M.Fabiani

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LA REVOCATORIA FALLIMENTARE FRA LEX CONCURSUS E LEX CONTRACTUS NEL REG. CE
1346/2000
Premessa.
La sensibilità italiana del nuovo millennio in tema di rapporti con gli altri ordinamenti è il frutto di
una tradizione storica in cui campanilismo e provincialismo hanno quasi sempre avuto ragione
(salvo che per le arti) delle proiezioni verso altri sistemi e semmai, della transnazionalità il nostro
ordinamento ma anche i nostri costumi hanno il più delle volte assorbito quasi solo gli aspetti
negativi. Nella predetta cornice non può, ad esempio, sorprendere che il legislatore della riforma
fallimentare, riscrivendo l’art.9 l.fall. si sia dimenticato della l.n.218/95 e che, lo stesso legislatore
(diversamente da quanto accaduto in Spagna, Germania e nei Paesi Bassi) abbia preferito omettere
norme di coordinamento fra la legge interna e il Regolamento CE 1346/2000 1 .
Eppure se una fascino ha la materia concorsuale, questo è proprio dato dalla
interdisciplinarietà e in questo caso molti sarebbero gli stimoli dati dal diritto internazionale
privato e dal diritto comunitario.
L’intervento che segue si colloca in un’area di nicchia in quanto ha per oggetto un cono
visivo limitato delle international litigations, quello delle azioni revocatorie, e financo compresso
perché non saranno esaminati quei complessi problemi che sono stati agitati dalle vicende
revocatorie e risarcitorie della procedura di amministrazione straordinaria speciale del “Gruppo
Parmalat”.
1.
La polisemia normativa del Regolamento CE 1346/2000 2 , connotata dalla commistione fra
norme comunitarie in senso stretto, norme materiali uniformi 3 e norme di diritto internazionale
privato, suggerisce o forse impone di valutare se vi sia (e se del caso, quale sia) nell’architettura
complessiva dell’intervento del legislatore comunitario un minimo comun denomitore in grado di
indirizzare l’interprete per l’applicazione della legge 4 .
Il quesito nasce dalla considerazione per la quale se l’intenzione del legislatore era
chiaramente quella di semplificare i rapporti giuridici nell’ambito del fenomeno della insolvenza
transfrontaliera 5 , al cospetto di una siffatta intenzione, il bersaglio potrebbe non essere stato
centrato quante volte il Regolamento contenga disposizioni che nella loro articolazione, un po’
singolare, accrescano i problemi, in misura persino superiore alle questioni risolte 6 .
Ma diversa era stata la sensibilità della Commissione Trevisanato che nell’ultimo articolato aveva
disciplinato una Sezione della legge fallimentare dedicata ai rapporti internazionali e comunitari.
2 Per un panorama degli eventi che hanno condotto alla approvazione del Regolamento, v. per tutti,
L.Fumagalli, Il regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, in Riv.dir.proc., 2001, 677.
3 P.De Cesari e G.Montella, Le procedure di insolvenza nella nuova disciplina comunitaria, Milano, 2004, 127
pongono in luce come le disposizioni di diritto materiale uniforme rappresentino un primo embrione di un
diritto concorsuale omogeneo a livello europeo.
4 Il “Considerando” n.23 stabilisce che << Il presente regolamento dovrebbe stabilire, per le materie in esso
contemplate, regole di conflitto uniformi che sostituiscono - nel loro ambito d'applicazione - le norme
nazionali di diritto internazionale privato. Salvo disposizione contraria, dovrebbe applicarsi la legge dello
Stato membro che ha aperto la procedura (lex concursus). Tale regola sul conflitto di leggi dovrebbe applicarsi
sia alla procedura principale sia alla procedura locale. La lex concursus determina tutti gli effetti della
procedura d'insolvenza, siano essi procedurali o sostanziali, sui soggetti e sui rapporti giuridici interessati.
Essa disciplina tutte le condizioni di apertura, svolgimento e chiusura delle procedure d'insolvenza>>.
5 Sul punto giova richiamare, per estratto, alcuni punti del
“Considerando”n.2: << Per il buon
funzionamento del mercato interno è necessario che le procedure di insolvenza transfrontaliera siano
efficienti ed efficaci. L’adozione del presente regolamento è necessaria al raggiungimento di tale obiettivo
che rientra l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commercianel settore della cooperazione
giudiziaria in materia civile ai sensi dell’articolo 65 del trattato>>.
6 Per analoghe valutazioni, seppure con riferimento ad altri aspetti, P.Lascaro, Brevi considerazioni sul
Regolamento CE n.1346/2000 in tema di insolvenza transfrontaliera, in Dir.fall., 2004, I, 1329.
1
Talune difficoltà sono rappresentate dall’effetto della comunitarizzazione del diritto
internazionale privato che risulta decisivamente imposta nel Regolamento (e si tratta di un
elemento di novità 7 ).
In questa occasione il terreno per il confronto sarà volutamente circoscritto al rapporto che
intercorre fra il contenuto dell’art.4 e quello dell’art.13 del citato Regolamento.
2.
L’art.4 del Regolamento esprime (come si ricava dalla stessa rubrica <<Legge
applicabile>> 8 ) una regola per la soluzione di un conflitto in presenza di elementi di
extraterritorialità; è una norma di diritto internazionale privato (nei limiti dello spazio
comunitario) che assolve al compito di selezionare quale è la legge applicabile per tutta una serie
di controversie che possono germinare dalla apertura di una procedura di insolvenza aperta in
uno degli Stati membri dell’Unione europea 9 .
La legge applicabile è quella dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura, si
tratta cioè della lex fori concursus 10 ; così, se non sono stabilite deroghe, la lex fori concursus trova
applicazione in particolare, per le <<disposizioni relative alla nullità, all’annullamento o
all’inopponibilità degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori>> (art.4, 2° comma, lett. m).
La sequenza tipologica delle sanzioni, nullità – annullamento – inopponibilità, trascura
quella che è la sanzione che nel nostro ordinamento accompagna l’accoglimento di una domanda
di revocatoria fallimentare; nel nostro sistema, infatti, la sentenza che accoglie la domanda,
pronuncia 11 (o dichiara 12 per i sostenitori della teoria della natura dichiarativa della sentenza in
materia di revocatoria fallimentare) l’inefficacia di un atto o di un negozio.
L’inefficacia dell’atto o del negozio vuole esprimere l’idea che la pronuncia non travolge
l’atto o il negozio con effetti ultraconcorsuali, ma si limita solo a stabilire che nei confronti dei
creditori concorrenti quel fatto non sarà opponibile e se ne potrà dunque prescindere in sede di
liquidazione concorsuale 13 .
