Arte Fausto Melotti la poetica della forma di Carmine Negro Oltre 200 opere tra terrecotte, maioliche, gessi, sculture in ferro e ottone, ceramiche, disegni e sculture in acciaio ordinate in una grande mostra al MADRE di Napoli dal 16 dicembre 2011 al 9 aprile del 2012 per una lettura approfondita e analitica della complessa figura di Melotti tra i più significativi protagonisti del rinnovamento e dello sviluppo del linguaggio plastico e materico. La grande mostra antologica dedicata a Fausto Me- Fausto Melotti - Senza titolo 1955 Fausto Melotti - Ifigenia 1978 lotti, nato a Rovereto nel 1901 e morto a Milano nel 1986, curata da Germano Celant e organizzata in collaborazione con l’Archivio Fausto Melotti, si sviluppa attraverso le sale chiare e suggestive del museo MADRE, ridisegnate da Alvaro Siza, in maniera cronologica e pone in evidenza attraverso una selezione di oltre 200 opere tra terrecotte, maioliche e gessi, sculture a tecnica mista e in ferro, ceramiche e lavori in inox, disegni e bozzetti, il percorso scultoreo di Melotti strettamente legato al mondo delle arti visive. Insieme ai suoi contemporanei Alexander Calder, Alberto Giacometti, Louise Bourgeois e Lucio Fontana, è riconosciuto, sia a livello nazionale che internazionale, nell’ambito della scultura moderna e contemporanea, tra i più significativi protagonisti del rinnovamento e dello sviluppo del linguaggio plastico e materico. Melotti, sin dagli inizi degli anni trenta, si è affermato come uno dei talenti artistici più rilevanti del XXI secolo perché è riuscito a coniugare la tradizione classica con gli interessi per le avanguardie europee, la conoscenza scientifica con una speciale sensibilità musicale, il talento scultoreo con quello di ceramista, la raffinata abilità letteraria e creatività poetica con la ricercatezza del disegnatore. Nel 1901 Rovereto fa parte dell’Impero austro-ungarico. Nella città natale Fausto Melotti frequenta la Scuola Reale Elisabettina, una sorta di istituto superiore ad indirizzo di arti applicate. Quando scoppia la prima guerra mondiale si trasferisce a Firenze, dove porta a termine gli studi liceali e può osservare da vicino le opere degli artisti del rinascimento fiorentino quali Giotto, Simone Martini, Botticelli, Donatello e Michelangelo ed entra in contatto con numerosi artisti e letterati d’avanguardia. Il cugino Carlo Belli, pittore italiano, aderente all’Astrattismo, ma anche teorico e critico d’arte, giornalista, scrittore e musicologo che lo raggiunse tempo dopo, La Rassegna d’Ischia n. 3/2012 39 Fausto Melotti - Senza titolo 1958 Fausto Melotti - Senza titolo 1958 Fausto Melotti - Castello 1947 40 La Rassegna d’Ischia n. 3/2012 ricorda che lo trovò molto maturato dall’esperienza fiorentina trasmettendogli lo spirito di quella città. Un giorno al Museo del Bargello egli riuscì a fargli comprendere il San Giorgio di Donatello: «Vedi che silenzio circola intorno ad essa’. Rimasi folgorato. Accepivo il concetto di silenzio come potenza nella scultura». E successivamente quando ricorda quel periodo, Carlo ritiene che per loro adolescenti quello fu «un soggiorno formativo ... asse fondamentale attorno al quale si metteranno in rotazione le nostre prime acquisizioni umanistiche». Il biennio trascorso a Pisa, un’altra città toscana, permette al giovane Melotti di assimilare lo spirito delle notevoli opere architettoniche, delle sculture romaniche e gotiche di Nicola e Giovanni Pisano e i corredi preziosi del Medioevo (capitelli e rilievi, mosaici e smalti, tessuti e avori). Il mondo iconografico e stilistico acqui- sito in questo periodo affiorerà qua e là nelle sue ceramiche smaltate e nei suoi teatrini. Importanti per la sua formazione erano stati senza dubbio i contatti con la vivace vita culturale della sua città natale Rovereto “ricca di luci vive”. Belli racconta orgogliosamente che i giovani roveretani spinti da una voglia di rinnovamento, volevano “rifare il mondo” a modo loro, evitando la solita protesta e sfruttando la “fantasia” andavano alla ricerca di trovate geniali che potessero generare scalpore nell’opinione pubblica. Melotti stesso in qualche intervista ricorda con entusiasmo le numerose personalità che vivevano nella sua città e ne facevano un centro all’avanguardia nelle arti figurative, nell’archeologia, nella musica e nella letteratura; primo fra tutti il futurista Fortunato Depero (1892-1960). La prima esperienza significativa del giovane Melotti è comunque la frequentazione di Fortunato Depero, che a quel tempo era entrato nella storia della pittura moderna, avendo come padrini Balla e Boccioni. Il manifesto Ricostruzione futurista dell’universo (1915) rivela con quanto entusiasmo i firmatari, Balla e Depero, si