Scheda di lavoro n° 2 approfondimento Chi-sono-i

Chi sono i rifugiati
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Che cos’è l’Asilo?
L’asilo è un concetto che ha caratterizzato la storia e le tradizioni di molte società fin
dall’antichità. Durante tutto il corso della storia e in ogni regione del mondo, infatti, delle
persone hanno dovuto abbandonare le loro dimore per sfuggire a persecuzioni, conflitti
armati e violenze, mettendosi al sicuro altrove. La maggior parte delle religioni include
concetti come l’asilo, il rifugio, il ricovero e il sacro dovere dell’ospitalità per chi si trova in
difficoltà.
Per esempio, già alla metà del secondo millennio avanti Cristo, tra i vari governanti venivano
conclusi trattati con disposizioni per la protezione di persone in fuga da altri territori. Nella
stessa Grecia antica sono creati numerosi santuari religiosi come zone di asilo considerate
sacre e il cui territorio non poteva essere violato. Fino al XX secolo, però, non esistevano
norme universali per la protezione dei fuggiaschi, e le iniziative volte a proteggerli e assisterli
erano perlopiù localizzate e specifiche.
La parola asilo deriva dalla parola greca “ásylon” - composta dalla particella privativa “a” e dal
verbo “syláo” ossia catturare, violentare, devastare, e quindi letteralmente ha il significato di
“senza cattura”. Con il concetto di asilo si intende, in senso stretto, l’accoglienza di una
persona nel territorio di uno Stato dove trova protezione contro l’espulsione e/o il
respingimento (refoulement) verso un paese dove la sua vita o libertà potrebbero essere
minacciate. Tuttavia, non esiste una definizione universalmente accettata di asilo e l’asilo
moderno, benché accordato di norma per ragioni umanitarie, trova le sue origini nella
sovranità dello Stato e nel principio della supremazia territoriale.
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Un po’ di storia
Come già accennato, la storia dell’asilo è una storia antica, che da sempre si intreccia con
quella dell’umanità. Nel corso dei secoli, singole persone o popoli interi sono stati banditi o
hanno cercato asilo. Per esempio, due episodi di esilio sono stati storicamente fondamentali
per due delle tre grandi religioni monoteiste del mondo: la fuga della Sacra Famiglia (Maria,
Giuseppe, Gesù Bambino) dalla Palestina in Egitto per sfuggire alla persecuzione di Erode e
l’Egira, la fuga di Maometto dalla Mecca a Medina, inizio dell’era musulmana e punto di
partenza della reale propagazione dell’Islam.
Sono tanti i personaggi storici che hanno avuto un esperienza di asilo: tra gli esuli troviamo
infatti figure bibliche, come Abramo o Mosè; figure mitologiche come Enea, in fuga verso i lidi
italici, o Edipo, re di Tebe ed accolto come esule da Teseo ad Atene; ed ancora figure storiche
come Annibale, Dante o Machiavelli. Tra gli esuli più famosi dell’Ottocento troviamo musicisti
come Chopin, esule a Parigi, e Wagner, esule a Zurigo. Tra gli esuli italiani nello stesso periodo,
invece, vi sono nomi che hanno segnato la storia del nostro paese: Garibaldi, esule dall’Italia
per ben due volte, una prima volta a Marsiglia e in Brasile, in seguito negli Stati Uniti; Mazzini,
che trascorse quasi tutta la sua vita in esilio tra Francia, Svizzera e Inghilterra; e lo scrittore
Ugo Foscolo, morto in esilio in Inghilterra. Infine, tante sono le figure di spicco del 900. Tra i
molti esuli italiani costretti alla fuga dal regime fascista per le loro idee politiche ricordiamo
Luigi Einaudi, autorevole docente universitario ed economista liberale che si rifugiò in
Svizzera; Sandro Pertini, settimo presidente della Repubblica, perseguitato per il suo impegno
politico contro la dittatura di Mussolini che nel 1925 fu condannato a otto mesi di carcere e
costretto a un periodo di esilio in Francia per evitare una seconda condanna. Tra i tanti
rifugiati causati dalla Seconda Guerra Mondiale troviamo anche Sigmund Freud, padre della
psicoanalisi, costretto a rifugiarsi a Londra dalle persecuzioni naziste, ed Albert Einstein, esule
in Belgio e poi negli Stati Uniti. Per quanto riguarda il continente latinoamericano invece, dalla
fine della Seconda Guerra Mondiale agli anni ’80, diverse dittature militari hanno indotto
migliaia di persone a cercare asilo in altri paesi dell’America Latina o in Europa. Tra questi
esuli si contano molti prestigiosi scrittori, come Osvaldo Soriano, fuggito dall’Argentina; Pablo
Neruda, Luis Sepulveda ed Isabel Allende, fuggiti dal Cile; ed ancora Gabriel Garcìa Marquez,
scappato dalla Colombia. Lo stesso Steve Jobs era figlio di un rifugiato siriano fuggito negli
Stati Uniti.
