mezzo di comunicazione estremamente sofisticato. Perché dunque i gatti miagolano? È possibile imparare molto sul proprio gatto, prestando attenzione ai suoi miagolii. Ogni gatto ha un miagolio caratteristico, così come ogni persona ha il suo timbro di voce. Il vostro gatto potrebbe non emettere quasi mai dei suoni, oppure essere un felino logorroico. Razze diverse hanno miagolii diversi. I gatti siamesi, ad esempio, sono noti per i loro lamenti striduli. Guardami! Il miagolio più comune è una richiesta di attenzione da parte del gatto. Il contesto aiuta molto a determinare perché un gatto sta miagolando. Se cammina avanti e indietro per la cucina, probabilmente vuole del cibo. Se miagola quando siete appena rientrati a casa, probabilmente è contento di vederti, e vuole essere accarezzato o preso in braccio. Il miagolio di benvenuto, specialmente quando viene ripetuto più volte, è anche legato all’accoppiamento. Una gatta in calore miagola costantemente, per rendere nota la sua disponibilità ai maschi. In alcuni gatti questo comportamento degenera in lamenti prolungati a tutte le ore, giorno e notte. A volte un gatto emette dei borbottii strani, o addirittura dei gemiti, quando ad esempio vede una preda che non può raggiungere. Nessuno sa esattamente perché i gatti lo facciano. Alcuni pensano che si tratti semplicemente di un richiamo di avvertimento o un segnale di frustrazione per la mancata preda. Altri pensano che si tratti di un tranello per indurre la preda a investigare su un suono insolito. Grugniti, sputi, fischi e grida sono tutti richiami difensivi e aggressivi. È ovvio, in questi casi, che il gatto è arrabbiato, o spaventato. Analogamente, le fusa non richiedono molte spiegazioni. Il vostro gatto è semplicemente contento. Dovreste sapere che se un gatto abitualmente silenzioso inizia a miagolare frequentemente questo potrebbe indicare che è malato. Lo stesso discorso vale pure se un animale “loquace” d’improvviso “ammutolisce”. Dovreste prestare particolare attenzione ai gatti che cominciano a miagolare co- stantemente quando usano la loro vaschetta, quando si lavano, o quando mangiano. Ognuno di questi può indicare che il vostro gatto soffre di qualche disagio. LE TATTICHE ANTIMIAGOLIO Normalmente i gatti domestici miagolano molto più frequentemente di quelli “randagi”. Il motivo è semplice. I gatti domestici imparano presto che miagolando possono richiamare l’attenzione dei propri padroni. Uno stratagemma utile, ma che in certi casi può essere abusato dall’animale. Se il vostro micio miagola troppo, infastidendo voi e i vostri vicini esistono delle tecniche di disuassione che potrete utilizzare per “insegnare loro le buone maniere”. Un modo per disincentivare il vostro gatto è quello di ignoralo. Questo è il modo più efficace per farlo smettere, ma anche il più difficile da mettere in pratica. Inizialmente, infatti, il problema si aggrava, ma prima o poi il tuo gatto imparerà che miagolando non ottiene niente continuando a lamentarsi. Quindi, per quanto insopportabile sia il miagolio, tenete duro.˝Se il vostro tuo gatto comincia a miagolare alle 4 del mattino perché provate a dissuaderlo con una folata d’aria dell’asciugacapelli o uno spruzzo d’acqua. Ma non fatevi scoprire per evitare che associ a voi l’esperienza sgradevole. Spesso i gatti miagolano quando si annoiano. Lasciate qualche giocattolo sparso per casa così il gatto potrà giocare e distrarsi. I gatti sono animali abitudinari e vi comunicano il loro nervosismo di fronte a un cambiamento di programma. Una routine regolare farà felice il vostro gatto e i vostri timpani. 4 anim Mercoledì, 16 novembre 2011 CINOFILIA L’Apollo dei cani non è né danese né ellenico L’Alano, un cane tedesco dal 1 a cura di Krsto Babić I n molti paesi l’Alano è chiamato Gran danese (in inglese Great Dane), nulla di più sbagliato dal momento che questo cane è di nazionalità tedesca. L’equivoco nasce dalla raffigurazione dell’Alano arlecchino nella “Table de l’Orde des Chiens”, disegnata dal grande naturalista francese George Buffon, che denominò appunto questo cane come Grand Danois. La nazionalità tedesca della razza venne codificata in un primo momento nel 1878 a Berlino, quando un gruppo di allevatori decise di catalogare sotto il nome di Deutsche dogge (Mastino tedesco) diversi gruppi di cani dalle caratteristiche molto simili provenienti dalla regione sud occidentale della Germania. Sotto la denominazione Alano si intendeva inizialmente un