oggetti e soggetti

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OGGETTI E SOGGETTI

Direttore
Bartolo A
Università degli Studi di Bari
Comitato scientifico
Ferdinando P
Università degli Studi di Bari
Mario S
Università degli Studi di Bari
Bruno B
Università degli Studi di Bari
Maddalena Alessandra S
Università degli Studi di Bari
Ida P
Università degli Studi di Bari
OGGETTI E SOGGETTI
L’oggetto e il soggetto sono i due poli che strutturano la
relazione critica secondo Starobinski. Il critico individua
l’oggetto da interpretare e in qualche modo lo costruisce, ma lo rispetta nella sua storicità e non può farne un
pretesto per creare un altro discorso in cui la voce dell’interprete copre la voce dell’opera. Ma d’altro canto egli non
si limita a parafrasare l’opera né ad identificarsi con essa,
ma tiene l’oggetto alla distanza giusta perché la lettura
critica produca una conoscenza nuova. In questa collana si
pubblicheranno contributi articolati sulla distinzione e sulla relazione tra gli « oggetti » e i « soggetti », ossia fra il testo
dell’opera o delle opere e la soggettività degli studiosi.
Małgorzata Ewa Trzeciak
L’esperienza estetica nello Zibaldone
di Giacomo Leopardi
Prefazione di
Joanna Ugniewska
Copyright © MMXIII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: settembre 
Indice

Prefazione
Joanna Ugniewska

Introduzione
Parte I
Zibaldone: un’opera sull’esperienza

Capitolo I
Esperienza e scrittura

Capitolo II
Un filo nella considerazione delle cose

Capitolo III
«Chi dubita, sa»

Capitolo IV
Il filosofo «dimezzato» e il filosofo «perfetto»
Parte II
La nascita dell’esperienza estetica: tre
contrapposizioni

Indice


Capitolo I
Questioni preliminari

Capitolo II
Prima contrapposizione: poesia e filosofia

Capitolo III
Seconda contrapposizione: natura e ragione

Capitolo IV
Terza contrapposizione: bello e vero
Parte III
Alcune nozioni estetiche nello Zibaldone

Capitolo I
Sistema di Belle Arti

Capitolo II
Imitazione e natura

Capitolo III
Imitazione, assuefazione, invenzione

Capitolo IV
Imitazione e esperienza estetica

Capitolo V
Il gusto e alcuni tipi di esperienza estetica
.. La grazia e la naturalezza,  – .. Il non so che e
l’indefinito,  – .. Il sublime e lo choc, .
Indice

Capitolo VI
La sprezzatura

Capitolo VII
«Il genio del bello» e l’entusiasmo

Parte IV
L’opera d’arte e la verità

Capitolo I
Estetica e conoscenza

Capitolo II
Le forme poetiche della verità

Capitolo III
«Le cose che non hanno né spirito né corpo»

Conclusioni

Bibliografia
Fonti primarie,  – Critica,  – Saggi su Leopardi,  –
Altri testi, .
Prefazione
Joanna Ugniewska
In questo studio puntuale e ben documentato Małgorzata Trzeciak ci guida con disinvoltura attraverso le oltre quattromila pagine del labirintico Zibaldone di pensieri
scegliendo come filo conduttore il tema dell’esperienza
estetica. Tuttavia, la sua ricerca non si limita soltanto allo Zibaldone, perché, laddove opportuno, cita ed esamina
anche altre opere di Leopardi, dimostrando un’eccellente
conoscenza dell’ormai smisurata bibliografia critica leopardiana. Benché agli albori del Novecento i primi studiosi
dello Zibaldone avessero notato l’originalità del pensiero
estetico di Leopardi, l’interesse per questo campo della riflessione del poeta scomparve per un lungo arco di tempo
lasciando spazio alle ricerche sulla filosofia della natura,
l’antropologia filosofica, il nichilismo, oppure alle indagini
più strettamente stilistico–letterarie. Questo studio rappresenta quindi indubbiamente il primo contributo critico
organico sull’esperienza estetica nel pensiero di Leopardi.
Lo studio è diviso in quattro parti che riguardano altrettante fondamentali questioni: l’analisi dello Zibaldone come testo
sull’esperienza in senso lato; l’esperienza estetica intesa come
risvolto di tre principali contrapposizioni: l’esperienza estetica
iscritta nelle coppie di categorie contrapposte poesia/filosofia,
natura/ragione, bello/vero; l’analisi delle nozioni estetiche
adoperate da Leopardi; il valore conoscitivo dell’opera d’arte.


