Capitolo 3 Fenomeni termici 1. Le scale di temperatura In che modo è possibile trasferire energia senza compiere del lavoro? Alcune semplici osservazioni portano a concludere che esiste un complesso di fenomeni, in cui viene trasferita energia, che non possiamo descrivere riconducendoli allo spostamento del punto di applicazione di una forza. Pensiamo ad un veicolo che accelera nella direzione di marcia per l’azione di un motore a vapore, aumentando così la sua energia cinetica. Consideriamo il veicolo nel suo complesso come sistema. La legge di conservazione dell’energia permette senz’altro di concludere che, visto che nessuna forza lavora dall’esterno, allora, a spese dell’energia potenziale chimica del carburante, aumentano l’energia cinetica e, come si osserva dal riscaldamento del veicolo, l’energia interna: K U chim Eint 0 K Eint Uchim Proviamo ora a cambiare la scelta del sistema, considerando il carburante un oggetto esterno. Ricordiamo che per la conservazione dell’energia la variazione E deve essere pari alla somma dei trasferimenti. Dobbiamo scrivere pertanto: K Eint Trasferimenti Ci rendiamo però conto di non disporre di uno strumento per quantificare questo tipo di trasferimento energetico. Infatti si può certamente dire che i pistoni, tramite le bielle, applicano una forza sulle ruote, compiendo del lavoro su di esse, e si può anche dire che le molecole del vapore d’acqua in espansione nella caldaia esercitano in qualche modo una forza sulle pareti dei pistoni. Ma queste sono tutte parti interne al sistema. La sorgente esterna di trasferimento energetico è la fiamma che nasce dalla combustione e riscalda l’acqua nella caldaia del motore. Non è possibile però affermare che “la fiamma compie del lavoro sull’acqua” perché essa non esercita alcuna forza sul sistema. E’ quindi necessario completare il quadro tramite l’introduzione di nuove grandezze fisiche e nuove leggi che descrivano tali fenomeni, che nel complesso diremo fenomeni termici. TEMPERATURA Proprietà dei corpi FENOMENI TERMICI CALORE Interazione fra i corpi Quali grandezze ci occorrono per descrivere un fenomeno termico? Una grandezza fisica non è qualcosa che “si scopre” ma piuttosto il risultato della creatività umana che desidera costruire gli strumenti più adeguati per lo studio dei fenomeni. Come in meccanica si introducono da un lato grandezze che descrivono le proprietà dei corpi (massa ed energia), dall’altro grandezze che descrivono il modo in cui i corpi interagiscono (forza e lavoro), ora per analogia cercheremo di individuare due grandezze distinte nello stesso modo. La prima la diremo temperatura, e vogliamo che esprima una proprietà termica degli oggetti, che descriva cioè quegli stati fisici che non sono riconducibili a grandezze meccaniche. La seconda la chiameremo calore e vogliamo che descriva quantitativamente l’interazione fra i corpi per effetto delle loro proprietà termiche, cioè che descriva quelle interazioni che non sono interpretabili come fenomeni meccanici. La sensazione tattile di caldo descrivono una proprietà degli oggetti oppure un’ interazione? Prima di dare delle definizioni operative di queste nuove grandezze, è ragionevole chiedersi a quale delle categorie appartenga la più immediata fra le esperienze che nel linguaggio colloquiale classifichiamo come sensazione di calore. Ora, uno stesso corpo ci appare caldo se prima di toccarlo immergiamo le mani in acqua fredda, e freddo se prima le immergiamo in acqua calda. Questa semplice osservazione porta a concludere che quando usiamo i termini caldo e freddo non stiamo descrivendo una proprietà dell’oggetto a contatto con noi, altrimenti la sensazione di caldo/freddo non dovrebbe mutare visto che l’oggetto non è stato alterato. Il tatto esprime piuttosto la relazione che corre fra il nostro stato e quello dell’oggetto, e cioè un processo di interazione. Quali difficoltà occorre superare per misurare lo stato termico dei corpi? Per misurare la temperatura di un corpo abbiamo bisogno individuare una qualunque proprietà fisica che vari con continuità al variare dello stato termico. Lo stato termico viene quindi misurato per via