7 L.Daniele, Legge applicabile e diritto uniforme nel regolamento comunitario relativo alle procedure di insolvenza, in
Riv.dir.int.priv.proc. , 2002, 33.
8 <<1. Salvo disposizione contraria del presente regolamento, si applica alla procedura di insolvenza e ai suoi
effetti la legge dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura, in appresso denominato «Stato di
apertura». 2. La legge dello Stato di apertura determina le condizioni di apertura, lo svolgimento e la
chiusura della procedura di insolvenza. Essa determina in particolare: m) le disposizioni relative alla nullità,
all’annullamento o all’inopponibilità degli atti pregiudizievoli per la massa dei creditori>>.
La regola di conflitto è particolarmente estesa perché, in forza di quanto stabilito nell’art.28 <<salvo
disposizioni contrarie del presente regolamento, si applica alla procedura secondaria la legge dello Stato
membro nel cui territorio questa è aperta>>. Sulla applicazione della lex fori concursus anche alle procedure
secondarie, cfr. E.F.Ricci, Le procedure locali previste dal regolamento CE n. 1346/2000 , in Giur.comm., 2004, I,
904.
9
L.Fumagalli, Il regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, cit., 697.
Per la tesi della natura costitutiva della sentenza che accoglie una domanda revocatoria, Gior.Tarzia, Le
azioni revocatorie nelle procedure concorsuali, Milano, 2003, 35; M.Fabiani, Le condanne anticipate nei processi di
cognizione a sfondo concorsuale, in Riv. dir. proc., 1997, 76; L.Guglielmucci, Effetti sugli atti pregiudizievoli ai
creditori, in Aa.Vv., Diritto fallimentare, Milano, 1996, 648; G.Terranova, Effetti del fallimento sugli atti
pregiudizievoli, in Commentario Scialoja-Branca, legge fallimentare, Bologna-Roma, 1993, 192; P.Pajardi, Il sistema
revocatorio, Milano, 1990, 129; Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, II, 989; Cass., s.u., 15
giugno 2000, n. 437, in Foro it., 2000, I, 2724.
12 Per la tesi della natura dichiarativa, C.Trentini, Natura dichiarativa della sentenza di revocatoria e prova del
danno, in Fallimento, 2004, 908; A.Bregoli, Effetti e natura della revocatoria, Milano, 2001, 69; A.Jorio, Le crisi
d’impresa. Il fallimento, Milano, 2000, 423; E.F. Ricci, Sulla natura dichiarativa della revocatoria fallimentare, in Riv.
dir. proc., 2000, 19.
13 La dicotomia nullità-inopponibilità è ben presente anche in altri ordinamenti, come si ricava dall’art. L6229 del Code de commerce.
10
11
In tale contesto, sebbene la categoria della inopponibilità nel nostro sistema fallimentare
venga di solito associata alla mancanza di data certa - anteriore al fallimento - di una scrittura
privata ( o più in generale agli effetti di cui all’art.45 l.fall.) 14 , non v’è dubbio che inefficacia ed
inopponibilità siano espressioni che evocano entrambe la sostanziale neutralità di un atto rispetto
al “fallimento”.
Pertanto, se la formula lessicale dell’art.4 pur nella amputazione del termine “inefficacia”,
può ben armonizzarsi con il nostro sistema revocatorio, occorre invece domandarsi quale sia il
senso delle figure della nullità e dell’annullamento che la norma richiama. L’interesse per questo
interrogativo si espande osservando come la deroga parziale all’art.4, contenuta nel successivo
art.13, debba proprio misurarsi con un catalogo di vizi dell’atto che parrebbe più ampio di quello
tradizionale, strettamente legato al concorso.
Si tratta dunque di capire se la sequenza contenuta nell’art.4 debba essere letta in rapida
successione come se nullità, annullamento ed inopponibilità fossero tutte rette dalla proiezione
finalistica dell’essere rappresentazione di sanzioni derivanti da atti pregiudizievoli per la massa
dei creditori, ovvero se la lex fori concursus debba reputarsi invocabile per le azioni di nullità e di
annullamento, nonché per quelle di inopponibilità in relazione ad atti pregiudizievoli.
Chiara è la distinzione teorica ed ancor più chiare sarebbero le conseguenze pratiche, ad
esempio per il nostro ordinamento; infatti, se fosse proponibile la seconda alternativa, non solo le
azioni revocatorie fallimentari sarebbero governate dalla legge dello Stato membro ove è stato
aperto il procedimento principale , ma anche altre azioni tese al recupero di beni ma fondate su
vizi dell’atto o del negozio estranei alle regole della concorsualità dovrebbero essere radicate
secondo la lex concursus (e verosimilmente , per effetto dell’art.3 l. n.218/95) davanti alle autorità
giudiziarie di quello Stato. Se così fosse, per azioni che già si trovavano nel patrimonio del debitore
fallito, troverebbe applicazione una norma sulla legge applicabile nettamente distonica rispetto
alle regole interne del diritto internazionale privato e anche rispetto alle convenzioni
internazionali.
Questa tesi, pur lessicalmente non stravagante – specie se si volesse valorizzare la
congiunzione disgiuntiva “o” - , deve allora essere rifiutata, facendosi così preferire la soluzione
interpretativa secondo la quale nullità, annullamento ed inopponibilità sono soltanto tre diversi
modi di esprimere il medesimo concetto 15 : se un atto o un negozio possono essere travolti per
effetto dell’esercizio di una azione giudiziale fondata sulla violazione delle regole della
concorsualità, qualunque sia la sanzione (e ciò dipende dal diritto interno di ciascuno Stato
membro 16 ), quella lite dovrà essere radicata secondo il criterio di collegamento della lex fori
concursus.
Fra le più recenti, v. Cass., 21 maggio 2004, n. 9685, in Foro it., Rep. 2004, voce Fallimento , n. 319; Cass., 18
aprile 2003, n. 6306, in Giust. civ., 2003, I, 2071; Cass. 19 gennaio 2001, n. 798, in Arch. civ., 2001, 1247.
15 Per identiche valutazioni, P.De Cesari e G.Montella, Le procedure di insolvenza nella nuova disciplina
comunitaria, cit., 140, i quali aggiungono che per atti pregiudizievoli debbono intendersi non solo quelli che
danneggiano la massa dei creditori, ma anche quelli che provocano una lesione ad alcuni soltanto dei
creditori concorrenti.
14
Per esemplificare, l’art.64 l.fall. prevede che << sono privi di effetto rispetto ai creditori …>>; l’art.71
della ley concursal prevede che << declarado el concurso, seràn rescindibles los actos…>>; il § 130 della
InsolvenzOrdnung stabilisce che << Anfechtbar ist eine Rechtshandlung, die einem Insolvenzglaubiger eine
Sicherung
oder
Befriedigung
gewahrt
oder
ermoglicht
hat…>>;
l’artigo
120
del Código da insolvência e da recuperação de empresas, prevede
che : <<Princípios gerais
1 - Podem ser resolvidos em benefício da massa insolvente os actos prejudiciais à massa praticados ou
omitidos dentro dos quatro anos anteriores à data do início do processo de insolvência..>>; secono la Sec.
