11.MEZZETTI_451-517 - Dipartimento di Scienze Politiche e

11.
L’“ABBRACCIO FATALE” DEL BUND: SISTEMA FEDERALE E TENDENZA
“CENTRIPETA” DEI RAPPORTI FRA STATO
CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
di Luca Mezzetti
Università degli Studi di Udine
1. IL SISTEMA DI RIPARTIZIONE DELLE COMPETENZE TRA BUND E LAENDER DELINEATO
DALLA LEGGE FONDAMENTALE
Il sistema federale tedesco è articolato su un duplice livello di poteri, il Bund ed i
Laender, tra i quali risultano distribuite le varie funzioni e competenze. Si tratta di un
sistema, secondo quanto affermato dal Nawiasky, di reciproca compenetrazione
(gegenseitige durchdringung), che ha ispirato tutti i precedenti storici della
Grundgesetz del 1949 e che prevede una suddivisione di materie e funzioni in cui
ciascuna parte gode di un certo grado di influenza nell’esercizio dei poteri dell’altra.
Non vi è una distinzione per aree di intervento, ma per funzioni nel processo di
decisione degli interventi: ogni livello di governo è competente in via primaria sia per
funzioni legislative o amministrative che per funzioni finanziarie nel processo
decisionale e le esercita in quasi tutte le aree di intervento. I rapporti Stato centralestati membri sono disciplinati in primo luogo secondo un principio di competenza.
1.1. LA PRESUNZIONE GENERALE DI COMPETENZA DEI LAENDER (ART. 30 GG) E GLI
ARTT. 28, 31 E 79 GG
L’art. 30 della Grundgesetz introduce, a favore dei Laender, la presunzione
secondo cui i medesimi sono competenti ad esplicare tutte le funzioni statali che non
siano riservate, in base alla Costituzione, allo Stato federale.
I Laender quindi, in virtù della loro natura “statale”, sono riconosciuti titolari, in
via principale e originaria, dei cosiddetti poteri “residui’’ nei settori non assegnati allo
Stato federale.
Sembrerebbe quindi che l’attività del Bund non possa essere svolta se non in virtù
di una esplicita previsione e “abilitazione” costituzionale, ma tale principio in realtà
non è, come si dimostrerà in seguito, così tassativo. Ciò che invece si può affermare
senza esitazione è che tale previsione, determinando in ogni caso il conferimento di
tutta l’attivi-tà statale, esclude qualunque lacuna o “vuoto” di attribuzioni o titolarità.
L’autonomia così riconosciuta ai Laender tramite l’art. 30 è comunque soggetta ad
alcune restrizioni allo scopo di garantire il rispetto del principio di omogeneità. La
AA.VV. (a cura di S. GAMBINO), Stati nazionali e poteri locali. La distribuzione territoriale delle competenze, Rimini, 1998.
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stessa Legge fondamentale, ad esempio, dispone alcuni limiti all’autonomia
costituzionale dei Laender: l’art. 28, infatti, stabilisce che l’ordinamento
costituzionale di questi ultimi deve basarsi sui principi di uno Stato di diritto sociale,
democratico e repubblicano.
Un ulteriore supporto al principio di omogeneità è poi offerto dall’art. 31 GG, che
enuncia la “prevalenza” del diritto federale su quello statale (bundesrecht bricht
landesrecht). Non si tratta di una kompetenznorm che toglie valore all’autonomia
degli stati membri stabilendo un rapporto gerarchico tra diritto federale e regionale,
bensì di una kollisionsnorm, destinata ad operare esclusivamente in caso di conflitto
tra una norma federale ed una statale che regolino la stessa materia in modo
divergente (naturalmente ciò si verifica solo nelle sfere di competenza legislativa
concorrente o di cornice).
Non si può infine trascurare il fatto che, nonostante l’attribuzione generale di
competenza ai Laender, il Bund detiene una capacità di disposizione quasi assoluta
sul sistema delle competenze, la cosiddetta kompetenz-kompetenz grazie al suo potere
di revisione costituzionale. A tale procedimento di revisione, che ai sensi dell’art. 79
co. 2 e 3 GG richiede l’assenso dei due terzi dei membri del Bundestag, due terzi dei
voti del Bundesrat e la garanzia di intangibilità del principio federale, non è sottratta
nè l’integrità territoriale dei singoli Laender, nè l’ambito originario delle loro
competenze.
Di conseguenza il Bund, in caso di nuovo disegno dell’assetto federale, potrebbe
effettuare modifiche costituzionali incidenti sulle competenze dei Laender, sui loro
ambiti territoriali e sulla loro stessa esistenza (labiler foederalismus), non senza,
tuttavia, aver ottenuto il consenso dei Laender stessi tramite il Bundesrat.
1.2. LE COMPETENZE DEL BUND E LA DOTTRINA DELLE “UNGESCHRIEBENE
KOMPETENZEN”
L’art. 30 GG prevede, come fondamento dell’esplicazione delle proprie
competenze da parte del Bund, una norma costituzionale esplicita di attribuzione, che
risulta perciò eccezionale rispetto all’attribuzione generale che spetta invece ai
Laender.
La demarcazione tra sfera di competenza federale e degli stati membri tuttavia non
è così netta come potrebbe sembrare. Lo dimostra lo sviluppo della teoria delle
“competenze implicite”, secondo la quale l’attribuzione di competenze al Bund può
realizzarsi anche implicitamente, deducendone l’esistenza tramite l’interpretazione
costituzionale. Del resto, è lo stesso art. 30 che permette di estendere la sfera di
comptetenza federale, attraverso il riconoscimento di competenze implicite, con la
locuzione “qualora la presente Legge fondamentale ... non conceda una diversa
regolazione”.
Se la Costituzione “ammette” una competenza federale senza regolarla
espressamente, ciò significa che l’enumerazione dei poteri federali non è esaustiva e
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che il Bund possiede, all’occorrenza, competenze non scritte, sia legislative che
amministrative.
Le incertezze che tale nozione ha comportato nella dottrina e giurisprudenza
tedesche potrebbero comunque essere superate tenendo conto delle circostanze in cui
è stata elaborata la Legge fondamentale, circostanze che possono giustificare
l’esistenza di “silenzi” costituzionali da interpretare.
Se invece, seguendo l’orientamento del Tribunale costituzionale federale, si
considera esaustiva la Legge fondamentale, l’ambito delle competenze non scritte
risulterà estremamente ridotto ed il problema della loro delimitazione si risolverà in
base all’interpretazione, più o meno rigida, del testo costituzionale; ferma sempre
restando la possibilità di risolvere i casi dubbi richiamando la presunzione dell’art. 30
a favore dei Laender. La giurisprudenza costituzionale ha delineato tre tipi di
competenze implicite (ungeschriebene kompetenzen):
— quella per carattere intrinseco (aus der natur der sache), che spetta al Bund in
virtù della natura della materia da regolare;
— quella per connessione materiale (sachzusammenhang) nel caso in cui la
regolazione di una data materia sia presupposto indispensabile per la disciplina di una
materia assegnata espressamente al Bund;
— quella per accessorietà (annex-kompetenzen), che riguarda un settore ricompreso
indivisibilmente all’interno di un ambito della competenza federale.
1.3. LA DISTRIBUZIONE DELLE COMPETENZE LEGISLATIVE
Pur esprimendo l’art. 70 GG una presunzione generale e residuale a favore della
potestà legislativa dei Laender, consentendo al Bund di legiferare solo nei casi
espressamente previsti dal GG, nella realtà si assiste, tuttavi,a ad una effettiva e
decisiva preminenza del ruolo federale.
La supremazia nella funzione legislativa è conferita al Bund dalla stessa
Grundgesetz tramite, innanzitutto, una ampia elencazione di materie e settori (art. 73)
in cui esso ha diritto esclusivo di intervenire, nell’esercizio, per l’appunto, di una
“competenza esclusiva” (art. 71). Tali aree di intervento riguardano, ad esempio, la
difesa, il commercio e gli affari esteri, e solo una legge federale può autorizzare
eccezionalmente la legislazione dei Laender al riguardo. Resta perciò alla
disponibilità esclusiva dei Laender solo l’intervento legislativo nell’am-bito della
cultura, del diritto comunale e della pubblica sicurezza in senso stretto.
Altrettanto numerose sono le materie in cui il Bund può legiferare a titolo di
“competenza concorrente” con i Laender (art. 74), e particolarmente ampia è la
portata della “clausola di necessità” prevista dal-l’art. 72 co. 2 che abilita la
legislazione federale, in luogo di quella statale, su dette materie. I presupposti
richiesti per legittimare l’inter-vento legislativo federale, a garanzia della competenza
dei Laender che si estende sulle medesime materie, sono infatti connessi
all’inefficacia della regolamentazione di una certa questione da parte della
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legislazione dei singoli Laender, al pregiudizio degli interessi degli altri Laender o
della collettività in caso di legge particolare, e infine alla tutela dell’unità giuridica ed
economica e dell’uniformità delle condizioni di vita.
Il Tribunale costituzionale ha poi integrato queste condizioni del-l’attività
legislativa del Bund riconoscendo ampia discrezionalità agli organi federali
nell’apprezzamento dei presupposti per l’esercizio della competenza concorrente,
prevedendone la sindacabilità solo nei casi di eccesso di potere e abuso. In presenza
degli stessi presupposti la Legge fondamentale attribuisce al Bund, in relazione ad un
determinato ambito materiale, la cosiddetta competenza legislativa di inquadramento,
o di emanazione di leggi-cornice (rahmengesetzgebung).
In pratica il Bund delimita, dettando direttrici generali o disposizioni direttamente
vincolanti, uno spazio entro cui i Laender possono emanare norme di dettaglio
disciplinando la materia in questione secondo le proprie peculiari esigenze. Fino al
momento in cui il Bund non esercita la relativa facoltà, i Laender conservano piena
potestà legislativa sulla materia. Inoltre, la competenza di inquadramento non
preclude al Bund la possibilità di emanare anche disposizioni di dettaglio, purchè di
carattere limitato per non comprimere la concorrente sfera normativa dei Laender. In
questo caso il Tribunale costituzionale non attribuisce alcun margine di
apprezzamento al legislatore federale.
La “competenza esclusiva sui principi” (grundsatzkompetenz) attribuisce al Bund
la potestà di emanare norme contenenti principi che i Laender e lo stesso Bund
devono osservare relativamente alla gestione di bilancio adeguata alla congiuntura,
alla programmazione finanziaria pluriennale e all’esecuzione dei “compiti comuni”.
1.4. L’INFLUENZA ESERCITATA DAI LAENDER SUL BUND TRAMITE IL BUNDESRAT
L’art. 50 Grundgesetz recita: “attraverso il Bundesrat i Laender collaborano alla
legislazione e all’amministrazione del Bund”.
Il concetto di “collaborazione” indica qui in senso generico una vasta gamma di
possibilità di influenza, che si estendono dai semplici diritti d’informazione sino al
potere di esprimere il proprio consenso, nel procedimento legislativo, in modo
paritario rispetto al Bundestag.
Individuare nel Bundesrat una semplice rappresentanza degli interessi dei Laender
ed attribuirgli, di conseguenza, una valenza minore rispetto al Bundestag,
significherebbe ignorare che in tale organo i Laender, oltre a far valere i loro specifici
interessi, devono anche tutelare gli interessi dello Stato federale. Infatti,
“nell’esercizio delle sue funzioni, il Bundesrat opera come un organo costituzionale
che collabora alla politica federale come contrappeso al Bundestag e al Governo
federale ma anche come raccordo tra Stato centrale e Laender” (Klein).
In ogni caso, il sistema di bicameralismo imperfetto instaurato in Germania
comporta una prevalenza delle competenze del Bundestag, cui tuttavia fa riscontro la
posizione del Bundesrat, che è pur sempre di una certa significatività; ad esso infatti
spettano numerosi poteri di influenza nei più svariati ambiti, da quello legislativo a
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quello amministrativo, di governo e giurisdizionale. I membri del Bundesrat sono
rappresentanti dei governi dei Laender da cui derivano la propria investitura, e di cui
sono vincolati ad esprimere la volontà unitaria.
Il Parlamento del Land può, d’altro canto, esercitare un’influenza indiretta sul
procedimento decisionale del Bundesrat, facendo valere la responsabilità politica del
Governo statale per le decisioni assunte e i voti dati all’interno di questo organo
federale.
A) LA PARTECIPAZIONE DEL BUNDESRAT AL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO
In questo campo è evidente la netta prevalenza del ruolo del Bundestag, ma ciò
nonostante il Bundesrat partecipa alla procedura legislativa.
La concentrazione del potere legislativo nelle mani del Bund è infatti, in parte,
attenuata e controbilanciata dal fatto che l’emanazione delle leggi federali dipende dal
Bundesrat, che vi partecipa obbligatoriamente. L’influsso esercitato dai Laender sulla
formazione della volontà federale risulta in tal modo considerevole.
Nel caso di iniziativa legislativa del Bundesrat, il relativo progetto di legge è
preventivamente trasmesso al Governo federale, affinchè quest’ultimo esprima il
proprio parere al riguardo, e successivamente viene inoltrato al Bundestag entro un
periodo di tempo non superiore ai tre mesi.
Nel caso in cui l’iniziativa spetti invece al Governo federale, il progetto di legge è
sottoposto in primo luogo al Bundesrat, che deve pronunciarsi su di esso entro sei
settimane (erster durchgang). Tale progetto è poi indirizzato al Bundestag, ove viene
esaminato e votato.
La “prima lettura” del Bundesrat ha lo scopo di far conoscere la impressione dei
Laender sul progetto, facilitando la loro influenza nel procedimento legislativo fin
dalla sua fase iniziale. Le leggi votate dal Bundestag passano quindi al Bundesrat,
consentendogli di manifestare la propria volontà anche in una fase successiva del
procedimento legislativo, e si dividono in due grandi gruppi.
Vi sono in primo luogo le cosiddette “leggi suscettibili di veto” (einspruchgesetze), ossia leggi “semplici”, che non richiedono l’appro-vazione del
Bundesrat. Esso vi si può, tuttavia, opporre in virtù di un diritto di veto sospensivo,
che può tuttavia essere superato dal Bundestag con una maggioranza qualificata. La
volontà del Bundesrat, in questo caso, ha effetto puramente negativo, e non
costitutivo dell’atto legislativo, che resta sempre e comunque imputabile solo ad una
manifestazione di volontà del Bundestag. È prevista anche una procedura tramite
convocazione di una commissione bicamerale paritetica di conciliazione
(vermittlungsausschuss) che può suggerire al Bundestag una nuova deliberazione in
materia, “svolgendo in pratica, e di regola con successo, una funzione arbitrale tra le
due assemblee” (De Vergottini). Qualora invece si tratti di leggi per la cui
approvazione è necessario il consenso del Bundesrat (zustimmungsgesetze), la
mancanza del suo giudizio favorevole opererà come veto assoluto che il Bundestag
non può in alcun modo superare.
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B) LA COLLABORAZIONE DEL BUNDESRAT ALL’EMANAZIONE DEI DECRETI LEGISLATIVI
DEL GOVERNO
Se si considera la funzione legislativa in senso materiale, alle competenze del
Bundesrat in ambito legislativo va attribuita anche la partecipazione all’emanazione
dei decreti legislativi governativi. Il consenso del Bundesrat per l’approvazione dei
decreti legislativi del Governo o di un Ministro federale è espressamente previsto
dalla Costituzione in una serie di casi, a meno che esso non venga escluso da una
legge federale ordinaria. In realtà questa competenza del Bundesrat viene per lo più
affiancata alle diverse forme della sua partecipazione all’ammini-strazione dello Stato
federale.
C) IL RUOLO DEL BUNDESRAT NELLE SITUAZIONI DI EMERGENZA
A) EMERGENZA LEGISLATIVA (GESETZGEBUNGSNOTSTAND)
Nell’ipotesi di emergenza legislativa determinata dal fatto che ad un Governo sia
negata la fiducia senza che ne emerga uno alternativo, si pone una duplice possibilità:
lo scioglimento del Bundestag oppure la dichiarazione, con l’assenso del Bundesrat,
dello stato di emergenza legislativa per un progetto di legge che il Bundestag rifiuti,
nonostante il Governo federale l’abbia dichiarato urgente o su di esso abbia chiesto la
fiducia. A fronte di un ulteriore rifiuto del Bundestag, o dell’ap-provazione della
legge in una stesura inaccettabile per il Governo federale, la medesima viene a
giuridica esistenza se il Bundesrat l’approva. Si verificherà quindi, seppur per un
periodo limitato, una sostituzione del Bundesrat al Bundestag nell’esercizio di una
vera e propria funzione legislativa di riserva.
B) STATO DI PERICOLO
Qualora l’esistenza o l’ordinamento liberale e democratico di un Land siano
minacciati, il Governo federale può disporre liberamente delle forze di polizia di tale
Stato; la funzione del Bundesrat consiste nel garantire la salvaguardia dell’autonomia
regionale dalle interferenze del “centro”, potendo pretendere, in qualunque momento,
la revoca delle disposizioni da esso impartite.
In seguito alla riforma del 1968 i poteri del Bundesrat negli “stati di emergenza”,
già precedentemente considerevoli, sono stati ulteriormente incrementati alla luce
della condizione della prestazione del suo assenso alle leggi di revisione
costituzionale. In tal modo, il Bundesrat può avvalersi della propria posizione chiave
in seno al meccanismo della revisione costituzionale allo scopo di rafforzare il proprio
ruolo nel sistema complessivo.
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
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1.5. LA DISTRIBUZIONE DELLE COMPETENZE ESECUTIVE
In campo amministrativo, la previsione costituzionale di una competenza generale
a favore dei Laender corrisponde, sul piano pratico, ad una effettiva preminenza
statale, come contrappeso alla concentrazione di fatto della potestà legislativa nelle
mani del Bund. L’attività amministrativa necessita a volte di una legge per la sua
attuazione, ma può anche essere indipendente dal quadro legislativo, come nel caso
della “gesetzesfreie verwaltung”.
La ripartizione delle funzioni non è effettuata in relazione alle materie, bensì ai
diversi tipi di potestà organizzativa.
In primo luogo, i Laender attuano, come funzione amministrativa propria, sia
l’esecuzione delle stesse leggi statali sia quella delle leggi federali come “materie di
propria competenza”, in virtù del disposto dell’art. 84 Grundgesetz.
Relativamente a tale tipo di amministrazione l’ampiezza dei poteri di vigilanza
federale è limitata, data l’autonomia e la statualità dei Laender, al controllo di
legittimità della loro azione. Il controllo federale si estende invece all’attività
discrezionale dei Laender, includendo anche la facoltà di impartire loro istruzioni, nel
caso in cui essi svolgano funzioni amministrative delegate, dando esecuzione a leggi
federali per incarico del Bund (auftragsverwaltung).
La preponderanza dei Laender nel campo dell’amministrazione non viene, tuttavia,
ridotta da questo tipo di attuazione, perchè i casi in cui essa è richiesta sono limitati
ed espressamente previsti dalla Costituzione. Altrettanto circoscritti sono i casi in cui
l’attuazione delle leggi federali avviene ad opera del Bund, o di enti giuridici di diritto
pubblico da esso dipendenti, tramite la cosiddetta “amministrazione federale”
(bundesverwaltung).
In virtù della natura federale di questo tipo di potestà amministrativa “propria”, il
Bund può quindi emanare disposizioni generali di attuazione, oltre che regolare
l’organizzazione amministrativa. Tuttavia, trattandosi di un’eccezione al principio
della competenza generale dei Laender, il Governo federale ha, alle sue dipendenze,
soltanto poche organizzazioni amministrative. Nelle altre aree di intervento tutte le
funzioni sono esercitate dagli stati e dagli enti locali utilizzando le proprie risorse
finanziarie.
L’introduzione dei “compiti comuni” ad opera della riforma finanziaria ha poi
indotto la dottrina, al riguardo tradizionalmente intransigente, ad accettare la
possibilità di una “amministrazione mista”, quale eccezione al principio di
separazione amministrativa. Grazie quindi all’introduzione di forme istituzionalizzate
di cooperazione tra Bund e Laender, in materie la cui competenza spetterebbe di
principio a questi ultimi, sono sorte forme di amministrazione mista soprattutto nel
campo della pianificazione e finanziario.
Questa espressione di federalismo cooperativo è stata spesso criticata da coloro che
vi individuano una preponderanza del Bund, favorito dalla struttura del procedimento
e da una considerevole riduzione della discrezionalità politica del Land, a scapito del
potere autonomo di quest’ultimo. Il Bund inoltre, secondo le medesime opinioni, è in
grado di indebolire, con la sua partecipazione finanziaria, il presupposto dell’assenso
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del Land all’esecuzione di un determinato progetto nel quadro di tale
programmazione. Ciò che in pratica si sostiene è che, con le “briglie d’oro” messe al
Land, le proposte del Bund hanno ampie probabilità di ottenere un atteggiamento
positivo da parte degli stati.
1.6. LA RIPARTIZIONE DELLA POTESTÀ GIURISDIZIONALE
Anche relativamente alla funzione giurisdizionale vige la presunzione di
competenza generale e residuale dei Laender: a questi ultimi spetta quindi
l’organizzazione del sistema giudiziario, mentre solo i casi indicati nella Grundgesetz
sono di competenza dei giudici federali. È la stessa Legge fondamentale che istituisce
i tribunali federali come istanze supreme; corrispondentemente i Laender prevedono,
nelle diverse giurisdizioni, tribunali per lo più a due istanze; in ognuno dei Laender è
inoltre istitutita una Corte costituzionale per il controllo della costituzionalità delle
norme del Land stesso.