indiretta, cioè attraverso indicatori degli effetti che esso produce Esistono numerose proprietà che hanno queste caratteristiche: a titolo di esempio citiamo il volume degli oggetti, la resistenza che le sostanze offrono al passaggio di corrente elettrica, e tante altre ancora. Il problema è che a seconda della proprietà alla quale si decide di fare riferimento, oppure della sostanza che si sceglie di adoperare, la scala termica che si stabilisce è differente. Il numero possibile di scale termometriche è quindi praticamente illimitato. Su quali evidenze possiamo basarci per trasformare in una misura lo stato termico dei corpi? DILATAZIONE DELLE SOSTANZE Alle sensazioni di caldo e freddo è legata una variazione di volume delle sostanze. La gran parte di esse si dilata al crescere della temperatura. E’ questo l’effetto fisico che sfrutteremo come indicatore dello stato termico. PRINCIPIO DELL’EQUILIBRIO TERMICO In condizioni fisiche lontane da quelle del cambiamento di fase, il contatto fra oggetti caldi e freddi tende a livellare i loro stati termici: quello caldo si raffredda .e quello freddo si riscalda. Questo processo spontaneo si arresta dopo un certo tempo, conducendo una situazione intermedia, nella quale cessa ogni tipo di interazione. Lo stato raggiunto si dice equilibrio termico. L’enunciazione del principio dell’equilibrio termico si deve allo scienziato 2 scozzese Joseph Black (1728–1799) e fu scoperto relativamente tardi, nel XVIII secolo, probabilmente perché contrasta con la semplice osservazione che oggetti di materiale differente, come stoffe, metalli o legno appaiono termicamente assai differenti al tatto anche quando si trovano alla stessa temperatura. PRINCIPIO ZERO DELLA TERMODINAMICA L’equilibrio termico è transitivo: se A e C sono in equilibrio termico, e se B e C sono in equilibrio termico, anche A e B sono in equilibrio termico. Questa proprietà rende possibile il concetto stesso di misura garantendoci che quando lo strumento B indica lo stesso stato termico per due oggetti A e C, possiamo concludere che A e C sono in equilibrio termico anche se non li poniamo a contatto. TEMPERATURA DELLE TRANSIZIONI DI FASE Esistono dei processi fisici che avvengono a valori fissi di temperatura, come le transizioni dalla fase solida alla fase liquida di una sostanza pura, oppure il processo di ebollizione alla pressione atmosferica. La stabilità di questi stati termici ne rende possibile l’utilizzo come stati di riferimento. Nella pratica, come costruire un indice dello stato termico di un corpo? Lo strumento di misura, che diremo termometro, avrà caratteristiche diverse a seconda dagli intervalli di temperatura che si desiderano misurare. Per valori non troppo distanti dalle condizioni ambiente si individua innanzitutto una sostanza che vari in modo facilmente misurabile il proprio volume nell’intervallo di interesse. Per motivi che vedremo, la scelta cade sul mercurio oppure sull’alcol od il toluolo, senza però dimenticare che, come si è detto, la misura di temperatura che si ottiene sarà legata alle particolari proprietà ad esempio del mercurio. L’effetto di dilatazione non sarebbe osservabile se non si facesse uso di un meccanismo di amplificazione, consistente in un bulbo di vetro alla base di un capillare. Il bulbo racchiude praticamente tutta la massa del mercurio, e la parte di sostanza che trova posto nel capillare ne è solo una porzione minima. In questo modo anche una piccola variazione di volume del mercurio nel bulbo diventa assai evidente nel minuscolo capillare. Si scelgono quindi due fenomeni fisici che individuino degli stati termici di riferimento, ad esempio il congelamento e l’ebollizione dell’acqua alla pressione atmosferica. Si misurano poi i valori assunti dalla grandezza scelta come indice dello stato termico quando la sostanza è in equilibrio con quelle temperature: in questo caso le lunghezze Xcong ed Xeboll della colonnina di mercurio. Un allungamento corrispondente ad una temperatura compresa fra le due di riferimento avrà un valore intermedio Xt . La frazione di allungamento rispetto a quello corrispondente all’ebollizione, viene espressa su di