TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01
CAP.18 -FENOMENI DI CORROSIONE
CAPITOLO
18
18 FENOMENI DI CORROSIONE
nel tempo. Il comportamento dei materiali polimerici sarà
discusso in alcuni capitoli successivi.
Sinossi
a durabilità e l’affidabilità nel tempo delle
strutture dipendono, oltre che dalle proprietà
intrinseche dei materiali di cui sono costituite, anche
da molti fattori esterni tra i quali l’entità, il tipo, la
durata delle sollecitazioni, l’ambiente operativo, la
presenza di diversi materiali a contatto o a protezione.
L
In questo capitolo vengono discussi i principali
meccanismi di ossidazione e corrosione che possono
avvenire, con riferimento soprattutto ai materiali metallici
di interesse aerospaziale; vengono inoltre presentate
diverse misure adottate per la protezione da tali effetti.
Quasi tutti i materiali subiscono nel tempo fenomeni di
deterioramento che sono il risultato di meccanismi
degradativi anche molto diversi, sia nell’origine che
nell’evoluzione, nelle diverse tipologie di materiali.
18.1 L’attacco chimico
L
a corrosione chimica interviene quando si ha
dissoluzione diretta del materiale o di alcuni suoi
componenti per effetto del contatto con una sostanza
corrosiva, generalmente liquida. Il contatto con sostanze
acide e alcaline, o con metalli e sali fusi, risultano
particolarmente aggressivi determinando la dissoluzione
dei metalli solidi o dei ceramici; spesso l’effetto di
dissoluzione è accelerato dalla presenza di flussi
convettivi ed è accompagnato o conseguente a fenomeni
di ossidazione e/o corrosione di tipo elettrochimico.
Nell’ambito dei materiali metallici, i fenomeni
degradativi
di
maggiore
preoccupazione,
particolarmente in ambiente atmosferico, consistono
nell’ossidazione e nella corrosione per effetto delle
condizioni ambientali esterne o per effetto del contatto
di materiali dissimili. Nell’ambito dei materiali
ceramici i fenomeni ossidativi e corrosivi sono
generalmente più limitati e avvengono con cinetiche
lente. I ceramici vengono spesso impiegati proprio
grazie alla loro particolare resistenza ad ambienti
aggressivi. Nell’ambito dei materiali polimerici, oltre a
fenomeni di ossidazione, possono intervenire
modifiche chimiche, fisiche e nella struttura
molecolare, con importanti variazioni delle loro
proprietà nelle condizioni operative. L’utilizzo dei
materiali polimerici in ambito strutturale non può
quindi prescindere dalla conoscenza della loro risposta
L’attacco avviene inizialmente in corrispondenza di zone
ad alta energia, come ad esempio i bordi di grano, o zone
di interfaccia, e può portare alla nucleazione e
propagazione di cricche e conseguente infragilimento.
Nell’attacco selettivo solo alcuni componenti delle lega
subiscono dissoluzione, modificando la composizione e le
proprietà del materiale originario.
Tali fenomeni risultano particolarmente significativi nei
processi tecnologici di lavorazione a caldo dei metalli
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autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.
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(fusioni, trattamenti termici, saldatura) in quanto
determinano interazioni tra materiale lavorato e
attrezzature o liquidi di processo; si ricorda ad esempio
il problema della reattività del titanio nelle lavorazioni
(Cap.7).
può avvenire anche in elettroliti non acquosi, anche solidi.
Nei materiali polimerici, il contatto con solventi può
determinare la dissoluzione del polimero e/o di alcuni
suoi additivi. Questo determina, oltre alla perdita di
materiale,
anche
importanti
modifiche
nel
comportamento termico e meccanico del materiale,
spesso con infragilimento e irrigidimento rispetto alle
condizioni originarie. In molti casi, il solvente viene
assorbito nel polimero rigonfiandolo; anche in questo
caso le proprietà fisiche e meccaniche risultano
profondamente modificate.
18.2 La corrosione elettrochimica
L
a corrosione elettrochimica rappresenta la più
comune forma di aggressione dei metalli. Avviene
quando la perdita di elettroni determina la formazione
di ioni metallici che passano in soluzione
determinando una continua asportazione di materiale.
La reazione comporta la formazione di prodotti di
corrosione che a loro volta possono interagire con le
sostanze presenti. La corrosione elettrochimica
avviene principalmente al contatto con mezzi acquosi
o in aria umida, in cui gli ioni metallici possono
passare in soluzione. Può avvenire in modo uniforme
sulla superficie o, più comunemente, procedere in
profondità in zone o centri localizzati, non sempre
facilmente rilevabili. La formazione di ruggine su
strutture in acciaio o la corrosione di componenti
metallici immersi in acqua di mare sono il risultato di
tali effetti.
Figura 18.1 – Schema di cella elettrolitica.
L’insieme delle reazioni che avvengono ai due poli della
cella può essere quindi suddiviso in due semireazioni:
con la reazione anodica gli atomi metallici M subiscono
ossidazione trasformandosi in ioni Mn+ e perdendo uno o
più elettroni secondo la reazione:
M  Mn+ + neGli ioni metallici passano in soluzione determinando la
corrosione dell’anodo.
Così, ad esempio, un anodo di zinco, oppure di ferro,
produce ioni Zn2+ oppure Fe2+.
Nella reazione catodica gli elettroni si combinano con gli
ioni presenti nell’elettrolita determinandone la riduzione.