Nell’ambito della funzione giurisdizionale i rapporti tra Bund e Laender non sono
improntati ad una rigida divisione, in quanto vi sono molteplici ed evidenti
connessioni.
È da rilevare innanzitutto la loro azione convergente nelle diverse istanze di un
medesimo processo: a livello statale si svolge parte del procedimento mentre a livello
federale ha luogo l’ultimo grado di giurisdizione. Ne consegue, a livello periferico,
l’applicazione anche del diritto federale, e a livello federale la cognizione del diritto
regionale, oltre naturalmente all’istanza di appello. A Berlino e nello SchleswigHolstein, che non si sono dotati di una propria Corte costituzionale, le controversie
costituzionali vengono giudicate dallo stesso Tribunale costituzionale federale.
1.7. LA RIPARTIZIONE DI COMPETENZE IN MATERIA DI AFFARI ESTERI
Quanto agli affari esteri, si ha un’inversione del principio fondamentale sancito
dall’art. 30 GG, che prevede una presunzione a favore dei Laender. L’art. 32 GG,
infatti, stabilisce come principio la competenza generale del Bund, che sarà quindi
presunta nella cura delle relazioni con gli stati esteri.
A) PARTECIPAZIONE DEI LAENDER ALL’ESERCIZIO DEL POTERE ESTERO DELLO STATO
FEDERALE
Il II comma dell’art. 32 GG esige, come manifestazione del principio di lealtà, la
consultazione del Land che sia coinvolto in modo particolare dal trattato
internazionale che il Bund si appresta a concludere. Si tratta del cosiddetto
“anhoerungsrecht”, ovvero della facoltà dei Laender di considerare, con un certo
margine di anticipo, i trattati che il Bund intende stipulare, formulando le osservazioni
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
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ritenute opportune. È un mezzo di consultazione che non attribuisce al Land alcun
diritto di veto nè ha carattere vincolante per il Bund, ma ha semplicemente rilevanza
interna: di conseguenza l’inosservanza, da parte del Bund, di tale dovere di
informazione non inciderà sulle relazioni esterne e quindi non vizierà i trattati
conclusi dalla Federazione.
Una importante partecipazione dei Laender nel corso della stipula di trattati si
realizza tramite il Bundesrat, che deve dare la sua approvazione formale, o quanto
meno ha la possibilità di discutere il problema. In particolare, ai sensi dell’art. 59 co.
2 GG, i trattati internazionali che regolano i rapporti politici del Bund o che si
riferiscono a materie della legislazione federale devono essere approvati, con legge
federale, da parte degli organi a ciò competenti. I trattati politici, secondo la
giurisprudenza del Tribunale costituzionale, sono quelli che toccano direttamente
l’esistenza dello Stato, la sua integrità, la sua indipendenza, ecc.
Il problema più vivacemente discusso a questo riguardo si sviluppò in relazione ai
cosidetti trattati di Östpolitik conclusi con la Germania orientale. La disputa verteva
sulla necessità dell’approvazione da parte del Bundesrat anche dei trattati politici
come tali e fu conclusa nel senso dell’esclusione della necessità di tale consenso. Il
Consiglio federale, in altri termini, in relazione a trattati di natura politica con stati
esteri, gode solo di un diritto di veto sospensivo che può essere respinto dalla Dieta
federale, ma non anche di un diritto di veto assoluto.
B) IL POTERE ESTERO DEI LAENDER
Secondo l’art. 32 co. 3 GG, i Laender possono stipulare trattati con stati esteri, col
consenso del Governo federale, nei limiti della propria competenza legislativa. Tale
diritto attribuisce la possibilità di condurre negoziati con stati esteri sia attraverso
organi centrali del Land, sia attraverso un rappresentante ad hoc, sia attraverso il
Bundesrat. Ciò che invece tale formula tassativamente esclude è la conduzione di una
politica estera propria, cioè l’instaurazione e il mantenimento di rapporti diplomatici o
consolari con stati esteri, oltre all’adozione di atti unilaterali di diritto internazionale
che non facciano parte della conclusione di un trattato. Esistono alcuni trattati
ratificati dai Laender sulla base di questa clausola, ma in numero assai limitato; un
esempio è costituito dal trattato riguardante la qualità delle acque del lago di Costanza
che fu concluso, con Svizzera e Austria, dalla Baviera e dal Baden-Wuerttemberg per
parte tedesca.
Condizione indispensabile dell’agire dei Laender sul piano internazionale è il
consenso del Governo federale, che esercita in tal modo una sorta di controllo
preventivo. Tale consenso non è, come vorrebbero alcuni, un elemento costitutivo
della capacità internazionale dei Laender, che deriva invece dalla loro statalità; esso,
piuttosto, è previsto per assicurare l’unitarietà della politica estera nello Stato
federale, ed ha rilevanza solo a livello interno. Si tratta in pratica di una facoltà
discrezionale del Governo federale, che incontra il solo limite dell’abuso di potere.
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La Costituzione tedesca permette ai Laender di concludere trattati con paesi esteri
nelle materie in cui hanno competenza legislativa: tale diritto, in ogni caso, si estende,
come ha sottolineato il Tribunale costituzionale, anche alle materie ricadenti nella
loro competenza amministrativa, derivandone così la capacità dei Laender di stipulare
anche accordi amministrativi internazionali.
L’interpretazione del III comma dell’art. 32 GG ha dato luogo a notevoli
controversie tra Bund e Laender riguardo all’ambito delle competenze “esclusive” di
questi ultimi in materia. All’affermazione, da parte del Governo federale, della
propria competenza a concludere contratti anche in tale ambito, si contrapponeva la
difesa, da parte dei Laender meridionali, dell’esclusività dei loro poteri in merito.
Nella prassi, la questione fu risolta tramite una negoziazione tra Governo federale e
Laender che si concluse nel 1957, con il cosiddetto “lindauer abkommen”, applicato
specialmente in relazione agli accordi di tipo culturale; ove infatti vengano stipulati
tali trattati, si realizza un complesso tipo di cooperazione tra le due istanze. In virtù di
tale accordo, qualora lo Stato federale concluda trattati internazionali in materie
ricadenti nella competenza esclusiva dei Laender, occorrerà la loro approvazione
formale prima della ratifica del testo, oltre alla loro partecipazione ai negoziati.
C) LA COOPERAZIONE NELL’AMBITO DEGLI AFFARI COMUNITARI
In seguito alla revisione costituzionale intervenuta nel dicembre 1992, che ha
riformulato il testo dell’art. 23 della Legge fondamentale, è prevista la collaborazione,
nelle questioni relative all’Unione europea, fra Bundestag e Laender, attraverso il
Bundesrat. Tale organo, in particolare, deve partecipare alla formazione della volontà
del Bund qualora debba collaborare ad una corrispondente misura di diritto interno
oppure qualora i Laender siano competenti per il diritto interno.
Qualora in una sfera di competenze esclusive del Bund siano toccati interessi dei
Laender, oppure qualora il Bund abbia altrimenti il diritto di legiferare, il Governo
federale deve prendere in considerazione la posizione del Bundesrat. Se sono
coinvolte principalmente competenze legislative dei Laender, l’organizzazione di loro
uffici o il loro procedimento amministrativo, nella formazione della volontà del Bund
assume un rilievo determinante il parere del Bundesrat, anche se si prevede (co. 5) il
mantenimento della responsabilità statale generale del Bund.
Se sono coinvolte principalmente competenze legislative esclusive dei Laender, la
tutela dei diritti che spettano alla Repubblica federale tedesca quale membro
dell’Unione europea deve essere trasferita dal Bund a un rappresentante dei Laender
nominato dal Bundesrat. La tutela dei diritti si realizza comunque con la
partecipazione del Governo federale e in accordo con il medesimo e, anche a tale
riguardo, deve essere mantenuta la responsabilità statale generale del Bund (co. 6).
I Laender, infine, qualora spetti loro l’esercizio di competenze statali e
l’adempimento di compiti statali, possono, con l’assenso del Governo federale,
trasferire diritti di sovranità ad organizzazioni interregionali transfrontaliere (art. 24,
co. 1a).
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
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1.8. LE RELAZIONI FINANZIARIE NEL QUADRO DELLA GRUNDGESETZ
In uno Stato federale riveste particolare importanza la relazione tra il sistema di
riparto delle competenze e il sistema delle relazioni finanziarie. La funzione
fondamentale svolta dalla costituzione finanziaria consiste infatti nell’assegnazione
dei mezzi economici per realizzare le funzioni attribuite alle diverse istanze.
Le relazioni finanziarie federali difficilmente possono essere ricondotte ad un
unico modello, dovendosi fare in ogni caso riferimento sia alla distribuzione delle
competenze legislative che alla distribuzione delle entrate.
La costituzione finanziaria del 1949 prevedeva una ripartizione di competenze tra
Bund e Laender che sarebbe rimasta invariata fino alla riforma del 1969. Al Bund è
attribuita competenza esclusiva in materia doganale e di monopoli fiscali, mentre una
concorrenza federale è prevista su una serie tassativa di imposte. Il regime
amministrativo fiscale originariamente delineato dalla Grundgesetz assegna al Bund il
potere di direzione in tutti i settori da cui derivano entrate ed esige che i regolamenti
emanati in questo campo dal Governo federale ottengano l’approvazione del
Bundesrat qualora riguardino organi amministrativi dei Laender. Nel sistema così
prefigurato, il Bund detiene un rilevante potere di direzione unitaria in tutti i settori in
cui è direttamente coinvolto.
Quanto alla distribuzione delle entrate, l’art. 106 prevedeva la combinazione del
sistema di separazione materiale delle fonti tra le diverse istanze e quello della
riscossione congiunta con successivo riparto in base alle quote. Era prevista inoltre la
potestà del Governo federale di effettuare trasferimenti a favore dei Laender
finanziariamente più deboli. Dal riconoscimento di tale facoltà di sovvenzione
federale è poi derivata, nella pratica, una serie di relazioni finanziarie tra Bund e
Laender di dubbia costituzionalità, che si svolgevano ai margini del sistema di
distribuzione delle entrate previsto dalla Grundgesetz.
La riforma del 1955 modificò il sistema di distribuzione delle entrate tra Bund e
Laender, introducendo definitivamente il cosiddetto regime misto (verbundsystem):
relativamente alle imposte assoggettate a tale regime la stessa Grundgesetz fissa le
quote di partecipazione rispettivamente del Bund e dei Laender. Con tale riforma fu
poi introdotta, sulla base dell’art. 107, la previsione di un primo riparto orizzontale, in
virtù della regola generale di riscossione locale, delle imposte spettanti ai Laender. Fu
altresì sancito l’obbligo di procedere ad una seconda distribuzione orizzontale di
fondi, la cosiddetta perequazione finanziaria (horizontal finanzausgleich), per attuare
un trasferimento di fondi dai Laender con maggiori possibilità finanziarie a quelli più
deboli; tale meccanismo è disciplinato con una legge federale che richiede il consenso
del Bundesrat. Tale previsione comportò, con la perequazione orizzontale, lo sviluppo
progressivo di movimenti “clandesti-ni” di fondi finanziari e di relazioni interfederali
di coordinazione e pianificazione “præter Constitutionem”.
Inoltre, l’astensione del Governo federale, costituzionalmente prescritta, da affari
statali e locali, non durò a lungo. Vennero quindi assegnati contributi con fini
specifici ai governi statali e locali per politiche industriali regionali, l’agricoltura ecc.
Tra gli anni ’50 e ’60, quindi, il Governo federale provocò un mutamento di fatto
670
L. MEZZETTI
dell’assetto costituzionale convogliando denaro federale in molteplici aree di
intervento. A metà degli anni ’60, infine, il Governo federale, quelli statali ed i
maggiori partiti politici decisero che i programmi di contributi federali dovevano
essere legalizzati ed istituzionalizzati.
Si rese dunque insopprimibile l’esigenza di una ulteriore riforma del sistema
finanziario federale che lo adeguasse alla realtà ed alle nuove esigenze: la legge di
riforma delle finanze (Finanzreformgesetz) del 1969, cui si farà riferimento infra,
diede a tale sistema la sua attuale configurazione.
1.9. L’INFLUENZA FEDERALE SUI LAENDER: LA “DIREKTIVE KOORDINATION”
È in virtù di alcuni meccanismi costituzionali che l’essenza del federalismo,
ovvero la compatibilità tra pluralità di istanze ed unità dello Stato federale, viene
garantita e realizzata. La Federazione, infatti, pur rispettando la libertà degli stati nelle
rispettive sfere di poteri, esercita su di essi un’influenza che le permette di ricondurre
ad unità le diverse istanze, attuando così una direzione unitaria dell’intero complesso
statale.
Tale coordinazione si realizza innanzitutto tramite i meccanismi ordinari di
distribuzione delle competenze: sia in campo legislativo che amministrativo, tecniche
di competenza ripartita e concorrente consentono al Governo centrale di esercitare la
propria influenza negli ambiti in cui i Laender svolgono la loro attività. La Legge
fondamentale, infatti, fa del Bund il baricentro della funzione legislativa nelle materie
di una competenza, mentre rimette ai singoli Laender il peso dell’amministrazione e
in particolare l’esecuzione amministrativa delle leggi federali. Tra gli strumenti che il
Bund ha a disposizione per garantire il principio di unità dello Stato, esercitando una
ingerenza notevole nell’attività dei Laender, sono da annoverare le tecniche di
ispezione, esecuzione ed intervento federale.
Una particolare facoltà di ispezione federale di carattere preventivo, autonomo e
politico è quella prevista dall’art. 32 co. 3 GG ove si istituisce il potere discrezionale
del Governo centrale di consentire la conclusione da parte dei Laender di trattati
internazionali con stati esteri. D’altra parte, per quanto riguarda l’organizzazione
costituzionale interna dei Laender, l’art. 28 GG assegna al Bund il compito di
garantire il rispetto del principio di omogeneità.
2.
STRUMENTI
COLLABORATIVI,
NON
CARATTERIZZANTI LE RELAZIONI FEDERALI
STRETTAMENTE
‘COOPERATIVI’,
Come si è già osservato in precedenza, ogni regime federale presuppone
necessariamente, per sua natura, un livello di collaborazione minimale tra le diverse
istanze di governo per assicurarne il corretto funzionamento e l’esistenza stessa.
Il regime federale tedesco, in particolare, dispone a questo scopo di tecniche e
meccanismi di svariata natura, che è opportuno tuttavia differenziare dalla
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
671
cooperazione federale in senso stretto, di cui sono solo generi prossimi. Si tratta
quindi di meccanismi attraverso cui si realizza una collaborazione che “ottimizza” il
funzionamento dell’in-sieme federale. Nonostante le diversità di natura, regime e
problematiche giuridico-costituzionali tra essi intercorrenti, nella realtà delle relazioni
federali è possibile individuare profonde interrelazioni e vincoli tra tali meccanismi. È
comunque opportuno, per esigenze di sistematicità, esaminarli separatamente.
2.1. I MECCANISMI DI INTERRELAZIONE DELLE COMPETENZE
Suppongono una divisione funzionale del potere statale effettuata dalla
Costituzione federale e basata sulla concorrenza delle due istanze in una medesima
funzione, ma con intensità e ambiti distinti. Si tratta quindi di un modo di divisione e
distribuzione dei poteri e loro correlativa attribuzione alla titolarità di una delle due
parti. Ognuna di esse detiene una parte del potere statale e all’interno della propria
sfera lo esercita in modo discrezionale e indipendente, prendendo le proprie decisioni
in estrema libertà, qualunque sia l’estensione dell’ambito ad essa riconosciuto: tutto
ciò si svolge tuttavia in un quadro costituzionalmente previsto di relazioni tra le parti.
La concorrenza, in cui il meccanismo di interrelazione si concretizza, può
verificarsi, in primo luogo, tra funzioni della stessa natura e riguardo ad una
medesima materia.
A questo proposito occorre distinguere tra concorrenza “perfetta” e concorrenza
“imperfetta”. Il primo caso ricorre in occasione dell’attri-buzione in forma
“esclusiva” oppure in forma “condizionata” delle competenze che risultano dalla
ripartizione. In quest’ultima ipotesi, una volta verificatasi la condizione abilitante, il
Bund potrà esercitare la relativa potestà legislativa, “occupando” così la materia e
precludendo l’uso della stessa competenza da parte dei Laender. Tale sistema di
concorrenza prevede anche una interrelazione tra funzioni di diversa natura, come
quella legislativa ed esecutiva, e ad ogni parte spetta esercitarne una riguardo alla
stessa materia. Il secondo caso, invece, prevede una sorta di sovrapposizione di poteri
della stessa natura: mentre l’istanza centrale determina il “quadro”, ossia i principi per
la regolamentazione di un dato settore, le istanze statali provvedono al loro
“sviluppo” e alla loro attuazione.
2.2. I MECCANISMI DI COORDINAZIONE
La coordinazione si attua sulla base di un accordo delle parti sul modo di esercizio
delle rispettive competenze, in posizione di reciproca parità, e senza che ciò comporti
alcun pregiudizio all’integrità dei loro poteri e alla loro autonoma capacità di
decisione. È quindi una concertazione volontaria dei criteri di attuazione delle
rispettive competenze, talvolta formalizzata, talvolta espressa in via informale.
La coordinazione tra le diverse istanze federali, benchè non prevista dalla
Grundgesetz, è tuttavia ritenuta costituzionalmente legittima; essa inoltre ha assunto
672
L. MEZZETTI
in Germania una notevole rilevanza, caratterizzando i rapporti tra Bund e Laender e
tra questi ultimi, in tutti i settori di comune interesse, oltre che in campo esecutivoamministrativo.
Tale meccanismo, in particolare, consiste nel reciproco apporto di informazioni e
proposte per la determinazione di un comune parametro, in base al quale impostare
l’esercizio dei rispettivi poteri, e nel progetto di obiettivi alla cui attuazione tale
esercizio deve essere preordinato. La coordinazione può svilupparsi tanto in senso
orizzontale che verticale.
A) LA COORDINAZIONE ORIZZONTALE
Tale tipo di coordinazione tra Laender si realizza tramite organi comuni creati con
accordi stipulati dagli stati in via informale e riguarda in pratica tutti gli ambiti di loro
competenza.
Nel senso di una coordinazione generale opera la “Conferenza dei Ministri —
Presidenti dei Laender”, che nelle sue sedute affronta principalmente problemi
generali di comune interesse. Si rivela strumento talvolta addirittura più efficace ed
incisivo del Bundesrat, mediante il quale i Laender fanno valere i propri interessi
nella vita politica federale. I problemi interni di organizzazione e funzionamento dei
parlamenti statali e la deliberazione di progetti di disciplina della relativa materia
sono invece demandati ai presidenti dei Landtage che si riuniscono, per l’appunto,
nella “Conferenza dei presidenti dei parlamenti statali tedeschi”.
Una coordinazione più specificamente settoriale, che abbraccia tutti i livelli
gerarchici dell’ambito esecutivo-amministrativo di competenza dei Laender, è
sviluppata da un ragguardevole numero di organi comuni. Si ricordino, a titolo di
esempio, la “Conferenza dei Ministri delle Finanze”, in certa misura vincolata al
Bundesrat, la “Conferenza permanente dei Ministri dell’Interno” e la “Conferenza
Permanente dei Ministri della Cultura” (kultusministerkonferenz).
B) LA COORDINAZIONE ‘VERTICALE’
Uno strumento di raccordo Bund-Laender che vanta un’antica tradizione in
Germania, pur non essendo previsto dalla Grundgesetz, è rappresentato dagli “inviati
plenipotenziari dei Laender presso il Bund”. Tali delegati rappresentano il Governo
del Land dinanzi alle supreme istanze esecutive federali, realizzando una funzione
diplomatica che consente contatti, informazioni e relazioni permanenti tra i due
governi. Lo scopo è quello di curare gli interessi del Land nell’ambito del-l’attività
degli organi del Governo federale. Tra le vastissime funzioni dei plenipotenziari
rientrano anche la direzione della delegazione del Land in seno al Bundesrat in
assenza del suo Ministro-Presidente e contatti con altri Laender riguardo a questioni
di rilevanza federale.
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
673
La coordinazione tra Bund e Laender è particolarmente agevolata dalla presenza,
ad ogni livello organizzativo e con estensione a tutti gli ambiti della loro attività
pubblica, di specifiche istituzioni comuni. A livello legislativo, per esempio, a fianco
del Bundesrat, viene in rilievo la “interparlamentarische arbeitsgemeinschaft”, il cui
compito è quello di discutere questioni di interesse generale ed elaborare progetti
comuni in materia di diritto parlamentare. La “agrarministerkonferenz” e la
“konferenz fuer raumordnung”, per citare altri esempi, realizzano una intensa
coordinazione nell’ambito della pubblica amministrazione.
Ad un livello amministrativo intermedio vi sono poi il “Consiglio tedesco per
l’insegnamento”, il “Consiglio per la scienza”, la “Com-missione tedesca per
l’insegnamento e l’educazione”, la “Commissione per il finanziamento della ricerca”
(su cui cfr. infra).
2.3. I MECCANISMI DI ASSISTENZA
Tale istituto è previsto dalla stessa Grundgesetz come un dovere costituzionale di
tutte le istanze federali. L’art. 35 recita infatti: “Tutte le autorità del Bund e dei
Laender si prestano reciprocamente assistenza giuridica ed amministrativa (rechtsund amtshilfe); tale dovere tende comunque ad espandersi anche al di fuori
dell’ambito specifico per il quale è stato previsto.