una scala da zero a cento, si fanno cioè cento suddivisioni uguali lungo la colonnina, e si continua a graduare con lo stesso passo per misurare anche temperature sotto allo zero e sopra ai cento. Il numero così ottenuto: Xt Xcong t Xeboll Xcong 100 °C 3 CAPILLARE X eboll Xt Xcong BULBO LA CONTROFISICA La temperatura Celsius non è una grandezza fisica perché il fatto che due valori siano l’uno il doppio dell’altro dipende dalla scelta dello zero, che è del tutto arbitraria. Queste stesse temperature non sono più, infatti, più l’una il doppio dell’altra se passiamo ad esempio alla scala Fahrenheit. è detto temperatura Celsius. Non si tratta di una misura nel senso in cui lo sono le misure di lunghezza o di massa, perché avendo scelto arbitrariamente lo zero non abbiamo stabilito cosa intendiamo per temperatura doppia o tripla, o frazione di un’altra, ma solo cosa significa che un salto di temperatura è doppio o triplo o frazione di un altro. Il termometro clinico è uno strumento con queste caratteristiche? Lo strumento che adoperiamo per vedere se abbiamo la febbre, detto termometro clinico, differisce leggermente dalla descrizione fatta sopra, ed appartiene ad una categoria detta termometri a massima. Fra il bulbo ed il capillare è presente una strozzatura, foggiata in modo da permettere al mercurio di uscire dal bulbo nella fase di riscaldamento. Non appena il liquido comincia a contrarsi per il raffreddamento, la strozzatura produce la rottura della colonnina, bloccando così la lettura sulla massima temperatura raggiunta. Sono possibili altre scale con la stessa sostanza? Nella scala Celsius l’ebollizione ed il congelamento dell’acqua valgono 100 °C e 0 °C , come si vede ponendo Xt Xeboll oppure Xt Xcong nella formula. I valori assegnati agli stati di riferimento sono arbitrari, come arbitraria è la suddivisione in cento parti dell’intervallo compreso fra essi. La scala Fahrenheit assegna invece i valori 32 e 212 e divide in centoottanta parti, mentre per la scala Kelvin le divisioni sono di nuovo cento ed i valori invece 273,15 e 373,15 . CELSIUS FAHRENHEIT 212 100 tC 0 KELVIN 373, 15 TK tF 32 Ebollizione dell’acqua 273, 15 Congelamento dell’acqua 0 Rapportando la lunghezza della colonna di sostanza che si trova al di sopra della temperatura di riferimento più bassa (rispettivamente tC , tF 32 e TK 273,15 : si veda la figura) alla lunghezza dell’intervallo di temperature fra i due riferimenti in ciascuna scala, abbiamo la formula di conversione: tC t 32 TK 273,15 F 100 180 100 4 Le unità di misura sono il grado Celsius °C, il grado Fahrenheit °F ed il kelvin K (in questo caso la dicitura grado non si usa). Che accade al momento in cui poniamo questo termometro a contatto con un oggetto? Quando il termometro è a contatto con il corpo di cui vogliamo conoscere la temperatura i due oggetti raggiungono l’equilibrio termico. Il volume raggiunto dal liquido, su una scala tarata come sopra detto, è un effetto legato a questo fenomeno e rappresenta un indice della temperatura di equilibrio termico. La temperatura di equilibrio coincide con la temperatura dell’oggetto prima del contatto (che è quella che vogliamo misurare) solo se possiamo considerare trascurabile la perturbazione dovuta al termometro. Detto in altri termini, quella che si misura è sempre la temperatura del termometro e non quella del corpo. Il principio zero della termodinamica poi, ci assicura che quando il termometro misura la stessa dilatazione del liquido per due corpi differenti, questi sono alla stessa temperatura Quali limiti presenta un termometro così concepito? Vi sono innanzitutto limitazioni sull’intervallo di temperature di utilizzo, che non può ovviamente estendersi oltre il campo di valori per i quali il liquido di misura si congela (per il mercurio sono 39 °C ) oppure bolle ( 357 °C ). Non va poi dimenticato che il procedimento di misura introduce una perturbazione. Un termometro che si trovasse a temperatura molto maggiore di quella che si desidera misurare cederebbe una considerevole energia all’oggetto, modificandone lo stato termico e producendo una lettura priva di senso. Questo problema si fa sempre