tesi di dottorato “l`automaticita` delle prestazioni e la

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TESI DI DOTTORATO
“L’AUTOMATICITA’ DELLE
PRESTAZIONI E LA
PRESCRIZIONE DEI CREDITI
CONTRIBUTIVI”
DOTTORANDO
IVANOE CIOCCA
RELATORE
PROF. ARTURO MARESCA
1
CAPITOLO I
L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI ED IL
DIRITTO ALLA INTEGRITA’ DELLA POSIZIONE
ASSICURATIVA
1.1 OMISSIONE CONTRIBUTIVA E PROTEZIONE DEL
LAVORATORE: IL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’ DELLE
PRESTAZIONI E IL DIRITTO ALLA INTEGRITA’ DELLA
POSIZIONE ASSICURATIVA.
1.2
AMBITO
PAG.8
OGGETTIVO
DEL
PRINCIPIO
AUTOMATICITA’DELLE PRESTAZIONI.
1.3
AMBITO
SOGGETTIVO
DEL
DI
PAG.21
PRINCIPIO
DI
AUTOMATICITA’DELLE PRESTAZIONI.
PAG.27
1.4
PAG.40
IL DOPPIO AUTOMATISMO:
a) L’AUTONOMIA DEL RAPPORTO PREVIDENZIALE DAL
RAPPORTO DI LAVORO.
b) L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI.
2
CAPITOLO II
LA GENERALIZZAZIONE E
COSTITUZIONALIZZAZIONE DEL PRINCIPIO DI
AUTOMATICITA’
2.1 LA “COSTITUZIONALIZZAZIONE” DEL PRINCIPIO DI
AUTOMATICITA’ NONOSTANTE LA SUA PREVISIONE
SOLTANTO NEL CODICE CIVILE E NON NELLA CARTA
COSTITUZIONALE.
2.2
LA
PAG.48
GENERALIZZAZIONE
DEL
PRINCIPIO
E
I
CONSEGUENTI LIMITI AI REGIMI DEROGATORI. PAG.53
2.3
IL PRINCIPIO DELL’AUTOMATICITA’ E LA SUA
RATIO: L’ ESIGENZA DI EFFETTIVITA’ DELLA TUTELA.
PAG.62
2.4.
L’ AUTOMATICITA’ E LA RELAZIONE TRA LE
PRESTAZIONI
E
I
CONTRIBUTI
PREVIDENZIALI.
ESISTENZA O MENO DI UNA SINALLAGMATICITA’.
PAG.64
3
CAPITOLO III
GLI EFFETTI DELL’AUTOMATICITA’ ED IL
LIMITE DELLA PRESCIZIONE DEI CONTRIBUTI
PREVIDENZIALI
3.1
RILEVANZA DEL PRINCIPIO DI AUTOMATISMO
DELLE PRESTAZIONI SIA AI FINI DEL DIRITTO SIA AI
FINI DELLA MISURA.
3.2
L’
AUTOMATICITA’
DELL’INVALIDITA’,
LIMITE
PAG. 71
DELL’
PER
VECCHIAIA
INTERVENUTA
E
TUTELA
SUPERSTITI:
PRESCRIZIONE
CONTRIBUTI.
3.3
LA
IL
DEI
PAG.74
L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI E LA
RIDUZIONE DEL TERMINE PRESCRIZIONALE OPERATA
DALLA LEGGE N. 335 DEL 1995.
3.4
PAG.79
OPERATIVITA’ DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’
NEI CASI DI PROCEDURE CONCURSUALI DEL DATORE DI
LAVORO.
IL
D.LGS.
80/92:
DELL’INTERVENUTA PRESCRIZIONE.
4
IRRILEVANZA
PAG.82
CAPITOLO IV
LA DISCIPLINA DELLA PRESCRIZIONE DEI
CREDITI PREVIDENZIALI
4.1 LA PRESCRIZIONE DEL CONTRIBUTI PREVIDENZIALI.
PECULIARITA’ RISPETTO ALL’ISTITUTO CIVILISTICO
DELLA PRESCRIZIONE.
4.2
IL
TERMINE
PAG. 84
DI
PRESCRIZIONE
CONTRIBUTIVI
DEI
CREDITI
PAG. 90
4.3 IL VERSAMENTO DI CONTRIBUTI PRESCRITTI
PAG. 106
4.4 I DANNI DERIVANTI DALLA PRESCRIZIONE DEI
CREDITI CONTRIBUTIVI:
PAG. 109
a) IL RISARCIMENTO IN FORMA SPECIFICA DEL DANNO
PENSIONISTICO:LA
COSTITUZIONE DELLA RENDITA
VITALIZIA.
b) IL RISARCIMENTO PER EQUIVALENTE DEL DANNO
PENSIONISTICO.
5
CAPITOLO V
GLI ATTI INTERRUTTIVI DELLA PRESCRIZIONE
DEI
CREDITI
PARTICOLARI
PRESCRIZIONE:
CONTRIBUTIVI:
.
LA
FATTISPECIE
SOSPENSIONE
APPLICABILITA’
DELLA
DELL’ART.
2941 N.8 C.C.
5.1 VERBALI DELL’ISPETTORATO DEL LAVORO PAG.137
5.2 IL RICONOSCIMENTO DEL DEBITO
PAG.149
5.3LE PROCEDURE DI RECUPERO INIZIATE
PAG.163
5.4LA DENUNCIA DEL LAVORATORE
PAG.165
5.5LA
SOSPENSIONE
DELLA
APPLICABILITA’ DELL’ART. 2941 N.8 C.C.
CONCLUSIONI
PAG.189
6
PRESCRIZIONE:
PAG.181
MASSIME GIURISPRUDENZIALI
PAG.192
BIGLIOGRAFIA
PAG.270
7
CAPITOLO I
L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI ED IL
DIRITTO ALLA INTEGRITA’ DELLA POSIZIONE
ASSICURATIVA.
1.1 OMISSIONE CONTRIBUTIVA E
PROTEZIONE DEL
LAVORATORE: IL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’ DELLE
PRESTAZIONI E IL DIRITTO ALLA INTEGRITA’ DELLA
POSIZIONE ASSICURATIVA.
Se il diritto a pensione, costituzionalmente garantito dalla previsione
dell’art. 38 secondo comma della Carta costituzionale, è indisponibile
e imprescrittibile1 (il lasso di tempo intercorrente fra il momento del
perfezionamento dei presupposti per fruire della pensione e la
richiesta relativa non influisce sul diritto alla pensione ma soltanto
sulla sua decorrenza e quindi sui ratei) diversamente accade per la
sussistenza del requisito contributivo,
presupposto del diritto a
L’imprescrittibilità del diritto a pensione, espressamente prevista per il
settore del pubblico impiego (art. 5, D.P.R. n. 1092/1973), vale anche per
tutti gli altri settori del sistema previdenziale (art. 38, Cost.; L. n. 153/1969;
art. 2115 e 2934, c.c.). Si prescrivono invece i ratei di pensione (con un
termine diverso a seconda se maturati e non liquidati o se già liquidati e non
riscossi). Sul punto R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale,
Cedam, Padova 2012, 522.
1
8
pensione, che è suscettibile di essere inciso dal termine prescrizionale2
decorso senza che prima della scadenza dello stesso sia stato effettuato
il versamento.
Da qui l’importanza del corretto adempimento dell’obbligo3
contributivo che grava sul datore di lavoro, anche per la quota a
carico del lavoratore che presta la propria opera alle sue dipendenze.4
L’ instaurazione del rapporto di lavoro subordinato determina "ipso
iure", infatti, l'insorgenza del corrispondente rapporto assicurativo,
con conseguente obbligo per il datore di lavoro di versare i relativi
contributi all'ente previdenziale.
Ma, nonostante l’obbligo non sia del lavoratore, l’inadempimento,
come sopra scritto, produce effetti pregiudizievoli nella sua sfera
giuridica, in quanto, se rispetto all’istituto assicuratore si verifica il
mancato introito della somma oggetto del pagamento, nei confronti
2
La legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3 al comma 9 prevede come le
contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria non possano
essere versate una volta prescritte. L’antecedente storico di tale principio è
rinvenibile nel disposto dell’art. 55, comma 2°, del r.d.l. n. 1827 del 4
ottobre 1935 (“non è ammessa la possibilità di effettuare versamenti, a
regolarizzazione di contributi arretrati, dopo che, rispetto ai contributi stessi,
sia intervenuta la prescrizione”). Per una ricostruzione del divieto di versare
i contributi prescritti come conseguenza del principio di indisponibilità dei
diritti previdenziali (art. 2115 c.c.) e delle obbligazioni presupposte vedi
R.Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 450
ss.