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Accanto a questi personaggi storici ci sono i nomi ignoti di milioni di persone - uomini e donne
di ogni età e ceto sociale - costrette nel corso dei secoli a fuggire dai luoghi di origine, in cerca
di scampo e asilo, sotto la spinta di eventi epocali come la nascita e morte dei grandi regni e
imperi dell’antichità.
Nell’Età Moderna, con l’accresciuto potere della monarchia, il diritto di concedere asilo
divenne sempre più una prerogativa dello Stato con un corrispondente declino
dell’inviolabilità dell’asilo all’interno dei luoghi sacri. Fu in questo periodo che ebbe luogo un
vasto movimento di profughi collegato alle guerre di religione e alla repressione religiosa. Con
la scoperta dell’America nel 1492, le terre del Nuovo Mondo diventarono “terre di rifugio”
per migliaia di persone vittime soprattutto di persecuzioni religiose, come ad esempio i Padri
Pellegrini, puritani separatisti della Chiesa anglicana che si rifugiarono prima ad Amsterdam e
Leida, per poi partire a bordo della Mayflower verso il nuovo continente.
Dalla seconda metà del Settecento a tutto l’Ottocento, invece, con l’affermarsi dell’Età
Contemporanea, cominciò ad avere preminenza la categoria dei rifugiati in fuga da
persecuzioni politiche piuttosto che religiose. I conflitti legati alle rivoluzioni democratiche e
nazionali - tanto in Europa quanto nel continente americano - generarono una particolare
categoria di rifugiati, collegata alle opinioni politiche e all’appartenenza a determinate classi
sociali. Fra le prime ondate, la più nota è quella degli émigrés in fuga a causa della Rivoluzione
Francese del 1789. La stessa Rivoluzione Americana (1776-83) provocò un grande esodo tra i
Tories, sostenitori del mantenimento della sovranità britannica, che si trasferirono in Canada,
Nuova Scozia e altre parti dell’impero britannico. Tutto l’Ottocento fu caratterizzato da
movimenti alimentati soprattutto dai ranghi dei movimenti rivoluzionari e nazionalisti
sconfitti.
Ma fu la movimentata storia del Novecento, con le sue due guerre mondiali, a segnare la
storia dell’asilo fino a portare ad una ormai non più eludibile necessità di collaborazione
internazionale. Il Novecento, infatti, fu teatro del movimento di milioni di rifugiati causati dal
crollo dei grandi imperi (Impero di Russia, Austro-Ungarico e Ottomano), dalle persecuzioni
dei regimi nazisti e fascisti e dalla ridefinizione dei confini successiva alla fine dei due conflitti.
All’indomani della Prima Guerra Mondiale il numero dei profughi raggiunse dimensioni fino
ad allora sconosciute: 1.5 milioni di profughi fuggiti a causa della Rivoluzione Russa, centinaia
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di migliaia di profughi provenienti dalla Turchia, compresi gli armeni e gli assiri sfuggiti al
genocidio del 1915, e migliaia di profughi originati dalla guerra greco-turca del 1922.
Complessivamente in quegli anni si arrivò ad un movimento di profughi di circa 4 milioni di
persone!
La seconda guerra mondiale e il periodo dell’immediato dopoguerra provocarono il maggiore
esodo di popolazione della storia moderna. Nel maggio 1945 si valutava in oltre 40 milioni il
numero degli esuli in Europa. Tra il 1944 e il 1946, oltre 12 milioni di tedeschi lasciarono i
territori del Terzo Reich annessi dall’URSS e dalla Polonia; a loro volta 5 milioni di polacchi
dovettero lasciare le proprie case a causa della cessione di quei territori all’Unione Sovietica.