più importante quanto più la temperatura da misurare si abbassa: vedremo nel seguito la strategia che si adotta. Le dilatazioni di sostanze diverse sono proporzionali fra loro? Le dilatazioni della colonnina di mercurio sono ovviamente uniformi, per definizione, rispetto ad una scala costruita tramite il mercurio. Vale a dire che l’incremento di un grado corrisponde sempre alla stessa variazione di lunghezza, indipendentemente dal fatto che avvenga fra 20 °C e 21 °C oppure fra 60 °C e 61 °C , e questo semplicemente per il fatto che il termometro è stato tarato proprio in modo da produrre un tale effetto. Ciò non è più vero se lungo la scala del mercurio riportiamo le dilatazioni di una colonnina di alcol o di toluolo, perché vi sono delle differenze fra le leggi di dilatazione delle sostanze. Anche se abbiamo tarato gli indici di un termometro a toluolo ed uno a mercurio in modo che segnino la stessa temperatura nelle posizioni di riferimento, accadrà che ad esempio, quando il primo segna 50 °C , il secondo segni una temperatura che in questa regione centrale può arrivare a differire anche di 3 °C . Purché non si vada a temperature molto sotto lo zero o molto sopra ai cento, dove il disaccordo supera le decine di gradi, da un punto di vista pratico si tratta di scarti non eccessivi, e quindi possiamo senz’altro fare uso dei termometri così costruiti. Concettualmente però questo ostacolo deve essere superato, altrimenti non potremmo mai disporre di una misura di temperatura che non sia legata alle particolari proprietà di dilatazione di questa o quella sostanza. 5 Come è stato superato il problema del disaccordo fra i termometri? Nella seconda metà del secolo XIX si osservò che, a differenza degli strumenti che sfruttavano la dilatazione di sostanze allo stato liquido, i termometri a gas mostravano un notevole accordo. Questa stabilità fra scale termometriche costruite con gas differenti abbracciava ampi intervalli di temperatura, e l’accordo fra le misure era tanto migliore quanto più rarefatti erano i gas di cui si faceva uso. Gas come l’azoto, l’idrogeno, l’ossigeno e l’elio, quando vengono riscaldati da 0 °C a 100 °C , mantenendone la pressione costante, aumentano di oltre un terzo il loro volume: il fattore preciso varia da sostanza a sostanza. Ma in condizioni di estrema rarefazione, quando la loro pressione tende ad annullarsi (condizioni di gas ideale), il fattore di incremento fra il volume V100 del gas dilatato e quello V0 che possiede quando il bulbo è in equilibrio con il ghiaccio fondente diviene per tutti uguale a: V100 V0 100 0.36610 V0 273.15 Un semplice termometro a gas consta di un bulbo ed un cannello lungo cui scorre una goccia e che sia aperto all’estremità per tenere la pressione costantemente uguale a quella atmosferica. La suddivisione del cannello in tacche uguali consente di legare la variazione di temperatura alla differenza V100 V0 . Più in particolare, il valore del fattore di incremento del volume ci dice che, essendo l’aumento V100 V0 di volume da 0 °C a 100 °C pari a 100 V0 , per ogni grado si ha un incremento pari a: 273.15 1 V0 V0 273.15 con 1 273.15 dove viene detto coefficiente di dilatazione termica, a pressione costante, dei gas ideali. Il valore di temperatura letto dal termometro a gas ideale sarà allora esprimibile da una formula che rapporti la variazione di volume complessiva V V0 alla variazione V0 corrispondente ad una tacca della scala: t V V0 V0 La procedura consente quindi di ottenere una temperatura centigrada attraverso la misura di un volume, misura che, se eseguita in condizioni di estrema rarefazione, è indipendente dalla sostanza gassosa utilizzata. Qual è la legge di dilatazione dei gas rarefatti a P costante? Invertendo la formula che definisce la temperatura si ricava una legge di dilatazione a pressione costante per i gas rarefatti, detta prima legge di GayLussac: 6 V gas 1 V0 V V0 1 t V0 V0 Esiste un limite inferiore alle temperature? Si è soliti osservare che questa formula suggerisce un limite inferiore alle temperature che possiamo immaginare di raggiungere. Infatti, se per ogni 1 grado di raffreddamento il volume del