È inoltre possibile che la funzione di assistenza si realizzi attraverso meccanismi,
come la coordinazione, non espressamente previsti dalla Costituzione, con i quali si
instaurano vincoli particolarmente stretti. In pratica, qualora un soggetto dello Statoordinamento non disponga della possibilità o dei mezzi per compiere efficacemente le
funzioni che gli competono, in virtù del dovere di assistenza l’altra istanza interverrà
mettendo a disposizione i mezzi materiali e personali necessari, ovvero realizzando
essa stessa l’attività in questione.
L’ottemperamento di questo dovere richiede la stipulazione di accordi tra le parti,
in forza dei quali vengono istituiti appositi organi misti, o viene conferito un mandato
ad un organo di una delle due istanze, che viene incaricato di compiere determinate
funzioni o di sostenere l’attività altrui.
A) L’ASSISTENZA ‘ORIZZONTALE’
Qualora l’assolvimento di una funzione si riveli troppo costoso o inefficace se
effettuato dalla totalità dei Laender, questi ultimi possono “incaricare” un organo di
uno di essi della realizzazione di tale compito. In tal senso, previo accordo con gli
altri Laender, l’organo in questione provvede ad esercitare in via fiduciaria la
funzione che gli è stata attribuita, a beneficio proprio e degli altri stati.
La funzione di assistenza può essere anche adempiuta da organi comuni misti,
facenti capo a più istanze; è un’ipotesi che si verifica quando si tratta di compiti
duraturi.
674
L. MEZZETTI
B) L’ASSISTENZA ‘VERTICALE’
A questo proposito, sono particolarmente diffuse forme di assistenza in virtù delle
quali determinati organi, specialmente dei Laender, svolgono attività di carattere
generale a vantaggio dell’insieme delle istanze federali. In tal modo, i Laender
consentono agli altri stati e allo stesso Bund di beneficiare delle attività di interesse
generale messe in atto dai propri centri. È il caso, ad esempio, della “wasserschutzpolizeischule Hamburg”.
I vari Laender e il Bund partecipano sia alla direzione che alle spese sostenute dal
centro in questione, mentre il Land cui esso appartiene prende parte alla sua gestione
ed al suo controllo amministrativo e contabile.
3. LA COORDINAZIONE ‘SPONTANEA’ O ‘LIBERA’
3.1. LA DIFFERENZA TRA MODULI COLLABORATIVI QUALI LA “COORDINA-ZIONE” E LE
RELAZIONI “COOPERATIVE” IN SENSO STRETTO
Nonostante il denominatore comune rappresentato da una impostazione
collaborativa dei rapporti fra Stato federale e stati membri, le relazioni definite
propriamente “cooperative” differiscono sensibilmente da tutte le altre forme di
collaborazione interfederale cui precedentemente si è fatto cenno. Queste ultime sono
istituti caratterizzati dal fatto che ad ogni parte spetta un preciso ambito di
competenze ed una propria capacità autonoma di decisione; tale capacità, inoltre, è
priva di ogni intrinseco condizionamento, anche nei casi in cui si trova a dover
rispettare, come premessa di collaborazione, un quadro di riferimento prefissato, o un
accordo relativo ad un obiettivo comune, oppure altro dovere di attuazione positiva.
Ogni istanza, infatti, esercita in forma autonoma ed indipendente i poteri che ricadono
nella propria sfera di attribuzione, naturalmente nel rispetto dell’ordine costituzionale
che ne è condizione di legittimità.
Gli unici limiti all’esercizio di tali poteri sono rappresentati dalla loro stessa natura,
nel caso delle interrelazioni di competenze, ovvero dalla volontà medesima delle
parti, quando si tratta di coordinazione e di assistenza, o infine dall’obbligo di
compiere un dovere costituzionalmente previsto, in relazione all’assistenza
vicendevole.
La differenza tra questo genere di relazioni interfederali e i rapporti “cooperativi”
in senso stretto è individuabile da un punto di vista qualitativo. La cooperazione,
infatti, postula una forma “congiunta”, sia nell’attribuzione delle competenze alle
diverse istanze che nell’eserci-zio delle medesime. Ne deriva una
corresponsabilizzazione delle parti nella realizzazione di quelle funzioni o
competenze che diversamente verrebbero attuate in forma autonoma e separata da
ogni istanza. In altri termini, la condizione della concreta attuazione di una data
competenza risiede nella forma “congiunta” adottata dalle parti nel suo esercizio:
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
675
nella pratica si verifica la partecipazione delle varie istanze statali ad un unico
meccanismo di decisione.
3.2. LA COOPERAZIONE ‘LIBERA’ O ‘SPONTANEA’ E IL PROBLEMA DELLA SUA
AMMISSIBILITÀ COSTITUZIONALE
Riservando il tema della cooperazione “in senso stretto”, ovvero
“costituzionalizzata”, ad un momento successivo della trattazione, è opportuno
innanzitutto sviluppare un’analisi della cooperazione “non costituzionalizzata” o, per
meglio dire, della coordinazione “spon-tanea”.
Le forme collaborative non sono mai state estranee alla tradizione federale tedesca.
Risale infatti ai tempi dell’Impero del 1871 la conclusione di accordi o altri strumenti
di cooperazione quali gli aiuti federali o l’amministrazione comune. Si trattava
comunque di episodi isolati in un quadro tendenzialmente improntato alla
separazione. Infatti, la collaborazione tra Bund e Laender e tra questi ultimi non era
contemplata, in linea di principio, nel disegno originario dello Stato federale delineato
dalla Legge fondamentale, che prevede una differenziazione tra sfere di competenze.
Nella ripartizione dei compiti e delle funzioni statali, infatti, la Grundgesetz
stabiliva in linea di principio un sistema di separazione (trennsystem). Non potendo
d’altro canto trascurare l’intreccio di compiti che una struttura statale articolata
comporta, la Costituzione stabilì una specifica disciplina, facendo del Bund il fulcro
della funzione legislativa e rimettendo ai singoli stati le funzioni amministrative ed
esecutive delle leggi federali. Inoltre attribuì agli organi federali strumenti direttivi di
coordinamento dell’azione statale in certi ambiti e conferì ai Laender il potere di
collaborare alla legislazione ed amministrazione del Bund attraverso il Bundesrat.
In ogni caso, la Legge fondamentale non stabilì regole esplicite per una volontaria
collaborazione “cooperativa” tra Bund e Laender, nè sul-l’asse verticale della
ripartizione delle attribuzioni, nè in senso orizzontale in relazione ai singoli Laender.
Malgrado ciò si è sviluppata, in via informale, una prassi costituzionale che ha dato
luogo, specie a livello governativo, ad una fitta rete di rapporti contrattuali e strumenti
cooperativi di coordinamento, di diversa efficacia vincolante.
Tali relazioni hanno avuto origine in campo finanziario tramite sovvenzioni
federali. Fu infatti a seguito di una insoddisfacente distribuzione tra le diverse istanze
federali delle entrate pubbliche che furono istituiti fondi federali “irregolari”,
amministrati dal Bund ai margini delle previsioni costituzionali; si stabilirono così
numerose relazioni cooperative, in virtù delle quali il Bund acquisì poteri di
partecipazione, nella sfera di competenza dei Laender, di gran lunga superiori a quelli
attribuitigli dalla Grundgesetz.
In altre circostanze si è poi verificata la partecipazione del Bund all’attività di
coordinazione svolta dai Laender, senza tuttavia quell’in-cisività che avrebbe potuto
modificare la natura della collaborazione stessa, che restava così sostanzialmente
determinata dal livello statale. È il caso della Commissione tedesca per l’educazione e
la cultura o del trattato per l’istituzione di un Consiglio di ricerca scientifica.
676
L. MEZZETTI
L’intensificazione delle pratiche collaborative da un lato e, dall’al-tro, la presa di
coscienza dell’importanza di tale evoluzione sono due fattori che hanno
particolarmente favorito la trasformazione della cooperazione in un vero e proprio
sistema che, in virtù della trama di contatti che ha tessuto, è venuto a formare una
sorta di “Stato nello Stato”.
Lo sviluppo delle relazioni cooperative, essendo avvenuto nei vari stati federali per
lo più in modo informale, spontaneo e ai margini dei testi costituzionali, solleva
innanzitutto il problema della loro conformità al diritto esistente.
Nella Repubblica federale tedesca, infatti, la questione dibattuta in proposito
riguarda il “diritto della coordinazione”, vale a dire il modo di conciliare realtà
cooperativa di fatto e dettami costituzionali. Si deve infatti ricordare che la Legge
fondamentale non conteneva alcuna esplicita disposizione in materia, almeno fino al
1969.
In alternativa ad una drastica soppressione, in quanto contraria al diritto, della
pratica ormai invalsa, il legislatore costituzionale tedesco, in sede di revisione della
Legge fondamentale, ha preferito confermare la pratica stessa, formulandola in
termini giuridici e modificando, all’occorrenza, la normativa vigente.
A)
ARGOMENTI ADDOTTI A
COORDINAZIONE SPONTANEA
SOSTEGNO
DELL’INCOSTITUZIONALITÀ
DELLA
A. IL PRINCIPIO DI AUTONOMIA DEI LAENDER
La dichiarazione, in seno all’art. 79 co. 3 Grundgesetz, dell’intangi-bilità della
divisione del Bund in Laender e della partecipazione di questi ultimi alla legislazione,
sancisce la reciproca indipendenza, nonchè separazione, delle due istanze: tale
principio si traduce in una garanzia, se non addirittura in una consacrazione,
dell’autonomia degli stati membri. Si tratta quindi di individuare l’esatta portata di
tale separazione ed autonomia per poter valutare le conseguenze che ne derivano sul
piano della coordinazione spontanea.
A questo riguardo sono state formulate due diverse concezioni della Legge
fondamentale, che comportano altrettante teorie sull’ammissibi-lità o meno di una
cooperazione. Secondo la tesi della “separazione assoluta”, la Legge fondamentale
contiene una disciplina esaustiva delle relazioni federali, e la ripartizione dei poteri da
essa prevista è priva di qualsiasi lacuna. Ne consegue, in modo evidente, il divieto di
tutto ciò che essa non dispone esplicitamente, come ad esempio attribuzioni comuni o
amministrazione mista di Bund e Laender, giudicati irregolari perchè
comprometterebbero la separazione.
Un’interpretazione meno rigida di questa tesi, pur consacrando il principio
generale della separazione dei vari organi, ammette la coordinazione, riconoscendone
però il carattere puramente eccezionale. La tesi della “separazione attenuata” si rivela
più realistica della precedente e si basa su un’analisi più attenta della Legge
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
677
fondamentale, dimostrando la relatività del principio di separazione. Essa prende
innanzitutto in considerazione un principio di diritto non scritto, ossia non previsto
dalla Costituzione ma da essa implicitamente supposto e inerente alla natura stessa
dello Stato federale. Si tratta dell’obbligo di leale collaborazione, che consente di
risolvere in modo amichevole i contrasti tra le varie istanze grazie alla valutazione
degli interessi della collettività nel suo insieme. Se interpretata alla lettera, infatti, la
ripartizione di competenze, all’interno di uno Stato federale, porta inevitabilmente al
sorgere di conflitti; la lealtà federale, quale elemento conciliatore e di
armonizzazione, tende ad attenuare e ad evitare tali difficoltà, inducendo Bund e
Laender alla concertazione ed alla coordinazione. Il suo campo di applicazione è
quindi, comprensibilmente, vastissimo, in quanto tale principio consente di soddisfare
esigenze di omogeneità ed unitarietà poste e non risolte dalla Legge fondamentale.
Un altro principio operante nel senso di una interdipendenza tra Bund e Laender è
quello della responsabilità solidale, che occupa un posto di rilievo nella Legge
fondamentale e si esprime nettamente sia in campo finanziario che in campo
amministrativo; nel primo, in relazione alla perequazione finanziaria verticale ed
orizzontale e, nel secondo, a proposito della mutua assistenza giuridica e burocratica
tra le diverse istanze prevista come obbligo dall’art. 35 GG. In conclusione, il
principio di separazione previsto dalla Legge fondamentale nei vari settori legislativo,
amministrativo e finanziario si rileva essere rigoroso nel primo, ma nettamente più
attenuato ed indeterminato negli altri due, dove, di conseguenza, la cooperazione è
più diffusa.
B. IL PRINCIPIO DI SOVRAORDINAZIONE DEL BUND
La peculiarità della posizione del Bund nell’ambito della compagine federale
risiede nel fatto che esso è garante dell’unità dell’ordinamen-to; ciò significa che esso
è responsabile, da un lato, della conservazione e della supervisione e, dall’altro,
dell’indirizzo e dell’innovazione del sistema complessivo. Per la specificità di tale
missione il Bund è dotato di competenze particolari, che gli consentono di
neutralizzare qualunque ingerenza nel suo campo d’azione e di obbligare i Laender a
rispettare l’unità di cui esso è garante. Le disposizioni di cui agli artt. 28 e 29 GG, ad
esempio, si riferiscono direttamente alla “sovraordina-zione-separazione” del Bund,
limitando così l’autonomia dei Laender.
In particolare, per quanto riguarda la ristrutturazione del territorio federale, è il
Bund che decide secondo regole di forma prestabilite, senza lasciare spazio ad alcuna
coordinazione con i Laender, che vanno semplicemente interpellati solo se interessati.
Anche a proposito del principio di omogeneità il Bund, dovendo farsene garante,
finisce per ricoprire un ruolo direttivo. Infatti, l’ordine costituzionale dei Laender, ai
sensi dell’art. 28 GG, deve conformarsi ai principi dello Stato di diritto repubblicano,
democratico e sociale, mentre l’art. 31 afferma la superiorità del Bund, il cui diritto
prevale sulle norme statali in caso di conflitto con le medesime.
678
L. MEZZETTI
La sovraordinazione del Bund, che in ambito amministrativo, e in particolare
riguardo all’esecuzione delle leggi federali da parte dei Laender, si riduce in realtà ad
un controllo, si afferma invece più marcatamente in campo finanziario ed economico.
C. L’INDISPONIBILITÀ DELLE COMPETENZE
Le competenze attribuite dalla Costituzione al Bund ed ai Laender sono
indisponibili e di conseguenza modificabili solo mediante una revisione costituzionale
o altre forme prescritte a tale fine. Ciò comporta che qualunque trasferimento di
competenze si rivela illegittimo, mentre l’aggregazione e la delimitazione delle
attribuzioni possono far sorgere alcuni dubbi.
In particolare, a proposito della delimitazione delle competenze, la dottrina tedesca
non adotta una posizione univoca, ma piuttosto oscilla tra la condanna, il dubbio, il
silenzio e l’approvazione. È infatti compito assai delicato tracciare una linea di
demarcazione tra l’interpreta-zione, autorizzata, e la modificazione, vietata, della
Costituzione.
La legittimità di accordi come quello di Lindau dipende dal fatto che Bund e
Laender abbiano realmente cercato d’interpretare la Legge fondamentale o si siano
semplicemente limitati a stringere rapporti amichevoli a dispetto del testo
costituzionale.
L’associazione di competenze, d’altro canto, per essere regolare necessita che
Bund e Laender possiedano fin dall’inizio un titolo che li abiliti ad intervenire. Tale
condizione, la cui esistenza è dubbia in ambito finanziario, è invece soddisfatta
pienamente in materia amministrativa, settore in cui la separazione è attenuata.
Infine, si osserva che una cooperazione che implichi un trasferimento di
competenze, comportante una rinuncia alle medesime da parte del loro titolare,
costituisce un attentato alla ripartizione delle attribuzioni, alla certezza del diritto ed
al principio di legalità.
Il divieto di tale forma di trasferimento è dunque rigoroso e subisce un’unica
eccezione nel caso della delegazione di poteri, quale è consacrata, in materia
legislativa, dall’art. 71 Grundgesetz a favore dei Laender.
Tra gli episodi di coordinazione in cui si è verificato un discutibile trasferimento di
competenze si ricorda, ad esempio, il caso in cui i Laender si sono privati di parte dei
loro poteri accettando la creazione di unità di polizia di riserva sul loro territorio sotto
lo stretto controllo del Bund. Altrettanto incostituzionali sono stati giudicati gli
accordi con cui il Bund ha attribuito ai Laender il controllo dei passaporti e l’esercizio
dei poteri di polizia della navigazione.
Dall’analisi che precede è difficile trarre una conclusione univoca e rigorosa, come
pretenderebbero i sostenitori di una rigida separazione. Di conseguenza, la
coordinazione che si è instaurata spontaneamente non potrà essere rigettata a priori ed
in modo globale, sulla base di un generico rilievo di “incostituzionalità”.
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
679
B) IL FONDAMENTO DELL’AMMISSIBILITÀ COSTITUZIONALE DELLA COORDI-NAZIONE
SPONTANEA
Come è noto, la Legge fondamentale tedesca determina la ripartizione dei poteri
statali tra le varie istanze federali, che sono perciò tenute a rispettarla; non vi è quindi
alcuna possibilità di alterare, sia unilateralmente che bilateralmente, tale ordine
prestabilito. Vige perciò il principio dell’indisponibilità dell’ordine di distribuzione
dei poteri stabilito dalla Costituzione federale; di conseguenza, al di fuori dei casi
espressamente previsti in tale testo, che sanciscono in modo esplicito l’obbligo o la
facoltà delle parti di adottare un regime di cooperazione, la separazione e
l’indipendenza delle diverse istanze sarà la regola.
Qualunque modificazione dell’ordine così affermato, quand’anche realizzata col
consenso delle parti interessate, presuppone, per essere legittima, un procedimento di
riforma costituzionale regolato dalla stessa Legge fondamentale.
La cooperazione cosiddetta “libera”, se non prevista dalla Costituzione, potrà
essere stabilita, al di fuori di essa, solo in forma bilaterale, in base al libero accordo
delle diverse istanze interessate.
È tuttavia parimenti vero che tale tipo di relazioni presuppone un reciproco vincolo
dei poteri di cui le parti autonomamente dispongono, vale a dire un regime di
interdipendenza delle competenze, laddove la Costituzione ne prevede uno di
indipendenza.
Si porrà allora alle parti il problema di come stabilire tali relazioni di cooperazione
senza che ne derivi una alterazione del sistema di distribuzione dei poteri
costituzionalmente disposto. In altri termini, è necessaria una conciliazione tra
cooperazione disposta in base al mero accordo delle volontà delle parti e ordine di
competenze stabilito dalla Costituzione. Come ricondurre, quindi, sul terreno della
legittimità costituzionale una vasta serie di relazioni e pratiche ormai invalse? La
soluzione adottata prevede che le parti, pur non potendo disporre della titolarità delle
competenze loro assegnate, godano invece della piena disponibilità dell’esercizio
delle stesse. Non potranno quindi cedere o acquisire poteri costituzionalmente
attribuiti, ma saranno in grado di disporre discrezionalmente sul modo di esercizio
delle proprie competenze.
Il limite posto dalla Costituzione alla cooperazione “libera” è quindi rappresentato
dalla indisponibilità della titolarità delle competenze: ogni parte deve mantenere
integralmente i poteri che le sono stati conferiti. La possibilità di scindere tra
“titolarità” ed “esercizio” consente, in tal modo, lo sviluppo di relazioni cooperative
ai margini della Costituzione. La cooperazione potrà così comportare un trasferimento
di poteri da un’istanza ad un’altra, ma solo quod usum, e propriamente a titolo di
mandato. “Ciò si verifica qualora si costituiscano organi comuni, o si ammette la
partecipazione di istanze diverse nel proprio ambito di competenza, oppure quando si
affidano ad una certa istanza in via fiduciaria funzioni proprie delle rimanenti istanze”
(de Vergottini).
A differenza, quindi, della cooperazione costituzionalizzata, che comporta una
“attribuzione congiunta” di competenze, la cooperazione non costituzionalizzata, di
680
L. MEZZETTI
carattere volontario, consiste in un “modo congiunto di esercizio” di competenze,
prossimo, per sua natura, alla coordinazione.
3.3. LO STATUS DELLE PARTI NELLE RELAZIONI COOPERATIVE
Nelle relazioni di cooperazione volontaria libera, in cui vige il principio di
corresponsabilità, non è concepibile l’esistenza di un rapporto di disuguaglianza, o
addirittura di subordinazione, tra le parti. La loro posizione deve essere, al contrario,
di assoluta uguaglianza e parità, per consentire la libera concertazione di accordi
volontari. Non è infatti pensabile che una delle parti possa acquisire, nell’ambito di
competenza altrui, poteri di intervento più estesi di quanto non preveda la stessa
Costituzione: è quindi soltanto in forma libera e volontaria che le diverse istanze
possono affidare alle altre, ai fini del processo cooperativo, l’esercizio di poteri di cui
godono in via esclusiva. Da tale autonomia deriva perciò la posizione di uguaglianza
che, nelle relazioni cooperative volontariamente instaurate, è propria delle parti.
Tuttavia, nell’ipotesi di cooperazione contemplata da previsione costituzionale,
può verificarsi che la stessa Costituzione, nel regolare le reciproche posizioni delle
parti, attribuisca diritti specifici ad alcune di esse. In ogni caso, tuttavia, tale
introduzione di elementi di differenziazione tra le diverse istanze non impedisce alle
parti di mantenere la loro posizione di sostanziale uguaglianza.
Dall’esigenza che ogni istanza mantenga la titolarità delle proprie competenze
istituzionali deriva poi la necessità che le decisioni degli organi di cooperazione siano
adottate ricorrendo al principio della unanimità. Nessuna istanza, infatti, può accettare
che i propri poteri, nel processo cooperativo, siano compromessi più di quanto essa
stessa abbia volontariamente stabilito; gli accordi presi in proposito devono quindi
ottenere il consenso di ciascuna delle parti interessate.
Si tratta tuttavia di un principio solo tendenziale. In alcuni casi di cooperazione
costituzionalizzata, infatti, vige il principio di maggioranza.
