- I.I.S. Prever – Pinerolo

Capitolo 1
Le funzioni
1.1 Definizioni generali
Al fine di comprendere il concetto di funzione è conveniente introdurre quello di relazione tra due
insiemi qualsiasi A e B costituiti da oggetti qualsiasi.
Definizione 1.1.1 Si dice relazione una regola di associazione che mette in corrispondenza gli
elementi di A (detto dominio) con gli elementi di B (detto insieme di arrivo).
Definizione 1.1.2 Si dice funzione una relazione che soddisfa le seguenti condizioni:
a) associa ad ogni elemento di A, almeno un elemento di B
b) associa ad ogni elemento di A, al massimo un elemento di B
Osservazione 1.1.1 In sintesi una funzione è una relazione che associa ad ogni elemento di A uno e
un solo elemento di B.
Esempio 1.1.1 Siano A = {Roma; Parigi; Londra} e B = {Italia, Francia}e si consideri la relazione
che parte da A e giunge in B che consiste nella seguente regola: “essere capitale di …”. La
rappresentazione di tale relazione è riportata nella figura sottostante. Si noti l’uso dei diagrammi di
Eulero-Venn.
A
B
Roma
Italia
Parigi
Francia
Londra
Figura 1.1.1
È evidente che non si tratta di una funzione perché l’elemento “Londra” di A non è associato ad
alcun elemento di B.
Esempio 1.1.2 Siano A ={Piemonte, Lombardia}e B ={Alessandria; Vercelli; Mantova} e si
consideri la relazione che parte da A e giunge in B che consiste nella seguente regola: “essere la
regione d’Italia la cui provincia è …”.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
A
B
Piemonte
Alessandria
Lombardia
Vercelli
Mantova
Figura 1.1.2
È evidente che non si tratta di una funzione perché l’elemento “Piemonte” di A viene associato a
due elementi dell’insieme B.
Esempio 1.1.3 Siano A = {Roma; Parigi} e B = {Italia, Francia}e si consideri la relazione che
parte da A e giunge in B che consiste nella seguente regola: “essere capitale di …”.
A
B
Roma
Italia
Parigi
Francia
Figura 1.1.3
È evidente che si tratta di una funzione perché ad ogni elemento di A viene associato uno ed un
solo elemento di B.
Esempio 1.1.4 Siano A ={Piemonte, Lombardia}e B ={Alessandria; Mantova} e si consideri la
relazione che parte da A e giunge in B che consiste nella seguente regola: “essere la regione d’Italia
la cui provincia è …”.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
A
B
Piemonte
Alessandria
Lombardia
Mantova
Figura 1.1.4
È evidente che si tratta di una funzione perché ad ogni elemento di A viene associato uno ed un solo
elemento di B.
Osservazione 1.1.2 Gli ultimi due esempi confrontati con gli esempi 1.1.1 e 1.1.2 mostrano che per
fare in modo che una relazione sia una funzione non basta formulare opportunamente la regola di
associazione degli elementi del primo insieme con quelli del secondo, ma è necessario scegliere
opportunamente anche gli insiemi.
L’esempio più eloquente di funzione è la cosiddetta corrispondenza biunivoca o corrispondenza 1 a
1. Si tratta della relazione che soddisfa i criteri contenuti nella definizione di funzione con la quale
abbiamo maggiore familiarità. Si pensi, ad esempio, ad un settecentesco ballo in maschera al quale
partecipano tanti cavalieri quante sono le dame. Sia l’insieme dei cavalieri, sia quello delle dame
possono svolgere il ruolo di dominio. Il momento del ballo concretizza fisicamente la relazione tra i
due insiemi. È opportuno sottolineare che pur essendo l’esempio più eclatante e al tempo stesso più
vicino alla nostra intuizione o familiarità con le cose, la corrispondenza biunivoca non è il solo
esempio di funzione. Per comprendere meglio quest’ultima affermazione si considerino gli esempi
seguenti:
Esempio 1.1.5 Siano A ={Carlo; Gianni; Marco} e B ={Andrea; Francesco} e si consideri la
relazione che parte da A e giunge in B che consiste nella seguente regola: “essere il figlio di …”
nel caso in cui Carlo, Gianni e Marco sono tutti e tre i figli di Andrea.
A
B
Carlo
Andrea
Gianni
Francesco
Marco
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Figura 1.1.5
La suddetta relazione è una funzione perché, anche se tutti gli elementi di A sono in relazione con
lo stesso elemento di B, da ciascun elemento di A parte una ed una sola freccia.
Esempio 1.1.6 Siano A = {Carla; Elena} e B = {Tommaso; Roberto; Bruno}e si consideri la
relazione che parte da A e giunge in B che consiste nella seguente regola: “essere la fidanzata di
…” nel caso in cui Carla è la fidanzata di Tommaso ed Elena quella di Bruno.
A
B
Carla
Tommaso
Elena
Bruno
Roberto
Figura 1.1.6
La suddetta relazione è una funzione perché, anche se Roberto viene escluso dal “gioco delle
