TESI DI DOTTORATO “L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI E LA PRESCRIZIONE DEI CREDITI CONTRIBUTIVI” DOTTORANDO IVANOE CIOCCA RELATORE PROF. ARTURO MARESCA 1 CAPITOLO I L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI ED IL DIRITTO ALLA INTEGRITA’ DELLA POSIZIONE ASSICURATIVA 1.1 OMISSIONE CONTRIBUTIVA E PROTEZIONE DEL LAVORATORE: IL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI E IL DIRITTO ALLA INTEGRITA’ DELLA POSIZIONE ASSICURATIVA. 1.2 AMBITO PAG.8 OGGETTIVO DEL PRINCIPIO AUTOMATICITA’DELLE PRESTAZIONI. 1.3 AMBITO SOGGETTIVO DEL DI PAG.21 PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’DELLE PRESTAZIONI. PAG.27 1.4 PAG.40 IL DOPPIO AUTOMATISMO: a) L’AUTONOMIA DEL RAPPORTO PREVIDENZIALE DAL RAPPORTO DI LAVORO. b) L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI. 2 CAPITOLO II LA GENERALIZZAZIONE E COSTITUZIONALIZZAZIONE DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’ 2.1 LA “COSTITUZIONALIZZAZIONE” DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’ NONOSTANTE LA SUA PREVISIONE SOLTANTO NEL CODICE CIVILE E NON NELLA CARTA COSTITUZIONALE. 2.2 LA PAG.48 GENERALIZZAZIONE DEL PRINCIPIO E I CONSEGUENTI LIMITI AI REGIMI DEROGATORI. PAG.53 2.3 IL PRINCIPIO DELL’AUTOMATICITA’ E LA SUA RATIO: L’ ESIGENZA DI EFFETTIVITA’ DELLA TUTELA. PAG.62 2.4. L’ AUTOMATICITA’ E LA RELAZIONE TRA LE PRESTAZIONI E I CONTRIBUTI PREVIDENZIALI. ESISTENZA O MENO DI UNA SINALLAGMATICITA’. PAG.64 3 CAPITOLO III GLI EFFETTI DELL’AUTOMATICITA’ ED IL LIMITE DELLA PRESCIZIONE DEI CONTRIBUTI PREVIDENZIALI 3.1 RILEVANZA DEL PRINCIPIO DI AUTOMATISMO DELLE PRESTAZIONI SIA AI FINI DEL DIRITTO SIA AI FINI DELLA MISURA. 3.2 L’ AUTOMATICITA’ DELL’INVALIDITA’, LIMITE PAG. 71 DELL’ PER VECCHIAIA INTERVENUTA E TUTELA SUPERSTITI: PRESCRIZIONE CONTRIBUTI. 3.3 LA IL DEI PAG.74 L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI E LA RIDUZIONE DEL TERMINE PRESCRIZIONALE OPERATA DALLA LEGGE N. 335 DEL 1995. 3.4 PAG.79 OPERATIVITA’ DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’ NEI CASI DI PROCEDURE CONCURSUALI DEL DATORE DI LAVORO. IL D.LGS. 80/92: DELL’INTERVENUTA PRESCRIZIONE. 4 IRRILEVANZA PAG.82 CAPITOLO IV LA DISCIPLINA DELLA PRESCRIZIONE DEI CREDITI PREVIDENZIALI 4.1 LA PRESCRIZIONE DEL CONTRIBUTI PREVIDENZIALI. PECULIARITA’ RISPETTO ALL’ISTITUTO CIVILISTICO DELLA PRESCRIZIONE. 4.2 IL TERMINE PAG. 84 DI PRESCRIZIONE CONTRIBUTIVI DEI CREDITI PAG. 90 4.3 IL VERSAMENTO DI CONTRIBUTI PRESCRITTI PAG. 106 4.4 I DANNI DERIVANTI DALLA PRESCRIZIONE DEI CREDITI CONTRIBUTIVI: PAG. 109 a) IL RISARCIMENTO IN FORMA SPECIFICA DEL DANNO PENSIONISTICO:LA COSTITUZIONE DELLA RENDITA VITALIZIA. b) IL RISARCIMENTO PER EQUIVALENTE DEL DANNO PENSIONISTICO. 5 CAPITOLO V GLI ATTI INTERRUTTIVI DELLA PRESCRIZIONE DEI CREDITI PARTICOLARI PRESCRIZIONE: CONTRIBUTIVI: . LA FATTISPECIE SOSPENSIONE APPLICABILITA’ DELLA DELL’ART. 2941 N.8 C.C. 5.1 VERBALI DELL’ISPETTORATO DEL LAVORO PAG.137 5.2 IL RICONOSCIMENTO DEL DEBITO PAG.149 5.3LE PROCEDURE DI RECUPERO INIZIATE PAG.163 5.4LA DENUNCIA DEL LAVORATORE PAG.165 5.5LA SOSPENSIONE DELLA APPLICABILITA’ DELL’ART. 2941 N.8 C.C. CONCLUSIONI PAG.189 6 PRESCRIZIONE: PAG.181 MASSIME GIURISPRUDENZIALI PAG.192 BIGLIOGRAFIA PAG.270 7 CAPITOLO I L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI ED IL DIRITTO ALLA INTEGRITA’ DELLA POSIZIONE ASSICURATIVA. 1.1 OMISSIONE CONTRIBUTIVA E PROTEZIONE DEL LAVORATORE: IL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI E IL DIRITTO ALLA INTEGRITA’ DELLA POSIZIONE ASSICURATIVA. Se il diritto a pensione, costituzionalmente garantito dalla previsione dell’art. 38 secondo comma della Carta costituzionale, è indisponibile e imprescrittibile1 (il lasso di tempo intercorrente fra il momento del perfezionamento dei presupposti per fruire della pensione e la richiesta relativa non influisce sul diritto alla pensione ma soltanto sulla sua decorrenza e quindi sui ratei) diversamente accade per la sussistenza del requisito contributivo, presupposto del diritto a L’imprescrittibilità del diritto a pensione, espressamente prevista per il settore del pubblico impiego (art. 5, D.P.R. n. 1092/1973), vale anche per tutti gli altri settori del sistema previdenziale (art. 38, Cost.; L. n. 153/1969; art. 2115 e 2934, c.c.). Si prescrivono invece i ratei di pensione (con un termine diverso a seconda se maturati e non liquidati o se già liquidati e non riscossi). Sul punto R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, 522. 1 8 pensione, che è suscettibile di essere inciso dal termine prescrizionale2 decorso senza che prima della scadenza dello stesso sia stato effettuato il versamento. Da qui l’importanza del corretto adempimento dell’obbligo3 contributivo che grava sul datore di lavoro, anche per la quota a carico del lavoratore che presta la propria opera alle sue dipendenze.4 L’ instaurazione del rapporto di lavoro subordinato determina "ipso iure", infatti, l'insorgenza del corrispondente rapporto assicurativo, con conseguente obbligo per il datore di lavoro di versare i relativi contributi all'ente previdenziale. Ma, nonostante l’obbligo non sia del lavoratore, l’inadempimento, come sopra scritto, produce effetti pregiudizievoli nella sua sfera giuridica, in quanto, se rispetto all’istituto assicuratore si verifica il mancato introito della somma oggetto del pagamento, nei confronti 2 La legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3 al comma 9 prevede come le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria non possano essere versate una volta prescritte. L’antecedente storico di tale principio è rinvenibile nel disposto dell’art. 55, comma 2°, del r.d.l. n. 1827 del 4 ottobre 1935 (“non è ammessa la possibilità di effettuare versamenti, a regolarizzazione di contributi arretrati, dopo che, rispetto ai contributi stessi, sia intervenuta la prescrizione”). Per una ricostruzione del divieto di versare i contributi prescritti come conseguenza del principio di indisponibilità dei diritti previdenziali (art. 2115 c.c.) e delle obbligazioni presupposte vedi R.Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 450 ss. 3 Regolamentato dagli artt. 1 e 3 del R.D.L. n. 636/39 e dall’art. 2115 c.c. 4 La responsabilità dell’omissione contributiva è, quindi, sempre e solo configurabile a suo carico ivi comprese le conseguenze per il mancato o irregolare versamento. 9 del lavoratore, il mancato versamento ha potenzialità di incidere sulla posizione previdenziale e, conseguentemente, sul diritto alle prestazioni sia relativamente all’ an che al quantum. L’inadempimento contributivo del datore di lavoro produce quindi una responsabilità e conseguenze sia nei confronti dell’istituto assicuratore sia del lavoratore5. A tutela di quest’ultimo interviene l’art. 2116 del codice civile dove il legislatore prevede che “le prestazioni indicate nell’art. 2114 sono dovute al prestatore di lavoro, anche quando l’imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali. Nei casi in cui, secondo tali disposizioni, le istituzioni di previdenza ed assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l’imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro.” Il principio contenuto nel primo comma dell’art. 2116 c.c. è stato poi ribadito dall’art. 40 della Legge 153/69 che ha aggiunto all'art. 27 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, il seguente comma: “il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di 5 In tal senso la dottrina e la giurisprudenza sono unanimi a prescindere dalla qualificazione della natura dell’obbligazione contributiva. Tema quest’ultimo sul quale vedi R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, 407 ss. 10 vecchiaia, invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della prescrizione decennale. Il rapporto di lavoro deve risultare da documenti o prove certe”. Se invece i contributi non possono più essere versati in quanto prescritti 6 a tutela ed in favore del lavoratore subordinato è prevista dall’art. 13 della Legge 1338/62 la costituzione di una rendita vitalizia pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell'assicurazione obbligatoria che sarebbe spettata al lavoratore dipendente in relazione ai contributi omessi7 o l’azione risarcitoria nei confronti del datore di lavoro ai sensi dell’ art. 2116 c.c. Il sistema di tutela sopra descritto ha, comunque, il suo punto cardine nel diritto al pagamento delle prestazioni previdenziali anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia corrisposto le somme spettanti all’Istituto Previdenziale a titolo di contributi purché, relativamente alle prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti, il versamento della contribuzione sia ancora possibile in quanto non prescritto. 6 La legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3 al comma 9 prevede come le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria non possano essere versate una volta prescritte. Nel dettaglio si rinvia alla nota n. 2 e, sul tema della prescrizione, al 4° capitolo. 7 La Corte Costituzionale, con sentenza 22 dicembre 1989, n. 568, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione citata, nella parte in cui, salva la necessità della prova scritta sulla esistenza del rapporto di lavoro da fornirsi dal lavoratore, non consente di provare altrimenti la durata del rapporto stesso e l'ammontare della retribuzione. 11 La portata di questa disposizione, volta a neutralizzare nei confronti del lavoratore gli effetti dell’inadempimento dell’ obbligo contributivo, va oltre il semplice dettato letterale consentendo di postulare l’esistenza un diritto del lavoratore alla integrità della posizione assicurativa8. 8 L’aspetto si è posto in Giurisprudenza in materia di ricongiunzione di periodi assicurativi presso un unico fondo. Nel caso in cui un lavoratore chiede la ricongiunzione di periodi assicurativi il Fondo che li deve trasferire deve versare al Fondo ricevente le somme corrispondenti anche se il datore di lavoro non ha pagato i contributi. Così, Cass. civile sez. lav. 20 aprile 2002, n. 5767, in Not. Giur. Lav., 2002, 700: “In difetto di normative speciali derogatorie, il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all'art. 2116 c.c., comportando l'effetto di rendere indipendente il rapporto contributivo intercorrente tra ente previdenziale e datore di lavoro rispetto all'altro, di tipo prestazionale, tra l'ente e l'assicurato, opera non soltanto alla maturazione del diritto a pensione, ma già nel corso del rapporto previdenziale, dovendosi quindi configurare l'esistenza di un diritto del lavoratore alla integrità della posizione assicurativa, esercitabile anche quando l'assicurato, avvalendosi della facoltà riconosciutagli dall'art. 2 della legge n. 29 del 1979, intenda trasferire la propria posizione assicurativa presso altra gestione. Ne consegue che, essendo l'ente previdenziale, al quale, per effetto di quel principio, fa carico il rischio derivante da eventuali inadempimenti del datore di lavoro ai propri obblighi contributivi, e nei limiti della prescrizione, tenuto a garantire l'integrità della posizione assicurativa, il trasferimento di quest'ultima, richiesto dal lavoratore per la ricongiunzione in un'unica gestione dei periodi assicurativi esistenti in gestioni diverse, deve comprendere anche la contribuzione ancora non recuperata dall'ente previdenziale nei confronti del datore di lavoro tenuto a versarla. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva respinto - sul presupposto della applicabilità dell'art. 39 della legge n. 153 del 1969 soltanto alle omissioni contributive correlate al fallimento e non anche a quelle verificatesi per le imprese sottoposte alle procedure di amministrazione straordinaria - la domanda di alcuni lavoratori volta ad ottenere la condanna dell'Inps ad accreditare nelle singole posizioni contributive di ciascuno di essi i contributi previdenziali non versati da una società ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria e a trasferire i contributi medesimi presso le gestioni assicurative nelle quali essi risultavano iscritti alla data della domanda di ricongiunzione).” 12 Con l’instaurazione del rapporto di lavoro sorge, infatti, in favore del lavoratore, il diritto all’adempimento degli obblighi assicurativi da parte del datore di lavoro, che è un vero e proprio diritto soggettivo9 L’ INPS ha preso atto di tale orientamento giurisprudenziale con circolare 50 del 10 maro 2003 (trasferimento ad altro Ente di contribuzione dovuta ma non versata, applicazione del principio dell’automatismo delle prestazioni): “Con sentenza n. 374 del 26.11/ 5.12.1997 la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2,c.2,e dell’art. 6,c.2 della legge n. 29 nella parte in cui non prevede il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali nei casi di contributi non effettivamente versati , ma dovuti nei limiti della prescrizione decennale, affermando che tale principio opera anche nel caso di ricongiunzione e rinviando al giudice ordinario il problema relativo a quale gestione deve far carico l’onere dei contributi dovuti e non riscossi. La Corte Suprema di Cassazione, sezione lavoro, con sentenza n.5767 del 20 aprile 2002 ha stabilito che per la contribuzione dovuta all’INPS l’onere dei contributi non versati spetti all’INPS cui per effetto dell’automatismo delle prestazioni fa carico il rischio derivante da eventuali inadempimenti del datore di lavoro nei limiti della prescrizione, dal momento che il lavoratore ha diritto all’integrità della sua posizione assicurativa correlata alla durata del rapporto e all’adempimento dell’obbligo contributivo non ancora prescritto. In considerazione dei principi affermati dalla giurisprudenza è possibile operare la ricongiunzione verso altri Enti anche per i periodi per i quali i contributi risultino dovuti ma non versati, purché non ancora prescritti. Considerato che come sottolineato dalla Corte Costituzionale, l'ente previdenziale, a cui per effetto del principio dell'automatismo deve far carico il rischio derivante da eventuali inadempimenti del datore di lavoro ai propri obblighi contributivi, e nei limiti della prescrizione, tenuto a garantire la integrità della posizione assicurativa, il trasferimento della posizione assicurativa richiesta dal lavoratore per la ricongiunzione in un'unica gestione dei periodi assicurativi esistenti in gestioni diverse deve comprendere anche la contribuzione ancora non recuperata dal datore di lavoro tenuto a versarla. Resta inteso che nelle situazioni in argomento, le Sedi dovranno attivarsi per il recupero del credito contributivo nei confronti dell'azienda inadempiente, provvedendo in ogni caso all'interruzione dei termini prescrizionali.” 9 Cassazione civile sez. lav. 23 gennaio 1989, n. 379, in Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 1 e in Informazione previd. 1989, 656: “Il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo al regolare versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla conformità alle prescrizioni di legge della propria posizione assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia pregiudicato; consegue che, in caso di mancato o insufficiente versamento dei contributi 13 alla integrità contributiva, ovvero al regolare versamento dei contributi previdenziali, perché la posizione assicurativa, pur strumentale per l’accesso alla prestazioni pensionistiche, costituisce un bene suscettibile di lesione e di tutela giuridica10 già nel corso del rapporto di lavoro quando non risultino pagati i contributi assicurativi. (situazione che si verifica anche quando l'obbligo contributivo venga assolto su importi retributivi inferiori a quelli effettivamente corrisposti), lo stesso lavoratore può agire in giudizio, anche prima che si sia concluso il rapporto giuridico previdenziale, per ottenere la condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione assicurativa mediante il versamento all'ente previdenziale dei contributi omessi e non prescritti, e può avvalersi, per i contributi prescritti, del rimedio previsto dall'art. 13 della l. 12 agosto 1962 n. 1338, che gli consente di ottenere, in contraddittorio necessario con il suddetto ente, la condanna del datore di lavoro alla costituzione di una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o alla quota di pensione corrispondente ai contributi omessi.” 10 Cass. civile sez. lav. 20 luglio 1985, n. 4307, in Rep. Foro It., 1985, Previdenza sociale, n. 508: “Il diritto del lavoratore agli adempimenti assicurativi, anche se l'ammontare dei contributi è commisurato a quello della retribuzione, non è una derivazione del diritto alla retribuzione, in quanto entrambi tali diritti - come i corrispondenti obblighi del datore di lavoro - sorgono contemporaneamente, come effetto immediato dell'instaurazione del rapporto di lavoro, e possono avere, nell'esecuzione di questo, sorte diversa ed indipendente, in ragione della diversa disciplina cui sono sottoposti e del funzionamento dell'obbligo contributivo nell'ambito di un connesso rapporto previdenziale trilaterale. Conseguentemente, nel caso di inattuazione funzionale del rapporto di lavoro (nella specie, per licenziamento dichiarato di poi illegittimo), la persistenza in vita del medesimo legittima la pretesa risarcitoria relativa, oltre che alla mancata percezione della retribuzione, all'omissione delle contribuzioni previdenziali, nonostante la mancata erogazione della retribuzione nel periodo predetto.” Cass. civile sez. lav. 20 aprile 2002, n. 5767, in Not. Giur. Lav., 2002, 700:vedi nota n. 8. Cass. civile sez. lav. 6 luglio 2002, n.9850, in Rep. Foro It., 2002, Danni civili, n. 161: “Il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo al regolare versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla conformità alle prescrizioni di legge della propria posizione assicurativa, costituendo 14 Il lavoratore potrebbe quindi, in caso di mancato versamento dei contributi, chiedere tutela davanti al giudice ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti la erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine, di una domanda volta ad accertare la potenzialità dell’omissione contributiva a provocare danno11, salva poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi dell’evento dannoso, l’azione risarcitoria ex art. 2116, secondo comma, cod. civ. o quella diversa in forma specifica ex art. 13 legge 12 agosto 1962 n. 1338. Pertanto, se è vero che il diritto al risarcimento del danno non può sorgere prima del verificarsi del danno stesso, è altrettanto vero che l’omissione contributiva ha immediata potenzialità di arrecare danno e, quindi, il lavoratore può chiedere in giudizio la tutela della sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle stesse. questa un bene suscettibile di lesione e di tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia pregiudicato.” 11 Cassazione civile sez. lav., 03 dicembre 2004 n. 22751 in Giust. civ. Mass. 2005, 1: “nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al risarcimento del danno non può sorgere prima del verificarsi di un pregiudizio, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela della sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2, c.c., o quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338.” 15 Sussisterebbe perciò il diritto del lavoratore alla integrità della sua posizione assicurativa all’adempimento correlata dell’obbligazione alla durata del contributiva rapporto non e ancora prescritta12. Quindi, in difetto di normative speciali derogatorie, il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all'art. 2116 cod. civ., comportando l'effetto di rendere indipendente il rapporto contributivo intercorrente tra ente previdenziale e datore di lavoro rispetto all'altro, di tipo prestazionale, tra l'ente e l'assicurato, opera non soltanto alla maturazione del diritto a pensione, ma già nel corso del rapporto previdenziale, dovendosi quindi configurare l'esistenza di un diritto del lavoratore alla integrità della posizione assicurativa che ben può essere tutelato in giudizio in considerazione dell’ interesse concreto ed attuale di quest'ultimo a sperimentare un'azione di accertamento del rapporto di lavoro e del connesso rapporto previdenziale. E senza che siano necessarie altre condizioni onde porre rimedio alla menzionata lesione. La richiesta di accertamento di tale diritto risponde ad un interesse attuale del richiedente, come tale tutelato anche in sede giurisdizionale dall’ordinamento, indipendentemente dalla maturazione di specifici diritti a particolari prestazioni assicurative, in quanto in base a tale 12 Cass. civile sez. lav. 20 aprile 2002, n. 5767, in Not. Giur. Lav., 2002, 700 la cui massima è alla nota n. 8. 16 ricognizione del rapporto il soggetto è in condizioni di valutare la possibilità di richiedere, in via di esempio, la ricongiunzione dei periodi assicurativi o il proseguimento volontario della contribuzione o il collocamento in pensione 13. Ed il legislatore, impedendo l’accesso all’automaticità delle prestazioni per le contribuzioni estinte per intervenuta prescrizione, ha di fatto coinvolto il lavoratore nell’azione di contrasto all’evasione 13 Cassazione civile sez. lav. 30 gennaio 1985, n. 636, in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 1: “in considerazione del collegamento fra rapporto assicurativo e rapporto di lavoro - che del primo costituisce il presupposto - il mancato pagamento di contributi assicurativi, oltre a ledere la posizione previdenziale del lavoratore, genera anche incertezza sull'effettiva sussistenza di detto presupposto, con la conseguenza che la sua eliminazione costituisce oggetto di un interesse concreto ed attuale di quest'ultimo a sperimentare un'azione di accertamento del rapporto di lavoro - senza che siano necessarie altre condizioni - onde porre rimedio alla menzionata lesione nel quadro della tutela accordata dalla legge ed in particolare anche ai fini della prosecuzione volontaria della contribuzione o della costituzione della rendita vitalizia a norma dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, nell'ipotesi di prescrizione dei contributi.” Cassazione civile sez. lav. 04 dicembre 2002, n. 17223, in Giust. civ. Mass. 2002, 2118: “in riferimento alla domanda di accertamento della cd. posizione assicurativa, la quale si sostanzia in una domanda di accertamento del diritto alla tutela assicurativa per un determinato periodo di tempo, sussiste l'interesse ad agire nei casi nei quali vi sia una pregiudizievole situazione di incertezza in ordine al rapporto assicurativo, che può sussistere anche in mancanza della maturazione del diritto ad ottenere l'erogazione di determinate prestazioni assicurative. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sussistente l'interesse ad agire dei ricorrenti, i quali, non avendo il loro datore di lavoro adempiuto all'obbligo contributivo, avevano agito per ottenere l'accertamento dell'obbligo dell'Inps a riconoscere la loro posizione assicurativa, ai sensi dell'art. 2116, c.c., presso il Fondo di previdenza del personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea).” 17 contribuiva, perché lo costringe, per non perdere i propri diritti previdenziali, a tutelare la propria posizione assicurativa14. Tutela che, appunto, può essere innanzitutto realizzata mediante azione giudiziaria svolta dal lavoratore direttamente nei confronti del proprio datore di lavoro, per ottenere la condanna dello stesso alla regolarizzazione della posizione assicurativa15. La promozione con esito favorevole di questa azione16 preclude la futura esperibilità 14 Il tentativo sembra, in proposito, quello di coinvolgere , in qualche misura, il lavoratore nel regolare pagamento dei contributi da parte del datore, trasformandolo da vittima-complice quale egli spesso è attualmente in una sorta di “collaboratore previdenziale”. Così C.A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996, p.307. In tal senso anche R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 472 ss.: “ per evitare la prescrizione dei contributi e, quindi, l’inoperatività dl principio di automaticità delle prestazioni, l’ordinamento ha riconosciuto al soggetto beneficiario una serie di situazioni giuridiche funzionali al controllo dell’adempimento dell’obbligazione principale e di quelle accessorie da parte del soggetto passivo dell’obbligazione medesima.” 15 Cassazione civile sez. lav. 23 gennaio 1989, n. 379, in Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 1 e in Informazione previd. 1989, 656 la cui massima è alla nota numero 9. 16 In questi giudizi non si configura una ipotesi di litisconsorzio necessario con l’ente previdenziale. Così, Cassazione civile sez. lav. 10 gennaio 1994, n. 169, in Giust. civ. Mass. 1994, 16 (s.m.), Riv. it. dir. lav. 1994, II, 623: “nel giudizio instaurato dal lavoratore subordinato contro il datore di lavoro per la regolarizzazione del rapporto assicurativo l'istituto assicuratore non è contraddittore necessario, ove si controverta soltanto sull'esistenza del rapporto di lavoro (o di taluni elementi di esso) quale presupposto di quello previdenziale; nè l'intervento in giudizio dell'istituto, ancorché per il recupero di contributi assicurativi e delle relative sanzioni civili a carico del datore di lavoro, determina necessità di integrazione del contraddittorio nei suoi confronti nella successiva fase di gravame, ai sensi dell'art. 331 c.p.c. ma dà luogo soltanto a litisconsorzio facoltativo ex art. 332 stesso codice giustificato dal fatto che la domanda presupposta dall'interventore comporta una decisione che dipende dalla risoluzione delle stesse questioni proposte con la domanda del lavoratore.” 18 dell’azione risarcitoria di cui all’art. 2116, comma secondo, perché previene ed elimina la lesione della posizione finale assicurativa, mentre il suo mancato esercizio non incide sulla proponibilità dei rimedi risarcitori17. E’ da sottolineare che, ove non si aderisse alla tesi secondo cui esiste il menzionato diritto alla integrità della posizione assicurativa, si verificherebbe una violazione dell’art. 24 della Costituzione in quanto ci si troverebbe di fronte ad una posizione soggettiva regolamentata dall’ordinamento (la costituzione di una posizione assicurativa come esplicazione del principio di automaticità ritenuto dalla Corte Cost. nella sentenza n. 374/97 “una fondamentale garanzia per il lavoratore assicurato”) per la quale non è ammessa tutela da parte del soggetto privato direttamente interessato e per di più si impedirebbe al lavoratore di tutelare in modo adeguato il proprio diritto alle 17 Oltre al danno della perdita della prestazione la giurisprudenza riconosce quindi anche quello derivante dal tardivo versamento Cassazione civile sez. lav.19 agosto 1992, n. 9666, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 8-9: “in ipotesi di tardivo versamento, da parte del datore di lavoro, dei contributi dovuti in relazione alle differenze retributive giudizialmente riconosciute al lavoratore, il danno da questo subito sotto il profilo della svalutazione monetaria, per la ritardata riliquidazione, da parte dell'INPS, della pensione di vecchiaia spettantegli, deve essere risarcito dal datore di lavoro (tenuto anche alla corresponsione degli interessi) non ai sensi dell'art. 429, comma 3 c.p.c. - stante l'inapplicabilità di tale norma al credito in oggetto (non di lavoro nè inquadrabile, in quanto non a carico dell'INPS, fra i crediti di natura previdenziale, con conseguente irrilevanza della pronuncia della Corte Costituzionale n. 156 del 1991) - ma ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c., tenendo conto, ai fini della prova del maggior danno, dell'inquadrabilità del creditore, in ragione della qualità di pensionato e della modesta entità delle differenze pensionistiche, nella categoria del "modesto consumatore". 19 prestazioni previdenziali future (quali ad esempio le prestazioni pensionistiche) in quanto la loro effettiva possibilità di erogazione dipenderebbe da soggetti diversi dal beneficiario (datore di lavoro tenuto al pagamento dei contributi e Istituto Previdenziale tenuto al recupero coattivo) ed allo stesso sarebbe impedita qualsiasi forma di tutela del proprio diritto. Non è possibile neanche sostenere l’inesistenza del diritto alla integrità della propria posizione assicurativa sul presupposto che, in ipotesi di mancato versamento dei contributi, l’ordinamento appresta altre forme di tutela quali la rendita di cui all’art. 13 della legge 1338/62. Infatti, se il datore di lavoro non paga i contributi e non paga neppure le somme dovute per la costituzione della rendita, è il lavoratore costretto a pagare quanto dovuto per la costituzione della rendita. Ciò determinerebbe, oltre che una violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 della Costituzione anche l’inutilità ed il mancato rispetto del dettato del secondo comma dell’art. 38 della Costituzione. In conclusione, si può affermare che l’unica possibilità è quella di ritenere esistente il diritto alla “giusta” posizione assicurativa che determina l’accreditamento dei contributi per i periodi di lavoro effettuati e tutelabile fino a quando i contributi medesimi non sono prescritti. 20 1.2 AMBITO OGGETTIVO DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI. Il campo in cui vige nella sua pienezza il principio di automaticità delle prestazioni è l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali nella quale il lavoratore ha diritto alle prestazioni a prescindere sia dal regolare versamento dei contributi da parte del datore di lavoro sia dalla loro recuperabilità da parte dell'Ente. Originariamente è stato il D. L. Lgt. 23 agosto 1917 n. 1450 ad istituire l'assicurazione per gli infortuni sul lavoro in agricoltura garantendo l'erogazione della prestazione anche ai lavoratori per i quali non era stato versato il premio. Successivamente, l'art. 22 R.D. 17 agosto 1935 n. 1765 introdusse il principio dell'automaticità anche nella disciplina dell'assicurazione infortuni per i lavoratori dell'industria disponendo per gli assicurati il “diritto alle prestazioni da parte dell'Istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto agli obblighi stabiliti nel Titolo II". La formulazione dell'art. 22 R.D. 17 agosto 1935 n. 1765 è stata trasposta nel T.U. 30 giugno 1965 n. 1124 che all'art. 67 recita: "gli assicurati hanno diritto alle prestazioni da parte dell'Istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto gli obblighi stabiliti nel presente titolo." 21 Relativamente alle assicurazioni gestite dall’ INPS, invece, il principio dell’automaticità delle prestazioni era stato ammesso, ai sensi del letterale disposto dell’art. 27 del R.D.L. 636 del 14 aprile 193918, solo relativamente alle assicurazioni per la tubercolosi, la disoccupazione, la nuzialità e la natalità19 e non anche nell’ambito dell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti che non era espressamente menzionata in detto articolo. L'intenzione originaria del legislatore era, quindi, quella di non estendere il principio della automaticità alle prestazioni pensionistiche. Possiamo desumere questo sia dalla mancanza di una esplicita previsione sia dalle norme che regolavano il diritto a prestazione di vecchiaia, anzianità, invalidità che richiedevano la sussistenza di un requisito minimo di contribuzione versata. Più che il silenzio del legislatore, in merito all'automatismo, valeva dunque la sua volontà espressa, resa manifesta dalla concreta disciplina che, in aperto contrasto col principio stesso, “Il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni dell'assicurazione per la tubercolosi, dell'assicurazione per la disoccupazione e dell'assicurazione per la nuzialità e la natalità si intende verificato anche quando i contributi non siano stati effettivamente versati ma risultino dovuti a norma del presente decreto”. 18 19 L'assicurazione per la nuzialità e la natalità è stata soppressa con la legge 26 agosto 1950 n. 860 anche in considerazione delle nuove forme di tutela per la maternità assicurate dall'INAM, nonché del riconoscimento dei congedi matrimoniali da parte dei contratti collettivi. 22 regolava il diritto a pensione (artt. 9, 10, 13, 27 R.D. 14 aprile 1939 n. 63620). 20 Art.9.L'assicurato ha diritto alla pensione:1° al compimento del sessantesimo anno di età, per gli uomini, e del cinquantacinquesimo anno di età, per le donne, quando siano trascorsi almeno quindici anni dalla data di inizio dell'assicurazione e risulti versato un importo di contributi non inferiore a quello indicato dall'art. 11 per la categoria a cui l'assicurato appartiene; 2° a qualunque età quando sia riconosciuto invalido ai sensi dell'art.10 e quando: a ) siano trascorsi almeno cinque anni dalla data di inizio della assicurazione; b ) risulti versato un importo di contributi non inferiore a quello indicato dall'art. 11 per la categoria alla quale l'assicurato appartiene; c ) sussista almeno un anno di contributo nell'ultimo quinquennio precedente la domanda di pensione.” Art. 10. “Si considera invalido l'assicurato la cui capacità di guadagno, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente, per infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo del suo guadagno normale, per gli operai, o a meno della metà, per gli impiegati. La pensione di invalidità è soppressa quando la capacità di guadagno del pensionato cessi di essere inferiore ai limiti indicati al primo comma. Resta ferma la disposizione del terzo comma dell'art. 61 del Regio Decreto-legge 4 ottobre1935-XIII,n.1827.” Art. 13. “Nel caso di morte del pensionato o dell'assicurato, sempreché per quest'ultimo sussistano al momento della morte le condizioni di assicurazione e di contribuzione di cui all'art. 9, n. 2, lettera a ), b ) e c ), spetta una pensione al coniuge e ai figli superstiti che al momento della morte del pensionato o assicurato non abbiano superato l'età di 15 anni o, per gli assicurati appartenenti alla categoria degli impiegati, quella di 18 anni, ovvero siano riconosciuti inabili al lavoro. Tale pensione stabilita è nelle seguenti aliquote della pensione già liquidata o che sarebbe spettata allo assicurato a norma del primo comma dell'art. 12: a) il 50 per cento al coniuge; b ) il 10 per cento a ciascun figlio, se ha diritto a pensione anche il coniuge, oppure il 20 per cento se hanno diritto a pensione soltanto i figli. La pensione ai superstiti non potrà in ogni caso essere, complessivamente, né inferiore alla metà, né superiore all'intero ammontare della pensione calcolata a norma del primo comma art. 12. Se superstite è il marito, la pensione è corrisposta solo nel caso che esso sia riconosciuto invalido al lavoro ai sensi del primo comma dell'art. 10.” Art. 27. “Il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni dell'assicurazione per la tubercolosi, dell'assicurazione per la disoccupazione e dell'assicurazione per la nuzialità e la natalità si intende verificato quando i contributi non siano stati effettivamente versati, ma risultino dovuti a norma del presente decreto.” 23 Sul descritto quadro normativo interviene, nel 1942, in seno al codice civile, l'art. 2116, per il quale le prestazioni previdenziali sono dovute al prestatore di lavoro anche quando l'imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e assistenza. Nonostante il principio espresso sembri presentare i caratteri della generalità e astrattezza nel senso di riferirsi a tutti i consociati ed a tutte le forme di previdenza e assistenza obbligatorie, salvo che una norma speciale disponesse diversamente in forma implicita o esplicita, consolidata giurisprudenza per lungo tempo ha negato ogni automaticità in settori in cui non vi fosse stata, da parte di una legge speciale, una esplicita statuizione del principio. In concreto, quindi, salvo una diversa interpretazione21 che, sulla scorta della sua lettera, considerasse l’art. 2116 c.c. quale norma riferita a tutte le forme di previdenza (ivi comprese quelle pensionistiche), solo con l’art. 40 della legge 153 del 1969, nel testo sostituito dall’art. 23- ter del D.L. 30 giugno 1972, n. 267, convertito nella legge 11 agosto 1972, n. 485, il principio dell’automaticità delle prestazioni viene esteso alla materia pensionistica seppur temperato dal limite della prescrizione. In base a queste disposizioni, infatti, il requisito di contribuzione stabilito per il diritto e la determinazione Per la ricostruzione dell’iter giurisprudenziale vedi paragrafo 2° del capitolo 2° e le note 49 e 50. 21 24 della misura delle prestazioni di vecchiaia, invalidità e superstiti si intende verificato anche quando i contributi non siano stati effettivamente versati ma risultino dovuti nei limiti della prescrizione. L’art. 40 della Legge 153/69 ha infatti aggiunto all'art. 27 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, il seguente comma: “il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di vecchiaia, invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della prescrizione decennale. Il rapporto di lavoro deve risultare da documenti o prove certe”. Possiamo quindi affermare come, per i lavoratori subordinati, il principio di automaticità operi per tutte le prestazioni previdenziali anche quando i contributi non siano stati versati purché gli stessi siano dovuti (con la conseguente possibilità per l’Ente previdenziale di recuperarli) specificando che, relativamente alle prestazioni la cui erogazione avviene a distanza di tempo dal sorgere dell’obbligo contributivo (in particolare vecchiaia e superstiti), l’ eventuale prescrizione dei contributi può precluderne il conseguimento perché, una volta intervenuta, non essendo per legge consentito il versamento di contributi prescritti, non può considerarsi verificato il requisito contributivo ai fini del conseguimento della prestazione ( in quanto i 25 contributi prescritti non sono più dovuti né possono essere versati e l’Ente non potrebbe quindi più recuperarli)22. L’incidenza della prescrizione dei contributi è pertanto soprattutto nelle prestazioni che si conseguono a distanza di tempo dall’insorgere dell’obbligo contributivo, in particolare vecchiaia e superstiti. Più limitata in quelle di invalidità per le quali è richiesto quale requisito contributivo quello di 156 settimane di contributi nell’ultimo quinquennio antecedente alla domanda (e quindi, al momento della domanda, seppure i contributi non fossero stati versati, il credito contributivo, il cui termine di prescrizione è un quinquennio, non è prescritto). Del tutto irrilevante per prestazioni quali l’indennità di disoccupazione, per la quale opera un termine di decadenza per la richiesta di 68 giorni dal licenziamento, e per le quali, occorrendo un biennio di contribuzione anteriore al verificarsi della disoccupazione, è chiaro come al momento della domanda, se presentata nel predetto termine decadenziale, il termine prescrizionale dei contributi non può essere decorso. Analoghe considerazioni possono essere svolte per tutte quelle prestazioni (indennità di maternità, indennità di malattia, tubercolosi, 22 Vedi nota n. 2. 26 etc.) per le quali è previsto un termine di decadenza, di gran lunga inferiore a quello prescrizionale, entro il quale presentare la relativa domanda. Al momento della stessa, infatti, se il termine decadenziale è rispettato, l’eventuale inadempimento del datore di lavoro agli obblighi contributivi, non precludendo in alcun modo all’Ente il recupero degli stessi (non essendo intercorso il termine prescrizionale),non è di ostacolo all’operatività dl principio di automaticità e, quindi, non può precludere all’avente diritto il conseguimento della prestazione stessa. 1.3 AMBITO SOGGETTIVO DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’DELLE PRESTAZIONI. Il disegno di legge con le misure straordinarie per il sostegno del reddito approvato il 16 marzo 2010 in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati aveva previsto l'estensione dell'articolo 2116 del codice civile ai collaboratori iscritti in via esclusiva alla gestione separata Inps, in cambio di un incremento sino a 0,25 punti percentuali dell'aliquota contributiva. Il disegno di legge predetto non è diventato legge. Se la norma fosse stata approvata (viste le contingenze economiche del Paese è estremamente difficile che troverà applicazione nell’ immediato 27 presente), per i lavoratori parasubordinati ci sarebbe stato un netto passo in avanti verso l’auspicabile parità di diritti previdenziali rispetto ai lavoratori subordinati. Il menzionato disegno di legge, infatti, stabiliva che l'articolo 2116 del codice civile avrebbe dovuto essere inteso applicabile anche ai collaboratori iscritti in via esclusiva alla gestione separata Inps, purché in regime di mono committenza e non contributiva (lavoratori, collaborazione, per i quindi, quali il con titolari dell'obbligazione un unico responsabile rapporto di dell'obbligazione contributiva è il committente). Questa seconda condizione avrebbe escluso dal novero dei beneficiari dell’articolo 2116 del codice civile i titolari di partita Iva anche se con un solo rapporto di collaborazione. In tal caso, infatti, è lo stesso lavoratore e non il committente ad essere obbligato al pagamento dei contributi. Si trattava, dunque, di una disposizione che avrebbe esteso anche ai collaboratori, cioè ai lavoratori parasubordinati, l'applicabilità del principio dell'automaticità delle prestazioni di cui all’ articolo 2116 del codice civile, principio che, finora, ha rappresentato e rappresenta un'esclusiva dei lavoratori subordinati, essendo stata sempre esclusa ogni possibilità di estensione ai lavoratori parasubordinati, nonostante anche per loro viga l'obbligatorietà alla contribuzione presso la gestione separata Inps. 28 Però, fino a quando il citato o un similare disegno di legge non sarà tradotto in legge, i soggetti ai quali è applicabile il principio di automaticità delle prestazioni sono soltanto i lavoratori subordinati privati. In assenza di una specifica disposizione di legge e, quindi, in assenza di alcuna provvista finanziaria da cui attingere per far fronte ai conseguenti oneri, non era e non è possibile, infatti, estendere il principio medesimo, giurisprudenza23, ai come è lavoratori costante autonomi affermazione e ai delle lavoratori parasubordinati. Allo stato, pertanto, il sistema previdenziale, che collega l’accesso alle prestazioni alla maturazione di un determinato numero di anni di contribuzione, si atteggia diversamente a seconda che il lavoratore sia autonomo, subordinato o parasubordinato. 23 Cassazione civile sez. lav. 18 settembre 2004, n. 18830, in Giust. civ. Mass. 2005, 1: “il principio generale dell'automatismo delle prestazioni previdenziali, in forza del quale queste ultime spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, non trova applicazione, in difetto di specifiche disposizioni di legge o di una legittima fonte secondaria in senso contrario, nel rapporto tra lavoratore autonomo ed ente previdenziale, con la conseguenza che il mancato versamento dei contributi obbligatori impedisce, di regola, la stessa costituzione del rapporto previdenziale e, comunque, la maturazione del diritto alle prestazioni; né tale esclusione può essere ritenuta irragionevole, giacché nel rapporto tra lavoratore autonomo ed ente previdenziale l'obbligazione contributiva grava sullo stesso lavoratore al quale compete il diritto alle prestazioni e che quindi, coerentemente, subisce le conseguenze pregiudizievoli del proprio inadempimento.” 29 Nell’area del lavoro autonomo e professionale vige un modello di autotutela previdenziale: il lavoratore provvede al versamento dei contributi alla cassa competente, la quale provvederà ad erogare i trattamenti al raggiungimento dei requisiti contributivi minimi. L’autotutela fa sì che il lavoratore “irresponsabile”, che ometta di versare i contributi, risponda delle conseguenze delle proprie lacune contributive24. 24 Cassazione civile sez. lav, 03 ottobre 2008, n. 24582, in Giust. civ. Mass. 2008, 10, 1429: “l'assicurazione obbligatoria di invalidità, vecchiaia e superstiti per gli artigiani non è retta dal principio di automatismo e le prestazioni competono solo in quanto siano stati effettuati i versamenti contributivi (nella specie, la sentenza impugnata aveva riconosciuto il diritto all'assegno per nucleo familiare artigiani, attribuendo rilevanza al condono presentato dall'artigiano e alla perdurante esigibilità dei contributi da parte dell'istituto previdenziale; la S.C., nell'affermare il principio su esteso, ha cassato la sentenza di merito ed affermato l'irrilevanza della domanda di condono presentata dall'interessato e non seguita dal versamento dei contributi necessario per il perfezionamento della sanatoria).” Per gli artigiani, quindi, in quanto lavoratori autonomi, l'assicurazione obbligatoria di invalidità vecchiaia e superstiti non è retta dal principio dell'automatismo (ex plurimis, anche Cassazione civile sez. lav.13 luglio 1993 n.7713 in Giust. civ. Mass. 1993, 1166 (s.m.), Informazione previd. 1993, 898 : “l'assicurazione obbligatoria di invalidità, vecchiaia e superstiti per i lavoratori autonomi non è retta dal principio dell'automatismo mancando la figura del datore di lavoro tenuto al versamento dei contributi obbligatori - e pertanto l'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane non comporta di per sè solo la nascita del rapporto assicurativo e del diritto a pensione di invalidità in favore dell'artigiano che non possa vantare un'anzianità contributiva di almeno cinque anni.” In dottrina vedi R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 417: “laddove le due situazioni giuridiche soggettive (beneficiario e obbligato) coincidono, non è sembrato equo al legislatore neutralizzare gli effetti dell’omissione contributiva a vantaggio del beneficiario, venendo meno quel principio di meritevolezza che ha portato alla sostituzione della regola della sinallagmaticità effettiva con quella, propria della materia previdenziale, della sinallagmaticità virtuale.” 30 Il meccanismo previdenziale nell’area del lavoro subordinato risponde invece ad una logica completamente diversa: i contributi previdenziali sono posti a carico del datore di lavoro che provvede ad alimentare la posizione contributiva del dipendente ed è il responsabile della maturazione dell’anzianità contributiva necessaria per l’accesso ai trattamenti. Poiché l’ “irresponsabilità” datoriale, dolosa o colposa, potrebbe compromettere il diritto alla tutela previdenziale del lavoratore sancito dall’art. 38, comma 2, della Costituzione, è previsto il principio di automaticità delle prestazioni che consente al lavoratore di fruire delle prestazioni previdenziali in tutti i casi di omessa o irregolare contribuzione da parte del datore di lavoro, salvo il limite della prescrizione dei contributi. Quella dell’art. 2116 c.c., secondo la Corte Costituzionale, costituisce una fondamentale garanzia per il lavoratore assicurato intesa a non far ricadere su di lui il rischio di eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli obblighi contributivi, rischio che si concretizza nella perdita del diritto alle prestazioni o nella fruizione di prestazioni ridotte. Dottrina, giurisprudenza e Corte Costituzionale colgono la ratio della regola codicistica nel fatto che i danni previdenziali sono riconducibili al comportamento omissivo o irregolare altrui: non potendo operare una logica di “auto-responsabilità”, lo Stato deve comunque assicurare 31 tutela agli assicurati, incolpevoli del mancato perfezionamento della posizione contributiva. Lo scenario della tutela previdenziale dei lavoratori parasubordinati, ed in generale, dei lavoratori atipici, è, invece, senz’altro più problematico e la dottrina chiede da tempo interventi legislativi chiarificatori ed integrativi del precario quadro normativo esistente. Infatti, i lavoratori a progetto e i vecchi collaboratori coordinati e continuativi presentano delle caratteristiche che non li rendono pienamente riconducibili né al modello del lavoro subordinato, né a quello del lavoro autonomo. Il “parasubordinato” è un lavoratore autonomo che si colloca in una sorta di “zona grigia”: è soggetto alla tutela contro gli infortuni e le malattie professionali e, ai fini dell’assicurazione IVS, ha l’obbligo di iscriversi alla gestione separata dell’Inps all’inizio dell’attività di lavoro presso la quale vanno versati i contributi posti per 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico del lavoratore. Il fatto che la contribuzione sia posta per i 2/3 a carico del committente espone il parasubordinato, così come il lavoratore subordinato, al rischio del danno previdenziale connesso alle omissioni contributive altrui. E ci si può chiedere se questa coincidenza possa permettere di estendere al parasubordinato la garanzia apprestata dall’art. 2116 c.c. 32 lavoratore La risposta dell’ente previdenziale25 e della giurisprudenza, allo stato dell’attuale normativa, è negativa: per i lavoratori a progetto e i vecchi Circolare INPS 6 settembre 2006 n.95: “Nei confronti dei soggetti iscritti alla gestione separata di cui trattasi si rammenta che non opera il c.d. principio dell’automatismo delle prestazioni previdenziali sancito per i “prestatori di lavoro”, dall’art. 2116 del cod. civ., in forza del quale le suddette prestazioni sono comunque garantite anche nel caso di mancato o irregolare versamento da parte dell’imprenditore dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti. Trattandosi infatti di lavoratori la cui attività è giuridicamente qualificabile come autonoma, il mancato o irregolare versamento dei contributi obbligatori impedisce la maturazione del diritto alle prestazioni e la conseguente corresponsione, in favore degli stessi, delle prestazioni medesime.” E messaggio INPS 22 maggio 2007 n. 12768: “è noto che in assenza di contribuzione non è possibile erogare le prestazioni previste per gli iscritti alla Gestione separata, atteso che nei confronti degli iscritti alle Gestioni dei lavoratori autonomi non è applicabile il principio dell’ automaticità delle prestazioni.” 25 Circolare INAIL del 7 maggio 1998 n. 30: “L'articolo 59, comma 19, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, pubblicata sul supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 1997, dispone che l'articolo 67 del Testo Unico approvato con D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, non trova applicazione nei confronti dei lavoratori autonomi". Data la duplice veste di lavoratore e di datore di lavoro (più correttamente di "assicurato" e di "assicurante") dei lavoratori autonomi tutelati dall'INAIL, dal coordinamento delle due suddette norme deriva la seguente specificazione della nuova disposizione di legge: i lavoratori autonomi, infortunatisi o che abbiano contratto malattia professionale, non hanno diritto alle prestazioni di legge qualora gli stessi risultino inadempienti rispetto agli obblighi previsti nel titolo I del Testo Unico a carico dei datori di lavoro. Con la presente circolare si devono intendere in parte superate le istruzioni operative fornite, in via provvisoria ed a fini cautelativi, con lettera in data 20 gennaio 1998 della Direzione Centrale Prestazioni, successivamente alla quale sono intervenuti approfondimenti e chiarimenti interpretativi della legge in esame. In particolare, il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale ha recentemente espresso l'avviso, in ciò condividendo l'orientamento dell'Istituto, che la norma di che trattasi non modifica il diritto alla tutela assicurativa nei confronti del lavoratore autonomo, ma condiziona la esecutività del diritto stesso alla regolarità contributiva. Ne consegue la sospensione dell'avvio del pagamento delle prestazioni se e fino a quando non ricorra la condizione richiesta. Infine, secondo il predetto Ministero, considerato il logico collegamento tra l'evento dannoso e la prestazione ad esso afferente, la novità introdotta dalla Legge n. 449/1997 non può che riguardare gli eventi verificatisi a partire dalla data di entrata in vigore della 33 legge medesima (1° gennaio 1998). (...) Il legislatore, con la disposizione in argomento, ha inteso ripristinare, nei confronti dei lavoratori autonomi, il rapporto sinallagmatico contribuzione-prestazione assicurativa reso inoperante, in favore dei lavoratori dipendenti, dall'articolo 2116 codice civile. Di conseguenza gli obblighi cui fa riferimento l'articolo 67 del Testo Unico, che sostanzialmente recepisce la norma del codice civile ed il principio dell'"automaticità" delle prestazioni ad essa sotteso, sono essenzialmente gli obblighi contributivi. Ai fini che qui interessano, pertanto, si terrà conto esclusivamente delle situazioni di inadempienza di detti obblighi, anche riferite a periodi pregressi purché non colpite da prescrizione, consistenti in "omissioni", e cioè in mancati pagamenti di premi e contributi il cui ammontare è rilevabile dalle denunce obbligatorie, ovvero in "evasioni", e cioè in inadempienze connesse a denunce obbligatorie omesse (evasioni totali) o non conformi al vero (evasioni parziali). Saranno inoltre escluse dalla valutazione della regolarità contributiva, ai fini che qui interessano, le obbligazioni accessorie (interessi, sanzioni, ecc.).(…) Si ritiene che l'ambito delle "prestazioni" interessate dalla norma in argomento debba essere circoscritto alle prestazioni economiche, con esclusione, pertanto, delle prestazioni sanitarie curative ("prime cure", "cure idrofangotermali e soggiorni climatici") e delle prestazioni riabilitative (protesi e presìdi).… In considerazione della "ratio" della norma in esame, la non operatività del principio dell'automaticità delle prestazioni da essa sancita trova applicazione soltanto nei casi di identità fra soggetto assicurato, infortunatosi o che abbia contratto malattia professionale, e "soggetto assicurante". Rimangono pertanto esclusi dal campo di applicazione della norma, ad esempio, i lavoratori associati in società o cooperative, rivestendo tali organismi la veste di "soggetto assicurante"; i familiari coadiuvanti il titolare dell'azienda artigiana, ecc.. Nel settore agricolo, si ricorda che gli obbligati per legge al versamento all'INPS delle quote capitarie INAIL sono il coltivatore diretto, che versa per sé e per i componenti il nucleo familiare costituente la forza lavoro, ed il concedente il fondo in mezzadria o in colonia, che versa per il mezzadro, il colono ed i componenti i rispettivi nuclei familiari, con diritto di rivalsa nei confronti del colono e del mezzadro. Sono pertanto esclusi dal campo di applicazione della norma i componenti il nucleo familiare del coltivatore diretto nonché il colono, il mezzadro ed i loro familiari. E' ovviamente "estraneo" alla materia qui in esame il "concedente", in quanto persona non assicurata. Per quanto riguarda i superstiti di lavoratori autonomi, ferma restando, secondo le norme del diritto successorio, l'obbligazione dei medesimi verso l'istituto, se ed in quanto eredi, derivante dalla situazione debitoria dei loro de cuius, il conseguimento delle prestazioni di legge, inerendo ad un diritto "proprio" e non "ereditario", non può essere subordinato all'adempimento di detta obbligazione…” Circolare INAIL del 11 aprile 2000 n. 32: “In attuazione della delega di cui all'art. 55 della Legge n. 144/1999 (comma 1, lettera i), il Decreto Legislativo n. 38 del 23 febbraio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 34 collaboratori coordinati e continuativi l’ente non eroga prestazioni se non è stata raggiunta l’anzianità contributiva necessaria. Il lavoratore parasubordinato viene quindi assimilato a quello autonomo nella logica della auto responsabilità, del do ut des previdenziale, nonostante sia esposto all’inadempimento contributivo del committente, chiaro punto di assonanza con la figura del lavoratore subordinato. Tale posizione che affievolisce la timida tutela previdenziale di 50 del 1° marzo c. a., stabilisce, all'articolo 5, l'estensione dell'assicurazione INAIL ai lavoratori parasubordinati, purché svolgano le attività previste dall'articolo 1 del Testo Unico del 1965, ivi compresa la conduzione personale di veicoli a motore, non in via occasionale e per l'esercizio delle proprie mansioni. Dette disposizioni decorrono dal 16 marzo 2000 ed - in sede di prima applicazione- le denunce di cui all'art. 12 T. U. debbono essere effettuate entro il 15 aprile 2000. Il menzionato articolo prevede: 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono soggetti all'obbligo assicurativo i lavoratori parasubordinati indicati all'art. 49, comma 2, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni e integrazioni, qualora svolgano le attività previste dall'articolo 1 del testo unico o, per l'esercizio delle proprie mansioni, si avvalgano, non in via occasionale, di veicoli a motore da essi personalmente condotti. 2. Ai fini dell'assicurazione INAIL il committente è tenuto a tutti gli adempimenti del datore di lavoro previsti dal testo unico. 3. Il premio assicurativo è ripartito nella misura di un terzo a carico del lavoratore e di due terzi a carico del committente. 4. Ai fini del calcolo del premio la base imponibile è costituita dai compensi effettivamente percepiti, salvo quanto stabilito dall'articolo 116, comma 3, del testo unico. Il tasso applicabile all'attività svolta dal lavoratore è quello dell'azienda qualora l'attività stessa sia inserita nel ciclo produttivo, in caso contrario, dovrà essere quello dell'attività effettivamente svolta. 5. Ferma restando la decorrenza dell’obbligo assicurativo e del diritto alle prestazioni dalla data di cui al comma 1, in sede di prima applicazione, i termini per la presentazione delle denunce di cui all’articolo 12 del Testo Unico sono stabiliti in trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo …” 35 quest’ampia platea di lavoratori, pur comprensibile allo stato della normativa, desta numerose perplessità. Spesso infatti il parasubordinato è un lavoratore che non disponendo di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, passa da una collaborazione all’altra, cumulando frammenti contributivi intervallati da periodi di vuoto lavorativo e contributivo. Se alla difficoltà di maturare l’anzianità assicurativa necessaria per l’accesso al trattamento, si aggiunge l’inapplicabilità del principio di automaticità delle prestazioni, la debolezza della sua tutela previdenziale appare evidente. Ciò in quanto l’ente, ricostruendo il curriculum contributivo, sommerà i pochi contributi versati e le eventuali scoperture contributive, riconducibili ai committenti, non saranno considerate “coperte” con il meccanismo previsto dall’art. 2116 c.c. ai fini del raggiungimento della soglia di anzianità necessaria. Che esista un problema di tutela è evidente ed in tal senso si inquadra l’art. 39 della legge n. 183 del 2010 (Collegato Lavoro) che ha esteso anche ai committenti della Gestione Separata le stesse misure sanzionatorie già previste nei confronti dei datori di lavoro che operano le ritenute sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. In sostanza, si estende il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali, già previsto dalla legge n. 638 del 1983 per i soli lavoratori dipendenti. Pertanto vige oggi un’unica disciplina sanzionatoria nei confronti dei datori di 36 lavoro per l’omesso versamento delle ritenute contributive. E la predetta estensione rappresenta sicuramente un passo in avanti per uniformare i trattamenti dei lavoratori dipendenti e parasubordinati. Da ultimo, nel caso dei pubblici dipendenti, c’è l’identità tra datore di lavoro e soggetto erogatore delle prestazioni. In questo contesto appare evidente l’impossibilità del verificarsi di una omissione contributiva cosicché si potrebbe forse dire che l’automatismo è intrinseco alla struttura del sistema26. Relativamente invece all’assicurazione infortuni sul lavoro, la formulazione letterale dell'art. 67 T.U. 30 giugno 1965 n. 1124, che stabiliva per gli assicurati INAIL il diritto alle prestazioni anche nel caso in cui il datore non abbia adempiuto agli obblighi stabiliti dalla legge, prevedendo un lavoratore e un datore di lavoro, implica una logica esclusione dell'automatismo per i lavoratori autonomi nei quali sussiste un'identificazione tra responsabile della contribuzione e beneficiario delle prestazioni27. Una diversa indicazione estensiva di diritto positivo si traeva, per il settore rurale, dall'art. 236 T.U. che equiparava i lavoratori agricoli ai lavoratori dell'industria, senza distinzione tra subordinati ed autonomi. Nello stesso senso si poneva 26 Sul punto Carbone, La quiescenza e la previdenza nel pubblico impiego, in Volpe (a cura di), Il pubblico Impiego,Torino, 1991, 410. 27 A. Luciani, Concezione unitaria del rapporto di assicurazione sociale per i lavoratori agricoli, in Riv. Dir. Lav. 1965,I,363. 37 l'art. 212 del T.U. che assoggettava gli agricoltori, senza alcuna distinzione tra autonomi e subordinati28, agli adempimenti del Titolo I, richiamando l'art. 67 che enuncia il principio di automaticità anche se il premio non è stato versato. Anche per gli artigiani, inclusi dall'art. 3 della legge 19 gennaio 1963 n.15 nel novero dei soggetti assicurati ed inclusi dall'art.4 n. 3 del T.U. 30 giugno 1965 n. 1224 tra le persone assicurate, vigeva la regola particolare dell'applicazione dell'automatismo pur essendo lavoratori autonomi. Lo stesso dicasi per i pescatori di piccola pesca marittima e nelle acque interne, ricompresi tra i soggetti assicurati dall'art.1, legge 13 marzo 1958 n. 250. Più di recente, la legislazione ha escluso i lavoratori autonomi dal beneficio dell'automaticità delle prestazioni: l'art. 59, comma 19 della legge 27 dicembre 1997 n. 449, ha disposto che per i lavoratori autonomi agricoli non trova applicazione l'art. 67 del T.U. 30 giugno 1965 n. 1224. A seguito della legge 27 dicembre 1997 n. 449, dunque, non è più applicabile il principio di automaticità delle prestazioni per la tutela infortunistica in favore dei lavoratori autonomi di ogni settore e gli stessi accedono alle prestazioni solo quando hanno pagato regolarmente i premi. 28 A.Lega, L'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali in agricoltura, Giuffrè, Milano, 1968. 38 L'innovazione legislativa ha aperto il problema dell'esatta individuazione dei soggetti a cui si applica la norma non potendosi logicamente equiparare ai titolari i loro coaudiutori familiari, gli associati, i coloni e i mezzadri sui quali non grava l'obbligazione contributiva perciò non responsabili del mancato pagamento dei premi. Con circolare n. 30/9829 l'INAIL ha precisato che la limitazione del principio dell'automatismo riguarda esclusivamente i titolari (artigiani, commercianti o coltivatori diretti e quindi non i dipendenti). Il principio dell'automatismo trova quindi ancora applicazione nei confronti dei soggetti equiparati ai lavoratori dipendenti: i coloni, i mezzadri e i familiari coadiuvanti del titolare dell'azienda. Viene inoltre precisato che l'ambito delle prestazioni interessate dalla novità normativa è circoscritto a quelle economiche con esclusione, quindi, delle prestazioni sanitarie e di quelle riabilitative. 29 Per il testo completo si rinvia alla nota 25. 39 1.4 IL DOPPIO AUTOMATISMO: L’AUTONOMIA DEL RAPPORTO PREVIDENZIALE DAL RAPPORTO DI LAVORO E L’AUTOMATICITA’ DELLA PRESTAZIONE. a) L’AUTONOMIA DEL RAPPORTO PREVIDENZIALE DAL RAPPORTO DI LAVORO. L’instaurazione del rapporto di lavoro subordinato determina ipso iure l’insorgenza del corrispondente rapporto assicurativo, con conseguente obbligo per il datore di lavoro di versare i relativi contributi all’ente previdenziale. Però, nonostante il rapporto di lavoro sia il presupposto ed il fattore occasionante della costituzione ex lege del rapporto contributivo- previdenziale, è possibile escludere una relazione di derivazione 30. 30 Cassazione civile sez. lav. 20 luglio 1985, n. 4307, in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 7: “il diritto del lavoratore agli adempimenti assicurativi, anche se l'ammontare dei contributi è commisurato a quello della retribuzione, non è una derivazione del diritto alla retribuzione, in quanto entrambi tali diritti come i corrispondenti obblighi del datore di lavoro - sorgono contemporaneamente, come effetto immediato dell'instaurazione del rapporto di lavoro, e possono avere, nell'esecuzione di questo, sorte diversa ed indipendente, in ragione della diversa disciplina cui sono sottoposti e del funzionamento dell'obbligo contributivo nell'ambito di un connesso rapporto previdenziale trilaterale. Conseguentemente, nel caso di inattuazione funzionale del rapporto di lavoro (nella specie, per licenziamento dichiarato di poi illegittimo), la persistenza in vita del medesimo legittima la pretesa risarcitoria relativa, oltre che alla mancata percezione della retribuzione, all'omissione delle contribuzioni previdenziali, nonostante la mancata erogazione della retribuzione nel periodo predetto.”In dottrina R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, 470, che 40 Trattasi del principio dell’autonomia del rapporto previdenziale dal rapporto di lavoro. Il diritto del lavoratore agli adempimenti assicurativi, anche se l'ammontare dei contributi è commisurato a quello della retribuzione, non è una derivazione del diritto alla retribuzione, in quanto entrambi tali diritti - come i corrispondenti obblighi del datore di lavoro sorgono contemporaneamente, dell'instaurazione del rapporto di come lavoro, effetto immediato e possono avere, nell'esecuzione di questo, sorte diversa ed indipendente, in ragione della diversa disciplina cui sono sottoposti e del funzionamento dell'obbligo contributivo nell'ambito di un connesso rapporto supporta l’affermazione dell’autonomia del rapporto previdenziale, anche con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, Cass. SS.UU.1250/1968: “quando la legge, in relazione al concreto svolgimento di un’attività dei privati, pone un obbligo ispirato a superiori esigenze di natura sociale, stabilendone l’inderogabilità e sanzionandola anche penalmente, è errato affermare che l’obbligo trovi la sua causa nel contratto laddove questo sia servito solo a costituire la situazione avente valore di presupposto per la nascita di un’ obbligazione che i contraenti potrebbero anche non aver considerato o aver voluto addirittura escludere.” Cassazione civile sez. lav., 05 novembre 1988, n. 5991, in Giust. civ. Mass. 1988, fasc. 11: “l’ instaurazione del rapporto di lavoro subordinato determina "ipso iure" l'insorgenza del corrispondente rapporto assicurativo, con conseguente obbligo per il datore di lavoro di versare i relativi contributi all'ente previdenziale, anche se in riferimento al medesimo periodo di attività lavorativa risultino versati contributi da un altro datore di lavoro. (Nella specie la S.C., confermando l'impugnata sentenza, ha ritenuto, con riguardo a lavoratori addetti a cantieri-scuola ma di fatto utilizzati dal ricorrente, che l'obbligo contributivo di quest'ultimo sussistesse sia per le prestazioni lavorative resegli nelle ore in cui i lavoratori avrebbero dovuto essere impegnati nei cantieri-scuola sia per la prestazioni lavorative resegli in ore diverse, essendo irrilevante, in relazione ad entrambe le ipotesi, l'avvenuto pagamento dei contributi da parte dei cantieri predetti).” 41 previdenziale trilaterale. Conseguentemente, anche nel caso di inattuazione funzionale del rapporto di lavoro, ad esempio per licenziamento dichiarato poi illegittimo, la persistenza in vita del medesimo rapporto di lavoro legittima la pretesa risarcitoria relativa, oltre che alla mancata percezione della retribuzione, all'omissione delle contribuzioni previdenziali, nonostante la mancata erogazione della retribuzione nel periodo predetto. Ed anche ove venga posto in essere un rapporto di lavoro di fatto (non regolarizzato) o contra legem (non avendo ad esempio il lavoratore il requisito dell’età minima, rapporto che per tale motivo è semplicemente illegale per mancanza di un presupposto di validità e non già intrinsecamente illecito per l’oggetto o la causa) non di meno si costituisce automaticamente il rapporto assicurativo obbligatorio atteso che il disposto del 1° comma dell’art. 2126 c.c. (secondo cui la nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non producono effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione) rende applicabile il primo comma dell’art. 2116 c.c., che contempla il cosiddetto principio dell’automatismo delle prestazioni di previdenza e assistenza obbligatorie 31. 