La reazione catodica può coinvolgere gli ioni metallici
formatisi all’anodo o intenzionalmente aggiunti
nell’elettrolita, che si depositano come atomi sulla
superficie del catodo ricoprendolo (elettrodeposizione)
mediante reazione inversa all’ossidazione secondo la
seguente reazione:
La reazione di corrosione elettrochimica è conseguente
alla formazione di un circuito elettrico, definito cella
elettrochimica. Fenomeni elettrochimici possono
essere peraltro sfruttati utilmente, ad esempio per la
deposizione di film protettivi o estetici.
Una cella elettrochimica (Figura 18.1) è costituita da:
un anodo che cede elettroni al circuito di
collegamento, forma ioni positivi che passano in
soluzione e si corrode;
Mn+ + ne-  M
Questa reazione viene sfruttata nei processi galvanici per
la deposizione di metalli diversi (cromatura, nichelatura,
ecc.).
un catodo collegato elettricamente con l’anodo, che
riceve elettroni dall’anodo attraverso il circuito; gli
elettroni si combinano con gli ioni al catodo
depositandosi oppure generando prodotti di reazione
diversi;
Normalmente, nei processi di corrosione con la reazione
catodica avviene la formazione di prodotti, spesso gassosi
o liquidi, che non si depositano uniformemente al catodo,
ma si liberano o passano in soluzione.
un elettrolita conduttivo (generalmente liquido) in
contatto con anodo e catodo che consente il trasporto
di ioni dall’anodo al catodo, chiudendo il circuito.
L’elettrolita è solitamente costituito da un liquido, ad
esempio una soluzione salina, oppure acida, oppure
basica. In alcune applicazioni la conduzione di ioni
In dipendenza delle condizioni dell’elettrolita sono quindi
possibili diverse reazioni catodiche. Così in liquidi esenti
o poveri di ossigeno come, ad esempio, soluzioni di acido
cloridrico (HCl) o acqua stagnante, gli ioni H+ presenti
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nella soluzione possono evolvere al catodo come
idrogeno gassoso (elettrodo a idrogeno):
reazione opposta, per cui gli ioni (positivi) tendono a
ridepositarsi sull’elemento metallico porta rapidamente ad
una situazione di equilibrio in cui non avviene alcun
trasferimento di carica netto tra elemento e soluzione.
Pertanto non risulta possibile misurare il potenziale di un
singolo elettrodo. E’ invece possibile misurare la
differenza di potenziale tra due materiali diversi (elettrodi)
posti nella stessa soluzione (Figura 18.1). Questa
differenza di potenziale (ddp) esprime la diversa tendenza
dei due materiali a cedere elettroni. Per potere confrontare
i potenziali di diversi materiali la misura di ddp viene
effettuata utilizzando una semi cella con elettrodo
standard di riferimento. A questo riferimento, l’elettrodo a
idrogeno, viene arbitrariamente assegnato potenziale 0. La
semi cella con l’elettrodo a idrogeno è costituita da un
elemento di platino immerso in una soluzione elettrolitica
a concentrazione 1 M (molare) di ioni H + (per acido
solforico) con idrogeno gassoso che gorgoglia
sull’elettrodo. Durante le misure questa semicella di
riferimento è connessa con l’altra semicella costituita
dall’elettrodo metallico immerso nella propria soluzione
elettrolitica (contenente ioni metallici a uguale
concentrazione 1 M), mediante una membrana
semipermeabile che consente il trasferimento di ioni ma
non il contatto delle soluzioni elettrolitiche. La Figura
18.2 mostra lo schema di una cella di misura del
potenziale di un elettrodo metallico (zinco) rispetto
all’elettrodo a idrogeno.
2H + + 2e-  H2 ↑
Introducendo un elemento di zinco in una soluzione
acida di HCl avvengono le seguenti reazioni:
Zn  Zn2+ + 2e- (reazione anodica)
2H + + 2e-  H2 ↑ (reazione catodica)
2H + + Zn  Zn2+ + H2↑ (reazione globale)
La reazione porta alla dissoluzione dello zinco e alla
formazione di idrogeno gassoso che gorgoglia al
catodo.
Se nella soluzione elettrolitica è presente ossigeno,
come nell’acqua aerata, la reazione catodica può
coinvolgere l’elettrodo a ossigeno; al catodo si ha la
formazione di ioni OH- secondo la seguente reazione:
½ O2 + H2O + 2e-  2(OH)L’elettrolita si arricchisce di ioni (OH)- che, reagendo
con gli ioni metallici positivi, producono un composto
solido. Nelle leghe ferrose, la reazione complessiva è
quindi:
Fe  Fe2+ + 2e-
(reazione anodica)
½ O2 + H2O + 2e-  2(OH)Fe2+ + 2(OH)-  Fe(OH)2
(reazione catodica)
Fe + ½ O2 + H2O  Fe(OH)2
(reazione globale)
Se il metallo ha maggiore tendenza a generare elettroni
rispetto all’idrogeno, il metallo è anodico e il suo
potenziale è negativo. È quindi possibile classificare i
diversi materiali in funzione della tendenza a cedere
elettroni relativa all’elettrodo di riferimento. La Tabella
18.1 riporta il potenziale elettrochimico standard di
diverse sostanze, cioè la ddp che si instaura rispetto
all’elettrodo di idrogeno a 25 °C.
Fintanto che è presente ossigeno disciolto nella
soluzione la reazione continua, consumando ferro
metallico. Nel caso del ferro, l’idrossido di Fe(OH)2 si
ossida ulteriormente secondo la reazione seguente a
formare Fe(OH)3, la ruggine:
2Fe(OH)2 + ½ O2 + H2O  2Fe(OH)3
La reazione procede fintanto che sono presenti
ossigeno disciolto e ferro metallico.