coppie”, sperando che se ne faccia una ragione, da ciascun elemento di A parte una ed una sola
freccia.
In definitiva, per stabilire se una relazione tra due insiemi è o no una relazione occorre osservare il
comportamento degli elementi dell’insieme di partenza o dominio e non quello degli elementi
dell’insieme di arrivo. Ed è proprio questo uno dei punti dolenti nella comprensione del concetto di
funzione. Spesso il discente non afferra il concetto di funzione e non distingue le relazioni che sono
funzioni da quelle che non lo sono perché pone la sua attenzione sul comportamento rispetto alla
relazione proposta degli elementi dell’insieme di arrivo e non su quello degli elementi dell’insieme
di partenza.
A proposito del concetto di relazione e quindi di relazione è utile ed opportuno fornire altre
informazioni attraverso le definizioni seguenti.
Definizione 1.1.3 Data una relazione tra l’insieme A e l’insieme B e dato un elemento a di A, si
dice immagine di a in B un qualsiasi elemento b di B che viene associato, dalla relazione, ad a.
Usando il linguaggio delle frecce, introdotte nelle rappresentazioni delle relazioni di cui agli esempi
dall’1.1.1 all’1.1.6, si potrebbe dire che dato un elemento qualsiasi a di A, appartengono alla
categoria delle sue immagini tutti gli elementi di B ai quali pervengono le frecce che si dipartono da
a. Nella rappresentazione sottostante b e b’ sono le immagini di a.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
A
a
B
b
b’
Figura 1.1.7
Definizione 1.1.4 Data una relazione tra l’insieme A e l’insieme B e dato un elemento b di B, si
dice controimmagine di b in A un qualsiasi elemento a di A che viene associato, dalla relazione, a
b. Usando il linguaggio delle frecce si potrebbe dire che dato un elemento qualsiasi b di B
appartengono alla categoria delle sue controimmagini tutti gli elementi di A dai quali pervengono le
frecce che giungono in b. Nella rappresentazione sottostante a e a’ sono le controimmagini di b.
A
a
B
b
a’
Figura 1.1.8
Osservazione 1.1.3 Se la relazione trattata è una funzione, allora ogni elemento del dominio A
possiede una ed una sola immagine, mentre non ci sono vincoli sulle controimmagini degli elementi
dell’insieme di arrivo B. Infatti, in tal caso un qualsiasi elemento di B può avere una sola
controimmagine, molte controimmagini o nessuna.
A proposito del concetto di immagine, pensate alla luce proveniente da una sorgente. Dietro alla
sorgente è presente uno schermo chiaro. Se fate in modo che la sola luce presente nella stanza sia
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
quella del proiettore osserverete sullo schermo dei punti neri che non sono altro che le proiezioni o
immagini delle particelle di polvere sospese nella stanza. Questa situazione tratta dal banale
quotidiano può essere presa dalla nostra intuizione come base per il concetto di funzione, di
immagine e controimmagine.
Osservazione 1.1.4 Intendo precisare che l’idea di funzione corrisponde nella mente umana ad una
struttura che è già presente nella mente del bambino intorno ai 6 mesi di vita, anche se in una forma
meno rigorosa di quella fornita dai matematici, quando è in grado di ricordare il volto della madre, e
quindi piangere per la sua assenza. Nella fattispecie la mente pone in relazione l’oggetto della realtà
(il volto della madre) con la corrispondente immagine mentale. Il fatto di sapere questo può apparire
superfluo, ma è utile per convincere anche il discente più refrattario che la matematica è soltanto la
forma più rigorosa di idee già presenti nella nostra mente. L’apprendimento della disciplina
dovrebbe essere, per tale ragione, facilitato.
Definizione 1.1.5 Data una funzione f definita tra l’insieme A e l’insieme B si dice insieme
immagine di A secondo f, il sottoinsieme f (A) di B costituito da tutti i suoi elementi che sono
associati ad almeno un elemento di A.
Osservazione 1.1.5
Faccio notare che alcuni autori chiamano l’insieme f (A) codominio.
Si precisa che negli esempi 1.1.3 e 1.1.4 l’insieme immagine di A coincide con B, nell’esempio
1.1.5 è {𝐴𝑛𝑑𝑟𝑒𝑎} ed, infine, nell’esempio 1.1.6 è {𝑇𝑜𝑚𝑚𝑎𝑠𝑜; 𝐵𝑟𝑢𝑛𝑜}.
Tra le funzioni operiamo la distinzione fornita dalle seguenti definizioni.
Definizione 1.1.6 Una funzione f definita tra l’insieme A e l’insieme B si dice iniettiva se dati due
elementi qualsiasi 𝑎1 e 𝑎2 di A, tali che 𝑎1 ≠ 𝑎2 , l’immagine di 𝑎1 è diversa da quella di 𝑎2 .
Le funzioni degli esempi 1.1.3, 1.1.4 e 1.1.6 sono iniettive, mentre la funzione dell’esempio 1.1.5
