Research paper : Perspectives on the contribution of genetics

468
Prospettive
Recenti Prog Med 2011; 102: 468-475
Il contributo della genetica alla patogenesi del diabete mellito di tipo 2
Antonio Brunetti, Eusebio Chiefari, Daniela Foti
Riassunto. Il diabete mellito di tipo 2 (DM2) è un disordine
endocrino-metabolico comune, spesso associato alla presenza di sovrappeso o di obesità. Si tratta di una malattia
complessa determinata dalla combinazione di più fattori
genetici predisponenti e di fattori ambientali che, spesso,
interagiscono tra di loro causando alterazione della secrezione insulinica beta-cellulare e resistenza insulinica nei tessuti periferici. La resistenza all’insulina è il tratto caratteristico di gran parte dei pazienti con DM2 e obesità e si traduce in una ridotta risposta dei tessuti bersaglio (muscolo,
fegato e tessuto adiposo) sia all’insulina endogena sia a
quella esogena. Ci sono prove considerevoli che l’ereditarietà svolga un ruolo importante nello sviluppo della resistenza insulinica che caratterizza il DM2. Inizialmente, nei
soggetti destinati a sviluppare il diabete, le cellule beta del
pancreas sono capaci di compensare la ridotta risposta dei
tessuti all’insulina, aumentando la secrezione di questo ormone così da mantenere una normale tolleranza al glucosio. Quando le cellule beta non riescono più ad operare
questo compenso, si sviluppa la malattia.
Nonostante i numerosi studi effettuati in questi ultimi
anni, le reali cause genetiche dell’insulino-resistenza e del
DM2 non sono state ancora chiaramente delucidate. Mediante studi di linkage e “genome-wide” sono stati identificati diversi geni associati a DM2, quali il TCF7L2, ritenuto, fino a non molto tempo fa, il gene più importante tra quelli
predisponenti al DM2. D’altra parte, numerosi geni candidati sono stati analizzati alla ricerca di varianti genetiche
che aumentano la suscettibilità al DM2. Diverse varianti sono state identificate in molti di questi geni, compreso il gene del recettore dell’insulina, INSR, e altri geni coinvolti nell’adipogenesi e nella secrezione insulinica beta-cellulare. In
questo contesto, recentemente, il nostro gruppo ha identificato un nuovo gene coinvolto nella patogenesi della resistenza insulinica e del DM2: il gene HMGA1. Varianti genetiche funzionali del gene HMGA1, in grado di ridurre i livelli intracellulari di INSR nei tessuti bersaglio dell’insulina, sono state riscontrate nel 10% degli individui affetti da DM2 in
tre popolazioni distinte: italiana, nord americana e francese.
Perspectives on the contribution of genetics to the pathogenesis of type 2 diabetes mellitus.
Parole chiave. Analisi di linkage, diabete mellito di tipo 2,
GWAS, HMGA1, insulino-resistenza, recettore insulinico, suscettibilità genetica.
Key words. Genetic susceptibility, GWAS, HMGA1, insulin
receptor, insulin-resistance, linkage analysis, type 2 diabetes
mellitus.
Summary. Type 2 diabetes mellitus (DM) is a common
metabolic-endocrine disorder often associated with overweight or obesity. It is a complex disease determined by
both predisposing genetic factors and non-genetic environmental factors and interactions between them, leading
to impaired beta-cell insulin secretion and peripheral insulin resistance. Insulin resistance is a prominent feature of
most patients with type 2 DM and obesity, resulting in a reduced response of target tissues (muscle, liver and fat) to
both endogenous and exogenous insulin. There is considerable evidence that heredity is a major contributor to the
insulin resistance of type 2 DM. Initially, among those destined to develop diabetes, the beta cells of the pancreas
compensate with increased insulin secretion to maintain
normal glucose tolerance. Type 2 DM develops when beta
cells fail to compensate.
Despite of the numerous studies in the recent years, the
actual genetic causes of insulin resistance and type 2 DM
have not yet been clearly elucidated. Through linkage and
“genome-wide” studies, genes were identified most frequently associated with type 2 DM, such as TCF7L2, considered, until recently, the most important gene among those
predisposing to type 2 DM. On the other hand, numerous
candidate genes have been analyzed for genetic variants
that increase susceptibility to type 2 DM. Several variants
have been identified in many of these genes, including the
insulin receptor gene, INSR, and other genes involved in adipogenesis and beta-cell insulin secretion. In this context,
recently our group has identified a new gene involved in
the pathogenesis of insulin resistance and type 2 DM: the
HMGA1 gene. Functional genetic variants of the HMGA1
gene, capable of reducing the intracellular levels of INSR in
insulin target tissues, were found in 10% of patients with
type 2 DM in three distinct populations: Italian, North American and French.
Cattedra di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze della Salute, Università Magna Græcia, Catanzaro.
Pervenuto il 26 luglio 2011.
A. Brunetti et al.: Il contributo della genetica alla patogenesi del diabete mellito di tipo 2
Introduzione
zare le calorie disponibili9. La diffusione dello stile
di vita occidentale nei paesi in via di sviluppo spiega, altresì, l’esplosione epidemica della malattia1,2.