3
Regolamentato dagli artt. 1 e 3 del R.D.L. n. 636/39 e dall’art. 2115 c.c.
4
La responsabilità dell’omissione contributiva è, quindi, sempre e solo
configurabile a suo carico ivi comprese le conseguenze per il mancato o
irregolare versamento.
9
del lavoratore, il mancato versamento ha potenzialità di incidere sulla
posizione previdenziale e, conseguentemente,
sul diritto alle
prestazioni sia relativamente all’ an che al quantum.
L’inadempimento contributivo del datore di lavoro produce quindi
una responsabilità e conseguenze sia nei confronti
dell’istituto
assicuratore sia del lavoratore5.
A tutela di quest’ultimo interviene l’art. 2116 del codice civile dove il
legislatore prevede che “le prestazioni indicate nell’art. 2114 sono
dovute al prestatore di lavoro, anche quando l’imprenditore non ha
versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e
di assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali. Nei casi
in cui, secondo tali disposizioni, le istituzioni di previdenza ed
assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a
corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l’imprenditore è
responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro.”
Il principio contenuto nel primo comma dell’art. 2116 c.c. è stato poi
ribadito dall’art. 40 della Legge 153/69 che ha aggiunto all'art. 27 del
regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, il seguente comma: “il
requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di
5
In tal senso la dottrina e la giurisprudenza sono unanimi a prescindere dalla
qualificazione della natura dell’obbligazione contributiva. Tema
quest’ultimo sul quale vedi R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza
sociale, Cedam, Padova 2012, 407 ss.
10
vecchiaia, invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i
contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei
limiti della prescrizione decennale. Il rapporto di lavoro deve risultare
da documenti o prove certe”.
Se invece i contributi non possono più essere versati in quanto
prescritti
6
a tutela ed in favore del lavoratore subordinato è prevista
dall’art. 13 della Legge 1338/62 la costituzione di una rendita vitalizia
pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell'assicurazione
obbligatoria che sarebbe spettata al lavoratore dipendente in relazione
ai contributi omessi7 o l’azione risarcitoria nei confronti del datore di
lavoro ai sensi dell’ art. 2116 c.c.
Il sistema di tutela sopra descritto ha, comunque, il suo punto cardine
nel diritto al pagamento delle prestazioni previdenziali anche nel caso
in cui il datore di lavoro non abbia corrisposto le somme spettanti
all’Istituto Previdenziale a titolo di contributi purché, relativamente
alle prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti, il versamento della
contribuzione sia ancora possibile in quanto non prescritto.
6
La legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3 al comma 9 prevede come le
contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria non possano
essere versate una volta prescritte. Nel dettaglio si rinvia alla nota n. 2 e, sul
tema della prescrizione, al 4° capitolo.
7
La Corte Costituzionale, con sentenza 22 dicembre 1989, n. 568, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione citata, nella parte in
cui, salva la necessità della prova scritta sulla esistenza del rapporto di
lavoro da fornirsi dal lavoratore, non consente di provare altrimenti la durata
del rapporto stesso e l'ammontare della retribuzione.
11
La portata di questa disposizione, volta a neutralizzare nei confronti
del
lavoratore
gli
effetti
dell’inadempimento
dell’
obbligo
contributivo, va oltre il semplice dettato letterale consentendo di
postulare l’esistenza un diritto del lavoratore alla integrità della
posizione assicurativa8.
8
L’aspetto si è posto in Giurisprudenza in materia di ricongiunzione di
periodi assicurativi presso un unico fondo. Nel caso in cui un lavoratore
chiede la ricongiunzione di periodi assicurativi il Fondo che li deve trasferire
deve versare al Fondo ricevente le somme corrispondenti anche se il datore
di lavoro non ha pagato i contributi.
Così, Cass. civile sez. lav. 20 aprile 2002, n. 5767, in Not. Giur. Lav., 2002,
700: “In difetto di normative speciali derogatorie, il principio di
automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all'art. 2116 c.c.,
comportando l'effetto di rendere indipendente il rapporto contributivo
intercorrente tra ente previdenziale e datore di lavoro rispetto all'altro, di tipo
prestazionale, tra l'ente e l'assicurato, opera non soltanto alla maturazione del
diritto a pensione, ma già nel corso del rapporto previdenziale, dovendosi
quindi configurare l'esistenza di un diritto del lavoratore alla integrità della
posizione assicurativa, esercitabile anche quando l'assicurato, avvalendosi
della facoltà riconosciutagli dall'art. 2 della legge n. 29 del 1979, intenda
trasferire la propria posizione assicurativa presso altra gestione. Ne consegue
che, essendo l'ente previdenziale, al quale, per effetto di quel principio, fa
carico il rischio derivante da eventuali inadempimenti del datore di lavoro ai
propri obblighi contributivi, e nei limiti della prescrizione, tenuto a garantire
l'integrità della posizione assicurativa, il trasferimento di quest'ultima,
richiesto dal lavoratore per la ricongiunzione in un'unica gestione dei periodi
assicurativi esistenti in gestioni diverse, deve comprendere anche la
contribuzione ancora non recuperata dall'ente previdenziale nei confronti del
datore di lavoro tenuto a versarla. (Nella specie, la S.C. ha cassato la
sentenza impugnata, che aveva respinto - sul presupposto della applicabilità
dell'art. 39 della legge n. 153 del 1969 soltanto alle omissioni contributive
correlate al fallimento e non anche a quelle verificatesi per le imprese
sottoposte alle procedure di amministrazione straordinaria - la domanda di
alcuni lavoratori volta ad ottenere la condanna dell'Inps ad accreditare nelle
singole posizioni contributive di ciascuno di essi i contributi previdenziali
non versati da una società ammessa alla procedura di amministrazione
straordinaria e a trasferire i contributi medesimi presso le gestioni
assicurative nelle quali essi risultavano iscritti alla data della domanda di
ricongiunzione).”
12
Con l’instaurazione del rapporto di lavoro sorge, infatti, in favore del
lavoratore, il diritto all’adempimento degli obblighi assicurativi da
parte del datore di lavoro, che è un vero e proprio diritto soggettivo9
L’ INPS ha preso atto di tale orientamento giurisprudenziale con circolare 50
del 10 maro 2003 (trasferimento ad altro Ente di contribuzione dovuta ma
non versata, applicazione del principio dell’automatismo delle prestazioni):
“Con sentenza n. 374 del 26.11/ 5.12.1997 la
Corte Costituzionale ha
dichiarato
non
fondata
la
questione
di
legittimità
costituzionale dell’art. 2,c.2,e dell’art. 6,c.2 della legge n. 29 nella parte in
cui non prevede il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali
nei casi di contributi non effettivamente versati , ma dovuti nei limiti della
prescrizione decennale, affermando che tale principio opera anche nel caso
di ricongiunzione e rinviando al giudice ordinario il problema relativo a
quale gestione deve far carico l’onere dei contributi dovuti e non riscossi. La
Corte Suprema di Cassazione, sezione lavoro, con sentenza n.5767 del 20
aprile 2002 ha stabilito che per la contribuzione dovuta all’INPS l’onere dei
contributi non versati spetti all’INPS cui per effetto dell’automatismo delle
prestazioni fa carico il rischio derivante da eventuali inadempimenti del
datore di lavoro nei limiti della prescrizione, dal momento che il lavoratore
ha diritto all’integrità della sua posizione assicurativa correlata alla durata
del rapporto e all’adempimento dell’obbligo contributivo non ancora
prescritto. In considerazione dei principi affermati dalla giurisprudenza è
possibile operare la ricongiunzione verso altri Enti anche per i periodi per i
quali i contributi risultino dovuti ma non versati, purché non ancora
prescritti. Considerato che come sottolineato dalla Corte Costituzionale,
l'ente previdenziale, a cui per effetto del principio dell'automatismo deve far
carico il rischio derivante da eventuali inadempimenti del datore di lavoro ai
propri obblighi contributivi, e nei limiti della prescrizione, tenuto a garantire
la integrità della posizione assicurativa, il trasferimento della posizione
assicurativa richiesta dal lavoratore per la ricongiunzione in un'unica
gestione dei periodi assicurativi esistenti in gestioni diverse deve
comprendere anche la contribuzione ancora non recuperata dal datore di
lavoro tenuto a versarla. Resta inteso che nelle situazioni in argomento, le
Sedi dovranno attivarsi per il recupero del credito contributivo nei confronti
dell'azienda inadempiente, provvedendo in ogni caso all'interruzione dei
termini prescrizionali.”