31 In tal senso Cassazione civile sez. lav., 27 giugno 1986, n. 4288, in Giust. civ. Mass. 1986, fasc. 6, Giust. civ. 1986, I,2755: “Ove venga posto in essere un rapporto di lavoro contra legem non avendo il lavoratore il requisito dell'età minima - rapporto che per tale motivo è semplicemente illegale per mancanza di un presupposto di validità e non già intrinsecamente illecito per 42 Quindi, anche se il rapporto di lavoro si svolge di fatto o è invalido, il principio di automaticità delle prestazioni è sempre applicabile esistendo un collegamento diretto tra l’art. 2126 c.c. e l’art. 2116 c.c. E’ sulla base di tali considerazioni che la dottrina ha teorizzato l’autonomia del rapporto previdenziale dal rapporto di lavoro ritenendo che l’obbligo contributivo trovi soltanto l’occasione nel rapporto di lavoro e non già la causa petendi 32. Ma non si tratta di due rapporti tra loro indifferenti e paralleli, perché un punto di intersecazione vi è in quanto il rapporto di lavoro è l'oggetto o la causa - non di meno si costituisce automaticamente il rapporto assicurativo obbligatorio atteso che la prescrizione del comma 1 dell'art. 2126 c.c. - secondo cui la nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non producono effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione rende applicabile il comma 1 dell'art. 2116 c.c., che contempla il cosiddetto principio dell'automatismo delle prestazioni di previdenza e assistenza obbligatorie, principio che, nel particolare caso del rapporto di lavoro costituito in violazione della norma sull'età minima di ammissione al lavoro, trova conferma nell'art. 24, comma 1, l. 17 ottobre 1967 n. 977.” Così anche Cassazione civile sez. lav.09 ottobre 1985, n. 4916, in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 10: “l'art. 24 della l. 17 ottobre 1967 n. 977 - norma che pone a carico del datore di lavoro che occupi alle sue dipendenze un minore degli anni quattordici di rimborsare l'INAIL degli importi delle prestazioni da quest'ultimo erogate al minore che abbia subito un infortunio sul lavoro configura una speciale azione di rivalsa in favore dell'istituto assicuratore, che prescinde dall'eventuale dolo o colpa del datore di lavoro nella determinazione dell'evento e si giustifica col fatto che - stante la nullità del contratto di lavoro per effetto dell'età del minore e la conseguente mancata copertura assicurativa - l'INAIL tuttavia è tenuto per legge alle prestazioni assicurative solo per ragioni di solidarietà sociale, ma ha diritto di rivalersi sul datore di lavoro che ha dato causa alla situazione di nullità.” 32 M. Cinelli, Diritto della Previdenza sociale, Giappichelli, Torino, 1996, p.101. 43 presupposto e fattore occasionante della costituzione ex lege del rapporto contributivo- previdenziale 33. Dal punto di vista “genetico”, mentre la costituzione del rapporto di lavoro dipende dall’incontro della volontà del datore di lavoro e del lavoratore, il rapporto contributivo si instaura ope legis in ragione del rapporto di lavoro. Alle parti è quindi riservato solo il potere prodromico sul presupposto che determina la nascita del rapporto ma non sul rapporto stesso che non è nella disponibilità delle parti. La prestazione lavorativa che nel rapporto di lavoro è atto di esecuzione nel rapporto contributivo- previdenziale è il fattore che determina ope legis il sorgere del rapporto contributivo- previdenziale. Ha, pertanto, all’interno dei due rapporti, una diversa funzione. E’ in questi termini che si può nel contempo trovare il collegamento tra rapporto di lavoro e rapporto contributivo- previdenziale e allo stesso tempo postularne la reciproca autonomia34. 33 Per un esame più analitico di questi aspetti, R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 470 ss.e F.P.Rossi, il presupposto legale della tutela previdenziale: il rapporto di lavoro subordinato, in Prev. soc. 1972, 59. 34 G. Prosperetti, dalla tutela del rapporto alla tutela della persona, in G.L.L. 1994, p.26. Secondo R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, “l’autonomia tra il rapporto di lavoro e quello previdenziale spiega, in primo luogo, il precetto di cui all’art. 2115 c.c. comma 3, c.c. che sancisce la nullità in sede transattiva dei patti intesi ad eludere gli obblighi previdenziali, non essendo nella disponibilità delle parti del rapporto di lavoro il potere di transigere o di rinunciare in ordine 44 Qui, però, il collegamento tra i due rapporti finisce e subentra un’indipendenza funzionale, su cui si fonda la ragione della loro autonomia. In definitiva il rapporto previdenziale è autonomo rispetto al rapporto di lavoro in quanto, pur trovando in esso la giustificazione causale, sorge ope legis perché coattivamente costituito; ciò, secondo la dottrina35, giustifica anche l’indipendenza tra adempimento degli obblighi contributivi ed erogazioni delle prestazioni. Si tratta di autonomia che opera sulle posizioni giuridiche e sulla esigibilità delle prestazioni 36. all’autonomo rapporto previdenziale, nel quale le loro relazioni ed i rispettivi poteri e doveri sono individuati inderogabilmente dal legislatore.” 35 L.R. Levi Sandri, Istituzioni e Legislazione sociale, Giuffrè, Milano, 1979, pp 225 ss. 36 In dottrina, per la tesi secondo cui il rapporto previdenziale, pur trovando il suo presupposto nel rapporto di lavoro o nella prestazione lavorativa, sotto ogni aspetto è autonomo, F.P.Rossi, il presupposto legale della tutela previdenziale: il rapporto di lavoro subordinato, in Prev. soc. 1972, pag 59 ss. e Pessi R., Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 470 ss. secondo cui “collegato se pur distinto dall’automaticità del rapporto previdenziale è il principio dell’automaticità delle prestazioni” che “non pone in discussione l’adempimento dell’obbligazione contributiva come elemento essenziale per il maturarsi del diritto alla prestazione ma scinde gli effetti dell’inadempimento, neutralizzandoli rispetto al soggetto beneficiario e limitandoli al solo rapporto tra l’Ente previdenziale e il soggetto passivo dell’obbligazione.” 45 b) L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI Non solo è automatica la costituzione del rapporto previdenziale ma sono automatiche anche le prestazioni. Infatti, le prestazioni previste e stabilite dalle forme di previdenza obbligatoria (art. 2114 c.c.) “ sono dovute al prestatore di lavoro anche quando l’imprenditore non ha versato regolarmente i contributi” (art. 2116 c.1 c.c.). In altre parole, al verificarsi dell’evento assicurato, l’obbligo della prestazione previdenziale è cogente per l’ente assicuratore indipendentemente dall’adempimento dell’obbligazione contributiva; specularmente, il lavoratore ha diritto alla prestazione previdenziale anche laddove il datore di lavoro non abbia provveduto al versamento di contributi. Il meccanismo dell’automaticità postula una autonomia della prestazione previdenziale rispetto all’obbligo contributivo, ponendo la prima non come una variabile dipendente dal preventivo versamento dei contributi ma, più semplicemente, condizionata dalla semplice esigibilità, con la conseguenza che manca un vincolo di sinallagmaticità tra le prestazioni ed i contributi previdenziali. Il meccanismo produce l’effetto di ritenere verificato il requisito della contribuzione anche quando i contributi non sono stati versati (infortuni sul lavoro e malattie professionali) e, in alcuni casi (prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti) purché i contributi 46 non versati non siano prescritti (art 40 legge 30 aprile 1969 n. 153 di cui infra). Pertanto è possibile che si verifichi un disallineamento tra profilo contributivo e profilo prestazionale, la cosiddetta sterilizzazione della corrispettività, in quanto l’adempimento dei contributi non è indispensabile ai fini dell’erogazione della prestazione. E ciò è conseguenza di una scelta fondamentale del legislatore quale l’ introduzione nell’ordinamento dell’automaticità del rapporto assicurativo, di cui l’automatismo della prestazione è una conseguenza effettuale. In sostanza, l’automaticità delle prestazioni, perché possa ritenersi operativa, presuppone l’autonomia del rapporto previdenziale rispetto al rapporto di lavoro. Il primo, benché funzionalmente legato al secondo, trae da esso il semplice presupposto e si svolge in maniera coordinata, ma non dipendente. 47 CAPITOLO II LA GENERALIZZAZIONE E COSTITUZIONALIZZAZIONE DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’ 2.1 LA “COSTITUZIONALIZZAZIONE” DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’ NONOSTANTE LA SUA PREVISIONE SOLTANTO NEL CODICE CIVILE E NON NELLA CARTA COSTITUZIONALE. Il principio della automaticità delle prestazioni, pur se disciplinato nel codice civile e non nella Costituzione, trova corrispondenza nell’ordinamento costituzionale 37 in quanto gli interessi tutelati dall'art. 2116 c.c., e precisamente evitare che le inadempienze dei datori di lavoro determinino conseguenze negative ai lavoratori incolpevoli, sono oggetto di tutela anche dell'art. 38 della Costituzione 38. 37 M. Miscione, L’automaticità delle prestazioni in L.D. 1987, pp 357 ss. E, in particolare p. 361. 38 M. Miscione, L'automaticità delle prestazioni, LD, 1987, 361. 48 Tale principio ha infatti subito un vero e proprio processo di "costituzionalizzazione"39 cosicché le fattispecie cui la regola non si applica (o si applica parzialmente) sono spesso considerate, se non come ipotesi di incostituzionalità in senso tecnico, quantomeno come esempi di non perfetta attuazione del medesimo art. 38. A tale impostazione, tuttora maggioritaria pur nelle sue diverse varianti, si contrappongono coloro che considerano il principio di automaticità la dimostrazione di un "insistito ricorso, da parte del legislatore, a una normativa paradossalmente diretta a disinnescare l'interesse dei lavoratori alla corretta contribuzione"40. Nei confronti di tale ultima impostazione è possibile replicare come il principio di automaticità tragga la ragione della sua esistenza dagli squilibrati rapporti di forza che caratterizzano il rapporto di lavoro. Ed inoltre la previsione legislativa della prescrizione quale limite per Il principio dell’automatismo trova riscontro anche nella giurisprudenza della Corte Cost. ( Corte costituzionale 05 dicembre 1997, n. 374, in Giust. civ. 1998, I, 617, Inpdap 1998, 1-2, 243, Riv. giur. lav. 1998, II, 390 (nota di: BOER): “non è fondata - in riferimento all'art. 3 cost. - la q.l.c. degli art. 2 e 6, l. 7 febbraio 1979 n. 29, ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori a fini previdenziali, nella parte in cui, disciplinando in due fattispecie diverse di ricongiunzione di periodi assicurativi il versamento da parte della gestione di provenienza a quella di destinazione dei contributi di propria pertinenza, non consentono che l'Inps trasferisca anche i contributi non versati, ma dovuti nei limiti della prescrizione decennale.”) e la sua valenza costituzionale è stata evidenziata dalla giurisprudenza della suprema corte appena alcuni anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione (vedi Cass. sez. civ. 16 luglio 1969, n. 2629, in F.I. 1970, I, p. 272). 40 Vianello, Omissione contributiva e tutela del prestatore di lavoro, in La contribuzione previdenziale, cit., 261. 39 49 l’operatività dell’automaticità alimenta l’interesse del lavoratore alla corretta contribuzione costringendolo, per non perdere i propri diritti previdenziali, a tutelare la propria posizione assicurativa. D'altronde, l'eventuale rimozione della tutela dell’automaticità non potrebbe giustificarsi solo perché l'art. 38 Cost. non la menziona: quest'ultimo, infatti, nonostante la sua natura di "norma aperta"41 ha in ogni caso carattere precettivo, laddove impone, comunque, di offrire una tutela effettiva ed adeguata42. E nell’ambito di una tutela effettiva e adeguata rientra perfettamente il principio di automaticità. In altre parole, il principio di automaticità non viene espressamente imposto dall'art. 38 Cost., solo perché quest'ultimo non impone la permanenza del sistema delle assicurazioni sociali, in funzione del quale il principio stesso esiste43. 41 M. Cinelli, Appunti sulla nozione di previdenza sociale, Riv. Giur. Lav, 1982, I, 156. 42 M. Cinelli, Problemi di diritto della previdenza sociale, Giappichelli, 1989, 28 e ss. 43 Per la costruzione del diritto alla tutela previdenziale come diritto sociale M. Cinelli, Rapporto giuridico previdenziale, Dig. IV, Comm., Utet, vol. XII, 1989, 4755. 50 In un sistema di "sicurezza sociale" caratterizzato dal superamento delle assicurazioni sociali, il principio di automaticità non avrebbe infatti più ragione di esistere44. Di conseguenza, c'è da ritenere che, sino a quando le assicurazioni sociali esisteranno, la sua rimozione, o comunque una sua limitazione tale da pregiudicare l'effettività dei diritti previdenziali, possa legittimarne un sindacato incidentale di costituzionalità 45 . In definitiva, il principio di automaticità trova giustificazione proprio nel contesto delle assicurazioni sociali dove svolge la funzione di neutralizzare ogni rapporto di corrispettività tra obbligazione contributiva e prestazione previdenziale. Rapporto di corrispettività che, nel meccanismo insito al sistema di sicurezza sociale, è escluso a priori in quanto incompatibile con il modello. Insomma, nel modello delle assicurazioni sociali la corrispettività tra obbligazione contributiva e prestazione previdenziale è una connotazione intrinseca del sistema che, per essere eliminata, necessita di un meccanismo correttivo (tale appunto è quello dell’automatismo contrapposto a quello del sinallagma); nel modello 44 Così, da ultimo, G. Canavesi, Contribuzione prescritta e automaticità delle prestazioni nell’ordinamento italiano e nella dimensione comunitaria,in RGL 1992,I, 469. 45 Così M. Cinelli, Diritto della previdenza sociale, Giappichelli, 1996, 95. 51 di sicurezza sociale, al contrario, proprio perché non vi è alcuna possibilità di configurare alcunché di sinallagmatico, il rapporto di commutazione tra finanziamento del sistema e garanzia delle prestazioni finirebbe per divenire negazione del modello in quanto fattore estrinseco ed incompatibile. Si giustifica allora quanto assunto in proposito dalla dottrina46, secondo cui il principio di automaticità non viene espressamente imposto dall’art. 38 Cost. solo perché quest’ultimo non impone la permanenza del sistema delle assicurazioni sociali in funzione del quale il principio esiste. Evidentemente, una volta superato il modello mediante la sua trasformazione in un sistema globale di sicurezza sociale, verrebbe meno la ragione dell’esistenza del principio di automaticità. Sulla scorta di quanto sopra si può ritenere che il principio di automaticità delle prestazioni è un complemento della tutela previdenziale garantita dalla costituzione47, non solo per neutralizzare eventuali conseguenze negative a carico del lavoratore in caso di mancato o insufficiente versamento dei contributi da parte del datore 46 C. A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996, p.307. 47 In dottrina, sulla derivazione del principio delle cosiddetta automaticità delle prestazioni dall’art. 38 Cost., vedi soprattutto F.D. Mastrangeli - C.A. Nicolini, La contribuzione previdenziale, Utet, Torino, 1997, p.516 ss. 52 di lavoro (questo è l’effetto del principio dell’automaticità delle prestazioni), ma anche per elidere il rapporto di corrispettività tra obbligazione contributiva e prestazione previdenziale48. 2.2 LA GENERALIZZAZIONE DEL PRINCIPIO E I CONSEGUENTI LIMITI AI REGIMI DEROGATORI. Il rapporto tra il principio dell’automaticità posto dall’art. 2116 c.c. e la normativa derogatoria di cui allo stesso articolo (“diverse disposizioni di cui alle leggi speciali”), dopo un primo orientamento restrittivo49, è stato ampiamente ricostruito dalla giurisprudenza come 48 C. A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996, p.334. 49 in questo senso, tra le altre, Cassazione civile sez. lav. 07 aprile 1992, n. 4236, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 4, Informazione previd. 1992, 787: “il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, enunciato in via generale dall'art. 2116 c.c., trova applicazione solo in quanto il sistema delle leggi speciali vi si adegui, disponendo espressamente in proposito e provvedendo in ordine alla relativa provvista finanziaria; pertanto, in tema di pensioni, detto principio opera, a norma dell'art. 27, comma 2, del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (come successivamente modificato), solo in relazione alle pensioni ordinarie, facenti capo all'assicurazione generale obbligatoria, ma non si applica ai fondi di previdenza speciali regolati da diversa ed autonoma disciplina, come il Fondo di previdenza per gli impiegati dipendenti dalle esattorie e ricevitorie delle imposte dirette, il quale, ai sensi dell'art. 49 comma 2, della l. 2 aprile 1958 n. 377 (che, non menzionandole, esclude le prestazioni pensionistiche), è tenuto solo ad una prestazione di capitale. Cassazione civile sez. un.01 marzo 1988, n. 2161 in Giust. civ. Mass. 1988, fasc.3: “il trattamento pensionistico del Fondo per il personale addetto alle imposte di consumo viene corrisposto sulla base dei contributi effettivamente versati dal datore di lavoro (art. 3 della l. 6 giugno 1952 n. 53 736, non modificato dalle successive l. 24 maggio 1966 n. 370 e 30 giugno 1972 n. 267), perché non opera, in difetto di espressa previsione normativa, il principio di automatismo proprio delle pensioni ordinarie a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, che sono liquidate sulla base della retribuzione pensionabile, anche quando l'imprenditore non abbia versato i contributi, purché il relativo credito non sia prescritto. Pertanto, qualora il suddetto trattamento venga erogato in misura inferiore, a causa di omissioni contributive del datore di lavoro, l'entità della pensione non goduta coincide con il danno risarcibile, ai sensi dell'art. 2116 c.c.” Cassazione civile sez. lav.04 aprile 1989 n. 1634 in Giust. civ. Mass. 1989, fasc.4: “con riguardo alle prestazioni previdenziali erogate ai sensi della l. 6 dicembre 1971 n. 1084 dal fondo integrativo della assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti a favore del personale dipendente dalle aziende private del gas, il principio dell'automatismo delle prestazioni - che l'art. 2116 c.c. pone come regola generale, prevedendo la possibilità di una diversa disciplina da parte delle leggi speciali - opera solo ai fini del raggiungimento del requisito minimo di contribuzione, necessario per il conseguimento del diritto alle prestazioni stesse (e cioè negli stessi limiti in cui tale principio opera ai fini delle prestazioni i.v.s., ai sensi dell'art. 27 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, come modificato per effetto dell'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 e dell'art. 23-ter del d.l. 30 giugno 1972 n. 267), e non anche ai fini dell'incremento delle prestazioni già spettanti, atteso che la citata legge n. 1084 del 1971 richiama (all'art. 3 e, soprattutto, all'art. 38) le norme sull'assicurazione generale obbligatoria e commisura l'importo della pensione mensile (art. 17) e dell'indennità aggiuntiva (art. 26) non alla retribuzione dovuta ma a quella percepita dall'iscritto, per la quale sia stata versata la relativa contribuzione.” Circolare INPS n. 141 del 21 giugno 1993: “…Liquidazione delle prestazioni a carico del fondo integrativo: come in tutti i Fondi speciali di previdenza, anche nel Fondo integrativo per i lavoratori gasisti la liquidazione della pensione è subordinata alla cessazione dal servizio. La pensione ha decorrenza dal 1 giorno del mese successivo a quello della cessazione dal servizio o al termine del periodo di preavviso, anche se sostituito da indennità equivalente (art. 25,1 comma, della legge n. 1084/1971). La pensione ai superstiti decorre dal 1 giorno del mese successivo alla morte dell'iscritto. Per le prestazioni del Fondo non trova applicazione il principio dell'automaticità delle prestazioni: pertanto qualora alla cessazione dal servizio risultino periodi per i quali la contribuzione non sia stata ancora versata, e ferma restando la concessione della pensione dell'AGO con il computo anche di tali periodi, il trattamento del Fondo dovrà essere liquidato con esclusione dei periodi stessi: ove questi risultino determinanti ai fini del diritto, la liquidazione dovrà essere sospesa. Ovviamente, una volta avvenuta la regolarizzazione, si dovra' procedere alla liquidazione o ricostituzione del trattamento del Fondo stesso.” 54 un rapporto di specialità, nel senso che il sistema è retto dalla regola generale, in forza della quale le prestazioni previdenziali spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, non richiedendosi pertanto una espressa norma che la richiami, ma essendo semmai necessaria una disposizione esplicita perché sia possibile ad essa derogare. Così è dato leggere nella sent. Corte Cost., 5 dicembre 1997, n. 374, secondo cui nel rapporto previdenziale assicurativo vige il principio generale cosiddetto dell’automaticità delle prestazioni di cui all’art. 2116 c.c.50. Del principio, così come interpretato dalla Corte Cost. con la suddetta pronuncia, ha fatto puntuale applicazione la giurisprudenza ordinaria, secondo cui lo stesso trova applicazione, con riguardo ai vari sistemi di previdenza e assistenza obbligatori, come regola generale rispetto Cassazione civile sez. lav. 09 gennaio 1987 n. 95, in Giust. civ. Mass. 1987, fasc. 1, Informazione previd. 1987, 520: “l'art. 33 della l. 6 dicembre 1971 n. 1084, nel disciplinare il fondo gas gestito dall'INPS, ha previsto che ai fini delle prestazioni previdenziali riconosciute dalla legge stessa siano rilevanti soltanto i periodi di iscrizione dei dipendenti di aziende erogatrici di gas in servizio effettivo alla data dell'1 maggio 1946; non sono pertanto rilevanti gli eventuali anteriori periodi di straordinariato, atteso che, per effetto dell'art. 3 c.c.n.l. 28 ottobre 1929 (istitutivo della Previdengas), l'iscrizione a tale speciale forma di previdenza era riservata esclusivamente ai dipendenti cosiddetti effettivi, ossia di ruolo.” Confermato, per l’assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti, dall’art. 27 comma 2, RDL 14 aprile 1939 n. 636, nel testo sostituito dall’art. 23 ter, DL30 giugno 1972 n. 267, con modificazioni dalla L.11 agosto 1972, n. 485 e rafforzato dall’art. 3 D.LG. 27 gennaio 1992 n. 80 di attuazione di apposita direttiva comunitaria in materia. 50 55 alla quale possono esserci deroghe solo se previste espressamente dal legislatore 51. 51 Cassazione civile sez. lav. 02 febbraio 2001, n. 1460 in Giust. civ. Mass. 2001, 190, Foro it. 2001, I,1165, Riv. it. dir. lav. 2001, II, 828 (nota di: POSO): “il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all'art. 2116 c.c., così come interpretato dalla Corte cost. con sentenza n. 374 del 1997, trova applicazione, con riguardo ai vari sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, come regola generale rispetto alla quale possono esserci deroghe solo se previste espressamente dal legislatore; pertanto, con riferimento al Fondo - gestito dall'Inps - di previdenza del personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea, deve ritenersi l'applicabilità del suddetto automatismo, posto che nè la legge n. 859 del 1965 istitutiva del Fondo, nè le successive leggi di riforma della regolamentazione del Fondo medesimo contengono alcuna espressa deroga al principio, che, al contrario, viene richiamato da suddetta normativa, stante il rinvio formale dell'art. 52 l. n. 859 cit. alla disciplina dell'assicurazione generale per i.v.s., che prevede la regola dell'automatismo, nonché il richiamo alla stessa disciplina contenuto nell'art. 5 d.lg. n. 164 del 1997, recante ulteriore riforma del regime pensionistico degli iscritti al Fondo.” Cui ha fatto seguito, in senso adesivo, Cassazione civile sez. lav. 20 aprile 2002, n. 5767, in Giust. civ. Mass. 2002, 692 la cui massima è riportata nella nota n. 8. Con questa pronuncia la suprema corte si è allineata alla giurisprudenza della Corte Cost. ed ha abbandonato quel precedente orientamento di cui alla sentenza della Cassazione civile sez. lav., 27 agosto 1986, n. 5263 in Giust. civ. Mass. 1986, fasc.8 – 9 di cui si riporta la massima: “il principio dell'automaticità della costituzione del rapporto assicurativo e delle conseguenti prestazioni previdenziali pur in mancanza del versamento dei relativi contributi, principio che trova applicazione anche in tema di pensione d'invalidità, presuppone il duplice requisito sia dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, che deve essere provato dal lavoratore mediante elementi certi, sia del mancato decorso della prescrizione decennale talché il pagamento tardivo di tali contributi possa essere effettuato dal datore di lavoro volontariamente (ex art. 55 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827) oppure coattivamente su richiesta dell'INPS (derivandone in mancanza la prestazione risarcitoria prevista dall'art. 2110 c.c. a carico del datore di lavoro). Il principio dell'automatismo delle prestazioni di cui al comma 1 dell'art. 2116 c.c. non è operante senza l'accertamento dei requisiti richiesti dalle disposizioni speciali cui fa riferimento, mediante una clausola di riserva, la citata norma principale. Dette disposizioni speciali (art. 40 e 41 l. 30 aprile 1969, n. 153 e art. 23 ter d.l. 30 giugno 1972) non si limitano, infatti a stabilire che il requisito contributivo deve intendersi per verificato anche quando i contributi non siano stati versati dal datore di lavoro, ma subordinano l'automatismo delle prestazioni, da parte dell'INPS, al duplice presupposto che esista il rapporto 56 di lavoro subordinato, quale fonte generatrice del rapporto assicurativo e che i contributi non versati si riferiscano ad un periodo infradecennale, tali da non essere estinti per prescrizione. Incombe all'assicurato l'onere di provare la sussistenza di entrambi i presupposti.” Da ricordare, per la ricostruzione dei diversi orientamenti giurisprudenziali,la sentenza della Cassazione civile sez. lav. 19 agosto 2004, n. 16300 in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8: “il principio generale dell'automatismo delle prestazioni previdenziali (ai sensi dell'art. 2116 c.c., confermato, per l'assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti, dall'art. 27, comma 2, r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, nel testo sostituito dall'art. 23 ter d.l. 30 giugno 1972 n. 267, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 agosto 1972 n. 485, e rafforzato dall'art. 3 d.lg. 27 gennaio 1992 n. 80, in forza del quale le prestazioni previdenziali spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, deve essere interpretato, alla luce della sentenza della Corte cost. n. 374 del 1997, nel senso che esso trova applicazione, con riguardo ai vari sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, come regola generale rispetto alla quale possono esservi deroghe solo se espressamente previste dal legislatore e non solo in relazione al raggiungimento del requisito minimo necessario per il conseguimento del diritto alle prestazioni, ma anche ai fini dell'incremento delle prestazioni già spettanti.” In punto di applicabilità al fondo volo del principio di automaticità, la circolare INPS n. 157 del 17 luglio 1998 (Articolo 5 del decreto legislativo 24 aprile 1997, n.164.Automaticità delle prestazioni): “con circolare n. 246 del 28 novembre 1997 sono state fornite istruzioni per l’applicazione delle disposizioni dettate dal decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 164, contenente norme di armonizzazione del regime pensionistico del Fondo volo con la disciplina vigente nell’assicurazione generale obbligatoria. Al punto 16 di tale circolare sono state illustrate le disposizioni dell’articolo 5 del decreto n. 164 riguardanti l’automaticità delle prestazioni di cui all’articolo 23-ter del decreto legge 30 giugno 1972, n. 267, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1972, n. 485. A maggior chiarimento delle istruzioni impartite, si precisa che i contributi dovuti e non versati al Fondo volo hanno piena efficacia agli effetti del diritto e della misura delle prestazioni a carico del Fondo medesimo purché non risultino prescritti alla data del 1 luglio 1997. L’accertamento dei requisiti contributivi per il diritto alle prestazioni deve essere effettuato e la relativa decorrenza stabilita come se i contributi omessi fossero stati effettivamente versati nei singoli periodi di pertinenza e disponibili in quel momento per la liquidazione del trattamento pensionistico a carico del Fondo volo. Per le domande di pensione presentate anteriormente al 1 luglio 1997 i contributi omessi, ove determinanti per il diritto a pensione e semprechè non siano prescritti a quest’ultima data, danno luogo alla liquidazione della 57 Trova applicazione, quindi, non già solo in quanto il sistema delle leggi speciali vi si adegui, ma, come si esprime l’art. 2116 c.c., “salvo diverse disposizioni delle leggi speciali”. Il che significa che potrebbe ritenersi sussistente una deroga rispetto ad esso solo in presenza di una esplicita disposizione in tal senso. Detto principio costituisce infatti una fondamentale garanzia per il lavoratore assicurato, intesa a non far ricadere su di lui il rischio di eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli obblighi contributivi, e rappresenta perciò un logico corollario della finalità di protezione sociale inerente ai sistemi di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti. Garanzia, questa, ulteriormente rafforzata dal legislatore, in attuazione di una direttiva comunitaria, attraverso la sua estensione al caso di obblighi contributivi non adempiuti e prescritti, gravanti su un datore di lavoro sottoposto a procedure fallimentari o di amministrazione straordinaria 52. pensione con le normali decorrenze non diversamente che per le domande presentate successivamente al 1 luglio 1997. Si ribadisce che qualora la decorrenza della pensione, il cui diritto sia perfezionato in forza della norma in esame, venga a cadere in data anteriore al 1 luglio 1997, devono essere corrisposti soltanto i ratei maturati a far tempo da quest’ultima data. Rimane confermato che ove a seguito di regolarizzazione o recupero di contributi risulti perfezionato il diritto alla prestazione, si dovrà procedere anche al pagamento, nella misura dovuta, dei ratei compresi tra la decorrenza della pensione e il 1 luglio 1997. 52 Corte costituzionale 05 dicembre 1997, n. 374, in Giust. civ. 1998, I, 617, Inpdap 1998, 1-2, 243, Riv. giur. lav. 1998, II, 390 (nota di: BOER): “non è fondata - in riferimento all'art. 3 cost. - la q.l.c. degli art. 2 e 6, l. 7 febbraio 58 L’ immediata operatività dell’automaticità delle prestazioni e la sua elezione a regola generale, sempre applicabile se non espressamente derogata, sottende e consegue all’autonomia del rapporto contributivo (intercorrente tra ente previdenziale e datore di lavoro) rispetto al rapporto previdenziale (quello di tipo prestazionale tra l’ente e l’assicurato) 53. Il lavoratore ha un diritto costituzionalmente protetto alla posizione contributiva, di cui l’ente previdenziale è tenuto a garantire l’integrità facendosi carico del rischio dell’omissione contributiva da parte del datore di lavoro54. Le deroghe, a loro volta, si giustificano per il fatto che l’ordinamento, ove le prevede, valuta che l’equilibrio finanziario delle gestioni previdenziali legittimi la riduzione del livello di protezione della posizione previdenziale del lavoratore nei casi in cui si verifichi il 1979 n. 29, ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori a fini previdenziali, nella parte in cui, disciplinando in due fattispecie diverse di ricongiunzione di periodi assicurativi il versamento da parte della gestione di provenienza a quella di destinazione dei contributi di propria pertinenza, non consentono che l'Inps trasferisca anche i contributi non versati, ma dovuti nei limiti della prescrizione decennale.” 53 Vedi, per tutti, M. Persiani, il sistema giuridico della previdenza sociale, Cedam, Padova, 1960, p. 107 ss.; A. Barettoni Arleri, Il rapporto giuridico previdenziale, In RIPS, 1959, p. 3 ss.; contra G. Cannella, Corso del diritto della previdenza sociale, Giuffrè, Milano, 1970, p. 136 ss.; G. Alibrandi, infortuni sul lavoro e malattie professionali ( a cura di F. Facello- P. Rossi), Giuffrè, Milano, 2002, p. 181 ss. 54 Cassazione civile sez. lav. 20 aprile 2002, n. 5767, in Giust. civ. Mass. 2002, 692 la cui massima è alla nota n.7. 59 presupposto della prestazione senza che vi sia stata la copertura contributiva e questa non sia più possibile ex post. In questa evenienza l’ordinamento ritiene equo far ricadere sul debitore renitente e non sull’ente assicuratore gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla riparazione del danno mediante l’imposizione dell’obbligo di risarcimento. Pertanto l’ art. 2116 c.c., facendo letteralmente disposizioni speciali, salve le diverse rende l’automatismo derogabile da singole discipline che regolano la materia e rende possibile la previsione di fattori riduttivi dell’area di efficacia del meccanismo non per codificare un rapporto di corrispettività che non c’è ma per evitare il riversamento a carico della fiscalità delle conseguenze negative del mancato versamento nonché della prescrizione dei contributi. Il principio di automaticità ha pertanto una portata generale e la sua applicazione può essere limitata solo di fronte all’esigenza, parimenti valutata dall’ordinamento, di garantire l’equilibrio finanziario del sistema ossia la sua sostenibilità. Questa è la ragione per la quale al suo carattere generale può in determinati casi non corrispondere la sua generale operatività. Il problema si pone essenzialmente in relazione ai contributi omessi di cui non sia esigibile il versamento perché prescritti. Il rapporto di alternatività tra automatismo e non automatismo si declina, infatti, 60 essenzialmente in relazione alla prescrizione (dei contributi) e le ipotesi di totale affrancazione delle prestazioni previdenziali dal limite della prescrizione nel nostro ordinamento sono riconducibili essenzialmente al caso dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali ed al caso di insolvenza da parte di datori di lavoro sottoposti a procedure concorsuali. In conclusione, l’automatismo del rapporto assicurativo non sempre implica il medesimo automatismo nel versante della prestazione, come, riportandosi alla situazione esemplificativa di maggiore importanza, nel regime per l’assicurazione in validità, vecchiaia e superstiti nel quale la regola dell’automaticità vige sempre e comunque nel momento costitutivo, quello genetico del rapporto, ma non sempre trova uguale corrispondenza e speculare applicazione nel momento funzionale, quello finale delle prestazioni: ciò avviene proprio in relazione ai contributi per i quali non è più possibile il versamento perché prescritti55. 55 In generale, sulla responsabilità per omissione contributiva, M. Persiani, Diritto della Previdenza sociale, Cedam, Padova, 2000, pp.99 ss., F. Marineli, Il risarcimento del danno da omissione contributiva nel dialogo tra dottrina e giurisprudenza, in Atti del Convegno su tema “Il dialogo tra dottrina e giurisprudenza nel diritto del lavoro”, in QRIMP Roma, 1998, pp. 349 ss; G. Galligani, il risarcimento del danno da omissione contributiva nell’attuale ordinamento italiano, in LPO, 1992, pp.2113 ss. Più risalenti nel tempo gli interventi di: G. Caniglia, L’azione di danno da mancata o irregolare contribuzione nell’assicurazione di invalidità e vecchiaia, in RGL, 1962, I, p.139 ss; E.Traversa, Osservazioni sulla responsabilità del datore di lavoro ex art. 2116 cod.civ., in DL, 1960, pp.431 ss.; G.Pera, La 61 2.3 IL PRINCIPIO DELL’AUTOMATICITA’ E LA SUA RATIO: L’ ESIGENZA DI EFFETTIVITA’ DELLA TUTELA. Il tenore letterale dell’art. 2116 c.c., escludendo la rilevanza ai fini della prestazione dell’effettivo versamento dei contributi, evidenzia con chiarezza la funzione del principio ossia garantire al prestatore di lavoro il concreto godimento delle prestazioni anche quando i requisiti legali richiesti non risultino di fatto realizzati. Una simile esigenza si pone soltanto laddove vi è una scissione tra il beneficiario delle prestazione e il soggetto obbligato al versamento dei contributi56 in concomitanza, però, con la natura pubblica dell’interesse protetto. Infatti, nelle assicurazioni private, la natura degli interessi coinvolti porta ad attribuire una rilevanza predominante al mantenimento dell’equilibrio contrattuale tra le parti anche in presenza di una distinzione tra assicurante-contraente e assicurato beneficiario, come nelle ipotesi di cui al 1891 c.c.. responsabilità del datore di lavoro per omesso versamento di contributi previdenziali e l’art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, in RDL, 1962, I, p. 304 ss. Si spiega in tal modo l’esclusione dall’area di applicazione del principio dei lavoratori autonomi in capo a cui coesistono le due situazioni soggettive con conseguente impossibilità di distinguere tra responsabilità dell’assicurante e diritto dell’assicurato. Sul punto si rinvia al secondo paragrafo del I capitolo. 56 62 L’indipendenza, così sancita, tra obbligo contributivo del datore di lavoro ed erogazione del beneficio previdenziale da parte dell’Ente rivela invece la priorità che assume il bisogno del lavoratore57. Il principio risponde quindi ad una esigenza di effettività, quella di garantire la funzionalità dell’intervento previdenziale, in presenza di una situazione di bisogno, legislativamente predeterminata. E questa esigenza di effettività è la ratio ultima del principio di automaticità. L’ intervento previdenziale è infatti diretto alla liberazione dei lavoratori da situazioni di bisogno “socialmente rilevanti” cosicché il momento satisfattivo di questo interesse coincide con il realizzarsi della tutela che il principio considerato assicura ad ogni singolo soggetto protetto. E a ben vedere la ratio di effettività di tutela dell’art. 2116 c.c. è anche la ratio implicita di tutto il sistema previdenziale nell’ambito del quale il principio di automaticità è una sorta di norma di chiusura58 applicabile in presenza di situazioni patologiche (considerando come normale l’ipotesi del corretto 57 Per una ricostruzione della rilevanza e della evoluzione del concetto di bisogno, F. Santoro Passarelli, Rischio e bisogno nella previdenza sociale, in Riv. It. Prev. soc., 1948, 178, nonché M. Persiani, Diritto della Previdenza sociale, Cedam, Padova, 2000, 30 e ss. secondo cui l’evoluzione del sistema previdenziale comporterebbe il superamento del concetto di “rischio”, quale cardine del sistema stesso, a favore di quello di bisogno inteso come bisogno socialmente rilevante e soggettivamente accertato. 58 G. Canavesi, Contribuzione prescritta e automaticità delle prestazioni nell’ordinamento italiano e nella dimensione comunitaria, 469. 63 versamento da parte del datore di lavoro) che si concretano nell’ omissione dei versamenti contributivi. 2.4. L’ AUTOMATICITA’ E LA RELAZIONE TRA LE PRESTAZIONI E I CONTRIBUTI PREVIDENZIALI. ESISTENZA O MENO DI UNA SINALLAGMATICITA’. Il principio di automaticità, di cui all’art. 2116 c.c., stabilendo che le prestazioni previdenziali sono dovute al prestatore di lavoro anche quando l’imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti, conferma la mancanza di qualsiasi corrispettività, a differenza di quanto avviene nell’assicurazione privata (art. 1901 c.c.), tra contributi e prestazioni previdenziali. L'art. 40 l. 153/69 59 , però, relativamente alle prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti, escludendo l’applicazione del principio di automaticità nell’ipotesi in cui i contributi omessi fossero prescritti, emanazione, utilizzato per supportare è stato, sin dalla sua ricostruzioni teoriche del “Il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di vecchiaia, invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della prescrizione decennale. Il rapporto di lavoro deve risultare da documenti o prove certe.” 59 64 sistema previdenziale tese a sostenere l’esistenza di un perdurante vincolo di sinallagmaticità tra contributi e prestazioni. Viceversa, i sostenitori del principio della sicurezza sociale, lo hanno utilizzato quale argomento di supporto per dimostrare il definitivo superamento di ogni legame tra rapporto contributivo (intercorrente tra datore di lavoro ed ente) e rapporto previdenziale (tra lavoratore ed ente). A prescindere però dalle ricostruzioni teoriche, nei fatti, se il condizionamento che la sfera giuridica del lavoratore subisce a seguito della prescrizione dei contributi esclude che il rapporto contributivo e quello previdenziale pensionistico si muovano in una prospettiva di reciproca indifferenza non è più neppure possibile il richiamo alla nozione di "sinallagmaticità", cui tradizionali60 che 61 si rifanno le dottrine risulta insufficiente a definire l'assetto degli interessi tutelati dal sistema previdenziale. E l'impossibilità della predetta schematica alternativa (sinallagmaticità - non sinallagmaticità), e la necessità, quindi, di superarla, deriva, anzitutto, dallo stesso fondamento della previdenza sociale, comunque 60 De Fina, Prescrizione dei contributi per l'assicurazione obbligatoria invalidità e vecchiaia e impossibilità di regolare la posizione assicurativa, FI, 1968, I, c. 1250. Per una simile impostazione v. anche Gueli V., Assicurazioni sociali (in generale), NDI, 1957, vol. I, 2, 1225. 61 Il sinallagma presuppone necessariamente due egoismi che trovano un determinato equilibrio con l'assunzione di obbligazioni corrispettive. Così, in senso critico, Persiani M., Persiani M, Diritto della Previdenza sociale, Cedam, Padova, 2000, 50 e ss. 65 rintracciabile, al di là delle diverse ricostruzioni teoriche, nel principio di solidarietà. A livello strutturale, poi, il sistema a ripartizione e non a capitalizzazione62 fa venir meno non solo l’ interdipendenza tra contributi e prestazioni ma, addirittura, la stessa coincidenza tra i gruppi sociali che finanziano la tutela e coloro che ne fruiscono perché con i contributi di coloro che lavorano si pagano le pensioni di coloro che hanno lavorato. Inoltre, all'apporto contributivo delle categorie interessate si accompagna il costante intervento dello Stato, e, quindi, della solidarietà generale63. Per non dimenticare, poi, che esistono casi nei quali manca qualsiasi legame tra contributi e prestazioni (ad esempio: i contributi di solidarietà, quale quello ex art. 9-bis d.l. 103/91), fattispecie di formazione di segmenti di anzianità previdenziale i cui fatti costitutivi prescindono dalla stessa esistenza di una obbligazione contributiva (ipotesi di accrediti "gratuiti" di anzianità previdenziali, corrispondenti a periodi di contribuzione figurativa o, per varie ragioni, fiscalizzata) e acquisizioni dell'anzianità contributiva 62 In materia v. A Barettoni Arleri, La finanza della previdenza sociale, in Diritto della sicurezza sociale, Giuffrè, 1979, 369; Vitucci, La riforma delle pensioni: un'analisi economica, ne Il sistema pensionistico in evoluzione, a cura di P. Curzio e G. Calamita, Cacucci, 1994, 14 e ss). 63 Sul finanziamento, Pessi R., Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 399 e ss. 66 a seguito di prestazioni giuridicamente diverse dai contributi obbligatori (contribuzioni volontarie e da riscatto, ricongiunzioni). Ed il distacco tra contribuzione e prestazioni permane anche nel sistema di calcolo delle pensioni introdotto dall'art. 1, sesto comma e ss., l. 335/95 rimanendo le suddette possibilità di acquisire determinate anzianità previdenziali anche prescindendo dalla contribuzione. E, soprattutto, il quantum delle prestazioni non è commisurato ai contributi versati64. Non ancora attuale è, pertanto, l' affermazione secondo cui la pensione a seguito della legge 335/1995 è calcolata sul capitale accumulato dal lavoratore attraverso i versamenti contributivi operati nell'arco della vita lavorativa65. 64 Il "montante individuale dei contributi" (art. 1, sesto comma) viene sempre determinato sulla base della retribuzione imponibile, ex art. 12 l. 153/69 (ottavo comma) alla quale si applica, a tal fine, un'aliquota di computo specifica (decimo comma). Inoltre, all'ammontare così determinato (e rivalutato ai sensi del nono comma), si applica un coefficiente di trasformazione che varia in ragione dell'età (undicesimo comma) e, talora, anche dell'attività svolta (trentasettesimo comma), e che comunque sarà periodicamente ricalcolato in funzione di un'ulteriore variabile indipendente (che non compare nel computo della pensione c.d. retributiva) costituita dal PIL di lungo periodo, che nulla ha a che fare con la contribuzione. Anche la rivalutazione del montante dipende da un simile indicatore macroeconomico (PIL nominale: v. art. 1, nono comma). 65 Per una approfondita disamina di rapporto previdenziale e pensione contributiva, R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, 693. 67 Infatti, anche con il nuovo sistema, permane la gestione a ripartizione66, e quindi i contributi pagati dai singoli (o dai loro datori di lavoro) non finanzieranno mai le rispettive future prestazioni. E se si guarda al futuro con realismo, si deve concludere che il legame tra contributi e prestazioni, non solo non è definibile in termini di sinallagmaticità, ma, allo stato attuale, non è definibile affatto perché la tenuta di qualsiasi disciplina pensionistica nel lungo periodo si basa, infatti, soprattutto in un sistema di gestione a ripartizione, sull'attendibilità delle previsioni in ordine al rapporto tra lavoratori occupati (e quindi monte contribuzioni) e pensionati (e quindi monte prestazioni). Tale rapporto dipende sia dagli andamenti demografici, sia da quelli economici e del mercato del lavoro, cosicché le previsioni sono in realtà mere ipotesi la cui attendibilità è inversamente proporzionale alla lunghezza del periodo considerato. Allo stato delle cose, pertanto, la riforma operata dalla legge 335/95 non è ancora l’auspicabile rilancio dello schema sinallagmatico prestazioni-contributi67. 66 M. Cinelli, Diritto della previdenza sociale, cit., 48. 67 Per una approfondita disamina del finanziamento, R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, 399 ss. 68 Allo stato dei fatti dobbiamo forse ancora parlare di "corrispettività previdenziale"68, in quanto il legislatore subordina l'accesso alle prestazioni pensionistiche non al solo stato di bisogno del soggetto, ma anche ad un giudizio di "meritevolezza" basato sulla pregressa contribuzione69. Ciononostante l'intero sistema previdenziale è strutturato in evidente attuazione del principio di solidarietà. Anche l'art. 40 l. 153/69, infatti, pur confermando l'esistenza di un condizionamento del rapporto previdenziale da parte di quello contributivo, non si pone nella prospettiva del concreto adempimento della controprestazione70, essendo sufficiente che per l'ente previdenziale residui una mera possibilità giuridica di riscuotere i contributi, indipendentemente dall’ esito. Per ciò che attiene all'art. 13 l. 1338/62, l'accreditamento dell'anzianità assicurativa avviene certamente a titolo oneroso, ma a seguito di una 68 C.A.Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996, p.307. 69 R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 662: “quella previdenziale è una fattispecie complessa a formazione progressiva; il diritto alla prestazione, infatti, sorge non soltanto al momento del raggiungimento della vecchiaia (presuntivamente identificata con l’età pensionabile) ma anche in relazione a specifici requisiti di anzianità assicurativa e contributiva, costruiti dal soggetto beneficiario nel tempo…” 70 In mancanza della quale, nei rapporti sinallagmatici, il contraente in bonis può, ad esempio, "bloccare" l'esecuzione dei propri obblighi (artt. 1460, 1461 c.c.). 69 prestazione che (pur sortendo effetti equivalenti) ha natura giuridica diversa dall'obbligazione contributiva in senso tecnico. Quanto al meccanismo dell'art. 3 d.lgs. 80/92, invece, lo stesso non grava neppure sul fondo pensionistico, giacché gli oneri sono sostenuti dal Fondo di garanzia del t.f.r.71 a sua volta alimentato da una specifica contribuzione (art. 4 d.lgs. 80/92). L'esempio, però, non è isolato: l'art. 8 d.l. 30 dicembre 1987, n. 536 conv. l. 29 febbraio 1988, n. 48 prevedeva la possibilità che i lavoratori, i quali, nelle more dell'operazione che aveva portato al passaggio dal sistema di pagamento dei contributi a mezzo marche a quello effettuato mediante le denunce mensili, avessero subito evasioni contributive, chiedessero il riconoscimento delle corrispondenti anzianità previdenziali, anche dopo la prescrizione dei contributi; con la conseguenza che l'onere finanziario dell'operazione era, in quel caso, totalmente a carico della solidarietà interna allo stesso fondo pensionistico 72. 71 G. Canavesi, op. cit., 487. Per una approfondito esame del finanziamento, R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, 696 ss 72 70 CAPITOLO III GLI EFFETTI DELL’AUTOMATICITA’ ED IL LIMITE DELLA PRESCIZIONE DEI CONTRIBUTI PREVIDENZIALI 3.1 RILEVANZA DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI SIA AI FINI DEL DIRITTO SIA AI FINI DELLA MISURA. L’art. 23 ter della legge 485/72, stabilendo che “ i periodi non coperti da contribuzione” sono considerati utili ai fini della determinazione della misura delle pensioni, indusse a modificare l’ orientamento giurisprudenziale preesistente secondo il quale l’automatismo delle prestazioni trovava applicazione solo ai fini del diritto ( ossia del raggiungimento del requisito minimo di contribuzione necessario per il conseguimento del diritto alle prestazioni stesse) e non anche ai fini dell’incremento delle prestazioni già spettanti. L’anzianità contributiva non costituisce infatti una situazione statica, esauribile in un dato momento di tempo ma, al contrario, dinamica, che si sviluppa per sua natura in un arco temporale il cui valore oscilla in relazione alla durata del rapporto di lavoro. 71 In altri termini l’anzianità contributiva rappresenterebbe una ipotesi di fattispecie a formazione progressiva e, di conseguenza, la formula “requisito di contribuzione stabilito per il diritto alla prestazione” di cui al’art. 40 L. 153/1969, dovrebbe essere intesa nel senso di dare rilevanza a tutta la contribuzione dovuta ma non versata nel corso del rapporto di lavoro. In tal senso ha operato l’Istituto della Previdenza Sociale Nazionale che ha ritenuto73 che “ i contributi per i quali è operante il principio dell’automatismo introdotto dall’art. 23 ter devono essere computati agli effetti del diritto e della misura, come se fossero stati tempestivamente versati”. Lo stesso legislatore, del resto, all’art 8 della Legge 29 febbraio 1988, n. 48 di conversione del D.L. 30 dicembre 1987 n. 536, relativo all’applicazione del principio dell’automatismo delle prestazioni per le omissioni contributive verificatesi nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore, nelle singole province, del sistema di versamento di cui al Decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale del 5 febbraio 1969 e la data del 31 dicembre 1977, ha previsto che “ ai fini della maturazione del diritto e della misura delle prestazioni di vecchiaia, invalidità e per i superstiti, le disposizioni dell’art. 23 ter, 73 Circolare INPS, 4 agosto 1973, n. 53501, in Atti Ufficiali, 1973, p. 2225. 72 legge 11 agosto 1972, n. 485 si applicano all’attività di lavoro svolta nel periodo indicato, ancorché sia intervenuta la prescrizione dei relativi contributi”. Simile formulazione, distinguendo tra maturazione del diritto e misura delle prestazioni, è ulteriore supporto alle argomentazioni volte a non lasciare spazio alle precedenti interpretazioni giurisprudenziali riduttive 74. 74 Cassazione civile sez. lav.04 aprile 1989, n. 1634, in Giust. civ. Mass. 1989, fasc.4: “con riguardo alle prestazioni previdenziali erogate ai sensi della l. 6 dicembre 1971 n. 1084 dal fondo integrativo della assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti a favore del personale dipendente dalle aziende private del gas, il principio dell'automatismo delle prestazioni - che l'art. 2116 c.c. pone come regola generale, prevedendo la possibilità di una diversa disciplina da parte delle leggi speciali - opera solo ai fini del raggiungimento del requisito minimo di contribuzione, necessario per il conseguimento del diritto alle prestazioni stesse (e cioè negli stessi limiti in cui tale principio opera ai fini delle prestazioni i.v.s., ai sensi dell'art. 27 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, come modificato per effetto dell'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 e dell'art. 23ter del d.l. 30 giugno 1972 n. 267), e non anche ai fini dell'incremento delle prestazioni già spettanti, atteso che la citata legge n. 1084 del 1971 richiama (all'art. 3 e, soprattutto, all'art. 38) le norme sull'assicurazione generale obbligatoria e commisura l'importo della pensione mensile (art. 17) e dell'indennità aggiuntiva (art. 26) non alla retribuzione dovuta ma a quella percepita dall'iscritto, per la quale sia stata versata la relativa contribuzione.” Cassazione civile sez. lav. 26 marzo 1984, n. 1966, in Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 3-4., Giust. civ. 1984, I,1753: “in tema di pensione I.N.P.SI.V.S. spettante al lavoratore dipendente, la regola della cosiddetta " automaticità delle prestazioni " posta dall'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 (come sostituito dall'art. 23-ter della l. 11 agosto 1972 n. 485) deve intendersi nel senso che solo i "periodi non coperti da contribuzione" utilizzati ai fini del raggiungimento del requisito del minimo contributivo vanno altresì considerati nel computo dell'anzianità contributiva, con la conseguenza che in ogni altro caso di omissione totale o parziale di contribuzione la riliquidazione della pensione va effettuata a norma dell'art. 5, ult.comma, del d.P.R. 27 aprile 1968 n. 488, e cioè dopo che l'omissione contributiva è stata sanata.” 73 3.2 LIMITI DELL’AUTOMATICITA’ PER LA TUTELA DELL’INVALIDITA’, VECCHIAIA E SUPERSTITI: L’INTERVENUTA PRESCRIZIONE DEI CONTRIBUTI. Il principio di automaticità presenta invece importanti limiti riguardanti essenzialmente la tutela per invalidità, vecchiaia e superstiti75. L'art. 40 l. 153/69 (modificato dall'art. 23-ter d.l. 30 giugno 1972, n. 267 conv. l. 11 agosto 1972, n. 485)76, ha previsto infatti che "il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di vecchiaia, invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della prescrizione decennale"77. La norma, dettata per il regime generale INPS, si applica anche ad altre gestioni, grazie ai rinvii compiuti dalle rispettive discipline. 75 Nel regime dell’assicurazione infortuni il diritto alla prestazione previdenziale non trova limiti in deroga al principio dell’automatismo, sia perché il rapporto giuridico previdenziale si costituisce ex lege al ricorrere delle condizioni oggettive e soggettive di cui all’art. 1 DPR 30 giugno 1965, n. 1124, sia perché gli assicurati hanno titolo alle prestazioni anche nel caso in cui il datore di lavoro non ha adempiuto agli obblighi contributivi. 76 Una disposizione simile a quella dell'art. 40 l. 153/69 è prevista dall'art. 15 l. 29 ottobre 1971, n. 889, per il fondo di previdenza degli addetti ai servizi di trasporto. 77 Su tale norma v., oltre alle opere citate alle note precedenti, Grossetti, L'art. 40 della l. 30 aprile 1969 e l'automaticità delle prestazioni previdenziali, Riv. it. dir. soc., 1970, 10. 74 Tuttavia, come analizzato nel II Capitolo al paragrafo 2 cui si rinvia, nelle ipotesi in cui tali richiami manchino, è superato l’orientamento giurisprudenziale che escludeva l'applicazione sia dell'art. 40 l. 153/69, sia dell'art. 2116 c.c., con conseguente negazione di ogni automaticità 78 , affermando che, in materia pensionistica, "il 78 Cfr., per il Fondo telefonici, Cassazione civile sez. lav., 18 ottobre 1982, n. 5377, in Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 9: “per gli iscritti al fondo speciale di previdenza degli addetti ai pubblici servizi di telefonia, ove la contribuzione assicurativa sia stata effettuata su una retribuzione inferiore a quella corrisposta, il tardivo versamento dei contributi non prescritti non è idoneo a conferire il diritto alla maggiorazione della pensione. Infatti, per i detti dipendenti l'art. 20, comma 1, della l. 4 dicembre 1956 n. 1450 collega la misura della pensione non soltanto all'entità della retribuzione ma anche all'effettivo versamento dei relativi contributi, mentre il comma aggiunto all'art. 27 del r.d.l. 30 aprile 1939 n. 636 dall'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 concerne ipotesi di automatismo finalizzato unicamente al raggiungimento del diritto alle prestazioni e, infine, l'art. 23 ter del d.l. 30 giugno 1972 n. 267, che (nel testo risultante dalla legge di conversione 11 agosto 1972 n. 485) ha sostituito l'art. 40 della citata legge n. 153 del 1969, non può ritenersi applicabile agli iscritti al fondo speciale predetto - che è regolato da propria ed autonoma disciplina - in base al generico rinvio alle disposizioni della assicurazione generale obbligatoria contenuta nel comma 1 dell'art. 37 della citata legge n. 1450 del 1956. L'automatismo delle prestazioni di pensione disciplinato nell'assicurazione generale obbligatoria all'art. 23-ter della legge n. 485 del 1972 non opera nel fondo di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di telefonia in concessione, perché il generico rinvio alla disciplina generale contenuto all'art. 37 della legge n. 1450 del 1956 non consente la recezione di istituti contrastanti con quelli presenti nel fondo speciale, ed in particolare non consente di considerare presente la contribuzione non versata, in deroga all'art. 17 che espressamente esige la copertura contributiva per il periodo di iscrizione. La tardiva regolarizzazione contributiva del periodo non prescritto comportando, in assenza di automatismo delle prestazioni, la riliquidazione della pensione a partire dalla effettiva regolarizzazione, fa sorgere a carico del datore di lavoro una responsabilità per l'inadempimento e legittima la condanna del medesimo al risarcimento del danno commisurato alle differenze di pensione non percepite anteriormente alla effettiva regolarizzazione.” Per il Fondo volo: Cassazione civile sez. lav. 14 gennaio 1989, n. 149, in Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989, 668: “il datore di lavoro non è litisconsorte necessario nelle controversie, fra il lavoratore e 75 principio di automatismo delle prestazioni previdenziali enunciato in via generale dall'art. 2116 c.c.. trova applicazione79 solo quando il sistema delle leggi speciali vi si adegui, disponendo espressamente in proposito e provvedendo in ordine alla relativa provvista finanziaria" 80. l'ente previdenziale, aventi ad oggetto l'erogazione delle prestazioni assicurative, poiché, pur essendo il rapporto di lavoro e quello previdenziale connessi, rimangono, comunque, rapporti diversi ed in siffatte controversie l'accertamento con forza di giudicato è chiesto solo con riferimento al rapporto previdenziale per le obbligazioni che ne derivano. Tale principio è operante anche nell'ipotesi di controversie concernenti l'iscrizione nei fondi speciali di previdenza (nella specie, quello del personale di volo), in ordine ai quali non vige l'automatismo delle prestazioni.” E Cassazione civile sez. lav.16 dicembre 1986, n. 7590, in Giust. civ. Mass. 1986, Fasc. 12:”il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, previsto in via generale dall'art. 2116 comma 1, c.c., opera soltanto in relazione alle pensioni ordinarie facenti capo all'assicurazione generale obbligatoria, ma non si applica ai fondi di previdenza speciali regolati da diversa ed autonoma disciplina. (Principio affermato con riferimento al fondo di previdenza per il personale di volo gestito dall' I.N.P.S.). Per il Fondo dipendenti esattorie e ricevitorie delle imposte dirette, Cassazione civile sez. lav.07 aprile 1992 n. 4236 in Giust. civ. Mass. 1992. La massima è riportata nella nota 47. Per il Fondo per il personale addetto alle imposte di consumo, Cassazione civile sez. un. 01 marzo 1988, n. 2161, in Giust. civ. Mass. 1988, fasc.3. La massima è riportata nella nota 47. Per il Fondo per i dipendenti del gas, Cass. 13 febbraio 1978, n. 685, GC, 1978, I, 882 (una parziale applicabilità è stata, invece, ammessa da Cass. 4 aprile 1989, n. 1634, MGC). 79 Cass. civile sez. lav. 07 aprile 1992, n. 4236, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 4, Informazione previd. 1992, 787. La massima è riportata nella nota. Il rapporto tra il principio dell’automaticità posto dall’art. 2116 c.c. e la normativa derogatoria è stato ampiamente ricostruito dalla giurisprudenza come un rapporto di specialità, nel senso che il sistema è retto da tale regola generale, in forza del quale le prestazioni previdenziali spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, non 80 76 Nei regimi i.v.s., pertanto, il legislatore non separa del tutto le prestazioni dagli obblighi contributivi, giacché il lavoratore, al momento della presentazione della domanda di pensione, beneficia della c.d. automaticità solo se l'ente mantiene una possibilità giuridica richiedendosi una espressa norma che lo richiami, ma essendo semmai necessaria una disposizione esplicita perché sia possibile ad esso derogare. Così è dato leggere nella sentenza della Corte Costituzionale n. 374 del 5 dicembre 1997, secondo cui “nel rapporto previdenziale assicurativo fra lavoratore (e datore di lavoro) da un lato ed ente previdenziale dall’altro vige il principio generale cosiddetto dell’automaticità delle prestazioni…”. Sulla scorta della pronuncia della Corte Costituzionale la giurisprudenza ordinaria si è orientata nel senso per cui il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all’art. 2116 c.c., trovi applicazione, con riguardo ai vari sistemi di previdenza e assistenza obbligatori, come regola generale rispetto alla quale possono esserci deroghe solo se previste espressamente dal legislatore (Cass. civile sez. lav., 2 febbraio 2001 n. 1460, in F.I. 2001, I, p.1165; in RIDL 2001, II, p. 828, la cui massima è riportata nella nota 47 cui ha fatto seguito, in senso adesivo, Cass. civile sez. lav., 20 aprile 2002, n. 5767, la cui massima è riportata nella nota n. 8; con questa pronuncia la suprema corte si è allineata alla giurisprudenza della Corte Cost. ed ha abbandonato quel precedente orientamento secondo il quale “il principio dell’automatismo delle prestazioni di cui al primo comma dell’art. 2116 c.c. non è operante senza l’accertamento dei requisiti richiesti dalle disposizioni speciali cui fa riferimento, mediante una clausola di riserva, la citata norma principale…” (si segnala anche Cass. civile sez. lav. 27 agosto 1986, n. 5363, in MGC, fasc.7-8. Da ricordare anche la sentenza della Cass. civile sez. lav. civile sez. lav. 19 agosto 2004, n. 16300 in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8 la cui massima è riportata alla nota 49). Tale assunto trova avallo nelle incidentali considerazioni della citata giurisprudenza costituzionale, secondo cui nel rapporto previdenzialeassicurativo il principio generale espresso dall’art. 2116 c.c. ed espressamente ribadito, con riguardo all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, vecchiaia e superstiti, dal’art. 27, 2° comma del RDL 14 aprile 1939 n. 636 è quello secondo cui le prestazioni spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati. Tale principio di automaticità delle prestazioni, con riguardo ai sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, trova applicazione non già solo in quanto il sistema delle leggi speciali vi si adegui, ma, come si esprime l’art. 2116 c.c., “salvo diverse disposizioni delle leggi speciali”: il che significa che potrebbe ritenersi sussistente una deroga rispetto ad esso solo in presenza di una esplicita disposizione in tal senso. 77 di riscuotere la corrispondente contribuzione in quanto non ancora prescritta. Con l’ impedimento dell’accesso all’automaticità delle prestazioni per le contribuzioni estinte per intervenuta prescrizione, il lavoratore è così suo malgrado direttamente coinvolto nell’azione di contrasto all’evasione contribuiva, perché, per non perdere i propri diritti previdenziali, è indotto a tutelare la propria posizione assicurativa81. Il legislatore ha quindi voluto riconoscere il beneficio dell’automatismo nei limiti in cui sia ancora astrattamente possibile all’Ente assicuratore procedere al recupero contributivo, con possibilità, perlomeno teoriche, di successo. In questo caso, naturalmente, la garanzia per il dipendente resta, comunque, confermata anche se il recupero, di fatto, non avviene. 81 Questa tutela può essere innanzitutto realizzata mediante azione giudiziaria svolta dal lavoratore direttamente nei confronti del proprio datore di lavoro, per ottenere la condanna dello stesso alla regolarizzazione della posizione assicurativa. Sul punto si rinvia al primo paragrafo del Capitolo I. 78 3.3 L’ AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI E LA RIDUZIONE DEL TERMINE PRESCRIZIONALE OPERATA DALLA LEGGE N. 335 DEL 1995. L'art. 40 l. 153/69 (modificato dall'art. 23-ter d.l. 30 giugno 1972, n. 267 conv. l. 11 agosto 1972, n. 485), ha previsto che "il requisito di contribuzione stabilito per i diritto alle prestazioni di vecchiaia, invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della prescrizione decennale". La riduzione del termine prescrizionale da 10 a 5 anni prevista dall'art. 3, nono e decimo comma, l. 335/95 non poteva non incidere anche sul periodo di operatività dello stesso art. 40, stante la volontà del legislatore di riconoscere il beneficio solo "nel limite ... entro il quale è ancora possibile, da parte dell'istituto assicuratore procedere al recupero dei contributi omessi"82. L'art. 40 l. 153/69, sul punto, appare operare un semplice rinvio formale alla disciplina della prescrizione dei contributi83 risentendo 82 C. A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996, p.334 e ss. La tesi diversa è difficilmente sostenibile, al di là dell’appiglio terminologico, per la palese incongruità che introdurrebbe nel sistema 83 79 delle modifiche alla medesima salvo voler sostenere, con una interpretazione strettamente aderente alla lettera, che la legge 335/1995 non abbia considerato il termine previsto dall’art. 40 predetto. La prima tesi, prevalente in giurisprudenza, evita palesi incongruenze perché altrimenti ci si troverebbe in presenza di due termini prescrizionali. Il primo , che rileva nel rapporto INPS-datore di lavoro e che è, di regola quinquennale, il secondo che rileverebbe solo ai fini del principio di automaticità delle prestazioni e quindi al di là della possibilità, anche astratta di recupero dei contributi, che sarebbe ancora sempre decennale. Pertanto le modifiche alla disciplina della prescrizione dei contributi non possono non incidere sull’art. 40 della l. 153/1969. E mentre la sospensione disposta dall'art. 2, diciannovesimo comma, d.l. 463/83 (che aveva disposto la sospensione triennale dl termine di prescrizione) aveva portato un corrispondente allungamento del lasso di tempo a disposizione del dipendente per ottenere una regolarizzazione tardiva o l'applicazione dell'art. 40 l. 153/69 con l'art. 3 l. 335/95 l'effetto è stato, invece, esattamente opposto: quel lasso di tempo è divenuto di 5 soli anni salvi i casi di cui infra (nel IV capitolo dedicato alla prescrizione). La prescrizione dell’obbligo contributivo è un evento fortemente pregiudizievole per il soggetto protetto e, quindi, la riduzione del 80 termine prescrizionale è sicuramente una riduzione di tutela. Il lavoratore, infatti, una volta automatico riconoscimento impossibilitato ad ottenere un dell'anzianità previdenziale, ha a disposizione dei rimedi sussidiari sicuramente dotati di minore effettività. In tal caso, infatti, il lavoratore, come è noto, può agire direttamente contro il datore di lavoro, per chiedere il risarcimento dei danni in forma generica, ex art. 2116, secondo comma, c.c. (nonostante la lettera dell'art. 2116 c.c. richieda, ai fini del risarcimento, che il lavoratore abbia perduto, in tutto o in parte, il trattamento previdenziale, a seguito dell'evasione contributiva, dottrina e giurisprudenza ammettono da tempo la possibilità per il soggetto di agire, sia per l'accertamento dell'illecito, sia per la condanna del datore, sin da quando si è perfezionata la prescrizione dei contributi, senza dover attendere di aver raggiunto l'età pensionabile84), oppure in forma specifica, al fine di ottenere la ricostituzione della posizione assicurativa, da effettuarsi, ai sensi dell'art. 13 l. 12 agosto 1962, n. 1338 con il versamento di una riserva 84 In tal senso v. già Cass. 18 novembre 1965, n. 2392, e 6 aprile 1966, n. 912, con nota di G. Palermo, Interesse dell'assicurato e valore della posizione assicurativa, MGL, 1966, 338. Per un'ampia rassegna della dottrina e della giurisprudenza in materia v. Vianello, Omissione contributiva e tutela del prestatore di lavoro, cit. Sulla prescrizione delle azioni per il risarcimento del danno da omissione contributiva v. A. Maresca, La prescrizione dei crediti di lavoro, Giuffrè, 1983, 343 e ss.; Tucci, Prescrizione del diritto al risarcimento per omissione contributiva e accertamento del rapporto di lavoro tra disciplina codicistica e legislazione speciale, RGL, 1980, III, 249. 