Indagine su Santo Spirito di Brunelleschi

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Cristiano Tessari è stato assistente alla didattica di Manfredo Tafuri, quindi docente presso lo Iuav di Venezia, e poi presso l’Università di Catania.
Dal 2004 insegna Storia dell’architettura presso l’Università di Udine. Ha
pubblicato studi su: Baldassarre Peruzzi, Andrea Palladio; il nuovo San
Pietro a Roma; la bottega dei Lombardo a Venezia tra ‘400 e ‘500; sulla
ricezione dell’antico nell’architettura spagnola del XVI secolo.
euro 14,90
ISBN 978-88-6927-009-3
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Indagine su Santo Spirito di Brunelleschi
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Leonardo Benevolo
Indagine su Santo Spirito
di Brunelleschi
Saggi introduttivi di Benno Albrecht e Cristiano Tessari
Guaraldi | Engramma
Benno Albrecht è docente di progettazione architettonica presso l’Università Iuav di Venezia e si dedica a ricerca sull’architettura per la sostenibilità.
Ha vinto premi e concorsi di progettazione e ha tenuto diverse lezioni, conferenze, seminari, workshop in università e istituzioni internazionali. Assieme
a Leonardo Benevolo ha realizzato diversi progetti ed è coautore di: I confini
del paesaggio umano (1994); Le origini dell’architettura (2002).
Guaraldi | Engramma
Leonardo Benevolo (nato nel 1923),
ha insegnato presso le Università di
Palermo, Roma, Firenze e Venezia,
e presso le Università di Yale, Columbia, Caracas, Teheran, Rio de Janerio,
Tokyo, Mendrisio. Considerato uno dei
protagonisti della cultura architettonica
italiana e internazionale, dalla seconda
metà degli anni ’40 è ininterrottamente
impegnato nei campi dell’architettura,
dell’urbanistica, della storia e della critica dell’architettura.
Non alieno da prese di posizione
problematiche – come ad esempio la
ripetutamente manifestata insofferenza
verso le metodologie critiche espresse
dalla storiografia artistica – privilegia
l’attenzione verso gli aspetto fenomenici delle vicende esaminate e quelli più
disciplinarmente connessi alle modalità
tecnico-culturali di cui, di volta in volta,
l’episodio considerato viene assunto per le sue valenze paradigmatiche.
Fra gli oltre 450 studi pubblicati, la Storia dell’architettura moderna (1960),
Le origini dell’urbanistica moderna
(1963) e la Storia dell’architettura
del Rinascimento (1968), più volte riedite in versioni aggiornate. Le sue
opere principali sono state tradotte in
francese, inglese, tedesco, spagnolo,
portoghese, svedese, ungherese, polacco, greco, turco, arabo, cinese e
giapponese.
immagine di copertina: Santo Spirito, veduta del cornicione dal coro.
Una capillare indagine su un’opera di Filippo
Brunelleschi, condotta da Leonardo Benevolo oltre 45 anni fa: oggetto dello studio è il Santo Spirito di Firenze, che nel XVI secolo, pur essendo
l’opera già mutila e sfigurata non meno di quanto
lo sia ora – così percepita o meno dal visitatore contemporaneo – appariva a Giorgio Vasari
come “il più perfetto tempio di cristianità”. Basata su un esame scrupoloso dell’edificio, l’analisi
rappresenta un’esemplare esposizione metodologica di cui il disegno architettonico e le relazioni
metrico-decimali, derivate dalla conversione delle
originarie misure in braccia fiorentine, costituiscono gli strumenti primari: disegno, declinato nelle
varianti ortogonale, prospettica, analitica e schematica; misurazioni, calibrate in funzione delle
verifiche progressivamente effettuate. ‘Riprogettare’ quanto gli accidenti del fabbricare hanno
comportato in sede esecutiva costituisce il movente del tutto consapevole e il postulato necessario
dell’architetto che intenda dare un contributo alla
storia della sua disciplina. Il saggio del 1968 di
Benevolo su Santo Spirito si ripropone come una
lezione magistrale: a insegnare che studiare architettura consiste nel ripercorrere, fase per fase,
misura per misura, i passi dei maestri del passato;
a ricordare che progettare architettura significa,
prima di tutto, ritornare ostinatamente al disegno
come strumento conoscitivo del passato e come
strumento operativo del presente.