proponessero di creare una nuova realtà, introducendo nel quotidiano degli oggetti in grado di “ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente”, trovando “degli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi dell’universo stesso, poi li combineremo insieme, secondo i capricci della nostra aspirazione, per formare dei complessi plastici che metteremo in moto”. Per fare questo dichiararono di servirsi di tutti i generi di materie e materiali (fili metallici e di cotone, stoffe, cartoni e vetri colorati, reti metalliche, specchi ecc.) per costruire i complessi plastici, purché essi mantengano un carattere appariscente. Con la manualità e per mezzo di materiali umili considerati allora ‘antiartistici’ - come è spiegato nel manifesto del 1915 - egli riusciva a esprimere tutto il suo linguaggio: uno stile sintetico e lineare fatto di colori forti campiti a zone, di forme geometrizzate a incastro, cariche di senso della dinamicità. Questo in sintesi l’ambiente artistico roveretano in cui si incoraggiavano i giovani a intraprendere la strada delle arti applicate affinché esse potessero divenire degne compagne delle arti figurative. Partire da un periodo così remoto è estremamente importante, in quanto ci permette di inquadrare l’ambiente culturale roveretano, e di capire quali pensieri il giovane Melotti avesse potuto maturare sull’arte. Successivamente si laureò al Politecnico di Milano in ingegneria elettrotecnica. Dopo vari studi musicali decise di dedicarsi alla scultura: studiò prima a Torino nello studio di Pietro Canonica, poi dal 1928 all’Accademia di Brera di Milano, sotto la guida del grande scultore milanese Adolfo Wildt. Lavorò alla Richard Ginori con l’amico Giò Ponti. Il suo stile muta negli anni seguendo però sempre una sua personalissima ricerca, tesa ad articolare lo spazio secondo ritmi dal sapore musicale; così anche le sue sculture più tradizionali sono piene di quel suo particolare amore per la poesia dei materiali. Evidenti quindi i suoi legami con l’arte metafisica, ma soprattutto con il razionalismo e con artisti come Lucio Fontana fondatore del movimento spazialista. Il carattere mentale della sua scultura subirà una sintesi, nei modi e nei materiali: ceramica o gesso, teatrini polimaterici, ma soprattutto le sue leggerissime sculture in acciaio, saranno intrisi di una vena surreale e ironica. Fausto Melotti che le sintetizza nel suo breviario segreto “Linee”: “L’arte non rappresenta, ma trasfigura in simboli la realtà … si rivolge all’intelletto, non ai sensi ” rappresenta un mondo in cui armonia e leggerezza, sintesi ed eleganza, rivelano un animo votato alla poesia e all’aforisma. Come evidenzia il curatore Germano Celant, lo scultore trentino privilegia l’accadimento alla rigidità, la relazione all’assolutezza costruttiva, il rituale naturale e organico alla rappresentazione bloccata e calcolata: «La scultura per Melotti è magica e rituale, un’incarnazione nel rito della fisicità sorprendente, non è astratta ma corporea. Più che alla condizione scientifico-matematica, essa va associata al movimento e alla danza, là dove la musica è indiretta». Ecco allora nelle opere presenti al Madre le costruzioni di piccoli spazi abitabili con sagome di minuti oggetti, con veli e tessuti, piccole figurine in terracotta. Ci sono teatrini surreali, assottigliate figure femminili e piccoli personaggi filiformi. Le esili architetture di ferro, ottone, sfere e lamine metalliche, raccontano di città invisibili e spazi metafisici. Mezze lune sospese, catene dondolanti, reti intrecciate, esili scale, garze sospese, definiscono stanze immateriali e silenziose dove può abitare solo la poesia o la musica. Tutti i lavori sono incentrati sulla manualità, sulla manipolazione dei materiali semplici e soprattutto sulla trasfigurazione in base ad un emergente bisogno espressivo e comunicativo. Per tale motivo i materiali non vengono mai presentati per quello che sono ma trasformati in funzione di una sintesi, per la carica di suggestione che possono trasferire. Scrive ancora Fausto Melotti: «La rinuncia alla rappresentazione del mondo naturalistico è meno difficile della rinuncia all’amore della materia in cui si lavora. (…) l’arte è un viaggio. La solitudine e l’inquietudine delle memorie. (…) Anche chiusa in un programma, spinta in un rigido contrappunto, composta in una camicia di forza, l’arte esce in un’ineffabile danza. L’artista non conosce ancora la seconda parola della sua poesia, non sa se al do segue il re fra le righe o il fa sopracuto, né se l’azzurro muore o si esalta. L’arte sorride a chi ride delle cose ingiustificate.” E ancora “Solo nel silenzio è la purezza». Carmine Negro La Rassegna d’Ischia n. 3/2012 41