Prefazione
Il punto di partenza è un tentativo di caratterizzare le
modalità di pensiero che Leopardi usa indipendentemente
dall’argomento specifico di volta in volta trattato. Basandosi sugli studi critici più importanti, l’autrice individua in
modo convincente i tratti distintivi del testo leopardiano
quali la discontinuità, la frammentarietà, il carattere aperto e i reciproci rapporti tra gli argomenti, che mettono
in luce la modernità dello Zibaldone come testimonianza letteraria fondamentale del passaggio dall’Illuminismo
al Romanticismo nella cultura europea. Frammentarietà,
paradosso e contrapposizione vengono analizzati come
componenti strutturali del pensiero in movimento, capace
di contraddirsi e di trovare in queste modalità di pensiero stimoli per un ulteriore sviluppo. Da qui deriva anche
l’impossibilità di sviluppare un Sistema di Belle Arti, che
rimane allo stato di abbozzo, perché un sistema di norme
oggettive viene sostituito dalla radicale soggettivazione
dell’esperienza estetica.
Nella seconda parte del saggio vengono analizzate le
principali contraddizioni, attorno alle quali si svilupperà
la riflessione estetica di Leopardi, come la contrapposizione tra poesia e filosofia e l’analisi profonda del contrasto tra natura e ragione che testimonia la crisi della
ragione moderna. La conclusione a cui la studiosa giunge
è particolarmente interessante, giacché, invece di valorizzare le categorie staticamente contrapposte, pone l’attenzione sulle categorie (quali l’esperienza e l’affinità) in
cui le contraddizioni si ricompongono e gli opposti si
incontrano.
La terza parte del lavoro mi sembra preziosa e originale perché oltrepassa le interpretazioni più diffuse delle
nozioni di natura, ragione, poesia, filosofia mostrando la
ricchezza delle categorie estetiche adoperate da Leopardi
Prefazione

nello Zibaldone. Ma ancor più importante è il processo
stesso che l’autrice analizza, cioè il passaggio dal classico
sistema normativo delle arti alla poetica moderna della
soggettivazione dell’esperienza estetica, volta a privilegiare
la funzione estetica del fruitore. La nozione dell’assuefazione che si contrappone alle idee innate svolge qui un
ruolo decisivo perché trasforma la fruizione dell’opera
in un’esperienza condizionata sia dal contesto sociale che
dalla disposizione psicologica.
Molto appropriate, precise e dettagliate sono anche le
analisi delle nozioni estetiche contrapposte al bello, che nel
XVIII secolo contestano la centralità di questa tradizionale
categoria a favore di nozioni più soggettive e indefinite: il
sublime di Kant e Burke; il gusto, cioè una nozione radicata nella soggettività del fruitore; la grazia; la naturalezza;
la categoria del “non so che”; la sprezzatura formulata per
la prima volta da Castiglione nel suo “Cortigiano” e intesa
come l’arte di nasconder l’arte in contrapposizione all’ostentazione e all’affettazione. Un capitolo a parte è stato
dedicato ai rapporti tra il genio e il gusto.
Il coronamento del saggio, ma anche del pensiero estetico di Leopardi è la parte quarta: L’opera d’arte e la verità.
Il punto di partenza è il rapporto tra l’estetica e la conoscenza, che nel Romanticismo privilegia l’arte come
forma suprema di conoscenza (viene delineata la linea
Kant–Fichte–Novalis che considera l’immaginazione la
principale forza motrice dell’arte, creativa e attiva).
Nella conclusione l’autrice riassume i risultati della propria indagine, ribadendo che lo Zibaldone rappresenta un’originale testimonianza del mutamento attuatosi nella storia
dell’estetica a cavallo tra Illuminismo e Romanticismo: il
passaggio da un rigido sistema di categorie statiche fondato
sulla centralità del bello alla soggettivazione delle nozio-

