LE TECNOLOGIE DELLA PAROLA – IV settimana
ENCICLOPEDIA DELLA RADIO
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Un'opera indispensabile per chi fa radio, di sicura attrazione per chi la ascolta,
di grande interesse per chiunque si occupi della comunicazione, della società e
della storia del Novecento.
La radio ha rappresentato il periodo tra le due guerre in qualità di strumento di
informazione e comunicazione ad ogni livello sociale.
di LAURA TUSSI
In Italia, la radio viene ascoltata quotidianamente da 35 milioni di persone. In
tutte le fasce di pubblico questo mezzo è secondo solo alla televisione nei
consumi di comunicazione; recenti ricerche hanno dimostrato inoltre che
l'ascolto della radio, a differenza di quello della televisione, cresce con il livello
di istruzione e con l'accesso ai nuovi media quali Internet. Inoltre, la radio è un
settore produttivo rilevante, che impegna tra settore pubblico e privato diverse
migliaia di lavoratori a tempo pieno, a cui va aggiunta una ben più ampia rete di
operatori volontari (in particolare nelle radio comunitarie) e semi-professionali,
in prevalenza persone giovani e giovanissime per le quali il lavorare alla radio è
un motivo di orgoglio e un tratto di identità.
L'Enciclopedia della radio si rivolge, insieme, a chi ascolta la radio e a chi la fa
o vi partecipa, senza dimenticare una vasta fascia di pubblico per la quale la
radio è un elemento importante della memoria familiare e di quella pubblica, e il
crescente numero di studenti che si occupano del mezzo all'interno dei corsi
universitari di comunicazione, dei DAMS, o dei corsi professionalizzanti in
radiofonia che stanno sorgendo in questi anni.
L'Enciclopedia, la prima del suo genere in Italia e in Europa, fornisce un quadro
informativo completo, scorrevole e di piacevole lettura ma di assoluto rigore, di
tutti gli aspetti rilevanti del mezzo:
-le emittenti: in quasi duecento voci sono analizzate le pubbliche, le prime
sessanta private per ascolti, le maggiori emittenti degli altri paesi, quelle che
hanno fatto la storia della radio (le «clandestine», le «pirata», le «libere», ecc.);
-i programmi: quasi quattrocento, tra cui tutti quelli più significativi della storia
della radio italiana e tutti i più noti e influenti delle radiofonie statunitense,
britannica, francese, oltre a una cinquantina di voci sui generi radiofonici; sono
inoltre documentati circa 50 programmi attraverso i testi trasmessi;
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Enciclopedia della radio – Edizioni Garzanti a cura di Peppino Ortoleva e Barbara Scaramucci – disponibile da Ottobre 2003
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-la tecnologia: in circa trecento voci, accompagnate da molte decine di
accuratissime illustrazioni realizzate per questo volume, tutti gli aspetti della
radio analogica e digitale vengono chiariti anche al profano1 in modo da
soddisfare la curiosità personale come le esigenze professionali;
-i personaggi: seicentocinquanta figure della radio1 soprattutto italiana, dagli
anni Venti al nuovo secolo, sono presentate con profili aggiornati e precisi
componendo un quadro storico completo e insieme un attuale "chi è" del mezzo
-i saperi professionali, dalle diverse figure impegnate nella radiofonia alla
terminologia gergale aggiornata oltre al quadro delle maggiori aziende e
associazioni, della normativa (cui è dedicata una ricca appendice), delle teorie
sulla radio e della storia italiana e internazionale del mezzo.
Un'ampia e agile appendice fornisce le cronologie, le norme principali, una
fotografia storica dell'emittenza radiofonica italiana, una mappa della radio nel
mondo, una ricca bibliografia.
L'Enciclopedia è curata da due noti e riconosciuti specialisti del settore: Barbara
Scaramucci, da molti anni dirigente RAI, ha scritto varie opere sulla radio e la
televisione italiana, è attualmente direttore del settore Teche e in questa veste ha
curato la riorganizzazione e la digitalizzazione degli archivi radiotelevisivi
aziendali, elemento centrale della memoria storica del Novecento italiano.
Peppino Ortoleva, docente di storia dei mezzi di comunicazione all'Università di
Torino, si occupa della storia e della teoria della radio da oltre vent'anni e in
questa veste ha pubblicato numerosissimi lavori; conosce inoltre la radio
dall'interno, come apprezzato autore di trasmissioni culturali.
Hanno dato inoltre il loro contributo, con ampie voci a carattere interpretativo,
tra gli altri, Renzo Arbore («Intervista sull'Autore radiofonico»), Barbara Fenati
(«La radiofonia privata in Italia»), Claudio Ferretti («Radio e Sport»), Patrice
Flichy («Storia sociale della radio»), Bruno Gambarotta («Confessioni di un
critico radiofonico»), Enrico Menduni («La programmazione radiofonica: radio
di flusso e radio di format»), Franco Monteleone («Radio e Potere in Italia»),
Lidia Motta («La regia radiofonica»), Paddy Scannelì («La BBC e l'esperienza
britannica»), Marino Sinibaldi («La cultura alla radio e la cultura della radio»),
oltre ai saggi dei due curatori: Barbara Scaramucci («Archivi radiofonici» e
«L'azienda RAI nella storia italiana») e Peppino Ortoleva («Radio e Guerra» e
«Il medium e il messaggio»).
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EDUCARE ALLA TELEVISIONE2
Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa
Lo strumento informativo della televisione può distorcere i propri contenuti a
danno dell’informazione e della comunicazione, quali fattori funzionali più
efficaci e pedagogicamente educativi.