Leonardo Benevolo
Leonardo Benevolo
Indagine su Santo Spirito di Brunelleschi
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Comitato scientifico:
Benno Albrecht, Aldo Aymonino, Marco Biraghi, Francesco M. Cataluccio,
Monica Centanni, Maria Grazia Ciani, Alberto Ferlenga
Progetto grafico: Silvia Galasso e Jacopo Galli
Impaginazione ed editing: Silvia Galasso
Coordinamento redazionale: Alice Metulini
Copertina: Olivia Sara Carli
Con il contributo di Centro studi classicA | Università Iuav di Venezia
© 2015 by Guaraldi s.r.l.
Sede legale e redazione: via Novella 15, 47922 Rimini
Tel. 0541 742974/742497 - Fax 0541 742305
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ISBN carta 978-88-6927-009-3
ISBN pdf 978-88-6927-071-0
L’Editore dichiara di avere posto in essere le dovute attività di ricerca delle titolarità dei diritti sui contenuti qui pubblicati e
di avere impiegato ogni ragionevole sforzo per tale finalità, come richiesto dalla prassi editoriale e dalla normativa di settore.
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Indagine su Santo Spirito
di Brunelleschi
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Restituzioni grafiche di
Stefano Chieffi e Giulio Mezzetti
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Saggi introduttivi di
Benno Albrecht e Cristiano Tessari
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La prima edizione di questo saggio è stata pubblicata nel dicembre 1968 in "Quaderni dell'Istituto
di Storia dell'Architettura", Roma, Tipografia Centenari.
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Sommario
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Leonardo Benevolo e il guardare gli edifici del passato da dentro
vii
Benno Albrecht
La problematica ricezione storiografica della filologia di Benevolo
xi
Cristiano Tessari
Indagine su Santo Spirito di Brunelleschi
1
Leonardo Benevolo
Premessa
I. L’individuazione del sistema di quotazione
II. La costruzione modulare
III.Le singolarità planimetriche
IV. Le rifiniture esterne e il problema della copertura
V. Le vicende della costruzione
VI.Appendice
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Leonardo Benevolo e il guardare gli edifici del passato da dentro
Benno Albrecht
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Presentiamo la nuova edizione di un lungo saggio, Indagine sul Santo Spirito
di Brunelleschi, che Leonardo Benevolo scrisse con la collaborazione di Stefano Chieffi e Giulio Mezzetti per i rilievi e la restituzione grafica degli stessi.
Il saggio fu pubblicato la prima volta nei “Quaderni dell’Istituto di Storia
dell’Architettura”, s. XV, fascicoli 85-90, pp. 1-52, e stampato dalla Tipografia Centenari nel dicembre del 1968 a Roma.
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Leonardo Benevolo mi ha spesso confidato che questo è uno scritto che ha
sempre considerato molto importante all’interno del suo vastissimo percorso
intellettuale. È uno studio che mostra con chiarezza l’atteggiamento di Benevolo nei confronti del progetto e della storia dell’architettura. È un testo che
nelle nostre quotidiane discussioni ha sempre usato come esempio. È uno
scritto che è stato tanto importante per lui quanto poco noto ai più, e questa
è la ragione che ci ha spinto a riportarlo all’attenzione pubblica.
