Alternanza e obbligo scolastico e formativo Il testo del DDL 1306 “Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”, assumendo la prospettiva del riordino complessivo dei cicli scolastici, si giustifica completamente nell’ottica/prospettiva dell’assolvimento dell’obbligo scolastico e formativo e dell’innalzamento del livello di istruzione e formazione. Riconoscendo nel sistema unico preoccupanti sintomi di rigidità, il progetto di riforma induce ad un ripensamento delle scelte didattiche e organizzative della Scuola Secondaria Superiore, senza trascurare le possibili ricadute sull’intero percorso degli studi. Lo scopo per nulla sottinteso è quello di creare i presupposti del successo individuale e professionale nel percorso scolastico. Se, d’altronde, l’obiettivo riconosciuto e condiviso non può che essere quello dell’inserimento nell’esperienza professionale e nel mondo produttivo, a dare pieno senso al concetto di obbligo scolastico non basta che tutti frequentino la scuola per più tempo; occorre invece l’azione contemporanea e da più direzioni in grado di ottenere risultati sulla motivazione e sulle competenze. Da questo punto di vista “la possibilità di realizzare i corsi del secondo ciclo in alternanza scuola-lavoro, come modalità di realizzazione del percorso formativo progettata, attuata e valutata dall’istituzione scolastica e formativa in collaborazione con le imprese, con le rispettive associazioni di rappresentanza e con le camere di commercio, industria e artigianato e agricoltura, che assicuri ai giovani, oltre alla conoscenza di base, l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro”, prevista dall’art. 4 del citato DDL 1306, in conformità a quanto previsto dall’art. 18 della legge 24 giugno 1997, può essere intesa non solo come elevazione dell’età, ma come lievitazione della qualità complessiva dell’offerta. Questo spirito è chiaramente ribadito nel protocollo di intesa fra MIUR e Confindustria, nella cui premessa si accenna alla crescente “insoddisfazione dei giovani verso l’insegnamento ex cathedra, cui la lettura scientifica più avvertita tende a sostituire in misure sempre più rilevanti modalità di apprendimento basate sull’esperienza e certificate dal punto di vista degli esiti”. La novità e peculiarità dell’art. 4 comma 1, lettera a), che ammette fra i principi e criteri direttivi quello di “svolgere l’intera formazione dai 15 ai 18 anni, attraverso l’alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa” rimane sostanzialmente fra le potenzialità dell’autonomia dell’istituzione scolastica e formativa. La novità più cospicua può essere rappresentata dal fatto che si reimposta il concetto di obbligo insistendo su quello di responsabilità e si mira ad ottenere gli obiettivi agendo sulle premesse: Infatti dovrebbe essere noto a tutti che l’autonomia scolastica costituisce il presupposto per introdurre elementi di modularità e flessibilità nel sistema educativo: grazie ad essa, infatti, ogni scuola ha la possibilità di realizzare interventi che si integrano e si raccordano con la didattica ordinaria. Ma l’obiettivo della riforma è quello di aumentare la preparazione di base e le conoscenze diffuse e specifiche dei giovani, sia che ci si riferisca al sistema dei licei che a quello della istruzione e formazione professionale: sembra che questa considerazione parta dalla consapevolezza che qualsiasi operazione sulla struttura e sui programmi può risultare debole negli esiti se non trova la possibilità di agire e di arrivare a tutti gli studenti. Solo a queste condizioni l’adozione di scelte metodologiche, didattiche e organizzative compatibili con l’attuale impianto della scuola superiore (caratteristiche dei curricoli e degli esami di Stato, suddivisione in ordini e indirizzi) può essere garanzia di un livello di preparazione più alto e di una maggiore probabilità di riuscita. La normativa sull’alternanza individua gli ambiti decisionali entro i quali collocare tali scelte, con interventi di carattere prevalentemente organizzativo: “L’alternanza formativa, viceversa (rispetto a quella lavorativa), non ha una base contrattuale e l’obiettivo fondamentale appare quello di fornire una formazione, sia di tipo scolastico, sia basata sull’esperienza pratica, che consenta ai giovani di conseguire i propri obiettivi formativi attraverso una metodologia didattica innovativa”. Appare interessante il riferimento agli obiettivi formativi che devono essere fatti propri dai giovani. Vale a dire: qualsiasi innovazione che permetta di sperimentare “nuovi percorsi e opportunità, quali la