A differenza di un tempo, in cui il divertimento diventava un evento sociale e
comunitario, attraverso le feste religiose e civili e gli spettacoli collettivi,
comunicando sempre agli spettatori un messaggio morale come modello degno
di imitazione, nella società attuale, il tempo di ricreazione e svago si è
trasformato in un fenomeno privato, che non si palesa più attraverso la
celebrazione della festa, ma nell’ascolto e nella visione individuali, percezioni
caratterizzate da distacco e indifferenza, anche se ricevute accanto ad altre
persone, poiché non sono vissute in comunione con gli altri. 3“Ma moltissimi
giovani manifestano la loro voglia di comunità con tutta una gamma di
comportamenti, che vanno dalla crescita del volontariato, fino magari allo
scatenarsi dei fans e dei tifosi negli stadi che ospitano di tempo in tempo
cantanti rock e squadre di calcio. Anche qui si manifesta il bisogno di comunità,
pur se in forma ambigua, lasciando spesso insoddisfatti i giovani riuniti, proprio
per questa incapacità di raggiungere nel puro consumo il soddisfacimento del
bisogno che solo la produzione di cultura e di socialità può dare”. La presenza
massiccia, fin dai primi anni di vita di una persona, della trasmissione
audiovisiva, determina una serie di conseguenze sulle nuove generazioni. La
visione continua di programmi televisivi in cui le scene si susseguono
incessantemente, accavallandosi, in cui si assiste ad un mutare travolgente di
immagini, viene rielaborata ed interiorizzata dall’individuo fin da bambino,
influenzando le sue modalità comunicative che consistono in una struttura
espressiva paratattica, caratterizzata da frasi in sequenza, piuttosto che,
normalmente, sintattica. I bambini odierni sono contenitori pieni di
informazioni e dati. Di conseguenza, si presentano bisognosi di ordine ed
orientamento. Sul piano psicologico si determinano dei cambiamenti. Il
2
“Educare alla televisione”, convegno promosso dal CENTRO NUOVO UMANESIMO di Milano, 5 aprile
2003 presso la libreria Tikkun.
Sito internet: www.cnu.it
Telefono: 02/29522624
e-mail: [email protected]
3
Bernardi U., Comunità come bisogno. Identità e sviluppo dell’uomo nelle culture locali, Jaka Book, Milano
1981, pag. 17.
Come si dirà più avanti, la scuola ha le sue responsabilità, perchè non dedica parte del suo tempo per restituire ai
giovani l’idea di comunità mediante l’insegnamento della storia e della cultura locale, come insieme di fatti
riscontrabili materialmente e spiritualmente, che generazioni su generazioni si sono venuti accumulando in una
specifica comunità, con sue capacità di integrazione e di sostegno nell’acculturazione.
3
bambino, usufruendo dello strumento televisivo, senza una discriminazione
adeguata dei programmi, si trova in balia di esso. Vive una dimensione distorta
del suo essere, di conseguenza alle informazioni che percepisce, dettate da un
certo tipo di cultura adulta. Per cui si ritrova ad assumere una concezione di sé,
degli altri, dell’ambiente, mediata da influenze negative di un mondo adulto
ormai lontano dalla comunità delle corti di paese o del borgo cittadino da
occupare con i coetanei. Questo ha ripercussione anche sul piano relazionale
perché il vivere lunghi momenti di ricezione passiva, davanti ad un teleschermo,
riduce il rapporto interattivo tipico della comunicazione. Tale aspetto può
trasformarsi in una intensificazione delle modalità introspettive, riducendo,
invece, le capacità di comunicazione interagente, caratteristica di un rapporto
vivo di socializzazione. Il vivere a contatto con un mondo fatto di immagini e
segni, comporta, a livello operativo, una dissociazione tra corpo e immaginario,
implicando un potenziamento delle capacità creative e il depauperamento
nell’ambito del rapporto critico con il proprio corpo, con la realtà materiale.
4
“Un’educazione attraverso il libro e la parola è prevalentemente critica e
discorsiva; abitua a compiere i diversi passaggi, ad approssimarsi,
gradualmente, alla realtà, mediante la costante verifica delle proprie
affermazioni, l’esibizione delle prove, la confutazione delle argomentazioni
contrarie. Un’educazione affidata alla sola immagine è tendenzialmente
incapace di condurre all’esibizione delle prove, alla valutazione delle ragioni e
al giudizio dei nostri discorsi”. Questa condizione pone problemi del tutto nuovi
alle istituzioni scolastiche, richiedendo una grande opera di aggiornamento di
metodologie didattiche e di tecniche di intervento, e soprattutto l’abolizione
dell’atteggiamento di chiusura ad altre realtà educative e culturali, così da creare
un continuum formativo nella vita dell’individuo che lo accompagni
dall’infanzia e dall’adolescenza fino all’età adulta. Una società che non si
interessa dei soggetti fin dall’infanzia è una realtà decadente, che sprofonda
nell’opportunismo del presente e non sa progettare il dopo, il futuro, per il bene
dell’intera collettività, preparando le basi ad un contesto in cui la
socializzazione rischia di ridursi in massificazione subalterna o solitudine
ghettizzata, nell’emarginazione “dell’altro” e del diverso.
Con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa, si assiste, comunque, ad
una democratizzazione dello strumento culturale, poiché l’informazione è
diffusa tramite la parola parlata e l’immagine, fornendo il canale comunicativo
di una immediatezza di linguaggio comprensibile indistintamente da tutti. 5“Si
dice che grazie ai media il mondo è ormai diventato come un villaggio dove
tutti sanno tutto di tutti, un ‘villaggio globale’. Liberati dall’ignoranza e sempre
più informati, dovremmo ritrovarci in un universo sempre più comprensivo. Ma
l’immagine del ‘villaggio’ creata dai media è ingannevole: essi, pur creando
un’informazione sempre più vasta, non hanno favorito la comunicazione. (...)
