Verifica di Storia INQUISIZIONE E LOTTA CONTRO LE ERESIE

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Verifica di Storia
INQUISIZIONE E LOTTA CONTRO LE ERESIE
In queste pagine sono esposti due punti di vista molto diversi. Utilizzando le tue
conoscenze ed effettuando opportune ricerche, commenta i testi formulando un tuo
giudizio.
PUNTO DI VISTA n. 1
È opinione comune che il tribunale dell'Inquisizione sia stato lo strumento ordinario
utilizzato dalla Chiesa cattolica per combattere l'eresia. In realtà, garantire l'ortodossia è
compito anzitutto dell'episcopato, cui spetta non solo insegnare le verità della fede, ma
anche difenderle contro quanti le insidiano; inoltre, soltanto entro certi limiti è corretto
parlare di un tribunale inquisitoriale. Infine, occorre specificare che lo stesso nome spetta
sia all'istituzione sorta nel secolo XIII, la cosiddetta Inquisizione medioevale, sia
all'Inquisizione spagnola, creata da Papa Sisto IV (1471-1484), nel 1478, su sollecitazione
della regina Isabella di Castiglia (1451-1504) e di re Ferdinando d'Aragona (1452-1516), sia
alla Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione, istituita da Papa Paolo III
(1534-1549) nel 1542.
L'Inquisizione nasce verso la fine del Medioevo propriamente detto come risposta della
Chiesa agli eccessi di movimenti ereticali, che non si limitavano a propugnare deviazioni di
contenuto esclusivamente teologico - contrastati fino ad allora sul piano dottrinale e solo
con mezzi spirituali -, ma insidiavano mortalmente la società civile. La ferma riprovazione
dei civili contro le vessazioni degli eretici costringe le autorità ecclesiastiche a intervenire,
anzitutto per controllare e per frenare una reazione nata dal popolo e gestita, non sempre
con il necessario discernimento, dai tribunali laici, che si illudevano di risolvere il problema
inviando con disinvoltura gli eretici al rogo.
Oggi è difficile immaginare il profondo malessere suscitato nella Cristianità dalla diffusione
del catarismo, che, sotto il fascino esercitato dall'apparente austerità di vita dei suoi
proseliti, nascondeva un'ideologia sovversiva. Il pericolo era rappresentato soprattutto
dalla condanna del mondo materiale, che implicava il divieto assoluto di procreare e, come
culmine della perfezione, il suicidio rituale, e dal rifiuto di prestare giuramento, che
comportava il dissolvimento del legame feudale, uno dei capisaldi della società medievale.
Dunque, considerata l'omogeneità religiosa della società del tempo, l'eresia costituiva un
attentato non solo all'ortodossia ma anche all'ordine sociale e politico. Lo storico
protestante Henry Charles Lea (1825-1909), pur poco benevolo nei confronti
dell'Inquisizione, scrive che, in quei tempi, "[...] la causa dell'ortodossia non era altro che la
causa della civiltà e del progresso".
L'autorità temporale e quella spirituale, dopo aver agito a lungo separatamente - la prima
con i suoi tribunali, l'impiccagione e il rogo, la seconda con la scomunica e le censure
ecclesiastiche - finiscono per unire i loro sforzi in un'azione comune contro l'eresia.
L'Inquisizione medioevale, dunque, è definita dallo storico francese Jean-Baptiste Guiraud
(1866-1953), come "[...] un sistema di misure repressive, le une di ordine spirituale, le altre
di ordine temporale, emanate simultaneamente dall'autorità ecclesiastica e dal potere civile
per la difesa dell'ortodossia religiosa e dell'ordine sociale, ugualmente minacciati dalle
dottrine teologiche e sociali dell'eresia". Le tappe attraverso cui prende corpo il nuovo
organismo sono la costituzione Ad abolendam di Papa Lucio III (1181-1185), del 1184, che
obbliga tutti i vescovi a visitare due volte l'anno le loro diocesi alla ricerca, inquisitio, degli
eretici; l'istituzione della cosiddetta Inquisizione "legatina" da parte di Papa Innocenzo III
disputare pubblicamente con gli eretici, la costituzione Excommunicamus di Papa Gregorio
IX (1227-1247), del 1231, con cui sono nominati i primi inquisitori permanenti, scelti in
preferenza fra i domenicani e i francescani.