non è iniettiva perché gli elementi di A hanno la stessa immagine. Si precisa che la corrispondenza
biunivoca è un esempio di funzione iniettiva.
Definizione 1.1.7 Una funzione f definita tra l’insieme A e l’insieme B si dice suriettiva se f (A)
coincide con B. In altri termini se ogni elemento di B ha almeno una controimmagine.
Le funzioni degli esempi 1.1.3, 1.1.4 sono suriettive mentre quelle degli esempi 1.1.5 e 1.1.6 non lo
sono. La corrispondenza biunivoca è anche una funzione suriettiva.
Definizione 1.1.8 Una funzione f definita tra l’insieme A e l’insieme B si dice biiettiva se è al
tempo stesso iniettiva e suriettiva.
La funzione di cui alla definizione precedente è la corrispondenza biunivoca o 1 a 1.
Osservazione 1.1.5 Per indicare una funzione f definita tra l’insieme A e l’insieme B generalmente
si fa uso della seguente notazione: f: A
B.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Il concetto di funzione che abbiamo introdotto nelle definizioni precedenti è stato mutuato da
quello di insieme. La teoria degli insiemi a cui abbiamo attinto è la teoria ingenua degli insiemi a
cui la nostra intuizione si riferisce naturalmente. Faccio notare, però, che nel quotidiano veniamo in
contatto con il concetto di funzione in modo diverso. Si consideri per esempio il seguente caso:
Si tratta di un grafico che rappresenta l’andamento delle quotazioni dell’oro nel periodo che va dal 4
gennaio 2011 al 2 gennaio 2012. Anche se non appare così evidente nel grafico è insita una
relazione tra l’insieme dei giorni dell’anno 2011 e quello dei prezzi attribuiti al metallo prezioso. Si
tratta di una funzione perché ad ogni giorno viene attribuito uno ed un solo prezzo del metallo. Un
altro modo di presentare una funzione è come relazione tra due grandezze fisiche. Si consideri il
seguente esempio :
t ( h)
s (km)
1
60
2
120
3
180
4
240
5
300
Si tratta di una tabella nella quale vengono riportati i tempi impiegati da un’automobile per
percorrere determinate distanze. Questa tabella è un modo diverso per indicare la relazione esistente
tra l’insieme dei tempi espresso in ore trascorse e quello dei chilometri percorsi. È una funzione a
tutti gli effetti perché ad ogni valore del tempo riportato in tabella è associata una ed un sola
distanza.
1.2 Funzioni numeriche
Abbiamo introdotto il concetto di funzione facendo riferimento ad una funzione qualsiasi definita
fra insiemi qualsiasi. Nel seguito parleremo di particolari funzioni che coinvolgono gli insiemi
numerici. Il non addetto ai lavori potrebbe avere un senso di smarrimento quando opera in un
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
territorio in cui non si fa uso di numeri, nella convinzione che la matematica si occupi prettamente
di numeri. Ci tocca sfatare il mito che identifica la matematica con il numero. Riporto qui di seguito
questo commento estratto da Wikipedia a proposito del significato del termine matematica: “La
parola "matematica" deriva dalla parola greca μάθημα (màthema) che significa "conoscenza o
apprendimento"; μαθηματικός (mathematikós) significa invece "appassionato del conoscere". Oggi
il termine si riferisce ad un corpo di conoscenze tendenzialmente ben definito che riguarda lo studio
dei problemi concernenti quantità, forme spaziali, processi evolutivi e strutture formali, studio che
si basa su definizioni precise e di procedimenti deduttivi rigorosi.” (Da Wikipedia, l'enciclopedia
libera.)
Definizione 1.2.1 Una funzione f definita tra l’insieme A e l’insieme B si dice numerica se A e B
sono degli insiemi numerici.
Prima di riportare degli esempi di funzioni numeriche apro una breve parentesi sugli insiemi
numerici. I confini del territorio numerico nel quale opereremo d’ora in poi sono tracciati da quelli
dell’insieme dei numeri reali indicato con la scrittura R. I primi numeri con i quali interagiamo fin
dai primi anni di vita sono i numeri naturali la cui esistenza è suggerita dalla realtà. Non a torto il
matematico tedesco Leopold Kronecker (1823 – 1891) ebbe a dire che: “Dio ha creato i numeri
naturali, tutto il resto è opera dell’uomo.” I numeri naturali sono degli enti numerici che nascono
per enumerare oggetti interi come pecore, cavalli, mucche, mele ecc. Si pensi ad uno dei primi
pastori della storia dell’umanità che si accinge a contare le pecore del suo esiguo gregge aiutandosi
con le dita delle mani. È in quel preciso istante che nascono tre concetti matematici: quello di
insieme, quello di relazione (corrispondenza biunivoca) tra insiemi (insieme delle dita delle mani e
