Divieto del cumulo di incarichi nel settore finanziario

CIRCOLARE N. 2 DELL’8 FEBBRAIO 2012
ATTIVITA’ D’IMPRESA E CONCORRENZA
MERCATO DEI CAPITALI E SOCIETA’ QUOTATE
Circolare N° Registro: 243.1 Data: 08/02/2012
Area: Direzione generale
Divieto del cumulo di incarichi nel settore finanziario
www.assonime.it
Divieto del cumulo di incarichi nel settore finanziario
Circolare N. 2/2012
ABSTRACT
Questa circolare è un primo commento dell’articolo 36 del decreto legge n. 201/2011,
convertito con modificazioni dalla legge n. 214/2011, che ha introdotto un regime di
incompatibilità per i titolari di cariche negli organi gestionali, di sorveglianza e di
controllo e i funzionari di vertice di imprese o gruppi di imprese operanti nei mercati del
credito, assicurativi e finanziari. A questi soggetti è vietato “assumere o esercitare
analoghe in imprese o gruppi di imprese concorrenti”.
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La circolare approfondisce la ratio della disciplina e discute le principali questioni
interpretative aperte. Essa suggerisce un approccio di tipo sostanziale, incentrato sulla
rilevanza dei problemi concorrenziali che possono sorgere nei mercati del credito,
assicurativi e finanziari dalla configurazione della corporate governance. In quest’ottica,
la circolare auspica l’emanazione da parte delle autorità settoriali competenti di linee
guida congiunte volte a individuare le ipotesi de minimis in cui il divieto non si applica
perché è possibile escludere a priori il rischio di un pregiudizio per la concorrenza.
PROVVEDIMENTI COMMENTATI
Articolo 36 del decreto legge n. 201/2011, convertito con modificazioni dalla
legge n. 214/2011
2
Divieto del cumulo di incarichi nel settore finanziario
Circolare N. 2/2012
INDICE
p. 4
Finalità dell’articolo 36
p. 7
Persone interessate dal divieto
p. 7
Contenuto del divieto
p. 7
Imprese interessate
p. 8
Il rapporto di concorrenza
p 9
Profili procedurali
p.13
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Introduzione
3
Divieto del cumulo di incarichi nel settore finanziario
Circolare N. 2/2012
Introduzione
L’articolo 36 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha introdotto nell’ordinamento italiano un regime
di incompatibilità per titolari di cariche e funzionari di vertice di imprese e gruppi di
imprese nel settore finanziario.
La disciplina riguarda i titolari di cariche negli organi gestionali, di sorveglianza e di
controllo e i funzionari di vertice di imprese o gruppi di imprese operanti nei mercati del
credito, assicurativi e finanziari. A questi soggetti è vietato “assumere o esercitare
analoghe cariche in imprese o gruppi di imprese concorrenti” (articolo 36, comma 1).
In questo contesto, per concorrenti si intendono le imprese o i gruppi di imprese tra i
quali non vi sono rapporti di controllo ai sensi dell’articolo 7 della legge 10 ottobre
1990, n. 287 e che operano nei medesimi mercati del prodotto e geografici (comma 2).
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In sede di conversione del decreto legge sono state specificate le regole di procedura
per l’applicazione della disciplina. In base al comma 2-bis, i titolari di cariche tra loro
incompatibili possono optare per una di esse entro il termine di novanta giorni dalla
nomina. Se non rispettano il termine, decadono dall’insieme delle cariche tra loro
incompatibili. La decadenza è dichiarata dagli organi competenti degli organismi
interessati (dell’impresa o del gruppo) entro i trenta giorni successivi alla scadenza del
termine di novanta giorni o al momento in cui vengono a conoscenza dell’inosservanza
del divieto. In caso di inerzia di questi organi è previsto che la decadenza venga
dichiarata dall’autorità di vigilanza di settore competente.
Con la legge di conversione è stato anche definito il regime transitorio: in sede di prima
applicazione l’opzione tra le cariche può essere esercitata entro centoventi giorni
dall’entrata in vigore della legge di conversione, avvenuta il 28 dicembre 2011, quindi
entro la fine di aprile 2012 (comma 2-ter).
