Prima battaglia di Montecassino

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MONTECASSINO- BATTAGLIE
Con battaglia di Montecassino si fa riferimento ad una serie di quattro battaglie combattute
durante la seconda guerra mondiale dalle forze Alleate con l'intenzione di fare breccia nella Linea
Gustav, assediare Roma e collegarsi con le forze alleate che rimanevano confinate nella zona di
Anzio, dopo l'operazione Shingle. Il teatro delle operazioni, che impegnò i due eserciti dal gennaio
al maggio del 1*944, comprendeva la città di Cassino, la valle del Liri e i rilievi che portano
all'Abbazia di Montecassino, per una area di 20 km².
Prima battaglia di Montecassino []
La prima battaglia iniziò il 12 gennaio 1944 e si protrasse fino al 12 febbraio e si svolse su due
direttrici: nel primo tentativo di sfondare il fronte sul fiume Rapido gli Alleati condussero due
attacchi diversivi sui fianchi, mentre l'attacco principale fu condotto al centro.
Alle 6,30 del 12 gennaio forze della Francia Libera (Divisione marocchina di Dody e 3 Divisione
algerina) attaccarono a nord della strada Colli al Volturno-Atina, ma vennero respinte alle pendici
del monte Santa Croce; altre forze francesi, invece, riuscirono a conquistare monte Monna Casale.
Tra il 13 e il 15 gennaio vennero occupate Acquafondata e Sant'Elia Fiumerapido. Sempre il 15
gennaio la 36ª Divisione di fanteria USA conquistò il monte Trocchio. Il 16 gennaio truppe
marocchine della Francia Libera lanciarono un nuovo attacco per la conquista del monte Santa
Croce ma non riuscirono ad espugnare le posizioni tedesche. Così l'attacco si esaurì intorno al 17
gennaio.
Monte Cassino, gennaio 1944: tentativo di riparazione di un panzer tedesco
Sull'altro fianco, il 17 gennaio venne lanciato un attacco, preceduto da un fuoco d'artiglieria durato
quattro ore, da parte delle forze britanniche: il piano inglese prevedeva che la 5ª Divisione di
fanteria conquistasse Minturno e si spingesse poi lungo la direttrice della valle dell'Ausente, al
centro dello schieramento, invece, la 56ª Divisione di fanteria doveva conquistare il caposaldo di
Castelforte, e a destra la 46ª Divisione di fanteria doveva assicurarsi una testa di ponte sulla riva
opposta del Garigliano.
La 5ª Divisione riuscì ad avere facile ragione delle forze della 94ª Divisione di fanteria tedesca,
conquistando i paesi di Minturno e Tufo, e assicurando, il 18 gennaio, una testa di ponte abbastanza
sicura e consolidata. Gli attacchi della 56ª Divisione inglese riuscirono ad avere ragione delle truppe
tedesche.
Invece l'operazione della 46ª Divisione, impegnata ad attraversare il fiume con barchini d'assalto
fallì miseramente per la forte corrente del Garigliano. Solo due battaglioni riuscirono a guadare il
fiume, ma i tentativi di creare un ponte non riuscirono e il mattino dopo l'operazione fu annullata.
Nel contempo il Generalfeldmarschall Albert Kesselring, comandante in capo delle forze tedesche
in Italia, iniziò a far affluire forze nella zona di Cassino, in particolare la 1. FallschirmjägerDivision del General der Flieger Kurt Student. Il 20 gennaio i tedeschi riuscirono a respingere la
56ª Divisione inglese oltre Castelforte. Quella stessa sera, dopo un intenso fuoco di preparazione, la
36ª Divisione "Texas" attaccò le posizioni tenute dalla 15. Panzergrenadierdivision intorno al punto
chiave del paese di Sant'Angelo in Theodice: i tedeschi trincerati sull'altra riva del Rapido
falcidiarono i soldati americani intenti a guadare il torrente; dopo 48 ore di accaniti combattimenti
le truppe americane avevano perso 1.700 uomini tra morti, feriti e dispersi.
