Michael J. Sandel
Contro la perfezione
M.J. SANDEL, Contro la perfezione.
L’etica nell’età dell’ingegneria genetica
(Transizioni), Vita e Pensiero, Milano
2008, pp. 122, € 12,00
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Il filosofo politico Michael Sandel,
docente alla Harvard University e ben
noto critico del liberalismo di J. Rawls,
da alcuni anni ha iniziato a occuparsi di
problematiche bioetiche, ovvero da quando nel 2001 fu invitato a partecipare al
Consiglio di Bioetica del Presidente degli
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Stati Uniti (President Council of Bioethics)
allora diretto dal medico, intellettuale e
umanista L. Kass.
Con quello stile accessibile che caratterizza i suoi scritti, l’A. si pone interrogativi e articola risposte su alcune problematiche bioetiche di viva attualità e di interesse per chi si occupa di etica – filosofica e teologica – e per ogni cittadino. L’A.
comunica al lettore una grande libertà intellettuale, un impegno volto a precisare
le ragioni dei suoi interlocutori e ad argomentare in modo disteso, mirando a
chiarire e a coinvolgersi nella conversazione e nel dibattito. Questo piccolo volume è frutto di una numerosa serie di
interventi che hanno avuto luogo in varie
sedi e contesti negli anni recenti. Sandel
riflette su come rispondiamo, come individui e società, alle attuali e future molteplici possibilità di intervenire per migliorare la nostra condizione umana. Tale domanda diviene sempre più importante
poiché ciò che è oggetto di modificazione non è tanto o non è solamente il contesto esterno, l’ambiente e le dinamiche
sociali, quanto piuttosto la nostra natura
corporea, sia in termini di caratteristiche
genetiche personali o dei propri figli, sia
in termini di prestazioni fisiche e biologiche (intelligenza, memoria, abilità sportive, capacità di resistenza al lavoro, rendimento nello studio, ecc.).
Sei sono i temi trattati: l’etica del miglioramento (enhancement); la bionica
nello sport; la scelta delle caratteristiche
dei propri figli e il modo in cui si determina come essere genitori; le correlazioni e le differenze tra la vecchia eugenetica
e la nuova eugenetica; le dinamiche etiche predominanti, esaminando, in particolare, l’etica del controllo e l’etica del
dono; il dibattito riguardante l’embrione
e le cellule staminali.
Casi concreti, tratti dalle cronache di
questi anni, mostrano cosa sta già verificandosi e sollevano interrogativi se ciò è
proprio quanto vogliamo per noi oggi e
per le generazioni future. Come reagiamo di fronte alla decisione di una coppia
di donne sorde di procreare un figlio sordo ricorrendo alla procreazione medicalmente assistita (FIVET: Fecondazione In
Vitro con Trasferimento di Embrioni)
mediante sperma donato e selezionando
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l’embrione portatore di sordità? Cosa pensiamo leggendo, nel giornalino studentesco pubblicato in una delle migliori università del mondo, l’annuncio di un’offerta
di $ 50.000,00 per ovocellule di una giovane alta 1,80 mt, atletica, senza problemi di salute e con ottimi risultati ai test
per l’ammissione all’università? Quale
posizione prendiamo riflettendo su coloro che spendono una considerevole somma di denaro per clonare il loro gatto o,
con cifre ancora più ingenti, il loro cane?
È eticamente accettabile o sbagliato tutto
ciò? L’autore esamina le posizioni che promuovono l’autonomia del soggetto, la tutela dei propri diritti e la correttezza procedurale mostrando i limiti di tali approcci
etici. Rifiutando di comprendere la nostra
autonomia decisionale in modo individualistico, sia si tratti dei nostri figli sia di noi
stessi, e ribadendo che il miglioramento
genetico non è assimilabile a un intervento estetico, l’A. invita a situare queste domande in un quadro etico più ampio. Infatti, occorre interrogarsi su quale natura
vogliamo, per noi e per il creato, e su come
interagiamo con noi stessi, con le altre
creature e con l’ambiente. In tal modo egli
risponde a quattro possibilità che già stanno profilandosi: primo, intervenire modificando geneticamente il tessuto muscolare, non solo per curare malattie muscolari (ad esempio le molte distrofie muscolari), ma anche per migliorare le prestazioni muscolari di atleti; secondo, migliorare la nostra memoria, sia ricordando di
più e con più agio, sia dimenticando quanto preferiamo non ricordare perché causa
sofferenza; terzo, aumentare la nostra altezza, sia nel caso di persone di bassa statura che di statura normale; quarto, selezionare il sesso del proprio figlio ricorrendo a diagnosi prenatali e all’aborto nel
caso di feti con possibili patologie o malformazioni, oppure servendosi di tecniche
di procreazione medicalmente assistita,
selezionando gli embrioni mediante diagnosi genetica preimpianto.