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Il senso e il significato dell’opera di Filippo Brunelleschi secondo Benevolo, non
stanno in questo testo ma bisogna ricercarli nelle pagine della Storia dell’Architettura del Rinascimento, libro pubblicato per Laterza la prima volta proprio
nello stesso anno, il 1968. Il Santo Spirito, come lo descrive Vasari nell’edizione
Giuntina, risulta “il più perfetto tempio di cristianità, così come, per quanto
egli è, è il più vago e meglio spartito di qualunque altro”, ed è l’efficace banco
di prova per dimostrare che tutto il sistema delle scelte metriche di Brunelleschi
forma un sistema unitario di progetto. L’indagine sul Santo Spirito è il manifesto operativo di un atteggiamento generale che definisce la struttura profonda
di tutta l’opera di Benevolo, come insegnante, storico, architetto, pensatore
civico e urbanista. Questo testo mostra che una rigorosa condotta di analisi è
alla base del successo degli scritti di Benevolo (ricordiamo che si tratta di 452
pubblicazioni e che i suoi libri sono stati tradotti in tredici lingue).
Quest’approccio all’analisi si ripercuote allo stesso modo anche nei progetti,
nei piani urbanistici, e nella militanza civica che ha contraddistinto la sua
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VII
carriera. Un percorso intellettuale dove domina il pensiero che il lavoro in architettura consiste principalmente nell’avere cura del bene comune, cosa che è
possibile solo attraverso la profonda comprensione tecnica della progettazione
e nell’affermare sempre la superiorità del valore civico sulla realizzazione artistica personale.
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Per chiarire il senso completo dell’operazione compiuta da Benevolo con tale
rigore e meticolosità in questo studio, e che si riverbera in tutta la sua opera,
è meglio riferirsi alle sue stesse parole usate, anni prima, durante la presentazione di un suo corso di Storia dell’Architettura all’Università La Sapienza di
Roma. Il corso era rivolto a studenti del primo anno e per questo la consueta
chiarezza di Benevolo, ancor molto giovane, era preziosa. Bisogna, dice Benevolo ai suoi studenti “cercare di guardare gli edifici del passato da dentro
– per così dire – anziché da fuori; e di utilizzare per la storia dell’architettura
gli stessi ragionamenti che fate quando lavorate intorno ai vostri progetti”1. È
necessario allora comprendere attraverso il disegno le dinamiche progettuali e
le strategie di costruzione dell’opera. Infatti:
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La storia dell’architettura in ordine alla professione dell’architetto, produce
subito una conseguenza pratica sui mezzi di studio. Infatti il mezzo di espressione dell’architetto è il disegno, oltre che la parola; non potremo quindi accontentarci di studiare e descrivere a parole le architetture del passato, ma
occorrerà disegnarle, e imparare a usare il disegno come strumento di analisi
dei valori architettonici2.
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I disegni dettagliati del rilievo del Santo Spirito sono un’ottima conferma di
tale modo di procedere. Equivalgono ai disegni contenuti nell’Architettura
del Rinascimento, a detta di Benevolo il suo libro più impegnativo, dove una
sterminata quantità di dati è stata filtrata e messa a sistema. Sono i disegni
dei resti di Tenochtitlán e della città coloniale che sta sotto l’attuale Città
del Mexico, dello schema del territorio urbanizzato intorno a Parigi alla metà
del secolo XVIII, che equivalgono concettualmente all’operazione analitica
minuta impostata sul rilievo del Santo Spirito. È lo stesso spirito che guida
la rilettura del mosaico di progetti a grande scala, disegnati personalmente a
matita, che illustrano la cattura dell’infinito3. La stessa cosa si potrebbe dire
per i ‘confronti di scala’, strumento di comprensione usato in ogni piano e
1
L. Benevolo, Corso dell’Architettura I – a.a. 1958-1959, Università La Sapienza di Roma, Facoltà di
Architettura, Roma, 1959, p. 1.
2
L. Benevolo, Corso dell’Architettura I – a.a. 1958-1959, Università La Sapienza di Roma, Facoltà di
Architettura, Roma, 1959, p. 1.
3
L. Benevolo, La cattura dell’infinito, Roma-Bari 1991.
VIII
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progetto che ha redatto, sempre appoggiandosi ai disegni dell’amato Robert
Auzelle4. È l’atteggiamento che ha permesso la redazione dei famosi schemi
della Conca d’Oro, elaborati per il Piano di Palermo, o della città Bipolare,
copertina concettuale del Piano di Venezia5.