Dati epidemiologici consistenti mostrano come la
distribuzione spaziale e temporale del DM2 nelle
aree geografiche prese in esame sia perfettamente
sovrapponibile all’andamento del sovrappeso e dell’obesità10. Infatti, l’eccesso ponderale causa insulino-resistenza, che rappresenta la tappa iniziale
nella storia naturale del DM2. Inizialmente, nei
soggetti destinati a diventare diabetici, le cellule
beta-pancreatiche compensano l’insulino-resistenza con un’aumentata secrezione di insulina, assicurando così l’euglicemia post-prandiale11. L’iperglicemia nei soggetti insulino-resistenti si sviluppa
in seguito, cioè quando la cellula beta non è più in
grado di compensare con un’adeguata secrezione di
insulina. Pertanto, sul piano fisiopatologico, il DM2
è sostenuto da un duplice difetto: da una parte, la
riduzione dell’effetto dell’insulina a livello dei tessuti periferici insulino-sensibili; muscolo, fegato e
tessuto adiposo; dall’altra, il deficit di secrezione insulinica da parte delle cellule beta-pancreatiche.
Come documentato da numerosi studi in letteratura12,13, entrambi i difetti sono il risultato di una
complessa interazione tra fattori genetici e fattori
ambientali (figura 1). Il coinvolgimento, nella patogenesi del DM2, di più geni che interagiscono fra
loro in maniera epistatica spiega perché, malgrado
l’ingente sforzo profuso, l’identificazione di determinanti genetici responsabili di una maggiore suscettibilità a sviluppare la malattia risulti, a tutt’oggi, complessa14,15.
Il diabete mellito di tipo 2 (DM2) è un disordine endocrino-metabolico che interessa attualmente circa 350 milioni di individui nel mondo, con
un’incidenza in rapido e progressivo aumento1,2.
Tra i fattori determinanti di questo trend in costante aumento, sono fattori genetici e ambientali,
responsabili di un bilancio energetico positivo derivante da un eccesso di assunzione calorica alimentare oppure da un ridotto dispendio energetico da eccesso di sedentarietà. La malattia spesso
si associa a gravi complicanze a lungo termine tra
cui la retinopatia, l’insufficienza renale e le malattie cardiovascolari che sono tra le più frequenti
cause di mortalità e di morbilità nelle persone affette, per la cui prevenzione e cura sono richieste
cospicue risorse finanziarie3.
Il DM2 si presenta come patologia eterogenea e
complessa, in cui i fattori genetici (predisponenti) e
quelli ambientali (precipitanti) interagiscono nel
determinare la comparsa dell’iperglicemia che costituisce la prima alterazione metabolica specifica
del DM24,5. La componente genetica del DM2 è fortemente supportata da una serie di evidenze e, in
primo luogo, dalla forte aggregazione familiare della malattia. Infatti, il rischio di sviluppare il DM2
è del 40% per chi ha un genitore affetto (maggiore
se è la madre rispetto al padre) e del 70% per chi ha
entrambi i genitori diabetici6. Il più alto rischio nei
parenti di primo grado, rispetto alla popolazione generale, persiste anche dopo l’allontanamento dal
nucleo familiare di origine, in seguito, per esempio,
ad adozione. Inoltre, nei gemelli monozigoti (dotati di
identico patrimonio genetico) la concordanza della malattia si avvicina al 100%,
mentre è molto più bassa
nei gemelli dizigoti, non
identici7. Infine, la presenza
di una predisposizione genetica nel DM2 è supportata
dal riscontro di una diversa
prevalenza di malattia nei
diversi gruppi etnici, anche
dopo migrazione e conseguente esposizione a fattori
ambientali differenti8.
I fattori ambientali predisponenti al DM2 sono altrettanto ben documentati.
Essi sono sostenuti essenzialmente da un aumentato
apporto calorico e dalla sedentarietà, condizioni frequenti nelle popolazioni a
più alto tenore di vita, che
conducono all’eccesso pondeFigura 1. Meccanismi patogenetici del DM2. Il DM2 è una malattia multifattoriale alla cui patogerale e all’obesità, agendo su
nesi, secondo lo schema illustrato, concorrono fattori ereditari multigenici ed elementi ambientali
un substrato genetico seleche interagiscono tra di loro a vari livelli, causando, da una parte, insulino-resistenza, dall’altra il deficit di secrezione di insulina: i due elementi chiave nella patogenesi del DM2.
zionatosi nell’arco dei millenni, allo scopo di tesauriz-
469
470
Recenti Progressi in Medicina, 102 (12), dicembre 2011
Studi genetici
Nel corso degli ultimi anni, vari Centri di ricerca internazionali si sono impegnati nello studio e
nell’identificazione dei geni predisponenti al DM2,
utilizzando diverse metodiche di indagine. L’analisi di linkage è stata impiegata per individuare potenziali geni associati alla malattia, partendo dall’analisi di nuclei familiari, e quindi studiando un
numero ristretto di individui geneticamente correlati fra loro. La genotipizzazione per un gruppo di
marcatori genetici dei familiari affetti da DM2, rispetto ai non affetti, ha consentito di identificare
regioni del DNA contenenti loci associati alla malattia. Grazie a questa metodica, è stata inizialmente individuata l’associazione del DM2 con il gene della calpaina-10 (CAPN10)16 e, in seguito, l’associazione con il fattore di trascrizione TCF7L217,
le cui varianti genetiche, negli individui affetti, aumentano di circa 1,5 volte il rischio di malattia diabetica15.