18.3 Il potenziale elettrochimico e la
velocità di corrosione
L
a corrosione avviene a seguito di passaggio di
corrente spontaneo attraverso il circuito della cella
elettrochimica. Tra gli elettrodi si instaura quindi una
differenza di potenziale che consente il passaggio di
cariche elettriche attraverso il circuito.
Figura 18.2 – Schema di cella elettrolitica con elettrodo di
riferimento a idrogeno.
Quando un elemento di metallo viene immerso in una
soluzione elettrolitica, ioni metallici passano in
soluzione e l’elemento assume carica negativa. La
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Tabella 18.1 – Serie elettrochimica di diversi metalli
puri.
in prossimità degli elettrodi, una volta che la corrosione è
iniziata. In corrispondenza dell’anodo, ad esempio, ioni
passano in soluzione concentrandosi sulla superficie
dell’elettrodo, se la diffusione non è sufficientemente
veloce. A causa della polarizzazione la densità di corrente,
e quindi la velocità di corrosione, si riduce. La
polarizzazione risulta inferiore ad alta concentrazione
dell’elettrolita, alta temperatura e in presenza di moto
convettivi; queste condizioni determinano un aumento
della velocità di corrosione.
La polarizzazione di resistenza è dovuta alla resistività
elettrica dell’elettrolita. Una maggiore resistenza al flusso
di ioni nell’elettrolita porta ad una riduzione della corrente
di corrosione.
In alcune condizioni specifiche, diversi metalli e leghe
presentano la capacità di ridurre, spesso a valori
estremamente bassi, la corrente di corrosione a seguito
della formazione spontanea di uno strato di ossido
superficiale protettivo che rallenta o impedisce il
passaggio in soluzione degli ioni metallici. Tale
fenomeno, detto passivazione, è mostrato da diversi
metalli di interesse ingegneristico come alluminio, titanio,
nichel, cromo, ferro. Il danneggiamento del film protettivo
o la variazione delle condizioni ambientali possono
modificare drasticamente la velocità di corrosione. La
risposta di un metallo alla corrosione può essere descritta
facendo riferimento a diagrammi che rappresentano il
potenziale di corrosione in funzione della densità di
corrente.
Il potenziale dipende dalla concentrazione degli ioni
nell’elettrolita secondo l’equazione di Nerst:
E = E0 + (0.0592/n) log ( Cioni)
dove E è il potenziale dell’elettrodo in una soluzione a
concentrazione molare di ioni Cioni; n è il numero di
valenza (ad es. 2 per lo zinco).
La velocità di trasferimento di ioni, corrispondente alla
velocità di deposizione o di corrosione, è valutabile
mediante l’equazione di Faraday:
m = (i*A*t*M)/(n*F)
dove m è il peso (in grammi) depositato o corroso, i la
densità di corrente (corrente per unità di superficie
dell’elettrodo, ampere/m2) che passa nel circuito, A la
superficie dell’elettrodo (m2), t il tempo (in secondi),
M il peso atomico del metallo, F la costante di Faraday
(96500 coulomb).
La corrosione del metallo è quindi il risultato della
formazione di ioni metallici, dovuto al passaggio di
corrente che si instaura in una coppia galvanica. Per
proteggere il metallo dalla corrosione è quindi
necessario ridurre il più possibile la corrente che
percorre il circuito. Nella pratica, l’effettiva corrente è
molto difficile da predire o determinare poiché risulta
dipendere da molte variabili che intervengono durante
il processo di corrosione. Una variazione del
potenziale viene definita come polarizzazione e può
avere diverse origini.
La polarizzazione di attivazione è correlata all’energia
necessaria per iniziare il processo di corrosione e in
generale riduce la velocità di corrosione. Tuttavia
dipende in modo molto sensibile da differenze locali di
composizione dell’elettrodo e risulta pertanto di
difficile valutazione.
Figura 18.3 – Curva di polarizzazione di un metallo attivopassivo.
La Figura 18.3 mostra, ad esempio, la curva di
polarizzazione tipica per un metallo attivo-passivo, in
grado di passivarsi in un intervallo di potenziale. Si noti
che la scala logaritmica della corrente in ascissa indica
La polarizzazione di concentrazione deriva da
variazioni di concentrazioni degli ioni nell’elettrolita
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una variazione molto importante della velocità di
corrosione nelle diverse condizioni. All’aumentare del
potenziale corrisponde inizialmente un aumento della
corrente di corrosione, che tuttavia crolla
drasticamente quando si instaura una condizione di
passivazione. L’aumento del potenziale non determina
apprezzabile aumento della corrente di corrosione fino
all’inizio della trans passivazione, in cui si ha
degradazione del film protettivo e ripresa della
velocità di corrosione.
Un esempio particolarmente significativo in campo
aeronautico è rappresentato dalla corrosione in
corrispondenza di giunzioni discontinue (con rivetti o
bullonature). L’utilizzo di elementi di giunzione di
composizione diversa dagli elementi giuntati può
innescare fenomeni di corrosione galvanica in
corrispondenza delle superfici di contatto; la Tabella 18.3
da Manufacturing) riporta i possibili accoppiamenti.
18.4 I tipi di corrosione
I
meccanismi elettrochimici descritti sono alla base
dei fenomeni di corrosione, che possono iniziare e
procedere attraverso il materiale in diverse forme e
lungo diversi percorsi, e a cui vengono attribuiti
diverse definizioni. Di seguito vengono presentate le
tipologie più comuni.
Un metallo reale a contatto con un elettrolita, possiede
in generale disuniformità di composizione locale con
alcune regioni che risultano più anodiche rispetto ad
altre. Tuttavia, queste zone possono cambiare
posizione o modificare la propria attività durante il
procedere della corrosione così che l’attacco risulta
uniforme e la corrosione generalizzata. In questo caso
la corrosione provoca una progressiva riduzione di
spessore relativamente uniforme.