Sempre il 22 gennaio, ad Anzio, sbarcarono truppe alleate con l'obiettivo di aggirare la Linea
Gustav di giungere a Roma, provocando in tal modo il collasso del sistema difensivo tedesco. Gli
Alleati, dopo aver stabilito una testa di ponte, non riuscirono tuttavia a progredire.
Il 24 gennaio le truppe francesi iniziarono l'attacco per la conquista del monte Cairo. Quella stessa
sera iniziarono l'attacco al monte Cifalco, un'altura che dominava la valle formata dal torrente Secco
e la zona di Sant'Elia: a prezzo di gravi perdite, e di sanguinosi corpo a corpo, nel pomeriggio del
25 gennaio riuscirono a conquistare la vetta del monte Belvedere, tappa intermedia verso il
massiccio del Cairo. Sempre il 25 gennaio la 34ª Divisione USA tentò di stabilire una nuova testa di
ponte oltre il fiume Rapido, inutilmente.
Verso la fine di gennaio i tedeschi passarono al contrattacco, riconquistando monte Belvedere.
Questo successo venne però vanificato dall'occupazione di Caira, oltre il Rapido; la battaglia
continuò nei giorni successivi, in pessime condizioni ambientali, e con il solo obiettivo di
conquistare singole colline.
Il 2 febbraio avanguardie americane raggiunsero la periferia di Cassino, e il giorno successivo
tentarono di entrare in città, venendo però fermati dalle difese tedesche. Il 6 febbraio il 168º
Reggimento di fanteria americana tentò di conquistare il monte dove sorgeva l'Abbazia benedettina,
venendo però fermato da un fuoco micidiale. Lo stesso giorno, invece il 135º Reggimento di
fanteria americana riuscì a rioccupare il monte Calvario. Il 7 febbraio la postazione venne
riconquistata dai tedeschi, i quali vennero sloggiati, il 9 febbraio dalle truppe americane, gli scontri
si conclusero solo il 10 febbraio quando il 3º Fallschirmjäger-regiment della 1ª Divisione
paracadutisti riprese definitivamente il monte.
L'11 febbraio venne lanciato un nuovo attacco in direzione dell'Abbazia, ma le truppe del
Commonwealth (2ª Divisione neozelandese e 4ª Divisione indiana) riuscirono ad avanzare di soli
300 metri sotto una tempesta di neve e di fuoco nemico: la "prima battaglia di Montecassino" era
terminata con un netto successo difensivo tedesco.
Seconda battaglia (il bombardamento di Monte Cassino) []
Paracadutisti tedeschi a Monte Cassino
Essa fu, di fatto, la continuazione della prima, ma dalle posizioni avanzate appena sotto il
Monastero e alla periferia della cittadina di Cassino. Il piano consisteva in una manovra a tenaglia
da nord e da sud della città, essa doveva coinvolgere i corpi neozelandesi e indiani. Gli indiani,
molto più abituati ai terreni pesanti degli americani, trovarono pure infinite difficoltà ad avanzare
sulla montagna e di fatto si bloccarono ai piedi dell'abbazia. I comandi alleati si resero conto
dell'impossibilità di prendere il Monastero in quelle condizioni. In questo contesto, tra il 5 e il 15
febbraio maturò una delle decisioni più controverse dell'intero conflitto: il "bombardamento di
Montecassino", suggerito dal comandante della 4ª divisione indiana Fracis Tuker.
La cittadina di Cassino sotto i bombardamenti Alleati (15 febbraio)
La questione chiave, a cui gli alleati risposero affermativamente era se il Monastero fosse, o no,
occupato dai tedeschi. In effetti non lo era,[5] ma questo lo si scoprì solo dopo. Lo stesso Generale
Mark Wayne Clark, che dette l'ordine, a posteriori ammette che fu un tragico errore di tattica
militare - oltre che una vergogna dal punto di vista morale - che rese poi tutto il lavoro più difficile.
