1
PARTE PRIMA
PRINCIPI GENERALI
2
PRINCIPI GENERALI
LO STRANIERO NEL DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO
3
CAPITOLO PRIMO
Il trattamento dello straniero nel diritto
internazionale e comunitario
di Andrea Starace
SOMMARIO: 1.1. Fonti del diritto internazionale e comunitario. – 1.2. Il trattamento
dello straniero nel diritto internazionale. – 1.3. Il trattamento dello straniero nel
diritto dell’Unione europea. – 1.4. Incidenza del diritto internazionale nell’ordinamento italiano. – 1.5. Incidenza del diritto dell’Unione europea nell’ordinamento
italiano.
1.1. Fonti del diritto internazionale e comunitario
Legislazione Carta ONU 1, 2 – Statuto CIG 38 – TUE 1, 2, 3, 6, 7 – TFUE 216, 288.
Bibliografia Giuliano-Scovazzi-Treves 1991 – Carbone-Luzzatto-Santa Maria 2006 – Cassese 2006 – Conforti 2006.
L’operatore del diritto nel momento in cui deve confrontarsi con qualsivoglia problematica giuridica è sempre più spesso obbligato a rapportare la norma interna con le norme internazionali.
La disciplina applicabile alle singole fattispecie concrete è, infatti, ormai individuata da un complesso di norme ben più ampio di quelle tradizionalmente emanate dagli organi legislativi di ciascuno Stato.
Il diritto internazionale, dunque, ha visto progressivamente accrescere
la propria portata e la propria incidenza sugli ordinamenti nazionali, occupandosi di settori sempre più ampi.
Del resto, i singoli ordinamenti statali, ivi compreso l’ordinamento italiano, impongono anche a livello costituzionale, l’osservanza del diritto
internazionale.
Per diritto internazionale deve intendersi quel complesso di norme,
che si forma al di sopra dello Stato, che trae origine dalla cooperazione
con gli altri Stati e che lo stesso Stato con proprie norme s’impegna a rispettare.
Nell’ambito di tale diritto è necessario distinguere tra norme di diritto
internazionale generale, cioè che si rivolgono a tutti gli Stati, e norme di
2.
4
PRINCIPI GENERALI
diritto internazionale particolare, che si rivolgono solo ad un numero ristretto di essi.
Le norme di diritto internazionale generale sono le norme aventi natura consuetudinaria; la consuetudine internazionale, considerata fonte primaria o di primo grado, è costituita da un comportamento costante ed uniforme tenuto dagli Stati, caratterizzato dal convincimento degli stessi che
detto comportamento sia obbligatorio.
Le norme consuetudinarie, pur costituendo il vertice della gerarchia
delle fonti, non sono inderogabili dalle fonti di grado inferiore; più precisamente la consuetudine è derogabile mediante accordo.
È necessario precisare, però, che esistono un gruppo di norme di diritto
internazionale generale, detto jus cogens, che sono imperative e, dunque,
non derogabili, quali ad es. il divieto di uso della forza
«I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile
con i fini delle Nazioni Unite».
«All Members shall refrain in their international relations from the threat
or use of force against the territorial integrity or political independence of any
state, or any other manner inconsistent with the Purposes of the United Nations».
(art. 2, par. 4 Carta N.U.).
ed il rispetto della dignità umana
«I fini delle Nazioni Unite sono: ... omissis ... 3. Conseguire la cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali di carattere
economico, sociale, culturale od umanitario, e nel promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza
distinzione di razza, di sesso, di lingua o di religione».
«The Purposes of the United Nations are: … 3. To achieve international
co-operation in solving international problems of an economic, social, cultural, or humanitarian character, and in promoting and encouraging respect
for human rights and for fundamental freedoms for all without distinction as
to race, sex, language, or religion».
(art. 1, par. 3, Carta N.U.).