Un altro approccio utilizzato è stato la ricerca di
varianti genetiche nell’ambito di geni candidati, distinguendo tra geni candidati per funzione, cioè geni che codificano per una proteina con importanti
implicazioni sull’omeostasi glucidica, e geni candidati per posizione, ossia quelli derivanti da un precedente studio di linkage. Questa strategia sperimentale si applica a studi di popolazione piuttosto
che a studi di famiglie. Lo studio dei geni candidati per funzione rappresenta un punto di forza di
questa strategia poiché il meccanismo patogenetico dell’eventuale anomalia genetica sarebbe facilmente spiegabile. Il limite di questa strategia, invece, è costituito dal fatto che essa permette di focalizzare l’attenzione su un singolo gene alla volta.
Sebbene molti studi abbiano riportato associazioni
di geni candidati per funzione o per posizione col
DM2, solo alcuni di questi hanno mostrato un’associazione significativa e riproducibile con la malattia (tabella 1 alla pagina di fronte).
A partire dal 2007, la lista dei geni-malattia si
è arricchita notevolmente, grazie soprattutto agli
studi di GWAS, acronimo per Genome Wide Association Study (studio di associazione dell’intero genoma), una tecnica in grado di analizzare la ricorrenza di migliaia di varianti genetiche su larghe
popolazioni. Questa strategia sfrutta un database
di oltre un milione di varianti genetiche note, le
quali rappresenterebbero la gran parte di tutte le
varianti comuni [frequenza allelica minore (MAF)
>5-10%], offrendo così la possibilità di analizzare
contemporaneamente migliaia di varianti in un
elevato numero di pazienti e di effettuare studi di
metanalisi sui risultati ottenuti da studi multicentrici. Questa metodologia ha contribuito ad
identificare decine di nuove associazioni tra il DM2
e geni a funzione nota o ignota (tabella 1)18-40, confermando, tra l’altro, alcuni dei dati precedentemente ottenuti con le altre tecniche di studio. Tuttavia, malgrado il notevole potenziale di questo
nuovo approccio, oggi si stima che le varianti genetiche identificate mediante GWAS spieghereb-
bero soltanto il 10% dell’ereditabilità del DM241.
Questi risultati relativamente modesti possono essere spiegati tenendo conto di alcuni importanti limiti della strategia medesima, come ad esempio il
coinvolgimento di varianti genetiche nuove, non
ancora contemplate nel database dei GWAS, o la
presenza di varianti genetiche con frequenza inferiore al valore soglia minimo. Questo significa che
i geni finora identificati mediante GWAS costituiscono solo la punta di un iceberg e che il DM2, lungi dall’essere una patologia inquadrabile in poche
forme geneticamente e fenotipicamente prevalenti, comprende in realtà un gruppo eterogeneo di disordini geneticamente distinti14.
In molti degli studi genetici fin qui condotti si
è anche cercato di definire il meccanismo funzionale con il quale il gene di volta in volta associato
alla malattia aumenta la suscettibilità genetica al
DM2. A tal proposito, i limiti intrinseci sia all’analisi di linkage che agli studi di GWAS sono
amplificati dal fatto che, nella maggior parte dei
casi, le varianti genetiche identificate risultano localizzate in regioni non codificanti del DNA, per
cui diventa ancora più difficile poter risalire al
ruolo funzionale del gene associato nello sviluppo
della malattia. Nei casi in cui è stato possibile risalire ad un meccanismo patogenetico, per esempio attraverso lo studio di associazione con i livelli circolanti di insulina o grazie a studi diretti sulla proteina prodotta dal gene in esame, si è visto
che la maggior parte dei geni identificati è coinvolta nella secrezione pancreatica dell’insulina,
con implicazioni, quindi, sul deficit di secrezione
beta-cellulare (tabella 1). Tale osservazione suggerisce che la maggior parte del rischio di DM2
nella popolazione è relativo al difetto genetico beta-cellulare, mentre l’insulino-resistenza periferica risentirebbe prevalentemente della componente ambientale14,15,42.
Geni coinvolti nella secrezione
insulinica beta-cellulare
Mediante la strategia dei geni candidati funzionali o posizionali, sono state individuate diverse varianti, fra cui i polimorfismi del gene insulin
receptor substrate-1 (IRS-1)18,29. La variante
Gly972Arg della proteina IRS-1 comporta un difetto nel legame della subunità p85 dell’enzima fosfatidilinositolo 3-chinasi (PI3K) che, nelle cellule
beta pancreatiche, determina una marcata riduzione della secrezione insulinica in risposta al glucosio e alle sulfaniluree43. Sono stati associati al
DM2 anche i polimorfismi dei geni SUR-1 e
KCNJ11, i cui prodotti proteici determinano la formazione del canale del potassio-ATP sensibile/recettore delle sulfaniluree. A tale proposito, un
esempio di farmacogenomica applicata è evidente
nella terapia ipoglicemizzante orale di tutti quei
pazienti con mutazioni a carico di questi geni, nei
quali la risposta terapeutica alle sulfaniluree è
compromessa.
A. Brunetti et al.: Il contributo della genetica alla patogenesi del diabete mellito di tipo 2
Tabella 1. Geni associati a DM2.