L’attacco galvanico avviene quando alcune zone sono
continuamente anodiche rispetto ad altre. Questo può
risultare da differenze di composizione (celle di
composizione),
differenze
di
concentrazione
dell’elettrolita (celle di concentrazione), o presenza di
sforzi, spesso dovuti a tensioni residue interne (celle di
sforzo). La Figura 18.4 mostra un esempio di
corrosione galvanica di una flangia in acciaio
inossidabile AISI 316 a contatto con acqua di mare.
Figura 18.4 – Corrosione di una flangia in acciaio inox AISI
316, appartenente ad un sistema di refrigerazione di acqua
salata.
La corrosione intergranulare avviene a seguito della
formazione di precipitati o di segregazione ai bordi di
grano. Questo determina la formazione di una cella
galvanica di composizione localizzata che può innescare e
propagare la corrosione in prossimità del bordo di grano.
Un caso particolarmente importante è quello rappresentato
dalla sensibilizzazione degli acciai inossidabili austenitici,
già descritto al Capitolo 6 (Figura 18.5). La particolare
resistenza a ossidazione e corrosione di questi acciai è
dovuta alla passivazione operata dal cromo, presente in
contenuto superiore al 12%. La precipitazione ai bordi di
grano di carburi di cromo conseguente a riscaldamento, ad
esempio in corrispondenza di saldature, determina un
impoverimento del contenuto di cromo in prossimità dei
bordi di grano. Questo fenomeno si presenta per
riscaldamento o lento raffreddamento nell’intervallo di
temperatura tra 870 °C e 425 °C. L’austenite a basso
contenuto di cromo risulta anodica rispetto a quella
presente nel cuore dei grani e quindi suscettibile di
corrosione (Figura 18.6).
Le celle di composizione si formano quando due
metalli diversi o leghe a diversa composizione
vengono a contatto a formare una cella elettrolitica.
Poiché la presenza di alliganti o la concentrazione
dell’elettrolita possono modificare sostanzialmente il
potenziale di corrosione, la serie elettrochimica dei
metalli puri può non essere significativa per indicare la
tendenza relativa a corrosione delle leghe metalliche. È
quindi necessario fare riferimento a serie
elettrochimiche in cui le specifiche leghe sono
classificate in funzione anche dell’ambiente operativo.
La Tabella 18.2 mostra ad esempio la tendenza a
corrosione di diversi materiali in acqua di mare. La
corrosione galvanica si può quindi sviluppare anche in
leghe diverse dello stesso metallo base o a seguito di
diversa concentrazione locale di alliganti nella stessa
lega. Leghe bifasiche presentano quasi sempre
resistenza a corrosione inferiore a leghe monofasiche
di composizione simile.
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dell’accumulo di precipitati vicino ai bordi di grano
durante il trattamento termico di invecchiamento
artificiale si presentano disomogeneità locali di
composizione che provocano il procedere di corrosione
intergranulare. L’esfoliazione comporta un progressivo
assottigliamento, relativamente omogeneo, in modo simile
alla corrosione uniforme; tuttavia l’esfoliazione può
risultare la sorgente di altri tipi di corrosione localizzata o
di cricche e comportare quindi un’accelerazione dei
processi di degrado.
Tabella 18.2 – Serie elettrochimica in acqua marina
anodico (si corrode)
catodico (non si corrode)
magnesio
leghe di magnesio
zinco
acciaio zincato
lega Al 5052
lega Al 3003
lega Al 1100
lega Al 6053
Alclad
cadmio
lega Al 2017
lega Al 2024
acciai al carbonio
ghisa
inox 410 (attivo)
lega Pb/Sn 50/50
inox AISI 316 (attivo)
piombo
stagno
ottone (40% Zn)
bronzi al manganese
leghe di nichel (attive)
ottone (35% Zn)
leghe di nichel (passivate)
acciai inox (passivati)
argento
titanio
grafite
oro
platino
Figura 18.5– Esempio di corrosione intergranulare di un
acciaio inossidabile.
Tabella 18.3– Materiali per elementi di giunzione di
componenti aeronautici
Materiali da
Elementi di giunzione (rivetti/viti)
collegare
preferiti
accettabili
Da evitare
Alluminio con
Alluminio
Titanio,
Acciaio cadmiato
alluminio
anodizzato
A286
Titanio con titanio,
Titanio
A286,
Acciai legati,
acciai austenitici,
Inconel 718 alluminio, alluminio
leghe di nichel
rivestito
Titanio con alluminio Titanio
A286,
Alluminio, alluminio
Inconel 718
rivestito
Carbonio/epossidica Titanio
A286,
Alluminio, alluminio
Inconel 718
rivestito
Figura 18.6 – Meccanismo di corrosione di acciaio
inossidabile sensibilizzato.
In alcune situazioni la corrosione intergranulare può
procedere con esfoliazione in cui la corrosione procede
sotto la superficie in direzione parallela a questa; si
presenta con la formazione di scaglie che,
distaccandosi, determinano perdita di materiale. In
particolare, leghe di alluminio di interesse aeronautico
sottoposte a trattamenti di tempra e invecchiamento
artificiale, quali ad esempio le leghe della serie 7xxx
contenenti rame oltre a zinco e magnesio, risultano
suscettibili a tale tipo di degrado. A seguito
La corrosione sotto sforzo o tensocorrosione (stress
corrosion) è dovuta alla formazione di celle di sforzo in
corrispondenza di stati di sollecitazione non uniformi, ad
esempio a seguito della presenza di tensione residue
derivanti da lavorazioni o trattamenti termici, o in
corrispondenza di regioni del materiale ad energia diversa.