gas diminuisce di V0 , qualora 273.15 scendessimo di 273.15 °C sotto alla temperatura di fusione del ghiaccio, il volume del gas si annullerebbe. Non avrebbe allora senso pensare di scendere a temperature più basse di 273.15 °C , perché secondo la prima legge di GayLussac queste renderebbero negativo il volume del gas. L’andamento lineare di questa legge è raffigurato qui a fianco: la pendenza delle rette V0 dipende solo dalla quantità di gas rarefatto presente (e quindi dal volume V0 che occupa a t 0 °C ) ma non dal tipo di sostanza (cioè è una costante). L’idea -273, 15 °C gas 2 gas 3 0°C t LA CONTROFISICA Non ha significato pensare a 273.15 sotto zero come la temperatura che il gas avrebbe se non diventasse liquido, perché il gas diventa liquido! Non esiste un esperimento che possa provare il raggiungimento di un volume nullo da parte di un gas. di un limite inferiore alle temperature nasce osservando che le rette incontrano l’asse delle temperature in un unico punto: V V0 1 t 0 t 1 273.15 °C Tuttavia questo ragionamento, sebbene sia di guida all’intuizione, è privo di supporto sperimentale perché presuppone l’esistenza, fino a temperature estremamente basse, di un gas in condizioni ideali di estrema rarefazione, al quale poter applicare la prima legge di Gay-Lussac. L’esperienza invece mostra che, diminuendo progressivamente la temperatura di un aeriforme, si assiste alla sua condensazione in liquido, per cui la sostanza cessa di esistere in quella fase. Un successivo raffreddamento solidifica la sostanza, portandola ad occupare uno spazio finito e ben determinato, per cui non vi è evidenza sperimentale che autorizzi ad ipotizzare il raggiungimento di un volume nullo. Quindi, il fatto che si trovi una intersezione matematica con l’asse delle temperature prolungando, come nel tratteggio in figura, la retta della legge di dilatazione dei gas rarefatti oltre la regione fisica di applicabilità, da solo non basta per sostenere la presenza di un limite inferiore in corrispondenza di t 273.15 °C . L’effettiva esistenza di un tale valore di zero assoluto per la temperatura viene invece rigorosamente giustificata con altri argomenti, di natura termodinamica, che saranno affrontati a suo tempo, e che consentono anche di dimostrare che tutti i gas ideali definiscono la stessa scala. Sulla base di questi risultati possiamo fissare una scala assoluta per la temperatura? Il fisico britannico William Thomson (poi divenuto Lord Kelvin, 1824 –1907) propose di adottare una scala centigrada assoluta di temperatura basandosi sulle regolarità nel comportamento dei gas rarefatti, con uno zero proprio in corrispondenza del valore 273.15 °C . Indicando con la maiuscola T la temperatura assoluta, e con t i valori misurati per mezzo del termometro a gas 7 LA CONTROFISICA E’ errato dire che allo zero assoluto le molecole sono ferme. Per la loro natura, le particelle elementari non possono mai essere ferme. Se davvero fossero ferme, conosceremmo con esattezza il valore della loro velocità, cioè zero, il che comporterebbe una indeterminazione infinita sulla loro posizione. E’ quanto afferma un fondamentale principio di meccanica delle particelle elementari dovuto ad Heisemberg. Allo zero assoluto esse sono invece in moto con il minimo valore di energia cinetica che la loro condizione permette. rarefatto nella regione di applicabilità della prima legge di Gay-Lussac, con lo zero invece in corrispondenza del ghiaccio fondente, si ha la semplice relazione: T 1 t 273.15 t Invertendo la relazione, otteniamo anche una riformulazione semplice della prima legge di Gay-Lussac nella scala Kelvin: 1 t T V V0 T Cosa significano dei valori di T fuori dalla regione misurabile con la legge di Gay-Lussac? Per il momento i valori di temperatura fuori dalla regione in cui si può applicare la legge di dilatazione dei gas rarefatti hanno solo un significato matematico, e dovremo introdurre nel seguito un metodo che consenta di definirli operativamente e misurarli. Di questo ci occuperemo studiando la termodinamica, i cui strumenti consentiranno di dimostrare (1) che tutti i gas ideali definiscono la stessa scala, (2) che esiste