Prefazione
ni estetiche e al trasferimento del centro di gravità sul
fruitore.
Lo studio di Małgorzata Trzeciak rappresenta una profonda e originale sintesi dell’esperienza estetica così come
si presenta sulle pagine dello Zibaldone e si distingue non
solo per l’erudizione ma anche per la sottigliezza delle
analisi.
Introduzione
Tutto è male. Cioè tutto quello che è, è male; che ciascuna
cosa esista è un male; ciascuna cosa esiste per fin di male;
l’esistenza è un male e ordinata al male; il fine dell’universo
è il male; l’ordine e lo stato, le leggi, l’andamento naturale
dell’universo non sono altro che male, né diretti ad altro che
al male. Non v’è altro bene che il non essere, non v’ha altro
buono che quel che non è; le cose che non son cose: tutte
le cose sono cattive. Il tutto esistente; il complesso dei tanti
mondi che esistono; l’universo; non è che un neo, un bruscolo
in metafisica. L’esistenza, per sua natura ed essenza propria e
generale, è un’imperfezione, un’irregolarità, una mostruosità.
Ma quest’imperfezione è una piccolissima cosa, un vero neo,
perché tutti i mondi che esistono, per quanti e quanto grandi
che essi sieno non essendo però certamente infiniti né di
numero né di grandezza, sono per conseguenza infinitamente
piccoli a paragone di ciò che l’universo potrebbe essere se
fosse infinito; e il tutto esistente è infinitamente piccolo a
paragone della infinità vera, per dir così, del non esistente, del
nulla (Zib, :  aprile ).
In questo famosissimo passo dello Zibaldone, considerato dalla critica la «pura e perfetta poesia anche se non
scritta in versi» , il poeta apre e chiude il pensiero usando
. G. L, Zibaldone di pensieri, a cura di Rolando Damiani, Mondadori, Milano, , p. . D’ora in avanti ci si riferirà a questa edizione,
rinviando alle pagine dell’autografo leopardiano e aggiungendo la datazione,
se esplicitata da Leopardi.
. Mario Andrea Rigoni interpreta la citata pagina dello Zibaldone come
«pura e perfetta poesia anche se non è scritta in versi» scrivendo che «Leopardi
nel ’ dà voce, non soltanto filosofica ma anche poetica, allo scandalo


Introduzione
due parole opposte: «tutto» e «nulla». Queste due parole possono essere interpretate come l’apertura verso una
nuova percezione del mondo e la chiusura con le «illusorie» convinzioni attraverso le quali siamo in grado di
concepire il mondo, mentre, «il tutto esistente è infinitamente piccolo a paragone del nulla». Il pensiero si chiude
con la domanda: «Chi può conoscere i limiti della possibilità?» Non è una domanda retorica, né una di quelle
che Leopardi è solito porre per relativizzare la propria
posizione. La domanda viene istantanea dopo un discorso
che capovolge la concezione tutto è bene. Una concezione
che poneva l’uomo in mezzo all’universo viene distrutdel Tutto è male, anziché all’ipotesi Tutto è bene». Cfr. M. A. R, Sul
nulla e sulla negazione nel pensiero di Leopardi in: Giacomo Leopardi: poesia,
pensiero, ricezione. Nel bicentenario della nascita del poeta. Atti del Convegno
Internazionale di Barcellona, a cura di Maria de las Nieves Muñiz Muñiz, In
Su La, Barcellona, , p. , cfr. anche la nota , p. .
. «Non ardirei però estenderlo a dire che l’universo esistente è il peggiore degli universi possibili, sostituendo così all’ottimismo il pessimismo.
Chi può conoscere i limiti della possibilità?»; è interessante l’interpretazione
di questa domanda leopardiana del già citato Mario Andrea Rigoni il quale
scrive che «Il lettore, sviato dalle parole stesse dell’autore, è indotto a credere
che la riserva avanzata rappresenti un’attenuazione del pessimismo. Ma è
vero piuttosto il contrario. Se infatti non vi sono confini alla possibilità,
se dunque questo giardino–ospedale nel quale viviamo non è neppure il
peggiore dei mondi possibili, allora bisogna concludere semplicemente non
c’è termine all’orrore». Lo studioso scorge quindi che un valore conoscitivo
viene attribuito alla poesia non soltanto in A se stesso facendo riferimento
nella nota  a Cesare Galimberti ma anche a questa che chiama la «più
bella, più celebre e più nera» pagina dell’intero Zibaldone. Cfr. M.A. R,
op. cit., pp. –.
. «Il pensiero e la poesia di Leopardi sono un costante interrogare» scrive Cesare L in: Nichilismo e virtù nel percorso di Leopardi, in: Decifrare
Leopardi, Gaetano Macchiaroli Editore, Napoli, , p. .
. Per un recente approfondimento si veda M. M, L’officina delle
aporie. Leopardi e la riflessione sul male negli anni dello Zibaldone, Franco Angeli,
Milano, , p. .
Introduzione