Pure in ipotesi di cooperazione volontaria non costituzionalizzata può riscontrarsi
l’adozione del principio del voto maggioritario. L’esigenza dell’unanimità, infatti,
può talvolta costituire un ostacolo alla cooperazione; per questo motivo va sempre più
diffondendosi, nella prassi statale, una certa tendenza ad estendere il principio di
maggioranza a tutte le decisioni degli organi della coordinazione. È stata addirittura
proposta l’introduzione generalizzata del principio di maggioranza come regola
principale di decisione nel processo cooperativo, senza tuttavia che con ciò risulti
modificata la posizione di uguaglianza delle parti in tali relazioni.
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
681
4. IL FUNZIONAMENTO DELLA COORDINAZIONE SPONTANEA
4.1. L’AMBITO APPLICATIVO DELLA COORDINAZIONE SPONTANEA
La cooperazione favorisce il superamento degli inconvenienti relativi al sistema di
ripartizione delle competenze, ovvero la separazione degli organi e la divisione delle
materie. Essa si estende a tutte le competenze, chiunque ne sia il titolare, purchè
naturalmente esista un legame tra quelle statali e quelle federali. Lo scopo è di
ritrovare unità e coesione all’interno del sistema stesso.
A) L’INTRECCIO DELLE COMPETENZE
La Legge fondamentale, pur prevedendo due livelli per una ripartizione di base
delle competenze, non esclude in modo categorico, anzi talvolta prevede, una
collaborazione fra i livelli medesimi.
Ma è soprattutto in virtù dell’applicazione combinata di diverse norme
costituzionali che possono verificarsi intrecci di competenze. Tale fenomeno si è
verificato in modo particolarmente evidente in materia di insegnamento e ricerca, da
un lato, e di polizia, dall’altro. Tali esperienze hanno dimostrato come la
cooperazione possa “precedere” e, in alcuni casi, addirittura sostituire le disposizioni
costituzionali; esse hanno altresì rivelato come spesso i tentativi di coordinazione, che
si realizzano attraverso la creazione di regole ed organismi ad hoc, sono destinati a
fallire.
B) L’INTERDIPENDENZA DELLE COMPETENZE
Pur non essendo espressamente prevista dalla Legge fondamentale, la
coordinazione si impone in modo particolare per effetto dell’inter-dipendenza di
competenze che risulta dal quadro costituzionale. Essa costituisce, infatti, una
garanzia di unità ed uniformità all’interno dell’ordinamento, laddove la divisione dei
poteri potrebbe invece rappresentare un fattore di dispersività e di incoerenza degli
interventi del Bund e dei Laender.
A. L’AMBITO LEGISLATIVO
Esiste innanzitutto una innegabile interdipendenza tra le competenze legislative del
Bund e l’amministrazione dei Laender quando quest’ul-tima consiste nell’esecuzione
di leggi federali. Ha luogo, infatti, a tale proposito, una concertazione tra Bund e
Laender al di fuori del quadro costituzionale.
682
L. MEZZETTI
Se l’esecuzione avviene mediante l’amministrazione delegata ai Laender, il Bund
preferisce infatti ricorrere alla concertazione con i medesimi, piuttosto che rivolgersi
loro impartendo istruzioni generali e speciali. Ad esempio, in un caso di
amministrazione delegata come quello della gestione delle strade federali e delle
autostrade, i funzionari del Ministero federale dei trasporti si riuniscono insieme ai
colleghi operanti a livello statale ed elaborano in comune delle direttive; queste
vengono poi comunicate alle varie amministrazioni tramite una circolare ministeriale,
che chiede loro di adottarle come regolamento interno.
Il potere di comando del Bund viene quindi sostituito da atti amministrativi
liberamente adottati dai Laender.
Per quanto riguarda l’esecuzione di leggi federali mediante l’ammi-nistrazione
propria dei Laender, il diritto del Bund di dare istruzioni è limitato alla formulazione
di regole generali, così come il controllo fa riferimento solo alla legittimità.
La cooperazione ha origine nei comitati amministrativi di funzionari e si sviluppa
fino alle conferenze interministeriali ove sono adottate le direttive.
In casi meno frequenti possono poi stabilirsi vincoli tra le competenze legislative
del Bund e quelle dei Laender. Sono ipotesi piuttosto rare in quanto l’art. 31
Grundgesetz sancisce la prevalenza del diritto federale su quello statale, escludendo
quindi che su uno stesso oggetto possano coesistere entrambi i tipi di norme. Esistono
tuttavia casi in cui tale fenomeno si verifica, per il fatto che la Legge fondamentale,
nell’effettuare la ripartizione di una materia, tiene conto dei suoi diversi aspetti
nazionali e locali. Così, per la procedura amministrativa, è stabilito che i Laender, nel
loro ambito di competenza, possono liberamente organizzare i propri servizi senza
intromissione del Bund.
Anche in materia di funzione pubblica il testo costituzionale ha stabilito
competenze parallele: al Bund la legislazione-quadro sullo statuto generale e ai
Laender la legislazione di dettaglio relativa ai funzionari. Ed ancora una volta si
assiste alla complementarietà, in nome dell’uniformità, tra legge e cooperazione:
quest’ultima ha lo scopo di colmare il vuoto creato dalla mancanza di una legge o di
preparare il terreno alla relativa emanazione. In molti casi la cooperazione è
comunque particolarmente auspicabile, in quanto consente di evitare pubblicità e
formalismi, inevitabili nei dibattiti parlamentari.
B. L’AMBITO AMMINISTRATIVO
La Legge fondamentale, nella ripartizione delle competenze amministrative
“autonome”, dà adito a numerose incertezze, anche a proposito delle cosiddette
“ungeschriebene kompetenzen”, di cui si è precedentemente fatto cenno.
Si sono quindi rese attuabili, nella pratica, numerose “associazioni” tra Bund e
Laender. In molti casi, infatti, i rispettivi esecutivi, nel-l’esercizio del loro potere di
organizzazione, adottano decisioni amministrative che danno luogo ad una
coordinazione. È quanto avviene in materia di funzione pubblica, per le situazioni non
previste o regolamentate da una legge federale.
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
683
Anche nel campo della edilizia, Bund e Laender hanno dato vita a norme uniformi,
oltre ad aver consentito al coordinamento delle autorizzazioni amministrative. In virtù
di un accordo del 1954, Bund e Laender hanno stabilito il contenuto dei regolamenti
edilizi che spetta ai Laender adottare; nel 1958 il Bund ha aderito ad una convenzione
in base alla quale la procedura di autorizzazione di nuovi materiali e metodi di
costruzione è stata regolata in modo uniforme su tutto il territorio della Repubblica
federale e a Berlino.
Talvolta, la cooperazione si verifica in materie che, in linea di principio, sono di
competenza dei Laender e in cui l’intervento del Bund si giustifica in virtù della sua
responsabilità per l’ordine federale ed il mantenimento dell’unità economica:
esemplari, a tale riguardo, sono i piani federali di sovvenzione.
Si tratta tuttavia, il più delle volte, di una cooperazione condizionata. Infatti, se il
Bund elargisce ai Laender un contributo finanziario o ne finanzia integralmente un
progetto, allo stesso tempo impartisce direttive con cui determina la misura del
concorso del Land, i propri diritti di controllo e le modalità di utilizzazione ed
amministrazione dei crediti. Tale ingerenza si è verificata relativamente ai piani di
aiuto agli stati, oltre che alle misure a favore delle strutture agricole, ed è stata
giustificata dal Bund sulla base dell’iscrizione dei crediti nel bilancio federale. Il
Bund ritiene, infatti, data la sua responsabilità davanti al Parlamento federale, di avere
il diritto di controllare l’impiego che viene fatto da parte dei Laender dei mezzi
finanziari messi a loro disposizione. Il fatto poi che sia necessario il loro consenso per
l’attua-zione di tali piani non esclude una loro inferiorità in questo campo, posizione
che mal si concilia con le esigenze egualitarie della coordinazione. L’associazione tra
Bund e Laender può avere anche ad oggetto l’assolvimento di prestazioni, in
particolare in materia di formazione professionale. Appositi organismi comuni sono
stati creati a tale scopo, come l’Istituto di polizia di Hiltrup e la Scuola superiore di
amministrazione di Spira.
4.2. LE MODALITÀ DI COORDINAZIONE DI COMPETENZE
A) LA RIPARTIZIONE DI COMPETENZE
Si rende spesso necessario, quando il riparto effettuato dalla Legge fondamentale è
particolarmente incerto od indeterminato, che Bund e Laender provvedano ad
individuare nel testo costituzionale stesso i criteri per una concreta e ben definita
attribuzione di competenze. Essi potranno, in primo luogo, effettuare una
“interpretazione” delle norme ivi dettate: si configura come tale, ad esempio,
l’accordo relativo alla delimitazione di competenze amministrative in materia di
aviazione civile.
La reciproca delimitazione di campi è stata ottenuta anche tramite la
“concertazione” sull’esercizio delle proprie competenze: ciò si è verificato, a
proposito della conclusione dei trattati internazionali, nell’ac-cordo di Lindau. Essa
684
L. MEZZETTI
costituisce per l’appunto, più che una interpretazione, un accordo sulla delimitazione
dell’esercizio dei rispettivi poteri.
Tramite convenzioni è, infine, possibile realizzare un “trasferimen-to” di
competenze tra Bund e Laender: in questi casi, i Laender intervengono in luogo del
Bund ed esso, a sua volta, agisce per loro conto. In questa prospettiva sono stati
stipulati numerosi accordi, tra cui quelli relativi alla creazione di forze di polizia di
riserva nei Laender, che conferiscono al Bund una parte rilevante dei poteri di polizia,
oppure quelli che attribuiscono ai Laender il potere di controllare i passaporti alle
frontiere.
Di particolare importanza sono poi gli accordi sulle vie federali di navigazione:
mentre infatti l’art. 89 GG ne attribuisce l’amministra-zione ad un Land, essi ne
prevedono invece la gestione ad opera del Bund. In virtù di tali accordi viene inoltre
conferito ai Laender l’esercizio di poteri di polizia sulle vie navigabili federali, per
garantire la sicurezza e la facilità di circolazione delle navi e per controllare le carte di
navigazione. Il fondamento della legalità di tali trasferimenti è stato stabilito da una
legge federale del 1956 che autorizzò la conclusione di accordi amministrativi con i
Laender in materia di polizia fluviale.
Quanto agli effetti esterni, tale trasferimento si attua sempre all’in-segna del
principio di separazione, limitandosi quindi ad attuare una nuova ripartizione di
competenze; quanto invece ai rapporti interni, esso comporta sovente l’attribuzione di
un diritto di controllo di una istanza sull’altra.
B) L’ESERCIZIO CONCERTATO DI COMPETENZE
Si tratta di una modalità particolarmente ricorrente nelle pratiche cooperative: una
delle parti associa l’altra in un’operazione o nell’emanazione di un atto rientrante
nelle sue competenze.
La concertazione più “ortodossa” nel sistema di coordinazione spontanea è quella
posta in atto sulla base di un accordo comune tra Bund e Laender, vale a dire
“volontaria”. La concertazione volontaria può anche — più semplicemente — basarsi
sulla pratica, riuscendo ugualmente a sovrapporsi alle procedure ufficiali.
Per quanto riguarda la preparazione delle riforme costituzionali, la concertazione si
effettua nell’ambito dei colloqui tra Cancelliere federale e ministri-presidenti dei
Laender, tramite gli incaricati d’affari dei Laender ed in seno alle diverse conferenze
e comitati in cui si riuniscono i rappresentanti federali e statali. Tali comitati e
conferenze offrono al Bund e ai Laender l’opportunità di effettuare scambi di
informazioni e di assumere notizie sulle reciproche posizioni, per poi assicurarsi il
vicendevole concorso. Ciò si verifica in particolare per le direttive riguardanti le vie
di comunicazione federali, che sono frutto di una concertazione che non pregiudica le
rispettive responsabilità, dando luogo, in pratica, all’emissione di atti paralleli.
Ad un livello intermedio tra la concertazione volontaria e quella imposta si
collocano le sovvenzioni accordate dal Bund ai Laender. Essendo infatti tali crediti
inscritti nel bilancio federale, il Bund non ha rinunciato ad imporre certe condizioni ai
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
685
Laender, facendo in tal modo venire meno l’elemento “volontario” di tale
concertazione. Essa tuttavia non può neppure definirsi propriamente “imposta”,
perchè i Laender possono rifiutare la concessione dei crediti federali e, talvolta, le
stesse direttive del Bund sono oggetto di una negoziazione preliminare.
Di vera e propria concertazione “imposta” si può parlare facendo riferimento a
quella disposta dalla Legge fondamentale o da una legge federale. In particolare, l’art.
35 Grundgesetz prevede l’aiuto reciproco in campo amministrativo e giudiziario come
un obbligo di concertazione: tale dovere di assistenza, essendo disposto in termini
chiari ed inequivocabili dallo stesso testo costituzionale non può farsi rientrare nella
categoria della coordinazione cosiddetta “spontanea”.
Un ruolo determinante è quindi svolto dalla precisione delle norme costituzionali.
Di conseguenza, le disposizioni che — ad esempio — incaricano il Bund di
disciplinare la cooperazione in materia di polizia, essendo meno puntuali, gli
concedono un margine più ampio di libertà e discrezionalità nell’esercizio dei relativi
poteri.
Talvolta è invece la legge ordinaria federale ad istituire un obbligo di
concertazione, concretantesi in un semplice obbligo di informazione ovvero in una
diretta presa di contatto tra Bund e Laender. In rapporto al primo di questi casi si pone
la legge per la stabilizzazione e la crescita dell’economia, che obbliga Bund e Laender
a scambiarsi vicendevolmente informazioni al riguardo.
La legge sugli stranieri, che subordina il potere del Laender di accordare un
permesso di soggiorno, e di respingere od espellere uno straniero, ad una presa di
contatto col Ministro federale dell’Interno, rientra invece nel secondo dei casi sopra
prospettati. Quest’ultimo tipo di concertazione, di origine “federale”, testimonia il
grado di reciproca implicazione del federalismo cooperativo e del processo di
centralizzazione.
C) L’ESERCIZIO CONGIUNTO DI COMPETENZE
In questo caso l’integrazione tra Bund e Laender è totale, e può dare luogo ad atti
comuni od all’attuazione di operazioni congiunte.
La fusione delle rispettive competenze non consente di imputare l’atto o
l’operazione all’uno o all’altro ed il principio di “separazione”, così come la
personalità delle parti, si dissolve per lasciare spazio alla loro “associazione”. Senza
dubbio tale tipo di coordinazione rischia di porre radicalmente in discussione il
sistema delineato dalla Legge fondamentale: la sua portata deve perciò essere limitata
alle relazioni interne tra Bund e Laender e non sono ammessi effetti coercitivi
riguardo a terzi.
Agli “atti comuni” rientranti in questa categoria appartengono senza dubbio le
decisioni adottate da organi “misti”, come il Comitato per la ricerca o il Comitato
tedesco per l’insegnamento, cui Bund e Laender partecipano in eguale misura. Si
tratta di atti collettivi indivisibili, con forza di “raccomandazioni”, quindi non
vincolanti per i cittadini nè tanto meno per i parlamenti del Bund e dei Laender. Vi
686
L. MEZZETTI
appartengono anche le decisioni adottate nell’ambito delle Conferenze politiche o
amministrative del Bund e dei Laender, comunque si definiscano: direttive,
risoluzioni, accordi.
Allo stesso modo possono essere considerate azioni comuni, in quanto danno luogo
ad una pianificazione congiunta e all’esecuzione comune dei lavori, sia la
canalizzazione dei fiumi, sia la costruzione di università e il sostegno finanziario
concesso ad istituti di ricerca, che sono i risultati di numerosi accordi amministrativi.
Anche la polizia della navigazione, essendo materia di competenza simultanea del
Bund e dei Laender, si presta particolarmente all’azione comune, anche se in pratica i
due soggetti si sono accordati per ripartire i propri rispettivi interventi. La Scuola
superiore di amministrazione di Spira, infine, è un esempio di come Bund e Laender
hanno potuto associare le loro competenze allo scopo di fornire delle prestazioni, in
questo caso, in particolare, nel campo della formazione professionale.
L’esercizio congiunto di competenze, in definitiva, può essere talvolta meno
efficace od incisivo delle altre modalità di cooperazione in quanto meno vincolante,
ma può d’altro canto prevalere sulla mera concertazione in virtù dei suoi effetti a
favore dell’integrazione delle parti.
5. GLI ATTI DELLA COORDINAZIONE
5.1. GLI ACCORDI FEDERALI
A) AMMISSIBILITÀ, REGIME GIURIDICO E LIMITI DEGLI ACCORDI FEDERALI
L’accordo cooperativo è l’atto con cui Bund e Laender o diversi Laender si
impegnano consensualmente all’espletamento di determinate attività ed al rispetto di
regole comuni ed è uno degli strumenti usati più di frequente nella Germania federale
per tentare di risolvere i problemi provocati da una rigida ripartizione di attribuzioni
fra il Governo federale e gli stati, nonchè per affrontare quelle questioni che non
possono trovare soluzione soltanto nell’ambito di un Land, ma richiedono un’azione
coordinata dei Laender e del Bund.
L’ammissibilità in linea di principio degli accordi di diritto federale non viene in
alcun modo messa in discussione: è un dato di fatto che la collaborazione contrattuale
è propria dell’essenza stessa dello Stato federale.
Il silenzio, in proposito, della Legge fondamentale, in linea con la precedente
tradizione costituzionale, è generalmente spiegato adducendo motivi di economia
legislativa: si afferma infatti che non è necessario “consacrare” nel testo
costituzionale ciò che, in ogni caso, è considerato legale ed evidente. Sia la dottrina
che la giurisprudenza, infatti, riconoscono in via generale la capacità naturale delle
parti di stipulare accordi di diritto pubblico tra di loro.
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
687
I Laender possono quindi concludere accordi tra loro stessi negli affari che
rientrano nel loro campo di attribuzioni, operando in tal modo un’armonizzazione
sovraregionale, oppure con il Bund. Tale loro capacità è dunque incontestabile,
innanzitutto perchè risulta dalla loro “sta-talità” e, a maggior ragione, perchè si fonda
sulla previsione dell’art. 32 co. 3 Grundgesetz, che riconosce ai Laender la facoltà di
stipulare trattati con gli stati esteri. Bund e Laender sono quindi in grado di instaurare
rapporti giuridici contrattuali anche ai margini della struttura federale cosiddetta
“ufficiale”, espressamente prevista dalla Legge fondamentale.
Accertata l’ammissibilità di tali forme di accordo, si tratta ora di prendere in esame
il regime giuridico cui esse sono sottoposte, nonchè il loro ambito di applicazione
(vertragstatut).
Riguardo alla questione relativa al diritto applicabile, il Tribunale costituzionale
federale ha dichiarato che “i rapporti interni allo Stato federale sono, in virtù del
diritto della Legge fondamentale, esclusivamente disciplinati dal diritto costituzionale
federale. In tal senso, non vi è posto per l’applicazione del diritto internazionale”
(BVerfGE, 34, 216). Trattandosi quindi di relazioni interne, di natura costituzionale, e
non di carattere esterno, il diritto internazionale non si applicherà se non in via
sussidiaria, come strumento meramente ausiliario del diritto costituzionale interno. È
quindi il diritto costituzionale federale che determina la validità, la natura e la portata
giuridica degli accordi, nonché degli altri atti della coordinazione.
Il diritto costituzionale statale, a sua volta, contiene le norme sulla ratifica degli
accordi, che consiste in un atto del Parlamento; talvolta è sufficiente una semplice
zustimmungbeschluss, ma, se si richiede una legge formale, la sua formulazione è
simile alle leggi di ratifica dei trattati internazionali. Poco spazio è lasciato al diritto
comune, federale o statale. “Pare infatti improbabile che il Bund possa emettere una
legge che regoli le forme di collaborazione interfederali pattizie, principalmente a
causa della mancanza di competenza, sia espressa che implicita, alla coordinazione.
Così almeno ha sancito il Tribunale amministrativo federale, respingendo la tesi
sostenuta in dottrina di una competenza implicita del Bund, che gli spetterebbe data la
natura stessa della materia” (Violini). Altrettanto può dirsi di una eventuale legge
statale: sarebbe infatti quanto mai singolare che un Land decidesse di regolare
unilateralmente i propri rapporti con gli altri Laender.
La capacità contrattuale dei Laender risulta essere, nell’ordine federale della
Grundgesetz, una capacità generale. Tale affermazione non autorizza tuttavia le
diverse istanze federali ad instaurare qualsiasi rapporto contrattuale, su qualsiasi
oggetto. Dal principio di supremazia e rigidità della Costituzione, e soprattutto di
indisponibilità della titolarità delle competenze, derivano infatti limiti determinati, di
carattere materiale e funzionale, alla capacità contrattuale delle parti. In primo luogo,
“le normative costituzionali non sono disponibili tramite accordi perchè esse formano
il consenso fondamentale (grundkonsens) della società, non modificabile da meri
accordi, cioè senza che sia osservato il procedimento della revisione costituzionale”.
Come è noto, infatti, non è con strumenti contrattuali che si crea, modifica e deroga il
diritto costituzionale: l’intento è quello di evitare l’esercizio di un’attività costituente
illegittima, cioè svolta con un procedimento inadeguato.
688
L. MEZZETTI
Le parti in definitiva possono, tramite accordi, soltanto interpretare una
disposizione costituzionale, purchè però tale interpretazione non vincoli le parti stesse
o qualunque altro soggetto ad attenervisi. Di conseguenza, qualunque parte potrà
adire i tribunali competenti sostenendo una interpretazione diversa da quella
contrattualmente stabilita, e questi ultimi decideranno senza alcun vincolo all’opzione
interpretativa convenzionale.