9
Cassazione civile sez. lav. 23 gennaio 1989, n. 379, in Giust. civ. Mass.
1989, fasc. 1 e in Informazione previd. 1989, 656: “Il lavoratore ha un vero e
proprio diritto soggettivo al regolare versamento dei contributi previdenziali
in proprio favore ed alla conformità alle prescrizioni di legge della propria
posizione assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di
tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia pregiudicato;
consegue che, in caso di mancato o insufficiente versamento dei contributi
13
alla integrità contributiva, ovvero al regolare versamento dei
contributi previdenziali, perché la posizione assicurativa, pur
strumentale per l’accesso alla prestazioni pensionistiche, costituisce
un bene suscettibile di lesione e di tutela giuridica10 già nel corso del
rapporto di lavoro quando non risultino pagati i contributi assicurativi.
(situazione che si verifica anche quando l'obbligo contributivo venga assolto
su importi retributivi inferiori a quelli effettivamente corrisposti), lo stesso
lavoratore può agire in giudizio, anche prima che si sia concluso il rapporto
giuridico previdenziale, per ottenere la condanna del datore di lavoro alla
regolarizzazione della posizione assicurativa mediante il versamento all'ente
previdenziale dei contributi omessi e non prescritti, e può avvalersi, per i
contributi prescritti, del rimedio previsto dall'art. 13 della l. 12 agosto 1962
n. 1338, che gli consente di ottenere, in contraddittorio necessario con il
suddetto ente, la condanna del datore di lavoro alla costituzione di una
rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o alla quota di pensione
corrispondente ai contributi omessi.”
10
Cass. civile sez. lav. 20 luglio 1985, n. 4307, in Rep. Foro It., 1985,
Previdenza sociale, n. 508: “Il diritto del lavoratore agli adempimenti
assicurativi, anche se l'ammontare dei contributi è commisurato a quello
della retribuzione, non è una derivazione del diritto alla retribuzione, in
quanto entrambi tali diritti - come i corrispondenti obblighi del datore di
lavoro - sorgono contemporaneamente, come effetto immediato
dell'instaurazione del rapporto di lavoro, e possono avere, nell'esecuzione di
questo, sorte diversa ed indipendente, in ragione della diversa disciplina cui
sono sottoposti e del funzionamento dell'obbligo contributivo nell'ambito di
un connesso rapporto previdenziale trilaterale. Conseguentemente, nel caso
di inattuazione funzionale del rapporto di lavoro (nella specie, per
licenziamento dichiarato di poi illegittimo), la persistenza in vita del
medesimo legittima la pretesa risarcitoria relativa, oltre che alla mancata
percezione della retribuzione, all'omissione delle contribuzioni previdenziali,
nonostante la mancata erogazione della retribuzione nel periodo predetto.”
Cass. civile sez. lav. 20 aprile 2002, n. 5767, in Not. Giur. Lav., 2002,
700:vedi nota n. 8.
Cass. civile sez. lav. 6 luglio 2002, n.9850, in Rep. Foro It., 2002, Danni
civili, n. 161: “Il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo al regolare
versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla conformità
alle prescrizioni di legge della propria posizione assicurativa, costituendo
14
Il lavoratore potrebbe quindi, in caso di mancato versamento dei
contributi, chiedere
tutela davanti al giudice ancor prima del
verificarsi degli eventi condizionanti la erogazione delle prestazioni
previdenziali, avvalendosi, a tal fine, di una domanda volta ad
accertare la potenzialità dell’omissione contributiva a provocare
danno11, salva poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi
dell’evento dannoso, l’azione risarcitoria ex art. 2116, secondo
comma, cod. civ. o quella diversa in forma specifica ex art. 13 legge
12 agosto 1962 n. 1338.
Pertanto, se è vero che il diritto al risarcimento del danno non può
sorgere prima del verificarsi del danno stesso, è altrettanto vero che
l’omissione contributiva ha immediata potenzialità di arrecare danno
e, quindi, il lavoratore può chiedere in giudizio la tutela della sua
aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del
verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle stesse.
questa un bene suscettibile di lesione e di tutela giuridica nei confronti del
datore di lavoro che lo abbia pregiudicato.”
11
Cassazione civile sez. lav., 03 dicembre 2004 n. 22751 in Giust. civ. Mass.
2005, 1: “nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al
risarcimento del danno non può sorgere prima del verificarsi di un
pregiudizio, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela della
sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del
verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni
previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al
risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione
contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento
del prodursi dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2,
c.c., o quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n.
1338.”
15
Sussisterebbe perciò il diritto del lavoratore alla integrità della sua
posizione
assicurativa
all’adempimento
correlata
dell’obbligazione
alla
durata
del
contributiva
rapporto
non
e
ancora
prescritta12. Quindi, in difetto di normative speciali derogatorie, il
principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all'art.
2116 cod. civ., comportando l'effetto di rendere indipendente il
rapporto contributivo intercorrente tra ente previdenziale e datore di
lavoro rispetto all'altro, di tipo prestazionale, tra l'ente e l'assicurato,
opera non soltanto alla maturazione del diritto a pensione, ma già nel
corso del rapporto previdenziale, dovendosi quindi configurare
l'esistenza di un diritto del lavoratore alla integrità della posizione
assicurativa che ben può essere tutelato in giudizio in considerazione
dell’ interesse concreto ed attuale di quest'ultimo a sperimentare
un'azione di accertamento del rapporto di lavoro e del connesso
rapporto previdenziale. E senza che siano necessarie altre condizioni
onde porre rimedio alla menzionata lesione.
La richiesta di accertamento di tale diritto risponde ad un interesse
attuale del richiedente, come tale tutelato anche in sede giurisdizionale
dall’ordinamento, indipendentemente dalla maturazione di specifici
diritti a particolari prestazioni assicurative, in quanto in base a tale
12
Cass. civile sez. lav. 20 aprile 2002, n. 5767, in Not. Giur. Lav., 2002, 700
la cui massima è alla nota n. 8.
16
ricognizione del rapporto il soggetto è in condizioni di valutare la
possibilità di richiedere, in via di esempio, la ricongiunzione dei
periodi assicurativi o il proseguimento volontario della contribuzione
o il collocamento in pensione 13.
Ed il legislatore, impedendo l’accesso
all’automaticità delle
prestazioni per le contribuzioni estinte per intervenuta prescrizione, ha
di fatto coinvolto il lavoratore nell’azione di contrasto all’evasione
13
Cassazione civile sez. lav. 30 gennaio 1985, n. 636, in Giust. civ. Mass.
1985, fasc. 1: “in considerazione del collegamento fra rapporto assicurativo
e rapporto di lavoro - che del primo costituisce il presupposto - il mancato
pagamento di contributi assicurativi, oltre a ledere la posizione previdenziale
del lavoratore, genera anche incertezza sull'effettiva sussistenza di detto
presupposto, con la conseguenza che la sua eliminazione costituisce oggetto
di un interesse concreto ed attuale di quest'ultimo a sperimentare un'azione
di accertamento del rapporto di lavoro - senza che siano necessarie altre
condizioni - onde porre rimedio alla menzionata lesione nel quadro della
tutela accordata dalla legge ed in particolare anche ai fini della prosecuzione
volontaria della contribuzione o della costituzione della rendita vitalizia a
norma dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, nell'ipotesi di prescrizione
dei contributi.”
Cassazione civile sez. lav. 04 dicembre 2002, n. 17223, in Giust. civ. Mass.