In aggiunta, oltre un milione di russi, ucraini, bielorussi, estoni, lettoni, lituani e persone di
altre nazionalità fuggirono dalle repressioni del regime stalinista.
La guerra fredda, che dal 1947 in poi divise l’Europa in due blocchi ideologicamente e
militarmente contrapposti influenzando la situazione geopolitica mondiale e determinando
tensioni e conflitti in vaste aree del globo, rappresentò un periodo segnato da significativi
flussi di rifugiati. In questi decenni si registrarono alcuni significativi esodi di persone che
lasciarono il proprio paese per sfuggire a conflitti. La repressione sovietica della rivolta
ungherese nel 1956, ad esempio, causò l’esodo di circa 200.000 rifugiati.
In seguito alla Guerra del Vietnam (1960 - 1975) e agli sconvolgimenti politici avvenuti in
quella regione, oltre 3 milioni di persone fuggirono dall’Indocina tra il 1975 e il 1995, molti dei
quali cercarono di raggiungere le coste di altri paesi del sudest asiatico con imbarcazioni di
fortuna (i cosiddetti boat people).
Durante gli 80, l’intensificarsi della guerra fredda portò al coinvolgimento delle superpotenze
in guerre civili in varie parti del mondo, con conflitti che causarono ondate di rifugiati e sfollati,
in particolare nel Corno d’Africa, in Asia e nel Centroamerica. La guerra seguita all’invasione
sovietica dell’Afghanistan nel 1979, per esempio, costrinse circa 6 milioni di afghani a fuggire
in Iran e Pakistan. In questo periodo, proliferò anche il numero dei grandi campi rifugiati.
Ulteriori movimenti di rifugiati furono causati dalle guerre di liberazione nel contesto del
processo di decolonizzazione del continente Africano e asiatico, che si accelerò negli anni 60,
e dai successivi conflitti civili nelle giovani repubbliche africane. Ad esempio, la guerra di
indipendenza algerina, che terminò con l’ottenimento dell’indipendenza dalla Francia nel
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1962, causò la fuga di centinaia di migliaia di persone in cerca di rifugio in Marocco e in
Tunisia. Nel 1971, invece, la guerra che portò all’indipendenza del Bangladesh provocò la fuga
in India di circa 10 milioni di rifugiati bengalesi, il più grande esodo di rifugiati della seconda
metà del XX secolo.
Per quanto riguarda il continente americano, invece, il rovesciamento del regime di Salvador
Allende in Cile nel 1973 e l’insediamento di una giunta militare in Argentina nel 1974,
generarono a loro volta migliaia di rifugiati.
Al termine della guerra fredda, lo sfaldamento dell’Unione Sovietica nel 1991 causò un
massiccio movimento di popolazione, che arrivò, nel corso degli anni 90, ad un numero di 9
milioni di persone. Tra questi spostamenti vi era anche il ritorno di coloro che si trovavano
fuori dal loro paese di origine in seguito alla creazione di nuove frontiere nazionali, e delle
migliaia di persone deportate da Stalin negli anni 40. Inoltre, nella prima metà del decennio,
i conflitti scoppiati nel Caucaso meridionale e in Asia centrale originarono un gran numero di
rifugiati e sfollati.
Sempre negli anni 90, si registrò la fuga in massa dei curdi dal nord dell’Iraq, dovuta alla
violenta repressione del governo iracheno di Saddam Hussein di una rivolta scoppiata alla fine
della guerra del Golfo. L’altra emergenza di grandi dimensioni si verificò nei Balcani, a causa
dei conflitti scoppiati a seguito della dissoluzione della Jugoslavia, che provocò la maggiore
crisi di rifugiati in Europa dopo la seconda guerra mondiale, in particolare a seguito della
guerra in Bosnia e di quella in Kosovo.
Infine, per quanto riguarda le emergenze di rifugiati dell’Africa durante gli anni 90, il genocidio
ruandese del 1994 causò l’esodo di oltre due milioni di persone verso lo Zaire, la Tanzania, il
Burundi e l’Uganda. Inoltre, il conflitto civile somalo del 1991, causò a sua volta l’esodo in
massa di rifugiati verso gli altri paesi della regione.