La qualità costitutiva del nuovo organismo non era nella natura del delitto o in quella della
pena e neppure nella procedura, ma nella figura del giudice delegato in materia
ecclesiastica criminale. Non si provvede, pertanto, all'istituzione di un tribunale speciale
per una determinata categoria di reati o di rei - in questo senso, per tutto il Medioevo, un
tribunale dell'Inquisizione non è mai esistito -, ma alla nomina di un giudice straordinario,
la cui competenza si affianca a quella del giudice ordinario, il vescovo. Va ricordato, infine,
che gli inquisitori erano competenti a giudicare solo i battezzati e che, dunque, gli ebrei e i
musulmani non ricadevano sotto la loro giurisdizione.
L'Inquisizione, grazie alla prescrizione, sempre rispettata, di mettere per iscritto le fasi della
procedura, le deposizioni e le testimonianze, è una delle prime istituzioni del passato su cui
è disponibile una quantità di dati tale da rendere impossibile ogni travisamento storico, sia
relativamente all'organizzazione sia alla prassi adottata. Infatti, gli studiosi che negli ultimi
anni hanno cominciato a esplorare l'imponente documentazione archivistica, si sono
trovati, con stupore, al cospetto di tribunali dotati di regole eque e di procedure non
arbitrarie, di corti giudiziarie pronte a sconsigliare l'uso della tortura o a scoraggiare
denunce infondate e delazioni, di organismi molto più miti e indulgenti dei tribunali civili
del tempo. Inoltre, sebbene certa propaganda insista sul carattere ideologico e totalitario
dell'Inquisizione, è sempre più evidente l'abisso esistente fra i metodi propri di questa
istituzione e i sistemi di controllo delle persone e di manipolazione delle coscienze messi in
atto negli Stati moderni.
E falsa è l'immagine dell'inquisitore feroce e ignorante: gli inquisitori erano, in genere,
persone dotte, oneste e di costumi irreprensibili, poco inclini a decidere in fretta e
arbitrariamente la sorte dell'imputato, volti invece ad accordare il perdono al reo e a farlo
rientrare in seno alla Chiesa. L'Inquisizione del secolo XIV inventa la giuria, consilium che
consente all'imputato di essere giudicato da un collegio numeroso, e altri istituti in favore
del condannato, come la semilibertà, la licenza per buona condotta e gli sconti di pena.
Falsa è anche l'affermazione secondo cui si faceva un uso generalizzato e indiscriminato
della tortura, cui gli inquisitori del secolo XIV, a differenza dei giudici civili, ricorrevano
raramente e nel rispetto di regole molto severe. L'immaginario secondo cui i tribunali
inquisitoriali erano teatro di raffinatissime scene di crudeltà, di modi ingegnosi di
infliggere l'agonia e di un'insistenza criminale nell'estorcere le confessioni, è l'esito della
propaganda degli scrittori a sensazione, che hanno sfruttato la credulità di molti.
Falsa, infine, è l'immagine dell'Inquisizione come tribunale sanguinario. Infatti, lo spoglio
statistico delle sentenze, da cui si ricava la bassa percentuale delle condanne, soprattutto di
quelle alla pena capitale, ha ormai dimostrato l'infondatezza di questa tesi. L'Inquisizione
perseguiva lo scopo di correggere e di riavvicinare l'eretico alla fede; a questo scopo gli
inquisitori imponevano penitenze di ordine spirituale, che davano al reo la possibilità di
emendarsi, attenuavano le pene più gravi quando ravvisavano in lui indizi di ravvedimento
e abbandonavano al braccio secolare, cioè alla morte, i recidivi che, essendo tornati ai loro
errori, facevano perdere ogni fiducia nella loro conversione e nella loro sincerità. La pena
capitale non trovava esecuzione rigorosa presso l'Inquisizione e la sentenza era spesso
modificata, in netto contrasto con l'immancabile esecuzione del colpevole da parte dei
tribunali secolari e con la crudeltà degli organismi inquisitoriali nei paesi protestanti.