Per analizzare l’articolo 36 occorre tenere presente che l’Autorità garante della
concorrenza e del mercato negli ultimi anni aveva ripetutamente richiesto misure volte
a impedire i legami personali incrociati, che danno luogo ai cosiddetti interlocking
directorates, nel settore finanziario. La diffusa presenza del fenomeno nella realtà
italiana è stata evidenziata, in particolare, nell’Indagine conoscitiva del 2008 sulla
corporate governance di banche e assicurazioni1. Nella prospettiva antitrust, la
preoccupazione è che forme di interlocking directorates tra imprese concorrenti
1
Cfr. Autorità garante della concorrenza e del mercato (2008), Indagine conoscitiva sulla corporate
governance di banche e assicurazioni, disponibile sul sito internet dell’Autorità (www.agcm.it).
Nell’Indagine viene constatato come “le principali banche, compagnie di assicurazione e SGR attive in
Italia si caratterizzino per l’esistenza di numerosi legami fra concorrenti (…). Con riferimento ai legami
personali, l’analisi svolta indica come l’80 per cento dei gruppi esaminati presentino all’interno dei propri
organismi di governance soggetti con incarichi nella governance di gruppi concorrenti”.
4
Divieto del cumulo di incarichi nel settore finanziario
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facilitino comportamenti collusivi sui mercati o, comunque, indeboliscano la
concorrenza.
Si ricordi che il codice civile già contiene all’articolo 2390 una disciplina della
governance di società per azioni tra loro concorrenti, che si applica in tutti i settori
economici e riguarda unicamente gli amministratori. La disposizione, rubricata “Divieto
di concorrenza”, prevede che gli amministratori non possono assumere la qualità di
soci illimitatamente responsabili in società concorrenti, né esercitare un’attività
concorrente per conto proprio o di terzi, né essere amministratori o direttori generali in
società concorrenti, salvo autorizzazione dell’assemblea 2. Per l’inosservanza del
divieto l’amministratore può essere revocato dall’ufficio e risponde dei danni. L’obiettivo
dell’articolo 2390 del codice civile è la prevenzione di situazioni di conflitto di interessi 3.
Indirettamente la norma è anche funzionale a evitare situazioni di cumulo di ruoli in
società concorrenti da cui possa derivare il rischio di comportamenti collusivi.
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Sul fronte dell’autoregolamentazione, dal 2006 il Codice di autodisciplina delle società
quotate raccomanda al consiglio di amministrazione, qualora l’assemblea abbia
autorizzato in via generale e preventiva deroghe al divieto di concorrenza previsto
dall’articolo 2390 del codice civile, di valutare nel merito ciascuna fattispecie
problematica e segnalare alla prima assemblea utile eventuali criticità. A tal fine,
ciascun amministratore deve informare il consiglio, all’atto dell’accettazione della
nomina, di eventuali attività esercitate in concorrenza con l’emittente e,
successivamente, di ogni modifica rilevante4.
Nell’esperienza concreta di applicazione dell’articolo 2390 del codice civile, i soci si
sono largamente avvalsi della possibilità di deroga attraverso delibera assembleare, a
volte anche in via generale e preventiva attraverso disposizioni statutarie. La disciplina
del codice civile non ha quindi contribuito in misura significativa a limitare il cumulo di
ruoli in società concorrenti.
Va anche ricordato che, a partire dal 2006, in operazioni di concentrazione nel settore
finanziario l’Autorità garante ha imposto alle parti di adottare quali misure correttive,
volte a eliminare il rischio di impatto anticoncorrenziale, modifiche della governance
consistenti nel divieto dei rapporti di interlocking tra operatori concorrenti o nella
neutralizzazione di tali rapporti (ad esempio con l’esclusione di alcuni soggetti dai flussi
informativi, dalla partecipazione alle discussioni e dall’esercizio del diritto di voto su
2
Il divieto per gli amministratori di rivestire la carica di amministratori o direttori generali in società
concorrenti è stato introdotto in occasione della riforma del diritto societario avvenuta con il decreto
legislativo 17 gennaio 2003, n. 6.
3
Cfr. ad esempio Gian Franco Campobasso, Manuale di diritto commerciale, Utet Giuridica, 2007, p. 255.
Per richiami ulteriori di dottrina sul punto, cfr. il commento sub articolo 2390 c.c. in Commentario al codice
civile a cura di Paolo Cendon, Giuffré, 2010, p. 629.
4
Codice di autodisciplina, criterio applicativo 1.C.4.
5
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temi sensibili dal punto di vista concorrenziale) 5. L’imposizione di queste misure
correttive mira a impedire che, attraverso i legami personali, gli operatori possano
avere accesso alle strategie e politiche commerciali dei concorrenti.