Le regioni sottoposte a maggiori valori di sforzo risultano
anodiche rispetto a quelle a minore sollecitazione.
Analogamente le zone a grano fine (con elevata energia di
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superficie) o con elevata densità di dislocazioni, ad
esempio a seguito di lavorazioni per deformazione a
freddo, risultano anodiche rispetto a quelle a grano
grosso o meno deformate. La corrosione sotto sforzo e
la corrosione a fatica (fatigue corrosion) sono
fenomeni di corrosione galvanica nei quali la
contemporanea presenza di sforzi costanti o variabili e
altri fattori, come l’adsorbimento di sostanze all’apice
della
cricca
determinano
l’attivazione
e/o
l’accelerazione del degrado.
contatto di materiali ferrosi con acqua ferma o poco
aerata, ad esempio sotto incrostazioni o ruggine
precedente, a contatto con sostanze umide, all’interno di
fessure o intercapedini, determina il passaggio in
soluzione di ioni metallici nelle zone anodiche. La
formazione di idrossidi/ossidi di ferro insolubili (ruggine)
riduce ulteriormente la diffusione di ossigeno aumentando
la velocità della corrosione che, spesso, procede sotto i
depositi formatisi sotto forma di vaiolature e corrosioni
profonde (pitting) (Figura 18.9). In modo simile, la
penetrazione di umidità all’interno di fessure, ad esempio
in corrispondenza di superfici di giunzione o cricche,
porta alla formazione di zone anodiche suscettibili di
corrosione interstiziale (cervice corrosion). La Figura
18.10 mostra due esempi in cui si ha formazione di celle
di concentrazione.
Nei materiali soggetti a passivazione (ad esempio
alluminio, titanio, acciai inossidabili), la presenza di
sforzi può comportare il continuo deterioramento dello
strato superficiale passivato e quindi una sensibile
riduzione della resistenza a ossidazione/corrosione. La
Figura 18.7 schematizza il meccanismo di formazione
di celle di sforzo in corrispondenza di tensioni residue
derivanti da deformazione plastica del materiale.
Figura 18.8– Incidente del volo Aloha Airlines 243, aprile
1988 attribuito a corrosione da fatica.
Figura 18.7– Meccanismo di corrosione per la presenza
di tensioni residue.
Nel 1988, l’azione concomitante di fatica conseguente
a frequenti cicli decollo/atterraggio e ambiente
corrosivo (aria marina), provocò un singolare incidente
a seguito di fatigue corrosion ad un velivolo Boeing
737 dell’Aloha Airlines operante in voli da isola a
isola (Figura 18.8). Questo incidente ha evidenziato in
modo importante la necessità di considerare le
correlazioni tra corrosione e condizioni di
sollecitazione ed è stato all’origine di una evoluzione
significativa nelle modalità di affrontare queste
problematiche.
Figura 18.9– Corrosione per pitting in uno scambiatore di
calore
La formazione di celle di concentrazione è il risultato
di differenze dell’elettrolita che determinano una
diversa concentrazione di ioni metallici e di
conseguenza un diverso potenziale elettrochimico
(equazione di Nerst). Ioni metallici passano in
soluzione più facilmente nelle zone a contatto con la
soluzione più diluita, che risultano perciò anodiche.
Una situazione molto comune è quella in cui la
reazione catodica coinvolge l’elettrodo a ossigeno:
La maggior parte dei materiali impiegati in ambito
aeronautico, quali leghe di alluminio e acciai ad alta
resistenza, è suscettibile di corrosione per pitting nelle
condizioni operative tipiche, in particolare quando i
rivestimenti
protettivi
superficiali
subiscono
danneggiamenti. Ad esempio, acciai ad alta resistenza
sono spesso protetti mediante cadmiatura per evitare
corrosione generalizzata; mentre in presenza di
rivestimento continuo la protezione è assicurata, la rottura
localizzata del rivestimento porta rapidamente a
vaiolature, che risultano particolarmente critiche perchè
½ O2 + H2O + 2e-  2(OH)-.
Gli elettroni fluiscono dalle regioni povere di ossigeno,
anodiche, a quelle ricche di ossigeno, catodiche. Il
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CAP.18 -FENOMENI DI CORROSIONE
possono attivare la formazione di cricche e cedimenti
per fatica.
È importante sottolineare come i diversi tipi di corrosione
non possano essere considerati indipendentemente, perchè
molto spesso sono reciprocamente attivati e progrediscono
in modo sinergico, portando ad effetti accelerati
difficilmente prevedibili. Così, ad esempio la presenza di
corrosione uniforme o esfoliazione può attivare la
formazione di vaiolature, corrosione sotto sforzo o a fatica
in grado di ridurre sensibilmente la durabilità delle
strutture. La Figura 18. mostra ad esempio la presenza
contemporanea di esfoliazione e pitting in una lega 2024.
La previsione del comportamento a corrosione viene
effettuato sulla base di prove accelerate e/o di dati
sperimentali sul campo relativi ad esperienze precedenti.
Test accelerati di corrosione prevedono l’esposizione del
materiale per diverso tempo ad ambiente aggressivo, ad
esempio immersione in ambiente acido o esposizione a
nebbia salina, eventualmente in presenza di forzo continuo
e ciclico.
Figura 18.10– Esempi di corrosione in presenza di
acqua
La presenza di microrganismi batterici può innescare
corrosione microbiologica. La prolificazione di
microrganismi che possono essere sia aerobici che
anaerobici,
comporta
una
variazione
nella
composizione dell’ambiente locale con modifica della
concentrazione di ossigeno o formazione di prodotti
aggressivi per molti metalli. Ad esempio, la presenza
di acqua nei serbatoi di velivoli (da condensa o
contaminazione del combustibile) può consentire la
crescita di microrganismi con produzione di sostanze
aggressive e depositi in grado di corrodere l’alluminio
e interferire con i sistemi di trasporto del fluido.