grande cane potente che non doveva obbligatoriamente appartenere a una determinata razza. Il primo standard dell’Alano odierno fu abbozzato nel 1880 e stabilito nel 1888, quando fu fondato il Deutsche Doggen Club. Lo standard in vigore attualmente risale, invece, al 1994. LE ORIGINI La tradizione vuole che la prima immagine conosciuta dell’Alano, sia quella ritrovata in una tomba egizia del 3000 a.C., che raffigura un cane di grande mole dal mantello arlecchino. Simili illustrazioni sono state ritrovate anche nei templi babilonesi del 2000 a.C., ma, a parte la mole, null’altro può ricondurre i cani ivi raffigurati ai moderni alani. Altrettanto vaga è l’ipotesi che si parli dell’Alano in un passo letterario cinese del 1121 a.C., anche se è fuor di dubbio che i popoli medioorientali allevassero e tenessero in grande considerazione cani molto grandi, robusti e possenti, dalla testa pesante, con orecchie pendenti e labbra abbondanti. Anche i più illustri cinofili sono in genere concordi nel riconoscere, quale antenato ancestrale di tutti i molossoidi e delle razze con essi imparentati, il Mastino del Tibet. Questi cani di origine indoeuropea furono probabilmente diffusi in Europa dai Fenici, che nei loro viaggi si spinsero fino alle coste della Francia e dell’Inghilterra, e avrebbero così contribuito alla nascita del Canis familiaris decumanus, progenitore del più famoso Bullembeisser, universalmente riconosciuto come il diretto ascendente dei Mastini europei. Questi cani venivano usati per la caccia al cinghiale e per la lotta contro orsi e tori, essendo dunque i progenitori della forma medioevale tedesca del cane da presa (Saupaker, ossia acchiappa cinghiali). Un’altra ipotesi, che concorda con l’origine indoeuropea del nostro Alano, è quella che ritiene che sia stato il popolo degli Alani (tribù nomadi della Scizia, che invasero la Galia, la Spagna e l’Impero Romano nel IV o V secolo) a diffondere i loro cani durante le loro campagne di conquista. Gli Alani furono sottomessi dagli Unni e attraverso grandi migrazioni, i discendenti di questi popoli, con i loro cani, raggiunsero ogni regione dell’Europa. Anche Greci e Romani amarono molto questo tipo di cane che in alcune regioni d’Europa è soprannominato pure “L’Apollo dei cani”. LA CACCIA Gli Alani furono impiegati per un lungo periodo per la caccia agli animali selvatici, specialmente al cinghiale e all’orso. Cacciavano quasi sempre in muta, con le orecchie tagliate per evitare di venire feriti dalla preda afferrata con le potenti mascelle, non per ucciderla, ma per trattenerla in attesa dei cacciatori. Poiché la tecnica di caccia consisteva nell’inseguimento al fine di stancare la preda, alcuni studiosi sostengono che, per associare alla resistenza una maggiore velocità, sia stato incrociato con il Levriero irlandese. Il GUARDIANO Il suo essere stato cane da guerra, lo faceva eccellere, oltre che nel combattimento e nella lotta, anche come difensore del padrone, attento custode degli interni dei castelli e delle case dei nobili. Le sue qualità di guardiano, protrattesi fino ai giorni nostri, presero rapidamente il sopravvento sia perché, anche per il suo pelo corto, preferiva il calore del focolare al freddo inverno mitteleuropeo, sia per il suo aspetto particolarmente bello ed elegante che, dal rinascimento in poi, lo fece diventare il cane di moda della nobiltà europea, che lo voleva accanto a sé nelle proprie case. IL CARATTERE L’Alano è un cane tranquillo, equilibrato, docile e molto socievole. Ama la compagnia e si intristice se tenuto isolato. Per via delle sua mole ha bisogno di un buon addestramento durante la gio- vinezza che gli permetta di non diventare troppo invadente e creare problemi alla famiglia che lo adotta. È molto intelligente e apprende facilmente. Se non addestrato, tende a essere molto espansivo e ciò può costituire un problema specie nei giochi con i bambini, che adora. È molto legato al proprio padrone e se lo ritiene in pericolo può diventare molto aggressivo. L’ASPETTO L’Alano è insieme al Levriero irlandese (Irish wolfhound), tra le razze canine più alte. Nel 2007 un esemplare di questa razza è stato proclamato il cane più alto del mondo con ben 107 centimetri di altezza al garrese. Pur essendo un cane di grande taglia, non è massiccio e tozzo, ma snello e slanciato. La sua testa è imponente e le sue linee sono eccezionalmente eleganti nell’insieme. Il suo muso è simile a quello del molosso, con testa