Ciò che interessa a Benevolo è la comprensione dei “modi in cui gli uomini hanno affrontato il processo della progettazione architettonica”6.
L’analisi storica è strumento efficace di comprensione di quanto oggi vediamo
ma anche del modo in cui il presente è stato costruito. Perché:
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La storia dell’architettura è, in un certo senso, il rovescio della composizione
architettonica. Nella composizione, infatti, si parte da certe condizioni prefissate, e si arriva a definire l’edificio; nella storia, si parte dall’edificio finito, e
si cerca di mettere in luce le condizioni di partenza, percorrendo a ritroso la
strada della progettazione7.
I manufatti fisici architettati dall’uomo devono poter essere capiti per poter
essere conservati e per poter offrire all’oggi prospettive future che facciano
tesoro delle esperienze del passato. Infatti:
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Se si tien fermo il senso di questa reciprocità, tutta l’esperienza compiuta dagli
architetti del passato può essere messa a frutto, in certo senso, per l’architettura presente, e si stabilisce quella collaborazione permanente, nel tempo, che è
indicata dalla parola ‘tradizione’, ed è la condizione preliminare per la continuità e la vita stessa dell’architettura8.
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La riflessione sul ‘processo della progettazione’ è uno stimolo confortante, una
costante preziosa della migliore cultura architettonica italiana, un insegnamento da custodire come bene comune. È una palestra civica, di conoscenza
e mentale, destinata anzitutto alla progettazione di quel che occorre mettere
4
R. Auzelle, I. Jankovic, L’encyclopédie de l’urbanisme : Ouvrage international pour l’enseignement et la
pratique de l’aménagement du territoire, de l’urbanisme et de l’architecture, Paris 1954-1963.
5
Il Piano del Centro Storico di Palermo fu pubblicato in un voluminoso cofanetto: PPE Centro Storico, Piano Particolareggiato esecutivo, a cura del Comune di Palermo, Assessorato all’Urbanistica e Centro
Storico, Cesena, Società Litografica S.I.L.A. Si veda anche “Domus” (maggio 1990), n. 716, , pp. 21-32.
L. Benevolo, Venezia: il nuovo piano urbanistico, Roma-Bari 1996.
6
L. Benevolo, Corso dell’Architettura I - a.a. 1958-1959, Università La Sapienza di Roma, Facoltà di
Architettura, Roma 1959, p. 1.
7
L. Benevolo, Corso dell’Architettura I - a.a. 1958-1959, Università La Sapienza di Roma, Facoltà di
Architettura, Roma 1959, p. 2.
8
L. Benevolo, Corso dell’Architettura I - a.a. 1958-1959, Università La Sapienza di Roma, Facoltà di
Architettura, Roma 1959, p. 2.
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IX
in campo nel prossimo futuro, ma che è utilizzabile per revisionare a lunga
scadenza il resoconto del passato. L’indagine su Santo Spirito è l’applicazione
pratica e sistematica di questi principi.
Anni dopo Benevolo cercherà di riprendere questi argomenti in termini più
generali che sintetizzano la sua manovra culturale complessiva:
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In definitiva, si tratta di ricollocare l’architettura fra le componenti della vita
quotidiana, come una tecnica per destreggiarsi fra le limitazioni di spazio e
di tempo, pienamente confrontabile con tutte le altre e già contenente al suo
interno il motivo di una responsabilità fuori dal normale: la lunga durata dei
suoi manufatti, con la molteplicità delle relazioni che ne conseguono. Questo
passaggio richiederebbe un abbassamento di tono e uno scrupolo analitico,
che invece mancano sempre più9.
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Ancora oggi riscontriamo la mancanza di quella virtus – responsabilità, frugalità, parsimonia – e la scomparsa di quel basso profilo e della validità del rigore
analitico, quando cerchiamo di tradurre i termini ‘responsabilità’ e ‘lunga durata’ nella formula di grande successo della ‘sostenibilità’.