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Nel 2009 l’Autorità garante ha sostenuto, in una segnalazione al Parlamento e al
Governo sulla governance di banche e assicurazioni, la necessità di un intervento di
regolazione in materia di interlocking directorates6. Successivamente, nella
segnalazione del febbraio 2010 al Parlamento e al Governo contenente “Proposte di
riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza” 7,
l’Autorità garante ha auspicato che il disegno di legge annuale per il mercato e la
concorrenza contenesse disposizioni di principio sul tema, lasciando poi agli statuti
delle singole società di darvi concreta attuazione.
Per quanto concerne l’autoregolamentazione, con l’ultima modifica del Codice di
autodisciplina delle società quotate avvenuta nel dicembre 2011 sono state introdotte
nuove previsioni in tema di interlocking directorates8. In primo luogo, nel definire i criteri
di composizione del consiglio di amministrazione, il nuovo Codice raccomanda al chief
executive officer di un emittente (A) di non assumere l’incarico di amministratore di un
altro emittente (B), non appartenente allo stesso gruppo, di cui sia chief executive
officer un amministratore dell’emittente (A) (cosiddette cross-directorships)9. La nuova
raccomandazione affianca quella, prevista già nella precedente versione del Codice,
che inserisce, tra le condizioni idonee a pregiudicare il requisito di indipendenza,
l’assunzione della carica di amministratore esecutivo in un’altra società nella quale un
amministratore esecutivo abbia un incarico di amministratore 10. Inoltre, il nuovo Codice
richiede al comitato per le nomine, ora “raccomandato” in modo vincolante, di
formulare pareri e raccomandazioni al consiglio di amministrazione sulla valutazione
delle fattispecie problematiche in caso di autorizzazioni in deroga al divieto previsto
dall’articolo 2390 del codice civile11.
5
Cfr. tra gli altri: provvedimento 16249 del 20 dicembre 2006, caso C8027, in Bollettino AGCM n. 49/2006;
provvedimento 16673 del 12 aprile 2007, caso C8277, in Bollettino AGCM n. 13/2007; provvedimento
17283 del 18 settembre 2007, caso C8660, in Bollettino AGCM n. 33/2007; provvedimento 17859 del 17
gennaio 2008, caso C8939, in Bollettino AGCM n. 2/2008; provvedimento 18327 del 7 maggio 2008, caso
C9182, in Bollettino AGCM n. 18/2008; provvedimento 19689 del 26 marzo 2009, caso 9817, in Bollettino
AGCM n. 12/2009.
6
AS 496, in Bollettino AGCM n. 3/2009. Cfr. anche audizione del Presidente dell’Autorità garante della
concorrenza e del mercato nell’ambito dell’Indagine conoscitiva della 6a Commissione del Senato sui
rapporti tra banche e imprese con particolare riferimento agli strumenti di finanziamento, 10 febbraio 2009
(disponibile sul sito internet www.agcm.it, alla sezione Attività di segnalazione-Audizioni parlamentari) .
7
AS 659, Bollettino AGCM n. 4/2010.
8
La nuova edizione del Codice di autodisciplina è disponibile sul sito internet di Borsa italiana
(www.borsaitaliana.it).
9
Criterio applicativo 2.C.5.
10
Criterio applicativo 3.C.1, lettera f.
11
Criterio applicativo 5.C.1, lettera a.
6
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1. Finalità dell’articolo 36
L’obiettivo pro-concorrenziale dell’articolo 36 è richiamato nel titolo della disposizione
(“Tutela della concorrenza e partecipazioni personali incrociate nei mercati del credito
e finanziari”) ed è confermato dalla relazione tecnica al disegno di legge di
conversione, secondo la quale “la disposizione è volta a migliorare la concorrenza tra
le imprese operanti nel settore assicurativo, finanziario e creditizio”. Si tratta di un
elemento importante sul piano interpretativo. In linea di principio, infatti, la portata del
divieto dovrebbe essere limitata, in un’ottica sostanziale, alle fattispecie di
partecipazioni personali incrociate rilevanti dal punto di vista della concorrenza nei
mercati del credito, assicurativi e finanziari.
2. Persone interessate dal divieto
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L’articolo 36 impone il divieto ai titolari di cariche “negli organi gestionali, di
sorveglianza e di controllo”, senza ulteriori specificazioni. Il divieto riguarda quindi i
componenti dei consigli di amministrazione e dei consigli di gestione, anche quelli che
non hanno funzioni esecutive, compresi gli amministratori indipendenti, nonché i
componenti dei consigli di sorveglianza e dei collegi sindacali.