Si discute, poi, se possano considerarsi norme di diritto internazionale
generale, i principi di diritto riconosciuti dalle nazioni civili, previsti dall’art. 38 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia (organo delle
Nazioni Unite), che vengono utilizzati quale strumento per colmare le lacune dell’ordinamento internazionale in assenza di norme consuetudinarie o pattizie applicabili al caso concreto.
LO STRANIERO NEL DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO
5
«La Corte cui è affidata la missione di regolare conformemente al diritto
internazionale le divergenze che le sono sottoposte, applica: a. le convenzioni
internazionali, generali o speciali, che istituiscono delle regole espressamente
riconosciute dagli Stati in lite; b. la consuetudine internazionale che attesta
una pratica generale accettata come diritto; c. i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili; ... omissis ...».
«The Court, whose function is to decide in accordance with international
law such disputes as are submitted to it, shall apply: a. international conventions, wheter general or particular, estabilishing rules expressly recognized by
the contesting states; b. international custom, as evidence of a general practice accepted as law; c. the general principles of law recognized by civilized
nations; ... omissis ...».
(art. 38, Statuto CIG).
La riconducibilità di tali principi nella sfera del diritto consuetudinario
consentirebbe un notevole ampliamento delle norme consuetudinarie in
materia di rapporti tra Stati ed individui e, soprattutto, del potere del giudice interno di applicare tali principi anche in difetto di una loro esistenza
nell’ordinamento statale.
Premesso che non esistono norme di diritto internazionale generale
scritte, meritano in questa sede un cenno le dichiarazioni di principi dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (es. Dichiarazione universale
dei diritti dell’Uomo); tali dichiarazioni non sono vincolanti e non costituiscono un’autonoma fonte di norme internazionali generali, ma svolgono un ruolo particolarmente rilevante ai fini dello sviluppo del diritto internazionale generale, contribuendo alla formazione di consuetudini ed alla
conclusione di accordi.
Le tipiche norme di diritto internazionale particolare sono gli accordi
(detti anche trattati, convenzioni o patti), che vincolano solo gli Stati contraenti. I trattati sono considerati fonte di secondo grado, in quanto subordinati alla consuetudine. Le norme pattizie sono assai numerose e costituiscono la parte più rilevante del diritto internazionale, rappresentando lo
strumento maggiormente utilizzato per la disciplina di molteplici materie.
Al di sotto dei trattati si trova, poi, un’altra fonte del diritto internazionale, c.d. di terzo grado: i procedimenti previsti da accordi; tali procedimenti rientrano nell’ambito del diritto internazionale particolare e si
fondano sui medesimi accordi internazionali che li prevedono e li regolamentano, vincolando tutti gli Stati che siano parte del relativo trattato.
Sono fonti di terzo grado la maggior parte degli atti emanati nell’ambito di
organizzazioni internazionali, quali ad esempio l’ONU, il Consiglio d’Europa, l’Unione europea. In linea generale, l’atto tipico delle organizzazioni internazionali è la raccomandazione, che ha carattere meramente esortativo; in diversi casi, però, gli atti emanati dalle organizzazioni assumo-
6
PRINCIPI GENERALI
no carattere vincolante (ad es. un regolamento emanato dal Consiglio dell’Unione europea).
Per la notevole incidenza all’interno dell’ordinamento italiano e per le
sue peculiarità tra le organizzazioni internazionali, merita uno specifico
cenno l’Unione Europa, così come modificata a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
Il suddetto Trattato ha sostanzialmente modificato il Trattato istitutivo
della Comunità europea, denominato Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (in prosieguo TFUE), ed il Trattato sull’Unione europea (in
seguito TUE).
Vengono introdotti cambiamenti anche terminologici, prevedendo, ad
esempio, la soppressione del termine “Comunità europea” e dell’aggettivo “comunitario” per indicare tutto ciò che era connesso alla Comunità
europea.
«Con il presente trattato, le ALTE PARTI CONTRAENTI istituiscono tra
loro un’UNIONE europea, in appresso denominata “Unione”, alla quale gli
Stati membri attribuiscono competenze per conseguire i loro obiettivi comuni.
Il presente trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di
un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano
prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini.