239 dell’Insolvency Act del 1986, << the court shall, on such an application, make such order as it thinks fit
for restoring the position to what it would have been if the company had not given that preference>>.
Come è agevole notare, il termine adoperato dai legislatori è diverso, eppure la nozione sottostante sembra
essere la medesima, tale da poter essere inglobata nella selezione letterale dell’art.4.
16
3.
Sciolto l’enigma in ordine alla esatta individuazione di quali azioni possano intendersi
rivolte a rimuovere gli effetti dannosi cagionati da atti pregiudizievoli ai creditori (ciò che imporrà
una indagine selettiva, nei singoli ordinamenti, per verificare quali siano le azioni che possono
ascriversi al paradigma dell’art.4) , ne sopravviene un secondo provocato dalle norme eccettuative
che lo stesso legislatore ha contemplato (cfr. artt.5 e ss.). Questa tecnica è stata definita una sorta di
rovesciamento del tradizionale principio della generalità applicativa delle norme di diritto
internazionalprivatistico 17 .
Ma le disposizioni derogative dell’art.4, si caratterizzano anche per il fatto che si ispirano a
discipline diverse 18 : infatti negli artt.5 e ss. si ritrovano norme materiali uniformi (ad esempio,
l’art. 5 in tema di diritti reali), così come norme regolatrici di conflitti ma nella duplice alternativa
fra disposizioni che specificano un criterio di collegamento esclusivo (art. 10 in tema di contratti di
lavoro) ed altre che ne determinano uno sussidiario all’altro (art.13); secondo questa tecnica si
applica la lex fori concursus che può essere impedita solo se ricorrono altre situazioni
particolarmente rigorose 19 .
Con riguardo alla presente indagine, decisivo appare il modo di intendere l’art.13 a tenore
del quale << non si applica l’articolo 4, paragrafo 2, lettera m), quando chi ha beneficiato di un atto
pregiudizievole per la massa dei creditori prova che: — tale atto è soggetto alla legge di uno Stato contraente
diverso dallo Stato di apertura, e che — tale legge non consente, nella fattispecie, di impugnare tale atto con
alcun mezzo>>.
Questa disposizione pone molteplici problemi: in ordine si possono segnalare: a) il rapporto
fra i due criteri di collegamento (art. 4 e 13); b) la prova di una lex contractus diversa; c) il significato
dell’espressione <<alcun mezzo>> e la prova della non impugnabilità; d) l’estensione del termine
<<atto>>.
4.
Nella scomposizione dell’art.13, il primo profilo da esaminare attiene al rapporto che è
stato prescelto dal legislatore comunitario fra i due diversi criteri di collegamento, quello generale
e quello, apparentemente, derogatorio.
La lettura della disposizione di cui all’art.4 suggerisce all’interprete la tesi per cui vi
sarebbe stata la precisa volontà di ripudiare i criteri di collegamento offerti dalle Convenzioni
internazionali che sarebbero così destinati a soccombere di fronte ai dettami del regolamento 20 ; la
scelta dovrebbe allinearsi all’idea guida della universalità della procedura principale, attenuata
dall’impatto delle procedure secondarie, senza ulteriori dispersioni di attività giurisdizionali in
altri Stati; tutto ciò salvo che non vengano in gioco particolari rapporti che giustificano, invece,
l’applicazione della legge del rapporto o del luogo in cui certi beni o certe situazioni sono allocate.
Più in particolare, la ratio della deroga enucleata nell’art.13 è stata spiegata con l’esigenza di
trovare un compromesso 21 fra le aspettative di tutela della massa dei creditori rispetto ad atti
C.Pappalardo Reale, Il regolamento comunitario n.1346/2000 sulle procedure di insolvenza transfrontaliere, in
Dir.fall., 2004, I, 1103; V.Vitalone, Il regolamento n. 1346 del 2000 del consiglio delle comunità europee relativo alle
procedure di insolvenza, in Giust.civ., 2002, II, 323.
18 C.Ferri, Creditori e curatore della procedura principale nel regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza
transnazionali, in Riv.dir.proc., 2004, 708; S.Vincre, Il regolamento Ce sulle procedure d’insolvenza e il diritto
italiano, in Riv.dir.proc., 2004, 217; P.De Cesari e G.Montella, Le procedure di insolvenza nella nuova disciplina
comunitaria, cit., 127.
19 L.Daniele, Il regolamento n.1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza: spunti critici, in Dir.fall., 2004, I, 616.
20 Ad esempio F.De Santis, La normativa comunitaria relativa alle procedure di insolvenza transfrontaliere e il diritto
processuale interno: dialoghi tra i formanti, in Dir.fall., 2004, I, 112 sostiene che l’art.4 prevale sulla Convenzione
di Roma del 19 giugno 1980.
21 Così C.Pappalardo Reale, Il regolamento comunitario n.1346/2000, cit., 1112.
17
pregiudizievoli e il bisogno di protezione della stabilità dei traffici commerciali 22 , rispetto a quei
rapporti che per la loro trasversabilità non sarebbero, ex ante, facilmente riconducibili alla
disciplina di uno o l’altro ordinamento.
Ma spiegata la ratio, ancora resterebbe oscuro il meccanismo di invocabilità della deroga;
talora si è sostenuto che dalla lettura combinata degli artt.4 e 13 se ne dovrebbe inferire che la
revoca dell’atto sarebbe possibile soltanto se consentita cumulativamente dalla lex concursus e dalla
lex contractus ; o, per converso, sarebbe come a dire che si applica, nel concorso fra le due leggi,
quella più sfavorevole alla impugnazione dell’atto 23 .
In verità, la formulazione dell’art.13 lascia intendere una soluzione differente del rapporto
fra le norme, soluzione che si tratteggerà nel § successivo 24 .
5.
Il Regolamento trova applicazione, per la parte che qui interessa valutare, ogniqualvolta vi
sia un elemento di transnazionalità, dettato da conflitti di legge 25 o di giurisdizioni 26 , senza che
occorra l’apertura di una pluralità di procedure 27 ; è cioè sufficiente che alla apertura di una
procedura, faccia seguito un rapporto interferente secondo le indicazioni di cui all’art.4, perché
possano trovare applicazione le regole eccettuative e dunque anche quella dell’art.13. Anzi, fino a
quando non sia stata dichiarata l’apertura di procedure secondarie, la lex concursus trova un limite,
che è fondato sulla regola della territorialità, solo in ordine a particolari categorie di rapporti
elencati dal Regolamento, rapporti che continuano ad essere regolati dalla legge del luogo che
abbia con la cosa o il rapporto un particolare legame 28 .