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Un lungo percorso della comunità internazionale
L’asilo, come visto in precedenza, ha una storia lunga e dinamica. Nato come forma di
accoglienza nella tradizione dei popoli nomadi e di molte società antiche, si sviluppa in seguito
come nozione di luogo sacro nella tradizione greco-romana, per divenire poi istituzione
religiosa nella tradizione cristiana e atto umanitario di sovrani e Repubbliche durante il
Medioevo. Ma è con l’inizio dell’Età Moderna che l’asilo inizia a perdere i suoi connotati
religiosi per diventare espressione della sovranità dello Stato e rivendicazione del principio di
supremazia territoriale. La parola asilo diventa così progressivamente un concetto giuridico
che nel corso del Novecento trova adeguata collocazione non solo negli strumenti
internazionali elaborati nel periodo tra le due guerre mondiali e in quello successivo alla fine
della seconda, ma anche nelle Costituzioni dei molti paesi europei e non.
Saranno proprio gli eventi che hanno caratterizzato la storia del Novecento a cambiare
profondamente la storia dell’asilo attribuendogli appunto una nuova dimensione
internazionale. La nascita del moderno sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati come sistema combinato di protezione giuridica e assistenza materiale - coincide con la
nascita della Società delle Nazioni (28 aprile 1919), la prima organizzazione intergovernativa,
creata all’indomani della Prima Guerra Mondiale, con lo scopo di salvaguardare la pace
mondiale. Sempre all’indomani della Prima Guerra Mondiale milioni di profughi portarono
alla luce la necessità di un intervento urgente da parte della Società delle Nazioni che nel 1921
nominò lo scienziato, naturalista e diplomatico norvegese Fridtjof Nansen come primo Alto
Commissario per i Rifugiati. Nansen si assunse la responsabilità di definire lo status giuridico
dei rifugiati russi e di organizzare il loro inserimento lavorativo nei paesi ospitanti, oppure il
loro rimpatrio. Tra molte cose, ideò anche il cosiddetto Passaporto Nansen, uno speciale
documento d’identità/viaggio per rifugiati ed apolidi.
All’indomani dei terribili eventi che hanno caratterizzato la Seconda Guerra Mondiale, con i
conseguenti movimenti di popolazione nel continente europeo devastato dalla guerra,
risultava ancora più evidente la necessità di una collaborazione internazionale tra gli Stati.
Questo fu, infatti, un periodo ricco in termini di affermazione del diritto internazionale, con
la creazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) nel 1942 e la Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo nel 1948 che, tra gli altri diritti, nell’art. 14 sostiene che ogni
individuo ha diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni.
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Inoltre, nel 1943, fu creata l’Amministrazione delle Nazioni Unite per i soccorsi e la
ricostruzione (Unrra), con il compito di assistere le persone costrette dalla guerra ad
abbandonare le loro case, che fu sostituita nel 1947 dall’Organizzazione internazionale per i
rifugiati (Iro).
Tuttavia, lo strumento internazionale più importante in materia di rifugiati fu firmato a
Ginevra il 28 luglio del 1951, ossia la Convenzione delle Nazioni Unite sullo status dei
rifugiati. La Convenzione non solo prevede la protezione dei rifugiati dal rischio di
refoulement verso un paese dove sarebbe a rischio la loro vita, ma stabilisce per essi una serie
di diritti che coprono tutti gli aspetti fondamentali della loro vita. Inoltre, per la prima volta,
un accordo internazionale contiene una definizione di rifugiato, che oggi è riconosciuta a
livello universale.
Secondo la Convenzione infatti, è rifugiato chi “temendo a ragione di essere perseguitato per
motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un particolare gruppo sociale o per le
sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa
di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo una
cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di siffatti
avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra.”
La Convenzione del 1951 ha finora raccolto l’adesione di 145 Stati nel mondo. Concomitante
alla sua adozione è stato creato un organismo sovranazionale, l’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Anche se la responsabilità principale in materia di
protezione e assistenza dei rifugiati spetta agli Stati, l’UNHCR ha un importante ruolo in
quanto promuove e verifica il rispetto della Convenzione da parte degli stati stessi e
garantisce protezione internazionale ed assistenza materiale ai rifugiati in ogni parte del
mondo, in stretta cooperazione con le organizzazioni intergovernative e non.