Gene
Funzione e probabile meccanismo patogenetico
Odds
ratio
Frequenza
allele
di rischio
Tipo
di studio
Bibliografia
ADAMTS9
Regolatore matrice extracellulare. Deficit beta cellulare
1.09
0.76
MA
18,19
ADCY5
Adenilato ciclasi 5. Resistenza insulinica
1.06
ND
MA
20
ARAP1
Proteina attivata dal signaling insulinico. Deficit beta cellulare
1.13-1.14
ND
MA
18
BCL11A
Zinc finger. Deficit beta cellulare
1.08-1.09
0.46
MA
18
CAMK1D
CDC123
Mediatore segnale delle chemochine. Deficit beta cellulare
Proteina della mitosi. Deficit beta cellulare
1.11
0.18
AL
18,19
CAPN10
Cisteina-proteasi. Resistenza insulinica.
1.17
ND
MA
21
CDKAL1
Presunto regolatore ciclina-chinasi. Deficit beta cellulare
1.0-1.2
0.31
GWAS
22-24
CENTD2
Deficit beta cellulare
1.13
0.88
GWAS
18
CHCHD9
TLE4
Funzione ignota
1.11-1.20
0.93
MA
18
CDKN2A
CDKN2B
Chinasi ciclina-dipendente. Deficit beta cellulare
1.20
0.83
GWAS
22,23
DCD
Fosfatasi
1.07-1.11
ND
MA
19
DGKB
Diacilglicerolo chinasi. Proteina 195. Resistenza insulinica
1.06
ND
MA
20
FTO
Proteina legata alla massa grassa. Resistenza insulinica
1.27
0.38
GWAS
25
DUSP9
Fosfatasi
1.27
0.79
MA
18
GCK
Esochinasi. Resistenza insulinica
1.07
ND
MA
20
GCKR
Regolatore esochinasi. Resistenza insulinica
1.06
ND
MA
20
HCCA2
Ignota
1.35
ND
GWAS
26
HHEX
IDE
K1F11
Fattore di trascrizione homeobox
Metallo-peptidasi
Kinesina dei microtubuli
1.13
0.53
AL
18,22,27
HMGA1
Fattore architetturale. Regola INSR
1.64-15.8
0.10
SGC
28
HMGA2
Sviluppo tessuto adiposo
1.10-1.20
0.10
MA
18
HNF1A
Responsabile forma monogenica di DM2
1.07-1.14
0.85
MA
18
HNF1B
HNF1 homeobox B. Deficit beta cellulare
1.10-1.17
ND
SGC
18
IGF2BP2
Sviluppo tessuto adiposo. Deficit beta cellulare
1.14
0.29
GWAS
18,22,23
IRS1
Proteina del signaling insulinico. Resistenza insulinica
1.09-1.12
0.64
SGC
18,29
JAZF1
Zinc finger. Deficit beta cellulare
1.1
0.50
MA
18,19
KCNJ11
Canale del potassio. Deficit beta cellulare
1.14
0.47
SGC
18,22,30
KCNQ1
Canale del potassio. Deficit beta cellulare
1.08-1.23
0.44
GWAS
18,31,32
KLF14
Fattore di trascrizione. Resistenza insulinica
1.07-1.10
0.55
MA
18
MTNR1B
Recettore melatonina. Deficit beta cellulare
1.08
0.28
GWAS
33-35
NOTCH2
Regolatore differenziazione cellulare
1.13
0.11
MA
18,19
PPARG
Sviluppo tessuto adiposo. Resistenza insulinica
1.17
0.85
SGC
18,22,36
PRC1
Regolatore citochinesi
1.07-1.10
0.22
MA
18
PROX1
Prospero homeobox 1. Resistenza insulinica
1.07
ND
MA
20
PTPRD
Recettore fosfatasi
1.57
0.10
GWAS
37
RBMS1
Proteina legante DNA. Resistenza insulinica
1.11
0.23
MA
38
SLC30A8
Trasportatore dello zinco 8. Deficit beta cellulare
1.18
0.65
GWAS
18, 20, 22, 26
SRR
Racemasi serinica
1.28
0.69
GWAS
37
TCF7L2
Fattore di trascrizione HMG. Probabile deficit beta cellulare
1.31-1.71
0.26
AL
GWAS
17,18,22
THADA
Gene associato all’adenoma tiroideo. Deficit beta cellulare
1.15
0.90
MA
18,19
TP53INP1
Proteina nucleare. Ignota
1.06-1.11
0.48
MA
18
TSPAN8
Tetraspanina 8. Deficit beta cellulare
1.09
0.27
MA
18,19
LGR5
Proteina accoppiata ai G-recettori. Deficit beta cellulare
WFS1
Proteina trans membrana. Deficit beta cellulare
1.11-1.13
0.60
SGC
18,39,40
ZBED3
Zinc finger. Deficit beta cellulare
1.08-1.16
0.26
MA
18
ZFAND6
Zinc finger. Deficit beta cellulare
1.06-1.11
0.60
MA
18
MA = Metanalisi, AL = analisi di linkage, GWAS = genome-wide association study, SGC = studio gene candidato, ND = non disponibile.
471
472
Recenti Progressi in Medicina, 102 (12), dicembre 2011
Altri geni, le cui mutazioni sono state inizialmente ritenute responsabili di forme meno comuni di diabete mellito, sono stati successivamente
associati al rischio di DM215. Fra questi, il gene
HNF1A, le cui mutazioni sono responsabili della
forma monogenica più diffusa del diabete dell’adulto ad esordio giovanile, il MODY3, e il gene
HNF1B, che determina una forma meno frequente, ma più severa di diabete monogenico, il MODY5. Entrambi questi geni codificano per fattori
nucleari di trascrizione coinvolti nello sviluppo e
nella funzione delle isole pancreatiche.