4
Card. C.M. Martini, Il lembo del mantello. Per un incontro tra Chiesa e massmedia,Centro Ambrosiano,
Milano, 1991 pag. 37
5
Card. C.M. Martini , op. cit pag. 28
4
Dovremmo teoricamente trovarci in un universo molto comprensivo perchè
informato, molto aperto all’interazione, e disponibile perchè liberato dai legami
dell’ignoranza o dalla conoscenza imperfetta; in realtà viviamo una progressiva
chiusura difensiva nel nostro habitat psicoaffettivo. (...) Se il filtro prevalente di
tutte le notizie sulla società è negativo, non dobbiamo stupirci dell’aumento di
sfiducia generalizzata dei cittadini nei confronti della società e delle sue
istituzioni. Non è infondato supporre un legame tra la caduta progressiva di
fiducia in tutte le istituzioni pubbliche e private, osservato a partire dagli anni
‘60, in numerosi Paesi, compreso il nostro, e questo stile della comunicazione
mediale”. In base a queste constatazioni, il Cardinale Martini, nella sua lettera
pastorale, afferma che il pubblico, tramite la facoltà di scelta, detiene il
controllo nei confronti dei media, la cui programmazione di palinsesti risulta
sottoposta alla legge ferrea degli indici di ascolto, e che se usati bene,
permettono l’acquisizione di una coscienza critica, cioè la capacità di discernere
il vero dal falso, di essere obiettivi, di non demonizzare i media nè idolatrarli,
crescendo nella libertà interiore e nel distacco dalle sensazioni troppo
immediate e coinvolgenti. Ma la commercializzazione del tempo libero ha
trovato impreparate le masse, incapaci di fruire in modo intelligente delle
risorse della tecnica e di selezionare le offerte sul piano culturale,
presupponendo un diffuso fenomeno di analfabetismo ludico che favorisce, a
discapito e ad insaputa delle masse stesse, l’industria dello spettacolo e della
cultura, che forniscono divertimento e informazione a fini economici, anche con
l’aiuto degli spots pubblicitari, condizionanti gravemente la libertà di scelta e di
discernimento degli individui. 6“I mass-media si presentano quindi come lo
stumento educativo tipico di una società a sfondo paternalistico, in superficie
individualistica e democratica, sostanzialmente tendente a produrre modelli
umani etero diretti. Visti più a fondo appaiono una tipica ‘sovrastruttura di un
regime capitalistico’ usata a fini di controllo e di pianificazione coatta delle
coscenze. Infatti mettono apparentemente a disposizione i portati della cultura
superiore, ma svuotati dell’ideologia e della critica che li animava. Assumono i
modi esteriori di una cultura popolare, ma anzichè crescere spontaneamente dal
basso vengono imposti dall’alto (...). Come controllo delle masse svolgono una
funzione che in certe circostanze storiche avrebbero svolto le ideologie
religiose. Mascherano questa loro funzione di classe manifestandosi invece
sotto l’aspetto positivo della cultura tipica di una società del benessere dove tutti
hanno le stesse occasioni di cultura in condizioni di perfetta eguaglianza”.
Inoltre, i mass-media hanno provocato un processo di urbanizzazione
psicologica, per il fatto che le loro trasmissioni, sono indirizzate e predisposte
per una determinata tipologia di soggetto: il cittadino. Le masse contadine i
nuclei di comunità montane, entrano, improvvisamente a contatto con un tipo di
civiltà estranea. 7“Ne consegue una specie di accelerazione storica. Gente che
6
7
Eco U., Valori estetici e cultura di massa, in Nardi P. (a c. di), op. cit., pag. 199
Viotto P., Pedagogia e politica del tempo libero, La Scuola, Brescia 1973, pag. 23.
5
vive in un tipo di civiltà primaria, fondata sulla vita agreste, viene a contatto
improvviso con la civiltà industriale. La fuga dalle montagne e dalle campagne
non è solo dovuta alla ricerca di maggiori occasioni di guadagno; essa dipende
da un nuovo atteggiamento psicologico, che esclude il desiderio del ritorno, e
nel quale opera anche il desiderio di maggiori possibilità di divertimento. E
l’emigrazione, non adeguatamente preparata, di queste popolazioni verso la città
suscita così nuovi problemi, soprattutto di adattamento dei nuovi arrivati al tipo
di vita cittadino e, in esso, anche quelli di un’organizzazione del tempo libero”.
L’approccio educativo e pedagogico alla televisione
Il tema dei mezzi di comunicazione di massa ed in particolare della televisione
ha sempre suscitato importanti discussioni e prese di posizione, si è posto
sempre come argomento scottante di polemica e di confronto in ambito
sociologico, politico e culturale in genere.
La televisione rappresenta un appuntamento quotidiano per la maggior parte
della popolazione e nel mondo occidentale è lo specchio della società, dove
sono venuti meno punti di riferimento etici, morali, politici e culturali condivisi
e di riferimento.
Si è creato e si sta creando un continuo circolo vizioso perché il vuoto etico
della cultura e della filosofia contemporanee, rafforza le vacuità delle
trasmissioni televisive ed in generale della cultura legittimata.
Popper sosteneva l’esigenza di una “patente” qualificante per coloro che
realizzano trasmissioni e palinsesti televisivi. Popper, teorico della società
liberale, era giunto a pensare di utilizzare la censura per controllare i messaggi
televisivi che educano alla violenza e non al rispetto di determinati principi
etici. In seguito arrivò a sostenere la necessità di una “patente”, per tutti coloro
che producono trasmissioni televisive, in seguito alla frequenza di corsi molto
approfonditi ed altamente specializzati per mettere in condizione di
comprendere gli effetti che la televisione esercita sul pubblico.