Figura 18.11 – Micrografia SEM di una lega 2024 sottoposta
a test di corrosione accelerato. Si osserva la presenza
contemporanea di esfoliazione e pitting.
Figura 18.12 – Variazione delle proprietà meccaniche di una lega 2024 T351 dopo diversi test di corrosione
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La Figura 18. mostra gli effetti di test di corrosione
diversi sulle caratteristiche meccaniche di una lega
2024. La Tabella 18.4 riporta le profondità di
corrosione nello spessore, registrate su campioni di
pannelli alari in lega 7178-T6, esposti per un anno in
diverse località degli Stati Uniti. Campioni esposti in
località lontane dalla costa non hanno presentato
apprezzabile corrosione intergranulare.
Figura 18.11– Esempio di protezione dalla corrosione
mediante interposizione di uno strato isolante
Si osserva come la presenza di corrosione comporti
una marcata perdita di deformabilità e tenacità; la
causa di questo, oltre alla formazione di concentrazioni
di sforzo, è da ricercare nell’infragilimento
conseguente alla diffusione di idrogeno generato dalla
reazione di corrosione.
Rendendo l’area catodica molto ridotta rispetto all’area
anodica è possibile ridurre in modo sensibile il flusso di
elettroni. Così, ad esempio, l’utilizzo di rivetti in rame per
la giunzione di lamiere in acciaio al carbonio, riduce la
velocità della reazione anodica alla superficie dell’acciaio,
limitando il flusso di elettroni alla (piccola) superficie
catodica dei rivetti (Figura 18.12). La situazione opposta,
rivetti in acciaio con lamiere in rame, determinerebbe la
rapida corrosione dei rivetti.
Tabella 18.4– Profondità di corrosione dopo esposizione
per un anno in località con diversa aggressività
ambientale.
Figura 18.12– Esempio di protezione dalla corrosione
mediante limitazione della superficie catodica.
La formazione di una cella galvanica può essere impedita
evitando la formazione di ristagno di liquido con funzioni
di elettrolita, ad esempio impedendo la penetrazione di
acqua e umidità in fessure o cricche. L’impiego di
sigillanti nelle giunzioni discontinue o l’utilizzo di
accoppiamenti saldati costituiscono soluzioni di giunzione
che spesso risolvono o limitano sensibilmente i problemi
di corrosione. Va peraltro considerato che dilatazioni
differenziali, sollecitazioni cicliche, prese di gioco
possono generare cricche o distacchi che costituiscono vie
preferenziali per la penetrazione e il ristagno
dell’elettrolita.
18.5 Metodi di protezione da corrosione
elettrochimica
L
a difesa dalla corrosione richiede attenzione sia
alla scelta dei materiali, che alle soluzioni
progettuali, che alle modalità di impiego e
manutenzione; oltre a ciò, sono disponibili diverse
tecniche di protezione mediante l’uso di trattamenti,
rivestimenti, sigillanti, inibitori.
Dal punto di vista progettuale esistono diversi
accorgimenti che possono limitare o annullare gli
effetti della corrosione elettrochimica; i principali sono
indicati di seguito.
Giunzioni per brasatura o saldo-brasatura, con
accoppiamento di materiali dissimili, possono generare
celle di composizione. Giunzioni saldate senza materiale
di apporto o con materiale di saldatura comunque idoneo
risultano normalmente preferibili e in genere adeguate dal
punto di vista della corrosione.
Si è visto che la formazione di una cella elettrochimica
richiede un continuo flusso di elettroni attraverso il
circuito della cella. L’interruzione di questo flusso,
mediante l’interposizione di elementi isolanti può
impedire la corrosione. Ad esempio, l’accoppiamento
di laminati in carbonio con lamiere metalliche (spesso
in lega di alluminio o acciai) richiede l’interposizione
di un primo strato isolante (spesso costituito da uno
strato continuo di resina o una lamina in vetro/resina)
al fine di evitare possibile corrosione dovuta al
contatto tra fibre di carbonio e metallo (Figura 18.11).
In quei casi in cui la corrosione non può essere evitata, la
progettazione dovrà prevedere la possibilità di facili
ispezioni e sostituzioni periodiche dei componenti soggetti
a degrado.
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Oltre a una adeguata progettazione, esistono diverse
possibilità di prevenire la corrosione limitandone la
progressione o impedendone l’attivazione.
fosfatazione con soluzioni di fosfati di zinco, ferro o altri
metalli genera uno strato protettivo di alcuni micron di
spessore. Tale strato, piuttosto poroso peraltro, consente
un buon aggrappaggio di ulteriori rivestimenti protettivi
quali primer e vernici. L’ossidazione per via chimica di
alluminio e acciai inossidabili consente la formazione di
ossidi superficiali compatti, isolanti che evitano la
formazione di celle galvaniche.
Una tecnica per prevenire gli effetti delle corrosione
consiste
nell’isolamento
preventivo
mediante
rivestimenti protettivi delle superfici anodiche e/o
catodiche. Rivestimenti come vernici, primer, smalti,
rivestimenti ceramici o polimerici forniscono
isolamento permanente. Tuttavia, nel caso di perdita di
continuità del rivestimento, ad esempio a seguito di
graffi o rotture superficiali, l’esposizione di una
piccola superficie anodica può determinare una rapida
attivazione e propagazione di corrosione localizzata.