Dall'esame degli archivi risulta, per esempio, che nella seconda metà del secolo XIII gli
inquisitori di Tolosa pronunciarono condanne a morte nella misura dell'1% delle sentenze
emesse. Inoltre, gli studiosi hanno completato lo spoglio dei processi inquisitoriali di
Bernard Gui (?-1331) - il domenicano calunniato nel romanzo Il nome della rosa, di
constatando che su novecentotrenta imputati solo quarantadue furono rimessi al braccio
secolare, mentre centotrentanove vennero assolti e gli altri condannati a pene minori,
spesso di straordinaria mitezza.
Raggiunti i suoi scopi con la distruzione dell'eresia, l'Inquisizione medievale declina
ovunque lentamente e, sottoposta sempre più al controllo del potere secolare, scompare da
sola, in epoche diverse. La svolta più significativa è compiuta dalla monarchia francese, che
sottrae gradualmente agli inquisitori la competenza in materia d'eresia e l'affida ai tribunali
reali e al parlamento; durante il grande scisma d'Occidente, anche la facoltà teologica
dell'università di Parigi rivendica l'esame e il giudizio sui delitti di eresia. Così,
l'Inquisizione in Francia diventa una sigla di cui si appropria il potere politico e su cui la
Chiesa non ha più potestà. I tribunali che processano i templari nel 1307 e santa Giovanna
d'Arco (1412-1431) non rappresentano più la vera Inquisizione, ma sono espressione del
potere "laico".
PUNTO DI VISTA N. 2
La crociata bandita da Innocenzo III nel 1208 ottenne il risultato di liquidare la cultura
laica che si stava diffondendo nel sud della Francia, grazie alla lingua d’Oc, ai trovieri, ai
signori indipendenti di castelli e città, che vivevano in quel periodo un momento d’oro che
aveva prodotto, tra l’altro, un bellissimo esempio di letteratura non religiosa, incentrata
sull’ ”amore cortese”. Questa cultura idealizzava la corte feudale, la cavalleria, i valori della
società del sud della Francia dell’epoca e, contemporaneamente, si intrecciava con la
diffusione di fenomeni, definiti “eretici” dalla chiesa cattolica. In realtà queste pretese
“eresie” erano manifestazioni di insofferenza nei confronti della corruzione del clero
romano, dalla sua deriva morale e sociale e di affermazione di valori legati alle condizioni
sociali, economiche e di vita delle province provenzali francesi, oltre a rappresentare una
generale aspirazione all’emancipazione e alla lotta contro l’ingiustizia. Questo fenomeno
preoccupava moltissimo la chiesa, ma fu possibile lanciare una crociata contro il sud della
Francia, solo quando il Vaticano fu certo di ottenere l’appoggio del regno di Francia nel
Nord. In effetti mentre al Nord il regno di Francia maturava posizioni accentratrici e di
unificazione economica, politica, culturale e statale, il sud del paese continuava sulla strada
della propria autonomia, della frammentazione in contee e ducati, piccoli domini che
mantenevano la propria indipendenza. chiesa cattolica e regno di Francia si allearono in
questa crociata con lo scopo di schiacciare ogni manifestazione di indipendenza raggiunta
dalla cultura provenzale, sia sotto il piano politico che culturale e religioso.