81 matematica corrispondente alla pensione (o quota di pensione) persa in seguito all'omissione contributiva85. In entrambe le ipotesi, però, il danneggiato deve assumersi non solo l'onere di procedure amministrative e giudiziarie spesso lunghe e gravose, ma, soprattutto, il rischio dell'insolvenza del datore di lavoro. 3.4 OPERATIVITA’ DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’ NEI CASI DI PROCEDURE CONCURSUALI DEL DATORE DI LAVORO. IL D. Lgs 80/92: IRRILEVANZA DELL’ INTERVENUTA PRESCRIZIONE. L'art. 3 d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80 ha stabilito che, qualora l'azione contro il datore di lavoro sia risultata infruttuosa, dopo l'apertura della procedura concorsuale a carico dello stesso, il lavoratore ha il diritto di "richiedere al competente istituto di previdenza e assistenza obbligatoria che ai fini del diritto e della misura della prestazione vengano considerati come versati i contributi omessi e prescritti" 86 . 85 Su tale norma v. ancora Vianello, Omissione contributiva e tutela del prestatore di lavoro, cit., 254 e ss.; Tucci, Prescrizione del diritto al risarcimento per omissione contributiva, cit.; G.Pera, La responsabilità del datore di lavoro per omesso irregolare versamento dei contributi previdenziali e l'art. 13 della l. 19 agosto 1962, n. 1338, RDL, 1962, I, 304. 86 V. amplius M. Cinelli, Rapporto giuridico previdenziale, cit.; G. Canavesi, Contribuzione prescritta e automaticità delle prestazioni, cit., spec. 484 e ss. 82 L'ambito di efficacia della norma, contrariamente alle previsioni della direttiva 80/897 CEE (C. Giust. CE 2 febbraio 1989, causa 22/87, DL, 1989, II, 156) e della stessa legge di delega di cui all'art. 48, lett. d), l. 29 dicembre 1990, n. 428 (legge comunitaria del 1990), è limitato ai soli lavoratori dipendenti da imprenditori soggetti a procedure concorsuali. Quanto ai contenuti, invece, il d.lgs. 80/92 può considerarsi come un notevole passo avanti nella tutela contro l'inadempimento contributivo, sul cui concreto funzionamento, peraltro, come visto nel precedente paragrafo, influisce non poco la riduzione del termine prescrizionale da 10 a 5 anni di cui alla legge n. 335 del 1995. Il decreto, infatti, nel ribadire il collegamento tra prescrizione dei contributi ed automaticità delle prestazioni, è applicabile alle sole ipotesi di "obblighi contributivi inerenti periodi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo". La norma che è del 1992 e che quindi, operando per i contributi successivi al 1992, avrebbe dovuto funzionare, in base alla disciplina (anteriore alla riforma del 1995) che prevedeva dieci anni quale termine prescrizionale dei contributi, per le domande di pensione proposte dall'anno 2002 in poi, ha visto quindi anticipata di un quinquennio la sua effettiva operatività. Infatti la legge 335 del 1995 ha ridotto ad un quinquennio il termine di prescrizione dei contributi 83 e, conseguentemente, la copertura offerta dal d.lgs 80/92 è stata di fatto e di diritto anticipata negli effetti ed ampliata quanto al periodo coperto. CAPITOLO IV LA DISCIPLINA DELLA PRESCRIZIONE DEI CREDITI PREVIDENZIALI 4.1 LA PRESCRIZIONE PREVIDENZIALI. DEL PECULIARITA’ CONTRIBUTI RISPETTO ALL’ISTITUTO CIVILISTICO DELLA PRESCRIZIONE. Peculiare è la disciplina della prescrizione dei crediti contributivi, dettata dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3 che al comma 9 87 , prima di disciplinarne i termini, prevede come le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria non possano essere versate una volta prescritte. 87 Sulla prescrizione dei contributi previdenziali cfr. G. Riganò, La prescrizione in materia previdenziale, in R. Pessi (a cura di), La riforma del sistema previdenziale, Cedam, Padova 1995, p. 315; L. Montuschi, Sulla prescrizione dei contributi previdenziali, in Adl, 1996, n. 3, p. 43; P. Boer, Ridotti a 5 anni i termini di prescrizione dei contributi alle gestioni pensionistiche, in Tut. Lav., 1995, p. 357. 84 Questo principio, il cui antecedente storico è rinvenibile nel disposto dell’art. 55, comma 2°, del r.d.l. n. 1827 del 4 ottobre 1935 (“non è ammessa la possibilità di effettuare versamenti, a regolarizzazione di contributi arretrati, dopo che, rispetto ai contributi stessi, sia intervenuta la prescrizione”), vale a distinguere nettamente la prescrizione dei crediti contributivi dalla generale impostazione civilistica dell’istituto per la quale l’adempimento di un credito prescritto costituisce adempimento di una obbligazione naturale - e quindi irripetibile ex art. 2940 cod. civ. – e la prescrizione è rinunciabile (art. 2937 cod. civ.) esplicitamente o per factum concludens. Nell’ambito previdenziale, invece, il pagamento di contributi prescritti è indebito (e quindi ripetibile nei limiti di tempo della prescrizione dell’indebito) e la prescrizione non è rinunziabile neppure da chi ne è beneficiario. In tal senso si pone anche l’Inps con la circolare n. 262 del 1995 (“l'istituto, quindi, non può accettare il versamento di tale contribuzione prescritta ma anzi, qualora questo venga comunque effettuato, deve provvedere d'ufficio al suo rimborso”)88. Inoltre, a differenza dal regime civilistico, i lavoratori o i loro eredi attraverso la denuncia (di cui infra) di mancati versamenti contributivi 88 Per il testo completo della circolare si rinvia alla nota n. 140. 85 sembrano poter incidere sulla durata del termine prescrizionale89, in deroga alla disciplina generale che prevede il divieto, per le parti, di disporre della prescrizione90. 89 P. Parisella, Termini di prescrizione dei contributi previdenziali: appunti a margine di una recente pronuncia della Cassazione, in Mass. giur. lav., 2003, 4, p. 267; C.A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e tutela dell'anzianità previdenziale dopo la legge n. 335 del 1995, in Riv .it. dir. lav. 1996, 3, p. 295; A. Rondo, La facoltà di denuncia del lavoratore e dei suoi superstiti nel quadro della (nuova) disciplina sulla prescrizione dei contributi previdenziali, in Lav giur., 2001, 8, p. 727; P. Capurso, Prescrizione dei contributi previdenziali e denuncia del lavoratore, in Inf. prev., 2001, p. 960 90 C.A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996, 312; Cassazione civile sez. lav. 24 marzo 2005, n. 6340 in Giust. civ. Mass. 2005, 3: “nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti - ai sensi dell'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 - anche per le contribuzioni relative a periodi precedenti la entrata in vigore della stessa legge (comma 10 del medesimo art. 3) e con riferimento a qualsiasi forma di previdenza obbligatoria. Ne consegue che, una volta esaurito il termine, la prescrizione ha efficacia estintiva (non già preclusiva) - poiché l'ente previdenziale creditore non può rinunziarvi - opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio. Pertanto, deve escludersi il diritto dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti e ad ottenere la retrodatazione dell'iscrizione alla Cassa (nella specie, dei geometri liberi professionisti) per il periodo coperto da prescrizione, senza che possa rilevare la eventuale inerzia della Cassa stessa nel provvedere al recupero delle somme corrispondenti alle contribuzioni, avendo il credito contributivo una sua esistenza autonoma, che prescinde dalla richiesta di adempimento fattane dall'ente previdenziale, ed insorgendo nello stesso momento in cui si perfeziona il rapporto (o, comunque, l'attività) di lavoro, che ne costituisce il presupposto, momento dal quale decorre, altresì, il termine prescrizionale dello stesso credito contributivo. Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali non trova applicazione nel rapporto tra lavoratore autonomo (nella specie, libero professionista) ed ente previdenziale, nel difetto di esplicite norme di legge (o di legittima fonte secondaria) che, eccezionalmente, dispongano in senso contrario. Ne consegue che il mancato versamento dei contributi obbligatori impedisce, di regola, la stessa costituzione del rapporto previdenziale e, comunque, la maturazione del diritto alle prestazioni. Ne consegue altresì 86 che il suddetto principio dell'automatismo delle prestazioni - proprio perché eccezionalmente previsto per la Cassa italiana di previdenza ed assistenza a favore dei geometri dall'art. 35 l. 24 ottobre 1955 n. 990, poi abrogato dall'art. 43 l. 4 febbraio 1967 n. 37 - non trova applicazione per le prestazioni che (come nella specie) non siano maturate nel periodo di vigenza (dal 1955 al 1967) dello stesso principio.”. Cassazione civile sez. lav.16 agosto 2001, n. 11140, in Giust. civ. Mass. 2001, 1600civ. 2003, I,2583: “nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti, ai sensi dell'art. 3 comma 9 l. 8 agosto 1995 n. 335, che vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e che, in forza del successivo comma 10 dello stesso articolo, si applica anche per i contributi prescritti prima della entrata in vigore della suddetta legge. Da ciò consegue che deve escludersi un diritto soggettivo dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti. Quanto poi alla differenza di trattamento dei lavoratori autonomi rispetto a quelli subordinati, in relazione alla mancata previsione di meccanismi di riparazione della perdita contributiva previsti solo per i dipendenti (rendita vitalizia, risarcimento del danno), essa non vale a ledere il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 cost., non potendosi ragionevolmente parificare le diverse situazioni dei suddetti lavoratori.” Cassazione civile sez. lav. 10 dicembre 2004, n. 23116, in Giust. civ. Mass. 2005, 1: “nella materia previdenziale, il regime della prescrizione già maturata è differente rispetto alla materia civile, in quanto è sottratto alla disponibilità delle parti, sicché deve escludersi l'esistenza di un diritto soggettivo degli assicurati a versare contributi previdenziali prescritti: la prescrizione, inoltre, opera di diritto e pertanto può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice, mentre l'ente previdenziale (anche se, come nella specie, di natura privatistica) non può rinunciare alla "irricevibilità" dei contributi prescritti. Detto principio di indisponibilità - attualmente fissato dall'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 desumibile, per il periodo precedente l'entrata in vigore di tale disposizione, dall'art. 55, comma 2, del r.d.l. n. 1827 del 1935 vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in base al comma 10 del citato art. 3 della legge n. 335 del 1995, si applica anche per i contributi prescritti prima dell'entrata in vigore della medesima legge. Cassazione civile sez. lav. 12 gennaio 2002 n. 330 in Foro it. 2002, I,1023: “si deve escludere, in linea generale, un diritto soggettivo dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti, poiché, nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti; detto principio, che per il periodo precedente l'entrata in vigore della l. n. 335 del 1995 è desumibile dall'art. 55, comma 2, r.d.l. 1827/35, ed è ora fissato dall'art. 3, comma 9, l. 335/95, vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in forza del 87 Comune alla disciplina civilistica è, invece, la non rilevabilità d’ufficio in sede processuale (ai sensi dell’art. 2938 cod. civ. “il giudice non può rilevare d’ufficio la prescrizione non opposta”, così come non può, ex art. 112 c.p.c.: “… pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti”). Infatti, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 15661 del 27 luglio 200591, superando l’ orientamento giurisprudenziale contrario92, hanno qualificato eccezione in senso successivo comma 10 del citato art. 3, si applica anche per i contributi prescritti prima dell'entrata in vigore di quest'ultima legge.” In Foro it. 2005, I, p. 2659: “Poiché nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell'eccezione corrisponde all'esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l'efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale), l'eccezione di interruzione della prescrizione integra un'eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d'ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza di parte possa giustificarsi in ragione della (normale) rilevabilità soltanto ad istanza di parte dell'eccezione di prescrizione, giacché non ha fondamento di diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di una eccezione in senso stretto quello di una controeccezione, qual è l'interruzione della prescrizione.” 91 92 Cassazione civile sez. lav. 05 ottobre 1998 n. 9865, in Giust. civ. Mass. 1998, 2014: “il divieto stabilito, per ragioni di ordine pubblico, dall'art. 55, comma 1, r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827 di effettuare versamenti a regolarizzazione di contributi assicurativi, dopo che rispetto agli stessi sia intervenuta la prescrizione, opera indipendentemente dall'eccezione di prescrizione da parte dell'ente previdenziale e del debitore dei contributi; ed è manifestamente infondata la questione di costituzionalità della norma citata e dell'art. 41 l. 30 aprile 1969 n. 153, nella parte in cui prevedono la prescrittibilità del diritto dell'Inps al pagamento dei contributi, per violazione 88 dell'art. 38 cost., sia perché tale disciplina risponde ad un principio generale di certezza dei rapporti giuridici, sia perché, a fronte della prescrizione e del conseguente divieto di pagamento dei contributi, è prevista la possibilità di costituzione della rendita.” Conformi: Cassazione civile sez. lav. 06 dicembre 1995, n. 12538, in Giust. civ. Mass. 1995, fasc. 12: “in relazione ai rimborsi dovuti dall'Inps per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 261 del 1991 (dichiarativa della illegittimità costituzionale dell'art. 18, comma 2, d.l. n. 918 del 1968, conv. con modif. in legge n. 1089 del 1968, nella parte in cui esclude il beneficio degli sgravi contributivi in caso di retribuzioni non assoggettate a contribuzione contro la disoccupazione involontaria), secondo le modalità all'uopo dettate dall'art. 1, comma 3, d.l. 22 marzo 1993 n. 71, conv. con modif. in legge n. 151 del 1993, la disposizione secondo cui "il rimborso (...) è effettuato nel pieno rispetto dei termini di prescrizione previsti dalla vigente normativa" è espressione della volontà del legislatore di connotare l'eccezione di prescrizione dei caratteri della irrinunciabilità e della rilevabilità d'ufficio. Del resto, il principio della irrinunciabilità della prescrizione è enunciato espressamente anche all'art. 55 del r.d.l. n. 55 del 1935, ostativo del pagamento dei contributi previdenziali prescritti, ed è consono ad un sistema previdenziale avente uno spiccato carattere pubblicistico, nell'ambito del quale è necessario, per la certezza dei rapporti tra l'ente gestore e i cittadini, che i contributi da versare o da rimborsare non siano prescritti e che, comunque, non sia lasciata alla discrezione dell'interessato la possibilità di far valere o meno l'avvenuta prescrizione.” Cassazione civile sez. lav. 18 febbraio 1991 n. 1703, in Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 2: “la condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione assicurativa di lavoratori dipendenti, aventi diritto a differenze retributive assoggettabili a contribuzione a favore dell'INPS, deve essere limitata al pagamento dei contributi per i quali, secondo le speciali disposizioni di legge che li regolano, non sia intervenuta la prescrizione, indipendentemente dalla circostanza che questa sia stata o no eccepita, ostando, in caso di prescrizione, alla possibilità di effettuare versamenti a regolarizzazione di contributi arretrati il divieto stabilito per ragioni di ordine pubblico dall'art. 55, comma 2, del r.d.l. n. 1827 del 1935.” Cassazione civile sez. lav. 12 gennaio 2002, n. 330, in Foro it. 2002, I,1023: “si deve escludere, in linea generale, un diritto soggettivo dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti, poiché, nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti; detto principio, che per il periodo precedente l'entrata in vigore della l. n. 335 del 1995 è desumibile dall'art. 55, comma 2, r.d.l. 1827/35, ed è ora fissato dall'art. 3, comma 9, l. 335/95, vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in forza del 89 stretto l’eccezione di prescrizione ed eccezione in senso lato quella di interruzione della prescrizione con le ovvie conseguenze processuali. Ciononostante, occorre mettere in risalto come la previsione della rilevabilità d’ufficio della prescrizione dei crediti contributivi sarebbe stata ben aderente ai divieti normativi di versare la contribuzione prescritta e di rinunciare alla prescrizione. Infatti, l’eventuale mancata eccezione in sede processuale della prescrizione, non essendo rilevabile d’ufficio93, può concretare di fatto una rinuncia a valersi della stessa con la conseguenza che ciò che è vietato dalla legge può concretizzarsi in sede processuale a seguito di una mera condotta omissiva. 4.2 IL TERMINE DI PRESCRIZIONE DEI CREDITI CONTRIBUTIVI Allo stato della giurisprudenza attuale se la prescrizione non è eccepita, il giudice non può rilevarla d’ufficio, né, conseguentemente, successivo comma 10 del citato art. 3, si applica anche per i contributi prescritti prima dell'entrata in vigore di quest'ultima legge.” 93 Si rinvia sul punto al paragrafo successivo. 90 verificare se è effettivamente intervenuta la decorrenza dei termini prescrizionali disciplinati dai commi 9° e 10° del predetto art. 3. Detti termini consistono in: “a) dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà previsto dal d.l. 29 marzo 1991, n. 103, art. 9-bis, comma 2°, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 giugno 1991, n. 166, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. A decorrere dal 1° gennaio 1996, tale termine è ridotto a cinque anni, salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti; b) cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria.” Il successivo comma 10 stabilisce che: “I termini di prescrizione di cui al comma 9, si applicano anche alle contribuzioni relative a periodi precedenti la data di entrata in vigore della presente legge, fatta eccezione per i casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente. Agli effetti del computo dei termini prescrizionali non si tiene conto della sospensione prevista dal d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2, comma 19°, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, fatti salvi gli atti interruttivi compiuti e le procedure in corso”. 91 Quello dei termini è aspetto oggetto di contrastanti orientamenti giurisprudenziali in particolare sotto l’aspetto dell'idoneità di atti interruttivi o di atti di inizio di procedure di recupero, compiuti prima dell’entrata in vigore della legge n. 335 del 8 agosto 1995, a conservare il precedente termine decennale di prescrizione. Il coordinamento tra i due commi dell'art. 3, sopra riportati, rappresenta la principale difficoltà per la ricostruzione di qual è la durata del termine prescrizionale, difficoltà che ha condotto a orientamenti giurisprudenziali diversi. Secondo una prima interpretazione 94 , il richiamo contenuto nel comma decimo ai termini di prescrizione di cui al comma nono del 94 riconducibile alle seguenti sentenze: Cassazione civile sez. lav. 05 marzo 2001 n. 3213, in Giust. civ. Mass. 2001, 409: “in tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, l'art. 3, comma 10, della legge n. 335 del 1995 va interpretato nel senso che il richiamo in esso contenuto ai termini di prescrizione di cui al comma 9 del medesimo articolo deve intendersi riferito al termine decennale previgente - e non al termine ridotto quinquennale decorrente dal primo gennaio 1996 - stante l'evidente intento del legislatore di favorire l'Istituto di assicurazione sociale nel caso in cui lo stesso abbia posto in essere atti interruttivi o iniziato "procedure" nei confronti dei soggetti debitori.” Cassazione civile sez. lav. 12 febbraio 2003 n. 2100 in Giust. civ. Mass. 2003, 318, D&G - Dir. e giust. 2003, 11, 107, Mass. giur. lav. 2003, 262: “in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, il nuovo termine quinquennale di cui all'art. 3, comma 9, legge n. 335 del 1995 non si applica ai casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto del termine decennale della normativa precedente, posto che tali ipotesi sono esplicitamente escluse ai sensi del comma 10 del citato art. 3, in base all'evidente intento del legislatore - conforme ai principi generali di certezza dei rapporti giuridici - di favorire l'istituto di assicurazione sociale nel caso 92 medesimo articolo doveva intendersi riferito al termine decennale previgente, non invece al termine ridotto quinquennale, decorrente dal 1° gennaio 1996, con la conseguenza che la riduzione a cinque anni del termine prescrizionale, prevista dal nono comma, non comprendeva le contribuzioni maturate prima della suddetta data. Di contrario avviso, invece, è l’orientamento affermante che, in base alla disciplina in esame, la prescrizione diviene quinquennale a partire dal 1° gennaio 1996 anche per i crediti maturati e scaduti in precedenza95. in cui lo stesso abbia posto in essere atti interruttivi o iniziato procedure nei confronti dei soggetti debitori; nè tale esclusione suscita dubbi di incostituzionalità, in relazione all'art. 3 cost., non potendosi ragionevolmente parificare le diverse situazioni dei soggetti interessati nelle due ipotesi in cui vi siano o non vi siano stati validi atti interruttivi durante il periodo di tempo previsto per la maturazione della prescrizione.” 95 in particolare le sentenze: Cassazione civile sez. lav. 17 dicembre 2003 n. 19334, in Giust. civ. Mass. 2003, 12: “in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, l'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 stabilisce tra l'altro: a) che la prescrizione diviene quinquennale a partire dall'1 gennaio 1996 anche per i crediti maturati e scaduti in precedenza; b) che per i contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in vigore della legge, il termine decennale permane ove siano stati compiuti dall'Istituto atti interruttivi, ovvero siano iniziate, durante la vigenza della precedente disciplina, procedure per il recupero dell'evasione contributiva; c) che il periodo di sospensione triennale, di cui all'art. 2, comma 19, della legge n. 638 del 1983, è soppresso, ma continua ad applicarsi qualora in precedenza siano stati emessi atti interruttivi o avviate procedure di recupero. Cassazione civile sez. lav. 07 gennaio 2004 n. 46, in Riv. giur. lav. 2004, II, 398: “il nuovo termine quinquennale di prescrizione dei contributi previdenziali trova applicazione anche ai crediti maturati anteriormente, con 93 eccezione per i crediti accertati entro il 31 dicembre 1995 e per i quali l'Ente creditore abbia interrotto i termini o avviato procedure di recupero.” Cassazione civile sez. lav. 24 febbraio 2005 n. 3846 in Giust. civ. Mass. 2005, 2: “in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ai sensi dell'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995, per i contributi anteriori alla data di entrata in vigore della stessa legge (17 agosto 1995), in caso di atto interruttivo effettuato dall'Inps nel periodo da tale data al 31 dicembre 1995, continua ad applicarsi la prescrizione decennale per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà, essendo l'atto interruttivo intervenuto quando ancora era in vigore il termine decennale. Per le contribuzioni diverse da quelle destinate alla gestione pensionistica, invece, opera la prescrizione quinquennale, atteso che tale termine più breve è entrato in vigore con la legge, con la conseguenza che una richiesta successiva (per i contributi diversi da quelli pensionistici) non vale a prolungare eventuali termini più lunghi prima vigenti.” Cassazione civile sez. lav. 12 maggio 2005, n. 9962 in Orient. giur. lav. 2005, I, 423: “in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro il nuovo termine quinquennale di prescrizione dei contributi previdenziali previsto dall'art. 3, commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995 trova applicazione anche ai crediti maturati anteriormente, con eccezione per i crediti accertati entro il 31 dicembre 1995 e per i quali l'Ente creditore abbia interrotto i termini o avviato procedure di recupero” Cassazione civile sez. lav. 15 marzo 2006 n. 5622, in Giust. civ. Mass. 2006, 3, Guida al diritto 2006, 18, 80 (s.m.): “in relazione ai contributi dovuti alla Cassa di previdenza forense, scaduti prima dell'entrata in vigore della l. n. 335 del 1995, l'abbreviazione a cinque anni del termine prescrizionale (prevista dall'art. 3 comma 9 l. n. 335 del 1995) opera dall'1 gennaio 1996, giacché questi rientrano nell'art. 3 comma 9, lett. a) della medesima legge (contribuzione di pertinenza delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie), di talché gli atti interruttivi effettuati sia prima del 17 agosto 1995, sia dopo e fino al 31 dicembre 1995, valgono al fine di mantenere il precedente termine decennale di prescrizione.” Cassazione civile sez. lav.13 dicembre 2006, n. 26621, in Giust. civ. Mass. 2006, 12:“l'art. 3 commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995, prevedendo che le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono in dieci anni per quelle di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie termine ridotto a cinque anni con decorrenza 1 gennaio 1996 (lett. a) - e in cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria (lett. b), ha regolato l'intera materia della prescrizione 94 Per i contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in vigore della legge, il termine decennale permarrebbe ove fossero stati compiuti dall'Istituto atti interruttivi, ovvero fossero state iniziate, durante la vigenza della precedente disciplina, procedure per il recupero dell'evasione contributiva. Ai predetti orientamenti giurisprudenziali faceva riferimento anche l’Inps nella circolare n. 69 del 200596, dove si prende atto che, in tema di termini di prescrizione, dei crediti contributivi degli enti previdenziali, con riferimento a tutte le forme di previdenza obbligatoria, comprese quelle per i liberi professionisti, con conseguente abrogazione per assorbimento, ai sensi dell'art. 15 preleggi, delle previgenti discipline differenziate, sicché è venuta meno la connotazione di specialità in precedenza sussistente per i vari ordinamenti previdenziali di categoria. La nuova disciplina, pur riducendo il termine da decennale a quinquennale per tutti i tipi di contributi previdenziali, opera però una distinzione: per i contributi destinati alle gestioni diverse da quelle pensionistiche (comma 9, lett. b) il termine diventa immediatamente quinquennale alla data di entrata in vigore della legge (17 agosto 1995); invece, per i contributi dovuti alle gestioni pensionistiche (comma 9, lett. a) la prescrizione resta decennale fino al 31 dicembre 1995 e diviene quinquennale dal primo gennaio 1996, ma soltanto se entro il 31 dicembre 1995 l'ente previdenziale non abbia posto in essere atti interruttivi oppure iniziato procedure nel rispetto della normativa preesistente, altrimenti rimane decennale. La sistemazione organica e completa del regime transitorio comporta, pertanto, una deroga all'art. 252 disp. att. c.c., escludendone l'applicazione in via sussidiaria o integrativa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale che aveva applicato la nuova normativa ai contributi dovuti all'Inarcassa rigettando le censure di quest'ultima secondo cui doveva continuare ad applicarsi la norma speciale prevista per i contributi alla Cassa - l'art. 18 l. n. 6 del 1981, e la prescrizione decennale ivi prevista - in forza del principio "lex specialis derogat legi generalii).” 96 Circolare 69 del 2005: “con circolari n.262 del 13 ottobre 1995 e n.18 del 22 gennaio 1996 l’Istituto ha già fornito indirizzi interpretativi in materia di prescrizione dei crediti contributivi previdenziali e assistenziali di cui al’articolo 3 commi 9 e 10 della legge n.335/95. In materia, la sentenza della Corte di Cassazione n.2100 del 12 febbraio 2003, oggetto del messaggio n.10 emesso dal Coordinamento Generale Legale l’8 maggio 2003, ha costituito l’unica deroga agli indirizzi espressi nelle circolari citate in quanto affermava che i crediti contributivi maturati 95 prima del 1 gennaio 1996 non possono mai considerarsi prescrivibili nel più breve termine dei cinque anni, ritenendo che la durata del termine di prescrizione si dovesse determinare in base al periodo di riferimento del credito. Successivamente la Suprema Corte con le sentenze 17.12.2003 n. 19334, 7.01.2004 n.46 e 6.04.2004 n.6706 ha nuovamente affermato e consolidato il precedente orientamento. Si rende, pertanto, indispensabile fornire una interpretazione corretta dei canoni essenziali della prescrizione del diritto dell’ ente previdenziale ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, secondo le regole poste dall'art.3, commi 9 e 10 della legge 335/1995, così come interpretate dalla giurisprudenza più recente. 1. Decorrenza della prescrizione ed efficacia degli atti interruttivi. Si rammenta in primo luogo che, in materia di diversa durata della prescrizione del credito contributivo, la legge n.335 del 1995 distingue tra atti posti in essere ad iniziativa dell’Ente ed atti posti in essere su denuncia del lavoratore, principio che non contrasta con quello generale stabilito dall'art. 55 del R.D.L. 4 ottobre 1935 n. 1827, secondo il quale l'interruzione della prescrizione dei contributi per l’ assicurazione obbligatoria si verifica solo per effetto degli atti, indicati dall'art. 2943 codice civile, posti in essere dall'INPS, titolare del relativo diritto di credito, e non quando anche uno di tali atti sia posto in essere dal lavoratore, come nell'ipotesi di azione giudiziaria da questi proposta nei confronti del datore di lavoro. In base alla disposizione in parola, anche la denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti è idonea a determinare in dieci anni il termine della prescrizione nei confronti dell'INPS o degli altri Istituti previdenziali a condizione che l’Ente emetta l’atto interruttivo di propria competenza. Si ricorda in proposito che la legge n.335/95 è entrata in vigore il 17 agosto 1995 ed ha posto la data del 1 gennaio 1996 come decorrenza per la riduzione della prescrizione a cinque anni. Quindi gli atti interruttivi notificati e le procedure intese al recupero, iniziate prima del 17 agosto 1995, hanno efficacia interruttiva della prescrizione diversa (per dieci o cinque anni) a seconda del tipo di contribuzione; tali periodi vanno poi aumentati del periodo di sospensione triennale di cui all’art.2 della legge n.638/83. Ne discende che attualmente si possono configurare tre differenti situazioni per calcolare con certezza il decorso della prescrizione del credito contributivo, a seconda del momento dell’eventuale esercizio (o mancato esercizio) di un atto interruttivo della prescrizione stessa: la prima per il periodo fino al 31.12.1995 trascorso senza compimento di atti interruttivi; la seconda per il periodo dal 17 agosto 1995 e fino al 31.12.1995 trascorso col compimento di atti interruttivi; l’ultima per periodi dal 01.01.1996. Di conseguenza, la possibilità di recuperare i contributi relativi ad anni precedenti si tradurrà in atti concreti in modo diverso anche a seconda della data dell’ultimo atto interruttivo dei termini (se posto in essere): 96 se l’atto è stato compiuto prima del 17 agosto 1995, possono essere recuperati i contributi IVS risalenti ai tredici anni precedenti, in quanto gli stessi restano assoggettati alla prescrizione decennale ed alla sospensione triennale prevista dalla legge 11 novembre 1983 n.638 (in questi termini sentenza Cassazione 7.1.2004 n.46); se invece risulta essere stato compiuto tra il 17 agosto 1995 ed il 31 dicembre 1995, il recupero dei contributi potrà retroagire per soli dieci anni. Ovviamente in tal caso, per evitare la perdita del diritto per prescrizione, il successivo atto interruttivo deve intervenire entro i dieci anni dal precedente. In ogni caso, ed ancorché si tratti di contributi riferentesi a periodi successivi al 1° gennaio 1996, la denuncia del mancato pagamento dei contributi stessi da parte del lavoratore dipendente o a progetto o del collaboratore coordinato e continuativo comporta che il termine prescrizionale sia decennale, sempre che l’Istituto provveda ad emettere il proprio atto avente efficacia interruttiva. I contributi minori ( DS, TBC, ENAOLI, SSN, etc .) si prescrivono in cinque anni anche a seguito della legge n.335/1995, in quanto nulla è cambiato rispetto alle precedenti disposizioni. È opportuno rammentare che hanno efficacia interruttiva della prescrizione relativamente al residuo debito, anche i pagamenti in acconto di un debito già denunciato come, ad esempio, la contribuzione denunciata in occasione dei condoni. In considerazione di ciò e per evitare la prescrizione del debito residuo, le Sedi sono invitate a definire, con le relative procedure, i condoni per i quali risultano interrotti i pagamenti per oltre due rate e a diffidare i debitori. Per l’area agricola, le diffide, relativamente ai condoni, sono state emesse dalla Sede Centrale. Prescrizione dei contributi dovuti dagli artigiani, dagli esercenti attività commerciali e dai lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata. I criteri di applicazione dell’istituto della prescrizione in materia di contributi dovuti dagli artigiani, dai commercianti e dai lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata (c.d. professionisti non iscritti ad altre casse), nei termini introdotti dalla citata legge n.335/1995, sono stati illustrati dalla circolare n. 104 del 16 maggio 1996. Con detta circolare, in riferimento agli artigiani ed ai commercianti, veniva ribadito il principio, già espresso in precedenti disposizioni, secondo il quale per la contribuzione dovuta sulla quota di reddito eccedente il minimale imponibile di cui alla legge n. 233/1990, la prescrizione inizia a decorrere dalla data in cui l’Amministrazione finanziaria dello Stato comunica all’Istituto il reddito prodotto dal soggetto tenuto al pagamento della relativa contribuzione previdenziale. E ciò in considerazione dell’insussistenza di norme che impongano al contribuente di comunicare all’Istituto il proprio reddito e della disposizione contenuta nell’art. 2935 del Codice civile, in base al quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Si fa presente, a tal riguardo, che tale orientamento è stato recentemente censurato da numerose sentenze di merito che hanno evidenziato l’insussistenza, nella fattispecie, di un’impossibilità giuridica di riscuotere, 97 la sentenza della Corte di Cassazione n. 2100 del 12 febbraio 200397 ha costituito l’unica deroga agli indirizzi precedentemente espressi, peraltro subito consolidati dalle successive sentenze n. 19334 del 17 dicembre 200398 e n.46 del 7 gennaio 2004 99 . ben potendo l’Istituto chiedere la denuncia dei redditi agli interessati o all’Amministrazione finanziaria. Alla luce del citato orientamento giurisprudenziale, anche al fine di evitare la condanna dell’Istituto al pagamento delle spese legali, si è giunti nella determinazione di applicare, in riferimento ai contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale imponibile, gli stessi criteri in atto per i contributi dovuti sul predetto minimale. Conseguentemente il termine prescrizionale decorre dal giorno in cui i contributi in argomento dovevano essere corrisposti secondo la normativa vigente e, quindi, dal giorno in cui doveva essere versato il saldo risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’anno di riferimento. Il nuovo indirizzo sarà applicato a tutte le situazioni non definite alla data di emanazione della presente circolare, ivi comprese quelle relative ai lavoratori autonomi di cui all’art. 50 del TUIR. I contributi iscritti a ruolo e prescritti saranno sgravati d’ufficio, mentre i ricorsi amministrativi giacenti riguardanti l’argomento saranno restituiti alle rispettive strutture che, verificata l’assenza di atti interruttivi, adotteranno i conseguenti provvedimenti di annullamento dell’imposizione. Non appare superfluo evidenziare, a tal riguardo, che le modalità di riscossione dei contributi introdotte dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, con la conseguente attribuzione di competenze all’Amministrazione finanziaria dello Stato, sono pienamente compatibili con il criterio di computo dei termini prescrizionali sin qui descritto. L’attuale ripartizione delle attribuzioni tra l’INPS e l’Agenzia delle Entrate limita, peraltro, l’intervento dell’Istituto in materia alle sole fattispecie non coinvolte dall’azione di recupero dell’Amministrazione finanziaria.” 97 Cassazione civile sez. lav. 12 febbraio 2003 n. 2100 in Giust. civ. Mass. 2003, 318. Per la massima, vedi nota 94. 98 Cassazione civile sez. lav. 17 dicembre 2003 n. 19334, in Giust. civ. Mass. 2003, 12. Per la massima, vedi nota 95. 99 Cassazione civile sez. lav. 07 gennaio 2004 n. 46, in Riv. giur. lav. 2004, II, 398. Per la massima, vedi nota 95. 98 L’Ente previdenziale, avendo ben presenti gli arresti giurisprudenziali, configurava e distingueva tre differenti situazioni per calcolare con certezza il decorso della prescrizione del credito contributivo, a seconda del momento dell’eventuale esercizio o del mancato esercizio di un atto interruttivo della prescrizione stessa:la prima per il periodo fino al 31 dicembre 1995, trascorso senza compimento di atti interruttivi; la seconda per il periodo dal 17 agosto 1995 e fino al 31 dicembre 1995 trascorso col compimento di atti interruttivi; l’ultima per periodi dal 01.01.1996 (ne risultava che la possibilità di recuperare i contributi relativi ad anni precedenti, era per l’Istituto diversa anche a seconda della data dell’ultimo atto interruttivo dei termini: “se l’atto è stato compiuto prima del 17 agosto 1995, possono essere recuperati i contributi IVS risalenti ai tredici anni precedenti, in quanto gli stessi restano assoggettati alla prescrizione decennale ed alla sospensione triennale prevista dalla legge 11 novembre 1983 n.638…”; “se invece risulta essere stato compiuto tra il 17 agosto 1995 ed il 31 dicembre 1995, il recupero dei contributi potrà retroagire per soli dieci anni...”). Pertanto l’Inps, nella circolare 69 del 2005, nel caso di assenza di atti interruttivi precedenti all’entrata in vigore della legge n. 335 del 8 agosto 1995, confermava l’orientamento già espresso nella circolare 262 del 1995100: “l'atto interruttivo posto in 100 Riportata integralmente in nota 140. 99 essere a decorrere dal 1/1/1996 interromperà la prescrizione dei contributi relativi a periodi contributivi anteriori di cinque anni”. I suddetti diversi e contrastanti orientamenti giurisprudenziali hanno reso necessario, anche recentemente, l’intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte. Nella sentenza a Sezioni Unite n. 5784 del 4 marzo 2008101, la Cassazione ha ritenuto che la legge 8 agosto 1995, n. 335, avendo disposto che la riduzione del termine da decennale a quinquennale operi solo dal 1° gennaio 1996, ha dato all'Inps la possibilità di mantenere il regime prescrizionale decennale per i contributi pregressi, adottando atti interruttivi nel periodo intermedio, che va dalla data di entrata in vigore della predetta legge al 31 dicembre 1995, oppure iniziando idonee procedure restando ovviamente ferma la prescrizione decennale anche per i casi in cui i medesimi atti siano stati posti in essere prima del 17 agosto 1995. A fondamento di questa scelta interpretativa è stato in primo luogo 101 Cassazione civile sez. un. 04 marzo 2008 n. 5784, in Giust. civ. Mass. 2008, 3, p. 351 e Foro it. 2010, 4, p. 1252: In tema di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ai sensi dell'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, il termine di prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti l'entrata in vigore della legge (17 agosto 1995) resta decennale nel caso di atti interruttivi compiuti dall'Inps nel periodo tra la data suddetta ed il 31 dicembre 1995, i quali - tenuto conto dell'intento del legislatore di realizzare un «effetto annuncio» idoneo ad evitare la prescrizione dei vecchi crediti valgono a sottrarre a prescrizione i contributi maturati nel decennio precedente l'atto interruttivo; dalla data di questo inizia a decorrere un nuovo termine decennale di prescrizione. 100 addotto l'intento del legislatore di ritardare la data di entrata in vigore del termine quinquennale, spostandola al 1° gennaio 1996, per creare, com’è stato rilevato, una sorta di "effetto annuncio" allo scopo di evitare almeno in parte la prescrizione di vecchi crediti con la previsione di un periodo nel quale gli istituti previdenziali potessero attivarsi per intraprendere le procedure di recupero o le richieste di pagamento al fine di usufruire del termine più ampio. Tuttavia l’argomento più rilevante sembrerebbe essere quello che poggia sul dato testuale e, precisamente, la particolare espressione usata dal comma 10° dell'art. 3 (“atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente”) che vale a designare non solo il periodo precedente all'entrata in vigore della legge ma tutto l'arco temporale successivo (fino al 31 dicembre 1995) nel quale vigeva ancora il precedente regime prescrizionale. Gli atti interruttivi intervenuti, quindi, valgono sia a sottrarre alla prescrizione i contributi di cui è causa, sia a conservare il termine decennale di prescrizione, che inizia nuovamente a decorrere dalla data dell'atto introduttivo. Una fattispecie concreta diversa (non riferita cioè al caso di atti interruttivi intervenuti prima del 31 dicembre 1995 e come tali idonei a conservare il predetto termine decennale), è quella affrontata dalle 101 SS. UU. della Suprema Corte nella sent. n. 6173 del 7 marzo 2008102. La controversia ineriva a contributi relativi al periodo maggio 1991settembre 1992, per i quali l’accertamento ispettivo era stato notificato il 27 marzo 1998 e la notifica della cartella esattoriale era avvenuta in data 21 novembre 2000. Secondo la pronuncia in argomento, dall'entrata in vigore della legge 335 del 8 agosto 1995 il nuovo termine di prescrizione più breve comincia a decorrere dal 1° gennaio 1996 e non può essere quindi superiore a cinque anni, mentre può essere inferiore se tale è il residuo del più lungo termine determinato secondo il regime precedente. Il nuovo termine si applicherebbe perciò anche alle prescrizioni in corso, ma decorrerebbe dalla data di entrata in vigore della legge che ne ha disposto l'abbreviazione purché, a norma della legge precedente, non residui un termine minore (nella specie la notifica della cartella esattoriale avvenuta in data 21 novembre 2000, risulta preceduta in data 27 marzo 1998 dalla consegna del verbale di accertamento ispettivo e dalla richiesta di pagamento dei contributi omessi relativi al periodo 102 Cassazione civile sez. un.07 marzo 2008 n. 6173, in Guida al diritto 2008, 19, p. 56, Giust. civ. Mass. 2008, 3, p. 374, Foro it. 2010, 4, p. 1252: “Con l'entrata in vigore della l. 335/1995 che ha introdotto il nuovo regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti opera, fuori dei casi di conservazione del precedente termine decennale, il nuovo termine di prescrizione più breve, che comincia peraltro a decorrere dalla data dell'1 gennaio 1996; detto termine non può essere quindi superiore a cinque anni, mentre può essere inferiore se tale è il residuo del più lungo termine determinato secondo il regime precedente.” 102 maggio 1991- settembre 1992. In tale data, 27 marzo 1998, dunque, è stato interrotto il decorso della prescrizione, quando non si era compiuto, dopo l'entrata in vigore della legge n. 335 del 1995, il tempo residuo del termine decennale determinato secondo il precedente regime, pur ridotto entro il minor periodo di cinque anni decorrenti dal 1.1.1996). La normativa sopra esaminata, secondo l’orientamento ultimo esposto, non stabilirebbe quindi un'espressa deroga all' art. 252 disp. att. cod. civ., disposizione alla quale deve attribuirsi il valore di regola generale 103. 103 Corte costituzionale 03 febbraio 1994 n. 20, in Giust. civ. 1994, I, 858: “il comma 3 dell'art. 4 d.l. 19 settembre 1992 n. 384 conv. dalla l. 14 novembre 1992 n. 438, il quale stabilisce che i termini di decadenza, previsti nel precedente comma 1 per la proposizione dell'azione giudiziaria in materia di prestazioni pensionistiche e di prestazioni economiche di malattia, non si applicano ai procedimenti instaurati anteriormente alla data di entrata in vigore del citato decreto, ancora in corso alla data medesima, va interpretato nel senso che i procedimenti ai quali si riferisce la menzionata norma siano quelli amministrativi e non già quelli giurisdizionali e che, in relazione ai ricorsi amministrativi proposti anteriormente alla predetta data, si siano già verificati i presupposti di decorrenza del termine, previsto dalla legge precedente per la proposizione della domanda giudiziale (e cioè la comunicazione della decisione definitiva dell'amministrazione sul ricorso o scadenza del termine per la pronunzia della medesima) e che il termine sia ancora pendente alla detta data; pertanto, è infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 comma 1, 3 e 14 d.l. 19 settembre 1992 n. 384 conv. dalla l. 14 novembre 1993 n. 438, sollevata, con riferimento agli art. 3, 24, 38 e 113 cost., in base al presupposto che il citato comma 3 si riferisca ai procedimenti giurisdizionali e non a quelli amministrativi e che la nuova normativa si applichi ai procedimenti amministrativi, già definiti alla data della sua entrata in vigore.” 103 Per effetto di tale interpretazione 104 , anche nell’ ipotesi di denuncia del lavoratore all'Istituto previdenziale del mancato versamento dei contributi, il prolungamento del termine di prescrizione opererebbe solo per il caso di denunce intervenute entro il 31 dicembre 1995, rimanendo quinquennale per quelle proposte successivamente a tale data. 104 In tal senso, tra le più recenti pronunce: Cassazione civile sez. lav. 07 gennaio 2009 n. 73 in Giust. civ. Mass. 2009, 2, 156: “in materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di assistenza obbligatoria in base alla disciplina recata dall'art. 3, commi 9 e 10, l. 8 agosto 1995 n. 335, la denuncia del lavoratore, di cui alla lett. a, ultimo periodo, del citato art. 3, comma 9, in relazione a contributi per i quali il termine quinquennale di prescrizione, decorrente dalla loro scadenza, sia integralmente maturato prima della data di entrata in vigore della predetta legge (17 agosto 1995), è idonea a mantenere il precedente termine di prescrizione decennale solo quando sia intervenuta prima della maturazione dell'anzidetto termine quinquennale (e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1995), non potendo più operare il prolungamento dello stesso termine una volta che il credito contributivo risulti già prescritto. (Fattispecie relativa a denuncia del lavoratore intervenuta in data 19 settembre 1994 in ordine a contributi previdenziali attinenti a fattispecie di licenziamento illegittimo del 19 febbraio 1981, rispetto ai quali era già ampiamente maturato il termine di prescrizione quinquennale).” Cassazione civile sez. lav. 10 marzo 2010 n. 5811, in Giust. civ. Mass. 2010, 4, 487: “in tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di assistenza obbligatoria, il principio secondo cui, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995, che ha introdotto il nuovo regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti, opera, al di fuori dei casi di conservazione del precedente termine decennale, il nuovo termine di prescrizione più breve, con decorrenza dall'1 gennaio 1996, trova applicazione anche nel caso, contemplato dal comma 9, lett. a, ultima parte, dell'art. 3 cit., di denuncia da parte del lavoratore del mancato versamento dei contributi all'Istituto previdenziale, con la conseguenza che, in relazione ai contributi dovuti per anni anteriori all'entrata in vigore della legge, il termine entro il quale la denuncia dev'essere inoltrata è quello di cinque anni dal 31 dicembre 1996, potendo però detto termine essere inferiore, in applicazione della regola generale di cui all'art. 252 disp. att. c.c., se tale è il residuo del più lungo termine determinato secondo il regime precedente, e che il diritto alla riscossione si prescrive entro il quinquennio dalla denuncia del lavoratore. 104 Se sulla durata dei termini prescrizionali si sono registrati i predetti diversi orientamenti, la giurisprudenza sembra più pacifica in ordine alla decorrenza degli stessi che è fatta coincidere con la data in cui i contributi dovevano essere versati105. La prescrizione dei crediti contributivi decorre, infatti, in corso di rapporto di lavoro 106 e si considera ininfluente ai fini della scadenza dei termini prescrizionali la data successiva dell’eventuale accertamento da parte degli enti previdenziali. Lo stesso principio opera anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia provveduto volutamente a denunciare il rapporto lavorativo per non adempiere ai connessi obblighi contributivi. L’unica impossibilità di agire cui la legge attribuisce rilevanza ai fini del mancato decorso dei termini prescrizionali è quella che deriva da impedimenti di legge e non comprende gli impedimenti di mero fatto, tra i quali è da includere l’ignoranza in cui versi il titolare del diritto in ordine alla sussistenza di esso107. 105 Il DM10 ha scadenza il giorno 20 di ogni mese (secondo il disposto dell'art. 1 d.m. 24 febbraio 1984, emanato ai sensi dell'art. 1 del d.l. n. 463 del 1983, convertito in legge n. 638 del 1983). 106 In tema di prescrizione dei crediti lavorativi, cfr. A. Maresca, La prescrizione dei crediti di lavoro, Giuffrè, Milano, 1983. L’INPS, nella circolare 69 del 2005, riportata in nota 96, ha affrontato il tema in relazione alla contribuzione a percentuale richiesta solo a seguito della comunicazione dell’Agenzia dell’Entrate (anche a distanza di avariati anni in quanto l’istituto riteneva che prima di tale comunicazione gli fosse impossibile recuperare il predetto contributo e quindi non decorresse il termine prescrizionale. Tale impossibilità è stata considerata dalla 107 105 4.3 IL VERSAMENTO DI CONTRIBUTI PRESCRITTI La legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3 al comma 9 prevede come le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria non possano essere versate una volta prescritte. L’antecedente storico di tale principio è rinvenibile nel disposto dell’art. 55, comma 2°, del r.d.l. n. 1827 del 4 ottobre 1935 (“non è ammessa la possibilità di effettuare versamenti, a regolarizzazione di contributi arretrati, dopo che, rispetto ai contributi stessi, sia intervenuta la prescrizione”) dettato , peraltro, in origine, per le sole assicurazioni obbligatorie per invalidità, vecchiaia, tubercolosi e disoccupazione; nondimeno con il tempo il principio era stato esteso a tutte le forme assicurative sociali gestite dall’INPS o ad altri Enti la cui disciplina richiamasse la normativa dell’assicurazione generale obbligatoria108. Deve innanzitutto rilevarsi come questa disciplina degli effetti della prescrizione differisca in maniera assoluta da quella che è la generale impostazione civilistica dell’istituto quale è scolpita negli articoli del codice civile. Come è stato osservato acutamente in dottrina, la prescrizione rappresenta, nell’ambito del rapporto bilaterale giurisprudenza come una impossibilità di mero fatto. Orientamento pressoché unanime che ha indotto l’Istituto previdenziale ad emanare la suddetta circolare.). 108 Restavano però alcuni regimi, come ad esempio il Fondo per il volo, disciplinato dalla legge 13/7/1965 n 859, per i quali mancando l’anzidetto richiamo o essendo presente un espresso richiamo in senso opposto, il principio del divieto di versamento non si applicava. 106 intercorrente fra il creditore ed il debitore, un acquisto che si determina in favore di quest’ultimo; da questa impostazione derivano, come corollari due conseguenze e cioè che la prescrizione è rinunciabile, esplicitamente o per factum concludens (art. 2937 c.c.) e che la stessa non può essere rilevata d’ufficio ma deve essere eccepita dalla parte che ne abbia interesse. Molta parte della dottrina nega, dunque, sulla base di tali principi, che, in ambito civilistico, la prescrizione abbia per effetto l’estinzione del rapporto obbligatorio; l’inattuazione del rapporto nel tempo, previsto dalla legge determinerebbe, in particolare, non la prescrizione ma la prescrittibilità intesa quale idoneità del concreto rapporto a subire l’ulteriore vicenda estintiva per prescrizione solo nel caso in cui venisse esercitata l’apposita eccezione che da quella modificazione nasce. L’impostazione della legge 335/95 comporta, invece, che in materia contributiva la prescrizione venga disegnata, con particolare forza , dalla medesima norma come estintiva, ex lege, del rapporto obbligatorio. Mentre dunque , rispetto al debito civile prescritto (o prescrittibile a seconda delle impostazioni) si ritiene da più parti che questo residui come obbligazione naturale, come del resto sembrerebbe chiaro dal disposto dell’art. 2940 in tema di inammissibilità della ripetizione del debito prescritto, alla obbligazione contributiva non sarebbe applicabile la norma predetta e 107 si rientrerebbe, invece, nell’ipotesi dell’ indebito con possibilità della relativa azione. Sul punto è da segnalare che la giurisprudenza formatasi sotto l’impero dell’art. 55 sopra richiamato ed applicabile a maggior ragione nell’ambito di questa normativa riteneva109 che la prescrizione fosse in questo caso rilevabile d’ufficio in deroga al disposto dell’art. 2938 c.c. In ordine alla rilevabilità da parte del creditore si è espresso l’INPS che, nella citata circolare 262/95, prescrive alle sue sedi di effettuare d’ufficio il rimborso rilevando testualmente che quella in esame “una prescrizione particolare, alla quale, a differenza delle altre, non può rinunciare neppure chi ne è beneficiario”. In ambito processuale l’ orientamento delle SS.UU. della Corte di Cassazione con la sentenza n. 15661 del 27 luglio 2005 è nel senso Ex plurimis Cassazione civile sez. lav. 18 febbraio 1991 n 1703: “La condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione assicurativa di lavoratori dipendenti, aventi diritto a differenze retributive assoggettabili a contribuzione a favore dell'INPS, deve essere limitata al pagamento dei contributi per i quali, secondo le speciali disposizioni di legge che li regolano, non sia intervenuta la prescrizione, indipendentemente dalla circostanza che questa sia stata o no eccepita, ostando, in caso di prescrizione, alla possibilità di effettuare versamenti a regolarizzazione di contributi arretrati il divieto stabilito per ragioni di ordine pubblico dall'art. 55, comma 2, del r.d.l. n. 1827 del 1935.” Per una ricostruzione del divieto di versare i contributi prescritti come conseguenza del principio di indisponibilità dei diritti previdenziali e delle obbligazioni presupposte vedi Pessi R., Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 450 ss. 109 108 che la prescrizione non sia rilevabile d’ufficio (sul punto si rinvia al IV Capitolo I paragrafo). 4.4 I DANNI DERIVANTI DALLA PRESCRIZIONE DEI CREDITI CONTRIBUTI Il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo110 al regolare versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla conformità alle prescrizioni di legge della propria posizione assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia pregiudicato. Ne consegue che, in caso di mancato o insufficiente versamento dei contributi, situazione che si verifica anche quando l'obbligo contributivo venga assolto su importi retributivi inferiori a quelli effettivamente corrisposti, lo stesso lavoratore può agire in giudizio, anche in corso di rapporto di lavoro e prima che si sia concluso il rapporto giuridico previdenziale, per ottenere la condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione assicurativa mediante il versamento all'ente previdenziale dei contributi omessi e non prescritti. 110 Cassazione civile sez. lav.23 gennaio 1989 n. 379, in Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989, 656 . 109 E la promozione con esito favorevole di questa azione, come è ovvio, preclude per il futuro l’azione risarcitoria di cui all’art. 2116, comma secondo, perché previene ed elimina la lesione della posizione finale assicurativa, mentre il suo mancato esercizio non incide sulla proponibilità dei rimedi risarcitori. Nel caso invece di prescrizione della contribuzione previdenziale omessa da parte del datore di lavoro il prestatore di lavoro subisce un danno immediato111 consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio sostitutivo della pensione. La prescrizione del diritto al risarcimento di questo danno decorre dal momento di maturazione della prescrizione del diritto ai contributi, spettante all'ente assicuratore. Il secondo tipo di danno ex art. 2116 è dato dalla perdita totale o parziale della prestazione previdenziale e per il suo sorgere è necessario il mancato versamento dei contributi, la prescrizione degli stessi ed il raggiungimento dell’età pensionabile. In questo caso la definitiva perdita della prestazione previdenziale causa al lavoratore un danno che il datore di lavoro è tenuto a risarcire in base al menzionato art. 2116 c.c. 111 I suddetti danni nascono Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8 la cui massima è riportata nella nota successiva. 110 dall’inadempimento di obbligazioni contrattuali inerenti il rapporto di lavoro112. Come tali ad essi è applicabile il termine di prescrizione decennale ordinario di cui all’art. 2946 c.c. L’inizio del termine prescrizionale si differenzia nei due danni. Per il primo, diventando lo stesso tutelabile nel momento in cui si determina la prescrizione del credito contributivo, il dies a quo della prescrizione è da individuare nel giorno successivo a quello nel quale si è prescritto il credito dell’Ente Previdenziale. Tale momento può verificarsi anche nel corso del rapporto di lavoro. Per il secondo tipo di danno, il termine decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere e cioè dal momento in cui si sono verificate le due condizioni sopra esplicate: la prescrizione dei contributi ed il raggiungimento dell’età pensionabile. 112 Ex pluribus Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8: “Tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne consegue che deve escludersi la sussistenza di una situazione di litisconsorzio necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda con la quale il lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei confronti del datore di lavoro. Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante all'ente assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno immediato, diverso dalla perdita futura e incerta della pensione di anzianità o di vecchiaia, consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio sostitutivo della pensione. La prescrizione del diritto al risarcimento di questo danno decorre dal momento di maturazione della prescrizione del diritto ai contributi, spettante all'ente assicuratore.” 111 a)IL RISARCIMENTO IN FORMA SPECIFICA DEL DANNO PENSIONISTICO: LA COSTITUZIONE DELLA RENDITA VITALIZIA. In caso di prescrizione dell’obbligo contributivo, non trovando applicazione il principio di automaticità, il lavoratore subisce un danno della sfera giuridica patrimoniale, perché minore sarà l’importo della pensione cui avrà diritto, e può agire nei confronti del datore di lavoro per il risarcimento del danno, in forma specifica, attraverso la costituzione di una rendita vitalizia pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell’assicurazione generale obbligatoria che spetterebbe in relazione ai contributi omessi, o mediante l’azione risarcitoria di cui all’art. 2116, comma secondo, cod. civ. 113 La costituzione della rendita vale a compensare il pregiudizio derivante dall'omissione contributiva non più emendabile a causa dell'intervenuta prescrizione, ma non realizza il recupero dell'anzianità contributiva, avendo solo la finalità economica di integrare la 113 Sul tema, G. Pera, La responsabilità del datore di lavoro per omesso versamento dei contributi previdenziale e l’art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, in Riv. It. Dir. lav., 1962, I, 310; G. Galligani, Risarcimento del danno da omissioni contributive nell’attuale ordinamento italiano, in Lav. Prev. Oggi, 1992, 2113; R. Vianello, Omissione contributiva e tutela del prestatore di lavoro, in Quad. dir. lav. ind., 1992, II, 233. 112 prestazione pensionistica maturata in misura inferiore proprio per effetto delle carenze contributive pregresse. L’art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, comporta sia la facoltà, del datore di lavoro o del lavoratore, di ottenere la rendita presso l’Inps, che il diritto del lavoratore di esigere la costituzione della stessa mediante un’azione di condanna del medesimo datore a versare la riserva matematica, che ha la finalità economica di integrare la prestazione pensionistica maturata in misura inferiore proprio per effetto delle carenze contributive pregresse114. Giurisprudenza unanime ritiene che alla rendita vitalizia non possa accedere il lavoratore autonomo, responsabile dell’inadempimento, né che tale violazione possa comportare alcuna violazione del principio di eguaglianza in quanto “ sarebbe irragionevole, ossia contrastante con il principio di eguaglianza, parificare la situazione del lavoratore dipendente, che perde benefici previdenziali a causa delle omissioni contributive del datore di lavoro e perciò deve costituirsi la rendita o chiedere il risarcimento del danno, e la situazione del professionista 114 Cassazione civile sez. lav. 18 ottobre 2002 n. 14807, in Giust. civ. Mass. 2002, 1820: “in tema di requisiti contributivi ai fini della pensione di anzianità, il rimedio di cui all'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 vale a compensare il pregiudizio derivante dall'omissione contributiva non più emendabile (nella specie: a causa dell'intervenuta prescrizione), ma non realizza il recupero dell'anzianità contributiva, avendo solo la finalità economica di integrare la prestazione pensionistica maturata in misura inferiore proprio per effetto delle carenze contributive pregresse.” 113 che per un certo periodo della sua vita professionale omette di contribuire e più tardi vuole recuperare i benefici perduti”115. L’ambito di efficacia soggettiva dell’istituto giuridico è stato però esteso116, ai lavoratori familiari di impresa artigiana, ai collaboratori 115 Cassazione civile sez. lav. 16 agosto 2001 n. 11140, in Giust. civ. Mass. 2001, 1600, Foro it. 2001, I,3604, Giust. civ. 2003, I,2583 (nota di: Bagianti): “nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti, ai sensi dell'art. 3 comma 9 l. 8 agosto 1995 n. 335, che vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e che, in forza del successivo comma 10 dello stesso articolo, si applica anche per i contributi prescritti prima della entrata in vigore della suddetta legge. Da ciò consegue che deve escludersi un diritto soggettivo dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti. Quanto poi alla differenza di trattamento dei lavoratori autonomi rispetto a quelli subordinati, in relazione alla mancata previsione di meccanismi di riparazione della perdita contributiva previsti solo per i dipendenti (rendita vitalizia, risarcimento del danno), essa non vale a ledere il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 cost., non potendosi ragionevolmente parificare le diverse situazioni dei suddetti lavoratori” in quanto … “ sarebbe irragionevole, ossia contrastante con il principio di eguaglianza, parificare la situazione del lavoratore dipendente, che perde benefici previdenziali a causa delle omissioni contributive del datore di lavoro e perciò deve costituirsi la rendita o chiedere il risarcimento del danno, e la situazione del professionista che per un certo periodo della sua vita professionale omette di contribuire e più tardi vuole recuperare i benefici perduti”. 116 In questi termini, Corte costituzionale 19 gennaio 1995 n. 18, in Dir. lav. 1995, II, 327 che estende il riscatto dei contributi prescritti anche ai collaboratori dell’artigiano: “è infondata la questione di costituzionalità dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338 (disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti) in riferimento agli art. 3 e 38 cost., nella parte in cui, nel consentire la costituzione di rendite in luogo di contributi previdenziali di cui sia prescritto il versamento all'Inps, si riferirebbe esclusivamente ai lavoratori subordinati ai loro datori di lavoro ben potendo la norma essere interpretata nel senso per cui nel significato dell'espressione "datore di lavoro" sia incluso anche quello attinente ai rapporti degli artigiani e dei piccoli commercianti con i loro familiari coadiuvati o coadiutori.” Ciò sulla considerazione che la disposizione di cui al citato art. 13 “ha connotati di generalità ed astrattezza tali da renderla applicabile a tutte le forme 114 familiari dell’impresa agricola117, e più in generale a tutti gli assicurati che non versino direttamente i contributi “ma sottoposti a tal fine alle determinazioni di altri soggetti” 118. assicurative delle varie categorie di lavoratori che non hanno una posizione attiva nel determinismo contributivo” 117 Cassazione civile sez. lav. 19 agosto 2003 n. 12149, in Giust. civ. Mass. 2003, 7-8: “anche in riferimento ai collaboratori dell'impresa agricola l'ente previdenziale può essere condannato alla costituzione di una rendita vitalizia per i contributi omessi e prescritti, in applicazione della norma contenuta nell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, in quanto - in conformità all'interpretazione data alla norma stessa dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 18 del 1995, in riferimento ai collaboratori della impresa artigiana - la norma in questione appare dotata dei caratteri di generalità ed astrattezza tali da giustificarne l'applicazione, oltre che ai lavoratori dipendenti, anche ai lavoratori autonomi, qualora essi siano accomunati ai precedenti dal fatto di non essere abilitati direttamente al versamento dei contributi, essendo sottoposti al tal fine alla determinazione di altri soggetti, i datori di lavoro da un canto, i titolari delle aziende agricole dall'altro. (Nel caso di specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto applicabile l'art. 13 in favore del collaboratore familiare dell'impresa agricola, che non fu inserito negli elenchi nominativi dei coltivatori diretti per determinazione del titolare dell'azienda che non provvedette a denunciarlo a quindi neppure a versare i prescritti contributi).” 