insieme delle pecore) e quello di numero. L’insieme dei numeri naturali si indica con la scrittura N
ed è costituito da tutti i numeri interi positivi e dallo zero. In simboli: N = {0; 1; 2; 3; 4 … }.
Nell’insieme dei numeri naturali si introducono le quattro operazioni: l’addizione, la sottrazione, la
moltiplicazione e la divisione. Non tutte le operazioni si possono eseguire nell’insieme dei numeri
naturali. In altri termini. Non tutte le sottrazioni e divisioni di numeri naturali danno come risultato
un numero naturale. Si prendano come esempio i seguenti casi: 2 – 7 e 1 : 3. Si tratta di operazioni
che hanno un risultato, ma questo risultato non corrisponde ad un numero naturale. Infatti, per
definizione di sottrazione, la differenza fra 2 e 7 è il numero che addizionato a 7 dà 2. È evidente
che non esiste un numero naturale che soddisfi tale richiesta. Già. 0, che è il più piccolo di essi
addizionato a 7 dà 7, per cui a maggior ragione qualsiasi altro numero naturale, che è più grande di
0 dà un numero più grande di 7, che è diverso (più grande) da 2. Infine, per definizione di divisione,
il quoziente fra 1 e 3 è il numero che moltiplicato per 3 dà 1. Come è facile verificare, non esiste un
numero naturale che rispetti tale esigenza. L’esistenza di operazioni come quelle esemplificate fa
nascere l’esigenza di introdurre due nuovi insiemi numerici. L’insieme dei numeri interi o relativi
costituito da tutti i numeri interi con segno, i numeri interi negativi, i numeri interi positivi e lo zero.
Tale insieme si indica con la scrittura Z. In simboli: Z = {… − 4 − 3; −2 − 1; 0; +1; +2; +3; +4 … }
. Si vede chiaramente che N è un sottoinsieme di Z (si scrive N  Z ). Ricordo che i numeri interi
con segno + sono i numeri naturali diversi da 0. L’altro insieme che viene introdotto è quello dei
numeri razionali, costituito da tutti i numeri interi e da tutte le “divisioni sospese“ nell’insieme degli
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
interi, cioè le divisioni lecite (ricordiamo che divisioni come 5 : 0 non danno un risultato in alcun
insieme numerico e la divisione 0 : 0 non è un numero, ma rappresenta tutti i numeri naturali che
sono infiniti) il cui risultato non è un numero intero. Gli elementi di questo insieme sono
comunemente chiamati frazioni con segno. Le frazioni non sono altro che tutte le divisioni possibili
fra numeri interi. Fra di esse vi sono quelle che forniscono come risultato un numero intero e quelle
che danno come risultato un numero che non è intero. Si precisa che sono considerate equivalenti
tutte le frazioni o divisioni che danno lo stesso risultato. Si consideri il seguente caso:
due frazioni o divisioni che danno lo stesso risultato. Infatti, la frazione
1
2
1
2
e
2
4
sono
è la rappresentazione
matematica della quantità che si ottiene dividendo una torta in 2 parti uguali e prendendone una. La
2
frazione 4 è la rappresentazione matematica della quantità che si ottiene dividendo la stessa torta in
4 parti uguali e prendendone 2. È evidente che la quantità di torta risulta essere la stessa, anche se
nel secondo caso la stessa quantità è divisa in due parti uguali. In definitiva, quelli che definiamo
numeri razionali non sono semplicemente numeri, ma insiemi di numeri o, meglio, classi di
numeri. Ad ogni classe appartengono frazioni tra loro equivalenti. È proprio questa presa di
posizione che ci permette di equiparare l’operazione
1
2
+
1
3
3
all’operazione
6
1
+
2
6
1
. L’insieme
dei numeri razionali si indica con la scrittura Q. In simboli: Q = {… − 3 ; … ; − 4 ; … ; 0; … +
1
5
1
; … ; + 2 ; … }. È evidente che Z è un sottoinsieme di Q (si scrive Z  Q ). A questo proposito
ricordo che i numeri interi possono essere visti come frazioni apparenti (cioè, frazioni il cui
numeratore è un multiplo del denominatore). L’ultimo insieme numerico che prendiamo in
considerazione è l’insieme R dei numeri reali, costituito dall’unione dell’insieme dei numeri
razionali e dell’insieme dei numeri irrazionali. I numeri irrazionali sono i numeri che non possono
essere rappresentati come frazioni. Fra questi contempliamo, per esempio, √2 e 𝜋.
Dopo la digressione sugli insiemi numerici riportiamo alcuni esempi di funzioni numeriche.
Esempio 1.2.1 Siano A = N − {0} e B = Q e si consideri la relazione che parte da A e giunge in
B espressa dalla regola: n
1
𝑛
, dove n sta per un numero naturale diverso da 0. È evidente che
si tratta di una funzione numerica.
Esempio 1.2.2 Siano A = R e B = R e si consideri la relazione che parte da A e giunge in B