In effetti: “La Linguadoca era una regione tollerante. I conti di Tolosa e altri governanti delle regioni
meridionali concedevano alla gente libertà di religione. I Valdesi avevano tradotto la Bibbia nella
lingua d'oc e la stavano predicando con zelo, a due a due, in tutta la regione. Anche i catari (noti pure
come albigesi) diffondevano la loro dottrina e facevano molti convertiti tra i nobili. Molti sirventesi dei
trovatori rispecchiavano la delusione, la mancanza di rispetto e il disgusto che la gente provava nei
confronti del clero cattolico. Un sirventese di Gui de Cavaillon condanna gli ecclesiastici per aver
"abbandonato la loro vocazione originale" in favore di interessi più mondani. I testi dei trovatori
mettevano in ridicolo l'inferno di fuoco, la croce, la confessione e l'acqua "santa". Si facevano beffe
delle indulgenze e delle reliquie e satireggiavano i preti immorali e i vescovi corrotti definendoli
"traditori, bugiardi e ipocriti. La chiesa cattolica, tuttavia si riteneva superiore a qualsiasi impero e
regno. La guerra divenne il suo strumento di potere. Papa Innocenzo III promise la ricchezza di tutta la
Linguadoca all'esercito che fosse riuscito a sottometterne i principi e ad eliminare ogni dissenso nelle
regioni meridionali della Francia. Quello che seguì fu un periodo di torture e di stragi tra i più
sanguinosi che la storia francese ricordi. Fu chiamato la crociata contro gli albigesi (1209-29). I
trovatori la definirono la "falsa crociata". Le loro canzoni espressero indignazione per la crudeltà della
chiesa nei confronti dei dissidenti per il fatto che il papa offriva a chi uccideva i dissidenti francesi le
stesse indulgenze offerte a chi uccideva i musulmani, considerati infedeli. Con la crociata contro gli
e le loro terre e le loro case vennero confiscate. Accusati di essere eretici catari, quasi tutti i trovatori si
rifugiarono in paesi meno ostili. Questa crociata segnò la fine della civiltà occitana, del suo modo di
vivere e della sua poesia. I decreti dell'inquisizione proibirono di cantare o anche solo di canticchiare a
bocca chiusa le canzoni dei trovatori. Ma la loro eredità non andò perduta. In effetti, le loro canzoni
anticlericali prepararono il terreno per quella che sarebbe stata la Riforma. Sì, i trovatori possono
essere ricordati non solo per le loro canzoni d'amore.". (Christian E. Maccarone presidente del CSSSS
http://members.tripod.it/CSSSSTRINAKRIA/trov.html)
Le idee dei Catari erano semplici e chiare. Essi propugnavano un contatto diretto con “il
divino”, non più mediato dai preti, dal clero. Era un movimento chiaramente contrapposto
alla corruzione cattolica che predicava l’amor dei e il disprezzo dell’amor mundi, ma
vendeva la remissione dei peccati e le cariche ecclesiastiche. Inoltre la struttura cattolica
era una vera e propria istituzione dell’oppressione feudale, che schiacciava i contadini nel
gioco della servitù della gleba, delle tasse, delle mille gabelle e servizi con i quali legava il
popolo a sé:
“nel XII secolo nel Sud della Francia il catarismo minacciava davvero di soppiantare il cristianesimo
(…) Ai cavalieri, ai nobili, ai commercianti e ai contadini del Sud della Francia, sembrava offrire una
consona alternativa alla detestata chiesa di Roma: duttilità, generosità, onestà, tolleranza erano
qualità non facilmente reperibili nella gerarchia ecclesiastica istituzionale. Inoltre, in campo pratico,
offriva una via di scampo all’onnipotente clero romano, all’arroganza clericale e agli abusi di una
chiesa corrotta, i cui latrocini diventavano sempre più intollerabili. Non è un mistero che la chiesa del
tempo fosse vergognosamente corrotta. (…) I vescovi furono descritti dai contemporanei come
<<pescatori di denaro e non di anime, esperti in mille inganni per svuotare le tasche ai poveri” – cit. in:
Lea H.C A History of the Inquisition of the Middle Ages, London, 1888, vol. 1 pag. 53 – (…) In alcune
chiese, addirittura, non si officiava la messa da più di trent’anni, perché i sacerdoti trascuravano i
parrocchiani e si dedicavano ai commerci o all’amministrazione dei loro possedimenti. L’arcivescovo di
Tour, notoriamente omosessuale e che era stato il favorito del suo predecessore, pretese che
l’episcopato di Orléans fosse assegnato al proprio amante. L’arcivescovo di Narbona non si curò
neppure di visitare la città e la ,sua diocesi. Numerosi ecclesiastici si dedicavano ai banchetti,
mantenevano cortigiane, insomma, uno stile di vita consono più alla grande nobiltà che al clero,
mentre le anime affidate alle loro cure erano abbandonate alle vessazioni e ridotte in uno stato di
degrado e di miseria sempre più profondo. Non sorprende, quindi, che una parte rilevante della
popolazione, a prescindere da ogni questione spirituale, volgesse le spalle a Roma e abbracciasse il
catarismo.” (Michel Baigent, Richard Leigh, L’inquisizione, persecuzioni, ideologia e potere, Marco
Tropea editore, Milano, 2000, pag. 25-27).