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Per questo l’indagine sul Santo Spirito è una valida esortazione disciplinare e
civica per le nuove generazioni di studiosi.
L. Benevolo, Un intervento nel dibattito sulla critica d’architettura, “Casabella” (marzo 1988), n. 544, p. 53.
9
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La problematica ricezione storiografica della filologia di Benevolo
Cristiano Tessari
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La contemporanea pubblicazione, alla fine del 1968, dei due tomi della Storia
dell’architettura del Rinascimento e del saggio Indagini sul Santo Spirito di
Brunelleschi, riflette la determinazione di Leonardo Benevolo – in quest’ultimo affiancato da Stefano Chieffi e Giulio Mezzetti per i rilievi dell’edificio –
a considerare la produzione architettonica dell’età convenzionalmente definita
‘moderna’ proponendo simultaneamente scelte di scala fra loro opposte e distinte nelle modalità di approccio metodologico. L’una, volta a definire ambiti
tematici nei quali effettuare sondaggi caratterizzati dal ricorso a più storie –
economica, politica, tecnica, disciplinare – dall’inizio del XV secolo alla metà
del XVIII, che privilegiando il ruolo fenomenico delle personalità artistiche,
mitiga il valore delle poetiche espresse dalle loro opere architettoniche; l’altra,
tesa a “un’interpretazione realistica” di una di esse mediante un esame del
costruito nelle sue materialità e misure per far emergere il “meccanismo” che
avrebbe consentito all’artefice “di dedurre tutto l’organismo” (p. 3 e p. 17).
E risulta sintomatico dello stretto legame istituito fra tali contributi, che
nell’introduzione alla Storia Benevolo richiami le “verifiche filologiche (contrariamente alle regole, per cui i libri di argomento generale utilizzano le informazioni raccolte negli studi particolari)” eseguite sull’opera brunelleschiana
per “far vedere la necessità di procedere su questa strada”, successivamente
precisate nel riferimento bibliografico alle Indagini in una nota al testo1.
È proprio questa relazione, tuttavia, a essere elusa – forse strumentalmente –
nella recensione pubblicata da Bruno Zevi su “L’Espresso”, che alla positiva valutazione dello “spicco conferito al panorama urbanistico” contrappone
le pecche costituite dall’aver riservato un “sottocapitolo monografico” solo a
Brunelleschi e Alberti, mentre “tutti gli altri sono forzati entro fenomeni collettivi”: critica che nel condividere l’applicazione del criterio benevoliano dei
“colpi di scandaglio” agli ambiti urbani, non ne riconosce l’impiego esemplato
1
L. Benevolo, Storia dell’architettura del Rinascimento, Bari 1968, pp. 11 e 77, n. 59.
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XI
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nel caso brunelleschiano, per accentuare la stigmatizzazione della “diffidenza per la critica d’arte [dell’autore che] non perde occasione per ribadirla2”.
E nel far prevalere l’istanza polemica, tale valutazione zeviana non sembra
voler contemplare né la tensione progettuale che la Storia di Benevolo sottende, né la specificità disciplinare del mezzo da questi indicato per condurre
gli approfondimenti ritenuti imprescindibili, né le ragioni della sua presa di
distanza – più che “diffidenza” – dai “metodi della storia dell’arte [che] coincidono con la struttura delle esperienze da studiare, e [gli] appaiono perciò
cosi piani e persuasivi3”. Un motivo, quest’ultimo, che consente di ravvisare
nel confronto fra i due studiosi il rinnovarsi del dibattito prebellico fra Adolfo
Venturi – (1856-1941) promotore della prima scuola italiana di Storia dell’Arte, paradigma di cui difende il primato – e Gustavo Giovannoni – (18731947) sostenitore della scientificità propria dell’atteggiamento positivista nella
lettura dei fenomeni architettonici – efficacemente sintetizzato da Zevi in un
editoriale nel 19574: in mutate condizioni storiche nonché di schieramento
politico e aggiornamento culturale dei rispettivi protagonisti rispetto ai loro
predecessori, risulta infatti analoga la contrapposizione – cronologicamente
differita – alle chiavi di lettura postulate da Zevi in Saper vedere l’architettura
(1948) e nella Storia dell’architettura moderna (1950) che Benevolo esprime
nell’Introduzione all’architettura e nella Storia dell’architettura moderna, edite
nel 1960.