Occorre anche rafforzare i telespettatori che dovrebbero essere posti in grado di
acquisire strumenti critici per trasmettere a figli e allievi dei pensieri e messaggi
chiari, espliciti, costruttivi e di creare consapevolezza e dirigere scelte ponderate
rispetto ai programmi che attualmente vengono proposti o imposti. Inoltre si
potrebbe realizzare una rete televisiva libera e di qualità, finanziata dai cittadini
in base ad un coinvolgimento di azionariato popolare, quindi una televisione che
non dipenda dalla pubblicità e nella quale non si inneschi il perverso ed
onnipervasivo circolo vizioso dell’auditel, e che quindi possa scegliere e
proporre trasmissioni di qualità sotto tutti i punti di vista. Abbiamo il dovere di
Nella società pluriforme in cui viviamo gli istituti educativi tradizionali non sono più sufficienti a garantire il
pieno ed armonico sviluppo della personalità. La loro influenza educativa è spesso contrastata dalle suggestioni
dei mezzi audiovisivi della comunicazione sociale. Gli uomini di oggi hanno più tempo libero rispetto a quelli
del passato, ma non sanno usufruirne in modo intelligente: l’aumento della ricchezza, del benessere non si
accompagna all’aumento dell’educazione e della cultura, così che il tempo libero finisce per essere un ‘tempo
sprecato’.
6
comprendere meglio i generi televisivi ed i palinsesti dei programmi, per poter
comprendere meglio e decodificare i messaggi anche per trasmettere le
informazioni ricavate a figli ed allievi, attraverso un’interpretazione ed una
decodificazione dettagliate e peculiari anche degli aspetti negativi o aberranti
che vengono imposti e veicolati capillarmente da un costituito”pensiero unico”
di Stato. In questi ultimi anni sono emersi alcuni studi che analizzano il
rapporto tra le varie forme e modalità espressive tramite cui si comunica il
sapere e le strutture cognitive e mentali delle persone che utilizzano determinati
canali per trasmettere il sapere: Havelock, Ong e altri si sono occupati di questi
rapporti. Il nostro modo di pensare è mutato proprio nel cambiamento e nella
trasformazione dalla trasmissione orale originaria all’oralità secondaria.
Nell’oralità originaria, prima dell’avvento della scrittura, i messaggi venivano
trasmessi da persona a persona, per mezzo di una parola viva che si rifaceva ad
un ordine condiviso dell’esistente, ossia ad un insieme di regole e valori che a
loro volta rimandavano ad un contenuto comune. Quindi ogni gruppo sociale
condivideva un’impostazione culturale di massima e la parola trasmessa da
persona a persona si rifaceva a quest’ordine complessivo. Naturalmente la
memoria era una facoltà molto sviluppata, infatti, per esempio, l’Iliade e
l’Odissea venivano trasmesse oralmente da aedi che ne conoscevano la struttura
paratattica. La condivisione dei significati era essenziale. In seguito, si è passati
alle prime forme di scrittura dai pittogrammi ai geroglifici, fino all’alfabeto
sillabico introdotto da Greci. Questa evoluzione comunicativa ha cambiato le
modalità di trasmissione della cultura e la parola è stata fissata in un suo spazio
semantico, di senso e significato non più individuabile nel dialogo vivo e nel
confronto reale.. Infatti Socrate rifiutò di fare ricorso alla scrittura per tutta la
sua vita, sostenendo che gli scritti erano come le statue nei templi, per cui le si
interrogava e loro non rispondevano. Si apre, con la scrittura, lo spazio alla
riflessione, all’introspezione, ad una ricerca interiore, un ripiegamento
intimistico sul pensiero. Ma durante l’era di Gutemberg (1450/1500) con la
stampa si presentano altre trasformazioni delle strutture cognitive ed altri
cambiamenti del sapere. Nasce la lettura silenziosa in un ambito appartato e
spesso isolato dal mondo esterno. Infatti i manoscritti venivano letti ad alta voce
e pubblicamente, mentre il libro stampato che non è più così pregiato e raro,
viene letto in uno spazio privato, appartato, in silenzio, attribuendo così una
valenza individualistica all’approccio alla lettura e soprattutto alla cultura. Il
sapere quindi diventa sempre più accessibile e comincia a svilupparsi la
riflessione critica relativamente alle pagine del testo. Con l’avvento dei media
elettronici la trasmissione del sapere sembra essere tornata ad una “nuova
oralità” che non è più basata soltanto sulla parola, ma ha caratteristiche diverse
perché si basa anche sulle immagini che spesso sono difficilmente
decodificabili. Di fronte alle immagini siamo tutti aniconisti, ossia analfabeti,
perché non conosciamo le diverse modalità e caratteristiche di impostazione del
messaggio televisivo e cinematografico. La televisione, in particolare, a
differenza del testo scritto ci presenta un flusso unidirezionale di messaggi e
7
non vi è più la presenza viva e concreta di chi trasmette le informazioni, che può
essere o interrogato o interrotto, ma si comunica sostanzialmente ed
esclusivamente con un simulacro elettronico, per cui non sussiste un vero
scambio dialogico, anche se attualmente si pensa già ad una televisione
interattiva, in realtà già pregiudicata in partenza... Quindi "tutto scorre", panta
rei, come sosteneva Eraclito, nel senso che l’accelerazione del tempo nei nuovi
media rende effimero ogni contenuto. Lo spazio per la memoria è quasi
completamente vanificato. Dal momento che l’attività rimemorativa, del ricordo
o anche più meccanicamente mnemonica dell’assimilazione, perde importanza
nell’epoca dei new media, la televisione non consente un reale apprendimento.
Perché sussista un processo apprenditivo reale, le informazioni devono essere
incasellate nelle strutture cognitive e in un dispositivo di sapere già esistente.