Tra l'altro fra le autorità ecclesiastiche e quelle italo-tedesche vi fu un accordo secondo cui i soldati
avrebbero potuto stare all'esterno dell'Abbazia, ma nessuno sarebbe potuto entrare. Infatti i soldati
che stavano nel perimetro non erano lì a far la guardia a un'eventuale guarnigione all'interno della
struttura, ma sorvegliavano affinché nessun militare facesse l'errore di entrare all'interno del
Monastero, oltre che coadiuvare il lavoro di messa in sicurezza dei beni artistici.
Paracadutisti tedeschi all'interno del chiostro dopo la distruzione del monastero
Il 15 febbraio l'aviazione rase al suolo Montecassino in un bombardamento che durò per tutta la
mattinata. In questo bombardamento trovarono la morte numerosi civili che avevano trovato rifugio
all'interno dell'abbazia, soldati tedeschi e quaranta soldati della divisione indiana.[6]
Il giorno dopo, nonostante la distruzione, gli attacchi degli indiani fallirono perché i tedeschi si
impadronirono delle rovine che offrivano un riparo perfetto (dato che l'Abbazia era rasa al suolo,
l'accordo di fatto aveva perso d'efficacia). Infatti qualsiasi esperto di guerra urbana può confermare
come una casa o una struttura in generale può rivelarsi una trappola per topi, mentre delle macerie
un riparo ideale.
Un analogo attacco portato in serata dal 28º battaglione contro la città di Cassino riuscì a penetrare
fino a conquistare la stazione ferroviaria, ma il giorno dopo furono respinti sulle posizioni
precedenti da un contrattacco tedesco.
La "seconda battaglia di Montecassino" era finita.
Terza battaglia []
Nelle cinque settimane precedenti gli Alleati non erano riusciti a compiere grandi miglioramenti:
avevano il fianco sinistro sulla sponda occidentale del Garigliano e avevano creato un profondo
saliente nel fronte tedesco a nord di Cassino, ma non erano riusciti ad occupare la città e il monte
dell'Abbazia di Montecassino che erano ancora in mani tedesche.
Gli Alleati fecero ruotare le loro truppe e l'esausto 2. Corpo statunitense venne sostituito dalla forze
della Francia Libera e dal Corpo d'armata neozelandese. Anche i tedeschi, il 20 febbraio,
trasferirono la 90. Panzergrenadierdivision con la 1ª Divisione paracadutisti nel settore che
comprendeva la città di Cassino, la collina del monastero e il monte Cairo; a nord di queste
postazioni si trovava la divisione "Hoch und Deutschmeister" che difendeva la posizione chiave di
Terelle.
A partire dalle 8,30 del 15 marzo 1944, ondate di bombardieri alleati rasero completamente al suolo
la cittadina di Cassino, che era già stata gravemente danneggiata dai precedenti combattimenti: 575
bombardieri pesanti e medi e 200 cacciabombardieri scaricarono 1.250 tonnellate di bombe
sull'abitato. Anche questa volta la precisione dell'aviazione alleata lasciò a desiderare: alcune
bombe vennero lanciate sul Quartier generale dell'Ottava Armata inglese e sull'artiglieria
neozelandese causando 75 morti e 250 feriti; senza contare le perdite tra la popolazione civile
italiana.
Alle 12,30 iniziò il fuoco d'artiglieria: dopo due ore 746 cannoni avevano sparato 200.000 proiettili
sulla città e sulla collina. Una volta terminato le truppe neozelandesi e indiane si lanciarono
all'attacco, venendo però subito bloccate da una tenace resistenza tedesca: alla sera le truppe alleate
erano penetrate meno di 200 metri fra le macerie della città, che nel frattempo si era trasformata in
un'immensa barriera anticarro. Nei giorni successivi cruenti combattimenti tra le truppe indiane (tra
i quali i temibili Gurkha) e neozelandesi vennero bloccati dalla tenace resistenza dei paracadutisti
tedeschi (che per questo vennero soprannominati "Diavoli verdi" dagli stessi Alleati) arroccati fra
le rovine del Monastero.