stretta, occhio sceso, labbro abbondante e pendente, stop marcato e orecchie dritte e appuntite, anche se ora sono molto più diffusi gli Alani con le orecchie integre a seguito delle varie ordinanze degli ultimi anni contro la conchectomia. Il pelo è corto e lucido, nella varietà di colore nero, gli occhi sono scuri, mentre nella varietà blu possono essere anche di una tonalità più chiara. Nell’Alano fulvo il pelo è di color giallo oro, con la maschera nera. Nell’Alano tigrato il colore di fondo é giallo oro, con striature trasversali continue nere e gli occhi sempre scuri. La variante più decorativa è indubbiamente quella ad arlecchino, il cui mantello si presenta bianco con macchie di colore nero, proprio come nel caso del Cane dalmata. Il peso di questi cani in media si aggira attorno ai 60 chilogrammi, ma generalmente maggiore è il suo peso, migliori sono le valutazioni espresse dai giudici, ovviamente a patto che il rapporto massa-dimensioni sia proporzionato. In età adulta l’Alano arriva a mangiare non meno di 1,5 chilogrammi di carene al giorno. I COLORI L’Alano è allevato in tre varietà di colori distinti: fulvo e tigrato, arlecchino e nero, blu. Sono ammessi alle esposizioni pure gli esemplari dal mantello completamente bianco e quelli con il corpo bianco e la testa nera (definiti in que- mali Mercoledì, 16 novembre 2011 5 1878 sto caso Platten). Quest’ultimi sono i più rari e vengono giudicati con i neri. ACCOPPIAMENTI Per evitare o perlomeno ridurre al minimo la possibilità che dall’accoppiamento di varietà diverse di Alani possano venire alla luce cuccioli non conformi agli standard di razza gli allevatori hanno allestito un regolamento per la riproduzione di questi animali. Solo i cuccioli nati da varietà compatibili hanno diritto al pedigree. Gli accoppiamenti consentiti sono: fulvo con fulvo, tigrato con tigrato, arlecchino con arlecchino, nero da arlecchino con nero da arlecchino, arlecchino con nero da arlecchino, blu con blu, nero da blu con nero da blu, blu con nero da blu e nero da nero con nero da nero. Inoltre, il nero da nero può anche essere accoppiato con le seguenti varità: blu, nero da blu, arlecchino e nero da arlecchino. I MANTELLI SBAGLIATI I colori di mantello non previsti dallo standard sono: i grigi arlecchinati o merle (gli esemplari con il fondo grigio o blu e macchie nere), i grigio-tigrati (alani con il fondo grigio o blu con tigrature nere), gli albini (animali tutti bianchi o bianchi con pochissime macchie nere). Gli esemplari caratterizzati da queste cromie hanno diritto al pedi- gree, ma sono esclusi dalla riproduzione. LA SALUTE L’Alano è soggetto, come altri cani di grossa mole, alla displasia dell’anca, alle cardiopatie, alle malattie dell’occhio e alla torsione dello stomaco. LE PROPORZIONI Nell’Alano il tronco, specialmente quello dei maschi, si inscrive nel quadrato. La lunghezza del tronco (misurato dalla punta della spalla alla punta dell’ischio) non deve superare nei maschi il 5 p.c. dell’altezza al garrese e nelle femmine il 10 p.c. L’altezza minima richiesta al garrese è di 80 centimetri per i maschi e 72 centimetri per le femmine. Lo standard essenziale Paese d’origine: Germania Altezza (minima) al garrese: 80 centimetri per i maschi e 72 per le femmine Peso (minimo): 50 chilogrammi Pelo: raso Colore: tigrato, fulvo, nero, arlecchino o blu Note: è un cane costoso, che mangia in proporzione alla taglia e che da giovane ha bisogno di cure particolari. 6 animali Mercoledì, 16 novembre 2011 LETTERATURA Le favole sono racconti che insegnano la morale Un leone saggio che va alla guerra L a favola è un componimento letterario breve, narrativo, che fornisce un insegnamento di carattere morale o didascalico. I protagonisti delle favole sono in genere animali antropomorfizzati (più raramente piante, oggetti inanimati o personaggi fantastici) rappresentanti dei vizi e delle virtù degli uomini. Nelle favole gli animali rappresentano dunque gli uomini con i loro vizi e le loro virtù. La natura che fa da sfondo alle varie vicende ricopre un ruolo secondario. All’autore di favole abitualmente non interessa inserire l’animale nel suo habitat, ma piuttosto descriverne i comportamenti per richiamare alla mente del lettore norme di vita che regolano la convivenza umana. Il lupo, ad esempio, rappresenta il cattivo, il malvagio e il male in generale. Il leone è sempre il forte e spesso il prepotente, mentre la pecora è per antonomasia l’innocente e talvolta l’ingenuo