formazione professionale, l’apprendistato e l’accesso al sistema integrato, con possibilità di uscite e rientri da e per l’istruzione”, in relazione all’assolvimento dell’obbligo scolastico e dell’obbligo formativo fino a 18 anni, ai sensi della normativa vigente (in particolare, oltre a quelle citate, la legge n. 4 del 20.01.99 e la legge nr. 144 del 17.05.99), rimane inefficace se non diventa un’opportunità per tutti, se cioè non è capace di intervenire con strumenti e motivazioni adeguati e con la possibilità che questo incoraggi la prosecuzione degli studi o l’aspettativa di una maggiore qualificazione professionale. L’importanza che assumono le innovazioni di sistema è evidente ed è opportuno rilevare che nel documento di Confindustria si afferma che “l’individuazione e la descrizione dei fabbisogni formativi costituiscono il punto di partenza della progettazione dei percorsi in alternanza”. Per realizzare gli obiettivi indicati nella legge è necessaria una scuola sempre più in grado da una parte di interpretare i fenomeni e i cambiamenti in atto, dall’altra di tenere conto e di farli incontrare con le caratteristiche e le potenzialità del singolo studente: solo in questo modo e a queste condizioni il suo linguaggio può risultare comprensibile e sedurre quei ragazzi che dopo i 15 anni (implicita conferma dei termini dell’obbligo scolastico) preferiscono un percorso rivolto ad una preparazione lavorativa, al fine di mettere a fuoco le proprie capacità e quindi scegliere con maggiore consapevolezza il successivo percorso di istruzione o di formazione. Non se ne fa certamente una questione di merito, bensì di attitudine e di vocazione. Ciò chiama ad una corresponsabilità nell’orientamento, capace di proporre a ciascuno gli strumenti adeguati per progettare il proprio percorso di studi: “l’alternanza è un metodo per realizzare il progressivo avvicinamento verso la professionalità ‘terminale’, ma tale ‘marcia’ di avvicinamento deve essere progressiva in funzione dell’età e degli obiettivi formativi propri di ogni fascia d’età”. Il concetto di ‘alternanza’ non deve di per sé essere scambiato alla pari con quello di ‘obbligo’, in cui l’obiettivo finale rimane quello di “consentire a tutti i giovani l’acquisizione del diploma di secondaria superiore o di qualifica professionale”; ovvero, essa ha anche l’obiettivo di limitare il tasso di abbandono scolastico se l’innalzamento del livello e della percentuale di successo scolastico corrisponde ad un’offerta formativa più ricca e se si ottiene “l’obiettivo didattico/professionale principale ... l’individuazione della vocazione del giovane, attraverso un percorso di orientamento e di formazione a 360°”. Per questo motivo l’alternanza “è una modalità didattica flessibile che si adatta agli scopi precipui dell’ordinamento di studi a cui è applicata”. Anche la previsione di percorsi integrati, progettati d’intesa con i centri di formazione professionale, potrà rappresentare una soluzione interessante. La formazione dei tutor, dei docenti, dei dirigenti può essere un ulteriore passaggio importante nel mosaico delle azioni di sistema, in cui un posto di rilievo è assegnato all’orientamento e ri-orientamento. Tali azioni trovano il punto di forza nella condivisione da parte dell’allievo, del contesto sociale e culturale (compreso quello famigliare), del progetto di vita, il quale deve comprendere - accanto alle indicazioni relative agli ingredienti attesi di un percorso scolastico (formazione umana e culturale, crescita personale e sociale) - l’indicazione e consapevolezza dei relativi profili professionali riconosciuti e di modelli realizzati anche mediante percorsi integrati di istruzione e formazione professionale. In questo si riconosce nella proposta di percorsi in alternanza il salto di qualità rispetto alle abituali esperienze di stage in cui i ragazzi talvolta si trovano a svolgere mansioni e compiti per cui non sono stati preparati specificamente. Per questo “un percorso in alternanza è adatto a configurarsi sia come strumento di pianificazione a lungo termine, sia come canale in grado di offrire risposte alle figure più richieste dal territorio”. “Il target ottimale, sulla base dei documenti e degli studi disponibili, dovrebbe essere rappresentato da giovani o gruppi classe che possano trovare nella metodologia didattica innovativa un più cospicuo valore aggiunto ai fini dell’apprendimento, della realizzazione delle loro aspettative e dell’acquisizione di competenze spendibili. .... Ciò consentirebbe la graduale personalizzazione dei curricoli in uscita, pur