Diabete: è una proteina l`«anello mancante» con l

Diabete: è una proteina l'«anello mancante» con l'infiammazione del fegato
Lunedì 11 Febbraio 2013 16:11
Sul banco degli imputati per il ruolo svolto in malattie come l'artrite reumatoide e l'artrite
psoriasica, la proteina Rankl potrebbe essere anche l'interruttore molecolare che sta dietro le
disfunzioni del fegato destinate a causare il diabete di tipo 2
. Tutto è partito dalla scoperta fatta da un gruppo di ricerca internazionale di Roma, Brunico,
Innsbruck e Verona. Le persone che hanno una maggiore quantità di questa proteina nel
sangue presentano un maggiore rischio di sviluppare il diabete. I ricercatori tedeschi hanno
quindi modificato geneticamente alcuni topi. aumentando o riducendo la concentrazione di
Rankl, fino a confermare che la proteina è effettivamente coinvolta nel metabolismo del
glucosio.
La relazione con il diabete
La scoperta è il frutto di un’ampia ricerca pubblicata sul Nature Medicine da un gruppo di
ricerca internazionale che ha coinvolto l'Ospedale di Brunico (Bolzano), l'Università di Verona,
l'Università Cattolica - Policlinico Gemelli di Roma, i ricercatori dell'Università di Cambridge e
della Harvard University di Boston. I ricercatori dell’Università Cattolica di Roma, in particolare,
hanno condotto un'altra parte dello studio riducendo i livelli di proteina in topi alimentati con
dieta grassa, simile alla dieta scorretta che porta molte persone a sviluppare il diabete,
dimostrando che in questo modo era possibile prevenire le alterazioni metaboliche tipiche dell
malattia metabolica:
il
fegato mostrava una migliore capacità di rispondere all'insulina, riducendo l'eccessiva
produzione epatica di glucosio.
Le prospettive
“Esistono già dei farmaci che agiscono su Rankl – spiega Andrea Giaccari dell’Università
Cattolica del Sacro Cuore di Roma e consigliere della società Italiana di Diabetologia (SID) - ma
sono destinati unicamente alla cura di malattie reumatiche. È molto probabile che questi farmaci
abbiano anche un effetto positivo sulla comparsa del diabete, ma i loro effetti collaterali ne
sconsigliano l’uso per questo fine. Il vantaggio di questa ricerca è che ci si è molto avvicinati
alla comprensione del legame infiammazione-diabete. È molto probabile che questa scoperta
possa portare allo sviluppo di nuovi farmaci destinati direttamente alla prevenzione del diabete
e a tutte le condizioni che portano con sé l’insulina alta”.
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Lunedì 11 Febbraio 2013 16:11
da Salute 24 Ore
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