Altra norma fondamentale della convezione è l’art. 33 il quale stabilisce il principio di non
respingimento (non-refoulement) dei rifugiati verso le frontiere di paesi dove la loro vita o
libertà sarebbero minacciate, ed è uno dei pochi principi ai quali non si può porre riserva.
Prima dell’adozione della Convenzione l’unico modo per dare assistenza a coloro che
potevano essere in pericolo in caso di ritorno nel paese di origine era tramite accordi ad hoc.
In questi casi il riconoscimento della condizione di rifugiato era limitata a determinati gruppi
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nazionali, per i quali venivano create strutture di supporto specifiche. Una volta cessata la
condizione di insicurezza sia l’accordo che la struttura di supporto esaurivano le loro funzioni,
con dissolvimento dell’uno e dell’altra.
Quando fu elaborata la Convenzione del 1951, numerosi Stati si preoccuparono di non
assumere obblighi di cui non potevano prevedere la portata. Ciò portò all’inserimento di due
limitazioni, una temporale ed una geografica, per cui fu inserita la data limite del 1° gennaio
1951 che limitava gli obblighi dei governi alle persone che a quella data erano già rifugiate e
a coloro che in seguito potevano diventarlo per effetto di avvenimenti accaduti prima di
quella data. Analogamente, la Convenzione del 1951 aveva dato agli Stati contraenti la
possibilità di limitare i loro obblighi in termini geografici, cioè riservandoli a coloro che erano
divenuti rifugiati in seguito ad avvenimenti occorsi in Europa. Tuttavia, col passare del tempo
nuove crisi che riproponevano il problema dei rifugiati hanno determinato l’esigenza di
estendere a questi ultimi la Convenzione. Per questa ragione è stato adottato il Protocollo
relativo allo status dei rifugiati del 1967 che eliminò la data del 1° gennaio 1951 come limite
temporale e l’Europa come limite geografico, estendendo i diritti elencati nella Convenzione
a tutti i rifugiati del mondo.
Nonostante l’importanza della Convenzione del 1951 e del Protocollo del 1967, essi non
impongono agli Stati parte l’obbligo di dare accoglienza ai richiedenti asilo, nè disciplinano
una specifica procedura da seguire per la determinazione dello status di rifugiato, lasciando
quindi ai Governi dei paesi il compito di stabilire come intervenire rispetto a questi due ambiti.
Successivamente alla Convenzione del 1951 e al Protocollo del 1967 saranno adottati altri due
strumenti
internazionali
regionali
di
notevole
importanza:
la
Convenzione
dell’Organizzazione dell’Unità Africana del 1969, che include un articolo specifico sui
rifugiati; e la Dichiarazione di Cartagena sui rifugiati del 1984, adottata nell’ambito del
colloquio sulla protezione internazionale dei rifugiati in America Centrale, Messico e Panama.
Questi due atti internazionali sono molto importanti perché estendono la definizione di
rifugiato a coloro che pur non temendo una persecuzione individuale fuggono da contesti di
violenza generalizzata.
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Una parentesi sull’apolidia
Un altro tema importante da considerare quando parliamo di protezione internazionale è
quello dell’apolidia. Gli apolidi sono persone che nessuno Stato considera come cittadini in
base al proprio ordinamento e, dunque, può definirsi apolide qualsiasi persona priva di
cittadinanza fin dalla nascita oppure che, avendone una, ne è stata privata (es. in seguito ad
eventi politici o bellici).
Il diritto della persona alla cittadinanza è un diritto fondamentale, riconosciuto dall’articolo
15 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dall’articolo 4 della Convenzione
europea sulla nazionalità del 1997, diritto che non viene riconosciuto all’apolide. Una persona
apolide, priva del riconoscimento ufficiale del proprio status da parte delle Autorità del Paese
in cui vive abitualmente, può incontrare difficoltà ad accedere alle cure sanitarie e agli studi;
non ha accesso all’assistenza sociale, né al mercato del lavoro; non ha libertà di movimento;
non può sposarsi. Essa vive una situazione di perenne irregolarità di soggiorno e può, di
conseguenza, essere soggetta a periodi di detenzione amministrativa e ad ordini di
espulsione.
Per far fronte ai problemi degli apolidi, nel 1954 viene adottata la Convenzione sullo status
degli apolidi per molti versi simile nei contenuti alla Convenzione del 1951 sui rifugiati, e nel
1961 la Convenzione sulla riduzione dell’apolidia.