Inoltre il divieto si applica ai “funzionari di vertice”. L’espressione crea incertezza sul
piano applicativo. Il divieto riguarda certamente il direttore generale; può estendersi ai
manager di primo livello con responsabilità strategiche, in relazione alla concreta realtà
aziendale. Per i funzionari di vertice, la conseguenza del cumulo di incarichi
incompatibili è la decadenza dalle cariche assunte negli organi delle società, non certo
la perdita della posizione di funzionario di vertice, ipotesi che porrebbe delicati problemi
dal punto di vista giuslavoristico.
3. Contenuto del divieto
Il divieto riguarda l’assunzione o l’esercizio di “analoghe cariche” in imprese o gruppi di
imprese concorrenti.
E’ pacifico che un funzionario di vertice a cui si applichi il divieto non può ricoprire lo
stesso ruolo in altre imprese; per i funzionari, il divieto riguarda ogni carica negli organi
di gestione, sorveglianza o controllo delle imprese concorrenti.
7
Divieto del cumulo di incarichi nel settore finanziario
Circolare N. 2/2012
Per i titolari di cariche negli organi si potrebbe sostenere, facendo leva sull’espressione
“analoghe cariche”, che il divieto riguardi soltanto l’assunzione o l’esercizio dello stesso
tipo di carica nell’impresa concorrente (l’amministratore della banca A non può avere
una carica nell’organo gestionale della banca B, ma può stare nel consiglio di
sorveglianza di quest’ultima). La questione tuttavia è controversa. Il fatto che la
formulazione generi dubbi interpretativi è riconosciuto anche dall’Autorità garante, che
auspica un chiarimento a livello normativo12. L’Autorità vorrebbe, in particolare, che
fosse esplicitato che i soggetti interessati non possono rivestire “alcuna carica –
qualunque essa sia” in imprese o gruppi concorrenti; a tal fine essa suggerisce di
eliminare dal testo della norma l’aggettivo “analoghe”. Occorre tenere presente che, dal
punto di vista antitrust, la situazione in cui un medesimo soggetto sia amministratore di
una società e titolare di una carica nell’organo di sorveglianza di un diretto concorrente
solleva preoccupazioni maggiori rispetto a quella in cui il soggetto sieda
contemporaneamente negli organi di controllo delle due società.
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4. Imprese interessate
La norma riguarda “imprese o gruppi di imprese operanti nei mercati del credito,
assicurativi e finanziari”. Non vi è alcun richiamo a nozioni relative alla tipologia
soggettiva degli operatori (società, banca, impresa di assicurazione, SGR, SIM, ecc.).
La disciplina utilizza invece il concetto di operatività nei mercati, con l’impostazione
tipica del diritto della concorrenza.
Proprio basandosi sulla prospettiva del diritto della concorrenza è da ritenere che il
riferimento alle imprese operanti nei mercati finanziari riguardi i soggetti la cui attività
d’impresa consiste nel fornire servizi finanziari sul mercato (i prestatori di servizi
finanziari). La disciplina, quindi, non dovrebbe applicarsi a soggetti quali gli emittenti
non finanziari, gli acquirenti di prodotti finanziari e le holding di partecipazione in
quanto tali. Ciò che conta è l’attività di prestazione di servizi svolta sul mercato.
Le attività di prestazione di servizi creditizi, assicurativi e finanziari sono tipicamente
sottoposte a vigilanza. Si comprende quindi il richiamo effettuato dall’articolo 36,
comma 2-bis, alle autorità di vigilanza di settore. E’ da ritenere che queste siano le
autorità competenti a rilasciare, laddove prevista, l’autorizzazione all’esercizio
dell’attività. Si tratterà, ad esempio, di Banca d’Italia per le banche e le SGR, dell’Isvap
per le imprese di assicurazione, della Consob per le SIM.
12
Cfr. la segnalazione dell’Autorità contenente “Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge
annuale per il mercato e la concorrenza”, AS 901, del 5 gennaio 2012, in Supplemento al Bollettino AGCM
n. 51/2011.