Inoltre occorre ripetere, riflettere sui contenuti ed assimilare, ricordare, per
poter veramente apprendere e studiare. La nuova oralità per le sue
caratteristiche si inserisce nel relativismo complessivo culturale della seconda
metà del ‘900, in cui Einstein ha sostenuto che spazio e tempo non sono più
come nella fisica classica ed il principio di indeterminazione di Heisemberg ha
spiegato che dove sussiste un osservatore cambiano le leggi anche fisiche, per
cui non possiamo essere certi di quanto diciamo, così moralmente mancano i
valori etici condivisi. L’attuale società è priva di una riflessione generale
sull’intenzionalità e responsabilità. I nuovi media rispecchiano e rafforzano
l’assenza di responsabilità anche perché ci sentiamo tutti come un insieme
collettivo in cui la responsabilità è parcellizzata. Sono stati attuati studi e
ricerche in psicologia sociale che hanno dimostrato quanto la responsabilità è
parcellizzata per cui sempre meno l’individuo se ne addossa l’onere. Vi sono
ricadute sulle nuove generazioni a livello conoscitivo, educativo ed etico.
Per quanto riguarda le differenze conoscitive, i giovani presentano diverse
strutture cognitive. Ad esempio, per loro lo spazio ed il tempo sono
sostanzialmente differenti rispetto ai parametri del passato. Le precedenti
generazioni erano abituate ad una visione del tempo sequenziale, lineare, con
"un prima"”ed "un dopo"” Attualmente i ragazzi si spostano verso un tempo
definito simultaneo, passando da un argomento all’altro all’interno delle
trasmissioni o dei siti telematici, con dei flashback privi di linearità e di
collegamenti analogici e temporali. Questo provoca una minore capacità di
attenzione e di concentrazione perché la televisione cambia molto rapidamente
le inquadrature, con conseguenze rilevanti sulle capacità percettive e cognitive.
Dal punto di vista pedagogico, si è passati da un’educazione autoritaria a metodi
più permissivi a cui la televisione ha contribuito, sia per il tipo di trasmissioni,
ma soprattutto come sostiene Pofman ha in qualche modo permesso che
l’infanzia sia scomparsa. Attualmente i bambini hanno accesso a tutti i segreti
degli adulti, quindi non sussiste separazione tra mondo infantile e adulto: sono
venute meno le distanze generazionali.
Sicuramente la televisione ha notevolmente contribuito ad annullare le
differenze tra realtà e finzione. Baudrillard, ha dedicato un intero testo a questo
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argomento “il delitto perfetto”: la televisione ha ucciso la realtà. Tutto diventa
spettacolo. Le corde emotive vengono sollecitate, cercando di attirare
l’attenzione dello spettatore, influenzandone i sentimenti, l’emotività. La
televisione così come è impostata non solleva il giudizio critico dello spettatore,
i problemi vengono vanificati su modelli che si basano su personaggi strani,
bizzarri e aleatori che vengono divizzati.. La televisione attuale presenta un
mondo di vacuo estetismo ed i telespettatori sono trasformati in superficiali
consumatori, spregiudicatamente sfruttati dal sistema. Manca così senso di
responsabilità etica e morale. Risulta necessario aiutare i giovani a capire la
storia della nostra televisione perché dalla veterotelevisione che fino agli
anni’70 aveva almeno intenti pedagogici, dagli anni ’70 in avanti, con l’avvento
delle reti commerciali, si è passati alla totale mercificazione del messaggio
televisivo in fatuo consumismo edonistico ed esasperato, influenzando le
dinamiche sociali a livello interpersonale basate sulla sfrenata competitività,
sugli interessi del sesso, del potere, del dio denaro e della mercificazione della
cultura, in vacuo e mero interesse individualistico, nell’accezione negativa ed
egoistica del termine, in cui si riflettono i modelli della gestione pubblica del
potere, della ragione di stato. Le masse vivono la psiconevrosi dell’arrivismo
esasperato a scapito della relazione umana autentica basata sull’amore
disinteressato, su sentimenti di onestà e pulizia morale.
L’azione congiunta della famiglia e della scuola può innescare un processo
educativo che funga da filtro rispetto ai messaggi commerciali e pateticamente
consumistici, agli episodi di efferata e gratuita violenza che in continuazione
provengono dai palinsesti televisivi. Le nozioni critiche che i genitori e gli
insegnanti possono trasmettere, tramite il dialogo proficuo, il confronto
disinteressato e onesto, con figli e allievi, potranno aiutare a frapporre un filtro a
queste bieche manovre impositive di modelli fasulli, vacui, inconsistenti che
spingono alla disonestà a tutti i livelli sociali, all’assenza di responsabilità in
quanto linea etica di senso e significato da attribuire a tutto l’arco dell’esistenza.
TELEVISIONE E COGNIZIONE
L’effetto dei messaggi televisivi sul comportamento
La televisione compare nel boom economico, dalla ripresa economicofinanziaria dopo i conflitti bellici. I linguaggi comunicativi, le metafore di
comunicazione, le simbologie interpretative variano e si modificano nel tempo,
ma spesso non si adeguano alle esigenze del mondo dell’infanzia
I bambini in età prescolare rappresentano da soli la più vasta audience di
televisione. Le maggiori preoccupazioni di alcuni studiosi che si sono dedicati
all’analisi degli effetti della televisione sui bambini sono rivolte alla possibilità
che vi siano alterazioni rilevanti nelle modalità di funzionamento della mente.