2002, 2118: “in riferimento alla domanda di accertamento della cd.
posizione assicurativa, la quale si sostanzia in una domanda di accertamento
del diritto alla tutela assicurativa per un determinato periodo di tempo,
sussiste l'interesse ad agire nei casi nei quali vi sia una pregiudizievole
situazione di incertezza in ordine al rapporto assicurativo, che può sussistere
anche in mancanza della maturazione del diritto ad ottenere l'erogazione di
determinate prestazioni assicurative. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto
sussistente l'interesse ad agire dei ricorrenti, i quali, non avendo il loro
datore di lavoro adempiuto all'obbligo contributivo, avevano agito per
ottenere l'accertamento dell'obbligo dell'Inps a riconoscere la loro posizione
assicurativa, ai sensi dell'art. 2116, c.c., presso il Fondo di previdenza del
personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea).”
17
contribuiva, perché lo costringe, per non perdere i propri diritti
previdenziali, a tutelare la propria posizione assicurativa14.
Tutela che, appunto, può essere innanzitutto realizzata mediante
azione giudiziaria svolta dal lavoratore direttamente nei confronti del
proprio datore di lavoro, per ottenere la condanna dello stesso alla
regolarizzazione della posizione assicurativa15. La promozione con
esito favorevole di questa azione16 preclude la futura esperibilità
14
Il tentativo sembra, in proposito, quello di coinvolgere , in qualche misura,
il lavoratore nel regolare pagamento dei contributi da parte del datore,
trasformandolo da vittima-complice quale egli spesso è attualmente in una
sorta di “collaboratore previdenziale”. Così C.A. Nicolini, Prescrizione dei
contributi, automaticità delle prestazioni e tutela del’anzianità previdenziale
dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996, p.307. In tal senso anche R.
Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 472
ss.: “ per evitare la prescrizione dei contributi e, quindi, l’inoperatività dl
principio di automaticità delle prestazioni, l’ordinamento ha riconosciuto al
soggetto beneficiario una serie di situazioni giuridiche funzionali al
controllo dell’adempimento dell’obbligazione principale e di quelle
accessorie da parte del soggetto passivo dell’obbligazione medesima.”
15
Cassazione civile sez. lav. 23 gennaio 1989, n. 379, in Giust. civ. Mass.
1989, fasc. 1 e in Informazione previd. 1989, 656 la cui massima è alla nota
numero 9.
16
In questi giudizi non si configura una ipotesi di litisconsorzio necessario
con l’ente previdenziale. Così, Cassazione civile sez. lav. 10 gennaio 1994,
n. 169, in Giust. civ. Mass. 1994, 16 (s.m.), Riv. it. dir. lav. 1994, II, 623:
“nel giudizio instaurato dal lavoratore subordinato contro il datore di lavoro
per la regolarizzazione del rapporto assicurativo l'istituto assicuratore non è
contraddittore necessario, ove si controverta soltanto sull'esistenza del
rapporto di lavoro (o di taluni elementi di esso) quale presupposto di quello
previdenziale; nè l'intervento in giudizio dell'istituto, ancorché per il
recupero di contributi assicurativi e delle relative sanzioni civili a carico del
datore di lavoro, determina necessità di integrazione del contraddittorio nei
suoi confronti nella successiva fase di gravame, ai sensi dell'art. 331 c.p.c.
ma dà luogo soltanto a litisconsorzio facoltativo ex art. 332 stesso codice
giustificato dal fatto che la domanda presupposta dall'interventore comporta
una decisione che dipende dalla risoluzione delle stesse questioni proposte
con la domanda del lavoratore.”
18
dell’azione risarcitoria di cui all’art. 2116, comma secondo, perché
previene ed elimina la lesione della posizione finale assicurativa,
mentre il suo mancato esercizio non incide sulla proponibilità dei
rimedi risarcitori17.
E’ da sottolineare che, ove non si aderisse alla tesi secondo cui esiste
il menzionato diritto alla integrità della posizione assicurativa, si
verificherebbe una violazione dell’art. 24 della Costituzione in quanto
ci si troverebbe di fronte ad una posizione soggettiva regolamentata
dall’ordinamento (la costituzione di una posizione assicurativa come
esplicazione del principio di automaticità ritenuto dalla Corte Cost.
nella sentenza n. 374/97 “una fondamentale garanzia per il lavoratore
assicurato”) per la quale non è ammessa tutela da parte del soggetto
privato direttamente interessato e per di più si impedirebbe al
lavoratore di tutelare in modo adeguato il proprio diritto alle
17
Oltre al danno della perdita della prestazione la giurisprudenza riconosce
quindi anche quello derivante dal tardivo versamento Cassazione civile sez.
lav.19 agosto 1992, n. 9666, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 8-9: “in ipotesi
di tardivo versamento, da parte del datore di lavoro, dei contributi dovuti in
relazione alle differenze retributive giudizialmente riconosciute al
lavoratore, il danno da questo subito sotto il profilo della svalutazione
monetaria, per la ritardata riliquidazione, da parte dell'INPS, della pensione
di vecchiaia spettantegli, deve essere risarcito dal datore di lavoro (tenuto
anche alla corresponsione degli interessi) non ai sensi dell'art. 429, comma 3
c.p.c. - stante l'inapplicabilità di tale norma al credito in oggetto (non di
lavoro nè inquadrabile, in quanto non a carico dell'INPS, fra i crediti di
natura previdenziale, con conseguente irrilevanza della pronuncia della Corte
Costituzionale n. 156 del 1991) - ma ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c.,
tenendo conto, ai fini della prova del maggior danno, dell'inquadrabilità del
creditore, in ragione della qualità di pensionato e della modesta entità delle
differenze pensionistiche, nella categoria del "modesto consumatore".
19
prestazioni previdenziali future (quali ad esempio le prestazioni
pensionistiche) in quanto la loro effettiva possibilità di erogazione
dipenderebbe da soggetti diversi dal beneficiario (datore di lavoro
tenuto al pagamento dei contributi e Istituto Previdenziale tenuto al
recupero coattivo) ed allo stesso sarebbe impedita qualsiasi forma di
tutela del proprio diritto.
Non è possibile neanche sostenere l’inesistenza del diritto alla
integrità della propria posizione assicurativa sul presupposto che, in
ipotesi di mancato versamento dei contributi, l’ordinamento appresta
altre forme di tutela quali la rendita di cui all’art. 13 della legge
1338/62. Infatti, se il datore di lavoro non paga i contributi e non paga
neppure le somme dovute per la costituzione della rendita, è il
lavoratore costretto a pagare quanto dovuto per la costituzione della
rendita. Ciò determinerebbe, oltre che una violazione del diritto di
difesa di cui all’art. 24 della Costituzione
anche l’inutilità ed il
mancato rispetto del dettato del secondo comma dell’art. 38 della
Costituzione. In conclusione, si può affermare che l’unica possibilità è
quella di ritenere esistente il diritto alla “giusta” posizione assicurativa
che determina l’accreditamento dei contributi per i periodi di lavoro
effettuati e tutelabile fino a quando i contributi medesimi non sono
prescritti.
20
1.2
AMBITO
OGGETTIVO
DEL
PRINCIPIO
DI
AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI.
Il campo in cui vige nella sua pienezza il principio di automaticità
delle prestazioni è l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali nella quale il lavoratore ha diritto alle
prestazioni a prescindere sia dal regolare versamento dei contributi da
parte del datore di lavoro sia dalla loro recuperabilità da parte
dell'Ente. Originariamente è stato il D. L. Lgt. 23 agosto 1917 n. 1450
ad istituire l'assicurazione per gli infortuni sul lavoro in agricoltura
garantendo l'erogazione della prestazione anche ai lavoratori per i
quali non era stato versato il premio. Successivamente, l'art. 22 R.D.
17 agosto 1935 n. 1765 introdusse il principio dell'automaticità anche
nella
disciplina
dell'assicurazione
infortuni
per
i
lavoratori
dell'industria disponendo per gli assicurati il “diritto alle prestazioni
da parte dell'Istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore di
lavoro non abbia adempiuto agli obblighi stabiliti nel Titolo II". La
formulazione dell'art. 22 R.D. 17 agosto 1935 n. 1765 è stata trasposta
nel T.U. 30 giugno 1965 n. 1124 che all'art. 67 recita: "gli assicurati
hanno diritto alle prestazioni da parte dell'Istituto assicuratore anche
nel caso in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto gli obblighi
stabiliti nel presente titolo."