La presenza di un rapporto interferente presuppone, secondo il tenore della norma, che sia
il convenuto a dimostrare che l’atto impugnato è soggetto ad una disciplina civilistica propria di
uno Stato membro diverso da quello presso il quale ha avuto luogo l’apertura della procedura di
insolvenza 29 .
R.Caponi, Il regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, in Foro it., 2002, V, 224; S.Bariatti,
L’applicazione del Regolamento CE n.1346/2000 nella giurisprudenza, in Riv.dir.proc., 2005, 695; P.De Cesari e
G.Montella, Le procedure di insolvenza nella nuova disciplina comunitaria, cit., 168; M.Virgos e E.Schmit, Report
on the Convention of Insolvency Proceedings, in Fletcher-Moss-Isaac,The EC Regulation on Insolvency Procedings.
A Commentary and Annoted Guide, London, 2002, 138.
23 P.Gottwald, Grenzuberschreitende Insolvenzen. Europaische und weltweite Tendenzen und Losungen, Munchen,
1997, 41 con riferimento alla normativa che ha fatto da prologo al Regolamento.
24 Per ora si può ricordare come il tema dell’affidamento del terzo, contiguo a quello della protezione della
certezza dei traffici, non sia affatto estraneo alle disposizioni del Regolamento. Così, quando si cerca di
apprezzare in quale misura debba essere tutelato il terzo destinatario di una azione revocatoria, non si può
far a meno di pensare a quella norma inserita nell’art.24, a tenore della quale il terzo che ha adempiuto una
obbligazione a favore del debitore insolvente anziché a favore del curatore, non può essere penalizzato se
non era informato dell’apertura della procedura; ciò per dimostrare che l’esigenza di protezione dei traffici
commerciali è stata particolarmente fatta oggetto di attenzione da parte del legislatore, anche in misura
esponenzialmente assai più flessibile di quanto stabilito nei singoli ordinamenti; Cfr. F.De Santis, La
normativa comunitaria, cit., 118 il quale ricorda opportunamente come il regime di cui all’art.24 fosse assai più
garantista nei confronti dei terzi di quanto non lo fosse l’art.44 l.fall. che pur non modificato sul punto, deve
oggi essere riletto al lume della novità innnestata nell’art.16 l.fall. con riferimento alla produzione degli
effetti della sentenza rispetto ai terzi.
22
25 Per la nozione di conflitto di leggi applicabili, cfr., U.Villani, La Convenzione di Roma sulla legge applicabile ai
contratti, Bari, 2000, 29.
26 L.Fumagalli, Il regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, cit., 686.
27 P.De Cesari e G.Montella, Le procedure di insolvenza nella nuova disciplina comunitaria, cit., 171.
In questa direzione si muove C.Punzi, Le procedure di insolvenza transfrontaliera nell’Unione europea, in
Riv.dir.proc., 2003, 1035.
29 Così pure L.Fumagalli, Il regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, cit., 701.
28
E’ noto come, soprattutto dopo la riforma del diritto internazionale privato con la l. 31
maggio 1995 n.218, il giudice debba conoscere della norma straniera d’ufficio, senza che permanga
un onere della prova a cura di parte come se la legge straniera fosse un mero fatto 30 . La norma
dell’ordinamento straniero rileva, dunque, come una norma interna rispetto alla quale si applica il
principio iura novit curia.
Ma, con riferimento al caso che qui interessa, il punto non è quello dell’accertamento del
contenuto di una norma straniera , quanto invece il fatto che proprio dalla applicazione al rapporto
di una norma diversa da quella dello Stato di apertura (la lex fori contractus), consegua la non
applicabilità della lex concursus.
Né, d’altra parte l’art.4 stabilisce regole sulla giurisdizione, posto che la giurisdizione spetta
ai giudici del singolo Stato secondo quelle che sono le norme interne 31 . Come è stato esattamente
osservato 32 , tale disposizione non determina alcuno spostamento della giurisdizione nel senso che
la controversia non viene conosciuta dal giudice dell’altro Stato membro, quello della lex
contractus; il significato della norma è piuttosto quello di prevedere una causa di esenzione dalla
revocatoria da far valere con i limiti del diritto interno applicabile 33 . Per quanto concerne il nostro
Cass., 17 novembre 2003, n. 17388, in Riv. dir. int.priv.proc., 2004, 1042; ora in dottrina, N.Boschiero, Appunti
sulla riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, Torino, 1996, 214; P.Picone, La riforma italiana del
diritto internazionale privato, Padova, 1998, 189; F.Mosconi, Diritto internazionale privato e processuale, Parte
generale, Torino, 2001, 158 ; F.Pocar, Il nuovo diritto internazionale privato, Milano, 2002, 39.
31
L. Fumagalli, Atti pregiudizievoli tra sostanza e processo: quale legge regolatrice per la revocatoria fallimentare?,
in Int’l Lis, 2007, 71; V.Sangiovanni, L’azione revocatoria internazionale fra giurisdizione e legge applicabile, in
Fallimento, 2007, 933.
P.De Cesari e G.Montella, Le procedure di insolvenza nella nuova disciplina comunitaria, cit., 170; S.Bariatti,
L’applicazione del Regolamento CE n.1346/2000, cit., 697; Oberlandesgericht Wien, 17 ottobre 2003, 3 R 151/03b.