Come già detto, l’associazione tra polimorfismi
del gene TCF7L2 e rischio di DM2 è stata evidenziata inizialmente mediante studi di linkage e confermata successivamente mediante GWAS. Tuttavia, solo recentemente si è scoperto il ruolo svolto
da questo fattore di trascrizione nella secrezione insulinica beta-cellulare44. Un altro gene che è stato
recentemente associato al DM2 è il gene MTNR1B
che codifica per il recettore della melatonina, un ormone coinvolto nella regolazione del ritmo circadiano e del ciclo sonno-veglia. Varianti genetiche
iperfunzionali di MTNR1B, associate ad una riduzione della secrezione insulinica, sono state descritte in pazienti diabetici con anomalie della secrezione di melatonina e disturbi del ritmo circadiano sonno/veglia45. Un altro interessante esempio di anomalia genetica associata a disfunzione beta-cellulare e rischio di DM2 riguarda il gene
ADRA2A che codifica per il recettore adrenergico
alpha2A, coinvolto nella soppressione adrenergica
della secrezione insulinica46. I diabetici con polimorfismo del gene ADRA2A presentano un’overespressione del recettore alpha2A, con conseguente
deficit della secrezione insulinica. Nelle isole pancreatiche ottenute da alcuni pazienti diabetici con
questa variante, il trattamento con agenti bloccanti il recettore alpha2A era in grado di ripristinare la
normale funzione secretoria beta-cellulare46.
Geni coinvolti nell’insulino-resistenza
La prima tappa nel meccanismo d’azione dell’insulina è rappresentata dall’interazione dell’ormone con il recettore dell’insulina INSR, una glicoproteina localizzata sulla membrana citoplasmatica di tutte le cellule insulino-sensibili, capace di catturare l’ormone e di trasmettere il suo
messaggio all’interno della cellula. L’attivazione
funzionale di INSR costituisce un momento chiave nella fisiopatologia dell’azione insulinica, essendo seguita dall’attivazione di specifici mediatori intracellulari, necessari per la corretta trasduzione del segnale ormonale. Sebbene difetti funzionali di INSR siano stati riportati in un gran numero di pazienti con DM2, mutazioni del gene
INSR sono state descritte solo in una piccola percentuale (~5%) di questi pazienti, inclusi quelli con
forme di insulino-resistenza severa (sindrome da
insulino-resistenza di tipo A, sindrome di RabsonMendenhall, leprecaunismo). In molti di questi ca-
si si tratta di difetti genetici strutturali che portano alla sintesi di una proteina recettoriale non funzionante. In altri casi, invece, il gene è normale e
il difetto di funzionamento è riconducibile ad anomalie epigenetiche a carico di geni coinvolti nella
regolazione funzionale del gene INSR28.
In questo ambito, varianti dei geni GCKR e
IGF-1, codificanti, rispettivamente, per la proteina regolatoria della glucochinasi (GKRP) e il fattore di crescita insulino-simile-1 (IGF-1), associate
a iperinsulinismo ed insulino-resistenza, sono state identificate mediante GWAS20. Più di recente, il
consorzio DIAGRAM-plus, oltre che a confermare
il ruolo di varianti genetiche associate alla condizione di obesità nei loci FTO e PPARg18 ha individuato un’associazione fra DM2 e il gene Kruppellike factor 14 (KLF14), la cui attività può essere
tramessa geneticamente solo dalla madre. Il gene
KLF14 è ritenuto un super gene poiché ha la capacità di controllare altri geni legati al grasso corporeo, responsabili di alcune importanti funzioni
metaboliche. Varianti genetiche di KLF14 sono in
grado di creare disordini e disfunzioni metaboliche
nei geni minori, con conseguenti obesità, anomalie
nell’azione periferica dell’insulina e DM218.
Il fattore architetturale di trascrizione HMGA1
Nel novero dei geni associati a DM2 si è recentemente inserito l’HMGA1, un gene codificante per
una piccola proteina nucleare (HMGA1), considerata un vero e proprio fattore trascrizionale “architetturale” capace di indurre specifiche modificazioni dell’architettura cromatinica nonché il reclutamento, sul DNA, di fattori di trascrizione necessari per l’attivazione dell’espressione genica. Legandosi a sequenze specifiche del DNA contenute nel
promotore di specifici geni, la proteina HMGA1 induce la formazione di complessi multiproteici stereospecifici (“enhanceosomes”) fondamentali nella
regolazione dell’attività trascrizionale47.
In precedenza, il nostro gruppo di ricerca ha dimostrato che la proteina HMGA1 è essenziale per
l’attivazione funzionale del gene INSR48-50, agendo su di esso come un vero e proprio interruttore
molecolare in grado di “accendere” il gene, attivando la produzione di INSR (figura 2). Coerentemente con questi risultati, recentemente, studiando alcuni pazienti affetti da sindromi genetiche di insulino-resistenza e DM2, abbiamo dimostrato un ruolo diretto di HMGA1 nella patogenesi del DM2. In tutti i pazienti esaminati, la malattia era riconducibile ad un difetto genetico di
HMGA1 in grado di indurre una grave carenza intracellulare di HMGA1 e INSR51. Il ruolo patogenetico di HMGA1 nel DM2 è stato confermato sperimentalmente in topi geneticamente modificati,
nei quali la perdita indotta del gene HMGA1 era
seguita dalla riduzione dei livelli intracellulari di
INSR con successiva comparsa di un fenotipo metabolico perfettamente sovrapponibile a quello dei
pazienti diabetici51.