21
Relativamente alle assicurazioni gestite dall’
INPS, invece, il
principio dell’automaticità delle prestazioni era stato ammesso, ai
sensi del letterale disposto dell’art. 27 del R.D.L. 636 del 14 aprile
193918, solo relativamente alle assicurazioni per la tubercolosi, la
disoccupazione, la nuzialità e la natalità19 e non anche nell’ambito
dell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti che non
era espressamente menzionata in detto articolo. L'intenzione originaria
del legislatore era, quindi, quella di non estendere il principio della
automaticità alle prestazioni pensionistiche. Possiamo desumere
questo sia dalla mancanza di una esplicita previsione sia dalle norme
che regolavano il diritto a prestazione di vecchiaia, anzianità,
invalidità che richiedevano la sussistenza di un requisito minimo di
contribuzione versata. Più che il silenzio del legislatore, in merito
all'automatismo, valeva dunque la sua volontà espressa, resa manifesta
dalla concreta disciplina che, in aperto contrasto col principio stesso,
“Il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni
dell'assicurazione per la tubercolosi, dell'assicurazione per la disoccupazione
e dell'assicurazione per la nuzialità e la natalità si intende verificato anche
quando i contributi non siano stati effettivamente versati ma risultino dovuti
a norma del presente decreto”.
18
19
L'assicurazione per la nuzialità e la natalità è stata soppressa con la legge
26 agosto 1950 n. 860 anche in considerazione delle nuove forme di tutela
per la maternità assicurate dall'INAM, nonché del riconoscimento dei
congedi matrimoniali da parte dei contratti collettivi.
22
regolava il diritto a pensione (artt. 9, 10, 13, 27 R.D. 14 aprile 1939 n.
63620).
20
Art.9.L'assicurato ha diritto alla pensione:1° al compimento del
sessantesimo anno di età, per gli uomini, e del cinquantacinquesimo anno di
età, per le donne, quando siano trascorsi almeno quindici anni dalla data di
inizio dell'assicurazione e risulti versato un importo di contributi non
inferiore a quello indicato dall'art. 11 per la categoria a cui l'assicurato
appartiene;
2° a qualunque età quando sia riconosciuto invalido ai sensi
dell'art.10 e quando: a ) siano trascorsi almeno cinque anni dalla data di
inizio della assicurazione;
b ) risulti versato un importo di contributi non
inferiore a quello indicato dall'art. 11 per la categoria alla quale l'assicurato
appartiene;
c ) sussista almeno un anno di contributo
nell'ultimo
quinquennio
precedente
la
domanda
di
pensione.”
Art. 10. “Si considera invalido l'assicurato la cui capacità di guadagno, in
occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente,
per infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo del suo guadagno
normale, per gli operai, o a meno della metà, per gli impiegati.
La pensione di invalidità è soppressa quando la capacità di guadagno del
pensionato cessi di essere inferiore ai limiti indicati al primo comma. Resta
ferma la disposizione del terzo comma dell'art. 61 del Regio Decreto-legge 4
ottobre1935-XIII,n.1827.”
Art. 13. “Nel caso di morte del pensionato o dell'assicurato, sempreché per
quest'ultimo sussistano al momento della morte le condizioni di
assicurazione e di contribuzione di cui all'art. 9, n. 2, lettera a ), b ) e c ),
spetta una pensione al coniuge e ai figli superstiti che al momento della
morte del pensionato o assicurato non abbiano superato l'età di 15 anni o, per
gli assicurati appartenenti alla categoria degli impiegati, quella di 18 anni,
ovvero siano riconosciuti inabili al lavoro. Tale pensione stabilita è nelle
seguenti aliquote della pensione già liquidata o che sarebbe spettata allo
assicurato
a
norma
del
primo
comma
dell'art.
12:
a)
il
50
per
cento
al
coniuge;
b ) il 10 per cento a ciascun figlio, se ha diritto a pensione anche il coniuge,
oppure il 20 per cento se hanno diritto a pensione soltanto i figli.
La pensione ai superstiti non potrà in ogni caso essere, complessivamente, né
inferiore alla metà, né superiore all'intero ammontare della pensione
calcolata a norma del primo comma art. 12.
Se superstite è il marito, la pensione è corrisposta solo nel caso che esso sia
riconosciuto invalido al lavoro ai sensi del primo comma dell'art. 10.”
Art. 27. “Il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni
dell'assicurazione per la tubercolosi, dell'assicurazione per la disoccupazione
e dell'assicurazione per la nuzialità e la natalità si intende verificato quando i
contributi non siano stati effettivamente versati, ma risultino dovuti a norma
del presente decreto.”
23
Sul descritto quadro normativo interviene, nel 1942, in seno al codice
civile, l'art. 2116, per il quale le prestazioni previdenziali sono dovute
al prestatore di lavoro anche quando l'imprenditore non ha versato
regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e
assistenza. Nonostante il principio espresso sembri presentare i
caratteri della generalità e astrattezza nel senso di riferirsi a tutti i
consociati ed a tutte le forme di previdenza e assistenza obbligatorie,
salvo che una norma speciale disponesse diversamente in forma
implicita o esplicita, consolidata giurisprudenza per lungo tempo ha
negato ogni automaticità in settori in cui non vi fosse stata, da parte di
una
legge
speciale,
una
esplicita
statuizione
del
principio.
In concreto, quindi, salvo una diversa interpretazione21 che, sulla
scorta della sua lettera, considerasse l’art. 2116 c.c. quale norma
riferita a tutte le forme di previdenza
(ivi comprese quelle
pensionistiche), solo con l’art. 40 della legge 153 del 1969, nel testo
sostituito dall’art. 23- ter del D.L. 30 giugno 1972, n. 267, convertito
nella legge 11 agosto 1972, n. 485, il principio dell’automaticità delle
prestazioni viene esteso alla materia pensionistica seppur temperato
dal limite della prescrizione. In base a queste disposizioni, infatti, il
requisito di contribuzione stabilito per il diritto e la determinazione
Per la ricostruzione dell’iter giurisprudenziale vedi paragrafo 2° del
capitolo 2° e le note 49 e 50.
21
24
della misura delle prestazioni di vecchiaia, invalidità e superstiti si
intende verificato anche quando i contributi non siano stati
effettivamente versati ma risultino dovuti nei limiti della prescrizione.
L’art. 40 della Legge 153/69 ha infatti aggiunto all'art. 27 del regio
decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, il seguente comma: “il requisito
di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di vecchiaia,
invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i contributi
non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della
prescrizione decennale. Il rapporto di lavoro deve risultare da
documenti o prove certe”.
Possiamo quindi affermare come, per i lavoratori subordinati, il
principio di automaticità operi per tutte le prestazioni previdenziali
anche quando i contributi non siano stati versati purché gli stessi siano
dovuti (con la conseguente possibilità per l’Ente previdenziale di
recuperarli) specificando che, relativamente alle prestazioni la cui
erogazione avviene a distanza di tempo dal sorgere dell’obbligo
contributivo (in particolare vecchiaia e superstiti), l’ eventuale
prescrizione dei contributi può precluderne il conseguimento perché,
una volta intervenuta, non essendo per legge consentito il versamento
di contributi prescritti, non può considerarsi verificato il requisito
contributivo ai fini del conseguimento della prestazione ( in quanto i
25
contributi prescritti non sono più dovuti né possono essere versati e
l’Ente non potrebbe quindi più recuperarli)22.
L’incidenza della prescrizione dei contributi è pertanto soprattutto
nelle prestazioni che si conseguono a distanza di tempo dall’insorgere
dell’obbligo contributivo, in particolare vecchiaia e superstiti. Più
limitata in quelle di invalidità per le quali è richiesto quale requisito
contributivo quello di 156 settimane di contributi nell’ultimo
quinquennio antecedente alla domanda (e quindi, al momento della
domanda, seppure i contributi non fossero stati versati, il credito
contributivo, il cui termine di prescrizione è un quinquennio, non è
prescritto).
Del
tutto
irrilevante
per
prestazioni
quali
l’indennità
di
disoccupazione, per la quale opera un termine di decadenza per la
richiesta di 68 giorni dal licenziamento, e per le quali, occorrendo un
biennio di contribuzione anteriore al verificarsi della disoccupazione,
è chiaro come al momento della domanda, se presentata nel predetto
termine decadenziale, il termine prescrizionale dei contributi non può
essere decorso.