Il problema di maggiore rilievo in relazione all’ambito materiale degli accordi si
pone a proposito dei cosiddetti accordi normativi, che ricadono nell’ambito di
competenza legislativa delle parti. Non potendo in ogni caso ammettersi una potestà
legislativa “contrattuale” delle parti, oltre a quella ordinaria o unilaterale, si dovrà
allora attribuire a tali accordi il valore di comuni progetti di legge. Essi hanno più che
altro il valore di accordi politici, privi di efficacia giuridica: le parti, infatti, sono
libere di approvare o meno le leggi di cui hanno concordato il progetto.
Dal punto di vista funzionale, gli accordi federali non possono alterare l’ordine
delle competenze disposto dalla Legge fondamentale. Ciononostante, si verificano
piuttosto frequentemente, in virtù di determinate convenzioni, trasferimenti “di fatto”
di competenze dall’una all’altra istanza, come nel caso in cui si incarichi un organo
comune “misto” di eseguire determinate funzioni che, in origine, spetterebbero alle
parti. Solo se tali trasferimenti vengono effettuati quod usum, oppure se si realizzano
a titolo di mandato si potranno considerare soddisfatti i presupposti della loro
legittimità costituzionale. Ogni parte deve infatti conservare integralmente i propri
poteri, per non alterare l’ordine costituzionale, potendo però disporne
discrezionalmente il modo di esercizio. Avviene così che l’organo delegato esercita
materialmente le competenze che il titolare gli ha ceduto senza però avervi rinunciato,
riservandosi cioè la facoltà di recuperarne l’esercizio in qualunque momento. Si
realizza pertanto il cosiddetto “esercizio fiduciario” di competenze, ad opera di un
organo cui la Costituzione federale non conferisce, originariamente, tale potere.
Ciò premesso, gli accordi potranno essere legittimamente conclusi in relazione
all’intero ambito di competenza delle parti che in essi intervengono. Gli accordi tra
stati membri, che possono solamente concernere le materie loro attribuite, quanto alla
competenza legislativa ed esecutiva, fanno nascere un diritto dei Laender
(landesrecht), che deve conformarsi alla Costituzione del Land stesso.
Al limite delle competenze si aggiunge poi quello derivante dalla natura stessa dei
Laender quale è delineata dalla Costituzione. Dalla previsione dell’art. 79 co. 3 GG,
che sancisce l’immodificabilità del regime federalistico, discende il divieto di
concludere trattati che ledano la sovranità dello Stato membro, o che ne diminuiscano
le potenzialità politiche, oppure trattati che compromettano gli interessi di altri stati o
che contengano disposizioni a sfavore dello Stato federale nel suo insieme, e che non
siano perciò conformi alla Bundestreue, comportamento basato sulla buona fede che
deve presiedere alle relazioni interfederali.
È da considerare inoltre il divieto di attenuare, in misura sostanziale, le funzioni di
controllo dei parlamenti dei Laender; in realtà la potestà legislativa di questi risulta
notevolmente diminuita, potendo essi solo approvare o rifiutare in blocco gli accordi
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
689
stipulati, senza potere influire sulla determinazione del loro contenuto. In tali casi la
competenza spetta infatti all’esecutivo dei Laender.
B) IL PROBLEMA DELLA AMMISSIBILITÀ DELLA PRASSI CONTRATTUALE
Lo sviluppo assunto da tale attività contrattuale nella Repubblica federale tedesca
ha suscitato un dibattito dottrinale sull’ammissibilità di una prassi di tale estensione,
posto che la sua legittimità in linea di principio è ormai fuori discussione. Si tratta
insomma di stabilire fino a che punto la Legge fondamentale consente che il Bund e i
singoli Laender esercitino i loro compiti sotto la propria esclusiva responsabilità, e
fino a che punto permette loro una sintonizzazione, un coordinamento e, in definitiva,
un “accomunamento”.
La cooperazione, in virtù della prassi contrattuale federale, ha raggiunto vari livelli
di intensità, che si possono evidenziare con alcuni esempi. Per mezzo dei trattati può
effettuarsi innanzitutto il trasferimento, a favore di una delle parti, dell’esercizio di
competenze che la Legge fondamentale ha in origine assegnato all’altra: è in tal modo
che il Bund esercita tramite i suoi organi le funzioni di polizia della navigazione che
l’art. 30 GG attribuisce alla competenza dei Laender. Allo stesso modo sono state
trasferite le competenze di polizia delle acque del Land dell’Assia ad organi della
Bassa Sassonia. Altri trattati attribuiscono ai contraenti non competenti diritti di
partecipazione nel campo spettante ad altri organi amministrativi: è il caso delle
polizie di pronto intervento dei Laender che sono sottoposte in modo permanente alle
istruzioni materiali del Governo federale.
In un’altra serie di ipotesi i trattati possono creare vere e proprie istituzioni comuni
per mezzo delle quali si attua una cooperazione in forma permanente, resa autonoma
sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa.
Un’opinione piuttosto diffusa in dottrina sostiene l’assoluta necessità della
coordinazione e della cooperazione, fino a riconoscere la possibilità di creare tre
livelli distinti di fonti del diritto, individuando, oltre al diritto della Federazione e a
quello dei Laender, anche il cosiddetto diritto della cooperazione. Tale opinione non
ha mancato di suscitare svariate critiche in nome di un maggior rispetto della rigidità
delle disposizioni costituzionali attributive di competenze che, in sostanza, sono le più
frequentemente violate dalla dilagante prassi contrattuale e dall’attività pattizia di
ridefinizione reciproca.
Anche questa rigida concezione è tuttavia incorsa in numerose obiezioni, facenti
soprattutto leva sulla conformità della cooperazione all’essenza stessa dello Stato
federale. Ciò non significa però che l’in-tensa prassi contrattuale sia priva di
svantaggi o di riflessi negativi sul piano dell’assetto democratico del sistema.
In proposito si muovono essenzialmente due obiezioni: in primo luogo, che tali
trattati possano falsare il sistema federale delineato dalla Legge fondamentale,
riducendo la funzione dell’articolazione statale-federale e turbando così l’equilibrio
dei poteri a livello federale.
690
L. MEZZETTI
In secondo luogo, si teme che il sistema di governo parlamentare possa venire
messo in discussione dalla prassi contrattuale, che è posta in essere per lo più
dall’esecutivo, per cui il centro di decisione finisce inevitabilmente per allontanarsi
dal Parlamento; è inoltre da tenere presente che il vincolo contrattuale limita
inevitabilmente lo spazio decisionale degli organi democraticamente legittimati del
Land vincolato al trattato.
Tali conseguenze negative sono, in linea di massima, tollerate dalla Legge
fondamentale; ciò che invece è incostituzionale è l’“autorinun-cia” (selbstpreisgabe)
dei singoli enti in via di trattato ad alcune competenze la cui disponibilità è valutata
come eccedente l’ambito del-l’autonomia.
La “selbstpreisgabe” è la somma valutativa di alcuni indicatori di ammissibilità: in
particolare, si fa riferimento all’importanza rivestita dall’oggetto della cooperazione,
all’intensità del vincolo nonchè alla misura del pregiudizio recato alla democrazia e
all’equilibrio federale.
La cooperazione tra Bund e Laender, e quella tra Laender estesa all’intero
territorio federale, già in linea di principio, se implicano una autorinuncia, sono
contrarie alla Costituzione. “Non può replicarsi, in maniera apodittica,
all’affermazione che il limite dell’autorinuncia può essere oltrepassato fino a che la
cooperazione resta circoscritta nella sfera regionale. In ogni caso, la delimitazione
entro l’ambito regionale non basta da sola ad affermare l’ammissibilità
dell’autorinun-cia” (Grawert). L’indagine effettuata da Grawert procede anche nel
senso di utilizzare come indici di ammissibilità l’intensità dell’influenza dei poteri
estranei e la solidità del legame contrattuale. Egli ravvisa, in particolare, l’illegittimità
nel caso di rinuncia a priori, laddove “il potere estraneo, ad esempio il Bund, sia
autorizzato a determinare discrezionalmente, caso per caso, la disciplina della sfera
materiale oggetto della rinunzia”; si fa riferimento al caso in cui si attua un
trasferimento di competenze, specialmente a favore di istituzioni comuni,
contemplato dall’art. 24 Grundgesetz solo per la sfera dei rapporti sovranazionali.
I trattati, infine, non potendo provocare mutamenti definitivi nel tessuto dello Stato
federale, “possono valere solo per un determinato periodo, debbono rimanere
risolubili e soggiacere in ogni caso alla clausola rebus sic stantibus, dichiarata dal
Tribunale costituzionale federale parte costitutiva non scritta del diritto costituzionale
federale, e perciò sottoposta al suo giudizio”.
C) GLI ACCORDI FEDERALI: STAATSVERTRAEGE E VERWALTUNGSABKOMMEN
La dottrina tedesca, tra le possibili forme di accordo tra Bund e Laender di natura
contrattuale, distingue principalmente due categorie: i trattati statali (staatsvertraege)
e le convenzioni amministrative (ver-waltungsabkommen). Analogamente a quanto
l’art. 59 co. 2 GG prevede per i trattati di diritto internazionale, si considera come
trattato di diritto federale quello che interviene tra Bund e Laender, o tra questi ultimi,
e che si riferisce al settore della legislazione; nel caso di accordi tra Laender, è tale il
trattato che regola rapporti politici e perciò richiede il consenso dei corpi legislativi
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
691
espresso in forma di legge. Quello amministrativo è invece un accordo la cui
sottoscrizione ed attuazione può essere realizzata nell’ambito della competenza
amministrativa senza necessità dell’intervento parlamentare per l’approva-zione.
Il risultato della prassi in proposito è significativo: la maggior parte degli accordi
viene conclusa in forma di convenzioni amministrative, perciò in base alla esclusiva
decisione del Governo federale e di quelli statali. Dalla creazione della Repubblica
federale Bund e Laender non hanno concluso che pochi trattati interfederali; più
numerosi sono invece quelli conclusi tra i Laender. Di particolare importanza lo
“staatsvertrag” sull’ammissione alle università e i vari trattati interstatali nel campo
della radio e della televisione.
In generale, i trattati statali vincolano le parti nel loro insieme, considerate come
unità, e quindi tutti gli organi degli stati, siano essi legislativi, esecutivi o giudiziari.
Quanto invece agli accordi amministrativi, la dottrina tedesca avanza due opposti
punti di vista: alcuni autori ritengono che essi producano effetti solo sugli organi
esecutivi che li hanno conclusi, vincolando, quindi, soltanto le rispettive pubbliche
amministrazioni. Altri sostengono, al contrario, che, trattandosi di una convenzione
tra stati, l’ac-cordo amministrativo non impegna solo l’esecutivo, ma tutti gli organi
statali. “Tale soluzione sembra preferibile: infatti la dottrina tedesca è unanime nel
riservare l’appellativo di ‘accordo amministrativo’ alle convenzioni concluse dalle
entità statali, e nel designare col termine di ‘contratto amministrativo’ quelle che
obbligano solo certi organi in seno allo Stato” (Grewe-Leymarie).
D) L’ELABORAZIONE DELLE CONVENZIONI E LA LORO RISOLUZIONE
Gli organi competenti alla conclusione degli accordi “orizzontali” sono quelli che
le rispettive costituzioni abilitano a rappresentare il proprio Land. In linea di
principio, le costituzioni dei Laender attribuiscono la capacità rappresentativa alle
proprie istanze esecutive superiori, siano esse organi unipersonali, come i ministri —
presidenti, o collegiali, come il Governo del Land nel Nordrhein-Westfalen, a Brema
o ad Amburgo.
Nelle relazioni “verticali” gli organi competenti a concludere accordi per il Bund
sono quelli che, dal punto di vista costituzionale interno, sono dotati di un potere
generale di rappresentanza: il Cancelliere, il Governo, i ministri federali, che possono
agire anche tramite rappresentanti. La funzione rappresentativa del Presidente
federale può essere invece esplicata solo sul piano internazionale.
Accordi e convenzioni non devono in genere sottostare a particolari requisiti di
forma; di conseguenza, sebbene normalmente si concludano per iscritto, non deve
escludersi la possibilità di una loro stipulazione orale. Quanto al procedimento,
occorre distinguere in base alla natura dell’accordo che si intende stipulare.
Il procedimento semplice (einfaches verfahren), applicato ai soli accordi
amministrativi, consiste nella elaborazione e conclusione dei medesimi da parte degli
organi rappresentativi del Bund e dei Laender; l’accordo viene in questo caso ad
692
L. MEZZETTI
esistenza in virtù di un semplice scambio di note, senza necessità dell’intervento
parlamentare.
Il procedimento complesso (ausnahmengesetzes verfahren) è invece previsto per
gli accordi amministrativi di maggior importanza e per i trattati interstatali. Prima di
tutto ha luogo il processo di NEGOZIAZIONE, a carico degli organi rappresentativi
delle parti, per la determinazione del contenuto dell’accordo. Successivamente ha
luogo la fase della ratifica, che consiste propriamente in un atto con cui si riconosce
l’obbligatorietà dell’accordo, la sua esistenza giuridica, e che in pratica equivale alla
conclusione vera e propria del trattato. Tale atto non costituisce tuttavia una potestà
totalmente discrezionale degli organi contraenti, ma deve assoggettarsi alle condizioni
ed ai presupposti previsti dal diritto costituzionale interno, e il consenso parlamentare
è uno di essi.
La necessità dell’intervento parlamentare è riconosciuta in quasi tutte le
costituzioni dei Laender e persino dal Tribunale Costituzionale: “è un principio del
diritto costituzionale tedesco che il Governo necessiti del consenso del Parlamento
per concludere accordi che riguardano materie legislative” (BVergGE, 4, 250).
A differenza di quanto si verifica nel diritto internazionale, ogni irregolarità o vizio
di costituzionalità riscontrabile nell’azione delle parti si trasmette all’accordo
determinandone l’invalidità.
Per quanto riguarda invece l’obbligatorietà interna degli accordi, la questione si
pone negli stessi termini del diritto internazionale: i trattati statali vincolano solo le
parti, Bund e Laender, considerate nella loro globalità, e per renderli opponibili ai vari
organi ed ai cittadini è necessario un atto di “reazione” nel diritto interno, consistente
in una legge parlamentare. Generalmente, approvazione e recezione dei trattati statali
nel diritto interno hanno luogo nello stesso momento, con un unico atto del
Parlamento, in forma di legge. Per gli accordi amministrativi è richiesta, invece,
l’emanazione di un atto amministrativo. Alla ratifica segue infine la fase della
notificazione, mediante la quale si verifica il perfezionamento del “contratto”.
Talvolta, l’accordo sottoscritto da due o più Laender prevede esplicitamente una
clausola di adesione, che consente a “terzi” Laender di entrare a farvi parte. La
risoluzione degli accordi può verificarsi per una serie di cause, contrattuali ed
extracontrattuali. Tra le prime rientra innanzitutto il decorso del termine finale, se
previsto nell’accordo e in mancanza di una clausola di proroga automatica; è
ammissibile inoltre la denuncia solo, però, se il trattato ne stabilisce il contesto
temporale, mentre, in caso contrario, le parti non potranno risolvere unilateralmente le
obbligazioni in questione, a differenza di quanto accade nel diritto internazionale in
cui esse conservano sempre tale facoltà. Sono cause extracontrattuali di risoluzione
degli accordi il consenso tra le parti, la completa esecuzione dell’accordo stesso o
l’impossibilità di portarlo a compimento, e la rinuncia del creditore a favore del
debitore. Più complesso è il problema se ed a quali condizioni possono essere
modificati o annullati i trattati tra Bund e Laender, o tra Laender, mediante una legge
federale o regionale. Si tratta cioè di appurare se al riguardo esiste una prevalenza
(vorrang) di legge oppure se il legislatore può essere limitato. A tale riguardo sono
state formulate opinioni differenti. Alcuni autori, invocando l’art. 20 co. 3 GG che
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
693
statuisce il vincolo dell’esecutivo alla legge, propendono per la subordinazione degli
accordi amministrativi alla legge, mentre per i trattati conclusi nell’ambito federale
vale, corrispondentemente, il principio della prevalenza della legge posteriore. Viene
dunque affermata una prevalenza generale di legge sul potere degli organi incaricati
di concludere trattati. Esiste, tuttavia, anche una teoria, formulata a proposito del
diritto austriaco, secondo la quale il trattato concluso dallo Stato membro prevale
sulla legge del Land; tale tesi, che sul piano della teoria generale del diritto fa
riferimento alla “stufentheorie” di Kelsen, postula che la Costituzione federale abbia
riconosciuto il trattato come fatto produttivo di norme giuridiche. D’altro canto, però,
anche la legge discende dalla Costituzione federale, e così resta da superare il
problema del conflitto fra legge e trattato. “I tentativi di stabilire delle regole per la
risoluzione dei conflitti secondo moduli di collaborazione amichevole mostrano in
ogni caso, più che chiaramente, in quale misura il federalismo cooperativo abbia
conquistato entro breve tempo una sua legittimazione di fatto così come di diritto,
conquistata, si deve aggiungere, in forza di un silenzio sorprendentemente eloquente
della Legge fondamentale riguardo ai trattati nel diritto federale” (Gra-wert).
In ogni caso, i conflitti in questione, per quanto è dato constatare, non si sono
finora manifestati in forma litigiosa, oppure non sono affatto emersi, dimostrando così
l’esistenza di un clima di amichevole collaborazione tra Bund e Laender.
5.2. GLI ATTI DI COORDINAZIONE “INFRA-CONVENZIONALI”
Ciò che accomuna tali atti è, oltre alla loro forza “infra-convenziona-le”, il fatto
che essi risultano dalle stesse procedure di elaborazione, rappresentando l’oggetto
principale delle Conferenze politiche ed amministrative del Bund e dei Laender, che
fungono da piattaforma alla loro coordinazione.
A. LE RACCOMANDAZIONI
Tra le varie tecniche di coordinazione infra-convenzionale, le raccomandazioni
sono quelle che maggiormente differiscono dalle convenzioni vere e proprie. I loro
destinatari sono, nella Germania federale, gli organi esecutivi, e talvolta quelli
legislativi, del Bund e dei Laender.
Dal fatto che esse, in linea di principio, non sono vincolanti, discende che Bund e
Laender possono anche evitare di prenderle in considerazione senza, per questo,
incorrere in alcuna particolare responsabilità; sempre che, naturalmente, essi non si
siano impegnati in anticipo ad adeguarvisi, come nel caso previsto dall’art. 3 co. 1
dell’accordo amministrativo istitutivo del Comitato di ricerca. Anche in quest’ipotesi, tuttavia, non si tratta di un vincolo assoluto, ma semplicemente della
manifestazione di un’intenzione di mettere in atto tali raccomandazioni, intenzione
che, peraltro, potrà essere suscettibile di un riesame in occasione di particolari
situazioni concrete.
694
L. MEZZETTI
B. LE DIRETTIVE
Dotate, al contrario delle raccomandazioni, di una indiscutibile forza obbligatoria,
esse si presentano innanzitutto come uno strumento per la disciplina di rapporti di
carattere gerarchico intercorrenti tra Bund e Laender. Possono configurarsi sia come
unilaterali, qualora siano emanate dal Bund — ad esempio — allo scopo di fissare i
criteri per l’assegnazione e la gestione dei crediti attribuiti ai Laender, sia come atti
collettivi, in cui si sommano quelli unilaterali e paralleli di Bund e Laender, qualora il
primo stabilisca, con una direttiva negoziata, le condizioni di esecuzione delle leggi
federali.
Le direttive possono anche assumere la veste di impegni bilaterali che determinano
obiettivi uniformi, senza tuttavia individuare in modo concreto gli strumenti necessari
per la loro realizzazione. È il caso delle direttive relative alla cooperazione tra le
autorità di polizia o al distaccamento di agenti pubblici presso organizzazioni
internazionali. Le direttive sono quindi volte essenzialmente all’applicazione
uniforme del diritto esistente, creando, a tale scopo, un legame tra le competenze
degli organi del Bund e dei Laender.
C. LE RISOLUZIONI
Le risoluzioni sono infine decisioni “complete”, in quanto enunciano al tempo
stesso obiettivi e mezzi di attuazione.
In un primo gruppo rientrano quelle consistenti in dichiarazioni che richiamano il
diritto esistente e all’occorrenza lo integrano, e che quindi, in virtù di tale riferimento,
sono obbligatorie.
In un secondo gruppo vi sono invece risoluzioni che in modo più esplicito tendono
a creare nuove regole. Significativa al riguardo è la risoluzione relativa al programma
di sicurezza interna della Repubblica federale: essa non solo tende ad intensificare la
cooperazione dei servizi federali e statali di polizia ed a centralizzare l’informazione,
ma ha pure attribuito nuove competenze al bundeskriminalamt.
5.3. GLI ORGANI COMUNI
Accanto ad accordi in cui le parti si impegnano a tenere un determinato
comportamento, e che quindi implicano l’uniformarsi a criteri e contenuti comuni,
esistono forme di collaborazione più perfezionate e complesse, che consistono nella
creazione di strutture organizzative con diversi gradi di incidenza ed innovatività
sugli organi preesistenti. La cooperazione federale, infatti, si realizza talvolta tramite
organi comuni che si incaricano dell’assolvimento di funzioni che, in origine,
spetterebbero in forma individuale alle parti, ma che esse si accordano di esercitare in
comune. Nell’ambito della collaborazione “verticale”, come in quella “orizzontale”,
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
695
vengono perciò istituiti, sia in virtù di accordi fra Stato federale e stati membri, sia
sulla base della negoziazione interstatale, i cosiddetti organi comuni.