L’UNHCR stima che, alla fine del 2014, gli apolidi nel mondo abbiano raggiunto un numero di
circa 10 milioni!
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Il caso particolare dell’Europa e la storia di un percorso comunitario.
La nascita dell'Unione Europea (UE) come la conosciamo oggi risale al 1992, con il trattato di
Maastricht. Questi sono gli anni seguenti la fine della guerra fredda segnata dalla caduta del
muro di Berlino, anni quindi di grandi cambiamenti che tra le altre cose causarono un enorme
afflusso di rifugiati in Europa, principalmente dovuti ai conflitti nei Balcani. Questo particolare
contesto politico ha fatto emergere il bisogno e la volontà di una collaborazione più stretta
tra i vari Stati membri dell’UE, anche in materia di asilo.
Il primo passaggio è stato nel 1990 la firma della cosiddetta Convenzione di Dublino che
stabilisce i criteri per determinare quale sia lo Stato competente per l'esame di una domanda
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di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri della Comunità Europea da
un cittadino di un paese terzo (entrata in vigore nel 1997). Questa Convenzione è frutto della
volontà dei vari Stati di collaborare tra loro per garantire che tutte le richieste di asilo in
Europa siano esaminate, evitando che una domanda d’asilo venga esaminata da più stati
contemporaneamente e che, al contrario, si verifichi il cosiddetto fenomeno dei “rifugiati in
orbita” (persone che vengono rinviate da uno stato all’altro perché nessuno di essi si dichiara
competente ad esaminare la domanda).
La volontà da parte dei paesi dell’UE di intraprendere un percorso comune in relazione
all’asilo iniziò a concretizzarsi nel 1999, con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam che
permise agli Stati membri di adottare misure legalmente vincolanti in materia di asilo e
politiche migratorie, dando inoltre alla Commissione Europea un importante ruolo nella fase
di avviamento della legislazione. Tra il 1999 e il 2005, infatti, ebbe luogo quella che viene
identificata come la prima fase della creazione del Sistema Europeo Comune di Asilo (CEAS),
nella quale diversi provvedimenti legislativi vennero adottati con lo scopo di arrivare a
standard minimi comuni e princìpi essenziali per armonizzare il sistema.
Con il Trattato di Lisbona, firmato nel 2007 ed entrato in vigore nel 2009, ebbe inizio la
seconda fase di sviluppo del CEAS: l’obiettivo dell’UE non fu più semplicemente l'istituzione
di norme minime, bensì la creazione di un sistema comune che comporti status e procedure
uniformi. Un’ulteriore importante evoluzione di questa fase fu il Programma di Stoccolma,
adottato dal Consiglio europeo nel 2009 per il periodo 2010-2014, che sottolineò la necessità
di promuovere un'effettiva solidarietà con gli Stati membri sottoposti a particolari pressioni e
il ruolo importante che avrebbe dovuto svolgere il nuovo Ufficio europeo di sostegno per
l'asilo.
Grazie a questo processo sono state stabilite nuove leggi a livello europeo, in seguito adottate
dalle legislazioni nazionali di ogni Stato membro. Nell’ambito del Sistema Comune Europeo di
Asilo, i provvedimenti più importanti sono: 4 direttive che rispettivamente stabiliscono le
norme minime per la protezione temporanea, per l’accoglienza dei richiedenti asilo, per
l’attribuzione della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, e per le procedure
per il riconoscimento della protezione internazionale; il Regolamento Dublino, modificato nel
2013, che come abbiamo visto stabilisce i criteri per determinare quale sia lo stato
competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri; infine
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il sistema Eurodac che stabilisce un database europeo comune dei dati foto-dattiloscopici di
coloro che richiedono asilo politico e di coloro che sono entrati irregolarmente nel territorio
dell'Unione Europea.
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Ed oggi?
Abbiamo parlato molto dei rifugiati del passato e dei più importanti movimenti di persone
che hanno caratterizzato la nostra storia. Ma qual è la situazione attuale?