Analoghe considerazioni possono essere svolte per tutte quelle
prestazioni (indennità di maternità, indennità di malattia, tubercolosi,
22
Vedi nota n. 2.
26
etc.) per le quali è previsto un termine di decadenza, di gran lunga
inferiore a quello prescrizionale, entro il quale presentare la relativa
domanda. Al momento della stessa, infatti, se il termine decadenziale
è rispettato, l’eventuale inadempimento del datore di lavoro agli
obblighi contributivi, non precludendo in alcun modo all’Ente il
recupero
degli
stessi
(non
essendo
intercorso
il
termine
prescrizionale),non è di ostacolo all’operatività dl principio di
automaticità e, quindi, non può precludere all’avente diritto il
conseguimento della prestazione stessa.
1.3
AMBITO
SOGGETTIVO
DEL
PRINCIPIO
DI
AUTOMATICITA’DELLE PRESTAZIONI.
Il disegno di legge con le misure straordinarie per il sostegno del
reddito approvato il 16 marzo 2010 in Commissione Lavoro alla
Camera dei Deputati aveva previsto l'estensione dell'articolo 2116
del codice civile ai collaboratori iscritti in via esclusiva alla gestione
separata Inps, in cambio di un incremento sino a 0,25 punti
percentuali dell'aliquota contributiva.
Il disegno di legge predetto non è diventato legge. Se la norma fosse
stata approvata (viste le contingenze economiche del Paese è
estremamente difficile che troverà applicazione nell’ immediato
27
presente), per i lavoratori parasubordinati ci sarebbe stato un netto
passo in avanti verso l’auspicabile parità di diritti previdenziali
rispetto ai lavoratori subordinati.
Il menzionato disegno di legge, infatti, stabiliva che l'articolo 2116 del
codice civile avrebbe dovuto essere inteso applicabile anche ai
collaboratori iscritti in via esclusiva alla gestione separata Inps, purché
in regime di mono committenza e non
contributiva
(lavoratori,
collaborazione,
per
i
quindi,
quali
il
con
titolari dell'obbligazione
un
unico
responsabile
rapporto
di
dell'obbligazione
contributiva è il committente). Questa seconda condizione avrebbe
escluso dal novero dei beneficiari dell’articolo 2116 del codice civile i
titolari di partita Iva anche se con un solo rapporto di collaborazione.
In tal caso, infatti, è lo stesso lavoratore e non il committente ad essere
obbligato al pagamento dei contributi.
Si trattava, dunque, di una disposizione che avrebbe esteso anche ai
collaboratori, cioè ai lavoratori parasubordinati, l'applicabilità del
principio dell'automaticità delle prestazioni di cui all’ articolo 2116
del codice civile, principio che, finora, ha rappresentato e rappresenta
un'esclusiva dei lavoratori subordinati, essendo stata sempre esclusa
ogni possibilità di estensione ai lavoratori parasubordinati, nonostante
anche per loro viga l'obbligatorietà alla contribuzione presso la
gestione separata Inps.
28
Però, fino a quando il citato o un similare disegno di legge non sarà
tradotto in legge, i soggetti ai quali è applicabile il principio di
automaticità delle prestazioni sono soltanto i lavoratori subordinati
privati.
In assenza di una specifica disposizione di legge e, quindi, in assenza
di alcuna provvista finanziaria da cui attingere per far fronte ai
conseguenti oneri, non era e non è possibile, infatti, estendere il
principio
medesimo,
giurisprudenza23,
ai
come
è
lavoratori
costante
autonomi
affermazione
e
ai
delle
lavoratori
parasubordinati.
Allo stato, pertanto, il sistema previdenziale, che collega l’accesso
alle prestazioni alla maturazione di un determinato numero di anni di
contribuzione, si atteggia diversamente a seconda che il lavoratore sia
autonomo, subordinato o parasubordinato.
23
Cassazione civile sez. lav. 18 settembre 2004, n. 18830, in Giust. civ.
Mass. 2005, 1: “il principio generale dell'automatismo delle prestazioni
previdenziali, in forza del quale queste ultime spettano al lavoratore anche
quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, non trova
applicazione, in difetto di specifiche disposizioni di legge o di una legittima
fonte secondaria in senso contrario, nel rapporto tra lavoratore autonomo ed
ente previdenziale, con la conseguenza che il mancato versamento dei
contributi obbligatori impedisce, di regola, la stessa costituzione del rapporto
previdenziale e, comunque, la maturazione del diritto alle prestazioni; né tale
esclusione può essere ritenuta irragionevole, giacché nel rapporto tra
lavoratore autonomo ed ente previdenziale l'obbligazione contributiva grava
sullo stesso lavoratore al quale compete il diritto alle prestazioni e che
quindi, coerentemente, subisce le conseguenze pregiudizievoli del proprio
inadempimento.”
29
Nell’area del lavoro autonomo e professionale vige un modello di
autotutela previdenziale: il lavoratore provvede al versamento dei
contributi alla cassa competente, la quale provvederà ad erogare i
trattamenti al raggiungimento dei requisiti contributivi minimi.
L’autotutela fa sì che il lavoratore “irresponsabile”, che ometta di
versare i contributi, risponda delle conseguenze delle proprie lacune
contributive24.
24
Cassazione civile sez. lav, 03 ottobre 2008, n. 24582, in Giust. civ. Mass.
2008, 10, 1429: “l'assicurazione obbligatoria di invalidità, vecchiaia e
superstiti per gli artigiani non è retta dal principio di automatismo e le
prestazioni competono solo in quanto siano stati effettuati i versamenti
contributivi (nella specie, la sentenza impugnata aveva riconosciuto il diritto
all'assegno per nucleo familiare artigiani, attribuendo rilevanza al condono
presentato dall'artigiano e alla perdurante esigibilità dei contributi da parte
dell'istituto previdenziale; la S.C., nell'affermare il principio su esteso, ha
cassato la sentenza di merito ed affermato l'irrilevanza della domanda di
condono presentata dall'interessato e non seguita dal versamento dei
contributi necessario per il perfezionamento della sanatoria).”
Per gli artigiani, quindi, in quanto lavoratori autonomi, l'assicurazione
obbligatoria di invalidità vecchiaia e superstiti non è retta dal principio
dell'automatismo (ex plurimis, anche Cassazione civile sez. lav.13 luglio
1993 n.7713 in Giust. civ. Mass. 1993, 1166 (s.m.), Informazione previd.
1993, 898 : “l'assicurazione obbligatoria di invalidità, vecchiaia e superstiti
per i lavoratori autonomi non è retta dal principio dell'automatismo mancando la figura del datore di lavoro tenuto al versamento dei contributi
obbligatori - e pertanto l'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane non
comporta di per sè solo la nascita del rapporto assicurativo e del diritto a
pensione di invalidità in favore dell'artigiano che non possa vantare
un'anzianità contributiva di almeno cinque anni.” In dottrina vedi R. Pessi,
Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 417:
“laddove le due situazioni giuridiche soggettive (beneficiario e obbligato)
coincidono, non è sembrato equo al legislatore neutralizzare gli effetti
dell’omissione contributiva a vantaggio del beneficiario, venendo meno quel
principio di meritevolezza che ha portato alla sostituzione della regola della
sinallagmaticità effettiva con quella, propria della materia previdenziale,
della sinallagmaticità virtuale.”
30
Il meccanismo previdenziale nell’area del lavoro subordinato risponde
invece ad una logica completamente diversa: i contributi previdenziali
sono posti a carico del datore di lavoro che provvede ad alimentare la
posizione contributiva del dipendente ed è il responsabile della
maturazione dell’anzianità contributiva necessaria per l’accesso ai
trattamenti. Poiché l’ “irresponsabilità” datoriale, dolosa o colposa,
potrebbe compromettere il diritto alla tutela previdenziale del
lavoratore sancito dall’art. 38, comma 2, della Costituzione, è previsto
il principio di automaticità delle prestazioni che consente al lavoratore
di fruire delle prestazioni previdenziali in tutti i casi di omessa o
irregolare contribuzione da parte del datore di lavoro, salvo il limite
della prescrizione dei contributi. Quella dell’art. 2116 c.c., secondo la
Corte Costituzionale, costituisce una fondamentale garanzia per il
lavoratore assicurato intesa a non far ricadere su di lui il rischio di
eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli obblighi
contributivi, rischio che si concretizza nella perdita del diritto alle
prestazioni o nella fruizione di prestazioni ridotte. Dottrina,
giurisprudenza e Corte Costituzionale colgono la ratio della regola
codicistica nel fatto che i danni previdenziali sono riconducibili al
comportamento omissivo o irregolare altrui: non potendo operare una
logica di “auto-responsabilità”, lo Stato deve comunque assicurare
31
tutela agli assicurati, incolpevoli del mancato perfezionamento della
posizione contributiva.