espressa dalla regola: x
x2 , dove x indica un numero reale. È evidente che si tratta di una
funzione numerica.
1.3 Funzioni matematiche e funzioni empiriche
Giungiamo ad uno snodo fondamentale: introduciamo il concetto di funzione matematica o
analitica, concetto fondamentale nell’economia di tutto il corso. Tale concetto si contrappone a
quello di funzione empirica.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Definizione 1.3.1 Una funzione f definita tra l’insieme A e l’insieme B si dice matematica o
analitica se è numerica e se dato un qualsiasi elemento di A per ottenere la sua immagine in B
occorre compiere un’operazione matematica su di esso.
È facile verificare che le funzioni di cui agli esempi 1.2.1 e 1.2.2 sono funzioni matematiche.
Esempio 1.3.1 Prendiamo in considerazione un fenomeno naturale espresso in termini di grandezze
la cui relazione è proprio una funzione matematica o analitica. Si tratta della legge che descrive il
decadimento di una sostanza i cui atomi sono instabili. In base a quanto osservato i fisici hanno
scoperto che se il numero di atomi di partenza di una sostanza radioattiva è N 0 , allora il numero di
atomi della medesima sostanza dopo un tempo t è pari a N  N 0 e   , dove  è una costante tipica
della sostanza considerata. Si nota facilmente che la legge enunciata è una funzione reale di
N 0 e   . In tal caso A = R+
variabile reale analitica. La regola intrinseca è la seguente : t
(insieme dei numeri reali positivi) e B = R.
Definizione 1.3.2 Una funzione f definita tra l’insieme A e l’insieme B si dice empirica se è
numerica e dato un qualsiasi elemento di A per ottenere la sua immagine in B occorre compiere
un’esperienza.
Esempio 1.3.2 Si consideri la funzione che associa a ciascun secondo trascorso dall’attivazione di
un cronometro la temperatura dell’aula in cui si tiene la lezione. Il valore associato al tempo
trascorso (che è un numero naturale di secondi) si ottiene leggendo la scala graduata di un
termometro (esperienza concreta) posto nell’aula.
1.4 Funzioni reali di variabile reale e loro classificazione
Definizione 1.4.1 Una funzione f definita tra l’insieme A e l’insieme B si dice reale di variabile
reale se A  R e B = R .
Osservazione 1.4.1 Faccio notare che il simbolo  traduce l’espressione “è incluso in” o “è un
sottoinsieme di”. Inoltre A potrebbe coincidere con tutto R .
Osservazione 1.4.2 L’espressione variabile è utilizzata per indicare il fatto che c’è una quantità che
varia. Più specificamente se indichiamo con x il generico elemento di A e con y il generico
elemento di B ad esso associato, le variabili sono due. Nella fattispecie x è la variabile indipendente
e y quella dipendente.
Osservazione 1.4.3 Se la funzione f reale di variabile reale è matematica, allora ha senso parlare di
equazione della funzione. Tale equazione si presenta nella forma y  f (x) , dove f (x) è
un’espressione matematica contenente x.
Esempio 1.4.1 y  x 3  1 è un esempio di equazione di una funzione reale di variabile reale. Tale
funzione associa al generico elemento di R il suo cubo aumentato di 1.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Le funzioni matematiche reali di variabile reale si dividono in due grandi categorie: le funzioni
algebriche e le funzioni trascendenti. Le funzioni algebriche presentano al secondo membro
dell’equazione un’espressione algebrica in x. Esse si dividono ulteriormente in razionali intere e
fratte e irrazionali intere e fratte. Le funzioni trascendenti si dividono in funzioni goniometriche,
logaritmiche ed esponenziali. Più precisamente le funzioni razionali intere presentano al secondo
membro dell’equazione un polinomio in x, le razionali fratte una frazione algebrica (la x compare
almeno al denominatore) e le irrazionali intere un’espressione in cui la x compare sotto la radice di
un radicale aritmetico se l’indice del radicale è pari e sotto la radice di un radicale algebrico se
l’indice della radice è dispari. Infine, al secondo membro dell’equazione di una funzione irrazionale
fratta la x compare sotto una radice che è presente al denominatore dell’espressione. Nelle
equazioni delle funzioni goniometriche la x compare all’argomento di una funzione goniometrica
(seno, coseno, tangente ecc.), nelle equazioni delle funzioni logaritmiche la x compare
all’argomento del logaritmo e nelle equazioni delle funzioni esponenziali la x compare
all’esponente di una potenza con base numerica. Qui di seguito riporto degli esempi di funzioni che
illustrano la classificazione data.