all’interno di un paradigma di insegnamento/apprendimento di profilo professionale polivalente”. L’insistenza sulla previsione e individuazione iniziale dei fabbisogni, sullo stretto collegamento fra tirocinio e programma didattico e sulla differenza dell’alternanza formativa rispetto all’apprendistato” che “si colloca a livello di stato giuridico dell’utente” importa anche ai fini della distinzione fra obbligo scolastico e obbligo formativo, in quanto “scopo precipuo dell’alternanza è migliorare l’efficacia del percorso didattico e formativo, fornendo al tempo stesso al giovane maggiori opportunità di inserire un’esperienza in impresa durante il proprio percorso di formazione”. Al fine di motivare, guidare e sostenere l’iter scolastico dell’alunno, il percorso di alternanza, accanto e probabilmente più di altre soluzioni (cooperative learning, impresa simulata, role play), non può comportare un aggravio dei programmi di studio, ma deve tenere presenti, in una diversa articolazione della didattica, gli interventi finalizzati all’ acquisizione e al consolidamento delle competenze di base, nonchè a mettere alla prova le proprie capacità e acquisire fiducia in se stesso: a. l’impegno verso il piano di studi individualizzato con moduli che si avvalgano dell’apporto delle diverse discipline b. gli strumenti che aiutino il giovane a meglio definire le proprie aspirazioni, attese, attitudini educando a compiere scelte, a sviluppare progettualità ed un progetto di vita corrispondente alla propria personalità c. le iniziative di didattica orientante per consentire agli alunni di operare scelte ispirate a tale progetto e consapevoli dell’ulteriore percorso scolastico o formativo d. le competenze necessarie affinché possa effettuare scelte consapevoli e già motivate (dalla professionalizzazione di base alla professionalità di secondo livello, che prevede già mansioni e compiti specifici) e. i laboratori orientativi che, inseriti all’interno del curriculum, con il coinvolgimento anche di esperti esterni, prevedono lo svolgimento di compiti e mansioni f. la assunzione di responsabilità per consentire al ragazzo di percepire la differenziazione degli itinerari educativi e didattici in grado di rispettare i diversi interessi Il criterio della sostituibilità, pur rispettando la coerenza complessiva dell’attuale quinquennio e non spingendosi oltre la gestione flessibile dei curricoli contemplata dall’autonomia scolastica, impegna la scuola a promuovere le soluzioni di partecipazione attiva, in modo da far crescere l’efficacia dell’azione didattica grazie alla consapevolezza delle attese e alla responsabilità delle scelte. L’esigenza di arricchire l’offerta formativa con attività a carattere sia curricolare che extracurricolare dovrebbe comportare la conseguenza logica di agevolare il passaggio dell’alunno dall’uno all’altro corso o sistema. Per questo la Istituzione scolastica deve essere in grado in qualsiasi momento di certificare obiettivamente le competenze acquisite dal giovane, per poter costruire, se non proprio “un sistema di passaggi”, quanto meno una attendibile ricostruzione e continuità delle competenze. La didattica modulare appare la soluzione necessaria, la sola capace di prevedere il peso specifico dell’intero piano di studi “individualizzato” e l’apporto di ciascun percorso disciplinare, come di ciascuna esperienza diversa, sulla base, appunto, del criterio della sostituibilità. “In merito alla certificazione, il percorso in alternanza deve trovare modalità nuove per certificare le competenze acquisite in ambito aziendale, sia in attività formative esplicite, sia nelle quotidiane attività lavorative che comportano una notevole possibilità di apprendimento” Un lavoro cospicuo attende i consigli di classe e i collegi docenti, meglio sarebbe dire le istituzioni stesse, preferibilmente in rete, nella definizione dei profili curricolari e nella adozione degli strumenti. Va infatti affermato il principio che come il passaggio non rappresenta affatto una cessione di responsabilità, così anche la complessità delle esperienze comporta anzi una progettazione comune di percorsi in un’ottica di sistema: di istruzione, in alternanza, nella formazione professionale, nel lavoro o nell’ apprendistato, nel rientro a scuola. Il dovere preciso di ciascuna istituzione firmataria del patto educativo e del conseguente progetto è di poter ricostruire, documentare e certificare in qualsiasi momento, di fronte a qualsiasi scelta o istanza dell’allievo e della famiglia, la sua precisa situazione relativamente alle competenze