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5. Il rapporto di concorrenza
Il divieto di cui al comma 1 dell’articolo 36 si applica solo ai cumuli di incarichi in
imprese o gruppi di imprese tra loro concorrenti. Ai fini dell’applicazione del divieto,
perché vi sia un rapporto di concorrenza devono essere soddisfatte due condizioni:
a) le imprese o i gruppi di imprese interessati non sono legati tra loro da rapporti di
controllo ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 287/1990;
b) le imprese o i gruppi di imprese interessati operano nei medesimi mercati del
prodotto e geografici.
L’articolo 36 lascia quindi impregiudicata la possibilità di assumere o esercitare cariche
in imprese o gruppi legati tra loro da rapporti di controllo e in imprese o gruppi che non
operano nei medesimi mercati del prodotto e geografici.
Soggetti non legati da rapporti di controllo
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Per la nozione di controllo, l’articolo 36 opera un esplicito rinvio all’articolo 7 della legge
n. 287/1990, che stabilisce cosa debba intendersi per controllo ai fini dell’applicazione
delle norme a tutela della concorrenza contenute nel Titolo I della medesima legge.
In base a tale articolo 7, si ha controllo anzitutto nei casi contemplati dall’articolo 2359
del codice civile, ossia quando una società dispone della maggioranza dei voti
esercitabili, o di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante, nell’assemblea
ordinaria di un’altra società (computando anche i voti spettanti a società controllate, a
società fiduciarie e a persona interposta, ma non i voti spettanti per conto terzi), oppure
quando una società è sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di vincoli
contrattuali.
Inoltre l’articolo 7, in linea con la disciplina europea in materia di concentrazioni13,
stabilisce che si ha controllo “in presenza di diritti, contratti o altri rapporti giuridici che
conferiscono, da soli o congiuntamente, e tenuto conto delle circostanze di fatto e di
diritto, la possibilità di esercitare un’influenza determinante sulle attività di un’impresa,
anche attraverso (a) diritti di proprietà o di godimento sulla totalità o su parti del
patrimonio di un’impresa, (b) diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono
un’influenza determinante sulla composizione, sulle deliberazioni o sulle decisioni degli
organi di un’impresa”.
13
Cfr. l’articolo 3, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio del 20 gennaio 2004
relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese e la “Comunicazione consolidata della Commissione
sui criteri di competenza giurisdizionale a norma del Regolamento (CE) n. 139/2004” (2008 C 95/01).
9
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Come sottolineato dall’Autorità garante nel Formulario per la comunicazione delle
concentrazioni14,“L'acquisizione del controllo non è legata a parametri formali e
ricomprende tutte le fattispecie attraverso cui si realizza, in virtù di diritti, contratti o altri
mezzi, la possibilità di esercitare tale influenza determinante sulla politica commerciale
di un'impresa. Nella sua prassi l'Autorità ha riscontrato come la possibilità di esercitare
un'influenza determinante sulle attività di un impresa possa conseguire ad atti di
diversa portata (ad esempio, la stipulazione di un contratto di affitto, la sottoscrizione di
un patto di sindacato, altri patti parasociali). Le relazioni di controllo rilevano tanto
nell'ipotesi in cui il controllo è diretto, quanto nei casi in cui il controllo è indiretto,
quando cioè la relazione non collega immediatamente i due soggetti, ma si realizza per
il tramite di rapporti intercorrenti fra più soggetti”15.
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Se vi è controllo ai sensi dell’articolo 7, quindi, il cumulo delle cariche è consentito. Non
è richiesto, a tal fine, un rapporto di controllo esclusivo: è sufficiente che vi sia controllo
in forma congiunta16. Ad esempio, se la società A e la società B detengono
congiuntamente il controllo ai sensi dell’articolo 7 nella società C, gli amministratori di A
e di B possono fare parte degli organi di gestione, sorveglianza e controllo della società
C e di quelli delle società da questa controllate.
Il fatto che la nozione di controllo da utilizzare sia la stessa che si applica nella
disciplina delle intese e delle operazioni di concentrazione nella legge n. 287/1990 ha
implicazioni sul piano pratico. In particolare, nell’accertare se sussista o meno un
rapporto di controllo ai fini dell’applicazione dell’articolo 36, le imprese devono tenere
conto delle eventuali valutazioni da esse già compiute in sede di applicazione della
normativa a tutela della concorrenza e delle posizioni assunte, in merito, dall’Autorità
garante e dalla giurisprudenza.
14
Il documento “Modalità per la comunicazione di un’operazione di concentrazione tra
imprese” (Formulario concentrazioni) è disponibile sul sito internet dell’Autorità garante (www.agcm.it).