Razionale intera: y  x 4  5x 3  2 x 2  3

2x 2  3
Razionale fratta: y 
x4

Irrazionale intera: y  4 x 2  1

Irrazionale fratta: y 
4
x2 1

x4
Goniometrica: y  cos( x  4)

Logaritmica : y  log 3 ( x 4  1)

Esponenziale: y  3 x 6
1.5 Campo di esistenza e regole per la sua determinazione.
Data l’equazione di una funzione intesa come reale di variabile reale, non sempre è possibile
prendere come dominio tutto l’insieme dei reali senza andare in contrasto con la definizione di
4x
funzione. Si consideri come esempio la funzione di equazione y  2
. Se per tale funzione si
x 9
prende come dominio tutto R essa non associa alcun valore ai numeri 3 e -3 e, pertanto non è una
funzione. Se invece si sceglie come dominio l’insieme dei numeri reali privato di 3 e -3 i requisiti di
funzione non vengono violati. Lo stesso avviene se si sceglie come dominio un qualsiasi
sottoinsieme di R che non contenga 3 e -3.
Definizione 1.5.1 Data l’equazione di una funzione reale di variabile reale y  f (x) si dice campo
di esistenza il più grande sottoinsieme di R che preso come dominio permette di associare ad ogni
suo elemento un unico numero reale.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Le regole di determinazione del campo di esistenza sono condizionate dalle operazioni matematiche
presenti al II membro dell’equazione della funzione. Ricordo che ci sono delle operazioni che con
alcuni numeri o non producono alcun risultato o il risultato che producono non è un numero reale.
Si pensi alla divisione per 0, all’estrazione di radice con indice pari di un numero negativo e al
logaritmo di zero o di un numero negativo. Riportiamo qui di seguito i criteri per la determinazione
del campo di esistenza delle funzioni.
Criterio 1
Se al II membro dell’equazione di una funzione la x compare al denominatore, la determinazione
del campo di esistenza (C.E.) implica la risoluzione dell’equazione che si ottiene ponendo il
denominatore uguale a 0. In definitiva, il C.E. è dato dall’insieme dei numeri reali privato dei
numeri che costituiscono la soluzione dell’equazione suddetta.
Esempio 1.5.1
x 1
. Il C.E. è costituito dall’insieme dei numeri reali
x  5x  6
privato dei numeri 2 e 3, che sono le soluzioni dell’equazione x 2  5 x  6  0 ottenuta ponendo
uguale a 0 il denominatore dell’espressione contenuta al denominato del II membro dell’equazione
della funzione. Allo stesso risultato si perviene risolvendo l’equazione x 2  5 x  6  0 .
Sia data la funzione di equazione . y 
2
Criterio 2
Se al II membro dell’equazione di una funzione la x compare sotto il segno di una radice con indice
pari, la determinazione del campo di esistenza (C.E.) implica la risoluzione della disequazione che
si ottiene ponendo il radicando  0 . In definitiva, il C.E. coincide con l’insieme soluzione della
suddetta disequazione.
Esempio 1.5.2
Sia data la funzione di equazione y  6 x  5 . Il C.E. è costituito dall’insieme dei numeri reali
maggiori o uguali a 5. Tale insieme coincide con l’insieme soluzione della disequazione x  5  0 .
Criterio 3
Se al II membro dell’equazione di una funzione la x compare all’argomento del logaritmo la
determinazione del campo di esistenza (C.E.) implica la risoluzione della disequazione che si
ottiene ponendo l’argomento  0 . In definitiva, il C.E. coincide con l’insieme soluzione della
suddetta disequazione.
Esempio 1.5.3
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Sia data la funzione di equazione y  log 3 x 2  16 . Il C.E. è costituito dall’unione dell’insieme dei
numeri reali minori di -4 e dell’insieme dei numeri reali maggiori di 4. Tale insieme coincide con
l’insieme soluzione della disequazione x 2  16  0 .
Osservazione 1.5.1
Preciso che se la x non si presenta in alcuna delle situazioni previste dai criteri precedenti il C.E.
viene a coincidere con tutto l’insieme dei numeri reali. Inoltre, se alcune delle situazioni previste
dai criteri suddetti dovessero presentarsi contemporaneamente occorre mettere a sistema le
condizioni imposte da ciascuno dei criteri coinvolti. A tal proposito si considerino i seguenti
esempi.
Esempio 1.5.4
3x
10
Sia data la funzione di equazione y  5
x 2 9
. Per determinare il C.E. occorre risolvere il seguente