Il legato papale, Pierre de Castelnau doveva seguire l’applicazione del nuovo indirizzo del
papa, che nel novembre del 1207 aveva esortato il re di Francia e gli alti nobili a estirpare
l’eresia in Francia. Il legato papale si scontrò con il conte di Tolosa che aveva promesso di
sterminare gli eretici, ma non fece nulla. La mattina del 14 gennaio 1208 il legato fu ucciso.
Il papa accusò il conte di Tolosa e lo scomunicò. Iniziava l’escalation che avrebbe condotto
alla crociata. Alla fine di giugno 1209 fu finalmente costituita una crociata di circa
ventimila uomini formata soprattutto da nobili del Nord, cavalieri, avventurieri, guidata da
un nobile di basso rango che diventerà tristemente famoso: Simone de Monfort. Il 22 luglio
la città di Béziers fu messa a ferro e fuoco. Di fronte al problema di distinguere gli eretici
dai cattolici, il legato pontificio sembra avesse affermato: “Uccideteli tutti, Dio distinguerà i
suoi” (J. Sumption, The Albigesian Crusade, London, 1978, pag. 93, cit. in: ibidem, pag. 29).
Al di là della loro verità storica, queste cronache testimoniano la grande diffusione del
catarismo e delle varianti eretiche e restano documentate la violenza della crociata e le
atrocità commesse dai cattolici. A Béziers vennero massacrate circa ventimila persone,
donne, bambini, vecchi, giovani, non importa il rango o l’età. 7000 di essi furono bruciati
vivi all’interno di una chiesa. Assedio dopo assedio, le città si arresero. Un tentativo del re
di Aragona, nel 1213, di fermare questa orrenda carneficina fallì a causa della sua sconfitta
con le forze della crociata nella battaglia di Muret. Nel 1217 i crociati assediarono per nove
mesi la città di Tolosa, assedio durante il quale lo stesso Simone de Monfort conobbe la sua
morte e la crociata fallì nell’impresa. Nel 1224 venne indetta un’altra crociata guidata da
Luigi VIII, orrori e guerre si susseguirono finché, nel 1229 tutta la Linguadoca fu annessa
alla corona francese. Ci furono ancora rivolte catare nel 1240 e nel 1242 e infine
Montségur, la più importante roccaforte dei catari cadde il 16 marzo del 1244. Duecento
catari furono inviati al rogo e poi Quéribus, l’ultima fortezza catara, cadde nel 1255.
“Alla fine i domini del sud passarono direttamente o indirettamente, sotto il controllo della monarchia
francese. L’inquisizione, creata dai Domenicani, il nuovo Ordine mendicante nato apposta per
dichiarare guerra all’eresia, stringe la vita religiosa in una morsa di ferro. La delicata vita sociale delle
corti meridionali è squassata fin dalle fondamenta e ne risente in tutte le sue manifestazioni. La vittima
più illustre della crociata e dei nuovi dominatori, forse al di là delle loro vere intenzioni, è la forma di
espressione artistica per la quale questi territori diventeranno famosi: la poesia provenzale” (Franco
Suitner – doc. Letteratura Italiana, Univ. Venezia – “Poesia d’Oc”, medioevo, n. 4, ottobre 2000, pag.
94-115)
La chiesa non avrà più bisogno delle crociate contro gli eretici perché, nel corso stesso di questa crociata, aveva forgiato
una nuova arma che affiancherà il suo potere per molti secoli: l’inquisizione, fondata dall’ordine dei frati Dominicani.
Un potere speciale e terribile che spargerà odio e violenza in tutta Europa e anche nel Nuovo Mondo al servizio,
beninteso, della lotta per la fede cristiana, contro le eresie.