che si fida di altri personaggi come la volpe. Questa è forse uno dei personaggi più complessi perché non rappresenta solo il furbo e quindi la furbizia in generale, ma è un personaggio vario e forse il migliore per rappresentare le numerose sfumature di noi uomini. Ad ogni modo ogni favola deve racchiudere una verità morale o un insegnamento di saggezza pratica, spesso espressa esplicitamente in una massima. L’animale delle favole perde talvolta, e sempre più di frequente quanto più ci si avvicina ai tempi moderni, ogni caratterizzazione psicologica peculiare, per diventare semplice pretesto all’introduzione di una conclusione morale: il fine morale è assolutamente predominante. Nelle favole antiche, senza una lettura critica, il messaggio che a volte il lettore potrebbe ricevere è che bisogna adeguarsi alla società in cui si vive, accettando le proprie condizioni di vita. Non sempre esiste una esplicita visione critica di norme comunemente accettate per consuetudine. Le favole sono abitualmente destinate a un pubblico infantile. Il bambino nella prima infanzia è attraversato da forme comportamentali animistiche, per cui l’elemento magico racchiuso nelle favole appare essenziale per lo sviluppo della sua sensibilità. I bambini, come i filosofi, cercano di dare delle soluzioni ai primi ed eterni interrogativi dell’uomo. Attraverso il loro pensiero animistico i bambini si domandano: chi sono? come devo comportarmi di fronte ai problemi e agli avvenimenti della vita? Interrogativi alle quali le favole spesso possono dare una risposta comprensibile e a misura di bambino. La favola, spesso erroneamente assimilata alla fiaba e alla leggenda, infatti, è caratterizzata da uno stile chiaro e da un’atmosfera di svolgimento della vicenda pacata e serena. (kb) Il leone va alla guerra Il leone, re della foresta, decise un bel giorno di fare una guerra e, come fanno tutti i re, diramò un bando fra tutti gli animali suoi sudditi. Gli animali – diceva il bando – vengano da ogni parte della foresta per aiutare il loro re a fare la guerra. Vengano tutti, senza nessuna esclusione, per prendervi parte. Vennero tutti, dai più grandi ai più piccoli. Tutti erano stati invitati perché il leone aveva detto che tutti avrebbero avuto un compito in guerra. Quando tutti gli animali furono riuniti davanti al re e ai suoi ministri, il leone cominciò ad assegnare ad ognuno il proprio compito. Disse all’elefante: “Tu hai molta forza. Combatterai, ma porterai anche l’artiglieria e tutto quello che occorre ai tuoi compagni”. Poi disse alla volpe: “Tu che sei il più furbo degli animali, mi aiuterai ad ingannare il nemico”. “E tu – disse all’orso – che sei forte e agile, sarai utile quando dovremo assalire le fortezze. Scavelcherai le mura e conquisterai in breve tempo le città”. Ad uno a uno il leone chiamò tutti gli animali e trovò per ognuno un compito preciso per la guerra che stava per cominciare. Quando comparvero davanti al re gli asini e le lepri, i ministri e i consiglieri gli dissero: “Questi sono animali inutili alla nostra guerra. Gli asini sono sciocchi e le lepri paurose e timide, che cosa ne facciamo? Mandiamoli via”. Ma il leone rispose ai suoi consiglieri e ministri: “L’asino ha una voce più forte della mia. Sarà un’ottima tromba per chiamare a raccolta i soldati. La lepre è velocissima e porterà i messaggi da un luogo all’altro”. Il leone che era saggio sapeva che nessuno era inutile e disse: “Dovete imparare che tutti sono utili se usati al momento opportuno e sfruttando le loro capacità”. Esopo POESIA Gli animali nella letteratura CNI El Cucal Filéipo di Krsto Babić Una poesia in dialetto è per definizione possibile solo quando esiste una lingua nazionale comune, rispetto alla quale, per ragioni diverse che variano da caso a caso, essa tende a distinguersi. La storia linguistica italiana è assai peculiare sotto questo aspetto. Abbastanza presto si crea una lingua letteraria egemone, fondata sulla preminenza del dialetto tosco-fiorentino, che però solo con il Cinquecento, in epoca classicistica e bembiana, si impone definitivamente. Fino al XVI secolo troviamo documenti letterari che presentano spiccate caratteristiche dialettali, che però non vengono sentite come alternative o addirittura oppositive alla lingua letteraria nazionale. Nel Novecento la lingua italiana tende a diventare progressivamente la lingua anche dell’uso comune, ma non in modo omogeneamente diffuso almeno sino ad anni a noi molto