 0.
sistema 5
2

x  9  0
3x
x 2 9
Esempio 1.5.5
Sia data la funzione di equazione y  x 2  7 . Il suo C.E. coincide con tutto l’insieme dei numeri
reali perché non si verifica alcuna delle situazioni previste dai suddetti criteri.
Qui di seguito riporto una tabella riepilogativa dei criteri forniti.
Tipologia funzione
y
f x 
g x 
Criterio
g ( x)  0
y  n f x  ; n pari
f ( x)  0
y  log a f x ; a  0 ; a  1
f ( x)  0
Esempio
y
2x
; x7  0
x7
x 2  1; x 2  1  0
log 2 x  3; x  3  0
6
1.6 Grafico di una funzione reale di variabile reale.
Definizione 1.6.1
Data la funzione di equazione y  f (x) , prende il nome di grafico della funzione l’insieme
costituito dai punti del piano la cui ascissa varia nel suo campo di esistenza e la cui ordinata
coincide con la corrispondente immagine f (x) . Adottando la rappresentazione insiemistica
cosiddetta tabulare il grafico è dato come segue: G f   x; f ( x) , dove x varia nel campo di
esistenza della funzione.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
La definizione suddetta assume un senso nel momento in cui ci si riferisce al piano cartesiano. In
altri termini, dal momento che esiste una corrispondenza biunivoca tra l’insieme dei numeri reali e
l’insieme dei punti di una retta è possibile, dopo avere introdotto un’unità di misura, associare ad
ogni punto di una retta un numero reale. Se nel piano si individua una retta orientandola
opportunamente (cioè ponendo alla sua destra i numeri maggiori di un numero dato). Se
successivamente si sceglie la retta ad essa perpendicolare passante per il punto a cui è stato
associato il numero 0 (detto origine) è possibile associare ad ogni punto del piano una coppia di
numeri reali e ad ogni coppia di numeri reali un punto del piano. L’introduzione delle suddette rette
orientate nel piano ci consente di chiamarlo piano cartesiano, dal nome di colui che per primo lo
concepì: René Descartes (1596 – 1650), latinizzato in Cartesium e italianizzato in Cartesio. Si
precisa che le rette orientate prendono il nome di assi (assi cartesiani) e che nel loro insieme
vengono dette anche sistema di assi cartesiani. Le due rette vengono rappresentate sul foglio o sulla
lavagna in modo tale che risultino parallele ai lati del foglio come mostra la figura sottostante.
La retta orizzontale prende il nome di asse delle ascisse o delle x e quella verticale di asse delle
ordinate o delle y, Faccio notare che il C.E. della funzione che è un sottoinsieme proprio o
improprio di R è da pensarsi situato sull’asse delle ascisse, mentre il codominio sull’asse delle
ordinate. Nella figura seguente è possibile comprendere come si fa ad associare ad un generico
punto del piano una coppia di numeri reali.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Esempio 1.6.1
Consideriamo la funzione di equazione

G f  x; x 2 )

y  x 2 . Il grafico di tale funzione è l’insieme
la cui rappresentazione grafica è la parabola con asse di simmetria coincidente con
l’asse y e avente vertice nell’origine degli assi.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
1.7 Intersezione del grafico di una funzione con gli assi cartesiani.
Per determinare l’intersezione del grafico di una funzione di equazione y  f (x) con gli assi
cartesiani occorre risolvere i seguenti sistemi di equazioni:
 y  f ( x)

y  0
 y  f ( x)