Lo scenario della tutela previdenziale dei lavoratori parasubordinati,
ed in generale, dei lavoratori atipici, è, invece, senz’altro più
problematico e la dottrina chiede da tempo interventi legislativi
chiarificatori ed integrativi del precario quadro normativo esistente.
Infatti, i lavoratori a progetto e i vecchi collaboratori coordinati e
continuativi presentano delle caratteristiche che non li rendono
pienamente riconducibili né al modello del lavoro subordinato, né a
quello del lavoro autonomo. Il “parasubordinato” è un lavoratore
autonomo che si colloca in una sorta di “zona grigia”: è soggetto alla
tutela contro gli infortuni e le malattie professionali e, ai fini
dell’assicurazione IVS, ha l’obbligo di iscriversi alla gestione separata
dell’Inps all’inizio dell’attività di lavoro presso la quale vanno versati
i contributi posti per 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico
del lavoratore.
Il fatto che
la contribuzione sia posta per i 2/3 a carico del
committente espone il parasubordinato, così come il lavoratore
subordinato, al rischio del danno previdenziale connesso alle
omissioni contributive altrui. E ci si può chiedere se questa
coincidenza
possa
permettere
di
estendere
al
parasubordinato la garanzia apprestata dall’art. 2116 c.c.
32
lavoratore
La risposta dell’ente previdenziale25 e della giurisprudenza, allo stato
dell’attuale normativa, è negativa: per i lavoratori a progetto e i vecchi
Circolare INPS 6 settembre 2006 n.95: “Nei confronti dei soggetti iscritti
alla gestione separata di cui trattasi si rammenta che non opera il c.d.
principio dell’automatismo delle prestazioni previdenziali sancito per i
“prestatori di lavoro”, dall’art. 2116 del cod. civ., in forza del quale le
suddette prestazioni sono comunque garantite anche nel caso di mancato o
irregolare versamento da parte dell’imprenditore dei contributi previdenziali
e assistenziali dovuti. Trattandosi infatti di lavoratori la cui attività è
giuridicamente qualificabile come autonoma, il mancato o irregolare
versamento dei contributi obbligatori impedisce la maturazione del diritto
alle prestazioni e la conseguente corresponsione, in favore degli stessi, delle
prestazioni medesime.” E messaggio INPS 22 maggio 2007 n. 12768: “è
noto che in assenza di contribuzione non è possibile erogare le prestazioni
previste per gli iscritti alla Gestione separata, atteso che nei confronti degli
iscritti alle Gestioni dei lavoratori autonomi non è applicabile il principio
dell’ automaticità delle prestazioni.”
25
Circolare INAIL del 7 maggio 1998 n. 30: “L'articolo 59, comma 19, della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, pubblicata sul supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 1997, dispone che l'articolo 67 del
Testo Unico approvato con D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, non trova
applicazione nei confronti dei lavoratori autonomi". Data la duplice veste di
lavoratore e di datore di lavoro (più correttamente di "assicurato" e di
"assicurante") dei lavoratori autonomi tutelati dall'INAIL, dal coordinamento
delle due suddette norme deriva la seguente specificazione della nuova
disposizione di legge: i lavoratori autonomi, infortunatisi o che abbiano
contratto malattia professionale, non hanno diritto alle prestazioni di legge
qualora gli stessi risultino inadempienti rispetto agli obblighi previsti nel
titolo I del Testo Unico a carico dei datori di lavoro. Con la presente
circolare si devono intendere in parte superate le istruzioni operative fornite,
in via provvisoria ed a fini cautelativi, con lettera in data 20 gennaio 1998
della Direzione Centrale Prestazioni, successivamente alla quale sono
intervenuti approfondimenti e chiarimenti interpretativi della legge in esame.
In particolare, il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale ha
recentemente espresso l'avviso, in ciò condividendo l'orientamento
dell'Istituto, che la norma di che trattasi non modifica il diritto alla tutela
assicurativa nei confronti del lavoratore autonomo, ma condiziona la
esecutività del diritto stesso alla regolarità contributiva. Ne consegue la
sospensione dell'avvio del pagamento delle prestazioni se e fino a quando
non ricorra la condizione richiesta. Infine, secondo il predetto Ministero,
considerato il logico collegamento tra l'evento dannoso e la prestazione ad
esso afferente, la novità introdotta dalla Legge n. 449/1997 non può che
riguardare gli eventi verificatisi a partire dalla data di entrata in vigore della
33
legge medesima (1° gennaio 1998). (...) Il legislatore, con la disposizione in
argomento, ha inteso ripristinare, nei confronti dei lavoratori autonomi, il
rapporto sinallagmatico contribuzione-prestazione assicurativa reso
inoperante, in favore dei lavoratori dipendenti, dall'articolo 2116 codice
civile. Di conseguenza gli obblighi cui fa riferimento l'articolo 67 del Testo
Unico, che sostanzialmente recepisce la norma del codice civile ed il
principio dell'"automaticità" delle prestazioni ad essa sotteso, sono
essenzialmente gli obblighi contributivi. Ai fini che qui interessano,
pertanto, si terrà conto esclusivamente delle situazioni di inadempienza di
detti obblighi, anche riferite a periodi pregressi purché non colpite da
prescrizione, consistenti in "omissioni", e cioè in mancati pagamenti di
premi e contributi il cui ammontare è rilevabile dalle denunce obbligatorie,
ovvero in "evasioni", e cioè in inadempienze connesse a denunce
obbligatorie omesse (evasioni totali) o non conformi al vero (evasioni
parziali). Saranno inoltre escluse dalla valutazione della regolarità
contributiva, ai fini che qui interessano, le obbligazioni accessorie (interessi,
sanzioni, ecc.).(…) Si ritiene che l'ambito delle "prestazioni" interessate
dalla norma in argomento debba essere circoscritto alle prestazioni
economiche, con esclusione, pertanto, delle prestazioni sanitarie curative
("prime cure", "cure idrofangotermali e soggiorni climatici") e delle
prestazioni riabilitative (protesi e presìdi).… In considerazione della "ratio"
della norma in esame, la non operatività del principio dell'automaticità delle
prestazioni da essa sancita trova applicazione soltanto nei casi di identità fra
soggetto assicurato, infortunatosi o che abbia contratto malattia
professionale, e "soggetto assicurante". Rimangono pertanto esclusi dal
campo di applicazione della norma, ad esempio, i lavoratori associati in
società o cooperative, rivestendo tali organismi la veste di "soggetto
assicurante"; i familiari coadiuvanti il titolare dell'azienda artigiana, ecc.. Nel
settore agricolo, si ricorda che gli obbligati per legge al versamento all'INPS
delle quote capitarie INAIL sono il coltivatore diretto, che versa per sé e per
i componenti il nucleo familiare costituente la forza lavoro, ed il concedente
il fondo in mezzadria o in colonia, che versa per il mezzadro, il colono ed i
componenti i rispettivi nuclei familiari, con diritto di rivalsa nei confronti del
colono e del mezzadro. Sono pertanto esclusi dal campo di applicazione
della norma i componenti il nucleo familiare del coltivatore diretto nonché il
colono, il mezzadro ed i loro familiari. E' ovviamente "estraneo" alla materia
qui in esame il "concedente", in quanto persona non assicurata. Per quanto
riguarda i superstiti di lavoratori autonomi, ferma restando, secondo le
norme del diritto successorio, l'obbligazione dei medesimi verso l'istituto, se
ed in quanto eredi, derivante dalla situazione debitoria dei loro de cuius, il
conseguimento delle prestazioni di legge, inerendo ad un diritto "proprio" e
non "ereditario", non può essere subordinato all'adempimento di detta
obbligazione…”
Circolare INAIL del 11 aprile 2000 n. 32: “In attuazione della delega di
cui all'art. 55 della Legge n. 144/1999 (comma 1, lettera i), il Decreto
Legislativo n. 38 del 23 febbraio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
34
collaboratori coordinati e continuativi l’ente non eroga prestazioni se
non è stata raggiunta l’anzianità contributiva necessaria. Il lavoratore
parasubordinato viene quindi assimilato a quello autonomo nella
logica della auto responsabilità, del do ut des previdenziale,
nonostante
sia
esposto
all’inadempimento
contributivo
del
committente, chiaro punto di assonanza con la figura del lavoratore
subordinato.