Nelle ricerche ci si chiede se l’impatto di un certo tipo di materiale televisivo
favorisca una coartazione dei livelli di funzionamento cognitivo inerenti
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l’immaginazione. Il maggiore utilizzo delle funzioni iconiche è in grado di
potenziare il funzionamento relativo all’emisfero destro del cervello, a discapito
dell’emisfero sinistro che presiede alle funzioni linguistiche. I reperti iconici e
immaginativi prodotti a livello di materiali scritti o radioregistrati sono
positivamente più differenziati e significativi rispetto a quelli trasmessi per via
televisiva. Un’ipertrofia delle funzioni iconiche può presentare risultati negativi
sulle facoltà di elaborazione e utilizzo dei codici segnici, ossia la lettura e la
scrittura. Infatti si sono verificate in modo costante correlazioni negative fra
l’utilizzo della televisione da parte dei bambini e la loro predisposizione alla
lettura. Il materiale rappresentativo che si costruisce in un bambino che ascolta
una favola, dovendo trasformare le parole in rappresentazioni, dando vita ad un
proprio scenario-schermo interno, dove la sua vita simbolico-affettiva personale
assume un ruolo primario, risulta differente in confronto al bambino che
sorbisce la trama già codificata in immagini sullo schermo televisivo ed è
costretto ad una temporalità di assimilazione imposta alle facoltà immaginative.
Inoltre gli stessi espedienti messi in atto dalla televisione al fine di catturare
l’attenzione innescano nei bambini modalità di funzionamento cognitivo
eccitato dove le occasioni di riflessione sono ridotte ai minimi termini e le
condizioni di apprendimento sono sensibilmente decurtate. Oltre ai contenuti
violenti anche questi meccanismi attivano comportamenti di scarica repentina
della tensione e degli impulsi aggressivi. Gli alti livelli d’azione e i ritmi
accelerati determinano e definiscono uno stile percettivo ed assimilativo per cui
i limiti di quello che è colto e percepito si elevano in funzione della possibilità
di recepire una maggiore eccitazione. Questo si riflette sulle modalità dei
processi cognitivi, soprattutto dei consumatori assidui di televisione.
Violenza e televisione
Per quanto concerne la rappresentazione diretta della violenza, i programmi
televisivi ne propongono in abbondanza, mentre altri mezzi di comunicazione si
sono imposti varie forme di autocensura. La maggiore assuefazione a tali deriva
dal fatto che il contenuto violento è recapitato direttamente in una casa, in una
famiglia, al bambino. Da queste preoccupazioni ha preso inizio un assiduo
studio di ricerca sui risvolti dell’utilizzo frequente di televisione, soprattutto da
parte dei bambini. Risulta abbondantemente dimostrato l’effetto
dell’esposizione a questi modelli televisivi sul comportamento di adulti e
bambini. Le modalità in cui la violenza è rappresentata riduce le inibizioni,
presentando giustificazioni abbondanti per aggirare le remore morali.
L’aggressione fisica è presentata regolarmente come risoluzione ultima dei
conflitti, assumendo una connotazione di giustizia e di prestigio. Un’analisi
puntuale dei contenuti televisivi dimostra che i maggiori produttori di cadaveri
in televisione sono gli eroi positivi e i supereroi in genere. Il messaggio diretto
ed esplicito consiste nel dimostrare che la violenza è lo strumento principale per
il trionfo del bene sul male. Favorendo l’identificazione con il modello
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aggressivo, questa connotazione di valore ne pone in rilievo l’efficacia didattica.
Le dinamiche violente ed aggressive dei contenuti televisivi comportano negli
atteggiamenti infantili degli stati di emulazione che possono rivelarsi altamente
dannosi nelle relazioni tra bambini che manifestano azioni intimidatorie durante
i momenti di gioco e di svago con conseguenti atteggiamenti di odio e vendetta
tra pari. Il palinsesto televisivo dovrebbe sempre tener conto della
influenzabilità e suscettibilità dei bambini che facilmente imitano i personaggi
“vincenti” della televisione. Di conseguenza sarebbe necessario proporre
contenuti alternativi portatori di valori inerenti l’importanza del dialogo anche
tra persone e personaggi differenti, la necessità di una relazione positiva in cui
si rispetti sempre l’idea dell’altro, traendone ricchezza e giovamento.
Dall’interazione reciproca non deve scaturire violenza e competizione
esasperata, ma ricchezza interiore, creatività, contenuto nei valori del dialogo e
della pace che sorgono da un incontro proficuo tra persone, comunque sempre
portatrici di implicite differenze ed intrinseche diversità.
INTERNET E MUSEI
Una nuova realtà in rete: il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.
Internet è il futuro della comunicazione globale, per questo è in via di
espansione trasformandosi in glocale, entrando nella scuola, nei settori culturali
producendo formazione, informazione e comunicazione
Prima di iniziare ad esporre i servizi internet del museo della Scienza e della
Tecnica di Milano, vorrei fare un chiarimento: parlare di internet dopo quanto
detto relativamente a realtà ecomuseali, potrebbe sembrare fuori luogo; al
contrario il multimediale è in stretto contatto con vari ambiti culturali come i
musei. Questo perché può essere, nello stesso tempo, sia un interessante mezzo
di promozione e sviluppo anche per realtà più piccole, che una delle
caratteristiche più interessanti del multimediale. A mio parere è anche la
possibilità di fornire un contesto agli oggetti e quindi, in qualche modo, di non
dare al pubblico strumenti culturali avulsi dal loro contesto reale. In questo
modo si va nella direzione degli ecomusei.
Tornando ai servizi di internet del museo, questi si compongono in:
laboratorio didattico (dove insegniamo cos'è internet)
un sito
serie di convegni tematici.
LABORATORIO DIDATTICO: ha aperto nel marzo 1999, quindi recentissimo;
già nel primo mese abbiamo avuto l500 studenti che, lavorando sui nostri
computer, hanno imparato a navigare; sicuramente non è un corso che insegna
ad usare internet, trattasi solo di un primo approccio. Purtroppo stiamo
scoprendo come 1' alfabetizzazione su computer sia molto bassa: pochi
possiedono un computer, e pochissimi internet; quindi di fronte a questa
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situazione, cerchiamo di far capire le difficoltà del multimediale, i problemi, le
criticità, senza la presunzione di insegnare loro ad usare internet.