15
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 287/1990 occorre
"valutare, ai fini della decifrazione degli effettivi assetti di un'entità economica oggetto di indagine,
qualsiasi significativo fattore che possa concorrere con la partecipazione azionaria in una società,
integrando complessivamente una influenza significativa su di essa". Richiamando gli orientamenti
comunitari sul tema, i giudici hanno ritenuto che “la maggioranza assoluta dei voti in assemblea non sia
l'unico elemento da considerare ai fini del riscontro della sussistenza del controllo de facto, potendosi
guardare anche al ruolo degli altri azionisti presenti in assemblea e alla loro capacità di rafforzare la
posizione dell'azionista di maggioranza relativa ovvero, al contrario, di destabilizzarla; di qui, la necessità
di rivolgere l'attenzione a elementi quali il grado di dispersione dell'azionariato, l'esistenza di legami
strutturali, economici o familiari tra taluni azionisti e quello di maggioranza relativa, nonché la natura della
partecipazione, strategica o meramente finanziaria, degli altri azionisti nell'impresa target" (cfr. TAR LazioRoma, Sez. I, 10 luglio 2007, n. 6230).
16
Il Formulario concentrazioni (cit.) specifica che l’ipotesi di controllo congiunto “si verifica quando, in base
alle partecipazioni detenute o ad altri accordi, due o più imprese hanno ciascuna la possibilità di esercitare
un'influenza determinante su un'altra impresa. In particolare, il controllo esercitato da ciascun soggetto
può manifestarsi anche nella semplice possibilità di impedire l'adozione di decisioni che influiscano in
maniera determinante sull'attività commerciale dell'impresa controllata, anche attraverso l'esercizio di un
diritto di veto.”
10
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Circolare N. 2/2012
Soggetti operanti nei medesimi mercati del prodotto e geografici
Il divieto si applica solo alle imprese e ai gruppi di imprese che operano, almeno per
parte delle loro attività, nei medesimi mercati, intesi in senso merceologico e
geografico. E’ chiaro il riferimento alla nozione di mercato rilevante del diritto antitrust.
Può essere utile ricordare, al riguardo, che nel diritto della concorrenza il mercato del
prodotto rilevante comprende tutti i beni e servizi che sono considerati intercambiabili o
sostituibili dal consumatore, in ragione delle loro caratteristiche, dei loro prezzi e
dell’uso al quale sono destinati.
Il mercato geografico rilevante comprende l’area nella quale le imprese forniscono i
beni o servizi rilevanti e che può essere tenuta distinta dalle zone geografiche contigue
per l’assenza di significative possibilità di sostituzione geografica. Tra gli elementi
pertinenti per la determinazione del mercato geografico rientrano la natura e le
caratteristiche dei beni e servizi di cui trattasi, l’incidenza dei costi di trasporto, le
preferenze dei consumatori.
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Come indicato nella comunicazione della Commissione europea sulla definizione di
mercato rilevante, “fondamentalmente l’esercizio di definizione del mercato consiste
nell’individuare le effettive fonti alternative di approvvigionamento dei clienti delle
imprese interessate, tanto in termini di prodotti/servizi quanto di ubicazione geografica
dei fornitori”17.
Molti operatori hanno sottolineato la difficoltà di utilizzare la nozione di mercato
rilevante in via preventiva per valutare la liceità o meno di un cumulo di cariche. In
assenza di linee guida da parte delle autorità competenti, si possono trarre indicazioni
dall’esperienza relativa all’individuazione dei mercati in sede di applicazione del diritto
della concorrenza18. Va ricordato, in particolare, che anche per realizzare operazioni di
concentrazione le imprese devono preventivamente identificare i mercati rilevanti e
indicarli nella notifica all’autorità di concorrenza.
L’articolo 36 si applica solo se il mercato geografico rilevante in cui le imprese operano
come concorrenti si trova, interamente o in parte, sul territorio italiano (l’amministratore
della banca A attiva in Italia e in Giappone può partecipare al board della banca B
operante solo in Giappone).
La formulazione dell’articolo 36 indica chiaramente che il divieto si applica solo alle
imprese che ‘operano’ nei medesimi mercati, del prodotto e geografici, e non si
17
Comunicazione della Commissione europea sulla definizione del mercato rilevante ai fini
dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza, 9 dicembre 1997, 97/C 372/03, punto
14. Cfr. anche il Formulario concentrazioni (cit.), alla sezione I.C.
18
Cfr. in particolare le numerose decisioni dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato sulle
concentrazioni nel settore finanziario. Un’analisi approfondita dei mercati si trova, ad esempio, in C8027
(Bollettino n. 49/2006) e in C8660 (Bollettino n. 33/2007).