Tali organi che, a seconda del tipo di collaborazione in atto, intervengono in settori
in cui Stato federale e stati membri abbiano entrambi competenze oppure incidono
prevalentemente sui rapporti politico-amministrativi fra stati membri, hanno per lo
più attribuzioni preparatorie, consultive e di coordinamento, mentre talvolta sono
dotati di funzioni di gestione diretta di specifici settori amministrativi. Ad alcuni di
questi organi si è già in precedenza fatto cenno, ma è comunque opportuno ricordarli,
ed in particolare la Conferenza dei Ministri-presidenti dei Laender, la Conferenza dei
presidenti dei parlamenti degli stati membri ed altri organi collegiali che riuniscono i
ministri settorialmente competenti, come la Conferenza permanente dei Ministri della
cultura, oltre ai Comitati per la ricerca e per l’inse-gnamento.
Quanto al loro collegamento con l’insieme della pubblica amministrazione, questi
organismi realizzano quella che la dottrina chiama l’“interne selbstkoordinierung”,
qualora l’ente creato mantenga un certo rapporto con le amministrazioni dei Laender
e sia in qualche modo riconducibile alla loro organizzazione; se invece sorge un
nuovo soggetto, senza alcun rapporto con altri elementi della compagine statale, si
rientra nel caso della “externe selbstkoordinierung”. La forma tipica in cui
quest’ultimo genere di coordinazione si esprime è costituita dalle cosiddette
“gemeinschaftseinrichtungen”, mentre assai più articolato è il campo della
coordinazione interna. Esso infatti prevede, da un lato, una intensa coordinazione
effettuata dalle rispettive istituzioni dei Laender nello svolgimento delle loro attività
e, dall’altro, innumerevoli forme di assunzione fiduciaria di funzioni amministrative.
A) ORGANI FIDUCIARI
Si tratta di organi che appartengono ad una istanza determinata e che svolgono
funzioni con carattere generale producendo effetti nei confronti delle altre istanze, pur
senza godere in assoluto di una posizione di superiorità rispetto ad esse. Ciò che
quindi fonda la vincolatività delle loro decisioni è il consenso, la libera volontà delle
altre parti che riconoscono di fatto l’obbligatorietà e l’efficacia interna degli atti
emanati dagli organi fiduciari.
Quanto alla direzione, ai costi di attuazione ed al controllo contabile, giudiziario e
parlamentare di tali organi, è lo “Stato-madre” che vi provvede, essendo essi
perfettamente integrati nella struttura organizzativo-gerarchica del Land cui
appartengono e al cui diritto devono quindi sottostare.
Sono quindi enti gestiti e sovvenzionati dal Land in cui hanno sede, affiancato in
tali compiti da rappresentanti degli altri soggetti stipulanti, e che hanno il potere di
porre in essere atti autorizzativi nei confronti dei singoli.
Tra le funzioni svolte da questi enti rientrano innanzitutto le “valuta-zioni”
effettuate in determinati settori e vincolanti per tutto il territorio federale: tra i casi più
noti, gli uffici preposti alla verifica delle apparecchiature antincendio (amtlichen
Pruefungstellen fur feuerloeschgeraete), istituiti con un accordo tra tutti i Laender
696
L. MEZZETTI
firmato nel 1956, in base al quale i vari stati ripartiscono, tra i rispettivi organi
specializzati in materia, la relativa competenza. Sempre nel campo delle valutazioni,
un altro esempio di organo comune a carattere “oriz-zontale” è rappresentato
dall’Ufficio per la classificazione dei films di Wiesbaden (filmbewertungstelle
wiesbaden) istituito con l’accordo stipulato tra tutti i Laender nel 1957 e integrato nel
Ministero dell’edu-cazione dell’Assia; la sua funzione consiste nella classificazione,
soprattutto ad effetti fiscali, delle pellicole che devono essere mostrate pubblicamente.
Gli organi fiduciari di cooperazione a carattere “verticale”, più scarsi, svolgono
funzioni consistenti per lo più nella creazione di centri di formazione professionale e
rilasciano titoli validi in tutto il paese, per garantire una certa uniformità per quanto
concerne sia i criteri di valutazione sia i metodi di formazione stessa. Tra essi
rientrano la Scuola superiore di scienza dell’amministrazione di Spira (hochschule
fuer verwaltungswissenschaften speyer), creata con legge del Land RenaniaPalatinato del 30 agosto 1950, cui prendono parte Bund e Laender e competente alla
formazione dei rispettivi funzionari; l’Istituto di polizia addetta alle acque
(wasserschutzpolizeischule Hamburg), istituito tramite una serie di accordi tra
Laender, nel 1955, con l’adesione del Bund, ed infine l’Istituto di polizia di Hiltrup
(Polizei-Institut Hiltrup), creato con una serie di accordi nel 1960 e 1961 tra la
Renania settentrionale-Westfalia, nella cui struttura è integrato, il Bund e gli altri
Laender.
B) ORGANI MISTI
A. LE ‘ISTITUZIONI COMUNI’ NELLA LORO REGOLAMENTAZIONE GIURIDICA
“Sono da considerarsi gemeinschaftseinrichtungen in senso stretto quelle unità
organizzative create dall’insieme dei Laender, fornite di personalità giuridica di
diritto pubblico, titolari perciò di funzioni pubbliche proprie, che svolgono un’attività
a livello federale, con effetti giuridici immediati e diretti, e che non siano
riconducibili alle forme organizzative statali conosciute” (Violini). Tali istituzioni
comuni sono state anche denominate “istituzioni fluttuanti” (freischwebende
einrichtungen) per il fatto che non si possono ascrivere ad alcuna istanza in
particolare, vale a dire che, nella struttura federale, non esiste uno “Stato-madre” in
cui possono pienamente integrarsi.
Quanto al fondamento giuridico di tali istituzioni, occorre innanzitutto chiedersi,
da un punto di vista meramente strutturale, a quale livello si deve fare riferimento
nella sua trattazione, se a quello del Land o a quello della Federazione. La questione è
stata particolarmente controversa in dottrina ed ha dato occasione anche alla Corte
costituzionale di pronunciarsi in proposito.
Respingendo infatti la teoria di Nawiasky che prefigurava, oltre al zentralstaat ed
ai gliedstaaten, anche un cosiddetto gesamtstaat, sintesi dei primi due, il Tribunale
costituzionale ha affermato che, al riguardo, tertium non datur (BVerfGE, 13, 54).
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
697
Un tentativo di venire a capo di questo complesso problema è stato effettuato
mediante la considerazione che, se è vero che non esiste un livello intermedio tra
Land e Federazione, è però altrettanto vero che non si può attribuire natura di Stato
alle gemeinschaftseinrichtungen, che quindi non possono alterare la struttura federale
prevista dalla Legge fondamentale. Esse inoltre, sempre secondo tale opinione,
sarebbero titolari di funzioni proprie in forza di un rapporto di delegazione di cui i
Laender costituiscono la parte delegante. Anche accettando tale teoria resterebbe
comunque irrisolto il problema del rapporto di derivazione da una delle istanze della
compagine federale.
Il Tribunale costituzionale federale, imbattendosi in questi problemi in occasione
delle pronuncie relative alla zweite deutsche fernsehen, non ha lasciato dubbi sul fatto
che le istituzioni comuni in generale, e la ZDF in particolare, siano perfettamente
integrate nella struttura del Land in cui hanno sede, il cui diritto si applica in funzione
sussidiaria rispetto alle clausole del trattato, divenute anch’esse, mediante ratifica,
diritto statale.
Secondo l’opinione di alcuni autori, tuttavia, il Tribunale non argomenta
esaurientemente queste sue prese di posizione, tralasciando ad esempio di giustificare
l’uso del diritto del Land dal momento che il trattato non contiene alcuna clausola di
sussidiarietà. Da questi autori viene quindi rivalutato il concetto del “dritte Ebene”,
livello intermedio tra Bund e Laender cui si vorrebbero perciò ascrivere le istituzioni
in questione. Il riconoscimento di questo “terzo livello”, tuttavia, dà uno scarso
contributo alla soluzione del problema di quale sia il diritto applicabile, non esistendo
infatti un sistema di norme qualificate come “zwischenlaenderrecht”, e non potendosi
ricorrere al diritto federale in via sussidiaria.
L’unica strada percorribile per una corretta definizione del regime giuridico delle
“istituzioni comuni” sembra dunque richiedere una modifica dell’approccio stesso
alla questione.
Occorre quindi fare riferimento principalmente al contenuto dell’ac-cordo, ossia
alla libera volontà delle parti in esso manifestata, per individuare la fonte primaria cui
attenersi per determinare il regime giuridico dell’ente creato, e successivamente, in
via sussidiaria, al diritto del Land dove l’ente stesso ha sede. “È ragionevole infatti
pensare che, essendo stato raggiunto un accordo in proposito, esso possa significare la
volontà dei contraenti di accettare in via sussidiaria le norme giuridiche vigenti nel
luogo prescelto, e questo anche in mancanza di una clausola espressa di sussidiarietà.
La struttura creata non può quindi che rimanere ancorata per esclusione al livello
statale” (Violini).
B. LA QUESTIONE DELLA ZWEITE DEUTSCHE FERNSEHEN (ZDF)
La controversia sull’attribuzione delle competenze in materia di trasmissioni
radiotelevisive, iniziata nel 1951, portò nel 1961 ad una sentenza del Tribunale
costituzionale federale, che pose fine alla disputa ormai decennale. In virtù di questa
sentenza del Tribunale, favorevole ai Laender, il governo di Adenauer dovette
698
L. MEZZETTI
desistere dal progetto di costituire, nonostante il permanere del disaccordo con il
potere dei Laender, una s.r.l. che realizzasse il secondo programma televisivo; la
Corte ritenne in pratica che questo proposito, oltre che costituzionalmente illegittimo,
fosse contrario al principio di lealtà federale.
A seguito di tale decisione i Laender stipularono un trattato col quale si
accordarono tra loro “al fine di svolgere mediante un’autonoma istituzione in modo
uniforme su tutto il territorio federale una funzione così rilevante quale la diffusione
di un programma televisivo” (Violini). In tal modo, col trattato del 6 giugno 1961
sottoscritto da tutti i Laender fu creata la Seconda televisione tedesca (ZDF) nella
forma di “istituzione comune” di diritto pubblico; la sua esistenza fu però
immediatamente oggetto di una certa conflittualità tra Bund e Laender. Il fatto che i
Laender potessero assolvere autonomamente funzioni rilevanti per tutta la
Federazione fu interpretato come il primo passo di un processo di esautorazione del
Bund e di perdita di significato del federalismo e dei principi democratici ad esso
connessi. Piuttosto singolare fu tuttavia il fatto che non fosse il Bund, bensì lo Stato
della Baviera a sollevare la questione di costituzionalità del trattato e dell’istituzione
stessa; in particolare si sostenne la violazione dell’art. 20 GG che appartiene, in base
all’art. 79 co. 3 GG, ai principi immodificabili della Costituzione tedesca.
Ciò ha comportato nuove valutazioni del Tribunale costituzionale riguardo alle
singole norme del trattato istitutivo della ZDF; nel controbattere all’accusa di
violazione del principio di legalità esso ha affermato che il rispetto di tale principio è
garantito dall’applicazione del diritto del Land, in cui l’istituzione ha sede, in via
sussidiaria rispetto alle clausole del trattato.
In altri termini, è al Land che compete stabilire modi e forme per l’esercizio delle
proprie funzioni amministrative, tra cui può essere compreso anche lo strumento delle
istituzioni comuni: queste infatti si pongono, stando alle affermazioni della Corte, al
livello del Land e la loro creazione non altera la compagine dello Stato.
Nessun altro contrasto con l’art. 20 GG viene rilevato dalla Corte nè in relazione
alla composizione degli organi direttivi della ZDF, che consente la messa in
minoranza dei capi di governo dei Laender, nè per quanto concerne il controllo che
viene a turno esercitato dai Laender. Lo stesso Tribunale si pronuncia in proposito
anche allorchè richiama la possibilità, garantita ai Laender dall’accordo, di
denunziare il trattato stesso, salvaguardando così l’integrità dei loro diritti nonchè la
loro libertà di adesione.
Quanto infine alle presunte violazioni del principio democratico, per effetto
dell’esercizio, senza il controllo di una rappresentanza popolare democraticamente
eletta, di una pubblica funzione riguardante un diritto fondamentale, la Corte
rammenta l’esistenza della responsabilità del capo del Governo nei confronti del
Parlamento.
Secondo la posizione assunta dal Tribunale la struttura della ZDF non presenta
alcuna diversità di rilievo rispetto agli altri enti creati mediante accordi interfederali,
nè sembra insediarsi in quella sorta di ‘terra di nessuno’ costituita dalla zona
intermedia tra Bund e Laender, il “dritte ebene” inesistente secondo la giurisprudenza
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
699
delle supreme corti federali; l’ente stesso è perciò saldamente ancorato all’amministrazione del Land.
C. ALTRI ORGANI MISTI DI COOPERAZIONE
La Commissione di lavoro degli enti televisivi tedeschi (arbeitsge-meinschaft der
rundfunkanstalten in deutschland, ARD) è un’organiz-zazione, creata tramite vari
accordi amministrativi, che raggruppa e coordina le televisioni statali, realizzando
programmi comuni e svolgendo compiti di portata sovraregionale; tra questi, la
rappresentanza generale e la cura dei diritti sovrani dei Laender in materia di
radiotelevisione in tutto il territorio federale e la realizzazione di attività di interesse
generale che eccedano le possibilità delle singole società.
Sono infine organi a carattere “verticale” la Commissione competente per le
autorizzazioni amministrative relative a nuovi metodi e materiali di costruzione e la
Commissione esaminatrice per il servizio statale superiore nel lavoro minerario.
6. IL PRINCIPIO DELLA “BUNDESTREUE”
6.1. EVOLUZIONE DEL PRINCIPIO DELLA BUNDESTREUE NELLA STORIA COSTITUZIONALE
TEDESCA E SUO FONDAMENTO
L’esigenza di una “leale collaborazione” tra le diverse istanze statali è connaturata
all’essenza stessa dello Stato federale, come dimostra l’evoluzione del principio della
“Bundestreue” nella storia costituzionale tedesca. L’unità del paese, ovvero il II
Reich, fu il risultato di una serie di trattati tra i diversi stati tedeschi, motivo per il
quale la Costituzione del 1871 fu caratterizzata da evidenti presupposti contrattuali.
Dal concetto stesso di contratto derivò così un principio generico di buona fede e di
dovere di leale adempimento degli impegni precedentemente assunti dagli stati. Tale
presupposto di fedeltà al patto originario fu tuttavia strumentalizzato dall’Impero al
fine di limitare il rafforzarsi dell’istituto parlamentare e di risolvere i conflitti tra
Reich e Laender in favore degli interessi del primo. In un saggio pubblicato nel 1916,
intitolato “Diritto costituzionale non scritto nello Stato federale monarchico”, Rudolf
Smend mise a punto una teoria giuridica del principio di lealtà federale, formulando
per la prima volta in termini strettamente giuridici il dovere dei membri del Reich di
prestare fedeltà agli impegni assunti (Bundestreue) e di mantenere amichevoli
relazioni federali (bundesfreundliches verhalten).
In particolare, il fondamento essenziale di tale principio era individuato da Smend
in una lacuna della Costituzione del Reich, relativa alle disposizioni disciplinanti i
rapporti tra Bund e Laender. Altre opinioni della dottrina, ed in particolare quelle di
Laband e Triepel, non risparmiarono tuttavia di critiche queste impostazioni di
Smend; il primo, in particolare, sosteneva che il dovere di fedeltà dei Laender
700
L. MEZZETTI
coincidesse in realtà con obblighi nei confronti dei Reich già prestabiliti a loro carico
e che, in ogni caso, nessuno Stato fosse giuridicamente costretto a non perseguire
esclusivamente i propri particolari interessi.
Quanto a Triepel, tale autore sosteneva il carattere puramente unilaterale del
principio di fedeltà, comportante obblighi solo a carico dei Laender. La vigenza del
principio di lealtà fu poi successivamente confermata dalla dottrina anche all’epoca
della Repubblica di Weimar, nonostante la nuova Costituzione non avesse più alcun
presupposto negoziale e le forme di ingerenza diretta del Bund nell’ambito
dell’attività dei Laender si fossero intensificate; l’obbligo di “fedeltà”, vincolante i
Laender, divenne allora uno degli strumenti di centralizzazione del regime. Benchè
l’attuale Costituzione tedesca non abbia un fondamento contrattuale, la dottrina e la
giurisprudenza hanno ugualmente riconosciuto l’esistenza della “Bundestreue” come
principio generale costituzionale non scritto, inerente all’essenza stessa dello Stato
federale (BVerGE 6, 261; 8, 138). Il dovere di lealtà federale non si fonda più su una
lacuna della Costituzione che, al contrario, disciplina in modo tendenzialmente
esaustivo la ripartizione di funzioni e competenze statali tra Bund e Laender.
“Bundestreue” è perciò un elemento di connessione costante delle diverse peculiarità
disciplinate dalla Legge fondamentale e significa rispetto della autonoma statualità di
Bund e Laender, nonchè considerazione reciproca.
Il principio della lealtà federale, quindi, come elemento coessenziale alla struttura
federale, svolge un’insostituibile funzione di conciliazione ed “alleviamento” delle
tensioni che inevitabilmente si producono all’interno di un tale ordinamento. Esso
diviene così il principio informatore delle relazioni tra il Bund e i Laender e tra questi
ultimi, obbligando ciascuna delle parti a prendere sempre in considerazione gli
interessi della collettività; le relazioni tra le diverse istanze potranno dunque
impostarsi su un piano di amicizia e collaborazione che trascenda il semplice rispetto
del tenore letterale delle disposizioni costituzionali.
La funzione di armonizzazione in tal modo svolta rende così pressoché illimitato il
campo di applicazione di questo principio, che è intrinseco alla natura
dell’ordinamento federale.
6.2. CONCETTO E FUNZIONI DEL PRINCIPIO DI ‘FEDELTÀ FEDERALE’
Il Tribunale costituzionale federale prende posizione per la prima volta sul tema
della Bundestreue e sul connesso dovere di condotta collaborativa sotto il profilo
federale con una pronuncia del 21 maggio 1952. “Il principio federalistico della
Costituzione contiene il dovere giuridico di tutti coloro che partecipano al “patto”
costituzionale di cooperare in conformità all’essenza di tale patto e di contribuire al
suo rafforzamento, nonchè alla garanzia degli interessi comuni” (BVerGE 1, 299,
315). In un’altra sentenza, la Bundestreue viene configurata come il dovere comune
del Bund e dei Laender di proteggere l’ordinamen-to federale ad ogni livello dello
Stato nel suo complesso; il fatto poi che una parte abbia violato il principio di fedeltà
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
701
non autorizza le altre a fare lo stesso, neppure nei confronti di chi per primo ha
trasgredito (BVerfGE 8, 122).
Il Bund e i Laender hanno quindi l’obbligo di cooperare per evitare che l’interesse
di uno dei membri del sistema federale sia messo a repentaglio. L’esigenza della
“leale collaborazione” tra Stato centrale e stati membri implica perciò, oltre
all’impegno di entrambi a rispettare le reciproche sfere di interessi, una limitazione
della loro discrezionalità nell’esercizio delle rispettive competenze. Non si tratta di
soddisfare esigenze di uniformità, che per altro non sarebbero conformi all’essenza
del federalismo, ma piuttosto di non arrecare pregiudizio, con un abuso di
competenza, agli interessi della collettività. In altri termini, è proibito l’esercizio del
diritto di cui si gode se ne deriva l’altrui svantaggio. Il principio della Bundestreue,
oltre alla funzione generale di presiedere alle relazioni federali, ne assolve una
specifica, consistente nella previsione di obbligazioni concrete a carico del Bund e dei
Laender. Essa ha perciò un chiaro valore sussidiario, dal momento che si limita a
“completare” il sistema delle disposizioni costituzionali esplicite, disciplinando
rapporti che non siano già preregolamentati dalla Legge fondamentale. È quindi con
estrema precauzione che in nome della lealtà federale, principio non scritto, possono
introdursi nuovi limiti ed obbligazioni; essi infatti devono confrontarsi e conciliarsi
con altrettanti limiti ed obbligazioni già esplicitamente riconosciuti dalla
Costituzione.
6.3. IL RUOLO DEL TRIBUNALE COSTITUZIONALE FEDERALE IN RELAZIONE ALLA
BUNDESTREUE
Molte norme della Costituzione federale contengono un richiamo al dovere di
reciproca leale collaborazione tra Laender e Bund, principio che resta comunque
inespresso ed implicitamente sotteso a tutte le norme relative ai rapporti interfederali.
Le obbligazioni che derivano dal principio della Bundestreue possono quindi essere
identificate solo facendo riferimento alla giurisprudenza costituzionale.
Tale giurisprudenza è infatti una significativa espressione della situazione in base
alla quale il Bund e i Laender, confrontandosi quali partner di eguale valore, hanno la
possibilità di portare in casi estremi le proprie controversie davanti al Tribunale
costituzionale federale, nella forma di un conflitto costituzionale. Detto Tribunale
ricorre infatti spesso al principio di “lealtà federale” come criterio di chiarificazione
di determinate questioni costituzionali: per quanto concerne i Laender, tramite tale
giurisprudenza essi vengono energicamente richiamati al rispetto dell’interesse
globale. Contestualmente essi trovano tuttavia una chiara conferma delle significative
ed estese competenze riconosciute loro dalla Legge fondamentale.