Giustamente l’autore prende le distanze da coloro che, alla luce di una limitata
comprensione di quanto richiede la giustizia, ritengono che l’unico o il maggiore
problema etico sia garantire a chiunque
l’accesso ad ogni tecnologia che sarà disponibile. Egli si domanda quali siano i
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fini che le future tecnologie perseguono,
ciò che si propongono, in che modo possano minacciare la dignità umana e come
limitino la nostra libertà di agenti morali.
In particolare, egli segnala che esse compromettono la nostra umanità, riducendo i meriti etici che dipendono dal nostro
impegnarci e dall’esprimere chi siamo attraverso le nostre azioni. Per Sandel, il
problema etico rilevante è la volontà di
controllo che riduce il nostro scoprirci
quale dono. Egli si domanda, quindi, cosa
possa essere ritenuto accettabile (ad esempio, correre con scarpe da ginnastica adatte) e cosa solleva interrogativi etici (ad
esempio, utilizzare medicine e droghe che
migliorino le nostre prestazioni e i nostri
risultati – come l’eritropoietina – o allenarsi in ambienti che riproducono le condizioni favorevoli dell’alta quota). È sotto gli occhi di tutti la trasformazione del
modo in cui si praticano i vari sport e si
corre il rischio di smarrire l’essenza del
praticare sport. Infatti, si ricorre a medicine e a droghe piuttosto che mettere a
frutto le proprie capacità, impegnandosi
per ottenere i migliori risultati. Per l’A.,
quindi, il problema etico connesso alla
nostra volontà di controllo e di miglioramento non dipende dalle innovazioni tecnologiche in quanto tali (ad esempio scarpe e costumi tecnologicamente avanzati),
ma da ciò che corrompe lo sport perché
incide sull’agonismo e sulla competizione e trasforma lo sport in spettacolo. È
questa degenerazione etica che egli considera problematica.
L’etica del dono, dell’essere dotati e del
promuovere le proprie capacità personali, ci è ben nota e la sperimentiamo in prima persona, ma essa è minacciata dalla
volontà di controllo che si serve di varie
tecnologie, ad esempio quando i genitori
vogliono determinare le caratteristiche dei
loro futuri figli. Concretamente, per Sandel l’etica del dono si rivela nell’amare in
modo incondizionato, nell’impegno profuso nell’educare i propri figli, scoprendo i loro doni e promuovendoli, ma contenendo il proprio ruolo di genitori e la
propria volontà (o il bisogno) di emergere e di essere notati grazie ai successi dei
propri figli.
L’A. esamina poi i recenti progressi in
genetica umana e il dibattito etico che li
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accompagna. Egli ripercorre le tappe iniziali – eugenetiche – della genetica negli
USA e analizza la deriva attuale, che spesso è dominata dalle logiche di profitto del
libero mercato e dall’eugenetica liberale,
che propone di servirsi delle tecnologie
in ambito genetico per favorire dinamiche etiche marcatamente individualistiche
e geneticamente selettive. Sandel percepisce minacce alle condizioni di uguaglianza indispensabili per partecipare alla vita
sociale e politica e le affronta dialogando
con filosofi liberali contemporanei americani e con il filosofo tedesco Jürgen
Habermas (il cui contributo è già stato
discusso in questa rivista nel 2003: cf A.
Vicini, «Il futuro della natura umana. I
rischi della genetica liberale», in Rassegna
di Teologia 6 [2003] 901-921). Per Habermas, occorre tutelare la contingenza
della vita, poiché la nostra vita e quella
altrui non sono a nostra disposizione e
poiché non va menomata la nostra libertà di azione morale, preservando la nostra uguaglianza, anche a livello di costituzione genetica. Per Sandel, esprimere e
vivere il proprio essere genitori ricorrendo a dinamiche di tipo eugenetico rivela
uno specifico modo di porsi nei confronti del mondo: indica, infatti, atteggiamenti
di dominio e di controllo che lasciano in
secondo piano la dimensione del dono,
inseparabile dalle nostre capacità e dalle
nostre realizzazioni umane. Inoltre, si trascura l’agire etico, che tutela e rafforza la
nostra libertà nel quadro della contingenza in cui viviamo. Apprezzare la dimensione del dono, inoltre, consente di dare
il giusto valore alle virtù dell’umiltà e della
solidarietà, che tendenzialmente vengono
trascurate, e promuove in modo equilibrato la nostra responsabilità, in un contesto in cui, purtroppo, quest’ultima continua a espandersi in modo eccessivo ed
eticamente disordinato (ad esempio, i genitori vengono considerati responsabili
anche per le caratteristiche genetiche dei
loro figli o per non aver fatto ricorso a
tutto quanto le molteplici tecnologie rendevano possibile sia a livello diagnostico
che terapeutico).