11
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estende quindi alle imprese che sono in un rapporto di concorrenza meramente
potenziale.
Impresa e gruppo di imprese
Il divieto riguarda il cumulo di cariche in “imprese” o “gruppi di imprese” (i) operanti nei
mercati del credito, assicurativi e finanziari nonché (ii) tra loro concorrenti in quanto
non legati da rapporti di controllo e attivi nei medesimi mercati del prodotto e
geografici.
Il riferimento a imprese tra loro concorrenti comporta che il cumulo non è ammesso se
vi è un rapporto di concorrenza tra le singole società in cui si detengono le cariche
(come nella fattispecie disciplinata dall’articolo 2390 del codice civile), a prescindere
dall’attività prevalente del gruppo di cui tali società eventualmente fanno parte.
Il riferimento ai gruppi di imprese è più problematico. Esso richiede di verificare che
non vi sia un rapporto di concorrenza (limitatamente ai mercati creditizi, assicurativi e
finanziari) anche tra i gruppi di cui le società direttamente interessate fanno parte.
L’Autorità garante, nella segnalazione del 5 gennaio scorso, ha chiesto che venga
eliminato ogni dubbio interpretativo al riguardo, sostenendo che per “assicurare il pieno
sviluppo di un contesto competitivo” il divieto deve avere ad oggetto “l’insieme delle
attività svolte dal gruppo”.
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La questione centrale, in proposito, è cosa si debba intendere in questo contesto per
“gruppo di imprese”.
Sul piano sostanziale, va segnalato che un’interpretazione estensiva della nozione di
gruppi concorrenti potrebbe portare a un’applicazione del divieto palesemente
sproporzionata rispetto all’obiettivo di prevenire restrizioni della concorrenza nei
mercati del credito, assicurativi e finanziari. Sembrerebbe irragionevole, ad esempio,
estendere il divieto anche a qualsiasi intreccio tra società di due gruppi manifatturieri
per il fatto che ciascuno dei due gruppi detiene, a valle, il controllo di una piccola
società di leasing.
Per perseguire gli obiettivi della disciplina e rispettare al tempo stesso il principio di
proporzionalità, è auspicabile che l’applicazione del divieto ai gruppi di imprese sia
ispirata a un criterio di rilevanza dei problemi concorrenziali che possono sorgere nei
mercati del credito, assicurativi e finanziari dalla configurazione della corporate
governance19. A questo fine, il riferimento ai gruppi operanti nei mercati del credito,
19
Del resto, anche negli Stati Uniti il sistema che vieta gli interlocking directorates è costruito in modo da
escludere le ipotesi che non presentano un rischio di significativa restrizione della concorrenza. Cfr.
Clayton Act, Section 8, § 4 (15 U.S.C. § 19(a); Depository Institution Management Interlocks Act (12
U.S.C. §§ 3201-08).
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Divieto del cumulo di incarichi nel settore finanziario
Circolare N. 2/2012
assicurativi e finanziari andrebbe inteso, in sede di applicazione del divieto, come
relativo ai gruppi la cui attività prevalente è in questi settori.
In sostanza, il divieto del cumulo di cariche si configurerebbe nei seguenti termini:
-
esso si applica sempre tra società direttamente concorrenti nei mercati del
credito, assicurativi e finanziari, a prescindere dall’attività dell’eventuale gruppo
di appartenenza;
-
nel caso di gruppi che svolgono prevalentemente attività creditizia, assicurativa
e finanziaria, il divieto si estende alle società del gruppo.
Si eviterebbe, in questo modo, anche il problema di identificare quale sia l’autorità
settoriale di vigilanza competente a dichiarare la decadenza dalla carica in società che
non operano nel settore creditizio, assicurativo o finanziario.
Sarebbe utile un chiarimento ufficiale sul punto, preferibilmente a livello normativo.
Circolare N° Registro: 243.1 Data: 08/02/2012
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Nella prospettiva di applicare il divieto solo alle fattispecie suscettibili di restringere la
concorrenza nel settore finanziario sarebbe opportuna anche l’emanazione, da parte
delle autorità settoriali competenti, di linee guida congiunte volte a individuare le ipotesi
de minimis, in cui il divieto non si applica perché è possibile escludere a priori il rischio
di un pregiudizio per la concorrenza nei mercati del credito, assicurativi o finanziari.