118 Cassazione civile sez. lav.18 agosto 2004 n. 16147, in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8: “ a seguito della sentenza n. 18 del 1995 della Corte cost., l'unica interpretazione conforme a Costituzione dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 (versamento della riserva matematica per la costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni contributive non più sanabili per intervenuta prescrizione) è quella che ne estende l'applicazione a favore dei lavoratori autonomi, posto che con tale interpretazione, alla quale va escluso il carattere innovativo, il giudice delle leggi, pur non operando una indiscriminata estensione ai detti lavoratori della disciplina dei lavoratori dipendenti, ha individuato nel citato art. 13 quei connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne l'applicazione a tutte le categorie di lavoratori non abilitati al versamento diretto dei contributi, ma sottoposti a tal fine alle determinazioni di altri soggetti; pertanto, deve ritenersi che anche i familiari coadiuvanti dell'impresa diretto - coltivatrice siano abilitati al versamento della riserva ex art. 13 cit., non ostandovi l'esistenza di particolari meccanismi di accreditamento dei contributi previdenziali previsti per i coltivatori diretti; in tali ipotesi, ove risulti, come nella specie, provata documentalmente la esistenza di un rapporto di lavoro e, attraverso 115 deposizioni testimoniali anche la durata dello stesso (e non sia possibile determinare la retribuzione per le peculiarità del rapporto di cui all'art. 2140 c.c. nel testo anteriore alla riforma del diritto di famiglia attuata con la legge n. 151 del 1975, per l'assenza di un vero e proprio corrispettivo in danaro e l'effettuazione della remunerazione attraverso il mantenimento e la partecipazione al godimento del patrimonio familiare), la prova della retribuzione ex art. 13, comma 5, della legge n. 1338 del 1962 non poteva ritenersi presupposto per la costituzione della rendita, essendo solo per effetto della legge n. 233 del 1990 stato introdotto un sistema organico di riscatto dei periodi totalmente o parzialmente scoperti di contribuzione, secondo quanto previsto dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, mentre, per il periodo precedente, non sussiste, alcun impedimento a determinare la riserva matematica, procedendosi all'applicazione di una contribuzione figurativa determinata in base alle giornate di lavoro, alla stregua delle disposizioni dell'art. 3 della legge n. 1047 del 1957, secondo le modalità stabilite dal r.d. n. 2138 del 1938 e dal r.d. n. 1949 del 1940 e successive modificazioni.” Cassazione civile sez. lav. 13 aprile 2002 n. 5330, in Giust. civ. Mass. 2002, 639: “in tema di diritto alla rendita vitalizia ex art. 13 legge n. 1338 del 1962, l'unica interpretazione conforme a Costituzione della predetta disposizione, che prevede il versamento della riserva matematica per la costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni contributive non più sanabili per intervenuta prescrizione, è quella, fornita dalla Corte cost. con la sentenza n. 18 del 1995, che la estende ai familiari coadiuvanti di imprese artigiane, non essendo possibile addivenire ad una interpretazione della norma difforme da quella indicata senza suscitare un dubbio di costituzionalità non manifestamente infondato (con conseguente obbligo di rinvio alla Corte cost.). Con detta interpretazione, peraltro, non si è operata una indiscriminata estensione ai lavoratori autonomi della disciplina dei lavoratori dipendenti, ma si sono individuati nel citato art. 13 della legge n. 1338 del 1962, quei connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne l'applicazione a tutte le categorie di lavoratori che non sono abilitati al versamento diretto dei contributi, ma sono sottoposti, a tale riguardo, alle determinazioni di altri soggetti (datori di lavoro ovvero titolari di azienda artigiana).” Cassazione civile sez. lav.15 giugno 2001 n. 8089, in Giust. civ. Mass. 2001, 1194: “a seguito della sentenza n. 18 del 1995 Corte cost. - la quale ha affermato che l'unica interpretazione conforme a Costituzione dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 (versamento della riserva matematica per la costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni contributive non più sanabili per intervenuta prescrizione) è quella che ne estende l'applicazione ai familiari coadiuvanti di imprese artigiane - non è possibile addivenire ad una interpretazione della norma difforme da quella indicata dalla Corte nella suddetta decisione e recentemente ribadita nell'ordinanza n. 21 del 2001. Del resto, con detta interpretazione non si è operata una indiscriminata 116 Un altro fondamentale intervento della Corte Costituzionale ha poi consentito di mitigare il rigore dell’art. 13 in ordine ai requisiti costitutivi del diritto (la cui ratio era nell’ esigenza di evitare che, a notevole distanza di tempo, si vantassero posizioni assicurative fittizie, provando con testimoni fatti molto remoti) perché la necessità della prova scritta è stata limitata alla sola esistenza del rapporto di lavoro, potendosi invece provare con altri mezzi, anche orali, la durata dello stesso e l’ammontare della retribuzione 119 . La necessità della prova scritta della esistenza del rapporto per accedere alla costituzione della rendita vitalizia è stata comunque ribadita dalla giurisprudenza della Cassazione 120, che ha anche precisato come il ricorso a mezzi di estensione ai lavoratori autonomi della disciplina dei lavoratori dipendenti, ma si sono individuati nel citato art. 13 della legge n. 1338 del 1962 connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne l'applicazione a tutte le categorie di lavoratori che, non essendo abilitati al versamento diretto dei contributi, sono sottoposti a tale riguardo alle determinazioni di altri soggetti (datori di lavoro ovvero titolari di imprese artigiane).” 119 Corte costituzionale 22 dicembre 1989 n. 568, in Giust. civ. 1990, I,605., Mass. giur. lav. 1989, 593., Riv. it. dir. lav. 1990, II,303: “é costituzionalmente illegittimo - per contrasto con gli art. 3, 24, 38 cost. l'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, recante disposizioni per il miglioramento di pensioni dell'assicurazione per l'invalidità, vecchiaia e superstiti, nella parte in cui, salva la necessità della prova scritta sull'esistenza del rapporto di lavoro da fornirsi dal lavoratore, non consente di provare altrimenti la durata del rapporto stesso e l'ammontare della retribuzione.” 120 Cassazione civile sez. un. 18 gennaio 2005 n. 840, in Diritto & Giustizia 2005: “l'omissione contributiva del datore di lavoro si combatte con carte alla mano. Il dipendente che intende provare l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, per ottenere una rendita vitalizia corrispondente alla quota di pensione perduta a causa del mancato versamento dei contributi, dovrà fornire la prova scritta di tale rapporto anche per il periodo in cui la sua posizione non era regolare. 117 Nel caso di omesso versamento dei contributi previdenziali, il lavoratore può sia chiedere al datore del lavoro il risarcimento del danno, sia versare direttamente all'Inps l'importo necessario alla costituzione della rendita, e ripetere poi la somma corrispondente dal datore di lavoro. Il lavoratore, per ottenere dall'Inps la costituzione della rendita nel caso di omesso versamento dei contributi previdenziali da parte del datore di lavoro, deve provare per iscritto la esistenza di un rapporto di lavoro subordinato; ne consegue che è insufficiente, ai fini suddetti, la prova scritta di un rapporto di altra natura, così come la prova scritta dello svolgimento di lavoro subordinato in epoca successiva a quella per cui si lamenta l'omissione contributiva.” Cassazione civile sez. lav. 11 luglio 2005 n. 14504, in Foro it. 2005, I,2310: “ai fini della costituzione di una rendita vitalizia che, ai sensi dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, tenga luogo della pensione (o della quota di essa) corrispondente ai contributi il cui versamento, omesso dal datore di lavoro, non sia più possibile per intervenuta prescrizione, i mezzi di prova orali ammissibili, sulla durata del rapporto e l'ammontare della retribuzione, non possono eludere la necessità della prova scritta sull'esistenza del rapporto di lavoro (nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ravvisato la sussistenza della prova scritta nelle buste paga relative a periodo incontroverso e successivo a quello di omissione contributiva, desumendo da prova orale una decorrenza del rapporto pregressa rispetto a quella documentata).” Cassazione civile sez. lav. 05 novembre 2003 n. 16637, in Giust. civ. Mass. 2003, 11: “nella causa promossa dal lavoratore nei confronti dell'ex datore di lavoro e dell'Inps per la costituzione di rendita vitalizia ai sensi dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, a seguito della prescrizione dei contributi previdenziali non versati, l'onere probatorio relativo all'esistenza del rapporto di lavoro subordinato (a differenza di quello riguardante la durata e l'ammontare della retribuzione, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989) può essere soddisfatto solo mediante documenti. (Nella specie il giudice d'appello avendo accertato la sussistenza di una duplicità di rapporti in capo al ricorrente, il primo quale collaboratore del padre e il secondo quale titolare dell'impresa agricola, aveva escluso la prova testimoniale volta a dimostrare che nella titolarità dell'azienda vi era stata una mera modifica soggettiva con successione dal padre al fratello del ricorrente. La S.C, nel confermare la sentenza di merito, ha rilevato che la prova testimoniale avrebbe inammissibilmente investito il contenuto e la diversa natura del rapporto diversamente emergenti dal dato documentale).” Cassazione civile sez. lav. 02 marzo 2001 n. 3085, in Giust. civ. Mass. 2001, 389: “ai sensi dell'art. 13, commi 4 e 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338 (nel testo risultante a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989), ai fini della costituzione della rendita prevista dallo stesso articolo in ipotesi di 118 prova diversi da quella scritta non può essere volto all’accertamento che il rapporto di lavoro si sia costituito prima di quanto risulti dalla documentazione allegata121, anche se questo non implica che il documento debba essere stato necessariamente formato nel corso del rapporto di lavoro o al termine di esso122. La facoltà concessa al omesso versamento dei contributi assicurativi e di avvenuta prescrizione dei medesimi, sussiste la necessità della prova scritta in ordine all'esistenza del rapporto di lavoro subordinato nel periodo di omissione contributiva, essendo consentito provare con altri mezzi, anche orali, soltanto la durata del detto rapporto e l'ammontare della retribuzione.” 121 Cassazione civile sez. lav. 19 maggio 2005 n. 10577, in Giust. civ. Mass. 2005, 5: “in caso di omesso versamento dei contributi assicurativi da parte del datore di lavoro e di avvenuta prescrizione dei medesimi, la necessità della prova scritta ai fini della costituzione della rendita vitalizia (prevista dall'art. 13, commi 4 e 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338), è relativa solo all'esistenza del rapporto di lavoro, mentre l'estensione temporale di esso e l'importo delle retribuzioni possono essere provati con altri mezzi istruttori, anche orali. è tuttavia escluso il ricorso ad altri mezzi di prova per accertare che il rapporto di lavoro si sia costituito prima di quanto risulta dai versamenti effettuati, quando dal documento emerga con certezza la data della costituzione del rapporto di lavoro.” 122 Cassazione civile sez. lav. 27 agosto 2003 n. 12552, in Giust. civ. Mass. 2003, 7-8: “ai fini della costituzione della rendita prevista dall'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338 nel testo risultante a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989, la necessità della prova scritta di data certa (comprovabile a norma dell'art. 2704, comma 3, c.c.) relativa all'esistenza del rapporto di lavoro subordinato non implica che il documento debba esser stato formato nel corso del rapporto di lavoro o al termine di esso, giacché la finalità della data certa non è quella di dare certezza temporale ai fatti oggetto della dichiarazione, ma di rendere riferibile con sicurezza la dichiarazione a chi ne risulta autore e di fissare il momento temporale della stessa. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva respinto la richiesta di prova testimoniale articolata dal lavoratore per dimostrare la data di rilascio di una dichiarazione del datore di lavoro).” Cassazione civile sez. lav. 04 novembre 1997 n. 10824, in Giust. civ. Mass. 1997, 2075: “nella causa promossa dal lavoratore nei confronti dell'ex datore di lavoro e dell'Inps per la costituzione di rendita vitalizia ai sensi 119 lavoratore di sostituirsi al datore di lavoro nella costituzione della rendita vitalizia, salva la possibilità di recuperare nei suoi confronti la somma equivalente alla riserva matematica versata, è subordinata agli stessi requisiti, a cui è però da aggiungere la rigorosa prova della dell'art. 13 della l. n. 1338 del 1962, a seguito della prescrizione dei contributi previdenziali non versati, anche il datore di lavoro ha legittimazione ed interesse a far valere la mancanza della necessaria prova scritta del rapporto di lavoro, stante la possibile diversità dell'onere economico su lui gravante a seguito di costituzione della rendita rispetto a quello di una diversa forma di risarcimento. (Sulla base del riportato principio la S.C. ha confermato la sentenza con cui il giudice d'appello, pur ribadendo l'accertamento della natura subordinata del rapporto inter partes, aveva rigettato, a seguito di appello del solo datore di lavoro, la domanda di costituzione della rendita vitalizia per difetto di prova documentale del rapporto di lavoro).” Cassazione civile sez. lav. 28 marzo 2003 n. 4779 in Giust. civ. Mass. 2003, 654: “ai sensi dell'art. 13, commi 4 e 5, legge n. 1338 del 1962 (nel testo risultante a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989), ai fini della costituzione della rendita prevista dallo stesso articolo, in ipotesi di omesso versamento dei contributi assicurativi e di avvenuta prescrizione dei medesimi, l'esistenza del rapporto di lavoro nel periodo di omissione contributiva deve essere dimostrata mediante prova scritta, avente data certa ex art. 2704, c.c., essendo invece consentito provare anche con altri mezzi, la durata del detto rapporto e l'ammontare della retribuzione. L'esistenza del rapporto di lavoro può inoltre essere provata anche con atto pubblico proveniente dall'autorità amministrativa o da pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede, che attesti detto elemento in quanto a sua diretta conoscenza o perché risultante da atti di ufficio, ma non può essere provata mediante una certificazione rilasciata dal sindaco, attestante che il richiedente ha svolto una attività di lavoro subordinato alle dipendenze di un datore di lavoro privato, dato che nessuna norma attribuisce al sindaco il potere di certificazione in ordine all'esistenza di rapporti di lavoro nell'ambito del territorio comunale. (Nella specie, la certificazione rilasciata dal sindaco conteneva una mera rappresentazione di fatti e circostanze accertati a distanza di tempo mediante assunzione di sommarie informazioni).” 120 impossibilità di ottenere la rendita da parte del datore di lavoro123. È infatti inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore 123 Cassazione civile sez. lav. 21 luglio 2005 n. 15304, in Giust. civ. Mass. 2005, 6: “il lavoratore, quando non possa ottenere dal datore di lavoro la costituzione della rendita a norma dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, può egli stesso sostituirsi al datore di lavoro, salvo il diritto al risarcimento del danno, a condizione che fornisca all'Inps le prove del rapporto di lavoro e della retribuzione percepita; ne consegue che è inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, e diretta ad ottenere la costituzione di una rendita vitalizia, ove il lavoratore non abbia dato la prova della impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro. È manifestamente infondata la q.l.c. della norma, in quanto essa non crea un trattamento deteriore per il lavoratore ma al contrario costituisce una norma di favore, i cui limiti trovano la loro giustificazione nella funzione sostitutoria della facoltà di attivarsi direttamente presso l'Inps, e nel necessario contemperamento tra l'interesse del lavoratore a non rimanere privo di tutela previdenziale e l'esigenza di contrastare il rischio di posizioni lavorative fittizie. È inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, al fine di ottenere la costituzione di una rendita vitalizia ai sensi dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, ove il lavoratore non abbia dato la prova dell'impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro. È manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, interpretato nel senso che la preventiva richiesta al datore di lavoro di costituzione della rendita vitalizia configuri una condizione di ammissibilità della domanda proposta direttamente dal lavoratore nei confronti dell'Inps, in riferimento agli art. 3, 24 e 38, comma 2, cost.” In ordine al contenuto della prova: Cassazione civile sez. lav. 25 maggio 2004 n. 10057, in Giust. civ. Mass. 2004, 5: “ a norma del comma 5 dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, è inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, e diretta ad ottenere la costituzione di una rendita vitalizia (pari alla pensione o alla quota di pensione adeguata ai contributi assicurativi omessi e non più versabili per intervenuta prescrizione), ove il lavoratore non abbia dato la prova della impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro.” Cassazione civile sez. lav. 15 maggio 2004 n. 9305, in Giust. civ. Mass. 2004, 5: “Ai sensi dell'art. 13, comma 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338, perché il lavoratore, sia esso lavoratore dipendente o coadiuvante nell'impresa agricola, sia legittimato a proporre la domanda nei confronti dell'Inps per costituirsi la rendita sostitutiva prevista per il caso di mancata ottemperanza 121 nei confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, al fine di ottenere la costituzione di una rendita vitalizia ai sensi dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, ove il lavoratore non abbia dato la prova dell'impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro 124. Nella giurisprudenza recente in materia orientamenti contrastanti si registrano sulla prescrittibilità del diritto alla costituzione della rendita vitalizia. Un primo orientamento inquadra l’istituto in esame come una facoltà riconducibile alla categoria dei diritti potestativi, in quanto tale imprescrittibile125. Altra giurisprudenza ritiene invece che il diritto all'obbligo contributivo deve dimostrare l'impossibilità di ottenere la costituzione della rendita da parte del datore di lavoro. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il giudice di merito avesse fatto corretta applicazione di tale principio, negando il diritto del ricorrente ad ottenere la costituzione della rendita da parte dell'Inps, non avendo egli documentato neppure di aver richiesto la costituzione della rendita al datore di lavoro, ed essendosi limitato ad addurre la difficoltà di ottenere la costituzione della rendita, facendo parte il datore di lavoro del suo stesso nucleo familiare).” Requisito che non è stato riconosciuto nell’avvenuto decesso del datore di lavoro e nel lungo tempo trascorso Cassazione civile sez. lav. 20 dicembre 2004 n. 23584, in Giust. civ. Mass. 2004, 12: “Il lavoratore che, sostituendosi al datore di lavoro, intenda egli stesso provvedere al versamento della riserva matematica per la costituzione della rendita vitalizia (per periodi non coperti da contribuzione ormai prescritta) e che, pertanto, agisca direttamente nei confronti dell'Inps, deve allegare e comprovare che non ha potuto far valere questa pretesa nei confronti del datore di lavoro. (Nella specie la impossibilità di ottenere la costituzione della rendita da parte del datore di lavoro erroneamente era stata individuata dai giudici di merito nell'avvenuto decesso del datore stesso e nel lungo periodo di tempo trascorso, circostanze, entrambe, che non integravano il requisito in esame).” 124 125 Cassazione civile sez. lav. 19 maggio 2003 n. 7853 in Giust. civ. Mass. 2003, 5: “nell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, la facoltà di costituire una rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. 122 alla costituzione della rendita sia un rimedio reintegrativo e risarcitorio rispetto al diritto indisponibile all’adempimento degli obblighi assicurativi, e quindi resta soggetto alla prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c. c., che decorre dalla data di prescrizione del credito contributivo dell’ente126. 12 agosto 1962 n. 1338, non è soggetta a prescrizione decorrente dal momento in cui, a seguito della prescrizione dei contributi non versati, la facoltà avrebbe potuto essere esercitata; deve altresì escludersi che la prescrizione cominci a decorrere dal momento in cui, in caso di regolare versamento dei contributi, sarebbe maturato il diritto alla pensione, oppure dal momento in cui, in base ai contributi già versati, il soggetto abbia conseguito la pensione, atteso che il citato art. 13 è chiaro nel non attribuire a tali eventi incidenza preclusiva della facoltà di costituire, con effetti "ex novo", la rendita vitalizia.” 126 Cassazione civile sez. lav. 13 marzo 2003 n. 3756, in Giust. civ. Mass. 2003, 520: “il diritto del lavoratore di vedersi costituire, a spese del datore di lavoro, la rendita vitalizia di cui all'art. 13, comma 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338, per effetto del mancato versamento da parte di quest'ultimo dei contributi previdenziali, è soggetto al termine ordinario di prescrizione, che decorre dalla data di prescrizione del credito contributivo dell'Inps, senza che rilevi la conoscenza o meno, da parte del lavoratore, della omissione contributiva.” Cassazione civile sez. lav. 29 dicembre 1999 n. 14680, in Giust. civ. Mass. 1999, 2642: “in caso di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro per contributi previdenziali e di successiva costituzione di rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 con versamento della relativa riserva matematica all'Inps da parte del lavoratore interessato, compete a quest'ultimo - nel termine prescrizionale decorrente dalla perdita (totale o parziale) del trattamento previdenziale - l'ordinaria azione risarcitoria prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c., anche nel caso in cui non sia più esercitabile l'azione per la restituzione di quanto versato per la costituzione della rendita vitalizia, mancando il necessario presupposto della perdurante azionabilità (sotto il profilo della prescrizione) della pretesa del lavoratore nei confronti del datore di lavoro di vedersi costituire, a spese di quest'ultimo, la suddetta rendita vitalizia, il cui termine prescrizionale decorre già a partire dalla data di prescrizione del credito contributivo dell'Inps. Nè alla qualificazione quale risarcitoria dell'azione proposta dal lavoratore contro il datore di lavoro, e quindi alla decorrenza della prescrizione solo dalla perdita del trattamento previdenziale, osta la 123 b) IL RISARCIMENTO PER EQUIVALENTE DEL DANNO PENSIONISTICO. In tema di omissione contributiva, le due azioni previste rispettivamente dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 (per la costituzione presso l'INPS di una rendita vitalizia mediante circostanza che ai fini della quantificazione del danno si faccia riferimento alla riserva matematica "ex" art. 13 cit. In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, dopo l'estinzione per prescrizione del credito dell'Inps, il lavoratore può chiedere al datore di lavoro, alternativamente, il risarcimento dei danni ex art. 2116 c.c. o la restituzione della somma versata all'Inps a titolo di riserva matematica per la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338. In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione risarcitoria ex art. 2116 c.c. si prescrive in dieci anni a partire dalla perdita totale o parziale del trattamento previdenziale e per la quantificazione del danno è possibile fare riferimento alla riserva matematica ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338. In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione restitutoria ex l. 12 agosto 1962 n. 1338 si prescrive in dieci anni dalla data di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro. Cassazione civile sez. lav. 02 novembre 1998 n. 10945, in Giust. civ. Mass. 1998, 2239: “nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del lavoratore ad agire per il risarcimento del danno (ex art. 2116 c.c.) ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno. L'esercizio della facoltà del lavoratore dipendente di ricostruire mediante rendita vitalizia ex art. 13, comma 5, l. n. 1338 del 1962 la propria posizione assicurativa presso l'Inps in sostituzione del datore di lavoro è soggetto anch'esso a prescrizione con decorrenza dal giorno in cui il diritto poteva essere fatto valere e tale prescrizione può essere eccepita anche dal datore di lavoro, ancorché egli non sia il soggetto passivo del diritto suddetto. In caso di omissione contributiva, il lavoratore può chiedere, la condanna al risarcimento del danno per la cui quantificazione può farsi riferimento al criterio previsto dall'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, che quantifica il risarcimento in forma specifica, mediante costituzione di una rendita sostitutiva della perdita del trattamento per effetto all'omissione suddetta.” 124 versamento della riserva matematica) e dall'art. 2116, comma 2, c.c. (per il risarcimento del danno a carico del datore di lavoro) sono non già connesse e indipendenti bensì del tutto autonome, anche se si fondano sul presupposto comune dell'omissione contributiva del datore di lavoro, e sono quindi separatamente esperibili dal lavoratore in due distinti giudizi nei confronti dei rispettivi legittimati 127. Evidenti le diversità tra i due rimedi, sia riguardo ai presupposti che all’oggetto, perché l’azione di costituzione della rendita vitalizia è volta ad ottenere il versamento della riserva all’Inps, e deve quindi essere svolta in contraddittorio necessario con l’ente previdenziale128, 127 Cassazione civile sez. lav. 13 giugno 1990 n. 5742, in Giust. civ. Mass. 1990, fasc. 6: “in tema di omissione contributiva, le due azioni previste rispettivamente dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 (per la costituzione presso l'INPS di una rendita vitalizia mediante versamento della riserva matematica) e dall'art. 2116, comma 2, c.c. (per il risarcimento del danno a carico del datore di lavoro) sono non già connesse e indipendenti bensì del tutto autonome, anche se si fondano sul presupposto comune dell'omissione contributiva del datore di lavoro, e sono quindi separatamente esperibili dal lavoratore in due distinti giudizi nei confronti dei rispettivi legittimati.” 128 Cassazione civile sez. lav. 23 gennaio 1989 n. 379, in Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989, 656: “il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo al regolare versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla conformità alle prescrizioni di legge della propria posizione assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia pregiudicato; consegue che, in caso di mancato o insufficiente versamento dei contributi (situazione che si verifica anche quando l'obbligo contributivo venga assolto su importi retributivi inferiori a quelli effettivamente corrisposti), lo stesso lavoratore può agire in giudizio, anche prima che si sia concluso il rapporto giuridico previdenziale, per ottenere la condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione assicurativa mediante il versamento all'ente previdenziale dei contributi omessi e non prescritti, e può avvalersi, per i contributi prescritti, del rimedio previsto dall'art. 13 della l. 12 agosto 1962 n. 1338, che gli consente di ottenere, in contraddittorio necessario con il 125 mentre l’azione risarcitoria di cui all’art. 2116 Cod. Civ. postula sia l’inadempienza contributiva che la perdita della prestazione assicurativa, e non prevede la partecipazione al giudizio dell’ente129. suddetto ente, la condanna del datore di lavoro alla costituzione di una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o alla quota di pensione corrispondente ai contributi omessi.” 129 Cassazione civile sez. lav. 22 novembre 1999 n. 12946, in Giust. civ. Mass. 1999, 2325: “ove il lavoratore, che lamenti il mancato versamento dei contributi previdenziali, agisca nei confronti del datore di lavoro chiedendone la condanna al pagamento di un importo pari alla riserva matematica necessaria per la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 della l. n. 1338 del 1962, l'azione esercitata è pur sempre quella di risarcimento del danno di cui all'art. 2126 c.c. e quindi non occorre l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'Inps, che è invece necessaria ove l'azione esercitata sia quella prevista dal richiamato art. 13, ossia la costituzione preso l'Inps di una rendita vitalizia mediante versamento della corrispondente riserva matematica.” Cassazione civile sez. lav. 01 ottobre 1985 n. 4733, in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 10: “sussiste il vizio di extrapetizione, ove, proposta dal ricorrente la domanda di risarcimento del danno ex art. 2116, comma 2, c.c. per l'omesso versamento di contributi ormai prescritti, il giudice condanni il datore di lavoro al versamento all'INPS di una somma capitale per la costituzione di rendita vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, anche se dal ricorrente venga fatto richiamo al disposto di tale norma al fine di indicare un criterio per la quantificazione del danno di cui pretende il risarcimento. Il lavoratore - il quale agisca in giudizio chiedendo l'accertamento dell'omissione del versamento da parte del datore di lavoro dei contributi previdenziali e assicurativi, ormai prescritti, e la conseguente condanna di quest'ultimo al risarcimento del danno - non ha interesse all'impugnazione, in via adesiva a quella proposta dell'INPS per extra-petizione, della sentenza con cui il datore di lavoro sia stato condannato alla costituzione presso l'INPS della riserva matematica ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, giacché in tal modo viene integralmente ricostituita la posizione assicurativa del lavoratore ed emendato il danno patito, senza che possa rilevare l'eventuale insufficienza del versamento, comportando ciò la mancanza del presupposto della perdita totale o parziale della prestazione previdenziale spettante all'assicurato (o ai suoi superstiti), indispensabile a far sorgere l'obbligo risarcitorio di cui all'art. 2116, comma 2, c.c..” 126 Diversamente dall’azione per la costituzione della rendita vitalizia, sottoposta al rigoroso onere della prova documentale della esistenza del rapporto di lavoro, per l’azione di risarcimento del danno - che può essere radicata anche nel caso in cui il lavoratore abbia personalmente provveduto al versamento della riserva matematica, ma non sia più esercitabile l’azione restitutoria per intervenuta prescrizione della relativa azione130- non sono previste restrizioni Cassazione civile sez. lav. 10 giugno 1992 n. 7104, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 6, Informazione previd. 1992, 1304: “in relazione al disposto di cui all'art. 55 del r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, la interruzione della prescrizione dei contributi di assicurazione obbligatoria (il cui decorso preclude la possibilità di effettuare versamenti a regolarizzazione dei contributi arretrati) si verifica solo per effetto degli atti, indicati dall'art. 2943 c.c., posti in essere dall'INPS (titolare del relativo diritto di credito), e non quando anche uno di tali atti sia posto in essere dal lavoratore, come nell'ipotesi di azione giudiziaria da questi proposta nei confronti del datore di lavoro. Cassazione civile sez. lav. 11 maggio 2000 n. 6063, in Giust. civ. Mass. 2000: “legittimamente il giudice di merito - investito della domanda di condanna del datore di lavoro a costituire presso l'Inps, a mezzo di versamento dell'importo da determinarsi in corso di causa, la riserva matematica necessaria a garantire al lavoratore dipendente, all'atto del pensionamento, una pensione uguale a quella che avrebbe percepito se fossero stati versati i contributi obbligatori, ed esclusa l'attualità dell'interesse in ordine alla domanda di costituzione di una rendita vitalizia, perché non ancora maturato il diritto alla prestazione previdenziale richiesta - emette, anche senza l'espressa richiesta della parte o l'eventuale acquiescenza della controparte, la declaratoria del diritto dell'assicurato a veder risarcito il danno subito in conseguenza del mancato accreditamento dei contributi obbligatori”. 130 Cassazione civile sez. lav. 29 dicembre 1999 n. 14680, in Giust. civ. Mass. 1999, 2642, Mass. giur. lav. 2000, 400 (nota di: Ciocca), Orient. giur. lav. 2000, I, 262: “in caso di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro per contributi previdenziali e di successiva costituzione di rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 con versamento della relativa riserva matematica all'Inps da parte del lavoratore interessato, 127 probatorie, neanche quando il lavoratore, ai soli fini della quantificazione del danno, faccia riferimento al criterio previsto dal citato art. 13 per il risarcimento in forma specifica131. La compete a quest'ultimo - nel termine prescrizionale decorrente dalla perdita (totale o parziale) del trattamento previdenziale - l'ordinaria azione risarcitoria prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c., anche nel caso in cui non sia più esercitabile l'azione per la restituzione di quanto versato per la costituzione della rendita vitalizia, mancando il necessario presupposto della perdurante azionabilità (sotto il profilo della prescrizione) della pretesa del lavoratore nei confronti del datore di lavoro di vedersi costituire, a spese di quest'ultimo, la suddetta rendita vitalizia, il cui termine prescrizionale decorre già a partire dalla data di prescrizione del credito contributivo dell'Inps. Nè alla qualificazione quale risarcitoria dell'azione proposta dal lavoratore contro il datore di lavoro, e quindi alla decorrenza della prescrizione solo dalla perdita del trattamento previdenziale, osta la circostanza che ai fini della quantificazione del danno si faccia riferimento alla riserva matematica "ex" art. 13 cit. In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, dopo l'estinzione per prescrizione del credito dell'Inps, il lavoratore può chiedere al datore di lavoro, alternativamente, il risarcimento dei danni ex art. 2116 c.c. o la restituzione della somma versata all'Inps a titolo di riserva matematica per la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338. In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione risarcitoria ex art. 2116 c.c. si prescrive in dieci anni a partire dalla perdita totale o parziale del trattamento previdenziale e per la quantificazione del danno è possibile fare riferimento alla riserva matematica ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338. In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione restitutoria ex l. 12 agosto 1962 n. 1338 si prescrive in dieci anni dalla data di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro.” 131 Cassazione civile sez. lav. 07 giugno 2003 n. 9168, in Giust. civ. Mass. 2003, 6: “in caso di omissione contributiva, qualora il lavoratore chieda la condanna al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2116 e, ai soli fini della quantificazione, faccia riferimento al criterio previsto dall'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, che quantifica il risarcimento in forma specifica, mediante costituzione di una rendita sostitutiva della perdita del trattamento per effetto all'omissione suddetta, è irrilevante l'indagine in ordine alla sussistenza delle particolari condizioni richieste da quest'ultima disposizione.” 128 responsabilità del datore di lavoro 132 , ha natura contrattuale, perché deriva dalla violazione di una specifica obbligazione imposta dalla legge, e dà così luogo - anche ai fini della competenza territoriale - ad una controversia di lavoro, e non previdenziale133, per la quale l’interesse ad agire sussiste al momento della prescrizione dei contributi, indipendentemente dal verificarsi degli eventi che condizionano l’erogazione della prestazione previdenziale, potendo il lavoratore avvalersi della domanda di condanna generica volta ad 132 Cassazione civile sez. lav. 29 maggio 1991 n. 6092, in Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 5, Informazione previd. 1991, 1087: “ai fini del risarcimento del danno da omissione contributiva ex art. 2116 c.c. l'inerzia dell'assicurato che non abbia provveduto per lungo tempo a chiedere all'istituto previdenziale il controllo sulla propria posizione assicurativa non può essere valutata come fatto colposo del creditore, tale da determinare la diminuzione del risarcimento stesso ai sensi dell'art. 1227 comma 2 c.c., in quanto non sussiste in proposito alcun dovere di attività del lavoratore subordinato, e il principio posto da detta norma non richiede da parte del creditore o danneggiato un'attività più onerosa di quel che comporta l'uso di una ordinaria diligenza.” 133 Cassazione civile sez. lav. 28 novembre 1994 n. 10121, in Giust. civ. Mass. 1994, fasc. 11: “la responsabilità dell'imprenditore, ai sensi dell'art. 2116 c.c., per il danno cagionato al lavoratore rimasto privo della prestazione a causa della mancata o irregolare contribuzione, è fondata sull'inadempienza di un'obbligazione imposta ex legge al datore di lavoro, e pertanto la relativa azione ha natura contrattuale e dà luogo ad una controversia di lavoro, e non già previdenziale, con la conseguenza che, ai fini della determinazione della competenza territoriale, sono applicabili i parametri previsti dall'art. 413 c.p.c. e non quelli di cui all'art. 444 dello stesso codice. Le dichiarazioni rese dalle parti in sede di interrogatorio non formale, pur prive di valore confessorio, possono costituire il fondamento del convincimento del giudice, specialmente nelle controversie di lavoro, nelle quali il suddetto interrogatorio è previsto e regolato come un atto istruttorio obbligatorio per il giudice di primo grado.” 129 accertare la potenzialità dell’omissione contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire l’azione risarcitoria al momento del prodursi dell’evento dannoso134. Ai sensi dell’art. 2115, comma 134 Cassazione civile sez. lav.26 maggio 1995, in Giust. civ. Mass. 1995, 1078: “Nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al risarcimento del danno, fondandosi sul duplice presupposto dell'inadempimento contributivo da parte del datore di lavoro e della perdita della pensione, sorge nel momento in cui sarebbe maturato il diritto del lavoratore alla prestazione previdenziale, tanto che da tale momento decorre la prescrizione, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela della sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116, secondo comma, cod. civ., o quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 della legge 12 agosto 1962 n. 1338.” Principio costante: Cassazione civile sez. lav. 13 febbraio 1982 n. 924, in Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 2: “al fine di elidere il pericolo del danno futuro della perdita totale o parziale della pensione, è concessa al lavoratore azione giudiziaria per la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi assicurativi non versati e non prescritti, mentre, per quelli omessi e prescritti, al lavoratore medesimo spetta, ai sensi dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 e prima che si sia concluso il complesso rapporto giuridico previdenziale, soltanto l'azione (estranea alla fattispecie risarcitoria ex art. 2116 c.c.) per la costituzione coattiva di una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o quota di pensione obbligatoria che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi omessi. Cassazione civile sez. lav. 02 novembre 1998 n. 10945, in Giust. civ. Mass. 1998, 2239: “nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del lavoratore ad agire per il risarcimento del danno (ex art. 2116 c.c.) ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno. L'esercizio della facoltà del lavoratore dipendente di ricostruire mediante rendita vitalizia ex art. 13, comma 5, l. n. 1338 del 1962 la propria posizione assicurativa presso l'Inps in sostituzione del datore di lavoro è soggetto anch'esso a prescrizione con decorrenza dal 130 terzo, Cod. Civ., i patti diretti ad eludere gli obblighi previdenziali sono nulli, ma secondo un consolidato orientamento la nullità in esame non si estende alle transazioni sul danno subito dal lavoratore giorno in cui il diritto poteva essere fatto valere e tale prescrizione può essere eccepita anche dal datore di lavoro, ancorché egli non sia il soggetto passivo del diritto suddetto. In caso di omissione contributiva, il lavoratore può chiedere, la condanna al risarcimento del danno per la cui quantificazione può farsi riferimento al criterio previsto dall'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, che quantifica il risarcimento in forma specifica, mediante costituzione di una rendita sostitutiva della perdita del trattamento per effetto all'omissione suddetta.” Cassazione civile sez. lav. 20 marzo 2001 n. 3963, in Giust. civ. Mass. 2001, 528: “nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del lavoratore ad agire per il risarcimento del danno ("ex" art. 2116 c.c.) ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi della domanda di condanna generica; il relativo diritto è acquisito dal lavoratore a seguito ed in conseguenza dell'inadempimento del datore di lavoro ed è suscettibile di formare oggetto di accordo transattivo alla stregua degli altri diritti maturati a favore del lavoratore in relazione all'avvenuto svolgimento del rapporto di lavoro.” Cassazione civile sez. lav. 03 dicembre 2004 n. 22751, in Giust. civ. Mass. 2005, 1: “nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al risarcimento del danno non può sorgere prima del verificarsi di un pregiudizio, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela della sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2, c.c., o quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338.” Cassazione civile sez. lav. 25 febbraio 2005, n. 4004, in Dir. sicurezza sociale 2005, 626 (nota di: Mastinu): “in caso di omissione contributiva, il lavoratore ha autonoma azione per ottenere la condanna del datore di lavoro al versamento dei contributi previdenziali non ancora prescritti.” 131 per l’irregolare versamento dei contributi stessi 135 , che tuttavia sono radicalmente nulle se compiute prima del verificarsi del danno, che 135 Cassazione civile sez. lav.07 agosto 2004 n. 15308, in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8: “il disposto dell'art. 2115, comma 3, c.c. - che stabilisce la nullità di qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all'assistenza - non è applicabile qualora le parti abbiano inteso transigere non già su eventuali obblighi del datore di lavoro di corrispondere all'Inps i contributi assicurativi, bensì sul danno subito dal lavoratore per l'irregolare versamento dei contributi stessi.” Cassazione civile sez. lav. 21 novembre 1984 n. 5977, in Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 11: “il disposto dell'art. 2115 comma 3 c.c. - che stabilisce la nullità di qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all'assistenza - non è applicabile qualora le parti abbiano inteso transigere non già su eventuali obblighi del datore di lavoro di corrispondere all'INPS i contributi assicurativi, bensì sul danno subito dal lavoratore per l'irregolare versamento dei contributi stessi. Poiché la legge conferisce sia ai funzionari dell'INPS sia all'ispettorato del lavoro poteri d'ispezione per il controllo della esattezza delle denunce dei datori di lavoro ai fini del versamento dei contributi, l'omissione o l'incompletezza delle denunce stesse non impedisce all'INPS di avere cognizione del proprio credito e di esercitarlo tempestivamente, con conseguente inapplicabilità dell'art. 2941 n. 8 c.c. (in tema di sospensione della prescrizione), salvo che siano stati posti in essere altri atti di natura fraudolenta tali da precludere in modo assoluto la possibilità di far valere il diritto.” Cassazione civile sez. lav. 05 dicembre 1985 n. 6111, in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 12: “ove il lavoratore agisca nei confronti del datore di lavoro lamentando il mancato versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali e chiedendo la condanna di quest'ultimo al pagamento di un importo pari alla riserva matematica necessaria per costituire la rendita vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, l'azione esercitata è quella di risarcimento del danno prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c. e quindi non occorre integrare il contraddittorio nei confronti dell'ente previdenziale. Non costituisce un patto diretto ad escludere gli obblighi relativi alla previdenza o all'assistenza - e pertanto non è affetto da nullità ex art. 2115 c.c. - l'accordo intervenuto tra datore di lavoro e lavoratore dopo la cessazione del rapporto ed avente ad oggetto la quantificazione della misura del risarcimento del danno spettante a quest'ultimo ex art. 2116 comma 2 c.c. per l'omissione contributiva del primo.” 132 viene in essere con la maturazione del diritto a pensione136. La prescrizione dell’azione è decennale, ma la giurisprudenza è instabile in ordine alla individuazione del dies a quo per il computo del termine, che secondo la tesi prevalente, deve essere identificato con la perdita, totale o parziale, del trattamento previdenziale137, ma che 136 In questi termini, Cassazione civile sez. lav. 25 ottobre 2004 n. 20686, in Riv. giur. lav. 2005, II, 357: “riguardo al mancato versamento dei contributi, a carico del prestatore di lavoro si vengono a integrare due tipi di danno: uno è dato dalla perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale, e si verifica nel momento in cui il lavoratore raggiunge l'età pensionabile; l'altro è dato dalla necessità di costituire la provvista necessaria a ottenere un beneficio economico, sostitutivo della pensione, tramite il versamento di quanto occorre per costituire la rendita di cui all'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, e si verifica nel momento in cui il datore di lavoro, che avrebbe potuto versare i contributi in ogni momento successivo alla loro scadenza sino al termine di prescrizione, non può più versarli in quanto prescritti. Nel caso di omissione contributiva non è ammissibile neppure in sede di conciliazione (ed è quindi affetta da una nullità radicale diversa dalla mera annullabilità ex art. 2113 c.c.) una rinuncia del lavoratore al risarcimento dei danno da omissione contributiva compiuta prima della maturazione del diritto a pensione e quindi della verificazione del danno.” Cassazione civile sez. lav. 20 marzo 2001 n. 3963 Giust. civ. Mass. 2001, 528, Notiziario giur. lav. 2001, 512: “nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del lavoratore ad agire per il risarcimento del danno ("ex" art. 2116 c.c.) ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi della domanda di condanna generica; il relativo diritto è acquisito dal lavoratore a seguito ed in conseguenza dell'inadempimento del datore di lavoro ed è suscettibile di formare oggetto di accordo transattivo alla stregua degli altri diritti maturati a favore del lavoratore in relazione all'avvenuto svolgimento del rapporto di lavoro.” 137 Cassazione civile sez. lav. 15 giugno 2007 n. 13997, in Giust. civ. Mass. 2007, 6: “la responsabilità del datore di lavoro per danni subiti dal lavoratore a causa di mancata o irregolare contribuzione rappresenta un'ipotesi di responsabilità contrattuale, derivante dalla violazione di una specifica ed indisponibile obbligazione imposta dalla legge. Consegue da ciò che il termine di prescrizione della relativa azione risarcitoria è quello decennale, di cui all'art. 2946 c.c., il cui "dies a quo" può variare a seconda dell'interesse 133 che si intende tutelare con la proposizione della domanda di risarcimento, posto che l'interesse ad agire del lavoratore sorge ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, eventualmente avvalendosi dell'azione di condanna generica al risarcimento. Tuttavia, allorquando l'azione sia diretta all'ottenimento del risarcimento del danno per l'avvenuta perdita della pensione (come nella specie, conseguibile presso la gestione Inps mediante il trasferimento dei contributi c.p.del, ove versati tempestivamente dal Comune), il termine di prescrizione decorre dal momento in cui il lavoratore, raggiunta l'età pensionabile e concorrendo ogni altro requisito, perde il relativo diritto (o lo vede ridotto) a causa dell'omissione contributiva.” Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8: “tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne consegue che deve escludersi la sussistenza di una situazione di litisconsorzio necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda con la quale il lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei confronti del datore di lavoro. Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante all'ente assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno immediato, diverso dalla perdita futura e incerta della pensione di anzianità o di vecchiaia, consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio sostitutivo della pensione. La prescrizione del diritto al risarcimento di questo danno decorre dal momento di maturazione della prescrizione del diritto ai contributi, spettante all'ente assicuratore.” Cassazione civile sez. lav. 26 agosto 2003 n. 12517, in Giust. civ. Mass. 2003, 7-8: “il diritto al risarcimento del danno per omessa o irregolare contribuzione previdenziale sorge nel momento in cui si verifica il duplice presupposto dell'inadempienza contributiva e della perdita totale o parziale della prestazione previdenziale, con la conseguenza che solo da tale momento decorre la prescrizione ordinaria decennale, di cui all'art. 2946 c.c., sia che si tratti di lavoratore subordinato sia che, come nel caso di specie, si tratti di lavoratore autonomo o parasubordinato. (In applicazione di tale principio di diritto la S.C. ha confermato la sentenza di merito, evidenziando il parallelismo tra la situazione del lavoratore dipendente, il cui datore di lavoro abbia omesso di ottemperare all'obbligo contributivo e il professionista - medico specialista convenzionato presso una Usl - rispetto al quale il committente Usl aveva l'obbligo di versare i contributi all'ente previdenziale competente).” Cassazione civile sez. lav. 29 dicembre 1999 n. 14680, in Giust. civ. Mass. 1999, 2642, Mass. giur. lav. 2000, 400 (nota di: G.Ciocca), Orient. giur. lav. 2000, I, 262: “in caso di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro per contributi previdenziali e di successiva costituzione di 134 orientamenti diversi fanno risalire alla data del provvedimento con il rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 con versamento della relativa riserva matematica all'Inps da parte del lavoratore interessato, compete a quest'ultimo - nel termine prescrizionale decorrente dalla perdita (totale o parziale) del trattamento previdenziale - l'ordinaria azione risarcitoria prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c., anche nel caso in cui non sia più esercitabile l'azione per la restituzione di quanto versato per la costituzione della rendita vitalizia, mancando il necessario presupposto della perdurante azionabilità (sotto il profilo della prescrizione) della pretesa del lavoratore nei confronti del datore di lavoro di vedersi costituire, a spese di quest'ultimo, la suddetta rendita vitalizia, il cui termine prescrizionale decorre già a partire dalla data di prescrizione del credito contributivo dell'Inps. Nè alla qualificazione quale risarcitoria dell'azione proposta dal lavoratore contro il datore di lavoro, e quindi alla decorrenza della prescrizione solo dalla perdita del trattamento previdenziale, osta la circostanza che ai fini della quantificazione del danno si faccia riferimento alla riserva matematica "ex" art. 13 cit. In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, dopo l'estinzione per prescrizione del credito dell'Inps, il lavoratore può chiedere al datore di lavoro, alternativamente, il risarcimento dei danni ex art. 2116 c.c. o la restituzione della somma versata all'Inps a titolo di riserva matematica per la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338. In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione risarcitoria ex art. 2116 c.c. si prescrive in dieci anni a partire dalla perdita totale o parziale del trattamento previdenziale e per la quantificazione del danno è possibile fare riferimento alla riserva matematica ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338. In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione restitutoria ex l. 12 agosto 1962 n. 1338 si prescrive in dieci anni dalla data di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro.” Cassazione civile sez. lav. 15 aprile 1999 n. 3773, in Mass. giur. lav. 1999, 675 (nota di: Dondi), Orient. giur. lav. 1999, I, 498:”il diritto del lavoratore al risarcimento del danno per omessa o irregolare contribuzione assicurativa di cui all'art. 2116 comma 2 c.c. - risarcimento conseguibile anche attraverso il recupero della somma occorsa per la costituzione di rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 - sorge solo nel momento in cui si verifica il duplice presupposto dell'inadempienza contributiva del datore di lavoro e della perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale od assistenziale, con la conseguenza che da tale momento, e non da quello in cui i contributi omessi avrebbero dovuto essere versati o ne sia maturata la prescrizione o sia cessato il rapporto di lavoro, decorre la prescrizione di tale diritto (salva la possibilità del lavoratore di proporre anche prima della virtuale maturazione del diritto alla prestazione previdenziale una mera domanda di mero accertamento della astratta possibilità dannosa dell'omissione contributiva).” 135 quale l'istituto previdenziale abbia negato, in tutto o in parte, la prestazione assicurativa138, o al momento in cui si verifica la prescrizione dei contributi139. 138 Cassazione civile sez. lav. 04 giugno 1988 n. 3790, in Giust. civ. Mass. 1988, fasc.6, Mass. giur. lav. 1988, 847 (nota): “il diritto del lavoratore al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 2116, comma 2, c.c., per omessa o irregolare contribuzione assicurativa sorge non nel momento in cui i contributi assicurativi omessi (totalmente o parzialmente) avrebbero dovuto essere versati o alla data di cessazione del rapporto di lavoro, nè in quello in cui sia maturata la prescrizione dei contributi medesimi, bensì nel momento in cui viene ad esistenza il duplice presupposto della fattispecie risarcitoria di cui alla citata norma, e cioè l'inadempimento contributivo del datore di lavoro, divenuto irreversibile, e, con l'avveramento dell'evento protetto dall'assicurazione (età pensionabile o invalidità), la perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale. La prescrizione decennale di tale diritto inizia a decorrere dal momento in cui, verificatosi l'evento assicurato, l'istituto previdenziale abbia, con provvedimento definitivo, negato, in tutto o in parte, la prestazione assicurativa, la cui perdita (totale o parziale), avente natura costitutiva della fattispecie risarcitoria, resta accertata dal detto provvedimento.” 139 Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8: “ tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne consegue che deve escludersi la sussistenza di una situazione di litisconsorzio necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda con la quale il lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei confronti del datore di lavoro. Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante all'ente assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno immediato, diverso dalla perdita futura e incerta della pensione di anzianità o di vecchiaia, consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio sostitutivo della pensione. La prescrizione del diritto al risarcimento di questo danno decorre dal momento di maturazione della prescrizione del diritto ai contributi, spettante all'ente assicuratore.” 136 CAPITOLO V GLI ATTI INTERRUTTIVI DELLA PRESCRIZIONE DEI CREDITI CONTRIBUTIVI. FATTISPECIE PARTICOLARI. 5.1 VERBALI DELL’ISPETTORATO DEL LAVORO Se per la disciplina degli atti interruttivi della prescrizione dei crediti contributivi può richiamarsi quella generale prevista in tema di prescrizione dagli artt. 2943-2945 c.c., di particolare rilevanza è la questione della valenza o meno di alcuni atti ad interrompere la prescrizione. Quello dei verbali dell’ Ispettorato del lavoro è uno dei punti maggiormente delicati della materia. L’INPS, infatti con la circolare 262/95 del 13 ottobre 1995 140 , 140 emanata a chiarimento delle Circolare INPS n° 262 del 13 ottobre 1995. OGGETTO: Nuovi termini prescrizionali della contribuzione previdenziale e assistenziale. Legge 08/08/1995 n.335 (Art. 3, c. 9-10). “ Si fa seguito al messaggio n.21297 del 28/08/95 con il quale e' stata data notizia dell'avvenuta pubblicazione della legge indicata in oggetto e, a scioglimento della riserva ivi formulata, si forniscono i seguenti chiarimenti sia in ordine alla corretta interpretazione della disposizione di legge in parola sia per quanto riguarda gli adempimenti da porre in essere nell'operazione di interruzione dei termini prescrizionali già avviata dalle Sedi a seguito delle istruzioni impartite con messaggio n.18344 del 29/07/95. 1. Istruzioni di carattere normativo.1.1. Nuovi termini di prescrizione. Come e' noto, i nuovi termine di prescrizione previsti dal comma 9 dell'art.3 della legge n.335/95 sono: a) per le contribuzioni di pertinenza del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, e per il contributo di solidarietà (Art.9-bis ,comma 2,del d.l.293/91, n.103,convertito nella legge 01/06/91, n.166), di 10 137 anni; il termine suddetto e' peraltro ridotto a 5 anni a decorrere dal 01/01/1996. La prescrizione resta tuttavia, anche dopo la suddetta data decennale nell'ipotesi in cui sia il lavoratore od i suoi superstiti a denunciare la mancata assicurazione da parte del datore di lavoro; b) per le altre contribuzioni obbligatorie di previdenza e assistenza, di 5 anni. Al riguardo, si ritiene opportuno precisare che, per contribuzione di pertinenza del F.P.L.D. e delle altre gestioni obbligatorie, si deve intendere quella destinata alle assicurazioni Invalidità Vecchiaia e Superstiti, compresa ovviamente la contribuzione aggiuntiva prevista dall'art.3 della legge n.297/82; deve, pertanto ritenersi esclusa ogni altra aliquota di contribuzione relativa a gestioni non di pertinenza dei predetti fondi. A miglior chiarimento si ricorda che sono escluse le seguenti contribuzioni: contribuzione per l'assistenza malattia pensionati(L.934/66); contribuzione per gli Asili nido (L.1044/71); contribuzione per la tubercolosi; contribuzione ex ENAOLI;contributo per il fondo di garanzia (L.297/82); contributo per la disoccupazione; contribuzione per la Cassa Assegni Familiari (già quinquennale); contribuzione per la Cassa Integrazione Guadagni; contribuzione GESCAL; contribuzione indennità economica di malattia ; contribuzione indennità economica di maternità; contribuzione per il Servizio Sanitario Nazionale. 1.2. Versamento di contribuzione prescritta. Per esplicito dettato della norma in esame (art. 3 ,comma 9, della legge 335/95), la contribuzione caduta in prescrizione non può essere versata. L'Istituto, quindi, non può accettare il versamento di tale contribuzione prescritta ma anzi, qualora questo venga comunque effettuato, deve provvedere d'ufficio al suo rimborso. Come si vede si tratta di una prescrizione particolare alla quale, a differenza delle altre, non può rinunciare neppure chi ne e' beneficiario. A differenza di quanto avveniva in passato, la disposizione in esame ha esteso il criterio, già valido per le assicurazioni IVS,DS e TBC, a tutte le forme di contribuzione. 1.3. Efficacia della disposizione. 1.3.1. I nuovi termini di prescrizione si applicano a decorrere dal 17/08/1995 data di entrata in vigore della legge n. 335/95. Il comma 10 dell'art.3 della legge in esame specifica poi che i nuovi termini si applicano anche alle contribuzioni relative a periodi precedenti il 17/08/95. Dal combinato disposto delle suddette disposizioni si deve ritenere che i nuovi termini si applicano alle prescrizioni in corso alla data del 17/08/95; quindi,- per quanto riguarda la contribuzione dovuta alle gestioni pensionistiche obbligatorie, (il cui nuovo termine di prescrizione , come sopra specificato e' decennale sino alla data del 31/12/1995 e quinquennale a decorrere dal 1/1/96), l'atto interruttivo della prescrizione posto in essere dopo l'entrata in vigore della legge in esame e sino al 31 /12/95 interromperà la prescrizione dei contributi relativi ai 10 anni precedenti; l'atto interruttivo posto in essere a decorrere dal 1/1/1996 interromperà la prescrizione dei contributi relativi a periodi contributivi anteriori di cinque anni. In merito si ritiene opportuno richiamare l'attenzione delle Sedi, considerato che la data in cui si considera effettuato un atto interruttivo e', come noto, quella di recezione della raccomandata da parte del debitore, dell'importanza che gli atti interrutivi posti in essere prima del 31.12.95 siano ricevuti dal debitore 138 entro tale data, come meglio precisato nel successivo paragrafo 2.2. In ogni caso il nuovo termine di prescrizione che decorrerà dopo l'atto interruttivo sarà quinquennale in ambedue i casi. A quest'ultimo riguardo, la disposizione di legge in esame precisa che il termine prescrizionale resta decennale anche dopo il 1/1/1996 qualora l'azione di recupero dei contributi omessi sia iniziata a seguito di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti. La denuncia può riguardare sia la mancata assicurazione da parte del datore di lavoro, sia il mancato versamento dei contributi dovuti. Tale particolare termine prescrizionale peraltro deve intendersi limitato solo alla contribuzione relativa al lavoratore denunciante e non può essere estesa ad altri eventuali lavoratori interessati nei cui confronti persista una analoga omissione contributiva. La denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti deve essere presentata ad una autorità competente, Istituto assicuratore, Ispettorato del Lavoro, Autorità Giudiziaria. E' appena il caso di sottolineare la necessità per l'Istituto di porre in essere, non appena venuto a conoscenza della denuncia del lavoratore, gli atti interruttivi della prescrizione nei confronti del datore di lavoro inadempiente. - Per quanto riguarda la contribuzione non di pertinenza delle gestioni pensionistiche l'atto interruttivo posto in essere dopo il 16/08/95 e cioè dopo l'entrata in vigore della legge, interromperà i termini relativi ai periodi contributivi anteriori di cinque anni. 1.3.2. La disposizione di legge in questione fa tuttavia una eccezione alla sopra esposta regolamentazione nei casi in cui, prima dell'entrata in vigore della legge 335/ 95, siano stati posti in essere degli atti interruttivi della prescrizione ovvero siano iniziate delle procedure di recupero del credito nel rispetto della normative precedenti. Nei suddetti casi il termine di prescrizione che inizia a decorrere dal compimento dell'atto interruttivo e' quello stabilito dalla normativa precedente l'entrata in vigore della legge n.335/95. Pertanto, per quanto riguarda gli atti interruttivi posti in essere (vedi messaggio n.18344 del 29/07/95) sino al 16/08/95 il nuovo termine di prescrizione che decorrerà dall'atto sarà decennale o quinquennale a secondo di quanto previsto dalle precedenti disposizioni , salvo la sospensiva di cui al punto 1.3.3. Le stesse conseguenze si verificano quando siano state iniziate delle procedure di recupero del credito sia in sede giudiziaria che amministrativa. Si ritiene infatti che anche l'instaurazione di una procedura amministrativa per il recupero dei contributi dovuti (partite trasmesse all'Ufficio legale di cui sia stata data notizia ai debitori interessati, partite incluse nei ruoli esattoriali ecc.), possa essere considerata un valido atto interruttivo, sempre che risulti manifesta al debitore l'inequivocabile volontà del titolare del credito a far valere il proprio diritto. Anche i processi verbali redatti dall'Ispettorato del lavoro, relativamente alle omissioni contributive indicate nei verbali stessi, devono ritenersi inizio di una procedura per il recupero del credito; pertanto non e' necessario, ai fini interruttivi della contribuzione dovuta all'INPS, che sia l'Istituto quale ente creditore a porre in essere la richiesta di pagamento. Si ritiene tuttavia opportuno, qualora le copie dei suddetti verbali vengano trasmesse con ritardo, che le Sedi prendano contatto con i locali Ispettorati del Lavoro al fine di pervenire, anche nei casi di specie, ad un tempestivo inizio dell'azione 139 di recupero dei crediti contributivi. 1.3.3. La disposizione di legge in esame precisa infine che, ai fini del computo dei termini prescrizionali, non si deve tener conto della sospensiva prevista dall'art 2, comma 19, del decreto Legge 12/09/1983 n.463, convertito, con modificazioni nella legge 11/11/1983 n.638 a meno che non siano stati compiuti atti interruttivi di cui al precedente punto. In questo caso, infatti, nella determinazione della prescrizione si dovrà tener conto della sospensiva dei termini prescrizionali stabilita dal richiamato art. 2,comma 19,della richiamata L.638/83.Non sussiste - in conformità anche del parere dell'Avvocatura centrale - tale sospensiva per le interruzioni poste in essere nel periodo 16/8/95-31.12.95 per cui gli atti interruttivi esecutati in tale periodo relativi ai soli fini della contribuzione IVS hanno efficacia decennale. 