Già Carlo Magno aveva avuto occasione di mostrare il suo zelo verso la chiesa cattolica,
sterminando diverse migliaia di germani che avevano rifiutato di convertirsi, mostrando
così al Vaticano che la strada delle conversioni forzate e degli eccidi di massa non sarebbe
stata impraticabile una volta ristabilita l’integrazione tra impero e chiesa.La svolta vera e
propria però avviene intorno all’anno mille. Nel 1025 ci sono roghi di eretici ad Arras, nel
1026 il primo rogo di 16 canonici accusati di “manicheismo”, nel 1028 roghi a Milano e nel
1051 in Germania. Nel 1145 si forma la repubblica romana di Arnaldo da Brescia, i palazzi
papali vengono saccheggiati e Arnaldo viene spedito al rogo nel 1155; nello stesso anno i
legati pontifici scoprono l’enorme portata dell’eresia catara nella zona di Tolosa. Nel1056 i
patarini a Milano, Piacenza, Cremona e Firenze organizzano un vero e proprio “sciopero
liturgico” rifiutando di rispettare i sacramenti. La polarizzazione dello scontro sociale è
evidente a diverse riprese. Per esempio nel 1114 a Soisson, nel 1135 a Liegi e nel 1144 a
Colonia, si verificano movimenti di giustizia popolare antieretica.
Inizialmente le misure contro le eresie sono assegnate ai vescovi. Nel 1163 e poi nel 1166 e
nel 1199 (passando per il Concilio Laterano III, nel 1179), sono definiti compiti e regole,
compreso un sistema di pene e di condanne, quindi, nel 1199, l’eresia verrà definita un
reato di lesa maestà. Nel 1209 inizia la crociata contro la Linguadoc e dieci anni più tardi a
Tolosa viene fondata l’università contro l’eresia. Infine nel 1233 la bolla di Gregorio IX
sancisce la nascita ufficiale dell’inquisizione, uffizio affidato all’ordine domenicano. Ai
domenicani sono assegnati veri e propri poteri speciali: quelli di svolgere indagini, di
perseguitare l’eresia, di emanare condannare a vita e al rogo, di riesumare e bruciare i
cadaveri degli eretici. Nei fatti, i loro poteri sovrastano quelli dei vescovi e per di più
rispondono direttamente dal papa: ne sono la sua polizia politica.
Che bisogno aveva il papa di una polizia politica come quella dei domenicani? Nel basso
medioevo l’oppressione feudale era esasperante: le popolazioni subivano il potere
dell’impero, del feudo, della chiesa. Le eresie si moltiplicano e si diffondevano:
rappresentavano un tentativo di emancipazione (spostato sul piano religioso), dalla società
feudale. Il problema centrale della chiesa è che il clero locale non poteva combattere
l’eresia né ideologicamente, perché il clero non aveva una sufficiente cultura - moltissimi
preti non sapevano leggere e scrivere - né praticamente, perché il clero locale era troppo a
contatto con la popolazione (nella Francia del sud era in massa eretica), ne era parte
integrante e spesso ne condivideva socialmente le condizioni e le aspirazioni, risultando
così difficile per i preti locali assumere il ruolo di boia dei propri compagni di sventura, di
quelle stesse anime che si recavano in chiesa e l’animavano di vita sociale. Al papa
occorreva uno strumento che fosse posto direttamente sotto il suo controllo, che fosse
indipendente dalle pressioni locali, non solo per combattere l’eresia, ma anche per
spaventare i prelati più umili e per dissuadere i vescovi da cedimenti e quindi per
ricompattare il clero attorno alla gerarchia cattolica.
Il fatto che bastasse un semplice sospetto per dare l’avvio alla procedura dell’inquisizione è
estremamente significativo. Solo inizialmente l’inquisizione si preoccupa di “convincere” gli
inquisiti dei propri errori, nel giro di qualche anno non vengono neppure registrate a
verbale le “deviazioni” dall’ortodossia, non essendo, in fondo, l’ortodossia la questione
centrale. Si tratta di trovare dei colpevoli, dei rei confessi da mostrare in pubblico e di
formare degli archivi per schedare e controllare la popolazione, per terrorizzarla, per
criminalizzarla, per farla vivere nell’incubo e nel timore della repressione che avrebbe
potuto colpire in qualunque momento, sulla base di qualsiasi “sospetto”. Si trattava di
spezzare le reni alla rivolta sociale sul nascere. La chiesa non poteva che difendere il suo
potere difendendo al tempo stesso l’organizzazione feudale in quanto tale e ponendosi
quindi al servizio dello stato feudale.
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