x  0
In entrambi è presente l’equazione della funzione: nel primo anche l’equazione dell’asse x e nel
secondo anche quella dell’asse y. Ricordo che l’uso delle parentesi graffe serve a stabilire la
contemporaneità delle condizioni rappresentate dalle equazioni scritte. In particolare l’equazione
della funzione stabilisce l’appartenenza di un punto al grafico della funzione, mentre le equazioni
degli assi stabiliscono l’appartenenza di un punto agli assi stessi, per cui la risoluzione di ciascuno
di tali sistemi permette di trovare gli eventuali punti che appartengono contemporaneamente al
grafico della funzione e agli assi cartesiani. Infine, preciso che l’asse x ha equazione y  0 e che
l’asse y ha equazione x  0 .
Esempio 1.7.1
Determiniamo l’intersezione con gli assi del grafico della funzione di equazione y  x 2  9 . A tal
fine risolviamo i seguenti sistemi
y  x2  9

y  0
y  x2  9

x  0
0  x 2  9

y  0
 y  02  9

x  0
x 2  9

y  0
 x  3

y  0
 y  9

x  0
In definitiva: i punti d’intersezione con l’asse x sono A(-3;0) e B(3;0), mentre i punti d’intersezione
con l’asse y è C(0;-9).
1.8 Studio del segno di una funzione.
Data una generica funzione di equazione y  f (x) lo studio del segno implica la risoluzione delle
seguenti disequazioni:
f ( x)  0 e
f ( x)  0 .
La risoluzione della prima disequazione permette di trovare le ascisse dei punti del grafico della
funzione che stanno al di sopra dell’asse x, mentre la risoluzione della seconda disequazione
permette di trovare le ascisse dei punti del grafico della funzione che stanno al di sotto dell’asse x.
Chiamiamo l’insieme soluzione della prima disequazione insieme di positività (I.P.) e l’insieme
soluzione della seconda insieme di negatività (I.N.). Si tratta di due sottoinsiemi del C.E.
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Esempio 1.8.1
Si studi il segno della funzione y  x  3 . A tal fine risolviamo le seguenti disequazioni


x 3  0 x  3
x 3 0 x  3
In definitiva: I.P. = (3;) e I.N.= (;3) .
Osservazione 1.8.1
Preciso che al fine di determinare I.P. e I.N. basta risolvere soltanto una delle disequazioni proposte,
in quanto l’insieme soluzione dell’una è il complementare dell’insieme soluzione dell’altra privato
dei punti in cui la funzione si annulla.
1.9 Funzioni pari e funzioni dispari
Definizione 1.9.1
La funzione di equazione y  f (x) si dice pari se f ( x)  f ( x) . Si vede facilmente che una
funzione algebrica, razionale intera è pari se la x compare soltanto con esponente pari. Una funzione
algebrica, razionale fratta, è pari se la x compare o soltanto con esponente pari oppure se la x
compare soltanto con esponente dispari.
Osservazione 1.9.1
La parità di una funzione si riflette sul grafico. Infatti se una funzione è pari il suo grafico è
simmetrico rispetto all’asse y.
Esempio 1.9.1
Si consideri la funzione di equazione y  x 4  3x 2 . Si tratta di una funzione pari, infatti,
f ( x)   x   3 x   x 4  3x 2  f ( x). In basso è riportato il grafico.
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Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
Definizione 1.9.2
La funzione di equazione y  f (x) si dice dispari se f ( x)   f ( x) . Si vede facilmente che una
funzione algebrica, razionale intera è dispari se la x compare soltanto con esponente dispari. Una
funzione è algebrica, razionale fratta, è dispari se la x compare soltanto con esponente pari al
numeratore e soltanto con esponente dispari al denominatore e viceversa.
Osservazione 1.9.2
La disparità di una funzione si riflette sul grafico. Infatti se una funzione è pari il suo grafico è
simmetrico rispetto all’origine.
Esempio 1.9.2
Si consideri la funzione di equazione y  x 3 . Si tratta di una funzione dispari, infatti,
f ( x)   x    x 3   f ( x). In basso è riportato il grafico.
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Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
1.10
Iniettività e suriettività dal punto di vista grafico
Nel paragrafo 1.1 abbiamo introdotto i concetti di funzione iniettiva e suriettiva. Ora faremo vedere
come questi concetti si riflettono sul grafico di una funzione reale di variabile reale. Se una
funzione non è iniettiva punti diversi hanno la stessa immagine il che dal punto di vista grafico si
traduce in questa situazione: esiste almeno una retta parallela all’asse x che incontra il grafico della
funzione in due o più punti. Se una funzione non è suriettiva esistono dei punti dell’asse y che non
sono immagini di alcun punto del C.E. il che dal punto di vista grafico si traduce in questa
situazione: esiste almeno una retta parallela all’asse x che non incontra il grafico della funzione in in
alcun punto. Presentiamo qui di seguito alcuni esempi.
1. Funzione iniettiva e suriettiva
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)
2. Funzione che non è né iniettiva, né suriettiva
Autore: Siano Roberto (docente di Matematica presso l’I.I.S. Arturo Prever di Pinerolo)