vicini. Nel “Secolo breve” si manifesta pure il fenomeno della dialettofobia, diffusosi soprattutto nel ventennio fascista, ma in qualche misura fenomeno connaturato allo sforzo da parte delle istituzioni del nuovo Stato unitario di unificare di fatto la lingua degli italiani. Di conseguenza la scelta del dialetto diventa nel corso del secondo Novecento sempre più spesso una libera opzione per uno strumento espressivo efficace e pienamente dominato dallo scrivente, anche senza intenti polemici o regressivi, proprio in relazione al fatto che mano a mano che ci si avvicina al presente anche sul piano sociale e culturale i dialetti hanno riconquistato una loro piena dignità espressiva e culturale, non sono più ostracizzati come era accaduto in passato e anzi sono stati in anni recentissimi, nell’ultimo trentennio all’incirca, fortemente rivalutati su tutti i piani. Una rivalutazione della quale probabilmente non hanno EL CUCAL FILÉIPO In sta zurnada da maltenpo A ma suven ca lasù ‘n Siruoco xi ‘óun cucal fra tanti, saruò ‘l martéin da l’anno passà, ca ogni giuorno a ma spieta. Sul sico da Cunvarsari o su quil de la Taronda su la fóusa da Gustéigna o su quila del Purier el xi senpro préima da méi. El xi biel, nito e grando; dóuto ‘l santo giuorno el xi ‘in lavur cun li satuléine contro vento e curantéia par stame rente, par vidame meo. I ga favielo e dóuto ‘l capéisso, a sa vido ch’el patéisso parchì a ga manca la paruola e cui uciti el ma conta, a méi ch’i siè, cossa ca xi la fan. Cu i lu ciamo Filéipo za ‘l sa liva per ciapà ‘l pissito, uciando par divierse méie, ca nu séio óun cuncurente pióun svielto d’ingurgaghe ‘l bucon. Suovi xi i ribunséini, li dunzalite e li maréincule, féin ch’el sul va a li basse, féin ca sassio e cuntento el pol sbulà per li suove. E méi, in quila sira, i turno cun bai pissi e cul racuordo d’óuna bona cunpanéia. Nelle liriche di Zanini, come osserva Antonio Pellizzer nell’antologia Voci Nostre (Edit 1993) è frequente il contatto con la natura, il colloquio sommesso e attento con le cose, con il mare, con i pesci. Lo spunto di questa poesia è dovuto alla “consuetudine” (ma si dovreb- avuto bisogno i dialetti di derivazione veneta e romanza parlati nelle zone d’insediamento storico della Comunità Nazionale Italiana, in particolar modo l’Istria e il Quarnero. Aree nelle quali l’uso e la tutela del dialetto, forse più della lingua standard, hanno testimoniato il senso di appartenenza di un’intera Comunità a una cultura: quella italiana. Ne è un valido esempio la poesia in dialetto rovignese di Eligio Zanini. IL GABBIANO FILIPPO In questa giornata di maltempo mi ricordo che laggiù a Scirocco c’è un gabbiano fra tanti, forse sarà il gabbianino dell’anno scorso, che ogni giorno mi aspetta. Sulla secca di Conversari o su quella della Taronda, sulla fossa di Gustigna o su quella del Porer è sempre prima di me. È bello, pulito e grande; tutto il santo giorno è al lavoro con le zampette contro vento e corrente per starmi vicino, per vedermi meglio. Gli parlo e tutto egli comprende, si vede che soffre perché gli manca la parola e con gli occhietti racconta, proprio a me che lo so, che cos’è la fame. Quando lo chiamo, Filippo già si alza in volo per prendere il pesciolino, scrutando se nel raggi di diverse miglia, non ci sia un concorrente più agile di lui ad inghiottirgli il boccone. Suoi sono i fragolini pallidi, le donzelle e le marincole, fino a che il sole va al basso fino a che sazio e contento può volare per le sue. E io, quella sera, ritorno con bei pesci e con il ricordo di una buona compagnia. be dire alla fame), che hanno i gabbiani di accostarsi il più possibile alle barche dei pescatori. Si avvicinano a qualche metro di distanza, nuotando contro corrente, attenti a spiccare il volo per tuffarsi sul pesciolino che di tanto in tanto i pescatori cedono loro. E si stabilisce così tra il pescatore e l’uccello un dialogo immaginato, ma quasi sempre ad alta voce (da parte del pescatore, si capisce). E va a finire che si diventa amici e che magari il pescatore decide di dare un nome al proprio gabbiano. Filippo, nel nostro caso, o meglio Filéipo. animali 7 Mercoledì, 16 novembre 2011 ITINERARI Viaggio nel maggiore giardino zoologico degli Stati Uniti d’America Bronx Zoo, tanto divertimento L di Nevio Tich o Zoo del Bronx, il più grande degli Stati Uniti, si trova nel quartiere del Bronx e più precisamente nel Parco del Bronx. Questo giardino zoologico, uno dei quattro dell’area