1.4. Diritto alla fiscalizzazione e allo sgravio degli oneri sociali. Applicabilità dei nuovi termini di prescrizione. Le somme indebitamente fruite a titolo di sgravio o fiscalizzazione, risolvendosi la fattispecie, in ultima analisi, in una omissione contributiva, si prescrivono nello stesso termine stabilito per i contributi oggetto dei benefici stessi. In conseguenza di quanto sopra precisato i nuovi termini di prescrizione della contribuzione fissati dalla disposizione di legge in esame, si applicano, quindi, anche allo sgravio e alla fiscalizzazione. Nell'ipotesi, invece, di restituzione di contribuzione non dovuta in quanto versata da ditte aventi diritto allo sgravio e alla fiscalizzazione, configurandosi nella fattispecie ( contributi indebiti) un indebito oggettivo, la prescrizione sarà quella ordinaria decennale (Circ.n.96 del 4.4.95). I nuovi termini prescrizionali, come e' ovvio, non potranno quindi trovare applicazione nel caso di specie. 2. Chiarimenti. Con precedenti messaggi (n. 18344 del 29.07.95, n. 19290 del 3.08.95, n.19576 del 04.08.95, n. 19748 del 07.08.95, n. 20343 dell'11.08.95, n. 20653 del 18.08.95) si e' sottolineata la necessita' di porre in essere atti interruttivi della prescrizione dei contributi dovuti all'Istituto, in vista della emanazione della legge n. 335/95, e sono state date le necessarie istruzioni operative. Si ritiene ora opportuno, a seguito di richieste di chiarimenti avanzate da alcune Sedi, fornire le necessarie puntualizzazioni. 2.1. Si ritiene innanzitutto opportuno ricordare che i criteri di interruzione dei termini prescrizionali sopra illustrati si applicano nel presupposto che il debitore abbia messo in grado l'Istituto di conoscere l’entità del debito contributivo. Pertanto nell'ipotesi in cui ciò non avvenga e l'Istituto non disponga di autonomi poteri di accertamento del debito contributivo, la prescrizione dei contributi dovuti non può, ovviamente, decorrere. 2.2. Come noto, e come ricordato al precedente punto 1.3., gli atti interruttivi della prescrizione si intendono compiuti alla data di ricezione da parte del debitore della lettera raccomandata a.r., o di altro atto ritenuto equipollente dalla legge.Si intende che nel caso che la lettera non venga recapitata per irreperibilità del destinatario dovra' provvedersi agli accertamenti del caso e quindi procedere, eventualmente, ad una nuova notificazione. 2.3. Nel porre in essere gli atti interruttivi della prescrizione contributiva, si dovra', ovviamente, tener conto, come sopra precisato, dei diversi termini di prescrizione della contribuzione ( dieci anni per i contributi IVS sino al 31/12/1995 e cinque anni per le altre contribuzioni). Per quanto 140 riguarda la contribuzione riportata nei modd. DM 10 presentati insoluti o parzialmente insoluti, l'atto di interruzione dei termini di prescrizione della contribuzione riguarderà, ovviamente, l'importo indicato come saldo. Va da se', quindi, che in alcuni casi si richiederà il pagamento di contribuzione ormai prescritta. In tale ipotesi sarà necessario, tuttavia, che, all'atto del pagamento del debito, non venga accettato il versamento di quella contribuzione che risulti caduta in prescrizione, tenendo peraltro presente che le somme a credito del datore di lavoro debbono essere portate a copertura del debito meno garantito e quindi dei contributi con prescrizione quinquennale. Per quanto riguarda sempre i D.M. 10 presentati totalmente o parzialmente insoluti, si ritiene opportuno precisare che la sola presentazione del rendiconto mensile equivale ad una interruzione dei termini prescrizionali per quanto riguarda l'ammontare dei contributi indicati nel modello stesso. La presentazione dei modd. e' infatti un riconoscimento del debito e quindi vale come atto che interrompe la prescrizione. 2.4. La richiesta di pagamento dei contributi omessi, come e' noto, oltre ad interrompere i termini di prescrizione della contribuzione interrompe anche la prescrizione delle relative sanzioni civili. E' necessario, peraltro, che la richiesta di pagamento dei contributi omessi, contenga anche la pretesa degli accessori di legge, ancorché non quantificati. Qualora i contributi siano stati pagati in ritardo rispetto al termine di scadenza legale, le relative sanzioni civili che risulteranno dovute e che restano cristallizzate alla data del pagamento, si prescriveranno nello stesso termine prescrizionale stabilito per il debito contributivo. Sara' quindi necessario in questo caso porre in essere atti interruttivi anche per i crediti relativi alle sole sanzioni civili. 2.5. Come specificato al punto 1.3., la prescrizione della contribuzione attinente al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti resta decennale anche dopo il 1.1.1996 nel caso di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti. Al riguardo, si ritiene opportuno puntualizzare che le segnalazioni di presunta omissione contributiva effettuate dagli assicurati attraverso il mod.ECO293/CTR devono essere considerate vere e proprie denunce del lavoratore e di conseguenza comportare la prescrizione decennale dei contributi eventualmente omessi. La cartolina "Richiesta di rettifica dati", mod. ECO293, compilata e inviata dall'assicurato non vale, invece, come denuncia del lavoratore ai sensi della richiamata disposizione anche quando sia stata barrata la casella "contribuzione da rettificare". Va da se' che, una volta ricevuta la suddetta denuncia mod ECO2- 93CTR dell'assicurato, dovra' essere tempestivamente posto in essere da parte dell'Istituto il relativo atto interruttivo della prescrizione. 2.6. Crediti inferiori alle trentacinquemila lire. Come e' noto, l'art. 4 bis della legge n.63/93 ha previsto l'estinzione dei crediti di importo non superiore a L. 35.000 per i contributi dovuti all'Istituto, in essere alla data del 16/01/1993, unitamente agli accessori di legge e alle sanzioni (v. circ n.70 del 23.3.93). Al riguardo mentre si richiamano le disposizioni diramate in materia, a suo tempo, (v. circ. n. 265 RCV del 14.12.89, n. 1 RCV del 2. 1.90), si ricorda che per i suddetti crediti, se non ancora eliminati, non vanno effettuati, ovviamente, gli atti interruttivi della prescrizione. 2.7. Contribuzione dovuta al Fondo di previdenza degli 141 problematiche insorte in relazione all’applicazione della legge 335/95, ha ritenuto che i verbali degli Ispettori del lavoro, i quali indichino nel loro corpo delle omissioni contributive ( ipotesi assai frequente nella prassi) debbano essere considerati come inizio di una procedura per il recupero del credito e , quindi , rientranti nella ipotesi di cui al comma 10 dell’art. 3 , che impedisce in questo caso, la retroattività del termine prescrittivo quinquennale. Secondo l’Istituto, in questo caso non sarebbe necessario che la procedura di recupero fosse iniziata dallo stesso INPS quale Ente creditore (“sarebbe, peraltro opportuno che comunque le sedi dell’Istituto si attivino esse stesse, tramite opportuni contatti con gli ispettorati del lavoro, al fine di iniziare le procedure medesime”), ma potrebbe essere iniziata anche da un altro soggetto. Con la successiva circolare n. 18 del 22/1/1996141 l’Istituto ha meglio chiarito il suo Autoferrotranvieri. Come indicato al punto 1.1., i nuovi termini di prescrizione si applicano anche al fondo Autoferrotranvieri. Anche per tale Fondo vale quindi il principio dell’inammissibilità del versamento della contribuzione prescritta. Devono pertanto ritenersi abrogate le istruzioni fornite al riguardo con circolare n.257 del 7.12.89. (v. messaggio n.24382 del 16.9.95).” 141 Circolare INPS n° 18 del 22 gennaio 1996. OGGETTO: Interruzione dei termini prescrizionali. Circolare n.262 del 13.10.95. Chiarimenti. “A seguito della emanazione della circolare indicata in oggetto concernente l'introduzione dei più brevi termini prescrizionali stabiliti, come e' noto , dall'art.3 comma 9 e 10 della legge del 08.08.95 n.335,alcune Sedi hanno manifestato delle perplessità in ordine alla efficacia di alcuni atti volti ad interrompere il corso della prescrizione. Al riguardo si ritiene opportuno fornire le seguenti puntualizzazioni. a) Soggetti abilitati a compiere atti interruttivi della prescrizione. Per un principio generale di diritto , l'atto 142 inteso ad esigere l'adempimento di un obbligo giuridico deve necessariamente provenire da uno dei soggetti del rapporto dal quale l'obbligo scaturisce. Il rapporto previdenziale si instaura tra datore di lavoro ed ente previdenziale a beneficio del lavoratore che , rispetto a tale rapporto e' soltanto il soggetto a cui favore si produrranno gli effetti del rapporto stesso . Di conseguenza soltanto a carico dell'Ente e del datore di lavoro sussiste l'obbligo di compiere l'atto inteso a pretendere l'osservanza dell'obbligo stesso. In conseguenza di quanto sopra esposto si ritiene che i verbali dell'Ispettorato del lavoro che contengano prescrizioni in materia di contributi previdenziali e assistenziali non interrompono i termini prescrizionali in quanto tali atti, come sopra detto, devono necessariamente provenire dal creditore e cioè dall'Istituto. E' pertanto necessario che le Sedi non appena venuti a conoscenza dei suddetti verbali pongano in essere i relativi atti interruttivi della prescrizione. A chiarimento dei quesiti rivolti al riguardo si fa presente che la suddetta conclusione non e' in contrasto con quanto affermato nella richiamata circolare n.262/95 nella parte in cui si dice che i processi verbali redatti dall'Ispettorato del lavoro, relativamente alle omissioni contributive indicate nei verbali stessi devono ritenersi inizio di una procedura per il recupero del credito e che di conseguenza non si rendeva necessario in tal caso un atto interruttivo da parte dell'Istituto. Infatti la suddetta affermazione e' stata inserita nella circolare 262/95 solo per illustrare, con un esempio, il criterio dettato dall'art 3 comma 10 della legge 335/95 che, come e' noto, ha stabilito la possibilità di applicazione della precedente normativa in materia di termini prescrizionali quando fosse iniziata ,prima dell'entrata in vigore della richiamata legge 335/95, una procedura per il recupero del credito contributivo. In conclusione, al di fuori della suddetta normativa, resta il criterio di carattere generale che richiede la necessita' di un atto interruttivo della prescrizione da parte dell'Istituto in caso di verbali redatti dall'Ispettorato del lavoro. b) Impossibilita' di esercitare il diritto di credito Altro chiarimento che e' stato richiesto in merito all'argomento in questione riguarda l'affermazione, contenuta nella richiamata circolare 262/95, secondo la quale l'impedimento da parte del debitore all'esercizio del diritto di credito dell'Istituto impedisce il corso della prescrizione. In particolare e' stato chiesto in quali casi possa ravvisarsi tale fattispecie. Al riguardo deve innanzitutto premettersi che l'Istituto ha un autonomo potere di accertamento dei propri crediti contributivi e che di conseguenza non può ricorrere l'ipotesi di cui sopra e' cenno quando l'Istituto stesso ha la possibilità di accertare il proprio credito. Non può pertanto ricorrere l'ipotesi in questione nel caso di evasione contributiva totale o parziale o anche nel caso di "lavoro nero" e cioè di lavoratori non iscritti neppure al libro paga o matricola. Si ritiene invece che l'ipotesi di cui sopra e' cenno possa ravvisarsi, per quanto riguarda la contribuzione dovuta da artigiani ed esercenti attività commerciali, nell'ipotesi in cui il reddito venga denunciato parzialmente o totalmente al fisco e non all'INPS. Per quanto riguarda invece le aziende si ritiene che l'ipotesi possa concretizzarsi nel caso in cui i datori di lavoro non abbiano denunciato la propria attività con dipendenti, non risultino iscritti negli appositi albi e non si siano, neppure, 143 muniti dei regolamentari libri paga e matricola. In questo caso infatti l'Istituto si trova nella impossibilità di esercitare il proprio diritto di credito neanche ricorrendo al proprio autonomo potere di accertamento, essendo dolosamente occultata la stessa attività dell'azienda. Si ritiene infine che possa ravvisarsi un altro caso di impedimento all'esercizio del diritto di credito, quando il datore di lavoro si rifiuta di esibire i libri paga e matricola agli ispettori dell'Istituto, necessari per effettuare il controllo sulla regolarità degli adempimenti contributivi dell'azienda. Appare infatti evidente che il predetto atteggiamento da parte del datore di lavoro non renda possibile all'Istituto l'esercizio del proprio diritto di credito e che esso di conseguenza impedisca il corso della prescrizione del credito contributivo. Al riguardo e' opportuno sottolineare che, affinché tale effetto interruttivo si verifichi, e' necessario che il rifiuto del datore di lavoro di esibire i libri contabili risulti regolarmente "verbalizzato" dall'Ispettore di vigilanza in sede di accesso ispettivo. c) Riconoscimento del debito. Presentazione dei modd.O1/M. E' stato chiesto se la presentazione dei modd. O1/M da parte dei datori di lavoro possa interrompere il corso della prescrizione relativamente ai periodi contributivi indicati nei modelli stessi. Al riguardo si deve premettere che come precisato nella circolare n.335/95 sopra citata, l'interruzione dei termini prescrizionale può avvenire oltre che per atto del creditore anche attraverso il riconoscimento del debito da parte del debitore. Nella richiamata circolare e' stato fatto presente che tale ipotesi si verifica quando il debitore presenta il rendiconto mensile, modd.DM/M10, totalmente o parzialmente insoluto. Anche la presentazione all'INPS da parte dei datori di lavoro dei modelli O1/M concretizza un'altra ipotesi di riconoscimento del debito. Infatti anche in tale fattispecie con la presentazione del modello, il debitore indicando le retribuzioni corrisposte al dipendente ed affermando che su tali somme sono dovuti i contributi di legge, riconosce il proprio debito contributivo nei confronti dell'Istituto, e quindi interrompe i termini di prescrizione. Non si ritiene al riguardo che ostacoli tale effetto della presentazione dei suddetti modelli la circostanza che il debito contributivo, non e' direttamente indicato, in quanto esso e' comunque certo e quantificabile con elementari operazioni di calcolo. d) Denuncia del lavoratore. Decorrenza della prescrizione. Altro quesito riguarda l'individuazione della "denuncia" del lavoratore, richiesta , come e' noto, dall'art.9 lett.a) della legge 335/95 per poter applicare per quanto riguarda la contribuzione dovuta al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti o ad altre gestioni pensionistiche obbligatorie la prescrizione decennale invece di quella ordinaria quinquennale. E' stato in particolare chiesto se la dichiarazione rilasciata dal lavoratore nel corso di un accertamento ispettivo, dalla quale risulti una retribuzione corrisposta al lavoratore inferiore a quella denunciata ai fini denuncia del lavoratore che possa consentire ai sensi del richiamato comma 9 dell'art. 3 della legge 335/95 l'applicazione della prescrizione decennale. Al riguardo si osserva che il legislatore con la disposizione richiamata abbia voluto fare una eccezione alla generale prescrizione quinquennale introdotta, per proteggere il lavoratore che spontaneamente denunci l'inadempimento contributivo nei propri confronti 144 del datore di lavoro, concedendo un termine più ampio di prescrizione dei contributi dovuti al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti. Si ritiene pertanto che il suddetto effetto in quanto eccezione non può che essere legato ad una denuncia formale del lavoratore (possibilmente da redigere sul mod. Vig.1) diretta ad informare l'Istituto Previdenziale dell'esistenza di una omissione contributiva, parziale o totale. Va da se' che tale denuncia formale può essere sottoscritta dal lavoratore anche durante lo svolgimento dell'ispezione a seguito dei chiarimenti forniti al dipendente dall'Ispettore di vigilanza. Sempre nell'ipotesi di denuncia del lavoratore e' stato chiesto se nella determinazione del periodo prescrizionale, nel caso in cui l'inadempienza contributiva sia rilevabile dal lavoratore solo a seguito di mancata presentazione dei modd.O1/M, si debba far riferimento alla data di presentazione della denuncia (O3/M) ovvero alla scadenza legale del debito contributivo. Al riguardo si ritiene opportuno ricordare che il corso della prescrizione può essere interrotto solo da un atto del creditore (v. precedente punto a) e cioè nel caso di specie da un atto dell'Istituto che chieda il pagamento del proprio credito contributivo. Non rileva pertanto ai fini del corso della prescrizione il momento in cui il lavoratore sia venuto a conoscenza dell'inadempienza del proprio datore di lavoro in quanto il diritto di credito contributivo deve essere azionato sempre dall'Istituto. In conclusione nella determinazione del termine di prescrizione (decennale o quinquennale) deve farsi riferimento alla data di scadenza delle singole denunce contributive. e) Pagamento di un acconto o del saldo dei soli contributi. E' stato richiesto se il pagamento effettuato a in acconto o a saldo di un debito contributivo ,effettuato spontaneamente dall'azienda e riferito ad un debito già denunciato all'INPS abbia un effetto interruttivo della prescrizione relativamente al residuo credito per contributi e oneri accessori. Al riguardo si fa presente che l'adempimento parziale o totale di una obbligazione non può che essere inteso come riconoscimento della stessa salvo il caso in cui il debitore, nell'effettuare il pagamento in pendenza di un ricorso amministrativo o giudiziario circa l'esistenza dell'obbligo contributivo si riservi esplicitamente il diritto di ripetizione a procedimento concluso. In conseguenza di quanto sopra precisato si deve ritenere che dalla data del pagamento ricominci a decorrere un nuovo termine prescrizionale per il residuo debito per contributi e relativi accessori. f) Sentenza ottenuta in un giudizio in cui l'Istituto non e' stato parte in causa. E' stato chiesto se nell'ipotesi di una sentenza di condanna del datore di lavoro alla corresponsione di retribuzione a favore di un dipendente emessa a seguito di un giudizio in cui l'Istituto non e' stato parte in causa la prescrizione dei contributi dovuti all'Istituto sulle retribuzioni oggetto della sentenza possa considerarsi interrotta a seguito dell'instaurazione del procedimento giudiziario. Ciò in considerazione di quanto affermato nella citata circolare n.262/95 secondo la quale la denuncia presentata ad un autorità diversa dall'Istituto costituisce inizio di procedimento teso al recupero contributivo. Al riguardo si fa presente che ,come già detto, il criterio, valido per individuare le partite per le quali applicare il regime transitorio ai sensi del comma 10 ,dell'art. 3 della legge 335/95, non può essere applicato nel caso 145 pensiero, specificando che i predetti verbali degli ispettorati del lavoro possono essere appunto considerati idonei in quanto inizio di procedure di recupero al fine di operare nell’ambito della normativa transitoria142, ma non possono essere , invece, considerati atti di specie , per le ragioni illustrate al precedente punto a). Di conseguenza qualora il giudizio si sia svolto esclusivamente tra il datore di lavoro e il lavoratore e non sussistano agli atti di sede precedenti atti interruttivi riferiti all'inadempienza di cui trattasi, il recupero contributivo potrà interessare solo i periodi non prescritti al momento della richiesta di accredito. g) Sanzioni amministrative. E' stato chiesto se le sanzioni amministrative richieste con il procedimento previsto dalla legge 689/81 ricadano o meno nella disciplina della citata legge n.335/95 e in particolare se debba essere accettato un pagamento spontaneo di sanzioni amministrative prescritte. Al riguardo, va considerato che la legge 689/81 che modifica il sistema penale, prevede la prescrizione quinquennale per tutte le somme dovute per le violazioni in essa contemplate e richiama le norme ordinarie per la disciplina per l'interruzione dei termini. Per effetto di tale richiamo si ritiene di poter sostenere che l'avvenuta prescrizione vada eccepita dal debitore e che quindi, il pagamento fatto a titolo di sanzione amministrativa resti acquisito a tale titolo.” 142 contra: Cassazione civile sez. lav. 03 settembre 2002 n. 12822 in Giust. civ. Mass. 2002, 1628: “l 'art. 3 l. 8 agosto 1995 n. 335, che ha introdotto il nuovo termine quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad applicarsi il termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di tale modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate durante la vigenza della precedente disciplina, ha inteso riferirsi a qualunque concreta attività di indagine ed ispettiva compiuta dall'ente previdenziale, indipendentemente dalla instaurazione del contraddittorio con il debitore.” Cassazione civile sez. lav. 27 gennaio 2004 n. 1468, in Giust. civ. Mass. 2004, 1: “l 'art. 3 l. 8 agosto 1995 n. 335, che ha introdotto il nuovo termine quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad applicarsi il termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di tale modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate durante la vigenza della precedente disciplina, ha inteso riferirsi a qualunque concreta attività di indagine ed ispettiva compiuta dall'ente previdenziale, indipendentemente dalla instaurazione del contraddittorio con il debitore, né rileva in contrario il 146 interruttivi nell’ambito della disciplina “ a regime” , in quanto difetterebbe negli stessi il necessario requisito di provenienza da parte del creditore (“per un principio generale di diritto, l'atto inteso ad esigere l'adempimento di un obbligo giuridico deve necessariamente provenire da uno dei soggetti del rapporto dal quale l'obbligo scaturisce … In conseguenza di quanto sopra esposto si ritiene che i verbali dell'Ispettorato del lavoro che contengano prescrizioni in materia di contributi previdenziali e assistenziali non interrompono i termini prescrizionali in quanto tali atti, come sopra detto, devono necessariamente provenire dal creditore e cioè dall'Istituto.”)143. Le due ipotesi sarebbero ben diverse e quindi non contraddittorie. La seconda affermazione dell’Istituto , che è peraltro la più rilevante , disposto dell'art. 252 disp. att. c.c., alla cui applicabilità osta il disposto del comma 10 della norma speciale citata.” Cassazione civile sez. lav. 09 febbraio 2005 n. 2589, in Giust. civ. Mass. 2005, 2: “la riduzione a cinque anni del termine di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatorie introdotta dall'art. 3, comma 9, l. 8 agosto 1995 n. 335, non si applica, continuando ad applicarsi il precedente termine decennale di prescrizione, sia nel caso di atti interruttivi già compiuti che di procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate durante la vigenza della precedente disciplina, per tali dovendosi intendere qualunque concreta attività di indagine o ispettiva compiuta dall'ente previdenziale titolare del credito per omessa contribuzione, non essendo invece idonei a determinare l'applicabilità del termine lungo di prescrizione atti d'iniziativa presi da soggetti diversi, quali il verbale amministrativo dell'Ispettorato del lavoro contenente la contestazione dell'omissione contributiva.” 143 La giurisprudenza (ex pluris, Cassazione civile sez. lav. 09 febbraio 2005 n. 2589, in Giust. civ. Mass. 2005, 2, la cui massima è alla nota 109), ritiene atti interruttivi tutte le attività di indagine o ispettive compiute dall'Istituto previdenziale e non, come si legge nella medesima sentenza citata, gli atti di iniziativa da parte di soggetti differenti quali l'Ispettorato del lavoro. 147 riguardando la disciplina definitiva, appare senza dubbio condivisibile, atteso che è principio generale, desumibile anche dalla rubrica dell’art. 2943 c.c. che l’atto interruttivo debba provenire dal titolare del credito, che, nella specie, è senza dubbio l’INPS e non l’Ispettorato del lavoro. Oltretutto, anche sotto il profilo oggettivo, l’atto dell’Ispettorato si limita quasi sempre ad un accertamento e non contiene alcun elemento di intimazione ad adempiere. Lascia, invece, alquanto perplessi la prima affermazione dell’Istituto, certo meno rilevante in concreto, atteso che riguarda una disciplina transitoria , destinata ad esaurire i suoi effetti con il tempo, ma pur sempre di sicura importanza, atteso il cospicuo numero di casi interessati. Pare , infatti, alquanto forzato il ritenere che le “procedure” indicate , sia pure in modo alquanto generico nel comma 10 più volte richiamato siano procedure poste in essere, sia pure parzialmente da un soggetto terzo rispetto al rapporto contributivo; del resto lo stesso Istituto pare tradire un certo impaccio sul punto, quando, forse anche per scongiurare divergenti interpretazioni giurisprudenziali, raccomanda alle proprie sedi di iniziare comunque in questi casi un’autonoma procedura di recupero. 148 Nel senso che il verbale dell’Ispettorato del lavoro non abbia efficacia interruttiva della prescrizione, da ultimo, Cassazione civile sez. lav. 31 luglio 2009 n. 17849 144. 5.2 IL RICONOSCIMENTO DEL DEBITO Il riconoscimento del debito, idoneo ad interrompere la prescrizione ai sensi dell'art. 2944 c.c., non esige formule speciali e può risultare da qualsiasi manifestazione di volontà145, la quale, ancorché non esplicita, implichi univocamente l'ammissione dell'altrui diritto. In quanto atto con il quale il debitore riconosce l’esistenza del proprio debito, è pacificamente un atto interruttivo della prescrizione. Questo 144 Cassazione civile sez. lav. 31 luglio 2009 n. 17849, in Giust. civ. Mass. 2009, 9, 1247: “in tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza ed assistenza sociale obbligatorie, l'ordinanza ingiunzione relativa a sanzioni amministrative e il verbale ispettivo dell'Ispettorato del lavoro non hanno efficacia interruttiva della prescrizione del credito contributivo: la prima, attesa la diversità della pretesa, non è qualificabile come procedura finalizzata al recupero dell'evasione contributiva, né configura un atto prodromico diretto al conseguimento dei contributi omessi; il secondo, costituisce un atto posto in essere da un soggetto, l'Ispettorato del lavoro, diverso dall'Ente impositore. Ne consegue che i predetti atti, non integrando i presupposti di cui all'art. 3, comma 10, l. n. 335 del 1995, non determinano la perdurante applicabilità del termine decennale di prescrizione, né della sospensione triennale della prescrizione medesima già prevista dall'art. 2, comma diciannovesimo d.l. n. 463 del 1983, conv. nella l. n. 638 del 1983.” 145 Cassazione civile sez. lav., 18 febbraio 1985, n. 1405 in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 2: “la valutazione del giudice del merito circa l'idoneità di un determinato atto (nella specie, richiesta di dilazione del pagamento del debito contributivo, senza contestazione del relativo importo) ad integrare un riconoscimento interruttivo della prescrizione è incensurabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione immune da vizi.” 149 non solo in ambito civilistico ma anche nel diritto previdenziale dove, però, non essendo possibile versare i contributi prescritti, nessuna valenza potrà avere un atto di riconoscimento del debito se successivo alla scadenza del termine prescrizionale (in quanto con la scadenza del termine il diritto si estingue). Detto questo, resta da individuare quali atti possano essere ritenuti riconoscimento del debito. Il problema si è posto in giurisprudenza in particolar modo con riguardo ai modelli DM 10 (denuncie contributive mensili) , ai modelli O1 M (che contengono la denuncia nominativa dei lavoratori occupati nell'anno precedente, redatta su apposito modulo, e le retribuzioni individuali corrisposte nonché tutti i dati necessari alla applicazione delle norme in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria) e alle dichiarazioni di condono. Cominciando dalle denuncie mensili, con l'art. 30 l. 21 dicembre 1978 n. 843 (recante le disposizioni per la formazione del bilancio dello Stato: c.d. finanziaria per il 1979) è stato posto a carico dei datori di lavoro, tenuti "alla denuncia ed al versamento dei contributi con le modalità previste dal decreto ministeriale 5 febbraio 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 13 febbraio 1969", l'obbligo di presentare all'INPS "le denunce contributive relative ai periodi di paga scaduti, redatte sui moduli predisposti dall'Istituto medesimo", "entro i termini fissati per il versamento dei contributi". 150 L'art. 1 del decreto ministeriale 5 febbraio 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 13 febbraio 1969 ed emanato ai sensi dell'art. 5 del d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488, aveva in effetti istituito un nuovo sistema per la denuncia e per il versamento dei contributi di previdenza sociale, "basato sulla trasmissione di elenchi nominativi dei lavoratori occupati", contenenti tutte le indicazioni relative alle retribuzioni e agli altri elementi necessari ai fini assicurativi. Questo decreto ministeriale è stato successivamente integrato e in parte modificato dal decreto ministeriale 24 febbraio 1984, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 luglio 1984 n. 193 ed emanato, ai sensi dell'art. 1 d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito in l. 11 novembre 1983 n. 638, congiuntamente dai Ministri delle Finanze, del Tesoro e del Lavoro e della Previdenza Sociale (allo scopo di provvedere alla codificazione unica per il versamento delle imposte e dei contributi previdenziali "entro termini unificati"), il quale nell'art. 1 ha stabilito che il versamento delle somme dovute dai datori di lavoro, non agricoli, quali sostituti di imposta e di quelle dovute alle gestioni previdenziali ed assistenziali dovesse essere effettuata "entro il 20 di ogni mese, ferme restando le diverse periodicità". Dal combinato disposto delle norme precedenti la giurisprudenza ha escluso che la presentazione nei termini dei DM 10, a differenza della presentazione oltre i termini, sia atto interruttivo della prescrizione. 151 I datori di lavoro, infatti, sono tenuti a presentare le denunce contributive, sui moduli predisposti dall'INPS (i c.d. modelli DM 10M), per ciascun periodo di paga scaduto, è evidente che la denuncia deve seguire e non precedere la scadenza del periodo, con la conseguenza che, per i periodi di tempo pari al mese, la denuncia deve essere effettuata nel mese successivo entro il termine fissato per il versamento dei contributi. E tale termine deve essere individuato nel giorno 20 di ogni mese; Il debito contributivo del datore di lavoro non sorge per effetto e al momento della denuncia, ma viene in essere contestualmente alla nascita dell'obbligazione retributiva, vale a dire nel momento in cui, instauratosi il rapporto di lavoro subordinato, al lavoratore deve essere elargita la retribuzione (e per la somma corrispondente). Peraltro, per le retribuzioni da corrispondersi mensilmente, il debito, pur essendo già sorto, tuttavia è esigibile solamente alla scadenza del ventesimo giorno del mese successivo. La giurisprudenza, attraverso queste considerazioni, deduce che, quando dal datore di lavoro viene presentato il modello DM 10-M, la relativa denuncia fa riferimento ad un debito già sorto, ma non ancora scaduto con la conseguenza che la presentazione della denuncia contenuta nel suddetto modello DM 10-M, anche a volerla considerare alla stregua di un atto ricognitivo, non possa avere efficacia 152 interruttiva perché l'atto interruttivo è tale solo se interviene nel corso della prescrizione, vale a dire quando il termine prescrizionale è già iniziato, e non prima, non potendo essere interrotto ciò che ancora non esiste. Pertanto, poiché l'art. 2935 c.c. stabilisce che la prescrizione comincia a decorrere "dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere" e poiché, come si è detto sopra, il diritto dell'INPS può essere fatto valere solamente dopo il giorno 20 di ogni mese, è stato ritenuto che la presentazione del modello DM 10-M, effettuata entro tale termine di scadenza, intervenga in un momento che precede l'inizio della prescrizione del credito dell'Istituto previdenziale, senza, quindi, che allo stesso possa essere collegato alcun effetto interruttivo. In conclusione possono essere considerati interruttivi della prescrizione soltanto i rendiconti mensili , totalmente o parzialmente insoluti, presentati oltre il 20 del mese146. 146 Cassazione civile sez. lav. 18 ottobre 2002 n. 14826, in Giust. civ. Mass. 2002, 1823: “la presentazione all'Inps, da parte del datore di lavoro, delle denunce contributive compilate sui c.d. "modelli DM 10/M" non può essere configurata come riconoscimento del debito contributivo, idoneo ad interrompere la prescrizione, ex art. 2944 c.c., trattandosi di un atto che avendo come scadenza il giorno 20 di ogni mese (secondo il disposto dell'art. 1 d.m. 24 febbraio 1984, emanato ai sensi dell'art. 1 del d.l. n. 463 del 1983, convertito in legge n. 638 del 1983) - interviene in un momento che precede l'inizio della prescrizione del credito dell'Istituto previdenziale (che può essere fatto valere solo dopo la suddetta data di scadenza). 153 Relativamente ai modelli 01 M, invece, dove il datore indica le retribuzioni corrisposte al dipendente e afferma che sulle stesse sono dovuti i contributi di legge147, gli stessi possono probabilmente rientrare nel riconoscimento del debito, in quanto pur se è vero che il debito medesimo non è esattamente quantificato, lo stesso è, tuttavia agevolmente quantificabile, attraverso una mera operazione di tipo matematico. La giurisprudenza della Corte di Cassazione è infatti ferma nel ritenere che l'atto di riconoscimento del debito non ha natura negoziale e non deve essere compiuto con una specifica intenzione riconoscitiva. Ciò che occorre è che esso rechi, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell'esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà 148. 147 Il modello 01M è previsto dalla deliberazione dell'INPS del 20 novembre 1987 (nell'ambito della delegificazione delle norme in materia di denuncia annua nominativa: art. 10 comma 1° del D.L. 30 ottobre 1987 n. 442 e D.M. 4 dicembre 1987); esso contiene la denuncia nominativa dei lavoratori occupati nell'anno precedente, redatta su apposito modulo, e le retribuzioni individuali corrisposte nonché tutti i dati necessari alla applicazione delle norme in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria. 148 Cassazione civile sez. lav. 27 giugno 1996 n. 5939, in Giust. civ. Mass. 1996, 926: “il riconoscimento dell'altrui diritto, al quale l'art. 2944 c.c. ricollega l'effetto interruttivo della prescrizione, non ha natura negoziale ma costituisce un atto giuridico in senso stretto di carattere non recettizio, il quale non richiede, in chi lo compie una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo solo che esso rechi, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell'esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà. La relativa indagine, in quanto rivolta alla ricostruzione di un fatto e non all'applicazione di specifiche norme di diritto, è riservata al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente 154 Dalla natura dell'atto di riconoscimento è stata poi ricavata la ulteriore implicazione che l'indagine - volta a stabilire se una determinata dichiarazione costituisca riconoscimento del diritto fatto valere in giudizio, a norma dell'art. 2944 codice civile, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, con l'ulteriore conseguenza che il relativo accertamento, se immune da vizi logici e da errori di diritto, non è sindacabile in cassazione149. motivata (Nella specie i giudici di merito - con decisione confermata dalla S.C. - avevano ritenuto interruttiva della prescrizione del diritto al compenso per lavoro straordinario maturato da dipendenti dell'Ente Ferrovie dello Stato la comunicazione dell'ente diretta ai capi degli uffici e per conoscenza a tutto il personale nella quale si precisava che "non hanno in atto motivo di sussistere i manifestati timori circa la decorrenza della prescrizione", benché alla liquidazione delle relative competenze fosse d'ostacolo la mancanza di un provvedimento legislativo che garantisse la copertura finanziaria dell'esborso).” 149 Cassazione civile sez. III 18 giugno 1992 n. 7548, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 6: “il riconoscimento del diritto che, a norma dell'art. 2944 c.c., interrompe la prescrizione, può anche essere contenuto in un atto non negoziale (purché volontario) che, ancorché diretto al perseguimento di finalità diverse, riveli, comunque, la consapevolezza dell'esistenza del diritto. L'accertamento del contenuto ricognitivo di un determinato atto (nella specie, la richiesta al soggetto danneggiato in un sinistro stradale della documentazione sulla entità del danno) è riservato alla valutazione discrezionale del giudice di merito e non è pertanto sindacabile in Cassazione, se immune da vizi logici ed errori di diritto.” Cassazione civile sez. lav. 18 febbraio 1985 n. 1405, in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 2: “il riconoscimento del debito, idoneo ad interrompere la prescrizione ai sensi dell'art. 2944 c.c., non esige formule speciali e può risultare da qualsiasi manifestazione di volontà, la quale, ancorché non esplicita, implichi univocamente l'ammissione dell'altrui diritto. La valutazione del giudice del merito circa l'idoneità di un determinato atto (nella specie, richiesta di dilazione del pagamento del debito contributivo, senza contestazione del relativo importo) ad integrare un riconoscimento interruttivo della prescrizione è incensurabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione immune da vizi.” 155 Infatti, il riconoscimento del quale si discute costituisce un atto giuridico in senso stretto, la cui identificazione non implica l'applicazione di specifiche norme di diritto, ma più semplicemente la ricostruzione di un accadimento, di un fatto umano, la quale deve essere solamente motivata in modo congruo e corretto150. Per quanto attiene, invece al condono, la norma della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 81, comma 9, ha stabilito che “le clausole di riserva di ripetizione subordinate agli esiti del contenzioso per il disconoscimento del proprio debito, apposte alle domande di condono previdenziale, presentate ai sensi del D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 4, convertito con modificazioni dalla L. 28 maggio 1997, n. 140, e precedenti provvedimenti di legge sempre in materia di condono 150 Cassazione civile sez. lav.12 maggio 2004 n. 9054, in Giust. civ. Mass. 2004, 5: “l'atto di riconoscimento di debito è un atto giuridico in senso stretto, e come tale non ha natura negoziale e non deve necessariamente esprimere una specifica intenzione ricognitiva, essendo sufficiente che esso contenga, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell'esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà. L'indagine volta a stabilire se una determinata dichiarazione costituisca o meno riconoscimento di debito in relazione al diritto fatto valere in giudizio costituisce attività di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivata. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto esente da vizi la sentenza di merito che aveva qualificato come riconoscimento di debito i modelli 01/M, compilati a cura del datore di lavoro e costituenti la denuncia annuale, inviata all'Inps, delle retribuzioni corrisposte dal datore di lavoro al personale dipendente, e ne aveva dedotto l'idoneità degli stessi ad interrompere il decorso della prescrizione del credito contributivo dell'Inps). Il credito per sanzioni civili, che trae origine da una obbligazione accessoria "ex lege", ha pur nella sua accessorietà, la stessa natura giuridica della obbligazione principale e deve essere assoggettato al medesimo regime prescrizionale, in particolare, con riferimento alle omissioni ed evasioni contributive, la prescrizione del credito per sanzioni civili è la medesima dei contributi cui esse ineriscono.” 156 previdenziale, sono valide e non precludono la possibilità di accertamento negativo in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito”. E’ con tale norma retroattiva, applicabile a tutte le domande di condono previdenziale, che è stata, quindi, attribuita al contribuente, che abbia proposto riserva di ripetizione contestualmente a detta domanda, la possibilità di ottenere l’accertamento negativo in sede contenziosa circa la sussistenza del debito contributivo condonato151 151 Così: Cassazione civile sez. lav. 27 febbraio 2002 n. 2943 in Giust. civ. Mass. 2002, 342, Informazione previd. 2002, 60:”la normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi (cosiddetto condono) è intesa a consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici e organizzativi ad esso collegati; tuttavia essa consente l'apposizione di una riserva di accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, che ha il valore di condizione risolutiva unilateralmente apposta alla domanda di condono. Tale riserva deve essere però contestuale alla domanda, essendo altrimenti vanificata l'esigenza di consolidare la situazione giuridica conseguente all'istanza di regolarizzazione contributiva.” Cassazione civile sez. lav. 05 luglio 2002 n. 9751, in Giust. civ. Mass. 2002, 1165: “in tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23 dicembre 1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di provvedimenti legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, attribuisce al soggetto che contemporaneamente a detta domanda abbia proposto riserva di ripetizione la possibilità di ottenere l'accertamento negativo in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito. Tale disposizione, che risponde alla finalità, primaria rispetto al beneficio della diminuzione del contenzioso, di incentivare le domande di condono per esigenze di bilancio, manifestamente non si pone in contrasto con i principi costituzionali di parità di trattamento nei confronti dei cittadini e di buona amministrazione.” Cassazione civile sez. lav. 04 marzo 2003 n. 3198, in Giust. civ. Mass. 2003, 447: “la normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi (cosiddetto condono) è intesa a consentire l'immediata 157 percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici e organizzativi ad esso collegati; tuttavia essa consente, ex art. 81, comma 9, legge n. 448 del 1998, l'apposizione di una riserva di accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, che ha il valore di condizione risolutiva unilateralmente apposta alla domanda di condono. Tale riserva deve essere però contestuale alla domanda, essendo altrimenti vanificata l'esigenza di consolidare la situazione giuridica conseguente all'istanza di regolarizzazione contributiva, senza che tale limitazione si ponga in contrasto con l'art. 24 cost., costituendosi in capo al privato un effetto giuridico da lui stesso voluto, secondo un esatto criterio di autoresponsabilità.” Cassazione civile sez. lav. 14 marzo 2003 n. 3784, in Giust. civ. Mass. 2003, 522, Orient. giur. lav. 2003, I, 217: “con riferimento alla disciplina dettata dall'art. 81 comma 9 l. 23 dicembre 1998 n. 448 in materia di clausole di riserva di ripetizione apposte alle domande di condono previdenziale, è manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale, in relazione agli art. 3, 24 e 97 cost., della previsione normativa di esclusione degli interessi dalle somme che gli enti previdenziali sono tenuti a restituire alle aziende in caso di accertamento negativo dell'obbligo contributivo, tenuto conto che il complessivo intervento del legislatore nella predetta materia - con il riconoscimento alle aziende di un'agevolazione "ulteriore" rispetto al condono, quale la facoltà di condizionare risolutivamente gli effetti di questo, e la contestuale esclusione degli interessi sulle somme eventualmente da restituire - configura una regolamentazione di tipo "transattivo", nel cui ambito la previsione di non debenza degli interessi, rispondendo all'esigenza di non aggravare la posizione degli enti suddetti eventualmente obbligati alla restituzione dell'indebito, configura una situazione del tutto particolare e diversa rispetto agli altri contribuenti che abbiano diritto, a diverso titolo, alla ripetizione di contributi indebitamente versati (v. Corte cost. n. 234 del 2002); nè, d'altra parte, la medesima previsione esclude che l'ente obbligato alla restituzione sia tenuto a comportarsi, nell'adempimento della sua obbligazione "ex lege", secondo il principio di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione e quello di correttezza e buona fede ex art. 1175 c.c., fermo restando che, peraltro, il credito del contribuente non resta privo di tutela giurisdizionale essendo comunque esperibile l'azione giudiziale (cognitoria ed eventualmente esecutiva) in caso di inadempimento.” Cassazione civile sez. lav. 27 ottobre 2003 n. 16120, in Giust. civ. Mass. 2003, 10: “per la stretta connessione, delineata dall'art. 81 comma 9 l. 23 dicembre 1998 n. 448, fra domanda di condono previdenziale con clausola di riserva (di ripetizione subordinata all'esito del contenzioso per il disconoscimento del debito contributivo) ed esonero dal pagamento degli interessi (sulle somme da rimborsare da parte dell'ente previdenziale all'esito del contenzioso), detto esonero sussiste anche ove, prima dell'entrata in vigore della predetta normativa, l'Istituto non abbia eccepito l'invalidità della 158 domanda con clausola di riserva (c.d. domanda clausolata), nonché nel caso in cui, per l'omesso integrale pagamento delle rate previste, il richiesto condono non si sia perfezionato, cessa invece dal momento in cui la sentenza che accerta l'indebito contributivo diventa giudicato. In quest'ultimo caso, tuttavia, limitatamente agli interessi relativi al periodo anteriore al giudicato, sussiste l'esonero dal pagamento, anche ove il giudicato sia anteriore all'entrata in vigore della citata normativa, se a tale momento la questione sulla debenza degli interessi sia ancora pendente. Cassazione civile sez. lav. 12 marzo 2004 n. 5139 in Giust. civ. Mass. 2004, 3: “in tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, ai sensi dell'art. 81, comma 9, l. n. 448 del 1998, deve essere contenuta nella domanda di condono previdenziale, cioè nell'atto unilaterale recettizio destinato al soggetto attivo del rapporto obbligatorio, titolare del potere di valutare l'ammissibilità della richiesta e di procedere alla deliberazione amministrativa; conseguentemente, non ha alcuna efficacia sul rapporto obbligatorio una riserva del debitore contenuta in un atto precedente la domanda. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere non riconoscendo efficacia ad una riserva contenuta in una delibera di Giunta del comune debitore, precedente la domanda di condono).” Cassazione civile sez. lav. 24 luglio 2004 n. 13942, in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8: “in tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, ai sensi dell'art. 81, comma 9, legge n. 448 del 1998, deve essere necessariamente contenuta nella domanda di condono previdenziale, poiché si configura come condizione risolutiva apposta alla suddetta domanda di condono; pertanto se l'interessato abbia proposto domanda di condono senza riserva di ripetizione, la domanda stessa è configurabile come riconoscimento del debito contributivo, senza che sia possibile una successiva azione per ripetere quanto pagato.” Cassazione civile sez. lav. 03 agosto 2004 n. 14845 in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8: “in tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23 dicembre 1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di provvedimenti legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, attribuisce al soggetto che contemporaneamente a detta domanda abbia proposto riserva di ripetizione la possibilità di ottenere l'accertamento negativo in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito. In coerenza con tale previsione, la domanda di condono può dar luogo, in caso di accoglimento, alla declaratoria di cessazione della materia del contendere, ma in nessun caso può valere come riconoscimento del preteso obbligo contributivo.” 159 superando così l’orientamento giurisprudenziale che si era consolidato in una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione 152 . Alla luce Cassazione civile sez. lav. 13 marzo 2006 n. 5418, in Giust. civ. Mass. 2006, 3: “in tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23 dicembre 1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di provvedimenti legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, ha attribuito al soggetto che contemporaneamente a detta domanda abbia proposto riserva di ripetizione la possibilità di ottenere l'accertamento negativo in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito. Ne consegue che, ove la domanda di condono sia stata inoltrata e il relativo importo versato, il contribuente non ha diritto di pretendere dall'ente previdenziale la ripetizione di quanto versato in adempimento del condono, in mancanza dell'accertamento in sede contenziosa dell'insussistenza del debito contributivo. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso confermando la sentenza di appello che, riformando la sentenza di primo grado recante l'accoglimento dell'opposizione a decreto ingiuntivo con conseguente accertamento negativo del debito contributivo condonato, dichiarava la nullità del decreto perché reso nei confronti di soggetto ormai inesistente escludendo la possibilità di indagare sul merito della controversia).” Nelle quali sentenze , tra l’altro, si ribadisce sempre la necessità della contestualità della riserva, essendo altrimenti vanificata l’esigenza di consolidare la situazione giuridica conseguente all’istanza di condono. 152 Cassazione civile sez. un. 15 maggio 1998 n. 4918, in Giust. civ. Mass. 1998, 1051, Giust. civ. 1998, 1839,2529, Foro it. 1998, I,1781, Gius 1998, 2239, Informazione previd. 1997, 489, Mass. giur. lav. 1998, 734, Notiziario giur. lav. 1998, 361, Orient. giur. lav. 1998, I, 451: “la normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi (cosiddetto condono) è intesa, non diversamente dalla analoga normativa in materia tributaria, a consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici ed organizzativi ad esso collegati; deve pertanto ritenersi, pur in difetto di espressa previsione di legge al riguardo, che l'accoglimento della domanda di condono comporti il venire meno di ogni contestazione sull'esistenza del debito contributivo e che sia priva di ogni effetto la riserva di accertamento negativo del debito eventualmente apposta dall'interessato alla domanda di condono, senza che sia perciò solo configurabile una lesione del diritto di difesa, atteso che chi ritenga di non essere tenuto all'obbligo contributivo conserva ogni possibilità di far valere le proprie ragioni, non essendo il condono una via obbligata, ma una opzione ampiamente discrezionale. Ne consegue che deve essere rigettata la domanda di accertamento negativo dell'obbligo contributivo proposta dopo l'adempimento degli obblighi derivanti dalla disciplina sul 160 della predetta norma, ed in tal senso la successiva giurisprudenza153 , il condono con la clausola di riserva di ripetizione non è atto di riconoscimento del debito154. Pur non essendo un atto di condono, mentre, per i giudizi pendenti, ove tale adempimento avvenga in corso di causa, dovrà dichiararsi la cessazione della materia del contendere, e ove il beneficiario del condono si sia avvalso della facoltà di dilazionare il pagamento, il giudice dovrà limitarsi a definire il procedimento in corso con un provvedimento meramente processuale, così da non pregiudicare l'originaria pretesa dell'ente in caso di decadenza del soggetto obbligato dai benefici del condono.” 153 Cassazione civile sez. lav. 06 giugno 2000 n. 7623, in Giust. civ. Mass. 2000, 1227, Informazione previd. 2000, 1332: “alla domanda di condono previdenziale non può riconoscersi natura di riconoscimento del debito; essa, tuttavia, ha la funzione di regolarizzazione contributiva in quanto diretta a saldare senza penalità il relativo debito; in questi termini, di essa deve tenersi conto ai fini del computo della prescrizione del debito contributivo medesimo.” Cassazione civile sez. lav. 04 maggio 2010 n. 10715, in Guida al diritto 2010, 24, 77 (s.m.): La domanda di condono non costituisce riconoscimento di debito e quindi non interrompe la prescrizione, ma innesca una procedura di recupero dei contributi la quale costituisce quel requisito della "procedura già iniziata", previsto dalla l. 335 del 1995, che rende decennale il termine di prescrizione. In precedenza si segnala anche Cassazione civile sez. lav. 16 aprile 1994 n. 3641, in Giust. civ. Mass. 1994, 515 (s.m.): “La presentazione della domanda di condono contributivo previdenziale non implica il riconoscimento del debito da parte dell'imprenditore, nè comporta la rinuncia tacita di questi alla domanda di accertamento negativo del debito contributivo previdenziale.” 154 La riserva è, così, una condizione risolutiva unilateralmente apposta alla domanda di condono, come ritenuto dalle Sezioni Unite, e al pari di detta domanda ha natura recettizia (v.fra le altre Cassazione civile sez. lav. 27 febbraio 2002 n. 2943, in Giust. civ. Mass. 2002, 342, Informazione previd. 2002, 605: “la normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi (cosiddetto condono) è intesa a consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici e organizzativi ad esso collegati; tuttavia essa consente l'apposizione di una riserva di accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, che ha il valore di condizione risolutiva 161 riconoscimento si può ben ritenere però che i pagamenti delle rate di condono siano atti interruttivi della prescrizione del credito contributivo condonato. unilateralmente apposta alla domanda di condono. Tale riserva deve essere però contestuale alla domanda, essendo altrimenti vanificata l'esigenza di consolidare la situazione giuridica conseguente all'istanza di regolarizzazione contributiva.” Cassazione civile sez. lav. 12 marzo 2004 n. 5139, in Giust. civ. Mass. 2004, 3: “in tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, ai sensi dell'art. 81, comma 9, l. n. 448 del 1998, deve essere contenuta nella domanda di condono previdenziale, cioè nell'atto unilaterale recettizio destinato al soggetto attivo del rapporto obbligatorio, titolare del potere di valutare l'ammissibilità della richiesta e di procedere alla deliberazione amministrativa; conseguentemente, non ha alcuna efficacia sul rapporto obbligatorio una riserva del debitore contenuta in un atto precedente la domanda. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere non riconoscendo efficacia ad una riserva contenuta in una delibera di Giunta del comune debitore, precedente la domanda di condono”. E’ venuto meno il corollario pure enunciato dalle Sezioni Unite secondo cui tale condizione sarebbe inefficace se non accettata dall’altra parte (cfr. Cass. 2943/2002 la cui massima è sopra riportata). Comunque resta valido il principio secondo cui dopo l’adempimento (senza riserva) degli obblighi derivanti dalla disciplina sul condono deve essere rigettata la domanda di accertamento negativo dell’obbligo contributivo. Cassazione civile sez. lav. 24 novembre 2004 n. 22164, in Giust. civ. Mass. 2005, 1: “la normativa sulla regolarizzazione degli adempimenti contributivi è intesa, non diversamente dalla analoga normativa in materia tributaria, a consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici ed organizzativi ad esso collegati; ne consegue che, pur dopo l'entrata in vigore dell'art. 81, comma 9, della legge n. 448 del 1998, che ammette la valida inseribilità delle clausole di riserva di ripetizione nella domanda di condono, qualora l'adempimento degli obblighi derivanti dalla disciplina sul condono avvenga senza riserve, deve essere rigettata la domanda di accertamento negativo dell'obbligo contributivo e rimane irrilevante anche il sopravvenire, dopo il pagamento della somma prevista per il condono (e prima dell'inizio della causa per l'accertamento negativo dell'obbligo contributivo) di una normativa più favorevole, pur espressamente dichiarata retroattiva”. 162 5.3 LE PROCEDURE DI RECUPERO INIZIATE Il comma 10 dell’art. 3 della legge 335 del 1995 stabilisce che i termini di prescrizione di cui al comma 9, si applicano anche alle contribuzioni relative a periodi precedenti la data di entrata in vigore della presente legge, fatta eccezione per i casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente. L’espressione procedure iniziate ha generato dubbi interpretativi. Il problema principale che sembra porsi in proposito è quello relativo alla domanda se debba trattarsi di procedure che abbiano, in qualche misura, una valenza esterna ovvero se sia sufficiente che le medesime siano iniziate anche internamente all’Ente, che potrà farne valere l’effetto, previa ovviamente dimostrazione di quanto sopra detto. La latitudine dell’espressione semantica usata parrebbe apparentemente avallare la seconda ipotesi, e lo stesso INPS, nella circolare 262/95155 ritiene che la procedura di recupero del credito, che si sostanzia nelle partite trasmesse all’Ufficio legale di cui sia stata data notizia ai debitori interessati e nelle partite incluse nei ruoli esattoriali, sia un 155 Per il testo integrale vedi nota 140. 163 valido atto interruttivo solo ove risulti manifesta al debitore la volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto156. La circolare 18/1996 dell’INPS pare confermare, come già detto in precedenza, la tesi secondo la quale, nel concetto di procedura iniziata non possa rientrare anche l’ipotesi di azione giudiziaria relativa ad una controversia in cui l’Istituto sia rimasto estraneo essendosi la stessa svolta fra il datore di lavoro ed il lavoratore. La conclusione pare fondata avuto riguardo ai principi generali sulla provenienza dell’atto interruttivo. 156 Si segnala , sul punto, una (Cassazione civile sez. lav. 11 gennaio 2001 n 301: “Ai sensi dell'art. 3 l. n. 335 del 1995 a tutte le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria, compresa quella riguardante l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, diverse da quelle relative al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, il termine di prescrizione applicato è quello quinquennale; tuttavia continua ad applicarsi il termine decennale, introdotto dall'art. 12 d.l. 30 dicembre 1987 n. 536, conv. in l. 29 febbraio 1988 n. 48, alle procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate prima dell'entrata in vigore della norma n. 335 del 1995 cit., atteso che il comma 10 dell'art. 3 cit., pur stabilendo che i nuovi termini di prescrizione operano anche nei confronti delle contribuzioni precedenti alla nuova normativa facendo salvi i casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa precedente.”) decisione della Sezione lavoro che, in materia di premi assicurativi INAIL , ha considerato valide ai fini dell’applicabilità dell’art 3 decimo comma l’ipotesi di atti, come due lettere dell’INAIL stesso contenenti la richiesta necessaria per la quantificazione del premio “a consuntivo” e di quello anticipato per l’anno successivo. Tali lettere secondo i giudici di merito esternavano una iniziativa assunta in via amministrativa allo scopo di conseguire l’osservanza dell’obbligo contributivo . La sentenza concorda, infine , con i giudici di merito nel ritenere che la ratio della disposizione ex art. 3 decimo comma sia quella di non impedire la prosecuzione di iniziative di recupero dei contributi già intraprese dagli Istituti creditori escludendo, invece, la possibilità che siano perseguite ex novo delle omissioni contributive pregresse. 164 5.4 LA DENUNCIA DEL LAVORATORE La denuncia del lavoratore all’ente previdenziale dell’omissione contributiva, suffragata dalla prova della sussistenza del rapporto di lavoro157 “mediante documenti o prove certe” (art. 23 ter della legge n. 485 del 1972 158 ; in mancanza di tale prova certa il principio di automaticità non opera ed il lavoratore non può vantare alcuna pretesa, dovendo agire nei confronti inadempiente), del datore di lavoro è una forma di tutela del diritto all’integrità contributiva che garantisce al lavoratore, purché intervenuta prima dello scadere del termine di prescrizione dei contributi (non rileva se la prescrizione dei contributi159 interviene nell’eventuale160 inerzia 157 Cassazione civile sez. lav. 18 dicembre 1993 n. 12542, in Giust. civ. Mass. 1993, fasc. 12: “la prova certa del rapporto di lavoro, richiesta dall'art. 27 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (nel testo modificato ed integrato dall'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 e dall'art. 23 ter della l. 11 agosto 1972 n. 485) ai fini della verifica del requisito di contribuzione per il diritto alla pensione di invalidità - stabilito in relazione ai contributi non versati ma comunque risultanti dovuti nei limiti della prescrizione decennale - attiene solo all'accertamento dell'esistenza di un effettivo rapporto di lavoro al quale va ricondotta la posizione contributiva del lavoro assicurato, restando irrilevante a tal fine la precisa individuazione del soggetto datore di lavoro.” La ratio riposa nel “pericolo di oneri incontrollati, fondati su dichiarazioni compiacenti”. Così P. Boer, Ricongiunzione dei periodi assicurativi e automaticità delle prestazioni nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, in Riv. Giur. Lav., 1998, II, 390. 158 159 Cassazione civile sez. lav. 21 maggio 2002, n. 7459, in Dir. e Giust., 2002, 32, con nota di L. Assi, Principio di correttezza e lesione del credito del lavoratore assicurato: “Ove il lavoratore abbia dato comunicazione dell'omissione contributiva del datore di lavoro al competente ente previdenziale e quest'ultimo non abbia provveduto a conseguire i contributi omessi, lo stesso ente, in quanto obbligato, nell'ambito del rapporto giuridico con l'interessato (anche ex art. 1175 e 1176 cod. civ.), alla diligente 165 dell’Istituto previdenziale successiva alla denunzia), l’automaticità delle prestazioni attraverso l’accreditamento del periodo assicurativo oggetto dell’omissione161. riscossione di un credito che, ancorché proprio, vale a soddisfare il diritto costituzionalmente protetto del lavoratore, è tenuto a provvedere alla regolarizzazione della posizione assicurativa del lavoratore medesimo, ove a quest'ultimo sia precluso di ricorrere alla costituzione della rendita ex art. 13 legge n. 1338 del 1962 o all'azione di risarcimento danni ex art. 2116 cod. civ.”. 160 Cassazione civile sez. lav. 04 maggio 2002 n. 6409, in Giust. civ. Mass. 2002, 757, Notiziario giur. lav. 2002, 688: “in tema di prestazioni di previdenza obbligatoria, va riconosciuto il diritto del lavoratore di agire per far accertare la computabilità dei contributi dovuti e non versati dal datore di lavoro, ancorché non venga ancora rivendicato il diritto alla relativa prestazione, atteso che l'interesse ad agire deriva in tali ipotesi dalla contestazione dell'ente previdenziale in ordine alla computabilità dei contributi medesimi.” 161 Cassazione civile sez. lav. 27 agosto 1986 n. 5263, in Giust. civ. Mass. 1986, fasc.8 – 9: “il principio dell'automaticità della costituzione del rapporto assicurativo e delle conseguenti prestazioni previdenziali pur in mancanza del versamento dei relativi contributi, principio che trova applicazione anche in tema di pensione d'invalidità, presuppone il duplice requisito sia dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, che deve essere provato dal lavoratore mediante elementi certi, sia del mancato decorso della prescrizione decennale talché il pagamento tardivo di tali contributi possa essere effettuato dal datore di lavoro volontariamente (ex art. 55 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827) oppure coattivamente su richiesta dell'INPS (derivandone in mancanza la prestazione risarcitoria prevista dall'art. 2110 c.c. a carico del datore di lavoro). Il principio dell'automatismo delle prestazioni di cui al comma 1 dell'art. 2116 c.c. non è operante senza l'accertamento dei requisiti richiesti dalle disposizioni speciali cui fa riferimento, mediante una clausola di riserva, la citata norma principale. Dette disposizioni speciali (art. 40 e 41 l. 30 aprile 1969, n. 153 e art. 23 ter d.l. 30 giugno 1972) non si limitano, infatti a stabilire che il requisito contributivo deve intendersi per verificato anche quando i contributi non siano stati versati dal datore di lavoro, ma subordinano l'automatismo delle prestazioni, da parte dell'INPS, al duplice presupposto che esista il rapporto di lavoro subordinato, quale fonte generatrice del rapporto assicurativo e che i contributi non versati si riferiscano ad un periodo infradecennale, tali da non essere estinti per prescrizione. Incombe all'assicurato l'onere di provare la sussistenza di entrambi i presupposti.” 166 Se il lavoratore accede al beneficio dell’automaticità non può esperire una azione risarcitoria nei confronti dell’ente previdenziale. E questo proprio perché, nonostante l’eventuale inerzia e a prescindere dalle sue cause, opera l’automaticità con la conseguenza che non sussiste alcun danno da far valere nei confronti degli enti previdenziali. Gli stessi, infatti, hanno l’obbligo, di natura pubblicistica, di provvedere al recupero dei contributi omessi162 e se non provvedono, nonostante la denuncia presentata prima della scadenza del termine prescrizionale, opera comunque l’automaticità163. In sintesi, il lavoratore ha il potere di compiere un atto conservativo del proprio diritto alla integrità contributiva164 e se offre la prova certa della sussistenza del rapporto di lavoro non riceve alcun danno perché l’Inps deve riconoscergli l’automaticità delle prestazioni. 162 Cassazione civile sez. lav. 26 maggio 2000, n. 6911, in Rep. Foro it., 2000, Previdenza sociale, n. 854, dove la S.C. precisa che il lavoratore non ha alcuno strumento “(...) per costringerli all'azione di recupero, neanche può far valere un diritto al risarcimento del danno derivante dal mancato recupero, in coerenza, del resto, con l'autonomia del rapporto contributivo rispetto a quello previdenziale e con la tutelabilità dell'interesse del lavoratore al versamento dei contributi mediante l'azione che lo stesso - a diretta conoscenza dei dati di fatto rilevanti - può promuovere nei confronti del datore di lavoro, affinché adempia l'obbligo, derivante dal rapporto contrattuale in essere tra le parti, di versare i contributi previdenziali”. 163 Cassazione civile sez. lav. 21 maggio 2002 n. 7459, in Giust. civ. Mass. 2002, 892, per la cui massima si rinvia alla nota 125. 164 P. Capurso, Prescrizione dei contributi e denuncia del lavoratore, in Inf. prev., 2001, p. 964, ma anche L. Montuschi, Sulla prescrizione dei contributi previdenziali (un profilo singolare della riforma pensionistica, in Arg. Dir. Lav., 1996, 47). 167 Non vi è consenso in dottrina se ad avere incidenza sulla prescrizione sia solo la denunzia che abbia come destinatario l’ente previdenziale165, o anche quella rivolta a soggetto diverso dal creditore, quale la Direzione del lavoro166, o anche un ricorso con il quale si chieda la condanna del datore di lavoro al versamento dei contributi, o ancora una denuncia penale o un atto di costituzione in mora proposto dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro tenuto all’adempimento dell’obbligazione contributiva167. Non vi è 165 In questo senso, C. A. Nicolini, Prescrizione della contribuzione, automaticità delle prestazioni e tutela dell’anzianità previdenziale dopo la l. n. 335/1995, in Riv. It. Dir. lav., 1996, I, 312. 166 Cassazione civile sez. lav. 12 maggio 2005 n. 9962, in Orient. giur. lav. 2005, I, 423: “in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro il nuovo termine quinquennale di prescrizione dei contributi previdenziali previsto dall'art. 3, commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995 trova applicazione anche ai crediti maturati anteriormente, con eccezione per i crediti accertati entro il 31 dicembre 1995 e per i quali l'Ente creditore abbia interrotto i termini o avviato procedure di recupero.”. 