A. Brunetti et al.: Il contributo della genetica alla patogenesi del diabete mellito di tipo 2
riscontrate nel 10% degli
individui affetti da DM2.
Di queste, una, la variante A, presentava una maggiore prevalenza (7-8%)
nella popolazione diabetica
ed era in grado di aumentare di ben sedici volte il rischio di malattia28. Allo
scopo di meglio precisare il
ruolo del gene HMGA1 nella suscettibilità al DM2 e
replicare i risultati ottenuti nella popolazione italiana, la frequenza della variante A del gene HMGA1
è stata ricercata in altre
Figura 2. Modello proposto per l’azione di HMGA1 nel contesto del gene INSR. Legandosi a sedue distinte popolazioni,
quenze specifiche della regione promoter del gene INSR, HMGA1 facilita e stabilizza il legame al
nord americana e francese.
DNA dei fattori di trascrizione Sp1 e C/EBPβ, esercitando quindi un effetto positivo sull’attività trascrizionale di INSR.
La maggiore prevalenza
della variante A nella popolazione diabetica è stata
confermata in entrambe
queste popolazioni. Sebbene il rischio relativo fosse
più basso nella popolazione
americana rispetto a quella italiana, esso era comunque ampiamente significativo e più alto di quello riportato precedentemente
per le altre varianti genetiche associate al DM228. Lo
studio funzionale della variante A del gene HMGA1
ha dimostrato una diretta
correlazione con i livelli significativamente più bassi
di INSR nelle cellule di
questi pazienti, nelle quali
il ripristino dei livelli di
HMGA1 mediante tecniche
di terapia molecolare, era
Figura 3. Rappresentazione schematica del gene HMGA1. Un totale di 25 varianti di HMGA1 sono stain grado di correggere i lite individuate mediante analisi di sequenza in 5.822 individui di origine italiana. Quattro di esse (A,
velli di INSR e conseguenB, C, D) sono risultate associate a DM2. La variante A era presente in oltre il 7% di tutte e tre le potemente del legame dell’inpolazioni esaminate (italiana, nordamericana e francese).
sulina28.
In definitiva, l’associazione del gene HMGA1 con
il DM2 si realizza attraverUltimamente, sulla scia di questi risultati, abso un meccanismo patogenetico legato all’insulibiamo condotto uno studio caso-controllo per deno-resistenza. Tuttavia, i nostri studi nel modello
terminare la relazione tra mutazioni del gene
animale knockout per il gene HMGA1 e nei paHMGA1 e DM2. A questo fine, abbiamo sottopozienti diabetici con deficit di HMGA151,52, indicano
sto ad analisi genetica, mediante sequenziamenche, in aggiunta agli effetti sul gene INSR,
to diretto del DNA, 3278 pazienti italiani con
HMGA1 svolge un ruolo importante pure nella reDM2 e 2544 soggetti sani di controllo, questi ulgolazione di alcuni geni insulino-responsivi, cointimi selezionati sulla base di caratteristiche clivolti nella regolazione trascrizionale dell’omeoniche, biochimiche e genetiche tese ad escludere
stasi del glucosio. Pertanto, si può ipotizzare che
una storia personale o familiare di DM2 e patol’associazione di varianti nel gene HMGA1 con il
logie correlate. Quattro varianti del gene
DM2 possa riconoscere anche altri meccanismi paHMGA1 (A, B, C, D, figura 3), in grado di dimitogenetici, in aggiunta a quello legato all’insulinonuire i livelli di espressione di INSR, sono state
resistenza.
473
474
Recenti Progressi in Medicina, 102 (12), dicembre 2011
Conclusioni
Fino ad oggi non era mai stato individuato un
fattore genetico con un’associazione così forte con il
DM2 e un rischio relativo così elevato. Da un punto di vista strategico, circa la comprensione dei
meccanismi genetici che causano il DM2, questa
scoperta suggerisce di indirizzare la ricerca verso
l’identificazione di varianti rare con più forte associazione piuttosto che varianti comuni con basso
effetto sulla malattia. Clinicamente, l’identificazione delle varianti genetiche identificate nel gene
HMGA1 potrà rappresentare un marker predittivo
precoce del DM2, specialmente negli individui a rischio (soggetti con storia familiare di diabete o altre condizioni cliniche correlate). Inoltre, la presenza di mutazioni del gene HMGA1 potrebbe condizionare un decorso clinico diverso rispetto ai pazienti diabetici senza la variante e potrebbe predire la risposta alla terapia, consentendo di identificare a priori i pazienti che potrebbero maggiormente beneficiare di un trattamento farmacologico specifico53. Infine, la ricerca di nuove strategie
terapeutiche per la cura del DM2 potrebbe includere l’uso di farmaci che migliorano l’espressione
di HMGA1 nei pazienti con questo difetto.
Bibliografia
1. Danaei G, Finucane MM, Lu Y, et al. Global Burden
of Metabolic Risk Factors of Chronic Diseases Collaborating Group (Blood Glucose). National, regional,
and global trends in fasting plasma glucose and diabetes prevalence since 1980: systematic analysis of
health examination surveys and epidemiological studies with 370 country-years and 2.7 million participants. Lancet 2011; 378: 31-40.
2. Wild S, Roglic G, Green A, Sicree R, King H. Global
prevalence of diabetes: estimates for the year 2000 and
projections for 2030. Diabetes Care 2004; 27: 1047-53.