metropolitana di New York, è stato inaugurato l’8 novembre 1899 e all’epoca conteneva (mai come in questo caso il passato è d’obbligo) 843 animali in 22 aree protette. La missione dichiarata dell’ente è quella di studiare la zoologia, proteggere gli animali (un po’ un controsenso per uno zoo che invece li tiene in cattività) e soprattutto educare il pubblico diffondendo l’amore per la natura. Oggi lo zoo si estende per più di 107 ettari all’interno del Bronx Park e ospita oltre 4.000 esemplari di 650 specie differenti, molte delle quali in via d’estinzione. Gli animali possono essere ammirati nelle apposite aree, nelle quali viene ricreato un habitat il più vicino possibile a quello naturale. TANTE ZONE TEMATICHE Sono previsti vari percorsi di visita ed esibizioni, sia all’aperto che all’interno di strutture coperte: dalla “Baboon Reserve”, che ricrea l’ambiente etiope, alla “Congo Gorilla Forest”, una foresta pluviale che ospita la ventina di gorilla che vive nello zoo. Con i suoi 2.7 ettari è oggi la più grande foresta artificiale del mondo. I ricavati del biglietto d’ingresso sono utilizzati per salvare i gorilla dall’estinzione. Tra gli spazi al chiuso spiccano il “Jungle World”, con circa 800 animali, e il “Butterfly Garden”, il giardino delle farfalle. Possiamo, inoltre, trovare il mondo dei rettili, quello degli uccelli, il mondo dell’oscurità con pipistrelli e altri animali notturni, e tanto altro. BREVE PASSEGGIATA Entrando dalla Fordham Road Gate, una delle quattro entrate allo zoo, la prima area in cui vi imbatterete sarà quella dei bisonti americani o più semplicemente buffali. Il loro habitat tipico è la grande prateria nordamericana, qui perfettamente ricreata. Ne abbiamo visti una decina godersi la vista dei palazzoni popolari del Bronx. L’area adiacente è invece esclusiva dei cervi canadesi, da queste parti chiamati wapiti. Ad ogni bivio dello zoo c’è la possibilità di scegliere in quale direzione andare, a seconda dei musi degli animali esposti sui cartelli a forma di freccia. Inutile dire che la tigre è stata quella che ha catturato immediatamente la nostra attenzione. È stato ricostruito una specie di campo di caccia dove i bambini possono scoprire la vita del cacciatore nella giungla. Alla fine del breve percorso ci si poteva avvicinare alle grandi vetrate, a caccia (metaforicamente parlando) dell’animale. In India la tigre è il simbolo del potere divino e vederla qui, in uno spazio limitato e poco… ruggente, fa indubbiamente uno strano effetto. Dalla foresta al Polo, ecco uno dei miti di grandi e piccini: l’orso polare. Una caratteristica interessante della sua pelliccia è che, fotografata con luce ultravioletta, compare nera, a significare che la pelliccia dell’orso assorbe la luce e quindi il calore pur essendo bianca. Uno dei quattro ingressi dello Zoo del Bronx Gli orsi polari sono isolati termicamente dal freddo molto bene, ma il loro corpo si surriscalda a temperature sopra i 10 °C. Considerato che al momento della nostra visita era il mese di giugno, inutile illustrare le sofferenze dell’animale. Lo spazio riservatogli è una pozza di acqua, un pezzo di plastica a forma iceberg e un gigantesco fossato che divide il pubblico e l’animale. Eccoci all’area del leopardo delle nevi. Forse non tutti sanno che questo animale emette un suono molto simile a quello del nostro gatto, solo molto più forte. Dopo una decina di minuti che ci stava fissando intensamente si è allontanato dalle vetrate con un passo… poco felino. Arriviamo pian piano al “Congo Gorilla Forest”. Dopo aver incontrato i pavoni, che passeggiano liberamente tra i visitatori (niente paura, non sono animali aggressivi), ecco la gabbia dei gorilla. Lo spazio all’aria aperta riservata a questi animali è molto dignitoso, alla pari di quello riservati alla giraffe, ai leoni o alle zebre. Tutti hanno un’ampio spazio dove poter “passare le loro giornate”. Tornando ai gorilla, davanti le gabbie troverete le schede di Zuri (unico maschio), Julia, Holli, Tuti e Sufi. Scoprirete così, per esempio, che il papà di Julia è un vip allo zoo di Los Angeles! Lasciamo i mammiferi per i fenicotteri rosa: in estate ce ne sono e anche in grande quantità. Siccome non sono vincolati da reti, nella stagione invernale migrano verso i paesi caldi per poi tornare qui. Oseremo dire: niente di più naturale. Il cartello successivo indicava: “farfalle e insetti”. Più che vederli, possibilmente da quanto più vicino, si nota la loro presenza