Sandel precisa che, affrontando le problematiche etiche connesse alle possibilità tecnologiche di miglioramento e proponendo un approccio etico centrato sulRECENSIONI
l’esperienza del dono, sull’umiltà, sulla
solidarietà e sulla responsabilità, egli non
sta articolando una proposta religiosa,
condivisibile solo da chi sia religioso. Al
contrario, egli ritiene che ciò espliciti dimensioni antropologiche ed etiche essenziali, che possono essere condivise e vissute da tutti i cittadini, credenti o meno.
Infine, l’A. conclude il volume esaminando quanto concerne la ricerca riguardante le cellule staminali umane, concentrandosi sul dibattito etico – in particolare riflettendo sugli embrioni crioconservati prodotti nel corso di procreazione
medicalmente assistita, sulla proposta di
clonare embrioni a fini di ricerca e sulle
recenti decisioni politiche nel contesto
americano. Nel discutere lo statuto morale dell’embrione e notando la difficoltà
di determinare quando iniziare a parlare
di “persona umana”, Sandel propone di
considerare gli embrioni come non inviolabili, ma tali da richiedere il nostro rispetto; di conseguenza, pur nella difficoltà
di determinare il loro statuto di persone,
e indipendentemente da ciò, non possiamo disporne come vogliamo, mancando
di rispetto e violandone la dignità.
Egli propone, quindi, restrizioni in grado di garantire il dovuto rispetto al mistero dell’inizio della vita umana. Concretamente, Sandel suggerisce di: bandire la clonazione riproduttiva volta a clonare persone umane; limitare in modo
ragionevole i tempi di crioconservazione
di embrioni in cliniche e laboratori (ottenuti a seguito di procedure di procreazione medicalmente assistita); rilasciare licenze ed effettuare verifiche in cliniche che
effettuino tecniche di procreazione medicalmente assistita; regolare ogni tentativo di commodificazione e di commercializzazione di spermatozoi e di ovocellule; istituire una banca centralizzata che
consenta di accedere a linee di cellule staminali senza dover dipendere da interessi
monopolistici. L’intenzione dell’autore è
evitare l’uso capriccioso della vita umana
nascente rendendo però possibili i progressi terapeutici che ci si attende dalla
ricerca riguardante le cellule staminali
umane in modo che il progresso biotecnologico possa manifestarsi pienamente
quale benedizione per la salute e non causi
in nessun modo un’erosione delle sensi-
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bilità diverse riguardanti la vita umana.
Sarebbe una grave perdita etica per l’umanità se le conseguenze immediate e durature del progresso tecnologico in corso, e
riguardanti le possibilità di miglioramento umano, portassero a delineare due classi di persone: quelle migliorate e quelle
non migliorate.
In conclusione, la proposta di Sandel,
sia in termini di approccio etico generale,
sia di proposte concrete, merita attenzione e discussione, situandosi quale voce
ulteriore nel contesto già ricco di molteplici contributi filosofici e teologici sia
nell’ambito della riflessione etica cattolica che nell’intera società civile. Essa rivela, inoltre, la disponibilità e la volontà
concreta di dialogare con le altre voci presenti, ricercando ciò che eticamente consenta il maggiore rispetto della persona
umana e della sua dignità e sia in grado di
promuovere sempre più e meglio la salute e il bene delle singole persone, dell’umanità e dell’ambiente. I lettori potranno
continuare ad approfondire ponendo a
confronto le posizioni dell’autore con
quanto affermato dalla Congregazione per
la Dottrina della Fede nella recente istruzione Dignitas Personae (2008) che, nella
parte terza, affronta alcune delle tematiche esaminate da Sandel e che la presentazione aggiornata della posizione magisteriale cattolica su queste problematiche
etiche di grande attualità che coinvolgono tante persone, coppie, medici, biologi
e ricercatori nella società contemporanea.
Andrea Vicini S.I.
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