Per il nostro ordinamento sia consentito rinviare a M.Fabiani, La comunitarizzazione della revocatoria
transnazionale come tentativo di abbandono di criteri di collegamento fondati sull’approccio dogmatico, in Fallimento,
2004, 376; Il cennato art.4 pur limitandosi a suggerire quale è la legge applicabile, produce indirettamente un
effetto anche sulla giurisdizione; la giurisdizione si radica davanti al giudice italiano per le azioni revocatorie
partorite da una procedura di insolvenza principale o secondaria aperta in Italia, visto che la legge italiana
prevede che tali azioni siano conosciute dal tribunale che ha dichiarato il fallimento, cfr., L.Fumagalli, Il
regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, cit., 690; V. Proto, La revocatoria nella normativa CE sulle
procedure di insolvenza, in S.Pacchi (a cura di), L’interprete e l’operatore dinanzi alla crisi dell’impresa, Milano,
2001, 162. Contra, per la permanente applicazione dell’art.24 l.fall. in relazione all’art.3 l.n.218 del 1995,
C.Punzi, Le procedure d’insolvenza transfrontaliere nell’Unione europea, cit., 1020; P. De Cesari, Diritto
internazionale privato e processuale comunitario, cit., 150 ); tale tribunale è quello che attrae la giurisdizione ai
sensi dell’art.3 della legge n.218 del 1995. L’art.3 prevede che la giurisdizione sussiste in presenza dei criteri
di cui alla cennata Convenzione di Bruxelles e per le materie non coinvolte da tale convenzione, <<la
giurisdizione sussiste anche in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio >>. La norma è stata
comunemente interpretata come volta ad elevare i criteri di competenza interna a criteri di giurisdizione
(sul ruolo della legge interna nel metodo dell’applicazione generalizzata della lex fori, P.Picone, La riforma
italiana del diritto internazionale privato, cit., 375; N.Boschiero, Appunti sulla riforma del sistema italiano di diritto
internazionale privato, cit., 99), con la conseguenza che se in relazione ad una determinata controversia
sussiste la competenza per territorio di un giudice dello Stato, tale competenza resta radicata e si trasforma
in criterio di collegamento per il diritto internazionale privato anche se il conflitto riguarda un bene situato
all’estero o una parte straniera (L. Daniele, Le procedure concorsuali nel diritto internazionale privato e processuale
e nel diritto europeo, in G. Ragusa Maggiore e C. Costa (trattato diretto da), Le procedure concorsuali. Il
fallimento, Torino, 1997, *, 46; F.Pernazza, Revocatoria fallimentare nei confronti dello straniero, in Fallimento,
1997, 318; M. De Cristofaro, Il foro delle obbligazioni. Profili di competenza e giurisdizione, Torino, 1999, 275).
30
L.Daniele, Legge applicabile e diritto uniforme nel regolamento comunitario relativo alle procedure di insolvenza,
cit., 42; A.Bonfanti, Le procedure concorsuali internazionali tra il Regolamento 1346/2000 e la disciplina italiana di
diritto internazionale privato, in Dir.comm.internaz., 2003, 422.
33 Secondo R.Caponi, Il regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, cit., 224 la norma costituisce
invece una eccezione alla applicazione della lex fori concursus. Per S.Di Amato, Le procedure di insolvenza
32
ordinamento, l’art.13 finisce col rivelarsi una disposizione additiva dell’art.67, 3° e 4° comma, l.fall.
che disciplina le esenzioni dalla revocatoria fallimentare 34 .
Questo rilievo della sussistenza dei presupposti per la deroga all’art.4, allora, assume il
significato di una condotta processuale che si traduce in una vera e propria eccezione 35 ; eccezione
da qualificare, ai fini del nostro ordinamento processuale, in senso stretto per come è formulata la
disposizione, sì che è onere del convenuto sollevarla e dimostrarne la fondatezza. Il meccanismo
processuale opera in questo modo: la prova che nell’ordinamento individuato secondo il criterio
della lex contractus quell’atto non sarebbe mai stato impugnabile per vizi della concorsualità, si
rivela un fatto impeditivo per l’accoglimento della domanda e comporta, solo incidentalmente,
l’applicazione della legge diversa da quella del concorso.
6.
L’esclusione della lex concursus non deriva, però, soltanto dalla applicabilità della lex fori
contractus, in quanto a protezione della massa dei creditori, il legislatore ha voluto imporre una
verifica di “legittimità” dell’atto per entrambi gli ordinamenti che vengono in gioco.
L’atto deve rivelarsi, ad un concreto esame (e dunque attraverso una specifica attenzione
alla fattispecie dedotta nella lite) , non impugnabile <<con alcun mezzo>>. Ad una prima lettura
la possibilità di impugnazione dell’atto pregiudizievole dovrebbe restare esclusa laddove si rilevi
che nel caso concreto, prendendo in considerazione tutte le circostanze ad esso relative, nessun
mezzo, definito dal diritto fallimentare o comune della legge designata, è esperibile nei confronti
del convenuto 36 .
Questa interpretazione, piuttosto diffusa 37 , non pare in sintonia con il contenuto di cui
all’art.4 e alla lettura che sopra ne è stata offerta.
Infatti nell’apprezzare la pervasività della lex fori concursus, si è precisato che deve trovare
applicazione la legge del luogo di apertura della procedura di insolvenza con riferimento a tutte (e
solo) le azioni che sono rivolte a rimuovere gli effetti di atti pregiudizievoli compiuti dal debitore;
non ne sono coinvolte le azioni di invalidazione del negozio che trovino la loro fonte in vizi
dell’atto o del negozio estranei alle regole della concorsualità.
Se si parte da questo postulato, la domanda giudiziale radicata secondo le regole della lex
concursus (e verosimilmente davanti al giudice del luogo dell’apertura del concorso), non potrà
avere ad oggetto che vizi della fattispecie derivanti dalla violazione delle regole del concorso 38 . Ciò
nell’Unione Europea: competenza, legge applicabile ed efficacia transfrontaliera, in Fallimento, 2002, 695 la norma
determina l’applicazione, proprio, della lex contractus; sembra così, anche per F.De Santis, La normativa
comunitaria relativa alle procedure di insolvenza transfrontaliere e il diritto processuale interno, cit., 20.
34 Sulle caratteristiche dei principi esonerativi, E.Gallesio-Piuma, Esenzioni legislative dalla revocatoria
fallimentare e marginalità dell’azione nei confronti di un soggetto «forte», in Giur. comm., 1994, I, 1055. Per le nuove
esenzioni e i principi di tutela della certezza dei rapporti, cui in larga parte si ispirano, v. G.Cavalli, Sub
art.67 3° co. lett. A), in A.Jorio (diretto da) e M.Fabiani (coordinato da), Il nuovo diritto fallimentare, Bologna,
2006, 945;
35 L.Daniele, Legge applicabile e diritto uniforme nel regolamento comunitario, cit., 41; P.De Cesari e G.Montella,
Le procedure di insolvenza nella nuova disciplina comunitaria, cit., 168.
In tal senso si esprime L.Fumagalli, Il regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, cit., 701.
G. Moss e T. Smith, in AA.VV., The EC Regulation on Insolvency Proceedings. A Commentary and Annotated
Guide, Oxford 2002, 191, sottolineano che l’atto non deve essere impugnabile in nessun modo, anche tenendo
conto della general law di uno Stato e che l’esame deve essere condotto sul caso specifico e non in astratto.
P.De Cesari e G.Montella, Le procedure di insolvenza nella nuova disciplina comunitaria, cit., 169.
36
37
P.De Cesari, Diritto internazionale privato e processuale comunitario, Torino, 2003, 169; S.Di Amato, Le
procedure di insolvenza nell’Unione Europea: competenza, legge applicabile ed efficacia transfrontaliera, cit., 696
osserva correttamente che non importa che l’atto possa essere impugnato per vizi non coerenti con lo stato di
dissesto dell’impresa.