L’Unione si fonda sul presente trattato e sul trattato sul funzionamento
dell’Unione europea (in appresso denominati “i trattati”). I due trattati hanno
lo stesso valore giuridico. L’Unione sostituisce e succede alla Comunità europea».
(art. 1 TUE).
La natura giuridica dell’Unione europea è sempre quella di un’organizzazione internazionale; attraverso i Trattati, gli Stati hanno assunto l’obbligo reciproco di consentire, nelle materie appositamente determinate, a
farsi sostituire dalle Istituzioni dell’organizzazione nell’esercizio delle proprie competenze.
Gli Stati membri hanno espressamente riconosciuto ed affermato alcuni valori fondanti comuni, quali il rispetto della dignità umana, della
libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze (art. 2 TUE), prevedendo apposite procedure e sanzioni in caso
di loro violazione:
«1. ... omissis ..., il Consiglio, deliberando alla maggioranza dei quattro
quinti dei suoi membri previa approvazione del Parlamento europeo, può
constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di uno
Stato membro dei valori di cui all’articolo 2 … omissis ...
LO STRANIERO NEL DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO
7
2. Il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità su proposta di un terzo
degli Stati membri o della Commissione europea e previa approvazione del
Parlamento europeo, può constatare l’esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2 ... omissis ...
3. Qualora sia stata effettuata la constatazione di cui al paragrafo 2, il
Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può decidere di sospendere
alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall’applicazione
dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale
Stato membro in seno al Consiglio ... Lo Stato membro in questione continua
in ogni caso ad essere vincolato dagli obblighi che gli derivano dai trattati.».
(art. 7 TUE).
In ossequio ai summenzionati valori fondanti, l’Unione europea si pone degli obiettivi da perseguire, da intendersi obiettivi comuni degli Stati
membri (art. 3 TUE), quali promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli, offrire ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza
e giustizia senza frontiere interne, instaurare un mercato interno, combattere l’esclusione sociale e le discriminazioni, promuovere la giustizia e la
protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore, promuovere la coesione economica,
sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri, rispettare la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica, vigilare sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo, istituire un’unione
economica e monetaria la cui moneta è l’euro, affermare e promuovere,
nelle relazioni con il resto del mondo, i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini, alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all’eliminazione della povertà e alla
tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa
osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite.
L’Unione persegue detti obiettivi «con i mezzi appropriati, in ragione
delle competenze che le sono attribuite nei trattati» (art. 3, par. 6, TUE).
L’Unione europea è fondata su atti conclusi in forma di atti internazionali e rappresenta il risultato di una cooperazione internazionale tra
Stati che mantengono la propria autonomia ed indipendenza e di cui vengono espressamente riconosciute le singole identità nazionali.
Proprio in ragione della sua natura, trattasi di un ordinamento non originario, essendo derivato rispetto all’ordinamento internazionale; pertanto, l’Unione europea è sottoposta a tutte le norme di diritto internazionale
generale ad essa applicabili.
8
PRINCIPI GENERALI
Le competenze dell’Unione
«devono essere esercitate nel rispetto del diritto internazionale ed un atto adottato in forza di tali competenze va interpretato, e la sua sfera di applicazione circoscritta, alla luce delle norme pertinenti del diritto internazionale».
(Corte Giust. 3.9.2008, caso Kadi, GUCE 8.11.2008, C-285, p. 2).
Peraltro, l’Unione europea è, a tutti gli effetti, un soggetto di diritto internazionale, capace di essere titolare di diritti ed obblighi nei confronti
degli altri soggetti secondo le norme del diritto internazionale e, dunque,
anche di concludere accordi anche con Stati terzi.
Conseguentemente, l’Unione europea se viola una norma di diritto internazionale nell’ambito della sua azione esterna compie un illecito internazionale, che autorizza gli Stati terzi ad utilizzare i normali strumenti previsti dall’ordinamento internazionale; se, invece, la violazione si realizza
con l’emanazione di atti interni, tali atti sono viziati di illegittimità.