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E quanto l’impegno disciplinare militante risulti comune all’elaborazione storiografica di entrambi viene avvertito da Manfredo Tafuri che in Teorie e storia
dell’architettura – analizzando i modi della “critica come progetto” da una
posizione a essa antitetica e non incline alla mediazione – nello stesso 1968
sottolinea come nei loro contributi si affrontino in realtà “due modi diversi di
rendere ‘operante’ il passato”; e indica nell’essere “priva di giudizi definitivi” e
connotata da valutazioni critiche calate “nell’esposizione e nel ‘montaggio’ dei
fatti”, la caratteristica principale della Storia moderna benevoliana5. Nella parte iniziale del libro, inoltre, Tafuri – con una scelta strategica che il coincidere
2
B. Zevi, Benevolo sul Rinascimento - Chiuso il ciclo del grand siècle, “L’Espresso” (12 gennaio 1969), ora
in Id., Cronache di architettura, vol. VII, Bari 1970, pp. 221-223. Si consideri inoltre che Zevi aveva redatto
nel 1939 e “rielaborato” nel 1947 un “libro su Brunelleschi” rimasto inedito: Id., Zevi su Zevi, Milano 1977,
p. 38; su tale contributo si veda R. Dulio, Introduzione a Bruno Zevi, Bari 2008, pp. 10-12.
3
L. Benevolo, Storia dell’architettura del Rinascimento, cit., p. 7.
4
B. Zevi, Adolfo Venturi e la moderna storiografia architettonica, “L’architettura: cronache e storia”
(febbraio 1957), n. 16, ora in Id., Editoriali di architettura, Torino 1979, pp. 97-101.
5
M. Tafuri, Teorie e storia dell’architettura, Bari 1968, cap. IV, in particolare le pp. 181-182: “In fondo
– sintetizza – entrambi piegano la storia a dimostrare la validità di scelte, per il futuro dell’architettura,
fatte a priori”.
XII
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delle uscite editoriali rende indipendente ma simile a quella contemporanea
di Benevolo, sebbene attuata mediante opposto procedimento – individua in
Brunelleschi il “protagonista della prima ‘avanguardia’ artistica in senso moderno”, in quello che costituisce un “prologo in cielo” di quanto elaborato per
la voce Rinascimento nel V volume del Dizionario Enciclopedico di Architettura
e Urbanistica, nel 1969, il cui testo isolato viene pubblicato pochi mesi dopo
come L’architettura dell’Umanesimo ed è il primo ad accogliere gli esiti delle
Indagini sul Santo Spirito6. Certo la condivisione di quanto dimostrato da
Benevolo – nonostante alcuni richiami bibliografici alla Storia dell’architettura
del Rinascimento – non si estende a quella dell’impianto critico di cui la sua
“notevole analisi” viene proposta come momento di verifica filologica: quale
riconoscimento di specifico valore metodologico in sede di ricezione storiografica, resta tuttavia per alcuni anni un’eccezione7.
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Significativa, al proposito, appare la riscontrata esclusione di questo contributo di Benevolo sia dalla discussione fra specialisti nel convegno svoltosi in
occasione della ricorrenza del VI centenario dalla nascita del maestro fiorentino nel 1977, sia dalle rassegne dedicate agli studi brunelleschiani da Corrado
Bozzoni e Giovanni Carbonara nei relativi atti pubblicati nel 1980, malgrado la sua segnalazione negli aggiornamenti bibliografici del Brunelleschi di
Giulio C. Argan (Milano 1955) – riedito nel 1978 – nonché il citato uso di
grafici in esso contenuti nel Filippo Brunelleschi di Eugenio Battisti del 19768.