Componenti aeronautici in alluminio vengono sottoposti a
uno o più trattamenti anticorrosivi che generalmente
includono anodizzazione, conversione con cromati,
rivestimento con primer.
Particolarmente nel caso di metalli a contatto con liquidi
potenzialmente corrosivi, come ad esempio tubazioni,
serbatoi, scambiatori di calore per acqua, acqua salata,
soluzioni saline, la riduzione della velocità di corrosione
può essere ottenuta per aggiunta al liquido elettrolitico di
inibitori, agenti chimici che, migrando in prossimità del
catodo o dell’anodo, ne aumentano la polarizzazione di
resistenza o di concentrazione. Sali quali cromati, fosfati,
nitriti, molibdati, utilizzati per prevenire la corrosione in
impianti industriali, sono in grado di depositarsi sulle
superfici formando film protettivi.
La protezione viene spesso effettuata anche mediante
rivestimenti metallici. Lamiere in acciaio vengono
spesso zincate al fine di proteggerle da corrosione.
Allo stesso scopo lamiere in acciaio possono essere
protette con rivestimento in stagno (lamiere stagnate).
Le due soluzioni sono però sostanzialmente diverse nel
caso di rottura o graffi nel rivestimento. Lo zinco è
anodico rispetto all’acciaio; quindi anche in caso di
esposizione della lamiera, il rivestimento continua a
fornire protezione galvanica. Nel secondo caso invece,
l’acciaio è anodico dispetto allo stagno: la rottura dello
strato superficiale può portare a rapida corrosione
(Figura 18.13).
Un’altra tecnica impiegata per preservare strutture
metalliche, quali ad esempio componenti navali immersi
in acqua marina, tubazioni e strutture metalliche
sottomarine o immerse in terreni umidi, consiste nella
protezione catodica mediante collegamento della struttura
con un anodo sacrificale o per introduzione di una
differenza di potenziale esterna. Collegando la struttura
con un elemento metallico, avente potenziale
elettrochimico inferiore, si ottiene una cella galvanica in
cui l’elettrodo sacrificale si corrode fornendo elettroni e
impedendo la reazione anodica sulla struttura da
proteggere. L’anodo sacrificale, generalmente costituito
da zinco o magnesio, si corrode e viene sostituito
periodicamente.
In campo aeronautico, la limitata resistenza a
corrosione di molte leghe di alluminio, in particolare le
leghe con rame (serie 2xxx e 2xx) e le leghe con
Zn/Mg (serie 7xxx e 7xx), viene affrontata con
l’impiego degli Alclad (già presentati nel Capitolo 5),
lamiere rivestite da un sottile strato in alluminio puro o
in lega con maggiore resistenza a corrosione (vedi
Tab.5.5), anodico rispetto alla lamiera sottostante. In
questo caso, nell’eventualità di graffi superficiali la
corrosione, lenta, si propaga all'interfaccia tra
rivestimento e lamiera evitando così la corrosione
passante, particolarmente critica soprattutto nel caso di
lamiere sottili.
Il flusso di elettroni verso la struttura da proteggere può
essere fornito collegando questa con un anodo ausiliario
mediante una sorgente di tensione continua (batteria)
avente la necessaria differenza di potenziale. La Figura
18.14 mostra schematicamente il principio della
protezione catodica.
La passivazione o protezione anodica consiste nella
generazione di una forte polarizzazione anodica che
impedisce la reazione anodica anche in metalli con
potenziale elettrochimico relativamente basso. La
passivazione avviene naturalmente in alcuni metalli, come
ad esempio cromo, alluminio, titanio, tramite la
formazione di un film di ossido superficiale. Tuttavia, può
essere generata o incrementata mediante trattamenti
chimici o elettrochimici anche in altri metalli, ad esempio
mettendo a contatto il metallo con soluzioni fortemente
ossidanti. L’immersione del ferro in acido nitrico provoca
la formazione di uno strato di idrossido superficiale
protettivo. L’anodizzazione consiste nell’attivare la
Figura 18.13– Diverso comportamento di lamiere
zincate o stagnate nei confronti della corrosione a
seguito di graffi nel rivestimento.
Rivestimenti protettivi possono essere generati per
reazione superficiale con agenti chimici. La
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nell’intervallo di temperatura 450 °C - 850 °C. Al fine di
prevenire gli effetti della sensibilizzazione possono essere
adottate alcune tecniche:
passivazione sottoponendo il materiale anodico ad una
tensione superiore ad un valore critico. Il film di
ossido che si forma determina una forte polarizzazione
anodica, riducendo la corrente di corrosione a valori
molto bassi. L’anodizzazione permette di controllare le
caratteristiche dello strato passivato (spessore,
porosità, durezza, etc.) e della sua efficienza protettiva
in funzione dei parametri operativi, quali tensione,
corrente, tipo di soluzione elettrolitica, temperatura,
durata del processo. L’anodizzazione, estesamente
applicata all’alluminio e alle sue leghe, viene
impiegata anche negli acciai inossidabili, nel titanio,
nel magnesio e relative leghe. Lo strato passivato,
inoltre, presenta spesso ottimo aggrappaggio da parte
di vernici, primer, adesivi; l’anodizzazione viene
normalmente effettuata su lamiere in lega di alluminio
da destinare ad incollaggi strutturali.
 impiegare contenuti di cromo molto superiore al
12% così da sopperire alla riduzione conseguente
alla formazione di carburi di cromo.
 ridurre il contenuto di carbonio a valori molto bassi
(<0.03%) così da evitare la formazione di carburi;
l’impiego di un acciaio inossidabile AISI 304L , a
bassissimo tenore di carbonio, anziché AISI 304
limita fortemente la possibilità di corrosione
intergranulare.
 utilizzare acciai stabilizzati, cioè contenenti
elementi come Ti o Nb che formano carburi stabili
più facilmente che il cromo.
 sottoporre il componente (se possibile) ad un
trattamento termico a temperatura superiore a 870
°C, al fine di solubilizzare eventuali carburi di
cromo, seguito da raffreddamento veloce,
particolarmente nell’intervallo di temperatura
critico 870 - 425 °C.