38
significa che la lite radicata in base al criterio dell’art.4 può vertere solamente su domande tese a
rimuovere l’atto o il negozio in quanto pregiudizievoli alla massa, non in quanto, di per sé, viziati.
La presenza di un vizio di forma del negozio e quindi di un vizio che non coinvolge la
concorsualità, dovrà essere contestata promuovendo una causa avente ad oggetto la declaratoria di
nullità senza che ciò debba portare alla applicazione della lex concursus, né sul piano della
giurisdizione, alla attrazione della controversia al foro della procedura 39 .
Il rovesciamento della prospettiva dal lato del convenuto, vuol significare che il
destinatario degli effetti della domanda giudiziale, può difendersi dimostrando che quell’atto non
sarebbe impugnabile nello Stato membro della lex fori contractus per vizi che attengono alla
concorsualità, ma non si può pretendere che la difesa investa – in negativo – l’esame di patologie
che sono rimaste del tutto estranee alla iniziativa adottata nel Paese di origine della procedura.
Poiché la domanda giudiziale resta fissata nel processo radicato davanti al giudice della lex
concursus, non v’è alcuna ragione di introdurre in quel giudizio fatti, dall’attore non allegati, che
nulla abbiano a che vedere con i vizi della concorsualità dedotti.
La portata dell’espressione <<alcun mezzo>> deve pertanto restringersi considerevolmente
per abbracciare situazioni in cui non esista alcun vizio dell’atto o del negozio attinente al regime
della concorsualità; in tale ottica, il transito da un ambiente normativo all’altro non può essere
consentito se nello Stato membro la cui legge sarebbe applicabile in base alla lex contractus , l’atto
impugnato sarebbe comunque aggredibile per altri profili rispetto a quelli dedotti, sì che
comunque vi sarebbe stata la possibilità di applicare la legge dello Stato di apertura della
procedura di insolvenza. Così se insussistente (in astratto) il presupposto dell’ azione revocatoria,
al contrario si rivelasse presente il presupposto della inefficacia postconcorsuale (il nostro art.44
l.fall. per esempio) , non vi sarebbe alcuna ragione per non invalidare l’atto.
Quanto alla prova del fatto negativo, ovverosia della non impugnabilità dell’atto, va
considerato come anche in questo caso tutto l’onere probatorio gravi sul convenuto; tale onere si
disvela nelle sue asperità laddove si ritenga (in dissonanza rispetto a quanto qui affermato) che il
convenuto debba provare la non impugnabilità sotto ogni possibile profilo di patologia dell’atto
(una prova quasi diabolica) , mentre assai più accettabile sarebbe il valico dell’onere della prova
qualora si condivida la tesi restrittiva qui sostenuta.
Nella dinamica del caso concreto, il convenuto è chiamato a provare che l’atto
asseritamente pregiudizievole, tale non è stato quanto meno secondo le regole dell’ordinamento
dello Stato della lex fori contractus, e ciò attraverso un esame della fattispecie concreta; così non sarà
sufficiente dedurre in astratto la non impugnabilità, dovendo il convenuto cimentarsi sul terreno
del merito della lite 40 .
Poiché a ben vedere, la prova della non impugnabilità dell’atto secondo la lex contractus
presuppone sia una indagine sulla fattispecie, come appena ricordato, sia una indagine sul modo
in cui quella fattispecie viene interpretata, una volta rilevato che gli artt.4 e 13 si presentano come
norme che incidono sul diritto internazionale privato , non va esclusa l’applicazione dei criteri di
cui all’art.14 l.n.218/1995; pertanto il giudice potrebbe affidarsi anche ad un esperto per verificare,
dal punto di vista della tenuta giuridica di una argomentazione, la non impugnabilità dell’atto
dopo che il convenuto abbia assolto all’onere della prova offrendo la dimostrazione della
legittimità concorsuale dell’atto impugnato 41 . Nella medesima prospettiva, la prova proposta dal
convenuto potrebbe tradursi anche in un parere di un esperto della materia.
7. L’art.13 stabilisce un criterio di deroga alla lex concursus rispetto all’atto pregiudizievole; lo
stesso termine compare anche nell’art.4, sì che occorre interrogarsi su quale nozione di <<atto
pregiudizievole>> sia stata presa in esame dal legislatore. In particolare può sorgere il dubbio se
Il legislatore tedesco con la legge 14 marzo 2003 ha modificato la InsolvenzOrdnung stabilendo una regola
di diritto interno equipollente a quella dell’art.13.
40 P.De Cesari e G.Montella, Le procedure di insolvenza nella nuova disciplina comunitaria, cit., 169.
41 Uno spunto in questo senso lo si trae da F.Mosconi, Diritto internazionale privato e processuale, cit., 158.
39
per <<atto>> debba intendersi tutte le condotte che siano riferibili al debitore nel periodo sospetto
o se per atto debba intendersi il negozio, con attrazione del regime dell’atto (e segnatamente, del
pagamento) a quello del negozio.
La prima lettura, quella intuitiva, sembra la più semplice e fondata; per <<atto>> deve
intendersi sia l’atto giuridico in senso stretto che l’atto come categoria più ampia comprensiva
anche dei negozi posti in essere dal debitore.
La lettura alternativa, a ben vedere , apparentemente più lontana dal tenore letterale della
norma, si rivela, ad un esame più approfondito, quella più coerente con la ratio legis, quella ratio
che si è visto incentrata sulla esigenza di proteggere la stabilità dei traffici giuridici nello spazio
europeo. I pagamenti sono atti di adempimento di debiti e vanno tenuti distinti dalle erogazioni di
denaro in sé, atti che potrebbero essere posti in essere senza corrispettivo e che vanno riguardati in
modo autonomo, in quanto sono per definizione atti pregiudizievoli rispetto ai quali non esiste
alcun bisogno di dare portezione a chi li riceve.
Viceversa, il pagamento è un atto necessariamente correlato ad una obbligazione; ora è ben
vero che l’atto pregiudizievole può essere il solo pagamento, senza che occorra valutare la lesività
del negozio sottostante, specie se si condivide una visione indennitaria della azione revocatoria 42 ;
questo però rileva quando il pregiudizio viene letto in funzione della tutela della par condicio
creditorum e non in funzione della tutela della integrità patrimoniale.
Nella differente articolazione che la funzione della revocatoria assume nei diversi
ordinamenti, sarebbe certo possibile che il legislatore comunitario avesse abbracciato una
concezione dell’atto ad ampio spettro, comprensiva del pagamento come atto autonomo, allo
scopo di vedere applicabile la stessa norma anche in presenza di regole nettamente diverse da
Stato a Stato 43 .