uno zero assoluto, temperatura di un sistema che non può trasferire energia a nessun altro corpo che sia in contatto con esso, (3) che è possibile una definizione operativa di temperature fino a quel valore, (4) che la temperatura assoluta è una reale misura nel senso in cui lo sono le misure di lunghezza o di massa, perché risulta legata al contenuto energetico delle molecole e a differenza di quella basata sulla dilatazione del mercurio, consente di stabilire cosa intendiamo per temperatura doppia o tripla, o frazione di un’altra. LA CONTROFISICA E’ errato dire che si usa il termometro a mercurio perché la sua scala è lineare. Qualsiasi scala termometrica è lineare, per definizione, rispetto alle dilatazioni della sostanza che si è usato per tararlo. Si tratti di alcol, toluolo, mercurio od altro ancora, a qualunque temperatura avvenga il salto di un’unità, questo corrisponde sempre alla stessa variazione di lunghezza (diversa per ogni sostanza). Si usa il mercurio principalmente per il suo buon accordo con la scala assoluta. Perché si fa comunemente uso del termometro a mercurio e non di quello a gas rarefatto? Il termometro a gas è adeguato per un laboratorio scientifico, dove si eseguono misure di grande precisione, ma risulta di poca utilità fuori da tale ambito a causa della sua scarsa praticità. Uno strumento più agile, come quelli che sfruttano la dilatazione dei liquidi, è senz’altro da preferire per l’uso quotidiano, anche a scapito della precisione. La scelta del mercurio (o dell’alcol) si deve al fatto che queste sono le sostanze che, nella regione fra 0 °C e 100 °C , mostrano il migliore accordo con la scala assoluta. 2. Il trasferimento di energia per calore La conoscenza della temperatura dei corpi esaurisce le informazioni sui fenomeni termici? No: numerose osservazioni inducono a concludere che per descrivere i processi termici la sola conoscenza della temperatura misurata con il termometro è insufficiente. Si considerino ad esempio le esperienze seguenti: 8 1. 2. 3. 4. Un certo quantitativo di acqua calda raggiunge l’equilibrio termico con l’ambiente che lo circonda in tempi molto differenti a seconda che l’acqua sia posta in un recipiente aperto, versata sul pavimento oppure dentro ad un thermos chiuso. La temperatura finale di equilibrio è la stessa nei tre casi, quindi il suo valore non ci dice nulla sui dettagli del processo (ad esempio sul tempo impiegato). Due quantitativi d’acqua differenti, uno grande ed uno piccolo, inizialmente in equilibrio termico, quando sono riscaldati su due fornelli identici, raggiungono un prefissato valore di temperatura in tempi diversi, ed il quantitativo minore vi arriva molto prima. Anche in questo caso la semplice informazione sulle temperature di partenza e di arrivo, che sono le stesse, nasconde importanti dettagli. Due sistemi posti in contatto raggiungono l’equilibrio termico con un cambiamento di temperatura che non è lo stesso per entrambi, ma dipende da vari fattori come la massa, la geometria, il tipo di sostanza ecc., informazioni che non sono accessibili se si dispone solo della temperatura di equilibrio raggiunta. Un cubo di ghiaccio prossimo a 0°C , immerso in un grande quantitativo di acqua calda, prima di raggiungere l’equilibrio termico fonde mantenendo costante la propria temperatura. La conoscenza della sola temperatura finale non contiene queste informazioni. Quali informazioni occorrono per completare quella fornita dalla lettura del termometro? Per descrivere i processi che comportano variazione di temperatura tramite il contatto fra oggetti entreremo ora nel dettaglio della grandezza che abbiamo chiamato calore. Vediamo in primo luogo come l’esperienza mostri due importanti risultati: (1) che il contatto può anche non essere accompagnato da variazioni di temperatura; (2) che il contatto non è l’unico fenomeno che comporta una modifica della temperatura. In quali modi può essere cambiata la temperatura di un corpo? Abbiamo già considerato il principio dell’equilibrio termico, per il quale il contatto fra due oggetti a differenti temperature (ma lontani dalla transizione di fase), tende a modificare le temperature di entrambi. Non è questo tuttavia l’unico meccanismo esistente; ricordiamo brevemente alcune esperienze: 1. L’attrito modifica la temperatura di un corpo: si consideri ad esempio lo strofinio fra due superfici, oppure il riscaldamento del metallo quando viene battuto o lavorato. 