ta , ma non è una negazione che mira ad una «chiusura»,
bensì ad un’«apertura» perché, come spiega Leopardi, i
nostri mali non contano, i mondi non sono infiniti, sono
per conseguenza infinitamente piccoli a paragone di ciò
che l’universo potrebbe essere se fosse infinito. Ma non lo
è. Infinito è solo il nulla. Il nulla come il fine e l’origine
di tutte le cose. Se la nostra esistenza è «un’imperfezione,
un’irregolarità» addirittura «una mostruosità», lo è soltanto perché l’esistenza è tutto dal nostro punto di vista;
tuttavia, questa «mostruosità» è solamente un «neo», un
bruscolo, una piccolissima cosa in rapporto al sistema della natura. Ciò che ci pare «mostruoso», infatti, è piccolo
perché possiamo concepire solo una piccolissima parte del
sistema. Ma come Leopardi arriva a questa concezione?
Grazie all’immaginazione, perché l’infinito, ovvero ciò
che «non–è», è un ostacolo alla mente umana, che ragio. Secondo Cesare Luporini Leopardi manipola in modo libero elementi del materialismo settecentesco su una trama generale che recupera
l’antico tema dell’eternità della materia in uno con quello della pluralità
dei mondi, che vengono distrutti in una successione «il cui senso e le cui
ragioni sono destinati a sfuggirci, perché si avverano in tempi cosmici del
tutto irrelati rispetto ai nostri, storico–umani, depositari della nostra limitata
memoria storica». Cfr. C. L, Assiologia e ontologia nel nichilismo di
Leopardi , in: op. cit., p. .
. «In somma il principio delle cose, e di Dio stesso, è il nulla» G.
L, Zib, :  luglio ; Cfr. anche S. Givone, Uno sguardo dal nulla,
in Storia del nulla, Laterza, Roma–Bari, , p. .
. Come spiega Alberto Frattini, «Leopardi ha parlato di “mostruosità”,
dal latino “monstrum” che indica un fenomeno contro natura, un prodigio che ammonisce (dal lat. monēre) sul volere degli dei, e dunque (. . . )
fatto straordinario che l’uomo subisce senza comprendere: entriamo così
nell’area semantica del “mistero”, appunto “l’orribile mistero delle cose e
dell’esistenza universale”». Crf. A. F Il poeta e l’arcano in: A. F,
G. G, S. S (a cura di) Ripensando Leopardi. L’eredità del
poeta e del filosofo alle soglie del terzo millennio, Edizioni Studiorum, Roma,
, p. .