L'unico successo ottenuto riguardò la conquista del colle del castello. Il 17 marzo i reparti britannici
continuarono una lenta conquista della città che però si bloccò presto giunta nei pressi del
munitissimo caposaldo tedesco costituito presso le rovine dell'hotel Continental e dell'Hotel des
Roses.[7] Il 21 marzo un ultimo assalto si infranse sulle difese dell'Hotel Continental che rimase in
mani tedesche nonostante i numerosi attacchi del 21º Battaglione neozelandese.[8]
Il 22 marzo, dopo l'ennesimo inutile assalto alleato, il Generale Alexander decise di sospendere
ogni azione. Anche la terza battaglia si era conclusa con un sostanziale nulla di fatto. Le perdite
tedesche erano però state pesanti: la 1. Fallschirmjäger Division era ridotta a una forza che andava
dai 40 ai 120 uomini per battaglione. Anche gli Alleati avevano sofferto gravi perdite, con le truppe
neozelandesi, indiane e inglesi che avevano perso 2.400 uomini in meno di nove giorni di battaglia.
Di fronte a questa situazione, Harold Alexander decise di aspettare la buona stagione prima di
lanciare l'attacco finale alla Linea Gustav, in modo da prepararlo perché non potesse fallire.
Quarta battaglia []
La cosiddetta Quarta battaglia di Montecassino, nota anche come "Operazione Diadem", venne
combattuta dal II Corpo d'Armata polacco del Generale Władysław Anders (11-19 maggio). Il
primo assalto (11-12 maggio) portò gravi perdite ma il 16 maggio permise all'ottava armata inglese
del Generale Sir Oliver Leese di irrompere tra le linee tedesche nella valle del fiume Liri e per la
prima volta di insediare presidi sotto il Monastero.
La bandiera polacca sventola sulle rovine di Cassino
Il secondo assalto (17-19 maggio), compiuto a scapito di un prezzo immenso da parte delle truppe
polacche, non sortì l' effetto voluto, e nonostante i tedeschi barcollassero e avendo ormai la metà
degli operativi dall'inizio degli assalti riuscirono ancora una volta a respingere l' attacco polacco.
Però sapendo che le divisioni marocchine avevano sfondato le linee poco più a sud evitarono di
essere accerchiati e dovettero ritirarsi. Nelle prime ore del mattino del 18 maggio una pattuglia di
ricognizione di Polacchi del 12º reggimento lancieri si arrampicò sulle rovine dove innalzò la
bandiera polacca.
La cattura di Cassino permise alle divisioni britanniche e statunitensi di cominciare l'avanzata verso
Roma, che cadde il 4 giugno 1944 pochi giorni prima dello Sbarco in Normandia. L'operazione
"Diadem" costò 18.000 perdite agli americani, 14.000 agli inglesi e 11.000 ai tedeschi.
Dopo la battaglia (le Marocchinate) []
Dopo i combattimenti si verificò un feroce stupro di massa a opera dei Goumiers, ossia soldati
marocchini ed algerini ai quali il generale francese Juin aveva concesso assoluta libertà di
comportamento per 50 ore come premio per aver sfondato il fronte difensivo tedesco.[9] I goumiers
commetteranno stupri, assassinii, furti e violenze di ogni genere soprattutto a danno di donne,
bambini e sacerdoti passati alla storia con il nome di Marocchinate.[10][11]
Ancora oggi nessun Tribunale internazionale si è interessato della vicenda e nessuno dei militari
responsabili è stato giudicato come criminale di guerra
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