Nel caso delle leghe di alluminio invecchiate
artificialmente, trattamenti di stabilizzazione per
sovrainvecchiamento (trattamenti T7) permettono una
riduzione della corrosione intergranulare in quanto
riducono disomogeneità di composizione, ma risultano
poco efficaci nei confronti di altri tipi di corrosione. Nelle
leghe di alluminio invecchiate della serie 7xxx (Zn-Mg) e
6xxx (Si-Mg) la presenza di rame riduce la resistenza a
corrosione (intergranulare e/o pitting); leghe esenti da
rame vengono quindi selezionate per applicazioni in
condizioni ambientali critiche.
In ambiente spaziale la corrosione non è normalmente un
problema. Tuttavia nei veicoli riutilizzabili, come ad
esempio lo Space Shuttle, la struttura è esposta ad
ambiente critico, spesso in prossimità del mare, durante i
periodi di pre-lancio e dopo atterraggio. La degradazione
di rivestimenti e protezioni durante le missioni in orbita
(erosione da ossigeno atomico, radiazioni, microimpatti)
può quindi avere effetti significativi anche dal punto di
vista della resistenza a corrosione.
Figura 18.14– Protezione catodica mediante anodo
sacrificale (a) e imposizione di tensione (b).
Naturalmente una corretta selezione dei materiali e dei
trattamenti termici che tenga in adeguata
considerazione l’ambiente in cui i componenti
dovranno operare rappresenta la prima forma di
prevenzione dagli effetti della corrosione. Trattamenti
di omogeneizzazione che limitano segregazioni e
disomogeneità di composizione e trattamenti di
distensione o ricristallizzazione in grado di rilassare
tensioni residue possono migliorare sensibilmente il
comportamento a corrosione. D’altra parte in alcuni
casi trattamenti termici non corretti possono invece
attivare fenomeni di corrosione; si è citato il problema
della sensibilizzazione di alcuni acciai inossidabili a
seguito di riscaldamento o raffreddamento lento
18.6 Reazioni con i gas. Ossidazione
T
utti i materiali, ed in particolare i metalli, possono
reagire con l’ossigeno o altri gas subendo modifiche
di composizione e caratteristiche chimico-fisiche. I metalli
reagiscono con l’ossigeno gassoso generando un ossido
superficiale che può rimanere compatto e aderente al
metallo sottostante oppure distaccarsi, spesso in forma di
scaglie.
La facilità di ossidazione è determinata dall’energia libera
di formazione dell’ossido. La Figura 18.15 mostra
l’energia libera di formazione di diversi ossidi metallici in
funzione della temperatura; si può osservare, ad esempio,
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come metalli quali alluminio e magnesio presentino
facilità di formazione di ossidi superiore a rame o
nichel.
Figura 18.15– Energia libera di formazione di ossidi metallici
L’effettiva velocità di formazione dell’ossido, tuttavia,
dipende dal tipo di film ossidato che si viene a formare
nella reazione:
facilmente e, ancora, l’ossidazione procederà rapidamente.
La velocità di progressione dell’ossidazione dipende dalla
diffusione/permeazione dell’ossigeno attraverso lo strato
ossidato superficiale, che sarà lenta in un film continuo e
compatto. Quando lo strato superficiale risulta poroso e
l’accesso dell’ossigeno continuo, come avviene ad
esempio nel magnesio, l’ossidazione procede linearmente
col tempo:
n M + m O2  MnO2m
Il volume dell’ossido che si forma viene definito dal
rapporto di Pilling-Bedworth (P-B):
rapporto P  B 
M ossido  metallo 
vol ossido per atomo metallo

vol metallo per atomo metallo n M metallo  ossido 
Wossido = K1 t
dove M e il peso atomico o molecolare,  è la densità,
n il numero di atomi di metallo nell’ossido come
definito nella reazione sopra indicata. Il rapporto di PB può dare un’indicazione qualitativa del tipo di film
di ossido che si forma. Un valore del rapporto di P-B
inferiore all’unità indica un volume dell’ossido
inferiore a quello del metallo; l’ossido risulterà poroso
e discontinuo e l’ossidazione potrà procedere
rapidamente. Questo è ad esempio il caso del
magnesio. Quando il rapporto è intorno all’unità (e
solitamente non superiore a 2) i volumi di metallo ed
ossido sono simili e l’ossido potrà risultare continuo e
protettivo: questo è il caso di alluminio e titanio.
Quando il rapporto è elevato (superiore a 2-3) si ha la
tendenza alla formazione di scaglie che si distaccano
dove Wossido è la massa di ossido e t è il tempo.
Quando lo strato ossidato è aderente, la velocità di
ossidazione è controllata dalla velocità di diffusione ionica
attraverso lo strato; questo è il caso del ferro, rame, nichel,
cobalto. La massa ossidata cresce nel tempo secondo una
relazione parabolica del tipo:
Wossido  K 2 t
In alcuni casi di film ossidati particolarmente protettivi,
come ad esempio alluminio e cromo, la relazione tra
massa ossidata e tempo segue un andamento logaritmico:
Wossido = K3 log (K4 t+ K5)
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CAP.18 -FENOMENI DI CORROSIONE
Le costanti cinetiche Ki sono funzioni della
temperatura, della composizione e delle condizioni
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