Un’assenza, questa, verosimilmente dovuta all’esordio del saggio benevoliano
in merito al “rettificare una serie di giudizi critici antichi e recenti” (p. 3) – fra
cui sono indicati quelli di Salmi, Sanpaolesi e Luporini, a vario titolo coinvolti
nell’iniziativa – ma anche all’esercizio di censure programmatiche verso un
apporto capace di mostrare l’incongruenza di interpretazioni – come quella
di Franco Borsi per attribuire a Filippo il tamponamento esterno delle cappelle estradossate di Santo Spirito – basate su una presunta “logica storica”, di
far risultare strumentalmente equivoche sia la solitaria citazione bibliografica
di Cesare Calano che quella onomastica di Howard Saalman, e di contenere
l’autoreferenzialità, ricorrente nelle occasioni celebrative, di appunti allusivi o
6
M. Tafuri, Teorie e storia dell’architettura, cit., p. 20; la definizione “prologo in cielo” è citata da Tafuri
nelle Avvertenze alla quarta edizione del medesimo libro per indicare il legame fra questo e Id., Progetto e
utopia, Bari 1973.
7
Cfr. la voce del Dizionario citata, in partic. alle pp. 173-175; e nell’edizione in volume, Bari 1969, p.
362, nota 6, (in esso, la copertina presenta un’immagine costituita dal dettaglio di un grafico planimetrico
che sembra derivata da disegni elaborati nelle Indagini benevoliane).
8
Aa. Vv., Filippo Brunelleschi. La sua opera e il suo tempo, Atti del convegno (Firenze, 16-22 ottobre
1977), Firenze 1980, 2 tomi: cfr. per le rassegne citate, tomo II alle pp. 951-59 e 961-71; E. Battisti, Filippo
Brunelleschi, Milano 1976, pp. 197, f. 202 ss.
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XIII
inviti tanto generici quanto scontati – come nei contributi di Battisti e Paolo
Brandinelli – a moltiplicare l’impiego di tecniche documentarie e analitiche
quali il rilievo scientifico o la fotografia nello studio degli edifici9.
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Un ulteriore motivo per l’elusione del confronto con il saggio di Benevolo in
questa circostanza – forse il medesimo delle modalità sottotono nelle quali,
quando accade, viene in seguito citato – emerge chiaramente nella misura
di relazione che in esso stabilisce con il fortunato libro dedicato da Rudolf
Wittkower ai Principî architettonici nell’età dell’Umanesimo10: di cui accoglie
storiograficamente il tema teorico della “diffusa conoscenza della progressione
pitagorica” e dell’importanza attribuita a tale riferimento nell’età moderna,
ricorrendo a quanto da questi “ricostruito [de] l’evoluzione del problema”
(pp. 36-37); ma non adottando simultaneamente l’automatismo pratico con
il quale egli illustra/presenta le proprie acquisizioni/interpretazioni, fonte involontaria di tanto inesauribili quanto grossolane volgarizzazioni su cui è caritatevole – almeno in questa occasione – tacere.
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Il disegno è infatti per Benevolo strumento imprescindibile di una filologia
architettonica, nel cui uso quello che viene prodotto per documentare è nettamente distinto dagli esiti di una consapevole “riprogettazione” che ritiene
necessaria per chiarire – a se stesso e al lettore – le ipotesi di volta in volta
scaturite dall’analisi. Vi è più di una ragione, dunque, per affiancarlo – nuovamente o per la prima volta – in questa Indagine.
9
Si veda ibid., nell’ordine: Borsi, tomo II, p. 547; Calano, tomo II, pp. 443-45; Saalman, tomo II, p. 472;
Battisti, tomo I, p. 188, note 1 e 9; Brandinelli, tomo II, p. 551.
10
R. Wittkower, Architectural Principles in the Age of Humanism, London 1949, trad. it. in base
all’edizione del 1962, Torino 1964.