Si pensi, ad esempio, alle cariche in società strumentali all’interno di gruppi
bancari/finanziari/assicurativi, quali le società che gestiscono gli immobili o i servizi
informatici. Un ulteriore esempio è quello in cui, per la collocazione della società
interessata all’interno del gruppo (società a valle rispetto a quelle che svolgono le
attività per cui potrebbe esserci un rischio per la concorrenza) è possibile escludere in
via presuntiva il rischio di accesso a informazioni sulle politiche e le strategie
commerciali delle imprese concorrenti.
6. Profili procedurali
L’articolo 36 non preclude al soggetto che detiene una carica di assumere una
seconda carica incompatibile con la prima, ma lo obbliga ad esercitare l’opzione entro
novanta giorni dalla nomina.
Va segnalato che possono esservi ipotesi di incompatibilità sopravvenuta per eventi
relativi all’impresa, quale ad esempio un’operazione di concentrazione. Si pensi, ad
esempio, al caso di un soggetto che siede nel consiglio di amministrazione della banca
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Divieto del cumulo di incarichi nel settore finanziario
Circolare N. 2/2012
A e della società finanziaria B tra le quali non vi sono rapporti di concorrenza. La
questione è cosa accade se B acquista il controllo della banca C. Il soggetto è tenuto a
compiere una scelta tra le due cariche in quanto l’articolo 36, comma 1, vieta non solo
di assumere, ma anche di esercitare cariche incompatibili. Il momento da cui decorre il
termine di novanta giorni utile per esercitare l’opzione andrà rapportato alla concreta
possibilità per il soggetto di conoscere l’evento che determina la sopravvenuta
incompatibilità.
Decorso inutilmente il termine di novanta giorni, l’articolo 36, comma 2-bis prevede uno
specifico regime di decadenza da entrambe le cariche.
Come anticipato, in tale caso gli organi competenti degli organismi interessati sono
tenuti a dichiarare la decadenza entro trenta giorni dalla scadenza del termine o
dall’avvenuta conoscenza dell’inosservanza del divieto. Gli organi che all’interno delle
imprese devono farsi carico di vigilare sul rispetto dell’articolo 36 e dichiarare, laddove
necessario, l’avvenuta decadenza dalla carica saranno presumibilmente gli stessi che
sono competenti a dichiarare la decadenza dalla carica anche in altre ipotesi.
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Laddove l’incompatibilità derivi dall’attività della società in cui il soggetto detiene la
carica, è plausibile che il compito di dichiarare la decadenza spetti all’organo
competente della società; laddove invece l’incompatibilità derivi dall’attività di altra
società del gruppo, il compito potrebbe essere svolto dall’organo competente della
capogruppo.
Sul piano organizzativo, per risolvere il problema dell’accesso all’informazione le
società potranno chiedere a coloro che già detengono o sono in procinto di acquisire le
posizioni di cui al comma 1 dell’articolo 36 (per i titolari delle cariche, all’atto di
accettazione della nomina) di fornire l’elenco delle proprie posizioni rilevanti ai fini
dell’applicazione della disciplina in imprese non legate all’impresa o al gruppo da
rapporti di controllo. Disposizioni di tenore simile sono già previste per gli
amministratori dal Codice di autodisciplina delle società quotate (1.C.4).
In caso di inerzia da parte degli organi delle imprese, l’articolo 36 prevede che la
decadenza sia dichiarata dall’autorità di vigilanza di settore competente. Nella
segnalazione del 5 gennaio 2012 20, l’Autorità garante ha richiesto che nella normativa
vengano introdotti “obblighi di informativa nei confronti dei soggetti regolatori di
settore”. Ciò renderebbe più agevole per le autorità competenti dichiarare la
decadenza dalle cariche nelle ipotesi previste dalla legge.
La costruzione di efficienti flussi informativi tra tutti i soggetti coinvolti (titolari delle
cariche e funzionari di vertice, organi competenti a dichiarare la decadenza, autorità di
20
AS 901.
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Divieto del cumulo di incarichi nel settore finanziario
Circolare N. 2/2012
vigilanza settoriali) è un presupposto di trasparenza essenziale per l’applicazione della
disciplina.
Il Direttore Generale
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Micossi
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