2. La presenza di corrente elettrica riscalda, anche considerevolmente, il conduttore: il filamento di tungsteno di una comune lampada ad incandescenza ad esempio supera i 2000 °C . 3. 4. 5. Alcune reazioni chimiche possono essere accompagnate da variazioni di temperatura dei reagenti. La compressione di un gas tende a produrre un innalzamento della sua temperatura: si pensi all’aria nel pistone di una pompa da bicicletta. L’interazione con la radiazione può cambiare la temperatura. Si pensi ad un oggetto lasciato al Sole ma anche al cibo nel forno a microonde. 9 Il contatto fra oggetti a temperature diverse è sempre accompagnato da variazione di T ? Se il contatto avviene in corrispondenza di quel particolari condizioni fisiche caratteristiche della transizione di fase di uno dei due, la sua temperatura rimane costante. Alla pressione atmosferica, mentre un ferro rovente appoggiato sul giaccio si raffredda, il ghiaccio, raggiunti gli 0 °C , inizia il processo di fusione mantenendo la temperatura inalterata. Il contatto è accompagnato dal passaggio di qualche tipo di sostanza fra i corpi? L’idea erronea dello spostamento fra i corpi di una sostanza detta “fluido calorico” è stata invocata in passato a spiegazione del meccanismo di livellamento delle temperature che il contatto comporta. Se quest’ipotesi fosse vera però, dal riscaldamento prodotto per attrito su di un corpo, ad esempio dalla punta di un trapano, si libererebbe una quantità potenzialmente inesauribile di fluido calorico. La conclusione che tutto questo “fluido calorico” era prima contenuto nel corpo appare paradossale e quindi l’ipostesi viene respinta. A quali meccanismi microscopici è riconducibile la temperatura? Su scala microscopica ogni corpo è costituito da un enorme numero di particelle, che a seconda della sostanza potranno essere atomi, oppure ioni, molecole od anche aggregati di milioni di molecole. Nella fase solida queste particelle sono vincolate a delle posizioni determinate nello spazio, attorno alle quali possono oscillare; nelle fasi liquida ed aeriforme hanno invece libertà di movimento in qualunque direzione. Quale che sia lo stato di aggregazione, molte esperienze indicano che tali particelle non sono ferme, ma risultano animate di moto caotico. Pur essendo assente uno spostamento ordinato d’insieme, ognuna di loro si muove con propria velocità e direzione, indipendentemente da quello che fanno le altre. Nel caso dei solidi si tratta di vibrazioni attorno ad una posizione di equilibrio, nel caso di liquidi e gas si tratta di liberi spostamenti in tutte le direzioni, sovrapposti a rotazioni. Quello che chiamiamo “temperatura di un oggetto” è semplicemente il modo in cui si manifesta al tatto, o durante il contatto con altri oggetti, il moto di agitazione caotica che su scala microscopica anima le sue particelle. La nostra definizione di temperatura basata sul dilatamento delle sostanze non fa riferimento a tutto questo, ma come vedremo più avanti è possibile introdurre una scala di temperatura legata allo stato di agitazione delle particelle. Il risultato di questi studi mostra come la temperatura può essere ricondotta all’energia cinetica con cui traslano le particelle: LA TEMPERATURA DI UN OGGETTO È DIRETTAMENTE PROPORZIONALE AL VALORE MEDIO DELL’ENERGIA CINETICA DOVUTA MOTO CAOTICO DI TRASLAZIONE DELLE PARTICELLE CHE LO COSTITUISCONO : T K traslazione delle particelle Cosa accade, microscopicamente, durante il contatto fra sostanze a temperature differenti? Nel contatto le molecole veloci del corpo caldo interagiscono, tramite urti, con quelle lente del corpo freddo. In seguito alle collisioni le prime mediamente rallentano, le seconde acquistano velocità. Questo scambio di energia cinetica 10 fra le molecole delle due sostanze tende a condurre i corpi stessi verso uno stato di agitazione omogeneo, cioè ad