Alla fine del 2014, le persone costrette a fuggire dalle loro case raggiungevano quasi i 60
milioni, 8.3 milioni in più rispetto all’anno precedente, implicando l’incremento annuale più
alto mai registrato. Di questi, 19.5 milioni erano rifugiati, 38.2 milioni sfollati interni e 1.8
milioni richiedenti asilo. Parliamo di un numero di persone più o meno pari a quello della
popolazione dell’Italia o del Regno Unito. Persecuzione, conflitti, violenze o violazione dei
diritti umani hanno quindi creato una “nazione di sfollati” che se fossero un paese, sarebbero
il ventiquattresimo paese più grande del mondo!
Solo nel corso dell’anno 2014 una di stima di quasi 14 milioni di persone sono fuggite dal loro
paese a causa di conflitti o persecuzione. Tra questi ben 11 milioni erano sfollati interni, ossia
persone che hanno cercato rifugio entro i confini del proprio paese, e i rimanenti 3 milioni
erano nuovi rifugiati. Inoltre, dobbiamo tener conto che da questi numeri sono esclusi gli
apolidi che nel 2014 si stima fossero ben 10 milioni.
I minori di 18 anni hanno costituito il 51% del numero totale dei rifugiati nel 2014, implicando
una crescita del 41% rispetto al 2009 e la cifra più alta in più di un decennio. Per quanto
riguarda invece donne e ragazze, hanno costituito nel 2014 il 50% del numero totale dei
rifugiati, con un incremento graduale rispetto al 2001, quanto costituivano il 48% della
popolazione rifugiata totale.
Ma da dove provengono tutti questi rifugiati? Più della metà provengono da solo tre nazioni:
Siria, Afghanistan e Somalia. La guerra civile che sta affliggendo la Siria dal 2011, che ha già
causato almeno 250 mila vittime , è una delle maggiori cause del continuo aumento del
numero dei rifugiati nel mondo. Con una popolazione nazionale pari a 17.8 milioni, si stima
che almeno 7.6 milioni di questi siano sfollati nel loro paese e quasi 4 milioni siano rifugiati in
altri paesi. L’Afghanistan, invece, è il paese nel quale la situazione di insicurezza si protrae da
più tempo. Per oltre trent’anni l’Afghanistan ha mantenuto il primato di paese d’origine con
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il più alto numero di rifugiati, per la maggior parte rifugiati in Pakistan ed Iran. Il triste primato
è stato preso nel 2014 dalla Siria. Terzo paese per numero di rifugiati (circa 1 milione) è la
Somalia, a causa di una guerra civile che si protrae da oltre vent’anni provocando una delle
più gravi crisi umanitarie nel mondo. Inoltre, altre zone dell’Africa sono tutt’ora teatro di
continua violenza, violazioni dei diritti umani e conflitti armati che costringono alla fuga
centinaia di migliaia di persone, soprattutto dal Sud Sudan, dalla Repubblica Centrafricana,
dall’Eritrea e dal Congo. Infine, la recente crisi in Ucraina ha causato la fuga di centinaia di
migliaia di persone che hanno cercato rifugio altrove.
Ma dove vanno tutti questi rifugiati? Spesso sentiamo parlare di crisi migranti nel nostro
paese, ma in realtà l’86% dei rifugiati è ospitato da paesi in via di sviluppo. I primi cinque paesi
al mondo per numero di rifugiati ospitati sono rispettivamente Turchia (1.59 milioni), Pakistan
(1.51 milioni), Libano (1.15 milioni), Iran (982 mila) ed Etiopia (659.500 mila). In particolare, il
Libano ospita il maggior numero di rifugiati in relazione alla sua popolazione nazionale, con
232 rifugiati ogni 1000 abitanti. In confronto in Italia il numero di rifugiati è di circa 93 mila.
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Bibliografia
Ferrari Giovanni, L’Asilo nella Storia, Roma, 2005, disponibile su www.unhcr.it/risorse/studie-ricerche
Ferrari Giovanni, L’Asilo nel Diritto Internazionale, Roma, 2005, disponibile su www.unhcr.it/
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Ferrari Giovanni, La convenzione sullo status dei rifugiati: aspetti storici, Roma, 2005,
www.unhcr.it/risorse/studi-e-ricerche
UNHCR, I Rifugiati nel Mondo: Cinquant’anni di azione umanitaria, Oxford, Oxford University
Press, 2000.
UNHCR, Global Trends: Forced Displacement in 2014, Ginevra, UNHCR, 2015
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