Infatti, non tutti i conflitti federali possono essere risolti in base a parametri
giuridici, svolgendosi alcuni di essi sullo sfondo di controversie politiche e
richiedendo, come logica conseguenza, una composizione di carattere politico ad
opera delle istanze a ciò competenti.
702
L. MEZZETTI
Rispetto a questo tipo di controversie, perciò, il Tribunale costituzionale evita di
pronunciarsi sull’osservanza o meno del principio di lealtà federale e di utilizzare tale
concetto per modificare od alterare il sistema delle competenze dello Stato federale.
La sentenza in tema di referendum e quella in materia radiotelevisiva, per citare
alcuni esempi, costituiscono una conferma del riparto delle competenze fra Bund e
Laender contenuto nella Legge fondamentale.
La prima decisione della Corte costituzionale con cui il principio della “lealtà
federale” fu introdotto nel sistema costituzionale tedesco concerneva un problema
particolarmente dibattuto nel dopoguerra, cioè la ricostruzione delle case. La Corte fu
adita in quanto non si riusciva a raggiungere l’accordo di tutti i Laender sui criteri di
ripartizione dei finanziamenti a tale scopo stanziati; nessuna norma costituzionale o
federale permetteva d’altro canto l’adozione, in luogo dell’unanimità, del criterio di
maggioranza.
La Corte introdusse così, con la sua decisione (BVerfGE 1, 310), il principio di
lealtà federale, consistente nel dovere di collaborazione da parte di tutti quando è
necessario un accordo, considerando irrilevante l’opposizione pregiudiziale di una
delle parti nei confronti del-l’intesa generale. Il veto di alcuni deve quindi essere
ragionevolmente e fondatamente motivato, non essendo accettabile se arbitrario. La
cosiddetta “Hessen-Urteil” fu emessa dalla Corte nel 1958 (BVerfGE 8, 122), in
relazione alla disputa che oppose il Bund e il Land dell’Assia a proposito dei
referendum indetti dagli enti municipali sull’opportunità o meno di equipaggiare con
armi nucleari l’esercito tedesco. Questi sondaggi di opinione, promossi
dall’opposizione per contrastare la politica di armamento del Governo federale, erano
formalmente legali, anche se evidente ne era il significato: creare una sorta di
pressione politica. Il Governo federale, pur essendo fortemente interessato a proibire
quei sondaggi, non aveva tuttavia alcuno strumento legale per prevenirli, non potendo
influenzare in alcun modo le leggi e le attività municipali. Il Tribunale costituzionale
fu in tal modo indotto a prevedere un’altra forma di lealtà federale, individuando,
nella violazione costituzionale ad opera del Land dell’Assia, una vera e propria
violazione del principio di condotta collaborativa. Stando alla sentenza emessa in
proposito, poichè non era consentito a livello municipale interferire in problemi
strettamente federali, di competenza esclusiva degli organi costituzionali del Bund,
come, nella fattispecie, la politica estera e la difesa, il Governo dell’Assia era tenuto
ad intervenire, nello spirito del principio di condotta collaborativa, in favore degli
interessi della Federazione. In particolare, avendo tale governo, a differenza di quello
federale, poteri legali di controllo giuridico sull’autorità municipale promotrice dei
referendum in questione, il Tribunale lo ritenne obbligato ad annullare le
deliberazioni comunali sullo svolgimento delle consultazioni popolari, trattandosi di
materia di esclusiva competenza del Bund.
Una delle controversie più importanti in cui la Corte ha individuato una violazione
del principio della Bundestreue è stata quella in materia radiotelevisiva, relativa al
sistema delle emittenti televisive private che il Governo di Adenauer tentava di
attuare nonostante l’opposizione di tutti i Laender, nessuno dei quali era disposto a
partecipare ad un simile tipo di società. La “Fernsehen-Urteil” (BVerfGE 12, 205)
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
703
sancì la completa vittoria dei Laender. A loro favore si riconobbe innanzitutto che
l’organizzazione di trasmissioni radiotelevisive è di competenza dei Laender come
compito di natura pubblica. Si rilevò inoltre una violazione della libertà di
radiodiffusione pubblica (art. 5 GG) da parte del Bund, il quale pretendeva di
disciplinarla mediante un contratto di società, nonchè la violazione, parimenti da parte
del Governo federale, del dovere di condotta collaborativa nei confronti dei Laender.
Esso infatti, con il proprio procedere, avrebbe introdotto discriminazioni tra i Laender
in base al loro indirizzo politico, tendendo alla ricerca di un accordo solo con alcuni
di essi, i governi dei quali fossero in linea con il suo orientamento, e ponendo gli altri
di fronte al fatto compiuto. Una ulteriore sentenza del Tribunale costituzionale fu
originata, alla fine degli anni settanta, da alcune irregolarità procedimentali in cui
incorse un finanziamento comune. Si trattava di uno stanziamento, da parte della
confederazione, di una certa somma di denaro, effettuato direttamente a livello
municipale; non fu l’intento, di per sé positivo, ma l’improprietà della procedura
adottata dal Bund a configurare una violazione del principio di lealtà federale. Non
esisteva infatti alcuna base legale: non era stata emanata alcuna regolamentazione
federale in materia nè era stato ottenuto il consenso del Bundesrat. La Corte sostenne
invece che, in tali situazioni, dovevano essere svolti idonei negoziati, allo stesso
modo in cui gli stati sovrani avrebbero trattato fra di loro. Il Tribunale costituzionale
si è inoltre occupato del dovere di condotta collaborativa in una pronuncia del 22
maggio 1990 (BVerfGE 81, 310), in relazione all’aspetto del principio della
Bundestreue rappresentato dall’obbligo di rispetto reciproco fra Bund e Laender in
senso procedurale. Si tratta, in pratica, del dovere di considerare le posizioni dell’altra
parte e di adoperarsi per raggiungere un accordo; ciò si verifica, in particolare, nei
casi in cui il Bund adotta atti sovrani vincolanti nei confronti dei Laender, come ad
esempio le istruzioni nell’ambito della c.d. ‘amministrazione delegata’. Nella
fattispecie, si trattava di un ‘istruzione impartita dal Ministro federale dell’ambiente al
ministero competente della Renania settentrionale-Westfalia per l’esecuzione
amministrativa della legge sull’uso pacifico dell’energia nucleare. Pronunciandosi
sulla costituzionalità di tale atto, il Tribunale fece riferimento al dovere di
comportamento collaborativo sotto il profilo federale per accertare se il Bund avesse
osservato o meno il necessario rispetto del Land. Il Land risultò quindi sconfitto,
avendo il Bund adempiuto all’obbligo procedurale di assunzione del relativo parere
prima del conferimento dell’istruzione ed avendo prodotto uno sforzo per il
raggiungimento di una comune intesa.
7. LA COOPERAZIONE ISTITUZIONALIZZATA
7.1. LA RIFORMA COSTITUZIONALE DEGLI ANNI 1967-1969
La revisione cui la Legge fondamentale fu sottoposta nel periodo 1967-1969
comportò l’“istituzionalizzazione” di alcune forme di cooperazione verticale e, allo
stesso tempo, una chiarificazione di importanti aspetti dei rapporti finanziari tra le
704
L. MEZZETTI
diverse istanze statali. Si tratta dell’affermazione del modello di federalismo definito
“coopera-tivo in senso stretto” resa possibile dall’introduzione del nuovo istituto dei
“compiti comuni”. La riforma della Costituzione finanziaria del 1969 era infatti
preordinata al riconoscimento ed all’attribuzione di un fondamento e di una
legittimità costituzionale a pratiche e relazioni cooperative fino a quel momento
sviluppatesi in via “informale”, per ricondurle sul terreno della legalità. Non tutte tali
pratiche, tuttavia, furono istituzionalizzate, continuando ad esistere innumerevoli
relazioni cooperative “clandestine”.
A) IL PARERE DELLA COMMISSIONE TROEGER
Il parere relativo alla riforma finanziaria nella Repubblica federale tedesca,
presentato nel 1966 dalla Commissione Troeger, che prospettava una vasta gamma di
riforme, dette il via a modifiche ed integrazioni della Legge fondamentale che
innovavano nell’essenza il sistema di separazione fino ad allora considerato come
principio costituzionale. La configurazione data dalla Commissione all’istituto dei
“compiti comuni” prevedeva l’abilitazione del legislatore federale, con l’accordo del
Bundesrat, ad individuare le materie considerate comuni, intendendo per tali quelle
rilevanti per la collettività intera e richiedenti una pianificazione comune a lungo
termine. La pianificazione comune di attuazione, stando al parere della Commissione,
avrebbe dovuto risultare dalle decisioni concordate dal Governo federale e dal
Bundesrat, ma nel complesso si risolveva nell’attribuzione, al Bund, di un’ampia
capacità in materia. La proposta del Governo federale, frutto di una negoziazione con
i Laender, si discostò sensibilmente da quella avanzata dalla Commissione. Infatti,
oltre ad una lista tassativa delle materie “comu-ni”, in luogo dell’indeterminatezza
della clausola generale suggerita dalla Commissione Troeger, fu proposta la
collocazione del nuovo istituto in un Titolo specifico, autonomo rispetto all’VIII della
Legge fondamentale; fu inoltre suggerito di considerare la pianificazione come una
funzione “congiunta” e non come funzione quasi esclusiva del Governo federale. Tale
proposta fu accettata e seguita dall’approvazione della riforma con tre leggi
costituzionali del 12 maggio 1969.
B) I “COMPITI COMUNI” (GEMEINSCHAFTSAUFGABEN) COME LEGALIZZAZIONE DI
PRATICHE GIÀ ESISTENTI
In collegamento sistematico con il Titolo VIII della Legge fondamentale relativo
all’esecuzione delle leggi federali ed all’amministra-zione federale, fu inserito, nel
quadro della riforma finanziaria costituzionale del 1969, il Titolo VIIIa, recante
l’intestazione “Compiti comuni”, e comprendente gli articoli 91a e 91b. A ciò si
aggiungeva la disposizione dell’art. 104a co. 4, anch’esso relativo ai compiti comuni :
alla clausola generale della relazione Troeger si sostituiva dunque una disciplina più
circostanziata dei rapporti e degli ambiti di cooperazione. In tal modo fu formalmente
introdotta nell’ordinamento tedesco la previsione costituzionale di una cooperazione
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
705
fra i due livelli del sistema federale in determinati ambiti. La disciplina delle
cosiddette “competenze congiunte” rende perciò attuabile, con l’integrazione, il
superamento della preesistente separazione di sfere di attribuzione. In realtà, la
riforma del 1969, con l’introduzione formale dell’istituto dei “compiti comuni”, non
ha comportato alcuna radicale innovazione, nè ha delineato prospettive del tutto
sconosciute alla prassi ed al diritto costituzionale tedesco. Si è trattato piuttosto della
“consacrazione”, ossia del riconoscimento e della regolamentazione, in base ad una
precisa disciplina giuridica, di una numerosa serie di pratiche federali di
cooperazione, ormai ampiamente sperimentate nella prassi. I settori in cui nel 1969
sono stati introdotti i vari meccanismi di cooperazione erano quindi già
precedentemente caratterizzati dall’esistenza di una prassi, in virtù della quale
funzioni pubbliche attribuite a singole istanze od enti venivano in realtà realizzate da
organi comuni creati all’occorrenza o mediante lo sviluppo di pratiche convenzionali
tra le stesse parti. Ciò si verificava, per citare alcuni esempi, sia in materia di
istituzione di università, sia nel campo della pianificazione dell’in-segnamento e del
finanziamento delle istituzioni di ricerca, in cui le raccomandazioni dei relativi
comitati e consigli esistenti costituivano un punto di riferimento e di indirizzo
dell’azione dei Laender nei rispettivi settori. Per quanto riguarda il miglioramento
della struttura agricola, pur essendo tale materia oggetto di legislazione concorrente,
una coordinazione tra Bund e Laender, o meglio, una partecipazione del Bund alle
funzioni dei Laender veniva già effettuata in virtù del “Piano Verde” approvato da
una legge federale del 1955. In questi casi si creava “di fatto” un meccanismo di
pianificazione congiunta e l’attuazione che ne conseguiva contava sull’appoggio
finanziario del Bund: il tutto, naturalmente, in forma “clandestina”, ai margini della
Costituzione. Durante gli anni ’50 e ’60, infatti, il Governo federale provocò
gradualmente un cambiamento de facto dell’assetto costituzionale, convogliando
denaro federale in un numero crescente di aree di intervento e creando un
corrispondente sistema federale di contributi, che interferiva negli affari
amministrativi statali e locali.
Il favore dei governi statali nei confronti di tali contributi era mitigato dalla loro
scarsa possibilità di influenzare le modalità di riparto di questi fondi. Fu così che
maturò l’esigenza di legalizzare ed istituzionalizzare i programmi di contributi
federali, cosa che per l’appunto si verificò nel 1969. Furono definite le aree di
intervento in cui sarebbero stati consent“ contributi federali agli stati ed ai governi
locali e ove una pianificazione congiunta della federazione e degli stati sull’uso di tali
contributi avrebbe preso piede.
706
L. MEZZETTI
7.2. LA COOPERAZIONE “OBBLIGATORIA”: L’ART. 91A GG
A) NATURA, PRESUPPOSTI E PORTATA DELLA COOPERAZIONE OBBLIGATORIA
L’art. 91 GG si occupa dei compiti comuni in senso stretto, espressamente definiti
come tali, e ne delinea il regime generale. In particolare, viene codificato il principio
della collaborazione prestata dal Bund ai Laender in ordine all’assolvimento di
compiti che, in base alla Legge fondamentale, risultano essere di spettanza esclusiva
di questi ultimi. Si tratta, in particolare, di attività di carattere amministrativo dei
Laender, non consistenti nell’esecuzione di leggi federali e rispetto alle quali vige, in
linea di principio, il divieto di amministrazione mista: la previsione dell’art. 91a si
configura pertanto come un’eccezione al principio di separazione amministrativa. La
partecipazione del Bund presuppone innanzitutto che questi compiti trascendano il
singolo Land, vale a dire che siano rilevanti per lo Stato federale nella sua totalità, e
inoltre che tale cooperazione sia funzionale al miglioramento del livello delle
condizioni sociali di vita. In tal modo la riforma finanziaria ribadisce due principi già
presenti in modo più o meno chiaro nella Legge fondamentale: l’uniformità e la
solidarietà. Il presupposto oggettivo, ossia l’ambito materiale su cui si innesta la
cooperazione, è tassativamente determinato dalla stessa Costituzione ed individuato
nell’ampliamento e nuova costruzione di università, comprese le cliniche
universitarie, nel miglioramento della struttura economica regionale ed infine nel
miglioramento della struttura agraria e della protezione costiera. Nonostante
l’enunciazione di tali materie sia esaustiva, il legislatore costituzionale fa rinvio alla
legge federale per una definizione più precisa dei compiti comuni. Partecipazione
“obbligato-ria” del Bund significa che esso non può restare passivo, ma neanche agire
da solo in via esclusiva nell’intera materia. Tuttavia, dovendo il Bund intervenire
qualora risultino integrati i presupposti dall’art. 91a, si pone il problema se non ne
derivi, per i Laender, una limitazione all’adempimento, di propria iniziativa, dei
compiti costituzionalmente loro spettanti. La questione non riceve una risposta
definitiva nell’art. 91a, dalla cui lettera è invece desumibi1e una restrizione della
libertà d’azione e dell’autonomia dei Laender. La pratica, al contrario, rivela
l’esistenza di programmi propri dei Laender. I compiti comuni si configurano in tal
modo come una modalità d’intervento dai contorni ben delineati, ma allo stesso
tempo suscettibili di variazioni secondo la volontà del Bund e dei Laender.
B) LA REALIZZAZIONE DEI COMPITI COMUNI
A) LA PROGRAMMAZIONE — QUADRO COMUNE (RAHMENPLANUNG)
Alla realizzazione dei compiti comuni Bund e Laender cooperano soprattutto
mediante una pianificazione comune, partecipando tutti alle spese ed essendo
reciprocamente responsabili. Il meccanismo organizzativo e procedimentale che
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
707
presiede alla cooperazione nell’ambito dei compiti comuni è disciplinato dal
legislatore ordinario col consenso del Bundesrat. Mediante legge federale, infatti,
devono essere elaborate norme riguardanti le procedure e gli istituti di una “comune
pianificazione di cornice” (rahmenplanung) nonchè i principi di carattere generale
che regolano l’inadempimento dei compiti comuni, da destinarsi agli organi misti di
pianificazione congiunta. È inoltre la legge ordinaria che provvede a precisare le
modalità di partecipazione finanziaria del Bund. La programmazione comune di
inquadramento, che ha essenzialmente ad oggetto gli obiettivi da raggiungere, gli
strumenti ed i mezzi finanziari all’uopo necessari, è opera di un Comitato di
coordinamento (planungsausschuss). Le misure adottate devono trovare il consenso
preventivo da parte dello Stato membro sul cui territorio vanno applicate: in tal modo
viene relativizzato il principio della regola maggioritaria nelle decisioni del Comitato.
L’iniziativa, nel processo di pianificazione, spetta ai Laender, che elaborano le
proposte-base su cui verrà discusso il piano-cornice e le trasmettono, per l’iscrizione,
al Comitato di programmazione, in vista di un esame di quest’ultimo.
Avvenuta l’iscrizione della proposta nel piano-cornice, il Land potrà rifiutare la
pianificazione comune solo a condizione di ritirare il proprio consenso al progetto
prima che questo venga votato in seno al Comitato. Acquista dunque in tal modo
particolare rilievo la partecipazione dei Laender anche alla fase deliberativa della
decisione di indirizzo; in tale stadio preliminare essi possono infatti svolgere un ruolo
“creativo”. La capacità deliberativa affidata al Bund è per lo più preordinata alla tutela
dell’unità di indirizzo ed alla correzione od integrazione dei progetti avanzati dai
Laender. Una volta approvato dal Comitato di pianificazione, il piano-cornice, pur
non avendo carattere di legge data la sua provenienza da organi esecutivi, è tuttavia
vincolante per i governi rappresentati. La sua natura non propriamente legislativa nè
regolamentare gli vale la qualifica di “atto collettivo di direzione dello Stato”
(staatsleitender gesamtakt). È infine compito dei Laender darvi esecuzione ponendo
in essere le relative misure e, in particolare, l’elaborazione di piani concreti di
dettaglio, l’assunzione di una responsabilità sotto forma di obbligo d’informazione ed
il sostenimento delle spese necessarie. Dovendo fare un bilancio, la posizione dei
Laender, nell’ambito della comune pianificazione, non sempre presenta tuttavia
caratteri univoci nel senso di una loro indiscussa libertà d’azione. Se è vero che
l’unico controllo cui essi devono sottostare nell’ambito di tale procedimento è quello
richiedente una semplice reciproca informazione, è tuttavia altrettanto vero, d’altro
canto, che la loro autonomia subisce forti limitazioni.
In pratica il meccanismo di coordinamento ha operato in modo da trasferire le
competenze decisionali al Comitato e la pianificazione di cornice ha finito per essere
così dettagliata da limitare spesso lo spazio necessario per le decisioni politiche del
Land interessato.
Le spese sopportate dai Laender, relative all’amministrazione dei compiti comuni e
ad eventuali investimenti che si rendessero necessari, possono inoltre essere tanto
elevate da indurli e rifiutare la pianificazione comune, con tutti gli effetti che ne
derivano.
708
L. MEZZETTI
B) IL FINANZIAMENTO COMUNE
Oltre alla pianificazione-quadro congiunta, l’attuazione dei compiti comuni
richiede il finanziamento comune dell’attività prevista nei piani-quadro e di sviluppo.
L’art. 91a determina direttamente la quota di spesa che incombe su ciascuna delle
parti, fissandola, per quanto riguarda la costruzione di università e il miglioramento
della struttura economica regionale, al 50% a carico di ogni istanza. Quanto invece al
terzo ambito materiale dei compiti comuni, la Costituzione prevede una formula più
flessibile, stabilendo che il Bund deve sopportare come minimo la metà del carico
finanziario. Ciò che ha suscitato le critiche dei Laender è che soltanto le spese iniziali
sono sopportate congiuntamente, mentre tale associazione non si estende ai costi di
funzionamento. Ne conseguono perciò carichi finanziari non indifferenti per i
Laender, che si trovano quindi impossibilitati a dedicarsi ad attività ulteriori rispetto
ai compiti comuni. Il meccanismo di finanziamento comune legalizzerebbe in tal
modo la cosiddetta “dittatura finanziaria” del Bund, impedendo ai Laender di fare un
uso effettivo del loro diritto di opporsi alla pianificazione comune di un progetto.
Tramite l’inter-vento finanziario lo Stato federale riesce quindi a condizionare
variamente le scelte degli stati membri. La Costituzione stabilisce, poi, che la facoltà
di approvare i mezzi finanziari da utilizzare per la realizzazione dei compiti comuni è
riservata alla determinazione in sede di bilancio preventivo del Bund e dei Laender.