L’Unione europea è certamente caratterizzata dal più alto livello di integrazione tra i suoi membri rispetto a tutte le altre organizzazioni internazionali e, come ogni ordinamento giuridico, ha un proprio sistema di fonti.
Si distinguono le fonti primarie (i Trattati, che hanno il medesimo valore giuridico) da quelle secondarie (c.d. diritto derivato, atti emanati dalle istituzioni dell’UE in conformità alle norme dei Trattati).
Esistono, poi, in una posizione intermedia i principi generali di diritto
elaborati dalla Corte di giustizia e gli accordi internazionali adottati dall’UE.
I Trattati, ivi compresi i relativi Protocolli ed Allegati, quelli modificativi e quelli relativi all’ammissione di nuovi membri, costituiscono la fonte
primaria dell’ordinamento dell’Unione europea; le norme in essi contenute
non possono essere modificate da nessuna delle altre fonti del diritto dell’UE, le quali assumono un carattere secondario rispetto a queste.
I Trattati contengono, oltre a norme specifiche, l’enunciazione di alcuni principi generali di diritto che devono informare tutte le singole disposizioni dei Trattati o singoli gruppi delle stesse.
A tali principi generali si devono ovviamente conformare sia l’UE nella produzione del diritto derivato, che gli Stati membri nel dare attuazione
al diritto dell’UE.
Tra questi principi, meritano di essere menzionati i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (in seguito
CEDU).
«I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tra-
LO STRANIERO NEL DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO
9
dizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali».
(art. 6, n. 3, TUE).
L’UE, peraltro, non si limita a riconoscere i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU, ma prevede l’adesione alla menzionata Convenzione.
«L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali».
(art. 6, n. 2, TUE).
Inoltre, l’UE si è dotata di un suo proprio catalogo di diritti fondamentali, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, adottata a Nizza il 7.12.2000 da Parlamento Europeo, Consiglio e Commissione.
«L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12
dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati».
(art. 6, n. 2, TUE).
Oltre ai principi generali che costituiscono parte integrante dei Trattati, ve ne sono altri elaborati dalla Corte di Giustizia, nell’esercizio della
sua competenza interpretativa e di legittimità.
Fanno parte del diritto internazionale, ancora, gli accordi stipulati dall’UE.
«Gli accordi conclusi dall’Unione vincolano le istituzioni dell’Unione e
gli Stati membri».
(art. 216, n. 2, TFUE).
Tali accordi si collocano in posizione subordinata rispetto alle norme
dei Trattati, le quali prevarranno sugli impegni internazionali contrastanti.
Le fonti secondarie, come già chiarito, costituiscono essenzialmente il
c.d. diritto derivato dell’UE e sono rappresentate dagli atti delle sue istituzioni.
L’art. 288 TFUE menziona espressamente che l’UE, nell’esercizio delle
sue competenze, emana regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri, che costituiscono i c.d. atti tipici.
«Per esercitare le competenze dell’Unione, le istituzioni adottano regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri.
Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
10
PRINCIPI GENERALI
La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il
risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali
in merito alla forma e ai mezzi.
La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari
è obbligatoria soltanto nei confronti di questi.
Le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti».
(art. 288 TFUE).
Dunque, sono atti vincolanti solo regolamenti, direttive e decisioni.
Per completezza, appare opportuno segnalare che in passato, in ragione delle diverse modalità di cooperazione, si era soliti paragonare l’Unione europea ad un tempio greco con un frontone (disposizioni comuni del
TUE) e tre pilastri (il I era rappresentato dalla cooperazione comunitaria,
il II ed il III dalla cooperazione intergovernativa rispettivamente nei settori della Politica Estera e Sicurezza Comune e della Giustizia Affari Interni).
Pertanto, esistevano anche una serie di atti che avevano denominazioni e caratteristiche diverse dagli atti sopra specificati.
Già con il Trattato di Amsterdam (1997), si era verificato un progressivo trasferimento di materie dal terzo pilastro nel primo, mediante la c.d.