Peraltro, una volta preso atto che il legislatore ha voluto riconoscere importanza anche alla
lex contractus, non si può fare a meno di notare come la materia delle obbligazioni debba essere
riguardata alla luce delle disposizioni contenute nella Convenzione di Roma del 1980. A termini
dell’art.10 (<<Portata della legge del contratto>>), la legge che regola il contratto regola in
particolare – fra l’altro - : b) l'esecuzione delle obbligazioni che ne discendono; c) nei limiti dei
poteri attribuiti al giudice dalla sua legge processuale, le conseguenze dell'inadempimento totale o
parziale di quelle obbligazioni, compresa la liquidazione del danno in quanto sia governata da
norme giuridiche; d) i diversi modi di estinzione delle obbligazioni nonché le prescrizioni e
decadenze fondate sul decorso di un termine. Pertanto il pagamento della obbligazione inteso come
“esecuzione delle obbligazioni” e come “atto estintivo delle obbligazioni”, viene disciplinato dalla
lex contractus e non in modo distinto 44 .
Per la lettura indennitaria dell’azione revocatoria, negli studi sulla riforma della legge fallimentare, in
particolare, cfr., G.Terranova, Le procedure concorsuali. Problemi d’una riforma, Milano, 2004, 120 ; C.Costa, La
revocatoria fallimentare ed il progetto di riforma, in Dir. fallim., 2004, I, 139; S.Pacchi, La revocatoria concorsuale , in
Genesi e futuri sviluppi della riforma delle procedure concorsuali, in Fallimento, 2004 suppl. al n. 12. ; F.Corsi,
L’azione revocatoria: dalla natura indennitaria alla tipologia dei pagamenti, in Fallimento, 2004, 1181; E.Bertacchini,
La revocatoria fallimentare nelle prospettive di riforma: tra esigenze di stabilità e ragioni di efficienza, in Giur. it., 2002,
885;
G.U. Tedeschi, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2001, 345; A.Bregoli, Effetti e natura della
revocatoria, Milano, 2001, 76; per la tesi anti-indennitaria sviluppata da A.Maffei Alberti, Il danno nella
revocatoria, Padova, 1970, 241; v. F.D’Alessandro, La revoca dei pagamenti nel fallimento, Milano, 1972; più di
recente, M.Fabiani, Revocatoria fallimentare: attualità dell’istituto e degli aspetti processuali, in Fallimento, 1996,
107; questa è la posizione assunta anche da Cass., s. u., 28 marzo 2006, n. 7028, in Foro it., 2006, I, 1718.
42
L’autonomia dell’atto-pagamento dal negozio cui accede, è una affermazione consolidata della nostra
giurisprudenza: ex multis, Cass., 10 febbraio 2006, n. 2973, in Foro it., Mass., 2006; Cass., 5 novembre 1999, n.
12317, in Fallimento, 2000, 1340; Cass., 27 dicembre 1995, n. 11216, in Fallimento, 1996, 529.
44 U.Villani, La Convenzione di Roma sulla legge applicabile ai contratti, cit., 191.
43
In tale cornice, il fatto che secondo i principi consolidati della nostra giurisprudenza il
pagamento, quale atto lesivo della par condicio creditorum, possa essere visto come atto separato
dalla obbligazione e dunque come atto impugnabile in sé, non dovrebbe impedire l’applicazione
dell’art.13. Infatti, se la legge che regola il rapporto obbligatorio non è la lex concursus ma la lex
contractus, la lex contractus in forza dell’art.10 della Convenzione, regola anche l’esecuzione e
l’estinzione dell’obbligazione; pertanto anche il pagamento deve essere valutato alla stregua di
una legge diversa da quella del concorso.
L’applicazione delle regole della Convenzione di Roma è imposta dal carattere universale e
assorbente di tale Convenzione (così radicato da consentirne l’invocazione anche rispetto alla legge
di uno Stato non contraente) 45 e dal fatto che sebbene non esplicitato in modo inequivoco, le
deroghe all’art.4 vanno trovate necessariamente nelle disposizioni di diritto internazionale privato 46
e, per quello che qui interessa, nelle previsioni della Convenzione in materia di obbligazioni.
Tale conclusione non è certo incontroversa se la si guarda dal cono visivo delle disposizioni
di diritto internazionale privato estranee al Regolamento. Per comprendere con maggiore nitidezza
le sfumature che ricorrono fra lex concursus e lex contractus rispetto all’azione revocatoria giova qui
trascrivere un passo saliente di un recentissimo arresto della Corte di legittimità 47 . I giudici, di
fronte ad una azione revocatoria promossa nei confronti di una banca sanmarinese hanno stabilito
che << occorre rilevare come, dovendo stabilire quale legge sia applicabile in situazioni come l'attuale, la
dottrina abbia in passato manifestato qualche incertezza nello scegliere tra due possibili soluzioni, talvolta
inclinando per la legge applicabile all'atto da revocare (lex contractus o lex causae), altre volte per la legge cui
è
soggetta
la
procedura
di
fallimento
(lex
fori
concursus).
A favore della prima soluzione si è invocata l'unicità dei principi che reggono l'istituto dell'azione
revocatoria, sia che essa venga esperita in via ordinaria dal singolo creditore sia che ad esercitarla sia il
curatore di un fallimento, e la natura sostanziale (e non quindi processuale) delle norme che in entrambe tali
ipotesi la disciplinano: tali per cui, trattandosi pur sempre d'intervenire sugli effetti di un atto negoziale, la
legge di riferimento non potrebbe che essere, appunto, quella dalla quale l'atto medesimo è regolato.
Di contro si è però fatto osservare - e questa seconda opinione sembra prevalere nella dottrina più recente che, pur essendo innegabili i punti di contatto tra l'azione revocatoria ordinaria e quella fallimentare, e pur
dovendosi convenire in via teorica sulla natura sostanziale anche delle norme che corredano l'azione
revocatoria fallimentare con un peculiare regime di presunzioni, ciò che davvero caratterizza quest'ultimo
tipo di azione è proprio il suo essere in rapporto inscindibile con la procedura concorsuale. Rapporto
funzionale così stretto da far sì che necessariamente la legge da cui è retta quella procedura debba essere la
stessa da applicare all'azione che da essa promana: e ciò vuoi alla stregua - come taluno opina - di una lettura
più ampia della citata L. n. 218 del 1995, art. 12, secondo cui il processo che si svolge in Italia è regolato dalla
legge italiana, vuoi in forza dei principi di territorialità e di universalità che altri ritiene inerenti all'istituto
stesso
del
fallimento.
Anche la corte propende per l'applicazione all'azione revocatoria fallimentare della lex fori concursus.
Decisivo appare, a tal riguardo, il fortissimo radicamento nella procedura concorsuale dell'azione in esame,
che si manifesta in modo evidente sia nella genesi stessa di tale azione, sia nella funzione che essa è chiamata
ad
assolvere.