167 Il datore di lavoro è il debitore e l’ unico responsabile del pagamento dei contributi assicurativi sia per la quota a proprio carico che per quella a carico del lavoratore,. Ne è conferma e ne consegue che sia l’unico soggetto legittimato all’azione di recupero verso l’Inps ( Cassazione civile sez. lav. 03 agosto 2001 n. 10749, in Foro it. 2001, I,3610: “in ipotesi di indebito versamento contributivo, il datore di lavoro è l'unico legittimato all'azione di ripetizione, anche con riguardo alla quota a carico del lavoratore, nei confronti dell'ente previdenziale, mentre il lavoratore che abbia subito l'indebita trattenuta sulla retribuzione può agire nei confronti del datore di lavoro che ha eseguito la trattenuta stessa, anche se il datore di lavoro non ha ancora ottenuto dall'ente previdenziale il rimborso dei contributi versati e non dovuti, a tal fine non rilevando la disciplina dettata dal d.l. n. 71 del 1993, in tema di modalità di rimborso delle somme a titolo di sgravi degli oneri sociali in favore delle imprese, che regola esclusivamente il rapporto tra detto ente e le imprese creditrici.”); difetto di legittimazione che può essere accertato anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo (Cassazione civile sez. lav. 20 novembre 1996 n. 10181, in Giust. civ. Mass. 168 comunque alcun obbligo di notificare la denuncia anche al datore di lavoro168. Detta denuncia, ed è questa la sua particolarità, ha come autore chi non è creditore (perché creditore è l’Ente previdenziale) 169, come invece dovrebbe essere per produrre un effetto interruttivo della 1996, 1551: “il datore di lavoro è l'unico soggetto passivo del rapporto contributivo, anche nel caso in cui abbia il diritto di rivalersi nei confronti del lavoratore per una quota dei contributi versati all'ente di previdenza o assistenza, e quindi, in caso di azione per la restituzione di contributi indebitamente versati dal datore di lavoro, promossa dal lavoratore nei confronti dell'ente previdenziale, è configurabile (non già l'infondatezza nel merito della pretesa dedotta in giudizio, ma) il difetto di legittimazione "ad causam", che va rilevato anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, col solo limite del giudicato interno, essendo in questione l'instaurazione del giudizio tra le giuste parti, mentre le ragioni del lavoratore possono essere fatte valere nei confronti del datore di lavoro, che legittimamente esegue trattenute retributive per attuare il diritto di rivalsa nei confronti del lavoratore solo nei limiti della reale sussistenza dell'"an" e nel "quantum" dell'obbligazione contributiva adempiuta. Il rapporto contributivo previdenziale intercorre, per legge, esclusivamente tra datore di lavoro e ente previdenziale; nell'ambito di questo rapporto, il datore di lavoro non va considerato un rappresentante "ex lege" del lavoratore ma è in realtà l'unico soggetto passivo del rapporto, obbligato direttamente - anche per la quota parte di contributi a carico del lavoratore nei confronti dell'ente previdenziale. Dalla predetta impostazione discende che, in caso di indebiti versamenti contributivi, i lavoratori non sono legittimati ad agire nei confronti dell'ente previdenziale per la restituzione delle quote contributive a loro carico (ovviamente il lavoratore può agire, per la restituzione della quota a suo carico - nei confronti del datore di lavoro).” 168 Cass. civile sez. lav. 28 gennaio 2003, n. 1372, in Notiziario giur. lav. 2003, 519, Giust. civ. Mass. 2003, 219, Lavoro nella giur. (Il) 2003, 759: “con riguardo alla disciplina introdotta dalla l. n. 335 del 1995, che riduce a cinque anni, a decorrere dal primo gennaio 1996, il termine di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria, salvi i casi di denuncia del lavoratore e dei suoi superstiti, ai fini dell'applicazione del termine di prescrizione ordinaria decennale è sufficiente che il lavoratore abbia presentato una propria denuncia all'Inps, relativa all'omissione contributiva del datore di lavoro, non essendo posto a suo carico, al fine di avvalersi del più lungo termine di prescrizione, alcun obbligo di notificare la denuncia anche al datore di lavoro.” 169 e come destinatario l'ente previdenziale e non il datore di lavoro. 169 prescrizione170. E tale denuncia sembra idonea ad incidere sulla durata del termine prescrizionale171, in deroga alla disciplina generale che prevede il divieto, per le parti, di disporre della prescrizione172. 170 A. Rondo, La facoltà di denuncia del lavoratore e dei suoi superstiti nel quadro della (nuova) disciplina sulla prescrizione dei contributi previdenziali, in Lav giur., 2001, 8, 727; M. Cinelli, Diritto della previdenza sociale, Giappichelli, Torino, 1999, p. 231; P. Capurso, op. cit., 962; L. Montuschi, op. cit., p. 47. 171 P. Parisella, Termini di prescrizione dei contributi previdenziali: appunti a margine di una recente pronuncia della Cassazione, in Mass. giur. lav., 2003, 4, p. 267; C.A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e tutela dell'anzianità previdenziale dopo la legge n. 335 del 1995, in Riv .it. dir. lav. 1996, 3, p. 295; A. Rondo, La facoltà di denuncia del lavoratore e dei suoi superstiti nel quadro della (nuova) disciplina sulla prescrizione dei contributi previdenziali, in Lav giur., 2001, 8, p. 727; P. Capurso, Prescrizione dei contributi previdenziali e denuncia del lavoratore, in Inf. prev., 2001, p. 960). Per una lettura dell’art. 3 comma 9 L. 335 del 1995 come avente “valore premiale del dovere di collaborazione del soggetto protetto” R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 449. 172 C.A. Nicolini, op. cit., p. 312; Cassazione civile sez. lav. 24 marzo 2005 n.6340 in Giust. civ. Mass. 2005, 3: “nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti - ai sensi dell'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 - anche per le contribuzioni relative a periodi precedenti la entrata in vigore della stessa legge (comma 10 del medesimo art. 3) e con riferimento a qualsiasi forma di previdenza obbligatoria. Ne consegue che, una volta esaurito il termine, la prescrizione ha efficacia estintiva (non già preclusiva) - poiché l'ente previdenziale creditore non può rinunziarvi - opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio. Pertanto, deve escludersi il diritto dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti e ad ottenere la retrodatazione dell'iscrizione alla Cassa (nella specie, dei geometri liberi professionisti) per il periodo coperto da prescrizione, senza che possa rilevare la eventuale inerzia della Cassa stessa nel provvedere al recupero delle somme corrispondenti alle contribuzioni, avendo il credito contributivo una sua esistenza autonoma, che prescinde dalla richiesta di adempimento fattane dall'ente previdenziale, ed insorgendo nello stesso momento in cui si perfeziona il rapporto (o, comunque, l'attività) di lavoro, che ne costituisce il presupposto, momento dal quale decorre, altresì, il termine prescrizionale dello stesso credito contributivo. Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali non 170 trova applicazione nel rapporto tra lavoratore autonomo (nella specie, libero professionista) ed ente previdenziale, nel difetto di esplicite norme di legge (o di legittima fonte secondaria) che, eccezionalmente, dispongano in senso contrario. Ne consegue che il mancato versamento dei contributi obbligatori impedisce, di regola, la stessa costituzione del rapporto previdenziale e, comunque, la maturazione del diritto alle prestazioni. Ne consegue altresì che il suddetto principio dell'automatismo delle prestazioni - proprio perché eccezionalmente previsto per la Cassa italiana di previdenza ed assistenza a favore dei geometri dall'art. 35 l. 24 ottobre 1955 n. 990, poi abrogato dall'art. 43 l. 4 febbraio 1967 n. 37 - non trova applicazione per le prestazioni che (come nella specie) non siano maturate nel periodo di vigenza (dal 1955 al 1967) dello stesso principio.” Cassazione civile sez. lav. 16 agosto 2001 n. 11140, in Giust. civ. Mass. 2001, 1600, Foro it. 2001, I,3604, Giust. civ. 2003, I,2583 (nota di: Bagianti): “nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti, ai sensi dell'art. 3 comma 9 l. 8 agosto 1995 n. 335, che vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e che, in forza del successivo comma 10 dello stesso articolo, si applica anche per i contributi prescritti prima della entrata in vigore della suddetta legge. Da ciò consegue che deve escludersi un diritto soggettivo dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti. Quanto poi alla differenza di trattamento dei lavoratori autonomi rispetto a quelli subordinati, in relazione alla mancata previsione di meccanismi di riparazione della perdita contributiva previsti solo per i dipendenti (rendita vitalizia, risarcimento del danno), essa non vale a ledere il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 cost., non potendosi ragionevolmente parificare le diverse situazioni dei suddetti lavoratori.” Cassazione civile sez. lav. 10 dicembre 2004 n. 23116 in Giust. civ. Mass. 2005, 1: “nella materia previdenziale, il regime della prescrizione già maturata è differente rispetto alla materia civile, in quanto è sottratto alla disponibilità delle parti, sicché deve escludersi l'esistenza di un diritto soggettivo degli assicurati a versare contributi previdenziali prescritti: la prescrizione, inoltre, opera di diritto e pertanto può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice, mentre l'ente previdenziale (anche se, come nella specie, di natura privatistica) non può rinunciare alla "irricevibilità" dei contributi prescritti. Detto principio di indisponibilità - attualmente fissato dall'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 desumibile, per il periodo precedente l'entrata in vigore di tale disposizione, dall'art. 55, comma 2, del r.d.l. n. 1827 del 1935 vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in base al comma 10 del citato art. 3 della legge n. 335 del 1995, si applica anche per i contributi prescritti prima dell'entrata in vigore della medesima legge.” Cassazione civile sez. lav. 12 gennaio 2002 n. 330, in Foro it. 2002, I,1023: “si deve escludere, in linea generale, un diritto soggettivo dell'assicurato a 171 Infatti la legge 335 del 1995 all’art. 3 comma 9 prevede che a decorrere dal 1° gennaio 1996, il termine prescrizionale è ridotto a cinque anni, salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti. Controversa è anche la questione del termine entro il quale la denuncia debba essere effettuata per poter esplicare gli effetti sopra indicati, aspetto che risente della difficile collocazione sistematica della norma. Il lavoratore, infatti, non essendo parte del rapporto contributivo, non dovrebbe avere il potere di incidere sulla durata del termine prescrizionale e, comunque, non dovrebbe essere lasciata alla sua discrezione, la possibilità di far valere o meno l’ avvenuta prescrizione 173 . Secondo una interpretazione letterale della norma, il termine per effettuare la denunzia dovrebbe essere lo scadere del versare contributi previdenziali prescritti, poiché, nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti; detto principio, che per il periodo precedente l'entrata in vigore della l. n. 335 del 1995 è desumibile dall'art. 55, comma 2, r.d.l. 1827/35, ed è ora fissato dall'art. 3, comma 9, l. 335/95, vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in forza del successivo comma 10 del citato art. 3, si applica anche per i contributi prescritti prima dell'entrata in vigore di quest'ultima legge.” 173 Cassazione civile sez. lav., 06 dicembre 1995, n. 12538, in Giust. civ. Mass. 1995, fasc. 12, “…il principio della irrinunciabilità della prescrizione è enunciato espressamente anche all'art. 55 del r.d.l. n. 55 del 1935, ostativo del pagamento dei contributi previdenziali prescritti, ed è consono ad un sistema previdenziale avente uno spiccato carattere pubblicistico, nell'ambito del quale è necessario, per la certezza dei rapporti tra l'ente gestore e i cittadini, che i contributi da versare o da rimborsare non siano prescritti e che, comunque, non sia lasciata alla discrezione dell'interessato la possibilità di far valere o meno l'avvenuta prescrizione.” 172 decennio174 , ma la giurisprudenza più recente e parte della dottrina ritengono la denunzia utile ai fini interruttivi solo se pervenuta entro il quinquennio 175 in quanto il prolungamento del termine (da 5 a 10 anni) avrebbe la possibilità di operare solo laddove il diritto non fosse venuto già venuto meno; in altri termini, affinché il termine medesimo possa essere raddoppiato, occorre pur sempre che il credito contributivo esista ancora e non sia già estinto per il maturare del quinquennio dalla sua scadenza, come fatalmente accadrebbe nel caso in cui, durante questo lasso di tempo non intervenisse la denunzia. L’Inps, originariamente, propendeva per la prima tesi e, nella circolare n. 18 del 1996176, osservava che il legislatore, con la 174 P. Capurso, Prescrizione dei contributi previdenziali e denuncia del lavoratore, in Inf. prev., 2001, 963; P. Capurso, Ius superveniens e rapporto contributivo: problemi attuali in tema di prescrizione e regime sanzionatorio dell’inadempimento, in Riv. Giur. Lav., 407; P.Boer, L’incidenza della denuncia del lavoratore sul termine di prescrizione dei contributi previdenziali, in Mass. Giur. Lav., 2005, 769. 175 Cassazione civile sez. lav. 24 febbraio 2006, n. 4153, in Dir. Rel. Ind., 2007, 212. Sul punto, i contributi di P. Capurso, Prescrizione dei contributi previdenziali e denuncia del lavoratore, cit.; M. Pallini, Gli effetti dell’autodenuncia del datore e della denuncia successiva del lavoratore sul termine prescrizionale applicabile in materia di omissioni contributive in Riv. It. Dir. Lav., 2001, II, 822; M. Sferrazza, L’efficacia della denuncia nel corso della prescrizione dei contributi previdenziali, in Lav. prev. Oggi, 2007, 862; L. Montuschi, Sulla prescrizione dei contributi previdenziali (un profilo singolare della riforma pensionistica), in Arg. Dir. lav., 1996, 49; A. Rondo, La facoltà di denuncia del lavoratore e dei suoi superstiti nel quadro della (nuova) disciplina sulla prescrizione dei contributi previdenziali, in Lav. Giur., 2001, 727. 176 Per il testo completo della circolare si rinvia alla nota 141. 173 disposizione richiamata, ha voluto porre un’eccezione alla generale prescrizione quinquennale introdotta, per proteggere il lavoratore che spontaneamente denunci l'inadempimento contributivo nei propri confronti, concedendo un termine più ampio di prescrizione dei contributi dovuti al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti 177. 177 in senso difforme, da ultimo, l’orientamento della Cassazione civile sez. lav. 07 gennaio 2009 n. 73, in Giust. civ. Mass. 2009, 2, 156: “in materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di assistenza obbligatoria in base alla disciplina recata dall'art. 3, commi 9 e 10, l. 8 agosto 1995 n. 335, la denuncia del lavoratore, di cui alla lett. a, ultimo periodo, del citato art. 3, comma 9, in relazione a contributi per i quali il termine quinquennale di prescrizione, decorrente dalla loro scadenza, sia integralmente maturato prima della data di entrata in vigore della predetta legge (17 agosto 1995), è idonea a mantenere il precedente termine di prescrizione decennale solo quando sia intervenuta prima della maturazione dell'anzidetto termine quinquennale (e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1995), non potendo più operare il prolungamento dello stesso termine una volta che il credito contributivo risulti già prescritto. (Fattispecie relativa a denuncia del lavoratore intervenuta in data 19 settembre 1994 in ordine a contributi previdenziali attinenti a fattispecie di licenziamento illegittimo del 19 febbraio 1981, rispetto ai quali era già ampiamente maturato il termine di prescrizione quinquennale).” Cassazione civile sez. lav., 10 marzo 2010 n. 5811, in Giust. civ. Mass. 2010, 4, 487: “in tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di assistenza obbligatoria, il principio secondo cui, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995, che ha introdotto il nuovo regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti, opera, al di fuori dei casi di conservazione del precedente termine decennale, il nuovo termine di prescrizione più breve, con decorrenza dall'1 gennaio 1996, trova applicazione anche nel caso, contemplato dal comma 9, lett. a, ultima parte, dell'art. 3 cit., di denuncia da parte del lavoratore del mancato versamento dei contributi all'Istituto previdenziale, con la conseguenza che, in relazione ai contributi dovuti per anni anteriori all'entrata in vigore della legge, il termine entro il quale la denuncia dev'essere inoltrata è quello di cinque anni dal 31 dicembre 1996, potendo però detto termine essere inferiore, in applicazione della regola generale di cui all'art. 252 disp. att. c.c., se tale è il residuo del più lungo termine determinato secondo il regime precedente, e che il diritto alla riscossione si prescrive entro il quinquennio dalla denuncia del lavoratore.” 174 L’Ente riteneva, pertanto, che il suddetto effetto, in quanto eccezione, non possa che essere legato ad una denuncia formale del lavoratore, diretta ad informare l'Istituto Previdenziale dell'esistenza di una omissione contributiva, parziale o totale178. Cassazione civile sez. lav. 24 gennaio 2012 n. 948, in Giust. civ. Mass. 2012, 1, 68: “in materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di assistenza obbligatoria, l'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, nel prevedere la riduzione del termine di prescrizione da decennale a quinquennale con decorrenza dalla data di maturazione del credito, è immediatamente efficace, non avendo introdotto alcun effetto sospensivo del decorso della prescrizione. Ne consegue che, con riguardo ai contributi maturati precedentemente all'entrata in vigore della nuova normativa, la denuncia del lavoratore è idonea a mantenere il precedente termine decennale solo se sia intervenuta prima della scadenza del termine quinquennale, senza che rilevi che tale scadenza intervenga in epoca anteriore alla stessa entrata vigore della nuova disciplina, dovendosi escludere che possa operare il prolungamento del termine una volta che il credito contributivo risulti già prescritto.” Cassazione civile sez. lav. 20 febbraio 2012 n. 2417, in Red. Giust. civ. Mass. 2012, 2: “in tema di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e assistenza obbligatoria, in base alla disciplina dell'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, la denuncia del lavoratore, di cui alla lett. a, ultimo periodo, dell'art. 3, comma 9, cit., in relazione a contributi scaduti anteriormente all'entrata in vigore della legge stessa, è idonea a mantenere il precedente termine di prescrizione decennale solo quando sia intervenuta prima della maturazione del nuovo termine quinquennale di prescrizione decorrente dalla scadenza (e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1995), non potendo più operare il prolungamento del termine una volta che il credito contributivo risulti già prescritto. (Nella specie, relativa ad obbligo contributivo scaduto nel settembre 1993, la S.C., applicando il principio, ha respinto il ricorso dell'istituto previdenziale contro la decisione di merito che aveva ritenuto inidonea a mantenere il termine di prescrizione decennale la denuncia del lavoratore intervenuta soltanto nel settembre 1999, e quindi oltre il quinquennio dalla scadenza).” “Va da sé che tale denuncia formale può essere sottoscritta dal lavoratore anche durante lo svolgimento dell'ispezione a seguito dei chiarimenti forniti al dipendente dall'Ispettore di vigilanza”. Così, circolare Inps n. 18 del 1996. 178 175 Di segno opposto è invece l’orientamento giurisprudenziale che ritiene come il prolungamento del termine abbia la possibilità di operare solo laddove il diritto non sia già venuto meno; in altri termini, affinché il termine medesimo possa essere raddoppiato, occorre pur sempre che il credito contributivo esista ancora e non sia già estinto per il maturare del quinquennio dalla sua scadenza, come fatalmente accadrebbe nel caso in cui, durante questo lasso di tempo non intervenisse la denunzia. Trattasi di un orientamento che considera la denuncia produrre un effetto analogo a qualsiasi atto interruttivo della prescrizione che, come tale, deve intervenire in pendenza del termine e non dopo la scadenza del termine e, quindi, a diritto estinto. E a tale orientamento giurisprudenziale, più di recente con la circolare n.31 del 2.3.2012179 si è adeguato anche l’INPS. 179 Circolare n.31 del 2.3.2012: “La legge 8 agosto 1995, n. 335, entrata in vigore il 17 agosto 1995, all’art. 3, commi 9 e10, ha disciplinato, come noto, il nuovo regime di prescrizione della contribuzione di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle gestioni pensionistiche nonché di tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza obbligatoria. L’interpretazione coordinata dei due commi dell'art. 3, necessaria a definire l’esatta applicazione della norma, ha dato luogo ad un lungo contrasto giurisprudenziale che ha richiesto, anche da parte dell’Istituto, l’adeguamento nel tempo delle disposizioni impartite in materia. Quanto il tema continui ad avere rilievo è dimostrato dai ripetuti interventi giurisprudenziali che si sono succeduti nel tempo anche per la fattispecie della prescrizione in presenza della denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti. A tale riguardo, con la presente circolare si forniscono le istruzioni specifiche alla luce dei mutati orientamenti giurisprudenziali, da ritenersi ormai costanti e consolidati, che affermano che la denuncia del lavoratore deve avvenire prima dello spirare della prescrizione quinquennale per consentire il meccanismo del raddoppio della prescrizione da cinque a dieci anni previsto dall’art. 3, comma 9, lett.a) ultimo periodo, della legge 176 n.335/95. 1. Quadro normativo di riferimento. E’ opportuno ricordare che con l’art. 3, commi 9 e 10 della legge in trattazione, in tema di prescrizione, si è delineato il seguente quadro: a)i contributi relativi a periodi precedenti al 17 agosto 1995, si prescrivono in cinque anni dal 1° gennaio 1996. Qualora siano intervenuti atti interruttivi o siano state poste in essere procedure di recupero prima del 17 agosto 1995, continua ad applicarsi, agli effetti del computo del più ampio termine prescrizionale (13 anni), la sospensione prevista dall’ art. 2, comma 19, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638. Diversamente, qualora gli atti o le procedure di recupero siano stati compiuti entro il 31 dicembre 1995, permane il termine decennale di prescrizione. b)i contributi dovuti per il finanziamento del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e di tutte le altre Gestioni pensionistiche obbligatorie in scadenza successivamente al 17 agosto 1995, conservano una prescrizione decennale fino al 31 dicembre 1995. A decorrere dal 1° gennaio 1996, la prescrizione è ridotta a cinque anni; c) la denuncia del lavoratore o dei suoi aventi causa effettuata, successivamente al 1° gennaio 1996, entro cinque anni dalla scadenza del termine previsto per il versamento della contribuzione non denunciata, consente la conservazione della prescrizione decennale per i contributi dovuti a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e di tutte le altre Gestioni pensionistiche obbligatorie; d)i contributi dovuti ai Fondi per le prestazioni previdenziali e assistenziali in scadenza successivamente al 17 agosto 1995, si prescrivono da tale data in cinque anni. 2. La denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti diretta al recupero della contribuzione non denunciata. Giova ricordare preliminarmente che la denuncia costituisce lo strumento attraverso il quale il legislatore ha inteso offrire al lavoratore o ai suoi superstiti la possibilità di ottenere il riconoscimento della contribuzione non denunciata dal soggetto tenuto per legge all’adempimento contributivo che si trova in posizione di terzietà rispetto al denunciante. Pertanto, sono legittimati ad effettuare la denuncia i lavoratori subordinati o a progetto, i lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, gli associati in partecipazione, i coadiuvanti dell’imprenditore artigiano e commerciante e i componenti del nucleo familiare dei lavoratori autonomi agricoli.In ordine gli effetti derivanti dalla denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti,la Suprema Corte di Cassazione, nel confermare la validità degli atti interruttivi compiuti prima del 17 agosto 1995 e tra il 17 agosto ed il 31 dicembre1995, ha ribadito che, a decorrere dal 1° gennaio 1996, il termine di prescrizione dei contributi è quinquennale. In particolare, con riferimento alla data del 17 agosto 1995, ai fini della conservazione della prescrizione decennale,la Corte ha chiarito che: Qualora, alla medesima data, siano trascorsi cinque anni dalla scadenza dell’obbligo contributivo, la denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti, se intervenuta entro il 31 dicembre 1995, realizza il medesimo effetto conservativo della prescrizione decennale analogamente agli effetti degli atti interruttivi posti in essere dall’Istituto nel medesimo 177 periodo; Qualora, al 17 agosto 1995, non sia trascorso il termine di cinque anni dalla scadenza dell’obbligo contributivo, il termine di prescrizione decennale permane a condizione che, prima della scadenza del quinquennio, intervenga una denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti. A decorrere dal 1° gennaio 1996, i contributi dovuti per il finanziamento del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e di tutte le altre Gestioni pensionistiche obbligatorie si prescrivono in cinque anni. Tuttavia, l’espressa previsione dell’art. 3, commi 9 e 10 della legge n 335/1995, non impedisce la possibilità che possa essere mantenuto il termine prescrizionale decennale qualora il lavoratore o i suoi superstiti presentino all’Istituto una denuncia entro il termine di cinque anni dalla scadenza dei contributi per i quali si chiede il recupero. La denuncia, se compiuta secondo le modalità descritte al successivo punto e nei termini sopra indicati, è atto di per sé idoneo ad interrompere, per i successivi dieci anni dalla data in cui è avvenuta, il decorso della prescrizione. Laddove, diversamente, la stessa venga effettuata oltre il predetto termine di cinque anni dalla scadenza dei contributi dei quali il lavoratore o i suoi superstiti chiedono il recupero, la contribuzione si considera prescritta e, qualora il datore di lavoro provveda ad effettuarne spontaneamente il versamento, l'Istituto deve procedere d'ufficio al suo rimborso. In relazione a ciò, le disposizioni impartite in materia con la circolare n. 262 del 13 ottobre 1995, devono essere conformate alle indicazioni sopra descritte. 3. Idoneità degli atti conservativi del termine decennale. Come già illustrato al punto precedente, la denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti può, in talune ipotesi, determinare la conservazione del precedente termine decennale. Occorre, tuttavia, precisare, in accordo con l’ormai costante giurisprudenza, che per tale si deve intendere soltanto la denuncia di omissione contributiva presentata all’Istituto dall’interessato (o dai superstiti) ai fini del recupero dei contributi non denunciati e che, in tal caso, l’allungamento del termine prescrizionale opera indipendentemente dal fatto che l’Istituto si attivi o meno, nei confronti del datore di lavoro inadempiente, con le opportune azioni di recupero. Gli operatori della funzione accertamento e gestione del credito dovranno procedere alla tempestiva gestione delle denunce effettuando le verifiche documentali poste a fondamento della richiesta del lavoratore e provvedendo, in presenza di tutti gli elementi richiesti, alla quantificazione del credito dell'Istituto e alla notifica al contribuente dell'atto di diffida al pagamento di quanto richiesto. La funzione vigilanza dovrà essere attivata esclusivamente qualora la documentazione agli atti della denuncia non consenta la definizione in via amministrativa della richiesta. Per quanto riguarda gli atti interruttivi (o gli atti di inizio di procedure di recupero) posti in essere dall’Istituto e ritenuti idonei ai fini dell’applicazione del preesistente termine di prescrizione decennale, oltre a richiamare quanto già rappresentato in proposito con la circolare n. 69 del 25 maggio 2005, si precisa che tra questi rientra qualunque concreta attività di indagine o attività ispettiva compiuta dall’Istituto in qualità di titolare della contribuzione omessa. 178 Con la denunzia, ad ogni modo, è reso possibile al lavoratore intervenire nel rapporto INPS- datore e, precisamente, nel meccanismo di azione e di recupero dei contributi dal parte dell’Istituto Previdenziale nei confronti del datore di lavoro. Infatti, mentre in passato si riteneva che la situazione soggettiva esistente tra i tre soggetti sopra specificati (Ente- datore- lavoratore) desse luogo ad un rapporto trilatero 180 , successivamente 181 la Giurisprudenza ha ritenuto si fosse in presenza di una pluralità di rapporti bilaterali e più precisamente: il rapporto contributivo esistente tra datore di lavoro (assicurante) e Istituto previdenziale (assicuratore), il rapporto previdenziale concernente l’erogazione delle prestazioni ed esistente tra Istituto assicuratore e lavoratore assicurato Al contrario, non potranno ritenersi idonei a determinare l'applicabilità del termine decennale di prescrizione, atti d'iniziativa, assunti da soggetti diversi, tra i quali si annoverano i verbali di altri Enti contenenti la contestazione dell'omissione contributiva. Ricorrendo tale fattispecie, l'omissione contributiva, analogamente a quanto previsto in caso di denuncia del lavoratore, dovrà essere notificata al contribuente riportando nell'atto di diffida il riferimento all'atto di accertamento posto a base della richiesta.” 180 Cassazione civile sez. lav. 24 aprile 1985 n. 2692 in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 4: “la domanda di un agente di commercio la quale, attraverso la richiesta di una sentenza di condanna all''ENASARCO ad accettare il versamento dei contributi da parte della ditta preponente, tenda all'instaurazione del rapporto assicurativo- previdenziale, che ha carattere trilaterale, comporta che nel relativo giudizio così promosso dal lavoratore (assicurato) contro l'ente previdenziale (assicuratore) debba essere presente, quale parte necessaria, anche la ditta preponente (assicurante).” 181 Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8. La massima è riportata nella nota successiva. 179 ed il rapporto tra assicurato (lavoratore) e assicurante (datore di lavoro). Da quest’ultimo rapporto sostanziale nascono diritti soggettivi direttamente tutelabili dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro. Tra di essi vi è quello che permette al lavoratore, durante il corso del rapporto assicurativo e sin dal momento in cui si è verificato il mancato versamento dei contributi, di esercitare un’azione di tipo contrattuale contro il datore di lavoro inadempiente al fine di avere regolarizzata la propria posizione assicurativa182 (sul punto si rinvia al 182 Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8: “tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne consegue che deve escludersi la sussistenza di una situazione di litisconsorzio necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda con la quale il lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei confronti del datore di lavoro. Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante all'ente assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno immediato, diverso dalla perdita futura e incerta della pensione di anzianità o di vecchiaia, consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio sostitutivo della pensione. La prescrizione del diritto al risarcimento di questo danno decorre dal momento di maturazione della prescrizione del diritto ai contributi, spettante all'ente assicuratore.”).Si segnala come alcune decisioni della S.C. ritenevano che in relazione al disposto di cui all’art. 55 del r.dl. 4 ottobre 1935 n. 1827, la interruzione della prescrizione dei contributi di assicurazione obbligatoria si verifica solo per effetto degli atti posti in essere dall’INPS titolare del diritto di credito e non anche quando uno di tali atti sia posto in essere da lavoratore (Cassazione civile sez. lav.10giugno1992 n.7104 in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 6, Informazione previd. 1992, 1304: “in relazione al disposto di cui all'art. 55 del r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, la interruzione della prescrizione dei contributi di assicurazione obbligatoria (il cui decorso preclude la possibilità di effettuare versamenti a regolarizzazione dei contributi arretrati) si verifica solo per effetto degli atti, indicati dall'art. 2943 c.c., posti in essere dall'INPS (titolare del relativo diritto di credito), e non quando anche uno di tali atti sia posto in essere dal lavoratore, come nell'ipotesi di azione giudiziaria da questi proposta nei confronti del datore di lavoro.”). 180 I Capitolo, I paragrafo, dove si è affrontato il tema del diritto alla integrità della posizione assicurativa). 5.5LA SOSPENSIONE DELLA PRESCRIZIONE: APPLICABILITA’ DELL’ART. 2941 N.8 C.C. L’art. 2935 del codice civile stabilisce che “la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”. Il successivo articolo 2941 n. 8 dispone che “la prescrizione rimane sospesa tra il debitore che ha dolosamente occultato l'esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto”. La giurisprudenza della Corte di Cassazione183 si è espressa nel senso che l’articolo 2935 faccia riferimento esclusivamente alla possibilità 183 Cassazione civile sezione lavoro 08 luglio 2009 n. 15991 in Red. Giust. civ. Mass. 2009, 7-8: “L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento. (Nella specie, relativa alla domanda di corresponsione di importi integrativi di assegni di pensione, la S.C. ha precisato che il termine prescrizionale decorreva dal giorno in cui il diritto avrebbe potuto essere fatto valere, e non da quello successivo nel quale i pensionati risultavano avere appreso dell'esistenza di una circolare che prevedeva che i benefici venissero riconosciuti anche al personale cessato dal servizio); così anche Cassazione 181 giuridica di far valere il diritto, non dando alcuna rilevanza alla possibilità materiale di farlo valere. “L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti civile sez. lav. 27 giugno 2011 n. 14163 Giust. civ. Mass. 2011, 6, 962: “L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento. (Nella specie, relativa alla domanda diretta ad ottenere le differenze sulla pensione aziendale, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto privo di rilievo, ai fini dell'interruzione della prescrizione, il ricorso già presentato per il conseguimento della superiore qualifica, atteso che all'epoca non era stato chiesto l'incremento del trattamento pensionistico, restando escluso che assumesse valore impeditivo il ritardo indotto dalla necessità di procedere all'accertamento del diritto alla maggiore retribuzione). E Cassazione civile sez. VI, 07 marzo 2012,n.3584 Giust. civ. Mass. 2012, 3, 285: “L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ostacolino l'esercizio del diritto e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali, salva l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha respinto il ricorso avverso la decisione di merito che, nel dichiarare parzialmente prescritto il diritto alla pensione sociale sostitutiva, non aveva attribuito rilievo ai tempi di accertamento giudiziale del diritto alla pensione di invalidità civile, oggetto di sostituzione).” 182 soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento”. L’articolo 2941 n° 8 sembrerebbe porsi, quindi, anche nell’interpretazione giurisprudenziale, quale eccezione al principio generale per cui gli ostacoli di fatto e gli impedimenti soggettivi non rilevino ai fini della decorrenza del termine prescrizionale. Sorge quindi la necessità di individuare le ipotesi di doloso occultamento e se le stesse siano integrate dall’ omessa iscrizione del lavoratore autonomo alla debita gestione previdenziale e dalla mancata registrazione del lavoratore dipendente. E se risulti, in qualche modo, in questi casi rilevante il contegno dell’Inps. La giurisprudenza, però, salvo sporadiche pronunce184, non giunge a questa conclusione esigendo dall’Istituto 184 qualcosa in più della Tribunale di Milano 10/14.4.2003, n. 1165: “in caso di verifica ispettiva che accerti scoperture contributive in relazione ad attività economica mai dichiarata all’INPS, resta sospesa, per i periodi pregressi e fino alla data dell’ispezione stessa, la prescrizione dei contributi, ricorrendo un’ipotesi di doloso occultamento del debito ex art. 2941 n. 8 cc.” 183 normale diligenza richiesta a livello generale al creditore nei casi di occultamento del credito ad opera del debitore. Infatti la giurisprudenza prevalente, nonostante la norma del codice civile non faccia espresso riferimento al concetto di impossibilità, ma solo all'occultamento del credito ( quindi alla rappresentazione di una situazione non corrispondente alla realtà al fine di superare la normale diligenza del creditore; il ricorso ad un criterio di impossibilità assoluta rischierebbe di togliere alla disposizione ogni concreta possibilità di applicazione) sembra ritenere che la causa di sospensione della prescrizione operi solo quando sia posto in essere dal debitore un comportamento tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito185. Si pone in tal modo un criterio che non 185 Cassazione civile, sezione lavoro 24 ottobre 1998 n. 10592, in Giust. civ. Mass. 1998, 2173: “La causa di sospensione della prescrizione di cui all'art. 2941 n. 8 c.c. ricorre quando sia posto in essere dal debitore un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l'esistenza dell'obbligazione, consistente in una condotta ingannatrice e fraudolenta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, non una mera difficoltà di accertamento del credito. (Fattispecie in materia di mancata precisazione da parte di una Usl, nelle informative periodicamente inviate ai medici convenzionati, dell'esatto importo loro dovuto per le prestazioni eseguite).” Cassazione civile, sezione lavoro 23 gennaio 2004 n. 1222, in Giust. civ. Mass. 2004, 1: “la causa di sospensione della prescrizione di cui all'art. 2941 n. 8 c.c. ricorre quando sia posto in essere dal debitore un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l'esistenza dell'obbligazione, consistente in una condotta ingannatrice e fraudolenta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, non una mera difficoltà di accertamento del credito. (Nella specie, la S.C ha cassato la sentenza di merito che aveva 184 impone certo di far riferimento ad una impossibilità assoluta di superare l'ostacolo posto dalla condotta del debitore, ma richiede di considerare l'effetto dell'occultamento in termini di impedimento non sormontabile con ordinari controlli186. ravvisato tale condotta in una circolare dell'Ente Ferrovie dello Stato volta soltanto a rassicurare i dipendenti in ordine alla non decorrenza della prescrizione del credito per il compenso per lavoro straordinario); Cassazione civile sezione lavoro 14 novembre 2011 n. 23809 in Giust. civ. Mass. 2011, 11, 1608 : “in tema di diritto all'equo compenso previsto dall'art. 23 r.d. 29 giugno 1939 n. 1127, non costituisce causa di sospensione della prescrizione ai sensi dell'art. 2941, n. 8, c.c., l'occultamento, da parte del datore di lavoro, della notizia della concessione di brevetto per l'ideazione di macchina destinata ad attività industriali, cui abbia proceduto un dipendente, in quanto la mera consultazione del registro dei brevetti è idonea, per lo speciale regime di pubblicità che regola la materia, a consentire, con l'impiego dell'ordinaria diligenza, la conoscenza di tale avvenuto riconoscimento, dovendosi conseguentemente escludere la configurabilità, in danno del creditore, di una vera e propria impossibilità di agire o comunque di un impedimento non sormontabile con normali controlli.” 186 Cassazione civile, sezione lavoro 17 aprile 2007 n. 9113 in Giust. civ. Mass. 2007, 4: “l'operatività della causa di sospensione della prescrizione di cui all'art. 2941, n. 8, c.c. ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, con la conseguenza che tale criterio non impone, in altri termini, di far riferimento ad un'impossibilità assoluta di superare l'ostacolo prodotto dal comportamento del debitore, ma richiede di considerare l'effetto dell'occultamento in termini di impedimento non sormontabile con gli ordinari controlli. (Nella specie, relativa a controversia in materia di opposizione a cartelle esattoriali per il recupero di crediti riconducibili al pagamento di contributi e sanzioni pretesi dalla Cnpaf nei confronti di alcuni avvocati, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che si era uniformata al principio di diritto enunciato, rilevando come il contenuto delle dichiarazioni inviate dai professionisti non avrebbe potuto impedire alla Cassa previdenziale di controllare la veridicità dei dati trasmessi, acquisendo le necessarie informazioni dai competenti uffici finanziari ai sensi dell'art. 17 della legge n. 576 del 1980)”. 185 Pertanto tale orientamento sembra ritenere che anche nei casi di “lavoro in nero” o mancata iscrizione del lavoratore autonomo alla debita gestione previdenziale l’Istituto sia onerato di mettere in atto, attraverso gli uffici a sua disposizione e a ciò deputati, tutti i controlli possibili al fine di porsi nelle condizioni di conoscere l’esistenza del credito. Le predette ipotesi sarebbero quindi una “mera difficoltà di accertamento del credito” e non un “impedimento non sormontabile con normali controlli”. E quindi non opererebbe la sospensione di cui all’art. 2941 n.8. Tuttavia una recente sentenza della Corte di Appello di Roma sembra muovere in un altro senso rispetto alla prospettiva giurisprudenziale prevalente: “la calendarizzazione dei pagamenti opera quando il soggetto sia iscritto alla Gestione Separata, circostanza che consente all’Ente di assumere le proprie determinazioni, non quando non vi sia stata l’iscrizione” configurando esplicitamente la mancata iscrizione come “attività diretta intenzionalmente ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione” ingenerando “una situazione obiettiva che ha precluso al creditore la possibilità di far valere il proprio diritto”. 187 Corte d’Appello di Roma, sezione lavoro, 15 marzo 2013 n. 2548/2013: “La calendarizzazione dei pagamenti opera quando il soggetto sia iscritto alla Gestione Separata, circostanza che consente all’Ente di assumere le proprie determinazioni, non quando non vi sia stata l’iscrizione configurando 187 186 La sentenza menzionata ritiene pertanto che la mancata iscrizione del lavoratore autonomo alla propria gestione previdenziale integri la fattispecie dell’occultamento doloso del debito legittimante la sospensione della decorrenza del termine prescrizionale in quanto all’Istituto sarebbe preclusa la possibilità di conoscere e calendarizzare il credito. Il successivo arresto logico, allora, potrebbe essere quello di ritenere che la mancata registrazione del lavoratore subordinato (il cosiddetto lavoro in nero) integri la fattispecie del doloso occultamento del debito. Ma sul punto non possono non trovare spazio considerazioni in ordine ai riflessi concreti che la disciplina dell’istituto della sospensione della prescrizione produce per il sistema previdenziale in generale. esplicitamente la mancata iscrizione come attività diretta intenzionalmente ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione ingenerando una situazione obiettiva che ha precluso al creditore la possibilità di far valere il proprio diritto.” In motivazione la predetta sentenza richiama l’orientamento della Cassazione civ. Sez. III 17 luglio 2002, n. 10383, in Giust. civ. Mass. 2002, 1255, secondo la quale “la operatività della causa di sospensione della prescrizione prevista dall’art. 2941 n.8 c.c. presuppone che in atti risulti la prova che il debitore abbia dolosamente occultato l’esistenza del debito al creditore. Detta prova si concreta nell’accertamento che il debitore abbia creato una situazione del tutto non corrispondente alla realtà al fine di superare la normale diligenza del creditore.” 187 A ben guardare, infatti, non sempre e non necessariamente la sospensione del termine prescrizionale e la conseguente possibilità di recupero della contribuzione omessa arreca vantaggi allo Stato. E questo perché la semplice possibilità per l’Inps di recuperare i contributi omessi in quanto non prescritti determina automaticamente l’applicazione del principio di automaticità delle prestazioni. Con le ovvie conseguenze già analizzate. CONCLUSIONI Nei regimi pensionistici si verifica l’ acquisizione, da parte del soggetto protetto, di una anzianità previdenziale cioè di periodi di tempo da considerare rilevanti ai fini dell'an e del quantum della futura ed eventuale pensione. Grazie al progressivo accumulo ed al raggiungimento della misura non inferiore al minimo previsto dalla legge il soggetto diviene "meritevole" di accedere ai trattamenti. Tale anzianità è un vero e proprio bene giuridico, un diritto attuale e non una mera aspettativa rispetto alla pensione che il soggetto vanta nei confronti dell'ente previdenziale competente e che, come tale, viene protetto dall'ordinamento. E a differenza dei contributi previdenziali, che sono prescrittibili, l'anzianità previdenziale è imprescrittibile, stante la sua natura di 188 diritto di status, e comunque il suo intimo collegamento con il diritto a pensione, anch’esso imprescrittibile, acquisibile al raggiungimento dei requisiti di legge.188. Il diritto a pensione ha l’ anzianità previdenziale come sua componente essenziale, giacché quest'ultima, combinata con altri fatti giuridici (età del soggetto, invalidità, morte), o, addirittura, da sola (nella pensione di anzianità) si converte, in un certo momento, nel diritto medesimo. Le conseguenze di simile ricostruzione non sono di poco conto, giacché l'anzianità previdenziale viene a condividere molte delle caratteristiche del diritto a pensione, quali, oltre all'imprescrittibilità, l'irrinunciabilità, l'inalienabilità, l'indisponibilità, l'intrasmissibilità, l'inviolabilità. Pertanto, la prima particolarità del c.d. "principio di automaticità", nei regimi i.v.s., sta nel fatto che lo stesso, prima ancora di influire sull'acquisto delle prestazioni previdenziali vere e proprie incide sulla posizione giuridica che le precede costituita dall'anzianità previdenziale. 188 A. Lener, Prescrizione estintiva e rapporto fondamentale, RDC, 1970, 253. L’imprescrittibilità del diritto a pensione, espressamente prevista per il settore del pubblico impiego (art. 5, D.P.R. n. 1092/1973), vale anche per tutti gli altri settori del sistema previdenziale (art. 38, Cost.; L. n. 153/1969; art. 2115 e 2934, c.c.). Si prescrivono invece i ratei di pensione (con un termine diverso a seconda se maturati e non liquidati o se già liquidati e non riscossi). Sul punto R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, 522. 189 E neppure l'acquisto di tale anzianità avviene in modo totalmente automatico, cioè in forza del solo svolgimento di una prestazione lavorativa subordinata perché occorre il pagamento dei contributi effettuato regolarmente o, comunque, nei termini di prescrizione. Una vera e propria automaticità, intesa come avverarsi di effetti giuridici conseguenti alla sola esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, va piuttosto riferita alla costituzione del rapporto previdenziale (nonché di quello contributivo), la quale, come è stato delineato nel 4° paragrafo del I capitolo, rappresenta un fenomeno distinto dall'automaticità sia delle prestazioni sia dell’anzianità contributiva. Il rapporto previdenziale pensionistico complessivamente inteso presenta uno stadio evolutivo che va da una fase iniziale, precedente all'acquisizione di un'anzianità previdenziale, alla successiva, graduale costituzione ed accumulazione dell'anzianità medesima, sino alla maturazione dei requisiti del diritto a pensione (raggiungimento dell'anzianità minima prevista dalla legge, eventualmente correlata all'età anagrafica o all'invalidità, o, per la prestazione ai superstiti, alla morte del titolare dell'anzianità predetta), per giungere all'acquisizione 190 del trattamento vero e proprio (in seguito a domanda): secondo lo schema tipico della fattispecie a formazione progressiva189. E la disciplina della prescrizione dei contributi rileva in questa fattispecie a formazione progressiva perché preclude che i periodi prescritti possano essere rilevanti ai fini dell’ anzianità previdenziale e, conseguentemente, del diritto a pensione. 189 Per una ricostruzione del rapporto giuridico previdenziale quale “fattispecie a formazione progressiva, nella quale il sorgere del diritto alla prestazione è condizionato dalla preesistenza cronologica di specifici fatti richiesti dal legislatore, R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, 469 ss. 191 GIURISPRUDENZA Di seguito si riportano le massime delle sentenze menzionate nell’elaborato. ANNO 1982 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 13 febbraio 1982 Numero: n. 924 Parti: Artieri C. RAI Fonti: Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 2. Al fine di elidere il pericolo del danno futuro della perdita totale o parziale della pensione, è concessa al lavoratore azione giudiziaria per la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi assicurativi non versati e non prescritti, mentre, per quelli omessi e prescritti, al lavoratore medesimo spetta, ai sensi dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 e prima che si sia concluso il complesso rapporto giuridico previdenziale, soltanto l'azione (estranea alla fattispecie risarcitoria ex art. 2116 c.c.) per la costituzione coattiva di una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o quota di pensione obbligatoria che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi omessi. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 18 ottobre 1982 Numero: n. 5377 Parti: SIP C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 9 Per gli iscritti al fondo speciale di previdenza degli addetti ai pubblici servizi di telefonia, ove la contribuzione assicurativa sia stata effettuata su una retribuzione inferiore a quella corrisposta, il tardivo versamento dei contributi non prescritti non è idoneo a conferire il diritto alla maggiorazione della pensione. Infatti, per i detti dipendenti l'art. 20, comma 1, della l. 4 dicembre 1956 n. 1450 collega la misura della pensione non soltanto all'entità della retribuzione ma anche all'effettivo versamento dei relativi contributi, mentre il comma aggiunto all'art. 27 del r.d.l. 30 aprile 1939 n. 636 dall'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 concerne ipotesi di automatismo finalizzato unicamente al raggiungimento del diritto alle prestazioni e, infine, 192 l'art. 23 ter del d.l. 30 giugno 1972 n. 267, che (nel testo risultante dalla legge di conversione 11 agosto 1972 n. 485) ha sostituito l'art. 40 della citata legge n. 153 del 1969, non può ritenersi applicabile agli iscritti al fondo speciale predetto - che è regolato da propria ed autonoma disciplina - in base al generico rinvio alle disposizioni della assicurazione generale obbligatoria contenuta nel comma 1 dell'art. 37 della citata legge n. 1450 del 1956. L'automatismo delle prestazioni di pensione disciplinato nell'assicurazione generale obbligatoria all'art. 23-ter della legge n. 485 del 1972 non opera nel fondo di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di telefonia in concessione, perché il generico rinvio alla disciplina generale contenuto all'art. 37 della legge n. 1450 del 1956 non consente la recezione di istituti contrastanti con quelli presenti nel fondo speciale, ed in particolare non consente di considerare presente la contribuzione non versata, in deroga all'art. 17 che espressamente esige la copertura contributiva per il periodo di iscrizione. La tardiva regolarizzazione contributiva del periodo non prescritto comportando, in assenza di automatismo delle prestazioni, la riliquidazione della pensione a partire dalla effettiva regolarizzazione, fa sorgere a carico del datore di lavoro una responsabilità per l'inadempimento e legittima la condanna del medesimo al risarcimento del danno commisurato alle differenze di pensione non percepite anteriormente alla effettiva regolarizzazione. ANNO 1984 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 26 marzo 1984 Numero: n. 1966 Parti: Inps C. Russo Fonti: Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 3-4., Giust. civ. 1984, I,1753. In tema di pensione I.N.P.S- I.V.S. spettante al lavoratore dipendente, la regola della cosiddetta " automaticità delle prestazioni " posta dall'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 (come sostituito dall'art. 23ter della l. 11 agosto 1972 n. 485) deve intendersi nel senso che solo i "periodi non coperti da contribuzione" utilizzati ai fini del raggiungimento del requisito del minimo contributivo vanno altresì considerati nel computo dell'anzianità contributiva, con la conseguenza che in ogni altro caso di omissione totale o parziale di contribuzione la riliquidazione della pensione va effettuata a norma 193 dell'art. 5, ult.comma, del d.P.R. 27 aprile 1968 n. 488, e cioè dopo che l'omissione contributiva è stata sanata. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 21 novembre 1984 Numero: n. 5977 Parti: Mori C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 11. Il disposto dell'art. 2115 comma 3 c.c. - che stabilisce la nullità di qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all'assistenza - non è applicabile qualora le parti abbiano inteso transigere non già su eventuali obblighi del datore di lavoro di corrispondere all'INPS i contributi assicurativi, bensì sul danno subito dal lavoratore per l'irregolare versamento dei contributi stessi. Poiché la legge conferisce sia ai funzionari dell'INPS sia all'ispettorato del lavoro poteri d'ispezione per il controllo della esattezza delle denunce dei datori di lavoro ai fini del versamento dei contributi, l'omissione o l'incompletezza delle denunce stesse non impedisce all'INPS di avere cognizione del proprio credito e di esercitarlo tempestivamente, con conseguente inapplicabilità dell'art. 2941 n. 8 c.c. (in tema di sospensione della prescrizione), salvo che siano stati posti in essere altri atti di natura fraudolenta tali da precludere in modo assoluto la possibilità di far valere il diritto. ANNO 1985 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 20 luglio 1985 Numero: n. 4307 Parti: Tudini C. Soc. ECI Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 7 Il diritto del lavoratore agli adempimenti assicurativi, anche se l'ammontare dei contributi è commisurato a quello della retribuzione, non è una derivazione del diritto alla retribuzione, in quanto entrambi tali diritti - come i corrispondenti obblighi del datore di lavoro sorgono contemporaneamente, come effetto immediato dell'instaurazione del rapporto di lavoro, e possono avere, nell'esecuzione di questo, sorte diversa ed indipendente, in ragione 194 della diversa disciplina cui sono sottoposti e del funzionamento dell'obbligo contributivo nell'ambito di un connesso rapporto previdenziale trilaterale. Conseguentemente, nel caso di inattuazione funzionale del rapporto di lavoro (nella specie, per licenziamento dichiarato di poi illegittimo), la persistenza in vita del medesimo legittima la pretesa risarcitoria relativa, oltre che alla mancata percezione della retribuzione, all'omissione delle contribuzioni previdenziali, nonostante la mancata erogazione della retribuzione nel periodo predetto. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 30 gennaio 1985 Numero: n. 636 Parti: Soc. Cartiere Burgo C. Bertolozzo Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 1 In considerazione del collegamento fra rapporto assicurativo e rapporto di lavoro - che del primo costituisce il presupposto - il mancato pagamento di contributi assicurativi, oltre a ledere la posizione previdenziale del lavoratore, genera anche incertezza sull'effettiva sussistenza di detto presupposto, con la conseguenza che la sua eliminazione costituisce oggetto di un interesse concreto ed attuale di quest'ultimo a sperimentare un'azione di accertamento del rapporto di lavoro - senza che siano necessarie altre condizioni - onde porre rimedio alla menzionata lesione nel quadro della tutela accordata dalla legge ed in particolare anche ai fini della prosecuzione volontaria della contribuzione o della costituzione della rendita vitalizia a norma dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, nell'ipotesi di prescrizione dei contributi. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 09 ottobre 1985 Numero: n. 4916 Parti: Caruso C. Inail Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 10 L'art. 24 della l. 17 ottobre 1967 n. 977 - norma che pone a carico del datore di lavoro che occupi alle sue dipendenze un minore degli anni quattordici di rimborsare l'INAIL degli importi delle prestazioni da quest'ultimo erogate al minore che abbia subito un infortunio sul lavoro - configura una speciale azione di rivalsa in favore dell'istituto 195 assicuratore, che prescinde dall'eventuale dolo o colpa del datore di lavoro nella determinazione dell'evento e si giustifica col fatto che stante la nullità del contratto di lavoro per effetto dell'età del minore e la conseguente mancata copertura assicurativa - l'INAIL tuttavia è tenuto per legge alle prestazioni assicurative solo per ragioni di solidarietà sociale, ma ha diritto di rivalersi sul datore di lavoro che ha dato causa alla situazione di nullità. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 18 febbraio 1985 Numero: n. 1405 Parti: Soc. Agostini C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 2 Il riconoscimento del debito, idoneo ad interrompere la prescrizione ai sensi dell'art. 2944 c.c., non esige formule speciali e può risultare da qualsiasi manifestazione di volontà, la quale, ancorché non esplicita, implichi univocamente l'ammissione dell'altrui diritto. La valutazione del giudice del merito circa l'idoneità di un determinato atto (nella specie, richiesta di dilazione del pagamento del debito contributivo, senza contestazione del relativo importo) ad integrare un riconoscimento interruttivo della prescrizione è incensurabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione immune da vizi. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 24 aprile 1985 Numero: n. 2692 Parti: ENASARCO C. Astuto Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 4 La domanda di un agente di commercio la quale, attraverso la richiesta di una sentenza di condanna all''ENASARCO ad accettare il versamento dei contributi da parte della ditta preponente, tenda all'instaurazione del rapporto assicurativo-previdenziale, che ha carattere trilateriale, comporta che nel relativo giudizio così promosso dal lavoratore (assicurato) contro l'ente previdenziale (assicuratore) debba essere presente, quale parte necessaria, anche la ditta preponente (assicurante). . 196 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 01 ottobre 1985 Numero: n. 4733 Parti: Inps C. Brambilla Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 10 Sussiste il vizio di extrapetizione, ove, proposta dal ricorrente la domanda di risarcimento del danno ex art. 2116, comma 2, c.c. per l'omesso versamento di contributi ormai prescritti, il giudice condanni il datore di lavoro al versamento all'INPS di una somma capitale per la costituzione di rendita vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, anche se dal ricorrente venga fatto richiamo al disposto di tale norma al fine di indicare un criterio per la quantificazione del danno di cui pretende il risarcimento. Il lavoratore - il quale agisca in giudizio chiedendo l'accertamento dell'omissione del versamento da parte del datore di lavoro dei contributi previdenziali e assicurativi, ormai prescritti, e la conseguente condanna di quest'ultimo al risarcimento del danno - non ha interesse all'impugnazione, in via adesiva a quella proposta dell'INPS per extra-petizione, della sentenza con cui il datore di lavoro sia stato condannato alla costituzione presso l'INPS della riserva matematica ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, giacché in tal modo viene integralmente ricostituita la posizione assicurativa del lavoratore ed emendato il danno patito, senza che possa rilevare l'eventuale insufficienza del versamento, comportando ciò la mancanza del presupposto della perdita totale o parziale della prestazione previdenziale spettante all'assicurato (o ai suoi superstiti), indispensabile a far sorgere l'obbligo risarcitorio di cui all'art. 2116, comma 2, c.c. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 05 dicembre 1985 Numero: n. 6111 Parti: Paolone C. RAI Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 12. Ove il lavoratore agisca nei confronti del datore di lavoro lamentando il mancato versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali e chiedendo la condanna di quest'ultimo al pagamento di un importo 197 pari alla riserva matematica necessaria per costituire la rendita vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, l'azione esercitata è quella di risarcimento del danno prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c. e quindi non occorre integrare il contraddittorio nei confronti dell'ente previdenziale. Non costituisce un patto diretto ad escludere gli obblighi relativi alla previdenza o all'assistenza - e pertanto non è affetto da nullità ex art. 2115 c.c. - l'accordo intervenuto tra datore di lavoro e lavoratore dopo la cessazione del rapporto ed avente ad oggetto la quantificazione della misura del risarcimento del danno spettante a quest'ultimo ex art. 2116 comma 2 c.c. per l'omissione contributiva del primo. ANNO 1986 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 27 giugno 1986 Numero: n. 4288 Parti: Inail C. Perricone Fonti: Giust. civ. Mass. 1986, fasc. 6, Giust. civ. 1986, I,2755. Ove venga posto in essere un rapporto di lavoro contra legem non avendo il lavoratore il requisito dell'età minima - rapporto che per tale motivo è semplicemente illegale per mancanza di un presupposto di validità e non già intrinsecamente illecito per l'oggetto o la causa - non di meno si costituisce automaticamente il rapporto assicurativo obbligatorio atteso che la prescrizione del comma 1 dell'art. 2126 c.c. secondo cui la nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non producono effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione - rende applicabile il comma 1 dell'art. 2116 c.c., che contempla il cosiddetto principio dell'automatismo delle prestazioni di previdenza e assistenza obbligatorie, principio che, nel particolare caso del rapporto di lavoro costituito in violazione della norma sull'età minima di ammissione al lavoro, trova conferma nell'art. 24, comma 1, l. 17 ottobre 1967 n. 977. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 27 agosto 1986 Numero: n. 5263 198 Parti: Inps C. Coppola Fonti: Giust. civ. Mass. 1986, fasc.8 – 9 Il principio dell'automaticità della costituzione del rapporto assicurativo e delle conseguenti prestazioni previdenziali pur in mancanza del versamento dei relativi contributi, principio che trova applicazione anche in tema di pensione d'invalidità, presuppone il duplice requisito sia dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, che deve essere provato dal lavoratore mediante elementi certi, sia del mancato decorso della prescrizione decennale talché il pagamento tardivo di tali contributi possa essere effettuato dal datore di lavoro volontariamente (ex art. 55 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827) oppure coattivamente su richiesta dell'INPS (derivandone in mancanza la prestazione risarcitoria prevista dall'art. 2110 c.c. a carico del datore di lavoro). Il principio dell'automatismo delle prestazioni di cui al comma 1 dell'art. 2116 c.c. non è operante senza l'accertamento dei requisiti richiesti dalle disposizioni speciali cui fa riferimento, mediante una clausola di riserva, la citata norma principale. Dette disposizioni speciali (art. 40 e 41 l. 30 aprile 1969, n. 153 e art. 23 ter d.l. 30 giugno 1972) non si limitano, infatti a stabilire che il requisito contributivo deve intendersi per verificato anche quando i contributi non siano stati versati dal datore di lavoro, ma subordinano l'automatismo delle prestazioni, da parte dell'INPS, al duplice presupposto che esista il rapporto di lavoro subordinato, quale fonte generatrice del rapporto assicurativo e che i contributi non versati si riferiscano ad un periodo infradecennale, tali da non essere estinti per prescrizione. Incombe all'assicurato l'onere di provare la sussistenza di entrambi i presupposti. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 16 dicembre 1986 Numero: n. 7590 Parti: Inps C. Baffetti Fonti: Giust. civ. Mass. 1986, Fasc. 12. Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, previsto in via generale dall'art. 2116 comma 1, c.c., opera soltanto in relazione alle pensioni ordinarie facenti capo all'assicurazione generale obbligatoria, ma non si applica ai fondi di previdenza speciali regolati 199 da diversa ed autonoma disciplina. (Principio affermato con riferimento al fondo di previdenza per il personale di volo gestito dall' I.N.P.S.). ANNO 1987 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 09 gennaio 1987 Numero: n. 95 Parti: Inps C. Russo Fonti: Giust. civ. Mass. 1987, fasc. 1, Informazione previd. 1987, 520. L'art. 33 della l. 6 dicembre 1971 n. 1084, nel disciplinare il fondo gas gestito dall'INPS, ha previsto che ai fini delle prestazioni previdenziali riconosciute dalla legge stessa siano rilevanti soltanto i periodi di iscrizione dei dipendenti di aziende erogatrici di gas in servizio effettivo alla data dell'1 maggio 1946; non sono pertanto rilevanti gli eventuali anteriori periodi di straordinariato, atteso che, per effetto dell'art. 3 c.c.n.l. 28 ottobre 1929 (istitutivo della Previdengas), l'iscrizione a tale speciale forma di previdenza era riservata esclusivamente ai dipendenti cosiddetti effettivi, ossia di ruolo. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 15 dicembre 1987 Numero: n. 9270 Parti: Soc. Sadelmi C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 1987, fasc. 12. L'esercizio della facoltà del lavoratore dipendente da ricostruire mediante rendita vitalizia ex art. 13, comma 5, legge n. 1338 del 1962 la propria posizione assicurativa presso l'INPS in sostituzione del datore di lavoro - essendo connesso, per espressa previsione del comma 1 dell'art. 13 cit., alla prescrizione dei contributi assicurativi è soggetto anch'esso a prescrizione con decorrenza - secondo il generale disposto dell'art. 2935 c.c. - dal giorno in cui il diritto poteva essere fatto valere e pertanto dal giorno di scadenza della prescrizione dei contributi che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare e non ha versato, a nulla rilevando che per la proposizione della relativa domanda in sede amministrativa non sia previsto alcun termine. (Nella 200 specie la S.C. ha cassato la pronuncia del giudice del merito che aveva ritenuto non prescritto il diritto suddetto nonostante che fosse stato esercitato per la prima volta dopo oltre 10 anni dalla prescrizione dei contributi assicurativi omessi e quindi aveva accolto la domanda di rimborso del lavoratore nei confronti del datore di lavoro). ANNO 1988 Autorità: Cassazione civile sez. un. Data: 01 marzo 1988 Numero: n. 2161 Parti: Com. Catania C. Bastagallo Fonti: Giust. civ. Mass. 1988, fasc.3 Il trattamento pensionistico del Fondo per il personale addetto alle imposte di consumo viene corrisposto sulla base dei contributi effettivamente versati dal datore di lavoro (art. 3 della l. 6 giugno 1952 n. 736, non modificato dalle successive l. 24 maggio 1966 n. 370 e 30 giugno 1972 n. 267), perché non opera, in difetto di espressa previsione normativa, il principio di automatismo proprio delle pensioni ordinarie a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, che sono liquidate sulla base della retribuzione pensionabile, anche quando l'imprenditore non abbia versato i contributi, purché il relativo credito non sia prescritto. Pertanto, qualora il suddetto trattamento venga erogato in misura inferiore, a causa di omissioni contributive del datore di lavoro, l'entità della pensione non goduta coincide con il danno risarcibile, ai sensi dell'art. 2116 c.c. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 04 giugno 1988 Numero: n. 3790 Parti: Persi C. Taddei Fonti: Giust. civ. Mass. 1988, fasc.6, Mass. giur. lav. 1988, 847 (nota). Il diritto del lavoratore al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 2116, comma 2, c.c., per omessa o irregolare contribuzione assicurativa sorge non nel momento in cui i contributi assicurativi omessi (totalmente o parzialmente) avrebbero dovuto essere versati o alla data di cessazione del rapporto di lavoro, nè in quello in cui sia 201 maturata la prescrizione dei contributi medesimi, bensì nel momento in cui viene ad esistenza il duplice presupposto della fattispecie risarcitoria di cui alla citata norma, e cioè l'inadempimento contributivo del datore di lavoro, divenuto irreversibile, e, con l'avveramento dell'evento protetto dall'assicurazione (età pensionabile o invalidità), la perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale. La prescrizione decennale di tale diritto inizia a decorrere dal momento in cui, verificatosi l'evento assicurato, l'istituto previdenziale abbia, con provvedimento definitivo, negato, in tutto o in parte, la prestazione assicurativa, la cui perdita (totale o parziale), avente natura costitutiva della fattispecie risarcitoria, resta accertata dal detto provvedimento. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 05 novembre 1988 Numero: n. 5991 Parti: Muscolino C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 1988, fasc. 11. L'instaurazione del rapporto di lavoro subordinato determina "ipso iure" l'insorgenza del corrispondente rapporto assicurativo, con conseguente obbligo per il datore di lavoro di versare i relativi contributi all'ente previdenziale, anche se in riferimento al medesimo periodo di attività lavorativa risultino versati contributi da un altro datore di lavoro. (Nella specie la S.C., confermando l'impugnata sentenza, ha ritenuto, con riguardo a lavoratori addetti a cantieriscuola ma di fatto utilizzati dal ricorrente, che l'obbligo contributivo di quest'ultimo sussistesse sia per le prestazioni lavorative resegli nelle ore in cui i lavoratori avrebbero dovuto essere impegnati nei cantieriscuola sia per la prestazioni lavorative resegli in ore diverse, essendo irrilevante, in relazione ad entrambe le ipotesi, l'avvenuto pagamento dei contributi da parte dei cantieri predetti). ANNO 1989 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 04 aprile 1989 Numero: n. 1634 202 Parti: Festa C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 1989, fasc.4 Con riguardo alle prestazioni previdenziali erogate ai sensi della l. 6 dicembre 1971 n. 1084 dal fondo integrativo della assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti a favore del personale dipendente dalle aziende private del gas, il principio dell'automatismo delle prestazioni - che l'art. 2116 c.c. pone come regola generale, prevedendo la possibilità di una diversa disciplina da parte delle leggi speciali - opera solo ai fini del raggiungimento del requisito minimo di contribuzione, necessario per il conseguimento del diritto alle prestazioni stesse (e cioè negli stessi limiti in cui tale principio opera ai fini delle prestazioni i.v.s., ai sensi dell'art. 27 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, come modificato per effetto dell'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 e dell'art. 23-ter del d.l. 30 giugno 1972 n. 267), e non anche ai fini dell'incremento delle prestazioni già spettanti, atteso che la citata legge n. 1084 del 1971 richiama (all'art. 3 e, soprattutto, all'art. 38) le norme sull'assicurazione generale obbligatoria e commisura l'importo della pensione mensile (art. 17) e dell'indennità aggiuntiva (art. 26) non alla retribuzione dovuta ma a quella percepita dall'iscritto, per la quale sia stata versata la relativa contribuzione. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 14 gennaio 1989 Numero: n. 149 Parti: Inps C. Lantizi Fonti: Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989, 668. Il datore di lavoro non è litisconsorte necessario nelle controversie, fra il lavoratore e l'ente previdenziale, aventi ad oggetto l'erogazione delle prestazioni assicurative, poiché, pur essendo il rapporto di lavoro e quello previdenziale connessi, rimangono, comunque, rapporti diversi ed in siffatte controversie l'accertamento con forza di giudicato è chiesto solo con riferimento al rapporto previdenziale per le obbligazioni che ne derivano. Tale principio è operante anche nell'ipotesi di controversie concernenti l'iscrizione nei fondi speciali di previdenza (nella specie, quello del personale di volo), in ordine ai quali non vige l'automatismo delle prestazioni. 203 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 23 gennaio 1989 Numero: n. 379 Parti: Soc. Alleanza assicurazioni C. D'Amelio Fonti: Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989, 656. Il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo al regolare versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla conformità alle prescrizioni di legge della propria posizione assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia pregiudicato; consegue che, in caso di mancato o insufficiente versamento dei contributi (situazione che si verifica anche quando l'obbligo contributivo venga assolto su importi retributivi inferiori a quelli effettivamente corrisposti), lo stesso lavoratore può agire in giudizio, anche prima che si sia concluso il rapporto giuridico previdenziale, per ottenere la condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione assicurativa mediante il versamento all'ente previdenziale dei contributi omessi e non prescritti, e può avvalersi, per i contributi prescritti, del rimedio previsto dall'art. 13 della l. 12 agosto 1962 n. 1338, che gli consente di ottenere, in contraddittorio necessario con il suddetto ente, la condanna del datore di lavoro alla costituzione di una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o alla quota di pensione corrispondente ai contributi omessi. Autorità: Corte costituzionale Data: 22 dicembre 1989 Numero: n. 568 Parti: Burrini C. Inps e altro Fonti: Giust. civ. 1990, I,605., Mass. giur. lav. 1989, 593., Riv. it. dir. lav. 1990, II,303., Dir. lav. 1990, II,87 (nota)., Foro it. 1990, I,2141., Lavoro e prev. oggi 1990, 2212 (nota). È costituzionalmente illegittimo - per contrasto con gli art. 3, 24, 38 cost. - l'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, recante disposizioni per il miglioramento di pensioni dell'assicurazione per l'invalidità, vecchiaia e superstiti, nella parte in cui, salva la necessità della prova scritta sull'esistenza del rapporto di lavoro da fornirsi dal lavoratore, non consente di provare altrimenti la durata del rapporto stesso e l'ammontare della retribuzione. 204 ANNO 1990 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 13 giugno 1990 Numero: n. 5742 Parti: Soc. Mori C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 1990, fasc. 6 In tema di omissione contributiva, le due azioni previste rispettivamente dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 (per la costituzione presso l'INPS di una rendita vitalizia mediante versamento della riserva matematica) e dall'art. 2116, comma 2, c.c. (per il risarcimento del danno a carico del datore di lavoro) sono non già connesse e indipendenti bensì del tutto autonome, anche se si fondano sul presupposto comune dell'omissione contributiva del datore di lavoro, e sono quindi separatamente esperibili dal lavoratore in due distinti giudizi nei confronti dei rispettivi legittimati. ANNO 1991 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 18 febbraio 1991 Numero: n. 1703 Parti: Cusimano C. Vicari Fonti: Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 2 La condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione assicurativa di lavoratori dipendenti, aventi diritto a differenze retributive assoggettabili a contribuzione a favore dell'INPS, deve essere limitata al pagamento dei contributi per i quali, secondo le speciali disposizioni di legge che li regolano, non sia intervenuta la prescrizione, indipendentemente dalla circostanza che questa sia stata o no eccepita, ostando, in caso di prescrizione, alla possibilità di effettuare versamenti a regolarizzazione di contributi arretrati il divieto stabilito per ragioni di ordine pubblico dall'art. 55, comma 2, del r.d.l. n. 1827 del 1935. 205 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 29 maggio 1991 Numero: n. 6092 Parti: Stefanini C. Stefanini Fonti: Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 5, Informazione previd. 1991, 1087. Ai fini del risarcimento del danno da omissione contributiva ex art. 2116 c.c. l'inerzia dell'assicurato che non abbia provveduto per lungo tempo a chiedere all'istituto previdenziale il controllo sulla propria posizione assicurativa non può essere valutata come fatto colposo del creditore, tale da determinare la diminuzione del risarcimento stesso ai sensi dell'art. 1227 comma 2 c.c., in quanto non sussiste in proposito alcun dovere di attività del lavoratore subordinato, e il principio posto da detta norma non richiede da parte del creditore o danneggiato un'attività più onerosa di quel che comporta l'uso di una ordinaria diligenza. ANNO 1992 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 07 aprile 1992 Numero: n. 4236 Parti: Inps C. Spagnolo e altro Fonti: Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 4, Informazione previd. 1992, 787. Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, enunciato in via generale dall'art. 2116 c.c., trova applicazione solo in quanto il sistema delle leggi speciali vi si adegui, disponendo espressamente in proposito e provvedendo in ordine alla relativa provvista finanziaria; pertanto, in tema di pensioni, detto principio opera, a norma dell'art. 27, comma 2, del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (come successivamente modificato), solo in relazione alle pensioni ordinarie, facenti capo all'assicurazione generale obbligatoria, ma non si applica ai fondi di previdenza speciali regolati da diversa ed autonoma disciplina, come il Fondo di previdenza per gli impiegati dipendenti dalle esattorie e ricevitorie delle imposte dirette, il quale, ai sensi dell'art. 49 comma 2, della l. 2 aprile 1958 n. 377 (che, non menzionandole, esclude le 206 prestazioni pensionistiche), è tenuto solo ad una prestazione di capitale. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 10 giugno 1992 Numero: n. 7104 Parti: Perrino C. Enel Fonti: Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 6, Informazione previd. 1992, 1304 In relazione al disposto di cui all'art. 55 del r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, la interruzione della prescrizione dei contributi di assicurazione obbligatoria (il cui decorso preclude la possibilità di effettuare versamenti a regolarizzazione dei contributi arretrati) si verifica solo per effetto degli atti, indicati dall'art. 2943 c.c., posti in essere dall'INPS (titolare del relativo diritto di credito), e non quando anche uno di tali atti sia posto in essere dal lavoratore, come nell'ipotesi di azione giudiziaria da questi proposta nei confronti del datore di lavoro. Autorità: Cassazione civile sez. III Data: 18 giugno 1992 Numero: n. 7548 Parti: Soc. MEIE assicurazioni C. Caponi Fonti: Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 6 Il riconoscimento del diritto che, a norma dell'art. 2944 c.c., interrompe la prescrizione, può anche essere contenuto in un atto non negoziale (purché volontario) che, ancorché diretto al perseguimento di finalità diverse, riveli, comunque, la consapevolezza dell'esistenza del diritto. L'accertamento del contenuto ricognitivo di un determinato atto (nella specie, la richiesta al soggetto danneggiato in un sinistro stradale della documentazione sulla entità del danno) è riservato alla valutazione discrezionale del giudice di merito e non è pertanto sindacabile in Cassazione, se immune da vizi logici ed errori di diritto. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 19 agosto 1992 207 Numero: n. 9666 Parti: Tarantino C. Soc. Fincantieri Fonti: Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 8-9 In ipotesi di tardivo versamento, da parte del datore di lavoro, dei contributi dovuti in relazione alle differenze retributive giudizialmente riconosciute al lavoratore, il danno da questo subito sotto il profilo della svalutazione monetaria, per la ritardata riliquidazione, da parte dell'INPS, della pensione di vecchiaia spettantegli, deve essere risarcito dal datore di lavoro (tenuto anche alla corresponsione degli interessi) non ai sensi dell'art. 429, comma 3 c.p.c. - stante l'inapplicabilità di tale norma al credito in oggetto (non di lavoro nè inquadrabile, in quanto non a carico dell'INPS, fra i crediti di natura previdenziale, con conseguente irrilevanza della pronuncia della Corte Costituzionale n. 156 del 1991) - ma ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c., tenendo conto, ai fini della prova del maggior danno, dell'inquadrabilità del creditore, in ragione della qualità di pensionato e della modesta entità delle differenze pensionistiche, nella categoria del "modesto consumatore". ANNO 1993 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 18 dicembre 1993 Numero: n. 12542 Parti: Giallanza C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 1993, fasc. 12 La prova certa del rapporto di lavoro, richiesta dall'art. 27 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (nel testo modificato ed integrato dall'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 e dall'art. 23 ter della l. 11 agosto 1972 n. 485) ai fini della verifica del requisito di contribuzione per il diritto alla pensione di invalidità - stabilito in relazione ai contributi non versati ma comunque risultanti dovuti nei limiti della prescrizione decennale attiene solo all'accertamento dell'esistenza di un effettivo rapporto di lavoro al quale va ricondotta la posizione contributiva del lavoro assicurato, restando irrilevante a tal fine la precisa individuazione del soggetto datore di lavoro. 208 ANNO 1994 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 10 gennaio 1994 Numero: n. 169 Parti: Soc. Promodata Italia C. Bettimaglio Louis Fonti: Giust. civ. Mass. 1994, 16 (s.m.), Riv. it. dir. lav. 1994, II, 623 (nota di: Pizzoferrato) Nel giudizio instaurato dal lavoratore subordinato contro il datore di lavoro per la regolarizzazione del rapporto assicurativo l'istituto assicuratore non è contraddittore necessario, ove si controverta soltanto sull'esistenza del rapporto di lavoro (o di taluni elementi di esso) quale presupposto di quello previdenziale; nè l'intervento in giudizio dell'istituto, ancorché per il recupero di contributi assicurativi e delle relative sanzioni civili a carico del datore di lavoro, determina necessità di integrazione del contraddittorio nei suoi confronti nella successiva fase di gravame, ai sensi dell'art. 331 c.p.c. ma dà luogo soltanto a litisconsorzio facoltativo ex art. 332 stesso codice giustificato dal fatto che la domanda presupposta dall'interventore comporta una decisione che dipende dalla risoluzione delle stesse questioni proposte con la domanda del lavoratore. Autorità: Corte costituzionale Data: 03 febbraio 1994 Numero: n. 20 Parti: Conversano e altro Fonti: Giust. civ. 1994, I, 858, Riv. giur. lav. 1994, II, 301, Informazione previd. 1994, 198, Giur. cost. 1994, 148, Dir. lav. 1994, II, 202 (nota di: Matarazzo) Il comma 3 dell'art. 4 d.l. 19 settembre 1992 n. 384 conv. dalla l. 14 novembre 1992 n. 438, il quale stabilisce che i termini di decadenza, previsti nel precedente comma 1 per la proposizione dell'azione giudiziaria in materia di prestazioni pensionistiche e di prestazioni economiche di malattia, non si applicano ai procedimenti instaurati anteriormente alla data di entrata in vigore del citato decreto, ancora in corso alla data medesima, va interpretato nel senso che i procedimenti ai quali si riferisce la menzionata norma siano quelli amministrativi e non già quelli giurisdizionali e che, in relazione ai ricorsi 209 amministrativi proposti anteriormente alla predetta data, si siano già verificati i presupposti di decorrenza del termine, previsto dalla legge precedente per la proposizione della domanda giudiziale (e cioè la comunicazione della decisione definitiva dell'amministrazione sul ricorso o scadenza del termine per la pronunzia della medesima) e che il termine sia ancora pendente alla detta data; pertanto, è infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 comma 1, 3 e 14 d.l. 19 settembre 1992 n. 384 conv. dalla l. 14 novembre 1993 n. 438, sollevata, con riferimento agli art. 3, 24, 38 e 113 cost., in base al presupposto che il citato comma 3 si riferisca ai procedimenti giurisdizionali e non a quelli amministrativi e che la nuova normativa si applichi ai procedimenti amministrativi, già definiti alla data della sua entrata in vigore. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 16 aprile 1994 Numero: n. 3641 Parti: Soc. coop. Vita C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 1994, 515 (s.m.) La presentazione della domanda di condono contributivo previdenziale non implica il riconoscimento del debito da parte dell'imprenditore, nè comporta la rinuncia tacita di questi alla domanda di accertamento negativo del debito contributivo previdenziale. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 28 novembre 1994 Numero: n. 10121 Parti: Infriccioli e altro C. Formentini Fonti: Giust. civ. Mass. 1994, fasc. 11 La responsabilità dell'imprenditore, ai sensi dell'art. 2116 c.c., per il danno cagionato al lavoratore rimasto privo della prestazione a causa della mancata o irregolare contribuzione, è fondata sull'inadempienza di un'obbligazione imposta ex legge al datore di lavoro, e pertanto la 210 relativa azione ha natura contrattuale e dà luogo ad una controversia di lavoro, e non già previdenziale, con la conseguenza che, ai fini della determinazione della competenza territoriale, sono applicabili i parametri previsti dall'art. 413 c.p.c. e non quelli di cui all'art. 444 dello stesso codice. Le dichiarazioni rese dalle parti in sede di interrogatorio non formale, pur prive di valore confessorio, possono costituire il fondamento del convincimento del giudice, specialmente nelle controversie di lavoro, nelle quali il suddetto interrogatorio è previsto e regolato come un atto istruttorio obbligatorio per il giudice di primo grado ANNO 1995 Autorità: Corte costituzionale Data: 19 gennaio 1995 Numero: n. 18 Parti: Esterasi C. Inps e altro Fonti: Dir. lav. 1995, II, 327 (nota di: Marinelli) È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338 (disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti) in riferimento agli art. 3 e 38 cost., nella parte in cui, nel consentire la costituzione di rendite in luogo di contributi previdenziali di cui sia prescritto il versamento all'Inps, si riferirebbe esclusivamente ai lavoratori subordinati ai loro datori di lavoro ben potendo la norma essere interpretata nel senso per cui nel significato dell'espressione "datore di lavoro" sia incluso anche quello attinente ai rapporti degli artigiani e dei piccoli commercianti con i loro familiari coadiuvati o coadiutori. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 26 maggio 1995 Numero: n. 5825 Parti: Fondaz. Clerici C. Bragadin Fonti: Giust. civ. Mass. 1995, 1078 Nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al risarcimento del danno, fondandosi sul duplice presupposto 211 dell'inadempimento contributivo da parte del datore di lavoro e della perdita della pensione, sorge nel momento in cui sarebbe maturato il diritto del lavoratore alla prestazione previdenziale, tanto che da tale momento decorre la prescrizione, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela della sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno, salvo poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116 comma 2 c.c., o quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 della l. 12 agosto 1962 n. 1338. Nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al risarcimento del danno, fondandosi sul duplice presupposto dell'inadempimento contributivo da parte del datore di lavoro e della perdita della pensione, sorge nel momento in cui sarebbe maturato il diritto del lavoratore alla prestazione previdenziale, tanto che da tale momento decorre la prescrizione, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela della sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2 c.c., o quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 della l. 12 agosto 1962 n. 1338. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 06 dicembre 1995 Numero: n. 12538 Parti: Soc. Sita C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 1995, fasc. 12 In relazione ai rimborsi dovuti dall'Inps per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 261 del 1991 (dichiarativa della illegittimità costituzionale dell'art. 18, comma 2, d.l. n. 918 del 1968, conv. con modif. in legge n. 1089 del 1968, nella parte in cui esclude il beneficio degli sgravi contributivi in caso di retribuzioni non assoggettate a contribuzione contro la disoccupazione involontaria), secondo le modalità all'uopo dettate dall'art. 1, comma 3, d.l. 22 marzo 1993 n. 212 71, conv. con modif. in legge n. 151 del 1993, la disposizione secondo cui "il rimborso (...) è effettuato nel pieno rispetto dei termini di prescrizione previsti dalla vigente normativa" è espressione della volontà del legislatore di connotare l'eccezione di prescrizione dei caratteri della irrinunciabilità e della rilevabilità d'ufficio. Del resto, il principio della irrinunciabilità della prescrizione è enunciato espressamente anche all'art. 55 del r.d.l. n. 55 del 1935, ostativo del pagamento dei contributi previdenziali prescritti, ed è consono ad un sistema previdenziale avente uno spiccato carattere pubblicistico, nell'ambito del quale è necessario, per la certezza dei rapporti tra l'ente gestore e i cittadini, che i contributi da versare o da rimborsare non siano prescritti e che, comunque, non sia lasciata alla discrezione dell'interessato la possibilità di far valere o meno l'avvenuta prescrizione. ANNO 1996 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 27 giugno 1996 Numero: n. 5939 Parti: Ferr. Stato C. Angelucci e altro Fonti: Giust. civ. Mass. 1996, 926 Il riconoscimento dell'altrui diritto, al quale l'art. 2944 c.c. ricollega l'effetto interruttivo della prescrizione, non ha natura negoziale ma costituisce un atto giuridico in senso stretto di carattere non recettizio, il quale non richiede, in chi lo compie una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo solo che esso rechi, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell'esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà. La relativa indagine, in quanto rivolta alla ricostruzione di un fatto e non all'applicazione di specifiche norme di diritto, è riservata al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata (Nella specie i giudici di merito - con decisione confermata dalla S.C. - avevano ritenuto interruttiva della prescrizione del diritto al compenso per lavoro straordinario maturato da dipendenti dell'Ente Ferrovie dello Stato la comunicazione dell'ente diretta ai capi degli uffici e per conoscenza a tutto il personale nella quale si precisava che "non hanno in atto 213 motivo di sussistere i manifestati timori circa la decorrenza della prescrizione", benché alla liquidazione delle relative competenze fosse d'ostacolo la mancanza di un provvedimento legislativo che garantisse la copertura finanziaria dell'esborso). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 20 novembre 1996 Numero: n. 10181 Parti: Moro C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 1996, 1551 Il datore di lavoro è l'unico soggetto passivo del rapporto contributivo, anche nel caso in cui abbia il diritto di rivalersi nei confronti del lavoratore per una quota dei contributi versati all'ente di previdenza o assistenza, e quindi, in caso di azione per la restituzione di contributi indebitamente versati dal datore di lavoro, promossa dal lavoratore nei confronti dell'ente previdenziale, è configurabile (non già l'infondatezza nel merito della pretesa dedotta in giudizio, ma) il difetto di legittimazione "ad causam", che va rilevato anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, col solo limite del giudicato interno, essendo in questione l'instaurazione del giudizio tra le giuste parti, mentre le ragioni del lavoratore possono essere fatte valere nei confronti del datore di lavoro, che legittimamente esegue trattenute retributive per attuare il diritto di rivalsa nei confronti del lavoratore solo nei limiti della reale sussistenza dell'"an" e nel "quantum" dell'obbligazione contributiva adempiuta. Il rapporto contributivo previdenziale intercorre, per legge, esclusivamente tra datore di lavoro e ente previdenziale; nell'ambito di questo rapporto, il datore di lavoro non va considerato un rappresentante "ex lege" del lavoratore ma è in realtà l'unico soggetto passivo del rapporto, obbligato direttamente - anche per la quota parte di contributi a carico del lavoratore - nei confronti dell'ente previdenziale. Dalla predetta impostazione discende che, in caso di indebiti versamenti contributivi, i lavoratori non sono legittimati ad agire nei confronti dell'ente previdenziale per la restituzione delle quote contributive a loro carico (ovviamente il lavoratore può agire, per la restituzione della quota a suo carico - nei confronti del datore di lavoro). 214 ANNO 1997 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 04 novembre 1997 Numero: n. 10824 Parti: Bendoni C. Vaselli e altro Fonti: Giust. civ. Mass. 1997, 2075 Nella causa promossa dal lavoratore nei confronti dell'ex datore di lavoro e dell'Inps per la costituzione di rendita vitalizia ai sensi dell'art. 13 della l. n. 1338 del 1962, a seguito della prescrizione dei contributi previdenziali non versati, anche il datore di lavoro ha legittimazione ed interesse a far valere la mancanza della necessaria prova scritta del rapporto di lavoro, stante la possibile diversità dell'onere economico su lui gravante a seguito di costituzione della rendita rispetto a quello di una diversa forma di risarcimento. (Sulla base del riportato principio la S.C. ha confermato la sentenza con cui il giudice d'appello, pur ribadendo l'accertamento della natura subordinata del rapporto inter partes, aveva rigettato, a seguito di appello del solo datore di lavoro, la domanda di costituzione della rendita vitalizia per difetto di prova documentale del rapporto di lavoro). Autorità: Corte costituzionale Data: 05 dicembre 1997 Numero: n. 374 Parti: Inps Fonti: Giust. civ. 1998, I, 617, Inpdap 1998, 1-2, 243, Riv. giur. lav. 1998, II, 390 (nota di: Boer) Non è fondata - in riferimento all'art. 3 cost. - la q.l.c. degli art. 2 e 6, l. 7 febbraio 1979 n. 29, ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori a fini previdenziali, nella parte in cui, disciplinando in due fattispecie diverse di ricongiunzione di periodi assicurativi il versamento da parte della gestione di provenienza a quella di destinazione dei contributi di propria pertinenza, non consentono che l'Inps trasferisca anche i contributi non versati, ma dovuti nei limiti della prescrizione decennale. 215 ANNO 1998 Autorità: Cassazione civile sez. un. Data: 15 maggio 1998 Numero: n. 4918 Parti: Inps C. Soc. Coca Cola Italia Fonti: Giust. civ. Mass. 1998, 1051, Giust. civ. 1998, 1839,2529 (nota di: CIMINO), Foro it. 1998, I,1781, Gius 1998, 2239 (nota di: BERRUTI), Informazione previd. 1997, 489 (nota di: Sgroi), Mass. giur. lav. 1998, 734 (nota di: Boghetich), Notiziario giur. lav. 1998, 361, Orient. giur. lav. 1998, I, 451 La normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi (cosiddetto condono) è intesa, non diversamente dalla analoga normativa in materia tributaria, a consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici ed organizzativi ad esso collegati; deve pertanto ritenersi, pur in difetto di espressa previsione di legge al riguardo, che l'accoglimento della domanda di condono comporti il venire meno di ogni contestazione sull'esistenza del debito contributivo e che sia priva di ogni effetto la riserva di accertamento negativo del debito eventualmente apposta dall'interessato alla domanda di condono, senza che sia perciò solo configurabile una lesione del diritto di difesa, atteso che chi ritenga di non essere tenuto all'obbligo contributivo conserva ogni possibilità di far valere le proprie ragioni, non essendo il condono una via obbligata, ma una opzione ampiamente discrezionale. Ne consegue che deve essere rigettata la domanda di accertamento negativo dell'obbligo contributivo proposta dopo l'adempimento degli obblighi derivanti dalla disciplina sul condono, mentre, per i giudizi pendenti, ove tale adempimento avvenga in corso di causa, dovrà dichiararsi la cessazione della materia del contendere, e ove il beneficiario del condono si sia avvalso della facoltà di dilazionare il pagamento, il giudice dovrà limitarsi a definire il procedimento in corso con un provvedimento meramente processuale, così da non pregiudicare l'originaria pretesa dell'ente in caso di decadenza del soggetto obbligato dai benefici del condono. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 05 ottobre 1998 216 Numero: n. 9865 Parti: Inps C. Saracino Fonti: Giust. civ. Mass. 1998, 2014 Il divieto stabilito, per ragioni di ordine pubblico, dall'art. 55, comma 1, r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827 di effettuare versamenti a regolarizzazione di contributi assicurativi, dopo che rispetto agli stessi sia intervenuta la prescrizione, opera indipendentemente dall'eccezione di prescrizione da parte dell'ente previdenziale e del debitore dei contributi; ed è manifestamente infondata la questione di costituzionalità della norma citata e dell'art. 41 l. 30 aprile 1969 n. 153, nella parte in cui prevedono la prescrittibilità del diritto dell'Inps al pagamento dei contributi, per violazione dell'art. 38 cost., sia perché tale disciplina risponde ad un principio generale di certezza dei rapporti giuridici, sia perché, a fronte della prescrizione e del conseguente divieto di pagamento dei contributi, è prevista la possibilità di costituzione della rendita. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 02 novembre 1998 Numero: n. 10945 Parti: Prevedel C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 1998, 2239 Nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del lavoratore ad agire per il risarcimento del danno (ex art. 2116 c.c.) ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno. L'esercizio della facoltà del lavoratore dipendente di ricostruire mediante rendita vitalizia ex art. 13, comma 5, l. n. 1338 del 1962 la propria posizione assicurativa presso l'Inps in sostituzione del datore di lavoro è soggetto anch'esso a prescrizione con decorrenza dal giorno in cui il diritto poteva essere fatto valere e tale prescrizione può essere eccepita anche dal datore di lavoro, ancorché egli non sia il soggetto passivo del diritto suddetto. In caso di omissione contributiva, il lavoratore può chiedere, la condanna al risarcimento del danno per la cui quantificazione può farsi riferimento al criterio previsto dall'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, che quantifica il risarcimento in forma specifica, mediante costituzione di una rendita sostitutiva della perdita del trattamento per effetto all'omissione suddetta. 217 ANNO 1999 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 15 aprile 1999 Numero: n. 3773 Parti: Soc. Edilferroelettrica C. Zabai Fonti: Mass. giur. lav. 1999, 675 (nota di: Dondi), Orient. giur. lav. 1999, I, 498 Il diritto del lavoratore al risarcimento del danno per omessa o irregolare contribuzione assicurativa di cui all'art. 2116 comma 2 c.c. risarcimento conseguibile anche attraverso il recupero della somma occorsa per la costituzione di rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 - sorge solo nel momento in cui si verifica il duplice presupposto dell'inadempienza contributiva del datore di lavoro e della perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale od assistenziale, con la conseguenza che da tale momento, e non da quello in cui i contributi omessi avrebbero dovuto essere versati o ne sia maturata la prescrizione o sia cessato il rapporto di lavoro, decorre la prescrizione di tale diritto (salva la possibilità del lavoratore di proporre anche prima della virtuale maturazione del diritto alla prestazione previdenziale una mera domanda di mero accertamento della astratta possibilità dannosa dell'omissione contributiva). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 22 novembre 1999 Numero: n. 12946 Parti: Soc. Rizzi C. Musig Fonti: Giust. civ. Mass. 1999, 2325 Ove il lavoratore, che lamenti il mancato versamento dei contributi previdenziali, agisca nei confronti del datore di lavoro chiedendone la condanna al pagamento di un importo pari alla riserva matematica necessaria per la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 della l. n. 1338 del 1962, l'azione esercitata è pur sempre quella di risarcimento del danno di cui all'art. 2126 c.c. e quindi non occorre l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'Inps, che è invece necessaria ove l'azione esercitata sia quella prevista dal richiamato art. 13, ossia la costituzione preso l'Inps di una rendita vitalizia mediante versamento della corrispondente riserva matematica. 218 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 29 dicembre 1999 Numero: n. 14680 Parti: Frigo C. Fall. soc. Cazzola lanificio Fonti: Giust. civ. Mass. 1999, 2642, Mass. giur. lav. 2000, 400 (nota di: Ciocca), Orient. giur. lav. 2000, I, 262 In caso di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro per contributi previdenziali e di successiva costituzione di rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 con versamento della relativa riserva matematica all'Inps da parte del lavoratore interessato, compete a quest'ultimo - nel termine prescrizionale decorrente dalla perdita (totale o parziale) del trattamento previdenziale - l'ordinaria azione risarcitoria prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c., anche nel caso in cui non sia più esercitabile l'azione per la restituzione di quanto versato per la costituzione della rendita vitalizia, mancando il necessario presupposto della perdurante azionabilità (sotto il profilo della prescrizione) della pretesa del lavoratore nei confronti del datore di lavoro di vedersi costituire, a spese di quest'ultimo, la suddetta rendita vitalizia, il cui termine prescrizionale decorre già a partire dalla data di prescrizione del credito contributivo dell'Inps. Nè alla qualificazione quale risarcitoria dell'azione proposta dal lavoratore contro il datore di lavoro, e quindi alla decorrenza della prescrizione solo dalla perdita del trattamento previdenziale, osta la circostanza che ai fini della quantificazione del danno si faccia riferimento alla riserva matematica "ex" art. 13 cit. In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, dopo l'estinzione per prescrizione del credito dell'Inps, il lavoratore può chiedere al datore di lavoro, alternativamente, il risarcimento dei danni ex art. 2116 c.c. o la restituzione della somma versata all'Inps a titolo di riserva matematica per la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338. In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione risarcitoria ex art. 2116 c.c. si prescrive in dieci anni a partire dalla perdita totale o parziale del trattamento previdenziale e per la quantificazione del danno è possibile fare riferimento alla riserva matematica ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338. In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione restitutoria ex l. 12 agosto 1962 n. 1338 si prescrive in dieci anni dalla data di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro. 219 ANNO 2000 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 11 maggio 2000 Numero: n. 6063 Parti: Soc. I.M.E.R. C. Angileri Fonti: Giust. civ. Mass. 2000, Legittimamente il giudice di merito - investito della domanda di condanna del datore di lavoro a costituire presso l'Inps, a mezzo di versamento dell'importo da determinarsi in corso di causa, la riserva matematica necessaria a garantire al lavoratore dipendente, all'atto del pensionamento, una pensione uguale a quella che avrebbe percepito se fossero stati versati i contributi obbligatori, ed esclusa l'attualità dell'interesse in ordine alla domanda di costituzione di una rendita vitalizia, perché non ancora maturato il diritto alla prestazione previdenziale richiesta - emette, anche senza l'espressa richiesta della parte o l'eventuale acquiescenza della controparte, la declaratoria del diritto dell'assicurato a veder risarcito il danno subito in conseguenza del mancato accreditamento dei contributi obbligatori. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 26 maggio 2000 Numero: n. 6911 Parti: Enasarco C. Trallori Fonti: Giust. civ. Mass. 2000, 1116 L'obbligo degli enti previdenziali di provvedere al recupero dei contributi omessi è di natura pubblicistica e il lavoratore, in difetto di un diritto soggettivo al riguardo, così come non ha azione nei confronti di detti enti per costringerli all'azione di recupero, neanche può far valere un diritto al risarcimento del danno derivante dal mancato recupero, in coerenza, del resto, con l'autonomia del rapporto contributivo rispetto a quello previdenziale e con la tutelabilità dell'interesse del lavoratore al versamento dei contributi mediante l'azione che lo stesso - a diretta conoscenza dei dati di fatto rilevanti può promuovere nei confronti del datore di lavoro, affinché adempia l'obbligo, derivante dal rapporto contrattuale in essere tra le parti, di versare i contributi previdenziali. (Fattispecie relativa ad azione proposta contro l'Enasarco da un agente che lamentava l'inerzia di detto ente relativamente al recupero di contributi dovuti da ditte poi 220 fallite e la irreparabilità del danno conseguente, in un regime assicurativo non caratterizzato dell'automaticità delle prestazioni). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 06 giugno 2000 Numero: n. 7623 Parti: Inps C. Rossi Fonti: Giust. civ. Mass. 2000, 1227, Informazione previd. 2000, 1332 Alla domanda di condono previdenziale non può riconoscersi natura di riconoscimento del debito; essa, tuttavia, ha la funzione di regolarizzazione contributiva in quanto diretta a saldare senza penalità il relativo debito; in questi termini, di essa deve tenersi conto ai fini del computo della prescrizione del debito contributivo medesimo. ANNO 2001 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 02 febbraio 2001 Numero: n. 1460 Parti: Inps C. Nelva Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 190, Foro it. 2001, I,1165, Riv. it. dir. lav. 2001, II, 828 (nota di: Poso) Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all'art. 2116 c.c., così come interpretato dalla Corte cost. con sentenza n. 374 del 1997, trova applicazione, con riguardo ai vari sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, come regola generale rispetto alla quale possono esserci deroghe solo se previste espressamente dal legislatore; pertanto, con riferimento al Fondo - gestito dall'Inps - di previdenza del personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea, deve ritenersi l'applicabilità del suddetto automatismo, posto 221 che nè la legge n. 859 del 1965 istitutiva del Fondo, nè le successive leggi di riforma della regolamentazione del Fondo medesimo contengono alcuna espressa deroga al principio, che, al contrario, viene richiamato da suddetta normativa, stante il rinvio formale dell'art. 52 l. n. 859 cit. alla disciplina dell'assicurazione generale per i.v.s., che prevede la regola dell'automatismo, nonché il richiamo alla stessa disciplina contenuto nell'art. 5 d.lg. n. 164 del 1997, recante ulteriore riforma del regime pensionistico degli iscritti al Fondo. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 02 marzo 2001 Numero: n. 3085 Parti: Ente cons. bonif. prov. Reggio Calabria C. Inps e altro Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 389 Ai sensi dell'art. 13, commi 4 e 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338 (nel testo risultante a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989), ai fini della costituzione della rendita prevista dallo stesso articolo in ipotesi di omesso versamento dei contributi assicurativi e di avvenuta prescrizione dei medesimi, sussiste la necessità della prova scritta in ordine all'esistenza del rapporto di lavoro subordinato nel periodo di omissione contributiva, essendo consentito provare con altri mezzi, anche orali, soltanto la durata del detto rapporto e l'ammontare della retribuzione. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 05 marzo 2001 Numero: n. 3213 Parti: Soc. Graziano trasmissioni C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 409 In tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, l'art. 3, comma 10, della legge n. 335 del 1995 va interpretato nel senso che il richiamo in esso contenuto ai termini di prescrizione di cui al comma 9 del medesimo articolo deve intendersi riferito al termine decennale previgente - e non al termine ridotto quinquennale decorrente dal 222 primo gennaio 1996 - stante l'evidente intento del legislatore di favorire l'Istituto di assicurazione sociale nel caso in cui lo stesso abbia posto in essere atti interruttivi o iniziato "procedure" nei confronti dei soggetti debitori. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 20 marzo 2001 Numero: n. 3963 Parti: Quarella C. Dondi Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 528, Notiziario giur. lav. 2001, 512 Nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del lavoratore ad agire per il risarcimento del danno ("ex" art. 2116 c.c.) ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi della domanda di condanna generica; il relativo diritto è acquisito dal lavoratore a seguito ed in conseguenza dell'inadempimento del datore di lavoro ed è suscettibile di formare oggetto di accordo transattivo alla stregua degli altri diritti maturati a favore del lavoratore in relazione all'avvenuto svolgimento del rapporto di lavoro. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 08 giugno 2001 Numero: n. 7800 Parti: Soc. Faro C. Gianlucio Fonti: Dir. lav. 2002, II, 466 La rinuncia del lavoratore alla retribuzione a seguito di una conciliazione in sede sindacale non può avere effetto sugli obblighi previdenziali in quanto i medesimi rientrano nel novero dei diritti indisponibili. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 15 giugno 2001 Numero: n. 8089 Parti: Inps C. Paiola Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 1194 A seguito della sentenza n. 18 del 1995 Corte cost. - la quale ha affermato che l'unica interpretazione conforme a Costituzione dell'art. 223 13 della legge n. 1338 del 1962 (versamento della riserva matematica per la costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni contributive non più sanabili per intervenuta prescrizione) è quella che ne estende l'applicazione ai familiari coadiuvanti di imprese artigiane non è possibile addivenire ad una interpretazione della norma difforme da quella indicata dalla Corte nella suddetta decisione e recentemente ribadita nell'ordinanza n. 21 del 2001. Del resto, con detta interpretazione non si è operata una indiscriminata estensione ai lavoratori autonomi della disciplina dei lavoratori dipendenti, ma si sono individuati nel citato art. 13 della legge n. 1338 del 1962 connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne l'applicazione a tutte le categorie di lavoratori che, non essendo abilitati al versamento diretto dei contributi, sono sottoposti a tale riguardo alle determinazioni di altri soggetti (datori di lavoro ovvero titolari di imprese artigiane). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 03 agosto 2001 Numero: n. 10749 Parti: Aruta e altro C. Az. napoletana mobilità e altro Fonti: Foro it. 2001, I,3610 In ipotesi di indebito versamento contributivo, il datore di lavoro è l'unico legittimato all'azione di ripetizione, anche con riguardo alla quota a carico del lavoratore, nei confronti dell'ente previdenziale, mentre il lavoratore che abbia subito l'indebita trattenuta sulla retribuzione può agire nei confronti del datore di lavoro che ha eseguito la trattenuta stessa, anche se il datore di lavoro non ha ancora ottenuto dall'ente previdenziale il rimborso dei contributi versati e non dovuti, a tal fine non rilevando la disciplina dettata dal d.l. n. 71 del 1993, in tema di modalità di rimborso delle somme a titolo di sgravi degli oneri sociali in favore delle imprese, che regola esclusivamente il rapporto tra detto ente e le imprese creditrici. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 16 agosto 2001 Numero: n. 11140 Parti: Filipponi C. Cassa naz. previd. assist. dott. commercialisti Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 1600, Foro it. 2001, I,3604, Giust. civ. 2003, I,2583 (nota di: Bagianti) 224 Nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti, ai sensi dell'art. 3 comma 9 l. 8 agosto 1995 n. 335, che vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e che, in forza del successivo comma 10 dello stesso articolo, si applica anche per i contributi prescritti prima della entrata in vigore della suddetta legge. Da ciò consegue che deve escludersi un diritto soggettivo dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti. Quanto poi alla differenza di trattamento dei lavoratori autonomi rispetto a quelli subordinati, in relazione alla mancata previsione di meccanismi di riparazione della perdita contributiva previsti solo per i dipendenti (rendita vitalizia, risarcimento del danno), essa non vale a ledere il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 cost., non potendosi ragionevolmente parificare le diverse situazioni dei suddetti lavoratori. ANNO 2002 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 12 gennaio 2002 Numero: n. 330 Parti: Cassa it. previd. e assist. geometri C. Barbetti e altro Fonti: Foro it. 2002, I,1023 Si deve escludere, in linea generale, un diritto soggettivo dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti, poiché, nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti; detto principio, che per il periodo precedente l'entrata in vigore della l. n. 335 del 1995 è desumibile dall'art. 55, comma 2, r.d.l. 1827/35, ed è ora fissato dall'art. 3, comma 9, l. 335/95, vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in forza del successivo comma 10 del citato art. 3, si applica anche per i contributi prescritti prima dell'entrata in vigore di quest'ultima legge. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 27 febbraio 2002 Numero: n. 2943 Parti: Soc. Flavia Sud Flavia Ovest C. Inps 225 Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 342, Informazione previd. 2002, 605 (nota di: Punzi) La normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi (cosiddetto condono) è intesa a consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici e organizzativi ad esso collegati; tuttavia essa consente l'apposizione di una riserva di accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, che ha il valore di condizione risolutiva unilateralmente apposta alla domanda di condono. Tale riserva deve essere però contestuale alla domanda, essendo altrimenti vanificata l'esigenza di consolidare la situazione giuridica conseguente all'istanza di regolarizzazione contributiva. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 13 aprile 2002 Numero: n. 5330 Parti: Inps C. Ciampalini Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 639 In tema di diritto alla rendita vitalizia ex art. 13 legge n. 1338 del 1962, l'unica interpretazione conforme a Costituzione della predetta disposizione, che prevede il versamento della riserva matematica per la costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni contributive non più sanabili per intervenuta prescrizione, è quella, fornita dalla Corte cost. con la sentenza n. 18 del 1995, che la estende ai familiari coadiuvanti di imprese artigiane, non essendo possibile addivenire ad una interpretazione della norma difforme da quella indicata senza suscitare un dubbio di costituzionalità non manifestamente infondato (con conseguente obbligo di rinvio alla Corte cost.). Con detta interpretazione, peraltro, non si è operata una indiscriminata estensione ai lavoratori autonomi della disciplina dei lavoratori dipendenti, ma si sono individuati nel citato art. 13 della legge n. 1338 del 1962, quei connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne l'applicazione a tutte le categorie di lavoratori che non sono abilitati al versamento diretto dei contributi, ma sono sottoposti, a tale riguardo, alle determinazioni di altri soggetti (datori di lavoro ovvero titolari di azienda artigiana). 226 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 20 aprile 2002 Numero: n. 5767 Parti: Quercetti e altro C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 692 In difetto di normative speciali derogatorie, il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all'art. 2116 c.c., comportando l'effetto di rendere indipendente il rapporto contributivo intercorrente tra ente previdenziale e datore di lavoro rispetto all'altro, di tipo prestazionale, tra l'ente e l'assicurato, opera non soltanto alla maturazione del diritto a pensione, ma già nel corso del rapporto previdenziale, dovendosi quindi configurare l'esistenza di un diritto del lavoratore alla integrità della posizione assicurativa, esercitabile anche quando l'assicurato, avvalendosi della facoltà riconosciutagli dall'art. 2 della legge n. 29 del 1979, intenda trasferire la propria posizione assicurativa presso altra gestione. Ne consegue che, essendo l'ente previdenziale, al quale, per effetto di quel principio, fa carico il rischio derivante da eventuali inadempimenti del datore di lavoro ai propri obblighi contributivi, e nei limiti della prescrizione, tenuto a garantire l'integrità della posizione assicurativa, il trasferimento di quest'ultima, richiesto dal lavoratore per la ricongiunzione in un'unica gestione dei periodi assicurativi esistenti in gestioni diverse, deve comprendere anche la contribuzione ancora non recuperata dall'ente previdenziale nei confronti del datore di lavoro tenuto a versarla. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva respinto - sul presupposto della applicabilità dell'art. 39 della legge n. 153 del 1969 soltanto alle omissioni contributive correlate al fallimento e non anche a quelle verificatesi per le imprese sottoposte alle procedure di amministrazione straordinaria - la domanda di alcuni lavoratori volta ad ottenere la condanna dell'Inps ad accreditare nelle singole posizioni contributive di ciascuno di essi i contributi previdenziali non versati da una società ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria e a trasferire i contributi medesimi presso le gestioni assicurative nelle quali essi risultavano iscritti alla data della domanda di ricongiunzione). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 04 maggio 2002 Numero: n. 6409 Parti: Fornasari e altro C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 757, Notiziario giur. lav. 2002, 688 227 In tema di prestazioni di previdenza obbligatoria, va riconosciuto il diritto del lavoratore di agire per far accertare la computabilità dei contributi dovuti e non versati dal datore di lavoro, ancorché non venga ancora rivendicato il diritto alla relativa prestazione, atteso che l'interesse ad agire deriva in tali ipotesi dalla contestazione dell'ente previdenziale in ordine alla computabilità dei contributi medesimi Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 21 maggio 2002 Numero: n. 7459 Parti: Inps C. De Meo Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 892, D&G - Dir. e giust. 2002, 28, 34 (nota di: Assi) Ove il lavoratore abbia dato comunicazione dell'omissione contributiva del datore di lavoro al competente ente previdenziale e quest'ultimo non abbia provveduto a conseguire i contributi omessi, lo stesso ente, in quanto obbligato, nell'ambito del rapporto giuridico con l'interessato (anche ex art. 1175 e 1176 c.c.), alla diligente riscossione di un credito che, ancorché proprio, vale a soddisfare il diritto costituzionalmente protetto del lavoratore, è tenuto a provvedere alla regolarizzazione della posizione assicurativa del lavoratore medesimo, ove a quest'ultimo sia precluso di ricorrere alla costituzione della rendita ex art. 13 legge n. 1338 del 1962 o all'azione di risarcimento danni ex art. 2116 c.c. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 05 luglio 2002 Numero: n. 9751 Parti: Soc. gen. Derrate Alimentari C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1165 In tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23 dicembre 1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di provvedimenti legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, attribuisce al soggetto che contemporaneamente a detta domanda abbia proposto riserva di ripetizione la possibilità di ottenere l'accertamento negativo in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito. Tale disposizione, che risponde alla finalità, primaria rispetto al beneficio della diminuzione del contenzioso, di incentivare le domande di 228 condono per esigenze di bilancio, manifestamente non si pone in contrasto con i principi costituzionali di parità di trattamento nei confronti dei cittadini e di buona amministrazione. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 06 luglio 2002 Numero: n. 9850 Parti: Soc. Ghizzoni C. Groccia Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1178 Il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo al regolare versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla conformità alle prescrizioni di legge della propria posizione assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia pregiudicato. Autorità: Cassazione civile sez. III Data: 17 luglio 2002 Numero: n. 10383 Parti: Soc. Ras C. Bolognini Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1255 Cassazione civ. Sez. III, n. 10383 secondo la quale “la operatività della causa di sospensione della prescrizione prevista dall’art. 2941 n.8 c.c. presuppone che in atti risulti la prova che il debitore abbia dolosamente occultato l’esistenza del debito al creditore. Detta prova si concreta nell’accertamento che il debitore abbia creato una situazione del tutto non corrispondente alla realtà al fine di superare la normale diligenza del creditore.” Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 03 settembre 2002 Numero: n. 12822 Parti: Zanetti C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1628 229 L'art. 3 l. 8 agosto 1995 n. 335, che ha introdotto il nuovo termine quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad applicarsi il termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di tale modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate durante la vigenza della precedente disciplina, ha inteso riferirsi a qualunque concreta attività di indagine ed ispettiva compiuta dall'ente previdenziale, indipendentemente dalla instaurazione del contraddittorio con il debitore. . Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 18 ottobre 2002 Numero: n. 14807 Parti: Benvenuti C. Cassa risp. prov. Teramo Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1820 In tema di requisiti contributivi ai fini della pensione di anzianità, il rimedio di cui all'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 vale a compensare il pregiudizio derivante dall'omissione contributiva non più emendabile (nella specie: a causa dell'intervenuta prescrizione), ma non realizza il recupero dell'anzianità contributiva, avendo solo la finalità economica di integrare la prestazione pensionistica maturata in misura inferiore proprio per effetto delle carenze contributive pregresse. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 18 ottobre 2002 Numero: n. 14826 Parti: Inps C. Tognotti Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1823 La presentazione all'Inps, da parte del datore di lavoro, delle denunce contributive compilate sui c.d. "modelli DM 10/M" non può essere configurata come riconoscimento del debito contributivo, idoneo ad interrompere la prescrizione, ex art. 2944 c.c., trattandosi di un atto che - avendo come scadenza il giorno 20 di ogni mese (secondo il disposto dell'art. 1 d.m. 24 febbraio 1984, emanato ai sensi dell'art. 1 del d.l. n. 463 del 1983, convertito in legge n. 638 del 1983) interviene in un momento che precede l'inizio della prescrizione del 230 credito dell'Istituto previdenziale (che può essere fatto valere solo dopo la suddetta data di scadenza). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 04 dicembre 2002 Numero: n. 17223 Parti: Ramilli C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 2118 In riferimento alla domanda di accertamento della cd. posizione assicurativa, la quale si sostanzia in una domanda di accertamento del diritto alla tutela assicurativa per un determinato periodo di tempo, sussiste l'interesse ad agire nei casi nei quali vi sia una pregiudizievole situazione di incertezza in ordine al rapporto assicurativo, che può sussistere anche in mancanza della maturazione del diritto ad ottenere l'erogazione di determinate prestazioni assicurative. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sussistente l'interesse ad agire dei ricorrenti, i quali, non avendo il loro datore di lavoro adempiuto all'obbligo contributivo, avevano agito per ottenere l'accertamento dell'obbligo dell'Inps a riconoscere la loro posizione assicurativa, ai sensi dell'art. 2116, c.c., presso il Fondo di previdenza del personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea). ANNO 2003 Autorità: Cassazione civile sez. un. Data: 17 gennaio 2003 Numero: n. 683 Parti: Inps C. Univ. studi Napoli Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 134, Ragiusan 2003, 229-0, 528 (s.m.) (s.m.) La controversia in cui il lavoratore subordinato agisca (nella specie, spiegando intervento adesivo nel giudizio promosso dall'Inps nei confronti di un ente pubblico non economico per il pagamento dei contributi previdenziali non versati in relazione a detto rapporto) allo scopo di ottenere dal giudice la tutela della propria posizione previdenziale nei confronti del datore di lavoro, configura una controversia inerente ad un rapporto di pubblico impiego, e, conseguentemente, nel regime vigente anteriormente all'entrata in 231 vigore del d.lg. 31 marzo 1998 n. 80 (art. 45, comma 17, ora, art. 69, 7, d.lg. 30 marzo 2001 n. 165), la sua cognizione è attribuita al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva ex art. 7, l. 6 dicembre 1971 n. 1034. (Fattispecie concernente l'intervento spiegato da medici in servizio presso il policlinico universitario dell'Università degli studi di Napoli nel giudizio di opposizione ad un decreto ingiuntivo ottenuto dall'Inps per il pagamento dei contributi non versati). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 29 gennaio 2003 Numero: n. 1372 Parti: Soc. Belvedere C. Inps Fonti: Notiziario giur. lav. 2003, 519, Giust. civ. Mass. 2003, 219, Lavoro nella giur. (Il) 2003, 759 (nota di: Rondo) Con riguardo alla disciplina introdotta dalla l. n. 335 del 1995, che riduce a cinque anni, a decorrere dal primo gennaio 1996, il termine di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria, salvi i casi di denuncia del lavoratore e dei suoi superstiti, ai fini dell'applicazione del termine di prescrizione ordinaria decennale è sufficiente che il lavoratore abbia presentato una propria denuncia all'Inps, relativa all'omissione contributiva del datore di lavoro, non essendo posto a suo carico, al fine di avvalersi del più lungo termine di prescrizione, alcun obbligo di notificare la denuncia anche al datore di lavoro. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 12 febbraio 2003 Numero: n. 2100 Parti: Codarcuri e altro C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 318, D&G - Dir. e giust. 2003, 11, 107, Mass. giur. lav. 2003, 262 (nota di: Parisella) In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, il nuovo termine quinquennale di cui all'art. 3, comma 9, legge n. 335 del 1995 non si applica ai casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate 232 nel rispetto del termine decennale della normativa precedente, posto che tali ipotesi sono esplicitamente escluse ai sensi del comma 10 del citato art. 3, in base all'evidente intento del legislatore - conforme ai principi generali di certezza dei rapporti giuridici - di favorire l'istituto di assicurazione sociale nel caso in cui lo stesso abbia posto in essere atti interruttivi o iniziato procedure nei confronti dei soggetti debitori; nè tale esclusione suscita dubbi di incostituzionalità, in relazione all'art. 3 cost., non potendosi ragionevolmente parificare le diverse situazioni dei soggetti interessati nelle due ipotesi in cui vi siano o non vi siano stati validi atti interruttivi durante il periodo di tempo previsto per la maturazione della prescrizione. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 04 marzo 2003 Numero: n. 3198 Parti: Soc. Ventura C. Inail Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 447 La normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi (cosiddetto condono) è intesa a consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici e organizzativi ad esso collegati; tuttavia essa consente, ex art. 81, comma 9, legge n. 448 del 1998, l'apposizione di una riserva di accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, che ha il valore di condizione risolutiva unilateralmente apposta alla domanda di condono. Tale riserva deve essere però contestuale alla domanda, essendo altrimenti vanificata l'esigenza di consolidare la situazione giuridica conseguente all'istanza di regolarizzazione contributiva, senza che tale limitazione si ponga in contrasto con l'art. 24 cost., costituendosi in capo al privato un effetto giuridico da lui stesso voluto, secondo un esatto criterio di autoresponsabilità. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 13 marzo 2003 Numero: n. 3756 233 Parti: Inps C. Ferri Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 520, D&G - Dir. e giust. 2003, 15, 31, Foro it. 2003, I,1735 Il diritto del lavoratore di vedersi costituire, a spese del datore di lavoro, la rendita vitalizia di cui all'art. 13, comma 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338, per effetto del mancato versamento da parte di quest'ultimo dei contributi previdenziali, è soggetto al termine ordinario di prescrizione, che decorre dalla data di prescrizione del credito contributivo dell'Inps, senza che rilevi la conoscenza o meno, da parte del lavoratore, della omissione contributiva. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 14 marzo 2003 Numero: n. 3784 Parti: Banca ambrosiano veneto C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 522, Orient. giur. lav. 2003, I, 217 Con riferimento alla disciplina dettata dall'art. 81 comma 9 l. 23 dicembre 1998 n. 448 in materia di clausole di riserva di ripetizione apposte alle domande di condono previdenziale, è manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale, in relazione agli art. 3, 24 e 97 cost., della previsione normativa di esclusione degli interessi dalle somme che gli enti previdenziali sono tenuti a restituire alle aziende in caso di accertamento negativo dell'obbligo contributivo, tenuto conto che il complessivo intervento del legislatore nella predetta materia - con il riconoscimento alle aziende di un'agevolazione "ulteriore" rispetto al condono, quale la facoltà di condizionare risolutivamente gli effetti di questo, e la contestuale esclusione degli interessi sulle somme eventualmente da restituire configura una regolamentazione di tipo "transattivo", nel cui ambito la previsione di non debenza degli interessi, rispondendo all'esigenza di non aggravare la posizione degli enti suddetti eventualmente obbligati alla restituzione dell'indebito, configura una situazione del tutto particolare e diversa rispetto agli altri contribuenti che abbiano diritto, a diverso titolo, alla ripetizione di contributi indebitamente versati (v. Corte cost. n. 234 del 2002); nè, d'altra parte, la medesima previsione esclude che l'ente obbligato alla restituzione sia tenuto a comportarsi, nell'adempimento della sua obbligazione "ex lege", secondo il principio di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione e quello di correttezza e buona fede ex art. 1175 c.c., fermo restando 234 che, peraltro, il credito del contribuente non resta privo di tutela giurisdizionale essendo comunque esperibile l'azione giudiziale (cognitoria ed eventualmente esecutiva) in caso di inadempimento. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 28 marzo 2003 Numero: n. 4779 Parti: Tagliaferri C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 654 Ai sensi dell'art. 13, commi 4 e 5, legge n. 1338 del 1962 (nel testo risultante a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989), ai fini della costituzione della rendita prevista dallo stesso articolo, in ipotesi di omesso versamento dei contributi assicurativi e di avvenuta prescrizione dei medesimi, l'esistenza del rapporto di lavoro nel periodo di omissione contributiva deve essere dimostrata mediante prova scritta, avente data certa ex art. 2704, c.c., essendo invece consentito provare anche con altri mezzi, la durata del detto rapporto e l'ammontare della retribuzione. L'esistenza del rapporto di lavoro può inoltre essere provata anche con atto pubblico proveniente dall'autorità amministrativa o da pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede, che attesti detto elemento in quanto a sua diretta conoscenza o perché risultante da atti di ufficio, ma non può essere provata mediante una certificazione rilasciata dal sindaco, attestante che il richiedente ha svolto una attività di lavoro subordinato alle dipendenze di un datore di lavoro privato, dato che nessuna norma attribuisce al sindaco il potere di certificazione in ordine all'esistenza di rapporti di lavoro nell'ambito del territorio comunale. (Nella specie, la certificazione rilasciata dal sindaco conteneva una mera rappresentazione di fatti e circostanze accertati a distanza di tempo mediante assunzione di sommarie informazioni). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 19 maggio 2003 Numero: n. 7853 Parti: Pillon C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 5, Giur. it. 2004, 749 (nota di: Sgroi) Nell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, la facoltà di costituire una rendita vitalizia a norma dell'art. 235 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, non è soggetta a prescrizione decorrente dal momento in cui, a seguito della prescrizione dei contributi non versati, la facoltà avrebbe potuto essere esercitata; deve altresì escludersi che la prescrizione cominci a decorrere dal momento in cui, in caso di regolare versamento dei contributi, sarebbe maturato il diritto alla pensione, oppure dal momento in cui, in base ai contributi già versati, il soggetto abbia conseguito la pensione, atteso che il citato art. 13 è chiaro nel non attribuire a tali eventi incidenza preclusiva della facoltà di costituire, con effetti "ex novo", la rendita vitalizia. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 07 giugno 2003 Numero: n. 9168 Parti: Montecchi C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 6 In caso di omissione contributiva, qualora il lavoratore chieda la condanna al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2116 e, ai soli fini della quantificazione, faccia riferimento al criterio previsto dall'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, che quantifica il risarcimento in forma specifica, mediante costituzione di una rendita sostitutiva della perdita del trattamento per effetto all'omissione suddetta, è irrilevante l'indagine in ordine alla sussistenza delle particolari condizioni richieste da quest'ultima disposizione. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 19 agosto 2003 Numero: n. 12149 Parti: Inps C. Boggero Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 7-8 Anche in riferimento ai collaboratori dell'impresa agricola l'ente previdenziale può essere condannato alla costituzione di una rendita vitalizia per i contributi omessi e prescritti, in applicazione della norma contenuta nell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, in quanto in conformità all'interpretazione data alla norma stessa dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 18 del 1995, in riferimento ai collaboratori della impresa artigiana - la norma in questione appare dotata dei caratteri di generalità ed astrattezza tali da giustificarne l'applicazione, oltre che ai lavoratori dipendenti, anche ai lavoratori 236 autonomi, qualora essi siano accomunati ai precedenti dal fatto di non essere abilitati direttamente al versamento dei contributi, essendo sottoposti al tal fine alla determinazione di altri soggetti, i datori di lavoro da un canto, i titolari delle aziende agricole dall'altro. (Nel caso di specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto applicabile l'art. 13 in favore del collaboratore familiare dell'impresa agricola, che non fu inserito negli elenchi nominativi dei coltivatori diretti per determinazione del titolare dell'azienda che non provvedette a denunciarlo a quindi neppure a versare i prescritti contributi). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 26 agosto 2003 Numero: n. 12517 Parti: Ausl n. 4 Cosenza C. Bilotta Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 7-8, Ragiusan 2004, 241/2, 448 Il diritto al risarcimento del danno per omessa o irregolare contribuzione previdenziale sorge nel momento in cui si verifica il duplice presupposto dell'inadempienza contributiva e della perdita totale o parziale della prestazione previdenziale, con la conseguenza che solo da tale momento decorre la prescrizione ordinaria decennale, di cui all'art. 2946 c.c., sia che si tratti di lavoratore subordinato sia che, come nel caso di specie, si tratti di lavoratore autonomo o parasubordinato. (In applicazione di tale principio di diritto la S.C. ha confermato la sentenza di merito, evidenziando il parallelismo tra la situazione del lavoratore dipendente, il cui datore di lavoro abbia omesso di ottemperare all'obbligo contributivo e il professionista medico specialista convenzionato presso una Usl - rispetto al quale il committente Usl aveva l'obbligo di versare i contributi all'ente previdenziale competente). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 27 agosto 2003 Numero: n. 12552 Parti: Laudati C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 7-8 Ai fini della costituzione della rendita prevista dall'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338 nel testo risultante a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989, la necessità della prova scritta di data certa 237 (comprovabile a norma dell'art. 2704, comma 3, c.c.) relativa all'esistenza del rapporto di lavoro subordinato non implica che il documento debba esser stato formato nel corso del rapporto di lavoro o al termine di esso, giacché la finalità della data certa non è quella di dare certezza temporale ai fatti oggetto della dichiarazione, ma di rendere riferibile con sicurezza la dichiarazione a chi ne risulta autore e di fissare il momento temporale della stessa. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva respinto la richiesta di prova testimoniale articolata dal lavoratore per dimostrare la data di rilascio di una dichiarazione del datore di lavoro). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 27 ottobre 2003 Numero: n. 16120 Parti: Soc. coop. Codess e altro C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 10 Per la stretta connessione, delineata dall'art. 81 comma 9 l. 23 dicembre 1998 n. 448, fra domanda di condono previdenziale con clausola di riserva (di ripetizione subordinata all'esito del contenzioso per il disconoscimento del debito contributivo) ed esonero dal pagamento degli interessi (sulle somme da rimborsare da parte dell'ente previdenziale all'esito del contenzioso), detto esonero sussiste anche ove, prima dell'entrata in vigore della predetta normativa, l'Istituto non abbia eccepito l'invalidità della domanda con clausola di riserva (c.d. domanda clausolata), nonché nel caso in cui, per l'omesso integrale pagamento delle rate previste, il richiesto condono non si sia perfezionato, cessa invece dal momento in cui la sentenza che accerta l'indebito contributivo diventa giudicato. In quest'ultimo caso, tuttavia, limitatamente agli interessi relativi al periodo anteriore al giudicato, sussiste l'esonero dal pagamento, anche ove il giudicato sia anteriore all'entrata in vigore della citata normativa, se a tale momento la questione sulla debenza degli interessi sia ancora pendente. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 05 novembre 2003 Numero: n. 16637 Parti: Guetti C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 11 Nella causa promossa dal lavoratore nei confronti dell'ex datore di lavoro e dell'Inps per la costituzione di rendita vitalizia ai sensi 238 dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, a seguito della prescrizione dei contributi previdenziali non versati, l'onere probatorio relativo all'esistenza del rapporto di lavoro subordinato (a differenza di quello riguardante la durata e l'ammontare della retribuzione, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989) può essere soddisfatto solo mediante documenti. (Nella specie il giudice d'appello avendo accertato la sussistenza di una duplicità di rapporti in capo al ricorrente, il primo quale collaboratore del padre e il secondo quale titolare dell'impresa agricola, aveva escluso la prova testimoniale volta a dimostrare che nella titolarità dell'azienda vi era stata una mera modifica soggettiva con successione dal padre al fratello del ricorrente. La S.C, nel confermare la sentenza di merito, ha rilevato che la prova testimoniale avrebbe inammissibilmente investito il contenuto e la diversa natura del rapporto diversamente emergenti dal dato documentale). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 17 dicembre 2003 Numero: n. 19334 Parti: Soc. Figli di Vaglio Ostina C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 12 In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, l'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 stabilisce tra l'altro: a) che la prescrizione diviene quinquennale a partire dall'1 gennaio 1996 anche per i crediti maturati e scaduti in precedenza; b) che per i contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in vigore della legge, il termine decennale permane ove siano stati compiuti dall'Istituto atti interruttivi, ovvero siano iniziate, durante la vigenza della precedente disciplina, procedure per il recupero dell'evasione contributiva; c) che il periodo di sospensione triennale, di cui all'art. 2, comma 19, della legge n. 638 del 1983, è soppresso, ma continua ad applicarsi qualora in precedenza siano stati emessi atti interruttivi o avviate procedure di recupero. ANNO 2004 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 07 gennaio 2004 Numero: n. 46 Parti: Soc. Bon Pan C. Inps Fonti: Riv. giur. lav. 2004, II, 398 (nota di: Capurso) 239 Il nuovo termine quinquennale di prescrizione dei contributi previdenziali trova applicazione anche ai crediti maturati anteriormente, con eccezione per i crediti accertati entro il 31 dicembre 1995 e per i quali l'Ente creditore abbia interrotto i termini o avviato procedure di recupero. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 27 gennaio 2004 Numero: n. 1468 Parti: Soc. Shipping e Holiday Biz C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 1 L'art. 3 l. 8 agosto 1995 n. 335, che ha introdotto il nuovo termine quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad applicarsi il termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di tale modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate durante la vigenza della precedente disciplina, ha inteso riferirsi a qualunque concreta attività di indagine ed ispettiva compiuta dall'ente previdenziale, indipendentemente dalla instaurazione del contraddittorio con il debitore, nè rileva in contrario il disposto dell'art. 252 disp. att. c.c., alla cui applicabilità osta il disposto del comma 10 della norma speciale citata. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 12 marzo 2004 Numero: n. 5139 Parti: Com. Osiglia C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 3 In tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, ai sensi dell'art. 81, comma 9, l. n. 448 del 1998, deve essere contenuta nella domanda di condono previdenziale, cioè nell'atto unilaterale recettizio destinato al soggetto attivo del rapporto obbligatorio, titolare del potere di valutare l'ammissibilità della richiesta e di procedere alla deliberazione amministrativa; conseguentemente, non ha alcuna efficacia sul rapporto obbligatorio 240 una riserva del debitore contenuta in un atto precedente la domanda. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere non riconoscendo efficacia ad una riserva contenuta in una delibera di Giunta del comune debitore, precedente la domanda di condono). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 12 maggio 2004 Numero: n. 9054 Parti: Soc. International Detective C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 5 L'atto di riconoscimento di debito è un atto giuridico in senso stretto, e come tale non ha natura negoziale e non deve necessariamente esprimere una specifica intenzione ricognitiva, essendo sufficiente che esso contenga, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell'esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà. L'indagine volta a stabilire se una determinata dichiarazione costituisca o meno riconoscimento di debito in relazione al diritto fatto valere in giudizio costituisce attività di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivata. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto esente da vizi la sentenza di merito che aveva qualificato come riconoscimento di debito i modelli 01/M, compilati a cura del datore di lavoro e costituenti la denuncia annuale, inviata all'Inps, delle retribuzioni corrisposte dal datore di lavoro al personale dipendente, e ne aveva dedotto l'idoneità degli stessi ad interrompere il decorso della prescrizione del credito contributivo dell'Inps). Il credito per sanzioni civili, che trae origine da una obbligazione accessoria "ex lege", ha pur nella sua accessorietà, la stessa natura giuridica della obbligazione principale e deve essere assoggettato al medesimo regime prescrizionale, in particolare, con riferimento alle omissioni ed evasioni contributive, la prescrizione del credito per sanzioni civili è la medesima dei contributi cui esse ineriscono. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 15 maggio 2004 Numero: n. 9305 Parti: Mellano C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 5 Ai sensi dell'art. 13, comma 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338, perché il lavoratore, sia esso lavoratore dipendente o coadiuvante nell'impresa 241 agricola, sia legittimato a proporre la domanda nei confronti dell'Inps per costituirsi la rendita sostitutiva prevista per il caso di mancata ottemperanza all'obbligo contributivo deve dimostrare l'impossibilità di ottenere la costituzione della rendita da parte del datore di lavoro. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il giudice di merito avesse fatto corretta applicazione di tale principio, negando il diritto del ricorrente ad ottenere la costituzione della rendita da parte dell'Inps, non avendo egli documentato neppure di aver richiesto la costituzione della rendita al datore di lavoro, ed essendosi limitato ad addurre la difficoltà di ottenere la costituzione della rendita, facendo parte il datore di lavoro del suo stesso nucleo familiare). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 25 maggio 2004 Numero: n. 10057 Parti: Balangero C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 5 A norma del comma 5 dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, è inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, e diretta ad ottenere la costituzione di una rendita vitalizia (pari alla pensione o alla quota di pensione adeguata ai contributi assicurativi omessi e non più versabili per intervenuta prescrizione), ove il lavoratore non abbia dato la prova della impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 03 luglio 2004 Numero: n. 12213 Parti: Molinari C. Pisacane Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8 Tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne consegue che deve escludersi la sussistenza di una situazione di litisconsorzio necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda con la quale il lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei confronti del datore di lavoro. Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante 242 all'ente assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno immediato, diverso dalla perdita futura e incerta della pensione di anzianità o di vecchiaia, consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio sostitutivo della pensione. La prescrizione del diritto al risarcimento di questo danno decorre dal momento di maturazione della prescrizione del diritto ai contributi, spettante all'ente assicuratore. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 24 luglio 2004 Numero: n. 13942 Parti: Soc. Gadotti C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8 In tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, ai sensi dell'art. 81, comma 9, legge n. 448 del 1998, deve essere necessariamente contenuta nella domanda di condono previdenziale, poiché si configura come condizione risolutiva apposta alla suddetta domanda di condono; pertanto se l'interessato abbia proposto domanda di condono senza riserva di ripetizione, la domanda stessa è configurabile come riconoscimento del debito contributivo, senza che sia possibile una successiva azione per ripetere quanto pagato. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 03 agosto 2004 Numero: n. 14845 Parti: Inps C. Soc. Amt e altro Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8 In tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23 dicembre 1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di provvedimenti legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, attribuisce al soggetto che contemporaneamente a detta domanda abbia proposto riserva di ripetizione la possibilità di ottenere l'accertamento negativo in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito. In coerenza con tale previsione, la domanda di condono può dar luogo, in caso di accoglimento, alla declaratoria di cessazione della materia del 243 contendere, ma in nessun caso può valere come riconoscimento del preteso obbligo contributivo. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 07 agosto 2004 Numero: n. 15308 Parti: Soc. Samart C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8 Il disposto dell'art. 2115, comma 3, c.c. - che stabilisce la nullità di qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all'assistenza - non è applicabile qualora le parti abbiano inteso transigere non già su eventuali obblighi del datore di lavoro di corrispondere all'Inps i contributi assicurativi, bensì sul danno subito dal lavoratore per l'irregolare versamento dei contributi stessi. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 18 agosto 2004 Numero: n. 16147 Parti: Inps C. Plodari Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8 A seguito della sentenza n. 18 del 1995 della Corte cost., l'unica interpretazione conforme a Costituzione dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 (versamento della riserva matematica per la costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni contributive non più sanabili per intervenuta prescrizione) è quella che ne estende l'applicazione a favore dei lavoratori autonomi, posto che con tale interpretazione, alla quale va escluso il carattere innovativo, il giudice delle leggi, pur non operando una indiscriminata estensione ai detti lavoratori della disciplina dei lavoratori dipendenti, ha individuato nel citato art. 13 quei connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne l'applicazione a tutte le categorie di lavoratori non abilitati al versamento diretto dei contributi, ma sottoposti a tal fine alle determinazioni di altri soggetti; pertanto, deve ritenersi che anche i familiari coadiuvanti dell'impresa diretto - coltivatrice siano abilitati al versamento della riserva ex art. 13 cit., non ostandovi l'esistenza di particolari meccanismi di accreditamento dei contributi previdenziali previsti per i coltivatori diretti; in tali ipotesi, ove risulti, come nella specie, provata documentalmente la esistenza di un rapporto di lavoro e, attraverso deposizioni testimoniali anche la durata dello stesso (e non sia possibile determinare la retribuzione per le peculiarità del rapporto di cui all'art. 2140 c.c. nel testo anteriore alla riforma del 244 diritto di famiglia attuata con la legge n. 151 del 1975, per l'assenza di un vero e proprio corrispettivo in danaro e l'effettuazione della remunerazione attraverso il mantenimento e la partecipazione al godimento del patrimonio familiare), la prova della retribuzione ex art. 13, comma 5, della legge n. 1338 del 1962 non poteva ritenersi presupposto per la costituzione della rendita, essendo solo per effetto della legge n. 233 del 1990 stato introdotto un sistema organico di riscatto dei periodi totalmente o parzialmente scoperti di contribuzione, secondo quanto previsto dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, mentre, per il periodo precedente, non sussiste, alcun impedimento a determinare la riserva matematica, procedendosi all'applicazione di una contribuzione figurativa determinata in base alle giornate di lavoro, alla stregua delle disposizioni dell'art. 3 della legge n. 1047 del 1957, secondo le modalità stabilite dal r.d. n. 2138 del 1938 e dal r.d. n. 1949 del 1940 e successive modificazioni. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 19 agosto 2004 Numero: n. 16300 Parti: Prestigiacomo C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8 Il principio generale dell'automatismo delle prestazioni previdenziali (ai sensi dell'art. 2116 c.c., confermato, per l'assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti, dall'art. 27, comma 2, r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, nel testo sostituito dall'art. 23 ter d.l. 30 giugno 1972 n. 267, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 agosto 1972 n. 485, e rafforzato dall'art. 3 d.lg. 27 gennaio 1992 n. 80, in forza del quale le prestazioni previdenziali spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, deve essere interpretato, alla luce della sentenza della Corte cost. n. 374 del 1997, nel senso che esso trova applicazione, con riguardo ai vari sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, come regola generale rispetto alla quale possono esservi deroghe solo se espressamente previste dal legislatore e non solo in relazione al raggiungimento del requisito minimo necessario per il conseguimento del diritto alle prestazioni, ma anche ai fini dell'incremento delle prestazioni già spettanti. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 18 settembre 2004 Numero: n. 18830 245 Parti: Inps C. Lezzi Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 1 Il principio generale dell'automatismo delle prestazioni previdenziali, in forza del quale queste ultime spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, non trova applicazione, in difetto di specifiche disposizioni di legge o di una legittima fonte secondaria in senso contrario, nel rapporto tra lavoratore autonomo ed ente previdenziale, con la conseguenza che il mancato versamento dei contributi obbligatori impedisce, di regola, la stessa costituzione del rapporto previdenziale e, comunque, la maturazione del diritto alle prestazioni; nè tale esclusione può essere ritenuta irragionevole, giacché nel rapporto tra lavoratore autonomo ed ente previdenziale l'obbligazione contributiva grava sullo stesso lavoratore al quale compete il diritto alle prestazioni e che quindi, coerentemente, subisce le conseguenze pregiudizievoli del proprio inadempimento. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 25 ottobre 2004 Numero: n. 20686 Parti: Soc. Siv Standard Inox Vessel C. Caroli Fonti: Riv. giur. lav. 2005, II, 357 (nota di: Ronconi) Riguardo al mancato versamento dei contributi, a carico del prestatore di lavoro si vengono a integrare due tipi di danno: uno è dato dalla perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale, e si verifica nel momento in cui il lavoratore raggiunge l'età pensionabile; l'altro è dato dalla necessità di costituire la provvista necessaria a ottenere un beneficio economico, sostitutivo della pensione, tramite il versamento di quanto occorre per costituire la rendita di cui all'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, e si verifica nel momento in cui il datore di lavoro, che avrebbe potuto versare i contributi in ogni momento successivo alla loro scadenza sino al termine di prescrizione, non può più versarli in quanto prescritti. Nel caso di omissione contributiva non è ammissibile neppure in sede di conciliazione (ed è quindi affetta da una nullità radicale diversa dalla mera annullabilità ex art. 2113 c.c.) una rinuncia del lavoratore al risarcimento dei danno da omissione contributiva compiuta prima della maturazione del diritto a pensione e quindi della verificazione del danno. 246 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 24 novembre 2004 Numero: n. 22164 Parti: Soc. Cesea C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 1 La normativa sulla regolarizzazione degli adempimenti contributivi è intesa, non diversamente dalla analoga normativa in materia tributaria, a consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici ed organizzativi ad esso collegati; ne consegue che, pur dopo l'entrata in vigore dell'art. 81, comma 9, della legge n. 448 del 1998, che ammette la valida inseribilità delle clausole di riserva di ripetizione nella domanda di condono, qualora l'adempimento degli obblighi derivanti dalla disciplina sul condono avvenga senza riserve, deve essere rigettata la domanda di accertamento negativo dell'obbligo contributivo e rimane irrilevante anche il sopravvenire, dopo il pagamento della somma prevista per il condono (e prima dell'inizio della causa per l'accertamento negativo dell'obbligo contributivo) di una normativa più favorevole, pur espressamente dichiarata retroattiva. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 03 dicembre 2004 Numero: n. 22751 Parti: Fredella C. Soc. Firma Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 1 Nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al risarcimento del danno non può sorgere prima del verificarsi di un pregiudizio, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela della sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2, c.c., o quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 10 dicembre 2004 Numero: n. 23116 247 Parti: Cassa it. previd. ass. geometri C. De Maria Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 1 Nella materia previdenziale, il regime della prescrizione già maturata è differente rispetto alla materia civile, in quanto è sottratto alla disponibilità delle parti, sicché deve escludersi l'esistenza di un diritto soggettivo degli assicurati a versare contributi previdenziali prescritti: la prescrizione, inoltre, opera di diritto e pertanto può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice, mentre l'ente previdenziale (anche se, come nella specie, di natura privatistica) non può rinunciare alla "irricevibilità" dei contributi prescritti. Detto principio di indisponibilità - attualmente fissato dall'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 desumibile, per il periodo precedente l'entrata in vigore di tale disposizione, dall'art. 55, comma 2, del r.d.l. n. 1827 del 1935 vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in base al comma 10 del citato art. 3 della legge n. 335 del 1995, si applica anche per i contributi prescritti prima dell'entrata in vigore della medesima legge. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 20 dicembre 2004 Numero: n. 23584 Parti: Inps C. Locorotondo Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 12 Il lavoratore che, sostituendosi al datore di lavoro, intenda egli stesso provvedere al versamento della riserva matematica per la costituzione della rendita vitalizia (per periodi non coperti da contribuzione ormai prescritta) e che, pertanto, agisca direttamente nei confronti dell'Inps, deve allegare e comprovare che non ha potuto far valere questa pretesa nei confronti del datore di lavoro. (Nella specie la impossibilità di ottenere la costituzione della rendita da parte del datore di lavoro erroneamente era stata individuata dai giudici di merito nell'avvenuto decesso del datore stesso e nel lungo periodo di tempo trascorso, circostanze, entrambe, che non integravano il requisito in esame). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 25 maggio 2004 Numero: n. 10057 Parti: Balangero C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 5 248 A norma del comma 5 dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, è inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, e diretta ad ottenere la costituzione di una rendita vitalizia (pari alla pensione o alla quota di pensione adeguata ai contributi assicurativi omessi e non più versabili per intervenuta prescrizione), ove il lavoratore non abbia dato la prova della impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro. ANNO 2005 Autorità: Cassazione civile sez. un. Data: 18 gennaio 2005 Numero: n. 840 Parti: Soc. La Nuova Sardegna ed. C. Pandino Fonti: Diritto & Giustizia 2005 L'omissione contributiva del datore di lavoro si combatte con carte alla mano. Il dipendente che intende provare l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, per ottenere una rendita vitalizia corrispondente alla quota di pensione perduta a causa del mancato versamento dei contributi, dovrà fornire la prova scritta di tale rapporto anche per il periodo in cui la sua posizione non era regolare. Nel caso di omesso versamento dei contributi previdenziali, il lavoratore può sia chiedere al datore del lavoro il risarcimento del danno, sia versare direttamente all'Inps l'importo necessario alla costituzione della rendita, e ripetere poi la somma corrispondente dal datore di lavoro. Il lavoratore, per ottenere dall'Inps la costituzione della rendita nel caso di omesso versamento dei contributi previdenziali da parte del datore di lavoro, deve provare per iscritto la esistenza di un rapporto di lavoro subordinato; ne consegue che è insufficiente, ai fini suddetti, la prova scritta di un rapporto di altra natura, così come la prova scritta dello svolgimento di lavoro subordinato in epoca successiva a quella per cui si lamenta l'omissione contributiva. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 09 febbraio 2005 249 Numero: n. 2589 Parti: Soc. Igam C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 2 La riduzione a cinque anni del termine di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatorie introdotta dall'art. 3, comma 9, l. 8 agosto 1995 n. 335, non si applica, continuando ad applicarsi il precedente termine decennale di prescrizione, sia nel caso di atti interruttivi già compiuti che di procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate durante la vigenza della precedente disciplina, per tali dovendosi intendere qualunque concreta attività di indagine o ispettiva compiuta dall'ente previdenziale titolare del credito per omessa contribuzione, non essendo invece idonei a determinare l'applicabilità del termine lungo di prescrizione atti d'iniziativa presi da soggetti diversi, quali il verbale amministrativo dell'Ispettorato del lavoro contenente la contestazione dell'omissione contributiva. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 24 febbraio 2005 Numero: n. 3846 Parti: Inps C. Soc. Lux e altro Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 2 In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ai sensi dell'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995, per i contributi anteriori alla data di entrata in vigore della stessa legge (17 agosto 1995), in caso di atto interruttivo effettuato dall'Inps nel periodo da tale data al 31 dicembre 1995, continua ad applicarsi la prescrizione decennale per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà, essendo l'atto interruttivo intervenuto quando ancora era in vigore il termine decennale. Per le contribuzioni diverse da quelle destinate alla gestione pensionistica, invece, opera la prescrizione quinquennale, atteso che tale termine più breve è entrato in vigore con la legge, con la conseguenza che una richiesta successiva (per i contributi diversi da quelli pensionistici) non vale a prolungare eventuali termini più lunghi prima vigenti. 250 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 25 febbraio 2005 Numero: n. 4004 Parti: Soc. Enny pelletterie C. De Rosa e altro Fonti: Dir. sicurezza sociale 2005, 626 (nota di: Mastinu) In caso di omissione contributiva, il lavoratore ha autonoma azione per ottenere la condanna del datore di lavoro al versamento dei contributi previdenziali non ancora prescritti. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 24 marzo 2005 Numero: n. 6340 Parti: Gaille C. Cassa it. previd. geometri liberi prof. Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 3 Nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti ai sensi dell'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 - anche per le contribuzioni relative a periodi precedenti la entrata in vigore della stessa legge (comma 10 del medesimo art. 3) e con riferimento a qualsiasi forma di previdenza obbligatoria. Ne consegue che, una volta esaurito il termine, la prescrizione ha efficacia estintiva (non già preclusiva) - poiché l'ente previdenziale creditore non può rinunziarvi - opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio. Pertanto, deve escludersi il diritto dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti e ad ottenere la retrodatazione dell'iscrizione alla Cassa (nella specie, dei geometri liberi professionisti) per il periodo coperto da prescrizione, senza che possa rilevare la eventuale inerzia della Cassa stessa nel provvedere al recupero delle somme corrispondenti alle contribuzioni, avendo il credito contributivo una sua esistenza autonoma, che prescinde dalla richiesta di adempimento fattane dall'ente previdenziale, ed insorgendo nello stesso momento in cui si perfeziona il rapporto (o, comunque, l'attività) di lavoro, che ne costituisce il presupposto, momento dal quale decorre, altresì, il termine prescrizionale dello stesso credito contributivo. Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali non trova applicazione nel rapporto tra lavoratore autonomo (nella specie, libero professionista) ed ente previdenziale, nel difetto di esplicite norme di legge (o di legittima fonte secondaria) che, eccezionalmente, 251 dispongano in senso contrario. Ne consegue che il mancato versamento dei contributi obbligatori impedisce, di regola, la stessa costituzione del rapporto previdenziale e, comunque, la maturazione del diritto alle prestazioni. Ne consegue altresì che il suddetto principio dell'automatismo delle prestazioni - proprio perché eccezionalmente previsto per la Cassa italiana di previdenza ed assistenza a favore dei geometri dall'art. 35 l. 24 ottobre 1955 n. 990, poi abrogato dall'art. 43 l. 4 febbraio 1967 n. 37 - non trova applicazione per le prestazioni che (come nella specie) non siano maturate nel periodo di vigenza (dal 1955 al 1967) dello stesso principio. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 12 maggio 2005 Numero: n. 9962 Parti: Inps C. Soc. A.S. Fonti: Orient. giur. lav. 2005, I, 423 In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro il nuovo termine quinquennale di prescrizione dei contributi previdenziali previsto dall'art. 3, commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995 trova applicazione anche ai crediti maturati anteriormente, con eccezione per i crediti accertati entro il 31 dicembre 1995 e per i quali l'Ente creditore abbia interrotto i termini o avviato procedure di recupero Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 19 maggio 2005 Numero: n. 10577 Parti: Audenino C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 5 In caso di omesso versamento dei contributi assicurativi da parte del datore di lavoro e di avvenuta prescrizione dei medesimi, la necessità della prova scritta ai fini della costituzione della rendita vitalizia (prevista dall'art. 13, commi 4 e 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338), è relativa solo all'esistenza del rapporto di lavoro, mentre l'estensione temporale di esso e l'importo delle retribuzioni possono essere provati 252 con altri mezzi istruttori, anche orali. è tuttavia escluso il ricorso ad altri mezzi di prova per accertare che il rapporto di lavoro si sia costituito prima di quanto risulta dai versamenti effettuati, quando dal documento emerga con certezza la data della costituzione del rapporto di lavoro. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 11 luglio 2005 Numero: n. 14504 Parti: Mastrorilli C. Inps e altro Fonti: Foro it. 2005, I,2310 Ai fini della costituzione di una rendita vitalizia che, ai sensi dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, tenga luogo della pensione (o della quota di essa) corrispondente ai contributi il cui versamento, omesso dal datore di lavoro, non sia più possibile per intervenuta prescrizione, i mezzi di prova orali ammissibili, sulla durata del rapporto e l'ammontare della retribuzione, non possono eludere la necessità della prova scritta sull'esistenza del rapporto di lavoro (nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ravvisato la sussistenza della prova scritta nelle buste paga relative a periodo incontroverso e successivo a quello di omissione contributiva, desumendo da prova orale una decorrenza del rapporto pregressa rispetto a quella documentata). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 21 luglio 2005 Numero: n. 15304 Parti: Cacace C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 6 Il lavoratore, quando non possa ottenere dal datore di lavoro la costituzione della rendita a norma dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, può egli stesso sostituirsi al datore di lavoro, salvo il diritto al risarcimento del danno, a condizione che fornisca all'Inps le prove del rapporto di lavoro e della retribuzione percepita; ne consegue che è inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, e diretta ad ottenere la costituzione di una rendita vitalizia, ove il lavoratore non abbia dato la prova della impossibilità di ottenere la rendita dallo 253 stesso datore di lavoro. È manifestamente infondata la q.l.c. della norma, in quanto essa non crea un trattamento deteriore per il lavoratore ma al contrario costituisce una norma di favore, i cui limiti trovano la loro giustificazione nella funzione sostitutoria della facoltà di attivarsi direttamente presso l'Inps, e nel necessario contemperamento tra l'interesse del lavoratore a non rimanere privo di tutela previdenziale e l'esigenza di contrastare il rischio di posizioni lavorative fittizie. È inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, al fine di ottenere la costituzione di una rendita vitalizia ai sensi dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, ove il lavoratore non abbia dato la prova dell'impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro. È manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, interpretato nel senso che la preventiva richiesta al datore di lavoro di costituzione della rendita vitalizia configuri una condizione di ammissibilità della domanda proposta direttamente dal lavoratore nei confronti dell'Inps, in riferimento agli art. 3, 24 e 38, comma 2, cost. Autorità: Cassazione civile sez. III Data: 07 dicembre 2005 Numero: n. 26999 Parti: Soc. G. L'E. ed. e altro C. Pignatelli Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 12 Il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato non osta a che il giudice d'appello operi una ricostruzione dei fatti diversa da quella prospettata dalle parti, o renda una qualificazione giuridica autonoma rispetto a quella della sentenza impugnata, e criticata dalle parti, con il limite attinente al divieto del giudice stesso di attribuire un bene non richiesto o, comunque, di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nei fatti di causa e che si basi su elementi di fatto non ritualmente acquisiti in giudizio come oggetto del contraddittorio e non tenuti in alcun conto dal primo giudice (nella specie relativa a controversia in materia di diffamazione a mezzo stampa, la S.C. ha confermato la sentenza di appello che, a fronte della richiesta di una più consistente liquidazione del danno, aveva proceduto ad una rivalutazione dei fatti). 254 ANNO 2006 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 24 febbraio 2006 Numero: n. 4153 Parti: Inpgi C. Isis Fonti: Giust. civ. Mass. 2006, 3, Dir. sicurezza sociale 2006, 2, 315 (s.m.) (nota di: FRAIOLI), Orient. giur. lav. 2006, 1, I, 238, Dir. relaz. ind. 2007, 1, 212 (s.m.) (nota di: Garcea) In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali (nel caso di specie, l'Inpgi) ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ed in relazione all'intervenuta riduzione del termine di prescrizione da decennale a quinquennale, in virtù del disposto della legge n. 335 del 1995, in relazione ai contributi per i quali il quinquennio dalla scadenza si era integralmente maturato prima dell'entrata in vigore della legge, la denuncia del lavoratore è idonea a mantenere il precedente termine decennale solo quando sia intervenuta prima, ovvero intervenga comunque entro il 31 dicembre 1995, analogamente a quanto previsto per gli atti interruttivi dell'ente previdenziale. Quanto agli altri contributi, parimenti dovuti per periodi anteriori alla entrata in vigore della legge, ma per i quali, a quest'ultima data, il quinquennio dalla scadenza non si era integralmente maturato (come nella specie, in cui i contributi si riferivano all'anno 1991, e quindi il diritto alla riscossione si estingueva nel 1996), il termine decennale può operare solo mediante una denuncia intervenuta nel corso del quinquennio dalla data della loro scadenza. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto prescritto per intervenuto decorso del termine quinquennale il credito contributivo, in quanto la denuncia, presentata solo nel 1997 in relazione ad un credito scaduto nel 1991, non era stata idonea a rendere operativo il termine decennale). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 13 marzo 2006 Numero: n. 5418 Parti: Soc. Poligest C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2006, 3 255 In tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23 dicembre 1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di provvedimenti legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, ha attribuito al soggetto che contemporaneamente a detta domanda abbia proposto riserva di ripetizione la possibilità di ottenere l'accertamento negativo in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito. Ne consegue che, ove la domanda di condono sia stata inoltrata e il relativo importo versato, il contribuente non ha diritto di pretendere dall'ente previdenziale la ripetizione di quanto versato in adempimento del condono, in mancanza dell'accertamento in sede contenziosa dell'insussistenza del debito contributivo. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso confermando la sentenza di appello che, riformando la sentenza di primo grado recante l'accoglimento dell'opposizione a decreto ingiuntivo con conseguente accertamento negativo del debito contributivo condonato, dichiarava la nullità del decreto perché reso nei confronti di soggetto ormai inesistente escludendo la possibilità di indagare sul merito della controversia). Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 15 marzo 2006 Numero: n. 5622 Parti: Cnpaf C. G. Fonti: Giust. civ. Mass. 2006, 3, Guida al diritto 2006, 18, 80 (s.m.) In relazione ai contributi dovuti alla Cassa di previdenza forense, scaduti prima dell'entrata in vigore della l. n. 335 del 1995, l'abbreviazione a cinque anni del termine prescrizionale (prevista dall'art. 3 comma 9 l. n. 335 del 1995) opera dall'1 gennaio 1996, giacché questi rientrano nell'art. 3 comma 9, lett. a) della medesima legge (contribuzione di pertinenza delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie), di talché gli atti interruttivi effettuati sia prima del 17 agosto 1995, sia dopo e fino al 31 dicembre 1995, valgono al fine di mantenere il precedente termine decennale di prescrizione. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 13 dicembre 2006 Numero: n. 26621 Parti: Cassa naz. previd. assist. C. Mauro 256 Fonti: Giust. civ. Mass. 2006, 12, Guida al diritto 2007, 6, 46 (s.m.), Il civilista 2008, 4, 55 (s.m.) (nota di: Villa) L'art. 3 commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995, prevedendo che le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono in dieci anni per quelle di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie termine ridotto a cinque anni con decorrenza 1 gennaio 1996 (lett. a) e in cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria (lett. b), ha regolato l'intera materia della prescrizione dei crediti contributivi degli enti previdenziali, con riferimento a tutte le forme di previdenza obbligatoria, comprese quelle per i liberi professionisti, con conseguente abrogazione per assorbimento, ai sensi dell'art. 15 preleggi, delle previgenti discipline differenziate, sicchè è venuta meno la connotazione di specialità in precedenza sussistente per i vari ordinamenti previdenziali di categoria. La nuova disciplina, pur riducendo il termine da decennale a quinquennale per tutti i tipi di contributi previdenziali, opera però una distinzione: per i contributi destinati alle gestioni diverse da quelle pensionistiche (comma 9, lett. b) il termine diventa immediatamente quinquennale alla data di entrata in vigore della legge (17 agosto 1995); invece, per i contributi dovuti alle gestioni pensionistiche (comma 9, lett. a) la prescrizione resta decennale fino al 31 dicembre 1995 e diviene quinquennale dal primo gennaio 1996, ma soltanto se entro il 31 dicembre 1995 l'ente previdenziale non abbia posto in essere atti interruttivi oppure iniziato procedure nel rispetto della normativa preesistente, altrimenti rimane decennale. La sistemazione organica e completa del regime transitorio comporta, pertanto, una deroga all'art. 252 disp. att. c.c., escludendone l'applicazione in via sussidiaria o integrativa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale che aveva applicato la nuova normativa ai contributi dovuti all'Inarcassa rigettando le censure di quest'ultima secondo cui doveva continuare ad applicarsi la norma speciale prevista per i contributi alla Cassa - l'art. 18 l. n. 6 del 1981, e la prescrizione decennale ivi prevista - in forza del principio "lex specialis derogat legi generalii). ANNO 2007 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 15 giugno 2007 257 Numero: n. 13997 Parti: D'Anselmi C. Com. Labico Fonti: Giust. civ. Mass. 2007, 6 La responsabilità del datore di lavoro per danni subiti dal lavoratore a causa di mancata o irregolare contribuzione rappresenta un'ipotesi di responsabilità contrattuale, derivante dalla violazione di una specifica ed indisponibile obbligazione imposta dalla legge. Consegue da ciò che il termine di prescrizione della relativa azione risarcitoria è quello decennale, di cui all'art. 2946 c.c., il cui "dies a quo" può variare a seconda dell'interesse che si intende tutelare con la proposizione della domanda di risarcimento, posto che l'interesse ad agire del lavoratore sorge ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, eventualmente avvalendosi dell'azione di condanna generica al risarcimento. Tuttavia, allorquando l'azione sia diretta all'ottenimento del risarcimento del danno per l'avvenuta perdita della pensione (come nella specie, conseguibile presso la gestione Inps mediante il trasferimento dei contributi c.p.del, ove versati tempestivamente dal Comune), il termine di prescrizione decorre dal momento in cui il lavoratore, raggiunta l'età pensionabile e concorrendo ogni altro requisito, perde il relativo diritto (o lo vede ridotto) a causa dell'omissione contributiva. ANNO 2008 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 03 ottobre 2008 Numero: n. 24582 Parti: Inps C. sic. ed altro Fonti: Giust. civ. Mass. 2008, 10, 1429 L'assicurazione obbligatoria di invalidità, vecchiaia e superstiti per gli artigiani non è retta dal principio di automatismo e le prestazioni competono solo in quanto siano stati effettuati i versamenti contributivi. Autorità: Cassazione civile sez. un Data: 04 marzo 2008 Numero: 5784 Fonti: in Giust. civ. Mass. 2008, 3, p. 351 “In tema di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ai sensi dell'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, il termine di prescrizione 258 dei contributi relativi a periodi precedenti l'entrata in vigore della legge (17 agosto 1995) resta decennale nel caso di atti interruttivi compiuti dall'Inps nel periodo tra la data suddetta ed il 31 dicembre 1995, i quali - tenuto conto dell'intento del legislatore di realizzare un «effetto annuncio» idoneo ad evitare la prescrizione dei vecchi crediti - valgono a sottrarre a prescrizione i contributi maturati nel decennio precedente l'atto interruttivo; dalla data di questo inizia a decorrere un nuovo termine decennale di prescrizione.” Autorità: Cassazione civile sez. un Data: 07 marzo 2008 Numero: 6173 Fonti: Giust. civ. Mass. 2008, 3, p. 374 “Con l'entrata in vigore della l. 335/1995 che ha introdotto il nuovo regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti opera, fuori dei casi di conservazione del precedente termine decennale, il nuovo termine di prescrizione più breve, che comincia peraltro a decorrere dalla data dell'1 gennaio 1996; detto termine non può essere quindi superiore a cinque anni, mentre può essere inferiore se tale è il residuo del più lungo termine determinato secondo il regime precedente.” ANNO 2009 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 07 gennaio 2009 Numero: n. 46 Parti: Imp. Costr. Zanuttini C. Inps ed altro Fonti: Giust. civ. Mass. 2009, 1, 13 L'art. 3 della legge n. 335 del 1995, che ha introdotto il nuovo termine quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza ed assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad applicarsi il termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di tale modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate durante la vigenza della precedente disciplina, per «procedure iniziate» ha inteso anche quelle che, pur non richiedendo l'instaurazione del contraddittorio con il debitore, si concretano comunque in una serie di atti finalizzati inequivocamente al conseguimento della pretesa creditoria. Ne consegue che tra le «procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente» rientra il verbale di accertamento per il recupero dell'evasione contributiva, sicché, in relazione a tale iniziativa dell'Inps, i crediti azionati restano 259 assoggettati al termine decennale di prescrizione, rimanendo così esclusa l'estinzione del debito relativo ai premi dovuti afferenti al decennio antecedente alla data del verbale. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 07 gennaio 2009 Numero: n. 73 Parti: Postiglione C. Soc. Siderpotenza ed altro Fonti: Giust. civ. Mass. 2009, 2, 156 In materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di assistenza obbligatoria in base alla disciplina recata dall'art. 3, commi 9 e 10, l. 8 agosto 1995 n. 335, la denuncia del lavoratore, di cui alla lett. a, ultimo periodo, del citato art. 3, comma 9, in relazione a contributi per i quali il termine quinquennale di prescrizione, decorrente dalla loro scadenza, sia integralmente maturato prima della data di entrata in vigore della predetta legge (17 agosto 1995), è idonea a mantenere il precedente termine di prescrizione decennale solo quando sia intervenuta prima della maturazione dell'anzidetto termine quinquennale (e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1995), non potendo più operare il prolungamento dello stesso termine una volta che il credito contributivo risulti già prescritto. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 05 marzo 2009 Numero: n. 5320 Parti: Soc. Arredo Design C. Inps Fonti: Guida al diritto 2009, 19, 77 (s.m.) Il comma 9 dell'art. 3 l. n. 335 del 1995 stabilisce che le contribuzioni di previdenza obbligatoria si prescrivono nel termine di cinque anni a decorrere dal primo gennaio 1996, salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti, senza necessità che la denuncia sia resa nota al datore di lavoro debitore della contribuzione. Ciò perché il legislatore ha ritenuto l'interesse del lavoratore alla contribuzione sacrificato dalla prescrizione e più difficilmente soddisfatto attraverso i rimedi dell'azione risarcitoria di cui all'art. 2116 cpv. c.c. e della rendita di cui all'art. 13 l. n. 1338 del 1962 - prevalente sull'affidamento del datore di lavoro - debitore nel termine di prescrizione e in particolare nel suo interesse alla conoscenza delle cause che prolunghino l'assoggettamento al vincolo obbligatorio. . 260 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 01 luglio 2009 Numero: n. 15398 Parti: Inps C. Telloli Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2009, 9 In tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di assistenza obbligatoria, l'art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995, nel prevedere la riduzione del termine prescrizionale da dieci a cinque anni, stabilisce un regime transitorio secondo il quale continua ad applicarsi il termine decennale di prescrizione previgente nel caso di "atti interruttivi già compiuti" o di "procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva" iniziate durante la vigenza della precedente disciplina, dovendosi intendere con tale ultima locuzione l'avvenuto svolgimento, da parte dell'ente previdenziale, di una concreta attività d'indagine ed ispettiva finalizzata al recupero dell'omissione contributiva. Ne consegue che non è applicabile la disciplina transitoria ove l'Inps abbia inviato una richiesta di informazioni in ordine alla posizione dei dipendenti senza quantificare il credito e limitandosi a preannunciare successive azioni di recupero, trattandosi di atto inidoneo ad integrare l'attivazione di una procedura di recupero. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 08 luglio 2009 Numero: n. 15991 Parti: Sanpaolo Imi C. Sardella e altro Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2009, 7-8 L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento. (Nella specie, relativa alla domanda di corresponsione di importi integrativi di assegni di pensione, la S.C. ha precisato che il termine prescrizionale decorreva dal giorno in cui il diritto avrebbe potuto essere fatto valere, e non da quello successivo nel quale i pensionati risultavano avere appreso dell'esistenza di una circolare che prevedeva che i benefici venissero riconosciuti anche al personale cessato dal servizio). 261 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 31 luglio 2009 Numero: n. 17849 Parti: Soc. Cogema C. Inps Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2009, 9 In tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza ed assistenza sociale obbligatorie, l'ordinanza ingiunzione relativa a sanzioni amministrative e il verbale ispettivo dell'Ispettorato del lavoro non hanno efficacia interruttiva della prescrizione del credito contributivo: la prima, attesa la diversità della pretesa, non è qualificabile come procedura finalizzata al recupero dell'evasione contributiva, né configura un atto prodromico diretto al conseguimento dei contributi omessi; il secondo, costituisce un atto posto in essere da un soggetto, l'Ispettorato del lavoro, diverso dall'Ente impositore. Ne consegue che i predetti atti, non integrando i presupposti di cui all'art. 3, comma 10, l. n. 335 del 1995, non determinano la perdurante applicabilità del termine decennale di prescrizione, né della sospensione triennale della prescrizione medesima già prevista dall'art. 2, comma diciannovesimo d.l. n. 463 del 1983, conv. nella l. n. 638 del 1983. ANNO 2010 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 10 marzo 2010 Numero: n. 5811 Parti: Inps C. Confederaz. Ital. Esercenti Attività ed altro Fonti: Giust. civ. Mass. 2010, 4, 487 In tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di assistenza obbligatoria, il principio secondo cui, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995, che ha introdotto il nuovo regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti, opera, al di fuori dei casi di conservazione del precedente termine decennale, il nuovo termine di prescrizione più breve, con 262 decorrenza dall'1 gennaio 1996, trova applicazione anche nel caso, contemplato dal comma 9, lett. a, ultima parte, dell'art. 3 cit., di denuncia da parte del lavoratore del mancato versamento dei contributi all'Istituto previdenziale, con la conseguenza che, in relazione ai contributi dovuti per anni anteriori all'entrata in vigore della legge, il termine entro il quale la denuncia dev'essere inoltrata è quello di cinque anni dal 31 dicembre 1996, potendo però detto termine essere inferiore, in applicazione della regola generale di cui all'art. 252 disp. att. c.c., se tale è il residuo del più lungo termine determinato secondo il regime precedente, e che il diritto alla riscossione si prescrive entro il quinquennio dalla denuncia del lavoratore. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 16 aprile 2010 Numero: n. 9169 Parti: Inps C. Vaglio Ostina Paolo e Figli s.r.l. Fonti: Diritto & Giustizia 2010 La presentazione tardiva del modello DM/10 da parte del datore di lavoro è idonea ad interrompere la prescrizione dei relativi crediti contributivi dovuti all'Inps e, se avanzata dopo l'entrata in vigore della legge 335/95 (il 17 agosto 1995) ma prima della fine dell'annò 95, consente di mantenere il termine di prescrizione decennale e non quinquennale. Infatti, il principio affermato dal supremo collegio, secondo cui ai sensi dell'art. 3 commi 9 e 10 l. n. 335/95 il termine di prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in vigore della legge (17 agosto 1995) resta decennale nel caso di atti interruttivi compiuti dall'Inps nel periodo tra la suddetta data e il 31 dicembre 1995 - atti che valgono anche a sottrarre a prescrizione i contributi maturati nel decennio precedente all'atto interruttivo - è applicabile anche al caso di atti interruttivi compiuti dal debitore a norma dell'art. 2944 c.c. (riconoscimento del debito), non sussistendo valide ragioni per distinguere tale ipotesi da quelle previste dall'art. 2943 c.c., anche perché la norma dell'art. 3 comma 10 l. 335/95 fa riferimento generico ad "atti interruttivi già compiuti", senza ulteriori specificazioni. 263 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 04 maggio 2010 Numero: n. 10715 Parti: Zampese C. Inps Fonti: Guida al diritto 2010, 24, 77 (s.m.) La domanda di condono non costituisce riconoscimento di debito e quindi non interrompe la prescrizione, ma innesca una procedura di recupero dei contributi la quale costituisce quel requisito della "procedura già iniziata", previsto dalla l. 335 del 1995, che rende decennale il termine di prescrizione. ANNO 2011 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 27 giugno 2011 Numero: n. 14163 Parti: Gottardo C. Soc. Arin Napoli Fonti: Giust. civ. Mass. 2011, 6, 962 L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento. (Nella specie, relativa alla domanda diretta ad ottenere le differenze sulla pensione aziendale, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto privo di rilievo, ai fini dell'interruzione della prescrizione, il ricorso già presentato per il conseguimento della superiore qualifica, atteso che all'epoca non era stato chiesto l'incremento del trattamento pensionistico, restando escluso che assumesse valore impeditivo il ritardo indotto dalla necessità di procedere all'accertamento del diritto alla maggiore retribuzione). 264 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 20 ottobre 2011 Numero: n. 21821 Parti: Bica C. Ass. reg. sanità ed altro Fonti: Giust. civ. Mass. 2011, 10, 1491 In materia di contributi di previdenza e assistenza obbligatoria, la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere dal lavoratore ossia da quando fu, o avrebbe dovuto essergli, corrisposto il compenso, senza che la pendenza di una controversia giudiziaria su uno dei fatti costituiti dal diritto sia idonea ad influire sul decoro della prescrizione, giacché essa non preclude l'esercizio immediato del diritto ma rappresenta un mero impedimento di fatto. A norma dell'art. 3, comma 9, l. 8 agosto 1995 n. 335, i termini di prescrizione relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria, fissati in cinque o dieci anni (a seconda del tempo, anteriore o successivo al 1º gennaio 1996, in cui si è svolto il rapporto assicurativo), alla scadenza dei quali i contributi non possono essere più versati all'ente previdenziale, iniziano a decorrere ex art. 2935 c.c. da quando il diritto può essere fatto valere dal lavoratore, ossia da quando fu, o avrebbe dovuto essergli corrisposto il compenso, potendo l'incertezza circa la sussistenza del diritto e, più precisamente, circa la controversia giudiziaria su uno dei fatti costitutivi, rappresentare un mero impedimento di fatto inidoneo ad influire sul decorso della prescrizione, giacché essa non preclude l'esercizio immediato dello stesso diritto. ANNO 2012 Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 24 gennaio 2012 Numero: n. 948 Parti: Inps C. Cei ed altro Fonti: Giust. civ. Mass. 2012, 1, 68 In materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di assistenza obbligatoria, l'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, nel prevedere la riduzione del termine di prescrizione da decennale a quinquennale con decorrenza dalla data di maturazione del credito, è immediatamente efficace, non avendo introdotto alcun 265 effetto sospensivo del decorso della prescrizione. Ne consegue che, con riguardo ai contributi maturati precedentemente all'entrata in vigore della nuova normativa, la denuncia del lavoratore è idonea a mantenere il precedente termine decennale solo se sia intervenuta prima della scadenza del termine quinquennale, senza che rilevi che tale scadenza intervenga in epoca anteriore alla stessa entrata vigore della nuova disciplina, dovendosi escludere che possa operare il prolungamento del termine una volta che il credito contributivo risulti già prescritto. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 20 febbraio 2012 Numero: n. 2417 Parti: Inps C. Atzeni e altro Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2012, 2 In tema di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e assistenza obbligatoria, in base alla disciplina dell'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, la denuncia del lavoratore, di cui alla lett. a, ultimo periodo, dell'art. 3, comma 9, cit., in relazione a contributi scaduti anteriormente all'entrata in vigore della legge stessa, è idonea a mantenere il precedente termine di prescrizione decennale solo quando sia intervenuta prima della maturazione del nuovo termine quinquennale di prescrizione decorrente dalla scadenza (e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1995), non potendo più operare il prolungamento del termine una volta che il credito contributivo risulti già prescritto. (Nella specie, relativa ad obbligo contributivo scaduto nel settembre 1993, la S.C., applicando il principio, ha respinto il ricorso dell'istituto previdenziale contro la decisione di merito che aveva ritenuto inidonea a mantenere il termine di prescrizione decennale la denuncia del lavoratore intervenuta soltanto nel settembre 1999, e quindi oltre il quinquennio dalla scadenza). Autorità: Cassazione civile sez. VI Data: 07 marzo 2012 Numero: n. 3584 Parti: Rosati e altro C. Inps Fonti: Giust. civ. Mass. 2012, 3, 285 L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della 266 prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ostacolino l'esercizio del diritto e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali, salva l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha respinto il ricorso avverso la decisione di merito che, nel dichiarare parzialmente prescritto il diritto alla pensione sociale sostitutiva, non aveva attribuito rilievo ai tempi di accertamento giudiziale del diritto alla pensione di invalidità civile, oggetto di sostituzione) Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 03 maggio 2012 Numero: n. 6671 Parti: Soc. Tnt Global Express C. Inps Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2012, 5 Agli effetti del recupero degli sgravi contributivi integranti aiuti di Stato incompatibili col mercato comune (nella specie, sgravi per le assunzioni con contratto di formazione e lavoro, giudicati illegali con decisione della Commissione europea dell'11 maggio 1999), vale il termine ordinario di prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c., decorrente dalla notifica alla Repubblica Italiana della decisione comunitaria di recupero, atteso che, ai sensi degli art. 14 e 15 del regolamento (Ce) n. 659/1999, come interpretati dalla giurisprudenza comunitaria, le procedure di recupero sono disciplinate dal diritto nazionale ex art. 14 cit., nel rispetto del principio di equivalenza fra le discipline, comunitaria e interna, nonché del principio di effettività del rimedio, mentre il "periodo limite" decennale ex art. 15 cit. riguarda l'esercizio dei poteri della Commissione circa la verifica di compatibilità dell'aiuto e l'eventuale decisione di recupero. Né si può ritenere che si applichi il termine di prescrizione dell'azione di ripetizione ex art. 2033 c.c., perché lo sgravio contributivo opera come riduzione dell'entità dell'obbligazione contributiva, sicché l'ente previdenziale, che agisce per il pagamento degli importi corrispondenti agli sgravi illegittimamente applicati, non agisce in ripetizione di indebito oggettivo. Né, infine, è applicabile il termine di 267 prescrizione quinquennale ex art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, poiché questa disposizione riguarda le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale, mentre l'incompatibilità comunitaria può riguardare qualsiasi tipo di aiuto, senza che si possa fare ricorso all'applicazione analogica della norma speciale, in quanto la previsione dell'art. 2946 c.c. esclude la sussistenza di una lacuna normativa. Autorità: Cassazione civile sez. lav. Data: 04 maggio 2012 Numero: n. 6756 Parti: Soc. Fiat Group Automobiles C. Inps e altro Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2012, 5 In tema di sgravi contributivi illegittimi, in quanto costituenti aiuti di Stato vietati dalla Commissione europea, l'azione dell'ente previdenziale volta al recupero degli sgravi non costituisce azione di restituzione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., ma azione volta al pagamento della contribuzione differenziale, pari alla misura dell'aiuto di Stato recuperabile. Ne consegue che tale azione - alla cui proposizione è legittimato direttamente l'ente istituzionalmente deputato alla riscossione dei contributi - è soggetta al termine prescrizionale ordinario decennale di cui all'art. 2946 c.c., e non a quello previsto per l'indebito, né a quello ex art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, attesa l'autonomia giuridica dell'azione di recupero degli aiuti in questione (che è disciplinata da regole specifiche, è finalizzata al mero ripristino dello status quo ante e che prevede - a differenza dell'azione volta al pagamento dei contributi omessi - l'applicazione di interessi nella misura stabilita dalla Commissione e non anche delle sanzioni specifiche previste per l'omissione contributiva). Autorità: Cassazione civile sez. VI Data: 19 giugno 2012 Numero: n. 10119 Parti: Perotto C. Inps. Fonti: Giust. civ. Mass. 2012, 6, 812 Il principio di automaticità ex art. 2116 c.c., per il quale le prestazioni previdenziali spettano anche in relazione ai contributi dovuti e non versati, nei limiti della prescrizione contributiva, vale non soltanto ai 268 fini dell'insorgenza del diritto alla pensione, ma anche per la relativa quantificazione, essendo onere del lavoratore provare l'esistenza del rapporto di lavoro e l'entità delle retribuzioni percepite. ANNO 2013 Autorità:Corte d’Appello di Roma sez. lav. Data:15 marzo 2013 Numero:n. 2548 Parti: De Caro C/INPS La calendarizzazione dei pagamenti opera quando il soggetto sia iscritto alla Gestione Separata, circostanza che consente all’Ente di assumere le proprie determinazioni, non quando non vi sia stata l’iscrizione configurando esplicitamente la mancata iscrizione come attività diretta intenzionalmente ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione ingenerando una situazione obiettiva che ha precluso al creditore la possibilità di far valere il proprio diritto. Autorità:Cassazione civile sez. lav. Data:15 maggio 2013 Numero:n.11725 Parti: Cassa naz. di previd. e assist. Forense C. V.M. Fonti: Diritto & Giustizia 2013, 16 maggio La prescrizione decennale per i contributi dovuti dagli avvocati alla Cassa di previdenza forense decorre anche nel caso di presentazione di una dichiarazione non veritiera. Il termine prescrizionale, invece, non decorre unicamente nel caso di omessa presentazione della comunicazione. 269 BIBLIOGRAFIA Alibrandi G., infortuni sul lavoro e malattie professionali ( a cura di F. Facello- P. Rossi), Giuffrè, Milano, 2002, 181. Assi L., Principio di correttezza e lesione del credito del lavoratore assicurato: in Dir. e Giust., 2002, 32. Barettoni Arleri A., Il rapporto giuridico previdenziale, In RIPS, 1959, 3. Boer P., Ridotti a 5 anni i termini di prescrizione dei contributi alle gestioni pensionistiche, in Tut. Lav., 1995, 357. Boer P., Ricongiunzione dei periodi assicurativi e automaticità delle prestazioni nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, in Riv. Giur. Lav., 1998, II, 390. Boer P., L’incidenza della denuncia del lavoratore sul termine di prescrizione dei contributi previdenziali, in Mass. Giur. Lav., 2005, 769. 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