3. Krolewski AS, Warram JH, Freire MB. Epidemiology of late diabetic complications. A basis for the development and evaluation of preventive programs.
Endocrinol Metab Clin North Am 1996; 25: 217-42.
4. Stumvoll M, Goldstein BJ, van Haeften TW. Type 2
diabetes: pathogenesis and treatment. Lancet 2008;
371: 2153-6.
5. Unger RH. Reinventing type 2 diabetes: pathogenesis, treatment, and prevention. JAMA 2008; 299:
1185-7.
6. Groop L, Forsblom C, Lehtovirta M, et al. Metabolic
consequences of a family history of NIDDM (the Botnia study): evidence for sex-specific parental effects.
Diabetes 1996; 45: 1585-93.
7. Weijnen CF, Rich SS, Meigs JB, Krolewski AS, Warram JH. Risk of diabetes in siblings of index cases
with Type 2 diabetes: implications for genetic studies. Diabet Med 2002; 19: 41-50.
8. Flegal KM, Ezzati TM, Harris MI, et al. Prevalence
of diabetes in Mexican-Americans, Cubans, and
Puerto Ricans from the Hispanic Health and Nutrition Examination Survey 1982–1984. Diabetes Care
1991; 14: 628-38.
9. Neel JV. Diabetes mellitus: a “thrifty” genotype rendered detrimental by “progress”? Am J Hum Genet
1962; 14: 353-62.
10. WHO. Obesity. http://www.who.int/topics/obesity/
(Accessed January 2011).
11. Reaven GM. Banting lecture 1988. Role of insulin resistance in human disease. Diabetes 1988; 37: 1595607.
12. Staiger H, Machicao F, Fritsche A, Häring HU. Pathomechanisms of type 2 diabetes genes. Endocr Rev
2009; 30: 557-85.
13. Lyssenko V, Jonsson A, Almgren P, et al. Clinical risk
factors, DNA variants, and the development of type
2 diabetes. N Engl J Med 2008; 359: 2220-32.
14. Doria A, Patti ME, Kahn CR. The emerging genetic
architecture of type 2 diabetes. Cell Metab 2008; 8:
186-200.
15. Ahlqvist E, Ahluwalia TS, Groop L. Genetics of type
2 diabetes. Clin Chem 2011; 57: 241-54.
16. Horikawa Y, Oda N, Cox NJ, et al. Genetic variation
in the gene encoding calpain-10 is associated with
type 2 diabetes mellitus. Nat Genet 2000; 26: 16375.
17. Grant SF, Thorleifsson G, Reynisdottir I, et al. Variant of transcription factor 7-like 2 (TCF7L2) gene
confers risk of type 2 diabetes. Nat Genet 2006; 38:
320-3.
18. Voight BF, Scott LJ, Steinthorsdottir V, et al. Twelve
type 2 diabetes susceptibility loci identified
through large-scale association analysis. Nat Genet
2010; 42: 579-89.
19. Zeggini E, Scott LJ, Saxena R, et al. Meta-analysis of
genome-wide association data and large-scale replication identifies additional susceptibility loci for type 2 diabetes. Nat Genet 2008; 40: 638-45.
20. Dupuis J, Langenberg C, Prokopenko I, et al. New
genetic loci implicated in fasting glucose homeostasis and their impact on type 2 diabetes risk. Nat Genet 2010; 42: 105-16.
21. Weedon MN, Schwarz PE, Horikawa Y, et al. Metaanalysis and a large association study confirm a role for calpain-10 variation in type 2 diabetes susceptibility. Am J Hum Genet 2003; 73: 1208-12.
22. Saxena R, Voight BF, Lyssenko V, et al. Genome-wide association analysis identifies loci for type 2 diabetes and triglyceride levels. Science 2007; 316:
1331-6.
23. Scott LJ, Mohlke KL, Bonnycastle LL, et al. A genome-wide association study of type 2 diabetes in
Finns detects multiple susceptibility variants. Science 2007; 316: 1341-5.
24. Steinthorsdottir V, Thorleifsson G, Reynisdottir I, et
al. A variant in CDKAL1 influences insulin response and risk of type 2 diabetes. Nat Genet 2007; 39:
770-5.
25. Zeggini E, Weedon MN, Lindgren CM, et al. Replication of genome-wide association signals in UK
samples reveals risk loci for type 2 diabetes. Science
2007; 316: 1336-41.
26. Kong A, Steinthorsdottir V, Masson G, et al. Parental origin of sequence variants associated with complex diseases. Nature 2009; 462: 868-74.
27. Sladek R, Rocheleau G, Rung J, et al. A genome-wide association study identifies novel risk loci for type 2 diabetes. Nature 2007; 445: 881-5.
28. Chiefari E, Tanyolac S., Paonessa F, et al. Functional
variants of the HMGA1 gene and type 2 diabetes
mellitus. JAMA 2011; 305: 903-12.
29. Almind K, Bjorbaek C, Vestergaard H, Hansen T,
Echwald S, Pedersen O. Aminoacid polymorphisms
of insulin receptor substrate-1 in noninsulin- dependent diabetes mellitus. Lancet 1993; 342: 82832.