una temperatura di equilibrio compresa fra le due iniziali. Nel caso di corpi solidi le interazioni per il raggiungimento dell’equilibrio partono dalla superficie di contatto e si propagano, se invece la fase è liquida oppure aeriforme, gli scambi energetici sono agevolati dalla possibilità per le sostanze di mescolarsi, che comporta una moltiplicazione delle regioni di contatto. IL RAGGIUNGIMENTO DELL’EQUILIBRIO TERMICO È QUINDI UNO SCAMBIO DI ENERGIA CINETICA AL LIVELLO DEL MOTO DI AGITAZIONE MOLECOLARE Il contatto fra due corpi a diversa temperatura è quindi un analogo del lavoro? Si perché comporta un trasferimento di energia. Il corpo più freddo avrà, alla fine del processo, variato l’energia cinetica media delle sue particelle incrementandola per portarsi alla temperatura di equilibrio, viceversa per il corpo inizialmente più caldo. Tuttavia, su scala macroscopica tale trasferimento energetico non può essere ricondotto allo spostamento del punto di applicazione di una forza, perché tutte le interazioni sono avvenuta alla scala delle molecole. Sono le collisioni fra le molecole, dovute al moto disordinato di agitazione termica, ad essere responsabili dello scambio di energia, ma il fatto che stiamo osservando l’effetto di un fenomeno microscopico, in qualche modo nasconde questa parte degli aspetti fisici. Per completare la descrizione del fenomeno di trasferimento energetico si introduce, allora, la grandezza termodinamica Q detta energia trasferita per calore, o più semplicemente calore. Q rappresenta la quantità di energia che viene scambiata per effetto degli urti fra le molecole dovuti al moto disordinato di agitazione termica. Analogamente al lavoro, anche il calore descrive un trasferimento energetico, e precisamente Q è l’energia trasferita unicamente per effetto della differenza di temperatura. Q: ENERGIA TRASFERITA PER VIA TERMICA, CIOÈ PER EFFETTO DEGLI URTI CHE AVVENGONO FRA LE MOLECOLE DI SOSTANZE CHE SONO A TEMPERATURE DIFFERENTI ATTRAVERSO LA SUPERFICIE CHE LE SEPARA L: ENERGIA TRASFERITA PER VIA MECCANICA, CIOÈ PER EFFETTO DELLO SPOSTAMENTO DEL PUNTO DI APPLICAZIONE DI UNA FORZA LUNGO LA DIREZIONE DELLA FORZA Il calore non è quindi una sostanza, e nemmeno una proprietà dei corpi, come i primi fisici che studiarono termologia furono indotti a pensare, ma piuttosto la descrizione di un processo. Quindi calore e lavoro sono due modalità di scambio energetico? Si, in un certo senso è come se il sistema andasse a rifornirsi da un benzinaio che dispone di due pompe differenti: calore e lavoro possono essere visti come due tipi di carburante ugualmente in grado di riempire il serbatoio dell’energia di ogni sistema. Il lavoro è l’energia scambiata con l’ambiente come risultato di modifiche nella forma o nella configurazione del sistema. Esso si esprime tramite parametri 11 LA CONTROFISICA Anche se in fisica si è soliti riferirsi a Q come “calore” qui preferiamo chiamarlo “energia trasferita per calore” ad evidenziare che il calore non è una sostanza, ma un processo di trasferimento il cui oggetto è l’energia. In questo modo è più facile evitare l’errore di parlare di “calore contenuto in un corpo”. Solo l’energia è posseduta dai corpi: non si può stipare del calore come non è possibile stipare del lavoro. Q ed L esistono solamente durante i processi di trasferimento e non possono essere immagazzinati. ENERGIA Q 7 5 w J 4 0 J CALORE LAVORO Q macroscopici ed è dovuto all’azione di forze che spostano il loro punto di applicazione, facendo così subire alle molecole del sistema una variazione nella velocità del moto ordinato d’insieme. Il calore, invece, corrisponde all’energia scambiata attraverso la superficie di separazione tramite le collisioni fra le molecole del sistema e quelle dell’ambiente, quando fra questi esiste una differenza nella temperatura (e quindi nell’energia media di agitazione molecolare). I cambiamenti energetici coinvolti sono in questo caso al livello microscopico. Le particelle guadagnano (o perdono) energia sotto forma di traslazioni, vibrazioni, rotazioni ecc, subendo una variazione nella velocità del moto disordinato di agitazione termica. w 12