“comunitarizzazione” del settore relativo a controllo alle frontiere, diritto
di asilo, immigrazione e cooperazione giudiziaria in materia civile.
Peraltro, la precedente versione dell’art. 34, par. 2, TUE prevedeva che
il Consiglio, al fine di realizzare un’effettiva cooperazione di polizia e
giudiziaria in materia penale, potesse adottare posizioni comuni, decisioni-quadro e decisioni, nonché stipulare convenzioni.
«il Consiglio può:
a) adottare posizioni comuni che definiscono l’orientamento dell’Unione
in merito ad una questione specifica;
b) adottare decisioni-quadro per il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Le decisioni-quadro sono vincolanti per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, salva restando la
competenza delle autorità nazionali in merito alla forma ed ai mezzi. Esse
non hanno efficacia diretta;
c) adottare decisioni aventi qualsiasi altro scopo coerente con gli obiettivi
del presente Titolo (Tito VI – Disposizioni sulla cooperazione di polizia e
giudiziaria in materia penale), escluso qualsiasi ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Queste decisioni sono
vincolanti e non hanno efficacia diretta. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, adotta le misure necessarie per l’attuazione di tali decisioni
a livello dell’Unione;
d) stabilire convenzioni di cui raccomanda l’adozione agli Stati membri
secondo le rispettive norme costituzionali …».
(Vecchio art. 34, 2° co., TUE).
LO STRANIERO NEL DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO
11
Proprio le decisioni-quadro – vincolanti, ma prive di efficacia diretta –
avevano notevolmente impegnato la giurisprudenza, sia interna che comunitaria, ai fini della corretta individuazione della loro incidenza all’interno degli ordinamenti dei singoli Stati membri.
Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, però, la distinzione tra
primo e terzo pilastro è stata definitivamente eliminata.
Oggi anche la cooperazione giudiziaria in materia penale e la cooperazione di polizia sono state ricondotte nell’ambito del Titolo V del TFUE,
rubricato “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”, con conseguente emanazione di una comune tipologia di atti da parte delle istituzioni (regolamenti, direttive e decisioni), nonché di un più pregnante controllo da parte della Corte di Giustizia.
È bene rimarcare, infine, che nell’ambito delle organizzazioni o di specifici trattati operano spesso dei Tribunali internazionali (quali ad es. la
Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, la Corte di Giustizia dell’Unione europea, ovvero la Corte europea dei diritti dell’uomo)
che forniscono, nei rispettivi ambiti, un notevole contributo all’individuazione, all’interpretazione ed all’applicazione del diritto internazionale.
Per completezza, si segnala che la funzione giurisdizionale nell’ambito
dell’ordinamento internazionale – diversamente da quanto avviene negli
ordinamenti interni – ha sempre natura arbitrale, cioè si fonda sulla volontà e, quindi, sull’accordo degli Stati parte della controversia; senza una
originaria manifestazione di volontà in tal senso uno Stato non può essere
sottoposto a giudizio.
1.2. Il trattamento dello straniero nel diritto internazionale
Legislazione c.p. 6, 7, 8, 10; DUDU 13 – Patto dir. civ. e pol. 1966 12, 13, 14, 17 – CEDU
5, 6.
Bibliografia Giuliano-Scovazzi-Treves 1991 – Saccucci 2002 – Cassese 2006 – Conforti
2006 – Quadri 2006 – Zanghì 2006.
Ogni Stato ha il diritto di esercitare in modo esclusivo il potere di governo sulla sua comunità territoriale, cioè sugli individui e sui beni che si
trovano nell’ambito del suo territorio, con il conseguente obbligo di non
esercitare tale potere sul territorio di un altro Stato.
Tale potere, definito sovranità territoriale, incontra dei limiti.
Uno di questi limiti è rappresentato dal trattamento degli stranieri;
cioè lo Stato è comunque obbligato a garantire un determinato trattamento agli stranieri ed ai loro beni, che si trovano sul suo territorio.
A tal proposito, esistono due principi di carattere consuetudinario.