SITO: sicuramente è la parte più impegnativa del progetto; è stato aperto nel
gennaio '98,quindi come esperienza non è certo antichissima. Per darvi un'idea
delle sue dimensioni vi riporto qualche cifra: più o meno 400 pagine, un
migliaio di immagini, e più di 70.000 visite fino a questo momento. Qui una
piccola nota tecnica: non si è raggiunto uno standard per la definizione delle
visite; attualmente ci stiamo semplicemente adeguando a quello americano, da
tutti considerato il migliore. Altra cosa da notare è come si sia parlato di visite e
non di visitatori: succede spesso che un visitatore torni più volte sul nostro sito
facendo cosi crescere il numero di contatti, ma non di utenti. La cifra relativa ai
contatti è credibile in questi termini solo per grosse realtà, non certo per piccoli
giornali online, che a volte dichiarano cifre assurde.
Per completare la descrizione del sito, non posso dimenticare la creazione, su
nostra iniziativa, di cd-rom. Innanzitutto si è contattato, e si è stati contattati da
diverse riviste informatiche per pubblicare il nostro sito su cd-rom allegato. Il
cd-rom, stampato in 200.000 copie, ha portato molti vantaggì, su tutti: una forte
diffusione del sito. Naturalmente, e qui sta un altro vantaggio, al museo non è
costato nulla; l'invenduto, restituito, è stato utilizzato come materiale
promozionale.
ASPETTI POSITIVI E MENO POSITIVI DELL’ ESPERIENZA
Gli aspetti positivi: chiaramente la promozione, perché comunque sia,70.000
visite in un anno sono un buon risultato promozionale. L'informazione: il sito
può essere usato come luogo in cui rimandare le persone che chiedono
informazioni attività, su come raggiungerlo eccetera, non facendole passare per
il centralino; questo utilizzo del sito è sicuramente più comodo che farsi passare
informazioni telefonicamente. Un altro aspetto positivo è l'utilizzo di internet
come luogo di sperimentazione: lavorare sul web significa lavorare velocemente
e a costi bassi, tutto ciò permette di provare molti progetti. La sperimentazione
più interessante è quella relativa a nuove collaborazioni con altre istituzioni. In
questo modo si uniscono un po' i due concetti espressi fino ad ora: internet
come mezzo di sperimentazione e come luogo di aggancio, eventualmente
anche di sponsor.
E' sempre molto stimolante cercare collaborazioni con altri musei: queste sono
relativamente semplici se si creano delle pagine sul web, diventano più
complicate da un punto di vista spaziale ed economico, se si cerca di creare una
mostra reale.
Il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano ha avviato diverse
collaborazioni, basti citare il Science Museum di Londra. Con loro si sono
create pagine comuni, e i contatti sono assidui anche grazie alle e-mail. Altre
collaborazioni possono nascere con degli sponsor: si comprano delle pagine a
costi relativamente bassi, ne si fanno spazi informative, e poi se l'operazione ha
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successo, se c'è una reciproca attrazione, si potrà organizzare una mostra.
Naturalmente, in questa ottica, non si deve dimenticare l'aspetto di immagine
del museo. Purtroppo, sono rare le e-mail di sponsor interessati. Qualora
giungano, comunque, vengono dirottate all'ufficio di pubbliche relazioni. Il
multimediale, e qui sta un altro aspetto positivo, cambia radicalmente anche il
rapporto con il pubblico. Tramite internet l'utente può dare del tu al museo. In
questo modo si perde molto l'aspetto di istituzione lontana, bloccata e un po'
ieratica.
In genere le e-mail che giungono al Museo sono molto positive, propositive. Il
punto focale di questo discorso è la possibilità di costruire un approfondimento
del rapporto con il territorio, con la comunità sia locale che internazionale.
Effettivamente la maggior parte dei contatti provengono dall'America; gli utenti
ci danno informazioni, ci segnalano pezzi, particolarità sugli oggetti del Museo;
per esempio gli operatori del Museo sono stati contattati da una persona che
possedeva una locomotiva, come quella esposta all’interno del Museo, e faceva
sapere come al mondo ne esistessero solo due (questo gli operatori non lo
sapevano). Ribadisco come tutto ciò abbia un costo iniziale molto basso, non
però nullo: anche se si può avere lo spazio web gratis, e anche se i programmi
per imbastire le pagine sono relativamente semplici, l'impegno di risorse, a
lungo andare ha un suo costo. Questo essere profondamente economico, è
importante perché da l'opportunità anche a realtà piccole e squattrinate di crearsi
una fetta di visibilità.
Gli aspetti problematici: l'utenza potendo relazionarsi al Museo in modo più
diretto, diventa molto esigente: chiede risposte in maniera continua. Non
rispondere creerebbe un notevole danno di immagine; allo stesso tempo,
rispondere crea molti altri problemi: il peggiore, molte volte, è il dover
ristrutturare l'intera realtà aziendale sulle esigenze di una società informatizzata
e sulla circolazione di informazioni molto rapida. Ciò significa fare si che tutti
gli uffici per esempio, diventino bravi ad utilizzare le e-mail, potendo smistarle
ai settori competenti velocemente. Gli uffici a loro volta sono carichi di lavoro,
quindi questa rapidità si perde; molte volte gli impiegati sono così oberati di
lavoro che non sono certo propensi a rispondere.
L'aggiornamento del sito: abbiamo scelto di fare un'operazione di grossa portata
in numero di immagini e pagine, il tutto con buoni risultati di visibilità, anche
sulla stampa. A questo punto sorge un problema: l'utenza chiede di continuare
ad inserire nuovi contenuti editoriali ; ciò non è facile anche perché dopo un po'
il materiale prodotto in maniera standard dal Museo non è più sufficiente.