acquisite. Il sistema dei crediti può trovare nel portfolio la documentazione e la continuità dei successivi percorsi di apprendimento: l’assolvimento dell’obbligo sarà documentato da un certificato che attesti gli studi effettuati e le competenze acquisite: “La sperimentazione di percorsi in alternanza deve inoltre prevedere in parallelo la sperimentazione di modalità di certificazione delle competenze che estendano la valutazione tecnica effettuata fino ad ora dal sistema formativo, al contesto aziendale di lavoro. Possono servire da riferimento alcune modalità di certificazione già diffuse a livello nazionale, quali il curriculum europeo, il portfolio delle competenze, ecc.” Con l’adozione dell’alternanza subiscono dei mutamenti l’impostazione didattica e i contenuti e nel piano formativo devono essere valorizzate le abilità trasversali, l’acquisizione di conoscenze e competenze che possano essere successivamente utilizzate in diversi contesti scolastici e formativi (capacità organizzativa, di lavoro in team, di assunzione di responsabilità). Questo documento consentirà in molti casi di definire le modalità del curricolo e la sua continuità e coerenza, sostituendo la necessità dell’esame integrativo, con colloqui o test sufficienti a riconoscere eventuali discontinuità e a orientare interventi integrativi mirati sulle caratteristiche specifiche del percorso di studi, anche nel mutare delle situazioni di apprendimento. Giova ricordare che le iniziative di integrazione non riguardano solo la fascia degli studenti a rischio di dispersione o inclini ad uscire dal sistema di istruzione, ma sono destinate a tutti gli studenti; bisogna, peraltro, evitare di incorrere nell’eccesso opposto, in quanto “l’esperienza di stage insegna che non sempre gli alunni con profitto più alto sono quelli che eccellono nelle esperienze/situazioni diverse, ove spesso emergono capacità organizzative e decisionali anche in ragazzi la cui applicazione scolastica sia parsa non eccellente”. Anche ai fini della certificazione delle competenze, tanto più nel caso dell’alternanza, vale la pena di prevedere una articolazione dell’attività scolastica in fasi diverse, caratterizzate da obiettivi specifici necessari per assicurare una proficua frequenza degli anni successivi del percorso scolastico e garantire nel contempo l'acquisizione di un insieme organico di conoscenze e competenze che si integrino con quelle già acquisite nell’iter precedente: a. una prima fase di orientamento o di approccio all’esperienza b. una seconda fase di prima professionalizzazione (primo approccio alle tecniche e ai processi di lavorazione), di sviluppo delle competenze, con azioni di sostegno utili a consolidare le scelte effettuate e a far emergere eventuale fabbisogno di ri-orientamento. Essendo prevista sul campo, l’applicazione pratica dà al modulo svolto un appeal che altrimenti sarebbe difficile da ottenere in classe con lezioni frontali c. Fase di professionalizzazione di secondo livello (inserimento nella realtà produttiva con competenze e compiti specifici); viene svolta in azienda, dove i giovani prendono contatto con la realtà aziendale in cui sono inseriti e con le problematiche relative agli argomenti trattati d. Fase della certificazione E’ importante comunque, in considerazione del fatto che l’esperienza formativa si colloca prevalentemente nel terzo e quarto anno, anche al fine di contrastare la tendenza alla demotivazione che alimenta il fenomeno della dispersione scolastica e di realizzare le condizioni affinché ogni studente possa raggiungere livelli formativi adeguati, mantenere i momenti di attività comune nella classe, in quanto il gruppo rappresenta per il ragazzo un punto di riferimento e sostegno importante. Acquista significato predisporre un modello di certificazione che sia in grado di attestare il percorso didattico ed educativo svolto e le competenze acquisite, a conclusione del periodo di istruzione in alternanza, anche nel caso di mancato conseguimento del diploma o della qualifica, da rilasciare all’alunno sulla base dell’accertamento dei livelli di rendimento, di formazione e di maturazione rilevati. Le esperienze trasferite dalle scuole a seguito delle iniziative di sperimentazione potranno consentire di disporre di materiali prodotti appositamente, come progetti, test, schede diagnostiche, griglie di rilevazione, report di attività individuali o di gruppo. Le collaborazioni in rete suggeriranno alcune indicazioni utili per realizzare gli interventi e introdurre i correttivi che si riveleranno opportuni. ALESSANDRO GATTO