A. Brunetti et al.: Il contributo della genetica alla patogenesi del diabete mellito di tipo 2
30 Hani EH, Boutin P, Durand E, et al. Missense mutations in the pancreatic islet beta cell inwardly rectifying K+ channel gene (KIR6.2/BIR): a meta-analysis suggests a role in the polygenic basis of type II
diabetes mellitus in Caucasians. Diabetologia 1998;
41: 1511-5.
31. Unoki H, Takahashi A, Kawaguchi T, et al. SNPs in
KCNQ1 are associated with susceptibility to type 2
diabetes in East Asian and European populations.
Nat Genet 2008; 40: 1098-102.
32. Yasuda K, Miyake K, Horikawa Y, et al. Variants in
KCNQ1 are associated with susceptibility to type 2
diabetes mellitus. Nat Genet 2008; 40: 1092-7.
33. Lyssenko V, Nagorny CL, Erdos MR, et al. Common
variant in MTNR1B associated with increased risk
of type 2 diabetes and impaired early insulin secretion. Nat Genet 2009; 41: 82-8.
34. Bouatia-Naji N, Bonnefond A, Cavalcanti-Proenca C,
et al. A variant near MTNR1B is associated with increased fasting plasma glucose levels and type 2 diabetes risk. Nat Genet 2009; 41: 89-94.
35. Prokopenko I, Langenberg C, Florez JC, et al. Variants in MTNR1B influence fasting glucose levels.
Nat Genet 2009; 41: 77-81.
36. Deeb SS, Fajas L, Nemoto M, et al. A Pro12Ala substitution in PPARgamma2 associated with decreased receptor activity, lower body mass index and improved insulin sensitivity. Nat Genet 1998; 20: 2847.
37. Tsai FJ, Yang CF, Chen CC, et al. A genome-wide association study identifies susceptibility variants for
type 2 diabetes in Han Chinese. PLoS Genet 2010; 6:
e1000847.
38. Qi L, Cornelis MC, Kraft P, et al. Genetic variants
at 2q24 are associated with susceptibility to type 2
diabetes. Hum Mol Genet 2010; 19: 2706-15.
39. Minton JA, Hattersley AT, Owen K, et al. Association studies of genetic variation in the WFS1 gene
and type 2 diabetes in U.K. populations. Diabetes
2002; 51: 1287-90.
40. Sandhu MS, Weedon MN, Fawcett KA, et al. Common variants in WFS1 confer risk of type 2 diabetes.
Nat Genet 2007; 39: 951-3.
41. McCarthy MI, Zeggini E. Genome-wide association
studies in type 2 diabetes. Curr Diab Rep 2009; 9:
164-71.
42. Ingelsson E, Langenberg C, Hivert MF, et al. Detailed physiologic characterization reveals diverse me-
Indirizzo per la corrispondenza:
Prof. Antonio Brunetti
Cattedra di Endocrinologia
Università Magna Græcia
Viale Europa (Località Germaneto)
88100 Catanzaro
E-mail: [email protected]
43.
44.
45.
46.
47.
48.
49.
50.
51.
52.
53.
chanisms for novel genetic loci regulating glucose
and insulin metabolism in humans. Diabetes 2010;
59: 1266-75.
Sesti G, Marini MA, Cardellini M, et al. The Arg972
variant in insulin receptor substrate-1 is associated
with an increased risk of secondary failure to sulfonylurea in patients with type 2 diabetes. Diab Care
2004; 27: 1394-8.
Villareal DT, Robertson H, Bell GI, et al. TCF7L2
Variant rs7903146 Affects the Risk of Type 2 Diabetes by Modulating Incretin Action. Diabetes 2010;
59: 479-85.
Mulder H, Nagorny CL, Lyssenko V, Groop L. Melatonin receptors in pancreatic islets: good morning to
a novel type 2 diabetes gene. Diabetologia 2009; 52:
1240-9.
Rosengren AH, Jokubka R, Tojjar D, et al. Overexpression of alpha2A-adrenergic receptors contributes to type 2 diabetes. Science 2010; 327: 217-20.
Bustin M, Reeves R. High-mobility-group chromosomal proteins: architectural components that facilitate chromatin function. Prog Nucleic Acid Res Mol
Biol 1996; 54: 35-100.
Brunetti A, Brunetti L, Foti D, Accili D, Goldfine ID.
Human diabetes associated with defects in nuclear
regulatory proteins for the insulin receptor gene. J
Clin Invest 1996; 97: 258-62.
Brunetti A, Manfioletti G, Chiefari E, Goldfine ID,
Foti D. Transcriptional regulation of human insulin
receptor gene by the high-mobility group protein
HMGI(Y). FASEB J 2001; 15: 492-500.
Foti D, Iuliano R, Chiefari E, Brunetti A. A nucleoprotein complex containing Sp1, C/EBP beta, and
HMGI-Y controls human insulin receptor gene transcription. Mol Cell Biol 2003; 23: 2720-32.
Foti D, Chiefari E, Fedele M, et al. Lack of the architectural factor HMGA1 causes insulin resistance
and diabetes in humans and mice. Nat Med 2005;
11: 765-73.
Chiefari E, Paonessa F, Iiritano S, et al. The cAMPHMGA1-RBP4 system: a novel biochemical pathway
for modulating glucose homeostasis. BMC Biol 2009;
7: 24.
Smith RJ, Nathan DM, Arslanian SA, Groop L, Rizza RA, Rotter JI. Individualizing therapies in type 2
diabetes mellitus based on patient characteristics:
what we know and what we need to know. J Clin Endocrinol Metab 2010; 95: 1566-74.
475