Allora quello che si fa è cercare delle collaborazioni con altri enti che
producono materiale scientifico. Una delle idee più recenti è quella di fornire
un'agenzia di notizie, su ciò che organizzano gli altri musei internazionali in
rete. Altra idea è creare dei fori di discussione in cui, in qualche modo, sono gli
stessi utenti a proporre temi; dopo un'analisi accurata di quanto proposto, verrà
dato l'avvallo solo alle tematiche scientificamente rilevanti. Per esempio il sito
del Museo ha ospitato il lavoro di una scuola media di Savona, relativo alle
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macchine a vapore; ora, una volta verificato che il contenuto scientifico del
lavoro fosse valido lo si è ospitato e promosso.
La gestione di questi rapporti con l'utenza comporta dei costi aggiuntivi che nel
caso specifico sono incarnati nelle persone che gestiscono il sito e il laboratorio
internet. A queste nuove spese si aggiungono quelle di realizzazione grafica:
quando si fa un sito di una certa importanza, imponenza, le nuove pagine, e le
nuove sezioni devono essere belle: per cui è chiaro che si entra in una spirale
virtuosa dal punto di vista grafico, ma onerosa economicamente. Ecco, adesso
allargo leggermente il campo, uscendo dal nostro ambito specifico di Museo
della Scienza, cercando di capire come sta andando il mondo dei musei su
internet: quello che si è colto, data l’esperienza, è che sussiste una gran voglia di
museo. Si cerca un nuovo rapporto con l'istituzione museale e internet sembra
offrirlo. Il Museo diventa qualcosa con cui colloquiare, un punto di riferimento.
Si esce così dallo stereotipo di Museo sede di una cultura alta, separata e
lontana.
In questa ottica il Museo diventa un punto di riferimento autorevole per poter
distinguere, nel caos della rete, il vero dal falso. L'autorevolezza del Museo
acquista importanza alla luce del fatto che molte scuole si stanno avvicinando a
internet; essendo da sempre il Museo in ottimi rapporti con le scuole, i contatti
aumentano.
Analizziamo ora le tendenze generali dei musei su internet: esistono due
generazioni di siti. La prima: si ha qui l'inclinazione a fare dei siti di
presentazione; ogni museo ha una bella brochure, una bella guida, che viene
messa in rete; già questa è una funzione importante perché aumenta la visibilità.
In Italia siamo ancora fermi a questo punto, dove il problema è il cambiamento
e l'ampliamento del sito. Le modalità di azione sono due: la prima è mettere online il più possibile sotto forma di database interrogabile (forma molto più
comprensibile e gradita anche ai più conservatori). In pratica l'idea è di mettere
in rete il catalogo su cui vedere tutti i pezzi. I rischi di un'operazione così, sono
di creare un sito di interesse molto specialistico; le cose non devono solo essere
messe a disposizione, ma vanno anche comunicate, spiegate.
La seconda tendenza è del multi mediale a tutti i costi: essendo le spese
relativamente basse, si cerca di mettere in rete filmati o materiale simile.
Purtroppo i "navigatori" a volte non hanno le competenze o una buona
connessione per potere usufruire di tutto ciò; questa tendenza diventa così
elitaria per creazione e per fruizione.
Nell'analisi dei siti un metro di giudizio è il loro essere "caldi o freddi": si sta
creando una tendenza, non per tutti, di fare dei siti freddi cioè basati su
cataloghi on-line e database; il Museo e non è l’unico, sta cercando di andare
verso una comunicazione multimediale più calda, cioè più emozionale e
comunicativa. La sezione didattica pone tra pubblico e museo un animatore,
cioè una persona che mette in gioco lo spettatore; si pone tra l'oggetto e l'utenza,
spiegando e rispondendo alle domande. La volontà è portare tutto questo su
internet. Internet è un ottimo mezzo per raccontare storie; le storie, sono in
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verità, importantissime, sono la base della nostra cultura, forse più degli oggetti
stessi. Un oggetto vale soprattutto per le storie che ci può raccontare.
Nell'esposizione reale non è facile trasmettere storie anche perché fisicamente
manca un contesto. Spesso la creazione di quest'ultimo è più facile all'interno di
musei virtuali. In definitiva il tentativo è di far passare il museo da tempio a
teatro, cioè deve avvenire al suo interno un coinvolgimento anche emotivo. Si
vuole creare una comunità che sia virtuale, ma che si possa legare
profondamente al Museo reale.
Si è già visto il meccanismo di creazione delle comunità intorno al sito: esiste
una sezione denominata MIMOSA, alla quale ci si può abbonare lasciando la
propria e-mail, attraverso cui si inviano notizie sul museo.
Nonostante molti contatti siano banali, si cerca di forzare questa tendenza
creando ambiti di discussione in modo da far interagire le persone per creare e
recuperare il rapporto museo/territorio a medio/lungo termine.
Ultima cosa: il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano sta portando
avanti, con il politecnico di Milano, la creazione di una visita tridimensionale di
un museo inventato (il museo, che non rispecchia quello reale, espone per
esempio molte opere di Leonardo) in cui le persone si possono incontrare in
un'interazione che somigli vagamente a quella fisica. L'obiettivo non è sostituire
la visita reale, ma invogliarla: ci si trova in un ambiente tridimensionale in cui si
vedono le figure degli altri spettatori, con i quali si possono scambiare
messaggi. Il risultato? una visita al museo in cui si possono addirittura provare
animazioni delle macchine di Leonardo, cosa improponibile nella realtà.
LAURA TUSSI
Bibliografia:
Bandura A., La violenza nella vita quotidiana, in “Psicologia Contemporanea”
1981
Varin D., in “Vita e Pensiero”, 1985
Winn M., La droga televisiva, Armando, Roma 1978
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