grazie ad un’inquietante musichetta allegra che si diffonde nell’aria. Altro bivio e altra sorpresa: l’area picnic, una delle tante dello zoo, si trova accanto alla gabbia dell’orso bruno. Quest’ultimo, da poco uscito del letargo, non è certo affamato, ma un po’ di acquolina in bocca gli viene certamente nel vedere la gente mangiare. L’ultima area visitata è lo “Skyfari East”. Tra meraviglia e spavento ci avventuriamo all’interno di questa specie di villaggio. Siamo riusciti a intravedere i cammelli del Camel Rides, chiusi in un recinto e ammassati tutti insieme. Di fronte, nel “Jungle World”, ci sono poi anche diversi esemplari di gibboni e canguri. Da questo punto in poi non abbiamo più visto nessun animale, se non qualche scoiattolo (ce ne sono comunque di più a Central Park) e gli immancabili pavoni scappati dalla loro recinzione. QUALCHE CONSIGLIO Il giardino zoologico del Bronx vale la pena visitarlo solo se avete gran parte della giornata da dedicargli. Non solo vi occorrerà un po’ di tempo per raggiungerlo, ma lo zoo è davvero esteso e le attrazioni sono numerose. Veniteci, pertanto, subito al mattino (gli animali sono più attivi) dato che terminerete la visita non prima di metà pomeriggio. Ricordate che lo zoo chiude relativamente presto ed è di conseguenza totalmente inutile programmare la visita solo il pomeriggio, specialmente nelle giornate autunnali e invernali. Il Bronx Zoo dà il meglio di sé in una bella giornata estiva, quando gli alberi sono verdi, fa caldo e gli animali stanno all’aperto e sono ben avvistabili. Considerate, inoltre, che d’inverno diverse attrazioni sono chiuse, con gli animali ben rintanati al coperto. Un esempio è l’“African Plains”: se volete vedere giraffe, licaoni, zebre e leoni dovete venire da aprile a fine ottobre. Nei mesi invernali dovrete accontentarvi di vedere le giraffe all’interno del “Carter Giraffe Building”. Aperta tutto l’anno, umida e riscaldata, è invece la “Jungle World”: l’ambiente è quello di una foresta tropicale asiatica, dove si possono osservare tra gli altri gibboni e canguri. Aperte tutto l’anno sono tre attrazioni davvero speciali: il “Congo Gorilla Forest”, dove ammirare un nutrito gruppo di gorilla di pianura (richiede un fee extra), l’“Himalayan Highlands”, con il raro leopardo delle nevi, e il “Tiger Mountain”, con le tigri siberiane. 8 animali CURIOSITÀ Le guide al nettare Un’ape vola in un prato. Si dirige verso un fiore. Il nettare che cerca non si vede, eppure l’insetto penetra con sicurezza fin nell’interno della corolla dove la sostanza zuccherina è nascosta e succhia avidamente. Come fa a sapere che si trova là dentro? Fotografando il fiore con speciali pellicole sensibili all’ultravioletto, ecco che si svela l’arcano. La foto mette in evidenza speciali linee colorate, invisibili in natura al nostro occhio, che i botanici chiamano “guide al nettare”. Sono veri e propri indicatori stradali: segnalano il percorso da seguire per raggiungere il dolcissimo cibo. L’ape li vede perché per lei l’ultravioletto è un “colore visibile”. (ra) Mercoledì, 16 novembre 2011 AGENDA Associazioni “Snoopy” – Pola Gsm: 098/9230-461 Web: www.snoopy.hr “Ruka šapi” – Pola GSM: 091/3914-561 e 092/2535-999 Web: www.ruka-sapi.hr Canile di Pola Tel: 052/541-100 Gsm: 098/855-066 Società per la protezione degli animali di Fiume Gsm: 098/649-939, 098/814-775 e 095/536-4548 Web: www.azil.org “Lunjo i Maza” – Laurana Gsm: 091/763-8892 Web: www.lunjoimaza.org Associazione per la tutela dei gatti “Mijau” Gsm: 091/543-5819, 091/8875-688 e 091/7386-268 E-mail: [email protected] Associazione amici degli animali “Capica” – Fiume Gsm: 098/264-892 e 092/285-9622 Web: www.capica.hr Traži se prijatelj – Fiume Web: www.traziseprijatelj.com.hr Gsm: 091/594-5694 Rifugio per animali Lič Gsm: 098/187-36-88 Web: www.skloniste-lic.com Gruppi cinofili CURIOSITÀ Denti di latte A differenza dei bambini che incominciano a mettere i denti di latte parecchi mesi dopo la nascita, i pipistrelli li mettono addirittura prima della nascita, quando si trovano ancora nell’utero materno. Così i neonati appena venuti al mondo hanno subito la possibilità di agganciare saldamente il capezzolo materno per succhiare il latte. I dentini di latte però hanno vita breve. Cadono ancora prima che avvenga lo svezzamento, sostituiti dalla dentatura definitiva. (ra) Società cinofila “OPATIJA” Casella postale 12, 51410 Abbazia Tel: 051/250-555 Società cinofila “RIJEKA” Via dei combattenti