7.3. SEGUE: LA PIANIFICAZIONE E COORDINAZIONE DELLA POLITICA FINANZIARIA E DI
BILANCIO (ART. 109 GG)
L’autonomia reciproca di Bund e Laender in materia di bilancio,
costituzionalmente sancita, è in parte attenuata dall’esistenza di numerose
interrelazioni tra le due istanze, che vincolano i rispettivi poteri creando una stretta
interdipendenza in svariati settori della politica di bilancio. Oltre a queste relazioni
esistono specifiche limitazioni al principio di autonomia in materia di bilancio, che la
stessa Costituzione ha introdotto con il nuovo art. 109. Tale norma prevede
innanzitutto una armonizzazione dei principi generali che regolano i rispettivi bilanci
del Bund e dei Laender; a tale scopo la Costituzione stabilisce una competenza
legislativa federale che necessita del consenso del Bundesrat. La Legge fondamentale
esige inoltre l’armonizzazione della funzionalità economica dei bilanci statali e
federale, prefigurando la necessità della loro conformità alle esigenze dell’“equilibrio
economico generale” (art. 109 co. 2) e della loro capacità di adeguarsi e far fronte con
efficacia alla congiuntura (art. 109 co. 3). Lo stesso art. 109 introduce anche il
principio di pianificazione e coordinazione finanziaria e di bilancio di entrambe le
istanze. In particolare, la normativa costituzionale prescrive che, nella predisposizione
della pianificazione di cornice, debba essere tenuto in considerazione anche il “piano
finanziario pluriennale” del Bund e dei Laender. Si impone quindi una coordinazione
tra le rispettive pianificazioni, alla quale sono preordinati altri due organi comuni: da
una parte, il “Consiglio per la pianificazione finanziaria” (finanzplanungsrat) e,
dall’altra, con funzione consultiva, il “Consiglio per la congiuntura” (kojunkturrat).
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
709
7.4. LA COOPERAZIONE “FACOLTATIVA”: L’ART. 91b GG
L’art. 91b si limita ad abilitare, vale a dire a permettere senza renderle
obbligatorie, alcune relazioni cooperative tra Bund e Laender, lasciando alle parti
ampia libertà di stabilire, tramite accordi, le modalità operative che ritengono più
convenienti. La Costituzione, in pratica, delimita in modo tassativo solo l’ambito
materiale in cui i compiti comuni sono oggetto di cooperazione, individuando, in
particolare, la pianificazione dell’insegnamento e la promozione di istituzioni e
progetti della ricerca scientifica di importanza sovraregionale. Per il resto, la materia è
integralmente regolata dalle convenzioni intercorse tra le parti. Bund e Laender sono
quindi liberi di concretizzare questa disposizione costituzionale tramite accordi
amministrativi, per definire con precisione l’estensione e la forma della loro
cooperazione e per specificare gli oneri finanziari incombenti su ciascuno di essi.
Lo spazio lasciato dalla norma alla definizione in via convenzionale di tale
cooperazione non consente naturalmente di delineare la reale estensione di questa
ovvia conseguenza della trasformazione di una prassi incontrollata in un istituto
costituzionale. L’articolo si occupa, infatti, di una specie di cooperazione già
precedentemente in uso e che aveva condotto ad una diffusa gestione di dotazioni e
fondi del Bund. La disciplina dettata dall’art. 91b non può avere portata meramente
dichiarativa, in quanto consente al Bund di cooperare anche al di là della sfera
legislativa. La cooperazione tra Bund e Laender si effettua nel-l’ambito di un
organismo comune, la “Commissione per la pianificazione dell’insegnamento e la
promozione della ricerca”. La “Società Max Planck”, nonchè la Società tedesca di
ricerca (deutsche forschungsgemeinschaft) sono organismi autonomi creati, per
l’appunto, allo sco-po di intraprendere la ricerca cui la Costituzione fa riferimento.
7.5. LA COOPERAZIONE FINANZIARIA: L’ART. 104A CO. 4 GG
A) CONDIZIONI DI INTERVENTO DEL BUND
Come si è già più volte ricordato, il legislatore costituzionale del 1969 si
preoccupò di ricondurre sul piano della legittimità una serie di pratiche “clandestine”
precedentemente sviluppatesi, che di fatto concedevano al Bund una capacità di
influenza ed intervento, nell’ambito proprio dei Laender, di portata superiore a quella
prevista dalla Grundgesetz. Per evitare un’alterazione dell’equilibrio dell’ordine
federale fu perciò delimitata con estrema chiarezza la capacità di finanziamento del
Bund. Furono così istituzionalizzate alcune forme di finanziamento misto, a proposito
dei compiti comuni, ed introdotto il principio in base al quale Bund e Laender
sostengono separatamente gli oneri derivanti dall’espletamento dei relativi compiti
(art. 104a comma 1 GG). Il quarto comma dello stesso articolo prevede tuttavia una
eccezione. L’art. 104a co. 4, infatti, consente al Bund, per investimenti di particolare
importanza dei Laender e dei comuni, di concedere ai Laender stessi aiuti finanziari
che siano necessari allo scopo di evitare un turbamento dell’equilibrio economico
710
L. MEZZETTI
generale, di compensare le differenze di forze economiche ed infine di promuovere lo
sviluppo economico. La disciplina particolareggiata di tali aiuti deve essere stabilita
con legge federale, emanata col consenso del Bundesrat, oppure mediante un
semplice accordo amministrativo.
B) NATURA DELLE COMPETENZE DEL BUND
Le leggi federali finora emanate ai sensi dell’art. 104a co. 4, relative al
finanziamento della viabilità comunale, dello sviluppo della edilizia urbana e degli
ospedali hanno introdotto meccanismi di coordinamento di diversa intensità. In una
prima fase dell’applicazione legislativa di questa nuova competenza federale, la
tendenza del Bund si indirizzò verso una pianificazione generale il più possibile
unitaria e vincolante, con conseguente eliminazione di iniziative autonome di
“disturbo” dei Laender e dei comuni. La competenza finanziaria federale si
accompagnava ad un potere di pianificazione sostanziale del Bund. In tal modo si
configurava, a favore dell’istanza centrale, una sorta di diritto di coesercizio o di
codecisione ed un potere di orientamento delle attività e dei progetti di investimento
dei Laender, come se si trattasse dei ‘‘compiti comuni”. In particolare, l’influenza
federale fu estremamente evidente nelle leggi per il finanziamento dell’edilizia urbana
e dei trasporti collettivi, ma non risparmiò gli investimenti a medio e lungo termine
previsti dalla legge ospedaliera. Più circoscritti erano invece i casi in cui il Bund
risultava competente ad effettuare una mera assistenza finanziaria, riducendosi al
ruolo di cassiere o “distributore meccanico di sovvenzioni”. Una simile limitazione
dell’ingerenza del Bund pareva tuttavia contraddittoria rispetto al fatto che esso
disponeva di competenza legislativa di applicazione. Su queste pratiche si pronunciò
il Tribunale costituzionale federale, specificando che il Bund può prestare soltanto
una assistenza finanziaria ai progetti di investimento dei Laender, ripartendo i fondi
tra i settori di significato sovraregionale di competenza di questi ultimi. Al di là
dell’accordo amministrativo, quindi, che costituisce il momento propriamente
cooperativo di tali relazioni finanziarie, è esclusa la competenza sostanziale del Bund
in ordine alla scelta degli investimenti dei Laender, dovendosi esso limitare a fissare
il modo di riparto dei fondi. Tale interpretazione del Tribunale costituzionale
concorda del resto con la volontà del costituente del 1969, che ha disciplinato in
diversi Titoli, l’VIIIa e il X, i compiti comuni come cooperazione sostanziale e
l’assistenza finanziaria federale. La creazione di questa terza categoria di compiti
comuni si giustifica soprattutto alla luce di considerazioni politiche, in particolare
tenendo conto dell’aspirazione del Bund a partecipare agli interventi dei Laender
negli ambiti non previsti dagli artt. 91a e 9lb GG.
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
711
8. CONSIDERAZIONI CRITICHE E PROPOSTE DI RIFORMA DELLE RELAZIONI COOPERATIVE
ESISTENTI
8.1. ASPETTI PROBLEMATICI
A) IL FEDERALISMO COOPERATIVO E L’EQUILIBRIO DEI POTERI ALL’INTER-NO DELLO
STATO FEDERALE
L’introduzione, nel 1969, dei nuovi articoli sui programmi congiunti di
investimento fu accompagnata da un lungo dibattito sullo sviluppo e lo stato del
sistema federale.
A. TIMORI DELLA CRITICA
Alla luce delle esperienze fatte all’epoca della collaborazione “selvaggia” tra lo
Stato federale e Laender, si è spesso temuto che la legalizzazione di tale forma di
collaborazione avrebbe in definitiva rafforzato l’equilibrio dei poteri all’interno
dell’ordinamento che già allora si aveva avuto modo di registrare.
La maggior parte degli esperti sostenne che gli emendamenti costituzionali
rappresentano un chiaro slittamento di potere dagli stati al Governo centrale. Secondo
tale opinione la centralizzazione, l’aumento del potere centrale sulle politiche
infrastrutturali regionali e la riduzione dell’autonomia degli stati erano le conseguenze
della riforma costituzionale. L’ampiezza di termini con cui erano formulate le
premesse della programmazione comune facilitava, stando al parere di alcuni autori,
una preponderanza del Bund a scapito dell’autonomia e della discrezionalità politica
dei Laender. In particolare si riteneva che gli aiuti finanziari a carattere settoriale
concessi dal potere centrale agli stati provocassero un progressivo esautoramento di
questi ultimi a vantaggio del primo. Alla diminuzione del potere politico dei governi
dei Laender faceva dunque riscontro l’acquisizione, da parte del Governo federale,
della capacità di condizionarne intensamente, mediante la propria partecipazione
finanziaria, l’autonomia e le scelte. Sarebbe dunque tramite gli aiuti finanziari,
“briglie d’oro” messe al Land da parte del Bund, che si realizza la cosiddetta
“dittatura dell’offerta” (angebotsdiktatur des bundes), che consente al Governo
centrale di ottenere, in ogni caso, un atteggiamento positivo del Land verso le proprie
proposte.
B. I RISULTATI DELLA PRATICA
L’esperienza successiva alla intervenuta riforma ha confermato solo parzialmente i
timori di centralizzazione : i programmi di incentivazione sono infatti spesso
712
L. MEZZETTI
caratterizzati da un’impronta regionale più che da un orientamento verso i bisogni
dello Stato nel suo complesso. In realtà, l’influenza che il Governo aveva un tempo
nell’ammini-strazione dei suoi precedenti (‘illegali’) programmi finanziari e la libertà
di cui godeva nell’assegnazione dei suoi contributi ai settori che riteneva opportuno
sovvenzionare, sono state notevolmente ridotte dalla riforma costituzionale del 1969.
In seguito ad essa, il sistema di contributi federali vincolanti fu infatti trasformato in
un sistema di contributi federali a fini generali, in cui agli stati spetta la parola
decisiva in ordine alle attività ed agli enti locali destinatari dei finanziamenti. Questo
sviluppo può essere compreso sulla base della previsione dell’inserimento del
Bundesrat nel confronto tra Stato federale e Laender, e della necessità di un
conseguente alto livello di consenso e cooperazione tra le due istanze riguardo alle
decisioni relative all’allocazione dei fondi federali ai singoli stati ed ai programmi
settoriali. La perdita di interesse del Governo federale nel sistema di contributi, a
causa dello scarso controllo che può esercitare sull’uso dei fondi federali e sulle
priorità di spesa, ha condotto tra la fine degli anni’70 ed i primi anni ’80 ad uno stallo
nello sviluppo di tale sistema.
B) IL FEDERALISMO COOPERATIVO E L’EFFICIENTE ADEMPIMENTO DEI COM-PITI
È innanzitutto opportuno sottolineare come siano difficilmente compatibili la cura
dei compiti comuni, discriminante secondo i bisogni ed orientata in via primaria verso
l’interesse della comunità statale, e la conservazione dell’influenza dei Laender su
tale attività. Un altro aspetto interessante riguarda la tendenziale mancanza di
coordinamento prodotta dalla collaborazione verticale sui settori dello Stato federale e
dei Laender che non sono da essa investiti. È infatti noto che la collaborazione
rafforza la posizione politica delle amministrazioni che vi partecipano all’interno del
proprio ente, nei confronti sia del Parlamento che dei dicasteri del Governo; tale
situazione di indipendenza e di privilegio politico consente loro di sottrarsi alla
pressione su di essi di volta in volta esercitata dai vari gruppi. Di conseguenza,
l’indipendenza ed il favore di cui godono le amministrazioni coinvolte nella
cooperazione nei confronti dei singoli settori dell’unità cui esse appartengono,
pongono il problema della loro integrazione orizzontale nelle organizzazioni-madri.
C) IL FEDERALISMO COOPERATIVO E IL PROBLEMA DEI COSTI
Il finanziamento misto, che attribuisce ai Laender la possibilità di finanziare in
parte il soddisfacimento dei loro compiti con mezzi dello Stato federale, comporta un
duplice svantaggio. In primo luogo, il trattamento preferenziale dei compiti interessati
dalla collaborazione; in secondo luogo, il fatto che sovente l’adempimento di tali
compiti è realizzato e gestito senza riguardo ai costi. L’esempio della partecipazione
dello Stato federale al finanziamento degli ospedali può citarsi (Kisker) come caso di
collaborazione superflua, essendo da escludere che tale intervento sia stato motivato
da esigenze di coordinamento, trattandosi più probabilmente di strategie politiche.
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
713
8.2. L’INFLUENZA DELL’ADEMPIMENTO COMUNE DEI COMPITI SUL SISTEMA DI
DEMOCRAZIA PARLAMENTARE
L’affermazione di un modello cooperativo delle relazioni Stato-enti decentrati ha
implicato, in genere, uno spostamento di poteri reali dagli organi legislativi ai
rispettivi governi, che sono i veri protagonisti di tali relazioni.
D’altro canto la cooperazione, e la pianificazione in particolare, sono, per loro
natura, essenzialmente opera degli organi esecutivi ed i parlamenti, sia federale che
statali, ne rimangono ampiamente estranei. Del resto, come già in precedenza è stato
posto in rilievo, la collaborazione determina propriamente un rafforzamento della
posizione politica dell’esecutivo che vi prende parte nei confronti del Parlamento. Più
precisamente, sono le alte burocrazie del Bund e dei Laender, ossia gli alti funzionari,
ad incaricarsi delle relazioni cooperative, tanto che si è parlato di “federalismo
oligarchico” (Kisker). Per tale motivo i parlamenti non godono di un reale diritto di
partecipazione alle decisioni fondamentali di programmazione, non disponendo, tra
l’al-tro, delle informazioni necessarie per esaminare a fondo i vari progetti: in pratica,
non resta loro che accettare o meno l’operato comune degli esecutivi, configurandosi
così come “mere macchine di ratificazione” (Alberti Rovira). In linea di principio, i
parlamenti statali possono rifiutarsi di accogliere i risultati delle trattative svoltesi in
seno alle commissioni di programmazione, rinunciando così ai mezzi messi a
disposizione dallo Stato federale, ma ciò è, per ragioni politiche, alquanto
improbabile. Questo “spossessamento”, tramite i compiti comuni, dei poteri effettivi
di controllo dei parlamenti dei Laender, oltre ad essere contrario al principio
democratico, rappresenta un rischio di “deparlamentarizzazione” del sistema politico,
con relativa perdita del significato funzionale degli organi legislativi. Autorevole
posizione dottrinale (Kisker) considera il fenomeno dello spossessamento ed
esautoramento dei parlamenti come una “debolezza strutturale” del modello
collaborativo ed auspica una revisione sostanziale allo scopo di eliminare il ricorso
alla cooperazione laddove essa si riveli superflua, affidando al Tribunale
costituzionale il compito di verificarne la necessità.
8.3. VALUTAZIONE DELLA REVISIONE COSTITUZIONALE DEL 1969 ALLA LUCE DI
ULTERIORI PROSPETTIVE DI RIFORMA
A) L’ISTITUZIONALIZZAZIONE DEI COMPITI COMUNI COME OPERA DI COM-PROMESSO
Tale è stata definita la riforma del 1969, che si configura come un espediente di cui
si serve il sistema politico per permettere al Bund e ai Laender la pianificazione e il
finanziamento comune di alcuni progetti. Il carattere limitato di tale riforma e la
permanenza di pratiche cooperative non regolamentate non consentono che di
ascrivere i “compiti comuni” ad una fase transitoria: qualunque valutazione sullo stato
attuale del federalismo cooperativo può quindi soltanto giungere ad una conclusione
di tipo interlocutorio, che esprime l’esigenza di alcuni miglioramenti o di una radicale
714
L. MEZZETTI
riconsiderazione della cooperazione, allo scopo di conciliare gli sviluppi della prassi
con i limiti di ammissibilità costituzionale.
B) OSSERVAZIONI CRITICHE E NUOVE PROSPETTIVE DI COOPERAZIONE
Le critiche mosse ai compiti comuni erano essenzialmente due: da un lato, quella
che contestava loro di non essere strumento adeguato per la realizzazione di
aspirazioni unitarie e, dall’altro, quella che li considerava come una minaccia
dell’ordine federale, a causa della loro tendenza ad uniformare l’azione statale. Le
soluzioni in proposito suggerite erano, di conseguenza, la generalizzazione della
cooperazione, estesa a tutti i settori di comune interesse, oppure il ritorno alla
separazione delle sfere di competenza: nessuna di esse, tuttavia, era in grado di offrire
una alternativa valida e praticabile. In particolare, il sistema proposto dalla
Commissione d’indagine per la revisione costituzionale istituita nel 1970 si collocava
in una posizione di continuità rispetto a quello della Commissione Troeger, in quanto
prospettava una cooperazione integrale in forza di una pianificazione estesa all’intera
struttura federale. La Commissione per la revisione costituzionale fu successivamente
incaricata di prospettare una sintesi tra le due tendenze, ma i risultati cui giunse e di
cui dette conto nel Rapporto finale erano pur sempre parziali e presentavano
innumerevoli lacune. In tal modo, il mantenimento sostanziale dell’equilibrio
raggiunto nel 1969, per quanto solo parzialmente soddisfacente, si presentava come
l’unica via possibile per l’evoluzione dell’ordinamento federale.
C) IL MANTENIMENTO DELLO STATUS QUO COOPERATIVO COME UNICA VIA
PRATICABILE
La Commissione d’indagine menzionata, creata per esaminare la possibilità di
adattare la Grundgesetz alle attuali esigenze, confermò nel suo Rapporto finale il
modello cooperativo esistente, seppur avanzando alcune interessanti proposte per una
maggiore flessibilità delle relazioni cooperative. Essa proponeva innanzitutto una
disciplina della pianificazione comune dei compiti distinta da quella finanziaria, per
evitare che le forme di finanziamento misto minassero l’autonomia di bilancio dei
Laender. Sempre nell’ottica di una maggiore flessibilità dell’attività di pianificazione,
la Commissione suggeriva un’abilitazio-ne costituzionale generale ad una
cooperazione facoltativa, non più obbligatoria, in cui gli ambiti materiali e il carattere
dell’azione congiunta fossero stabiliti dalle parti stesse, e non su imposizione
unilaterale del Bund. Invece dell’obbligatorietà del programma, è la lealtà verso la
Federazione (Bundestreue) che opera pertanto nel senso del-l’unità e del consenso.
Venne poi individuato un altro obiettivo, ossia quello di assicurare ai parlamenti
un’influenza effettiva sul contenuto della pianificazione. Tale obiettivo fu in parte
realizzato, in quanto i parlamenti hanno ottenuto la possibilità di essere informati
preventivamente dai governi regionali sul contenuto dei piani e di pronunciarsi su di
essi, fermo restando che si tratta di semplici pareri, di cui le autorità esecutive
RAPPORTI FRA STATO CENTRALE E STATI MEMBRI NELL’ESPERIENZA TEDESCA
715
possono tenere conto, e non di un vero e proprio diritto di decisione. La
Commissione, in definitiva, non riuscì ad effettuare un riforma sostanziale quanto alla
partecipazione parlamentare, che rimane pertanto modesta, come irrisolta rimane la
questione se “parla-mentarismo” e “federalismo” possano essere oggetto di una
conciliazione. Non resta quindi che correggere alcuni difetti della cooperazione
verticale esistente, senza tuttavia poterne mettere in discussione le direttrici
fondamentali.
8.4. LA NECESSITÀ DELLA COOPERAZIONE
La cooperazione federale, specialmente nella sua dimensione verticale, comporta
una serie rilevante di problemi, al punto di limitare alcuni dei valori su cui si basa
l’ordine federale. L’instaurazione di strette interdipendenze politiche tra le istanze
federali (politikverflechtung), lo spostamento della capacità di decisione verso
l’esecutivo e le alte burocrazie, nonchè l’alto livello di consenso richiesto, sono infatti
conseguenze della cooperazione che comportano un notevole rischio di
deparlamentarizzazione e paralisi del sistema politico, oltre ad ostacolare una
flessibile ed efficace azione dei poteri statali. È per questi motivi che viene da più
parti sostenuto che il federalismo cooperativo sta attraversando una fase transitoria.
Ciononostante, la cooperazione federale è ritenuta necessaria e l’effettività con cui ha
operato nell’artico-lata struttura statale è stata ampiamente riconosciuta. Sono
innanzitutto esigenze di uniformità, sempre più sentite nelle moderne società con un
elevato livello di sviluppo, a rendere necessaria la cooperazione. Tale obiettivo di
uniformità, quindi, lungi dall’essere imposto unilateralmente dall’istanza “centrale”,
viene conseguito in virtù delle negoziazioni che hanno luogo tra i Laender ed il Bund.
Al di là di queste considerazioni, tuttavia, è evidente che, in ogni caso, il federalismo
tedesco, in relazione ad un considerevole numero di settori, può funzionare solo come
“federalismo cooperativo”, in cui le forme di collaborazione instaurate dai Laender,
vicendevolmente e nel loro rapporto con il Bund, rivestono un ruolo di fondamentale
importanza. Vi sono, in particolare, ambiti in cui i Laender godono della sovranità,
come in materia scolastica, universitaria e di polizia, o di una posizione di rilevante
peso politico, ed in cui accettano di sviluppare forme di cooperazione che sono
imprescindibili per uno Stato federale come quello tedesco.
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