XIV
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Indagine su Santo Spirito di Brunelleschi
Leonardo Benevolo
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Premessa
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Questo studio sulla chiesa di Santo Spirito è il consuntivo di un certo numero
di rilievi e di osservazioni dirette compiute nel 1966; l’esplorazione del monumento, svolta in forma privata e con mezzi di fortuna, è stata tutt’altro che
completa, ma è bastata a rettificare una serie di giudizi critici antichi e recenti1
e a gettare nuova luce su alcuni aspetti generali dell’architettura brunelleschiana. Risultati più completi, ma non dissimili da questi, potranno essere desunti
da un rilievo sistematico dell’edificio, condotto con mezzi adeguati e con le
necessarie autorizzazioni. Solo un’esatta conoscenza dello stato di fatto, e delle
anomalie che documentano la vicenda della progettazione e dell’esecuzione,
può consentire – insieme ai documenti già noti – un’interpretazione realistica
di quest’opera capitale.
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Durante il lavoro si sono differenziati cinque ordini di problemi che sono
strettamente interdipendenti, ma che per comodità espositiva e grafica conviene tenere separati, avviandoli poi ad una sintesi conclusiva:
I. L’individuazione del sistema di quotazione
II. La costruzione modulare
III. Le singolarità planimetriche
IV. Le rifiniture esterne e il problema della copertura delle nicchie
V. Le vicende della costruzione
C. Botto, L’edificazione della Chiesa di Santo Spirito in Firenze, “Rivista d’arte” (1931), pp. 477 ss.,
(1932), pp. 51 ss.; M. Salmi, Note sulla Chiesa di Santo Spirito in Firenze. Atti del I Congresso Nazionale di
Storia della Architettura, 29-31 ottobre 1936, Firenze 1938, pp. 159 ss.; R. Sanpaolesi, Brunelleschi, Milano
1962, pp. 64 ss., 77 ss.; E. Luporini, Brunelleschi, forma e ragione, Milano 1964, i capitoli su: Santo Spirito,
Cronologia, Capitelli.
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I | L’individuazione del sistema di quotazione
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Le misure fondamentali, necessarie a impostare la ricerca sulla costruzione
modulare, sono state accuratamente controllate sul posto. Dai dati confrontabili è stato desunto, quando opportuno, il valore medio, riportando invece
inalterate le misure discordanti che non possono essere spiegate in base al
normale margine di errore che si accompagna all’esecuzione e alla lettura.
Del rilievo del Geymüller – l’unico finora utilizzato dagli studiosi – è stata
usata parzialmente solo la tavola dei particolari2; le misure tratte da essa sono
contrassegnate con la lettera G. Ma la costruzione modulare di Santo Spirito –
come degli altri edifici brunelleschiani – diventa evidente solo passando dalle
misure moderne in metri alle misure antiche in braccia, soldi o denari: essa,
infatti, è una razionalizzazione del sistema tradizionale di quotatura, non una
costruzione matematica sovrapposta alle operazioni di cantiere.
G
Si tocca qui uno dei problemi centrali dell’architettura brunelleschiana: le
innovazioni morfologiche introdotte dal maestro hanno lo scopo di fornire
precisi punti di riferimento al sistema delle quote; queste diventano così – da
strumenti discontinui e occasionali di controllo del processo costruttivo – parte di un sistema geometrico continuo che prescrive in anticipo la posizione
di tutti gli elementi strutturali. Diventa così possibile isolare una serie di decisioni iniziali che riguardano la dislocazione spaziale degli elementi, prima
della loro consistenza fisica e che sono la parte essenziale della ‘progettazione’.
Nel caso di un manufatto edilizio, dove intervengono diverse lavorazioni ciascuna con una sua scala di misure e con un suo specifico margine di tolleranza,
il compito del progettista è di mediare queste diverse scale, considerandole
appartenenti a un’unica gamma infinita di grandezze spaziali. Perciò negli
organismi brunelleschiani i moduli sono più d’uno, in quanto corrispondono
alle misure di raccordo fra le differenti scale di grandezza proprie delle diverse
lavorazioni.
H. von Geymüller, Architektur der Renaissance in Toscana, Brunelleschi, München 1892, vol. I, tav. 19.
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