di Valscurigne 2a, 51000 Fiume Tel: 051/216-030 Gsm: 091/563-4460 E-mail: [email protected] Club di cinofilia sportiva “RIJEKA” Via Kumičić 38, 51000 Fiume Tel: 051/421-457 Gsm: 091/120-8975 E-mail: [email protected] Associazione cinofila “BUZET” Piazza Fontana 7, 52420 Pinguente Tel: 052/773-654 Gsm: 098/207-689 E-mail: [email protected] Associazione cinofila “LABIN” Vines, Casa di cultura s.n., 52220 Albona Gsm: 098/610-801 E-mail: [email protected] Società cinofila “POREČ” Via Mauro Gioseffi s.n., 52440 Parenzo Tel: 052/431-530 Società cinofila “PULA” Via Marulić 4/I, 52100 Pola Tel: 052/535-041 Società cinofila “ROVINJ” Via della 43.esima divisione istriana 34, 52210 Rovigno Tel: 052/829-041 Gsm: 091/568-2781 E-mail: [email protected] Club “ISTARSKI GONIČ” Via Albona s.n., 52470 Umago Tel: 052/756-006, 052/742-101 e 052/742-019 Società cinofila “PAZIN” 52000 Pisino Tel: 052/624-361 Gsm: 091/624-7210 Società cinofila “ISTARSKI GONIČ” Via dell’Istria 36, 52460 Buie Tel: 052/742-884 Gsm: 091/252-8165 Il girasole Porpetto (Udine) tel/fax: +39 0431 60375 Società venatorie Federazione italiana della caccia Via Salaria 298/A, 00199 Roma Tel: +39/06/8440941 Fax: +39/06/844094217 Web: www.federcaccia.org Federazione croata della caccia Via Vladimir Nazor 63, 10000 Zagreb Tel: 01/48-34-560, 01/48-34-559 Fax: 01/48-34-557 Web: www.hls.com.hr Federazione slovena della caccia Via Župančič 9, 1000 Lubiana Tel: +386/01/24-10-910 Fax:+386/01/24-10-926 Web: www.lovska-zveza.si Associazione venatoria di Capodistria Via del distaccamento istriano 2, 6000 Capodistria Tel: +386/041/427-321 E-mail: [email protected] Associazione venatoria di Isola Baredi 20, 6310 Isola Tel: +386/041/327-650 E-mail: lovska.druzina.izola @siol.net “Platak” – Fiume Via Frane Rački, 51000 Fiume Gsm: 091/537-0818 “Lane” – Abbazia Via M.Lahinja 14, 51410 Abbazia Tel: 051/271-515 Fax: 051/718-913 Gsm: 091/272-6921 “Kobac 1960” – Laurana Via Maresciallo Tito 84, 51415 Laurana Tel: 051/292-461, Gsm: 091/912-2143 “Perun” – Draga di Moschiena Mošćenice 21, 51417 Draga di Moschiena Tel: 051/737-441 Fax: 051/739-030 Gsm: 091/794-2590 “Kamenjarka” – Lussinpiccolo Casella postale 96, 51550 Lussinpiccolo Gsm: 098/240-864 “Orebica” – Cherso Via 20 travanj 3, 51557 Cherso Gsm: 098/864-894 “Lisjak” – Castua Šporova jama 2, 51215 Castua Tel: 051/543-238 Gsm. 091/790-7148 INIZIATIVE CURIOSITÀ Genitori premurosi Anatre, oche e cigni una volta all’anno cambiano le ali remiganti, e in quel periodo sono incapaci di volare. Nei cigni, durante lo sviluppo dei piccoli, che avviene molto lentamente, i genitori mutano il piumaggio non tutt’e due assieme, ma l’uno dopo l’altro, in modo che almeno uno di loro sia in grado di guidare e di difendere i figli. Nella tarda estate, tanto il padre quanto i piccoli sono in grado di volare perfettamente. E per l’intera famiglia è giunto allora il momento di intraprendere la migrazione autunnale. (ra) Un videogioco contro gli abbandoni Adottare un animale è un gesto nobile, ma soprattutto una decisione importante, che deve essere meditata attentamente e non derivare dallo slancio emotivo del momento, poiché ogni animale ha le sue esigenze e le sue necessità. Una delle maggiori piaghe della società sono gli abbandoni degli animali. Un fenomeno che si intensifica alla vigilia dei periodi di vacanze. Nel tentativo di arginare questa disgrazia la Lega nazionale per la difesa del cane ha pensato di ricorrere ai videogiochi. Un’iniziativa varata con la collaborazione della Nintendo. Il risultato del progetto consiste in un videogame che permette di allenarsi in modo virtuale nello gestire tutto ciò che è connesso con il prendersi cura di un animale domestico. In questo modo, nel momento in cui ci si trova a voler adottare un animale si è più consapevoli. Da tutto ciò dovrebbe scaturire una riduzione dell’abbandono degli anima- li. La simulazione è disponibile per Nintendo 3DS e può essere noleggiata rivolgendosi ai canili convenzionati dalla Lega nazionale per la difesa del cane. L’elenco dettagliato dei canili selezionati è consultabile sul sito www.legadelcane.org. Anno IV/ n. 44 del 16 novembre 2011 “LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat edizione: ANIMALI / e-mail: [email protected] Redattore esecutivo: Krsto Babić / Impaginazione: Denis Host-Silvani Collaboratori: Giorgio Adria, Monica Kajin Benussi, Renata Akkad, Claudia Lanciotti, Nevio Tich Foto: Zlatko Majnarić, Graziella Tatalović e d’archivio