Il legame con la procedura concorsuale è nella stessa genesi dell'azione, perché, con le caratteristiche indicate
dall'art. 67 L. Fall., essa non potrebbe concepirsi all'infuori del fallimento o di altra analoga procedura
concorsuale. Anche nell'eccezionale caso in cui l'art. 124 L. Fall., ipotizza che l'azione revocatoria possa
sopravvivere alla chiusura del fallimento, per essere stata ceduta all'assuntore di un concordato, dal
fallimento essa deve pur sempre avere avuto vita, solo così potendosi giustificare il suo ulteriore esercizio
nell'ambito di un procedimento concordatario, che dell'originaria procedura concorsuale costituisce quasi una
T.Ballarino, Manuale breve di diritto internazionale privato, Padova, 2002, 220.
S.M.Carbone, Il regolamento (CE) n.1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza, in S.M.Carbone, M.Frigo e
L.Fumagalli, Diritto processuale civile e commerciale comunitario, Milano, 2004, 109.
47 Cass. 7 febbraio 2007, n.2692, in Fallimento, 2007, 629 con nota di P.Catallozzi, Giurisdizione e legge applicabile
nelle revocatorie fallimentari transnazionali.
45
46
propagine.
Non meno evidente tale legame appare ove si abbia riguardo alla funzione che l'azione revocatoria assolve
nella procedura concorsuale e che la rende strumentale alle finalità specifiche di quella procedura: in
particolare al ristabilimento della (almeno tendenziale) par condicio creditorum ed alla concreta acquisizione
di beni o valori destinati a confluire nella massa attiva per essere assoggettati a liquidazione e permettere poi il
riparto
del
ricavato
tra
i
creditori
dell'insolvente.
Il che consente, in definitiva, di affermare che detta azione, quantunque disciplinata (anche) da norme di
diritto sostanziale, è in effetti essenzialmente destinata a svolgere una funzione servente nella procedura
esecutiva concorsuale. Donde l'imprescindibile necessità di applicare ad essa la medesima legge in base alla
quale la procedura concorsuale si svolge, giacché si rischierebbe altrimenti di determinare disparità di
trattamento tra creditori diversi e, pertanto, di compromettere proprio una delle finalità salienti del
procedimento esecutivo concorsuale>>.
La visione marcatamente processualistica dell’azione revocatoria 48 , non a caso definita
<<servente>> rispetto alla procedura esecutiva concorsuale, trova un limite nel diritto positivo di
matrice comunitaria. Infatti, nel momento in cui il legislatore ha innestato la disposizione di cui
all’art.13 ha necessariamente inteso (e non occorre qui, per irrilevanza della valutazione, stabilire se
l’opzione sia stata corretta) valorizzare i profili di diritto sostanziale dell’azione revocatoria, per il
tramite della valorizzazione della lex contractus, considerata, ex ante, più adatta a relazionarsi con il
principio della tutela dell’affidamento.
La forte attenuazione dell’impatto revocatorio rinveniente dalla riforma dell’art.67 l.fall. 49 ,
potrà verosimilmente accorciare la distanza fra il nostro ordinamento e quello dei Paesi
dell’Unione, pur se una analisi complessiva e comparata dei diversi diritti interni, lascia aperti
molti interrogativi sul generale depotenziamento del fenomeno revocatorio. Per quanto concerne il
nostro Paese, al variopinto catalogo delle esenzioni soggettive ed oggettive di cui all’art.67 l.fall. e a
tutte le leggi speciali, si giustappone una lista di esenzioni a geometria variabile a seconda della
legge applicabile.
Il passo successivo è presto fatto, ed è sufficiente una minima dose di malizia per
comprenderlo; se l’art. 3 della Convenzione di Roma, al 1° comma, stabilisce che << Il contratto è
regolato dalla legge scelta dalle parti>>, non dovrebbe essere troppo oneroso per le parti di un
contratto, valutare, fra le altre condizioni, anche le regole che in un singolo ordinamento
disciplinano l’esercizio delle azioni di impugnazione concorsuale degli atti pregiudizievoli.
L’opzione per l’ordinamento concorsuale nel quale il rigore revocatorio sia al livello più basso, in
virtù del meccanismo esonerativo di cui all’art.13 del Regolamento, potrebbe condurre
surrettiziamente (in tutte le ipotesi di conflitto) alla abrogazione dell’istituto revocatorio anche nei
Paesi nei quali il regime revocatorio sia, invece, più severo.
8.
Se è vero che la stessa esistenza dell’art.13 costituisce la spia più accecante del fatto che c’è
ancora troppa distanza fra le leggi fallimentari dei diversi Paesi della U.E. perché si possa aspirare
nel breve termine ad una regolamentazione uniforme della crisi dell’impresa, la conclusione cui si
è pervenuti nel § precedente non può non destare allarme.
Certo, il differente assetto normativo distribuito fra molti Stati può stimolare la nota
competizione fra ordinamenti giuridici ma in un mercato transnazionale largamente compatto
come è quello europeo, miglior risultato si potrebbe ottenere omogeneizzando le regole sistemiche
Il fondamento processuale della revocatoria fallimentare, nella dottrina italiana, risale a S.Satta, La rivendita
forzata, Milano, 1933, 55; V.Andrioli, L’azione revocatoria, Roma, 1935, 12; G.Auletta, Revocatoria civile e
fallimentare, Milano, 1939, 67.
49 Sia consentito il richiamo a M.Fabiani, L’alfabeto della nuova revocatoria fallimentare, in Fallimento, 2005, 573;
M.Arato, Fallimento: le nuove norme introdotte con la l. 80/2005, in Dir.fall., 2006, I, ; G.Terranova, La nuova
disciplina delle revocatorie fallimentari, in Dir.fall., 2006, I, 243.
48
per affrontare la crisi dell’impresa 50 ; diversamente le asimmetrie delle legislazioni interne di diritto
privato e processuale rischiano di relegare gli effetti del Regolamento nell’alveo del “buon
funzionamento” e della “semplificazione”, ciò che può risultare comodo da un lato ma assai poco
ambizioso per un progetto di Unione che sia molto più che un mero rassemblemant; se poi, le
disposizioni del Regolamento, si prestano, ancorché involontariamente, a fughe preordinate dalle
azioni revocatorie, ecco allora che un diritto fallimentare comune non è più una aspirazione, ma
una necessità.
[Massimo Fabiani]
C.Punzi, Le procedure di insolvenza transfrontaliera, cit., 1037. Scetticismo sulla possibilità di rendere
omogenee le leggi nazionali sull’insolvenza è manifestato, invece, da C.Ferri, Creditori e curatore della
procedura principale, cit., 725.
50
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