Introduzione
na entro certi limiti, e l’immaginazione serve a superare
questo limite, a vedere le cose da un diverso punto di vista.
È vero che la visione della nullità delle cose distrugge il
senso dell’esistenza che l’uomo incessantemente sta cercando e che identifica con la verità. Ma la visione della
nullità delle cose distrugge anche la verità stessa, e se la
verità è il nulla, non può offrire nessuna salvezza all’uomo
moderno, al quale rimane soltanto la consolazione delle
«opere di genio», che anche se rappresentano la nullità
delle cose, secondo Leopardi, danno «vita» e «riaccendono
l’entusiasmo».
L’originalità del pensiero di Leopardi non è quindi una
negazione, un «capovolgimento» di una solida concezione del mondo, bensì un coraggioso tradurre questi pensieri nel linguaggio poetico, e farne nella sua poesia un
rispecchiamento valente, e con ciò cercare di procurare
all’uomo moderno un rimedio al «mal di vivere». Leopardi, un «pre–romantico», un romantico oppure un «post–
romantico», diffidente del razionalismo, ma mai irrazio. «se la verità è il nulla, è annientamento, nessuna salvezza può venire
dalla verità, neppure quella che consiste per i mortali nell’accettazione
della propria sorte a fronte della realtà svelata come non essere sub specie
aeternitatis. L’eternità è un simulacro, una finzione. La consapevolezza della
condizione umana che, in forma di disperazione, pretende di trovare un
ultimo fondamento nella verità, di fatto è destinata a essere a sua volta preda
del nulla» scrive Sergio Givone interpretando la posizione di Emanuele
Severino in: op. cit., p. .
. «Hanno questo di proprio le opere di genio, che quando anche
rappresentino al vivo la nullità delle cose, quando anche dimostrino evidentemente e facciano sentire l’inevitabile infelicità della vita (. . . ) tuttavia
(. . . ) servono sempre di consolazione, raccendono l’entusiasmo, e non
trattando né rappresentando altro che la morte, le rendono, almeno momentaneamente, quella vita che aveva perduta» (Zib, –:  Ottobre
).
. «Leopardi non è affatto un filosofo della identità (alla Schelling, per
Introduzione

nalista, è piuttosto un pensatore essenzialmente moderno
per il suo originale pensiero estetico raccolto nello Zibaldone, che cercherò di presentare in questo studio nato dalla
mia tesi di dottorato.
Dopo la pubblicazione del «diario» del poeta avvenuta
tra il  e , sono apparsi pionieristici studi volti a evidenziare l’originalità delle riflessioni estetiche di Giacomo
Leopardi; a questi studi, però, è seguita una sorta di lunga
eclissi delle ricerche dedicate a questo campo d’interesse
del poeta, eclissi che si è interrotta solo all’inizio degli anni
Novanta.
La critica del pensiero estetico del poeta inizia nel ,
quando apparve sul Giornale storico della letteratura italiana
lo studio di Emilio Bertana dedicato all’estetica di Leopardi,
intitolato La mente di Giacomo Leopardi in alcuni suoi “Pensieri della bella letteratura italiana” e di estetica, che affronta
i maggiori interessi estetici del poeta. Nel  Clemente Rebora pubblicò un interessante saggio sull’estetica di
Leopardi e, in particolare, sulla musica, dal suggestivo titolo Per un Leopardi mal noto. Nel  apparve la Scepsi
esteticadi Giuseppe Rensi in cui il filosofo dedica all’estetica di Leopardi il capitolo intitolato Lo scetticismo estetico del
Leopardi. Nel  apparve un saggio critico della giovane
studiosa Alfonsina Crispo D’Asdia, Il pensiero estetico di
Giacomo Leopardi, e nel  venne pubblicata postuma La
filosofia del Leopardi di un altro giovane studioso, Giovanesempio), ma al contrario un filosofo della differenza, e (anche in questo),
direi, piuttosto che un pre–romantico o un romantico, è idealmente, un
post–romantico (pur con tutta la cautela nel maneggiare questi «post», oggi
troppo abusati).» Cfr. C. L, op. cit., p. .
. Questo lavoro nasce da una tesi di dottorato discussa nel  presso il
Dipartimento d’Italianistica dell’Università di Varsavia di cui è stata relatrice
la prof.ssa Anna Tylusińska–Kowalska.
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