Tale posizione che affievolisce la timida tutela previdenziale di
50 del 1° marzo c. a., stabilisce, all'articolo 5, l'estensione dell'assicurazione
INAIL ai lavoratori parasubordinati, purché svolgano le attività previste
dall'articolo 1 del Testo Unico del 1965, ivi compresa la conduzione
personale di veicoli a motore, non in via occasionale e per l'esercizio delle
proprie mansioni. Dette disposizioni decorrono dal 16 marzo 2000 ed - in
sede di prima applicazione- le denunce di cui all'art. 12 T. U.
debbono
essere
effettuate
entro
il 15 aprile 2000. Il menzionato articolo
prevede:
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo,
sono soggetti all'obbligo assicurativo i lavoratori parasubordinati indicati
all'art. 49, comma 2, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni e integrazioni, qualora
svolgano le attività previste dall'articolo 1 del testo unico o, per l'esercizio
delle proprie mansioni, si avvalgano, non in via occasionale, di veicoli a
motore
da
essi
personalmente
condotti.
2. Ai fini dell'assicurazione INAIL il committente è tenuto a tutti gli
adempimenti del datore di lavoro previsti dal testo unico.
3. Il premio assicurativo è ripartito nella misura di un terzo a carico del
lavoratore
e
di
due
terzi
a
carico
del
committente.
4. Ai fini del calcolo del premio la base imponibile è costituita dai compensi
effettivamente percepiti, salvo quanto stabilito dall'articolo 116, comma 3,
del testo unico. Il tasso applicabile all'attività svolta dal lavoratore è quello
dell'azienda qualora l'attività stessa sia inserita nel ciclo produttivo, in caso
contrario, dovrà essere quello dell'attività effettivamente svolta.
5. Ferma restando la decorrenza dell’obbligo assicurativo e del diritto alle
prestazioni dalla data di cui al comma 1, in sede di prima applicazione, i
termini per la presentazione delle denunce di cui all’articolo 12 del Testo
Unico sono stabiliti in trenta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo …”
35
quest’ampia platea di lavoratori, pur comprensibile allo stato della
normativa, desta numerose perplessità.
Spesso infatti il parasubordinato è un lavoratore che non disponendo
di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, passa da una
collaborazione all’altra, cumulando frammenti contributivi intervallati
da periodi di vuoto lavorativo e contributivo. Se alla difficoltà di
maturare
l’anzianità
assicurativa
necessaria
per
l’accesso
al
trattamento, si aggiunge l’inapplicabilità del principio di automaticità
delle prestazioni, la debolezza della sua tutela previdenziale appare
evidente. Ciò in quanto l’ente, ricostruendo il curriculum contributivo,
sommerà i pochi contributi versati e le eventuali scoperture
contributive, riconducibili ai committenti, non saranno considerate
“coperte” con il meccanismo previsto dall’art. 2116 c.c. ai fini del
raggiungimento della soglia di anzianità necessaria. Che esista un
problema di tutela è evidente ed in tal senso si inquadra l’art. 39 della
legge n. 183 del 2010 (Collegato Lavoro) che ha esteso anche ai
committenti della Gestione Separata le stesse misure sanzionatorie già
previste nei confronti dei datori di lavoro che operano le ritenute sulle
retribuzioni dei lavoratori dipendenti. In sostanza, si estende il reato di
omesso versamento delle ritenute previdenziali, già previsto dalla
legge n. 638 del 1983 per i soli lavoratori dipendenti. Pertanto vige
oggi un’unica disciplina sanzionatoria nei confronti dei datori di
36
lavoro per l’omesso versamento delle ritenute contributive. E la
predetta estensione rappresenta sicuramente un passo in avanti per
uniformare i trattamenti dei lavoratori dipendenti e parasubordinati.
Da ultimo, nel caso dei pubblici dipendenti, c’è l’identità tra datore di
lavoro e soggetto erogatore delle prestazioni. In questo contesto
appare evidente
l’impossibilità del verificarsi di una omissione
contributiva cosicché si potrebbe forse dire
che l’automatismo è
intrinseco alla struttura del sistema26.
Relativamente invece all’assicurazione infortuni sul lavoro, la
formulazione letterale dell'art. 67 T.U. 30 giugno 1965 n. 1124, che
stabiliva per gli assicurati INAIL il diritto alle prestazioni anche nel
caso in cui il datore non abbia adempiuto agli obblighi stabiliti dalla
legge, prevedendo un lavoratore e un datore di lavoro, implica una
logica esclusione dell'automatismo per i lavoratori autonomi nei quali
sussiste un'identificazione tra responsabile della contribuzione e
beneficiario delle prestazioni27. Una diversa indicazione estensiva di
diritto positivo si traeva, per il settore rurale, dall'art. 236 T.U. che
equiparava i lavoratori agricoli ai lavoratori dell'industria, senza
distinzione tra subordinati ed autonomi. Nello stesso senso si poneva
26
Sul punto Carbone, La quiescenza e la previdenza nel pubblico impiego, in
Volpe (a cura di), Il pubblico Impiego,Torino, 1991, 410.
27
A. Luciani, Concezione unitaria del rapporto di assicurazione sociale per i
lavoratori agricoli, in Riv. Dir. Lav. 1965,I,363.
37
l'art. 212 del T.U. che
assoggettava gli agricoltori, senza alcuna
distinzione tra autonomi e subordinati28, agli adempimenti del Titolo I,
richiamando l'art. 67 che enuncia il principio di automaticità anche se
il premio non è stato versato. Anche per gli artigiani, inclusi dall'art. 3
della legge 19 gennaio 1963 n.15 nel novero dei soggetti assicurati ed
inclusi dall'art.4 n. 3 del T.U. 30 giugno 1965 n. 1224 tra le persone
assicurate,
vigeva
la
regola
particolare
dell'applicazione
dell'automatismo pur essendo lavoratori autonomi. Lo stesso dicasi
per i pescatori di piccola pesca marittima e nelle acque interne,
ricompresi tra i soggetti assicurati dall'art.1, legge 13 marzo 1958 n.
250.
Più di recente, la legislazione ha escluso i lavoratori autonomi dal
beneficio dell'automaticità delle prestazioni: l'art. 59, comma 19 della
legge 27 dicembre 1997 n. 449, ha disposto che per i lavoratori
autonomi agricoli non trova applicazione l'art. 67 del T.U. 30 giugno
1965 n. 1224.
A seguito della legge 27 dicembre 1997 n. 449,
dunque, non è più applicabile il principio di automaticità delle
prestazioni per la tutela infortunistica in favore dei lavoratori
autonomi di ogni settore e gli stessi accedono alle prestazioni solo
quando hanno pagato regolarmente i premi.
28
A.Lega, L'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali in
agricoltura, Giuffrè, Milano, 1968.
38
L'innovazione
legislativa
ha
aperto
il
problema
dell'esatta
individuazione dei soggetti a cui si applica la norma non potendosi
logicamente equiparare ai titolari i loro coaudiutori familiari, gli
associati, i coloni e i mezzadri sui quali non grava l'obbligazione
contributiva perciò non responsabili del mancato pagamento dei
premi. Con circolare n. 30/9829 l'INAIL ha precisato che la limitazione
del principio dell'automatismo riguarda esclusivamente i titolari
(artigiani, commercianti o coltivatori diretti e quindi non i dipendenti).
Il principio dell'automatismo trova quindi ancora applicazione nei
confronti dei soggetti equiparati ai lavoratori dipendenti: i coloni, i
mezzadri e i familiari coadiuvanti del titolare dell'azienda. Viene
inoltre precisato che l'ambito delle prestazioni interessate dalla novità
normativa è circoscritto a quelle economiche con esclusione, quindi,
delle prestazioni sanitarie e di quelle riabilitative.
29
Per il testo completo si rinvia alla nota 25.
39
1.4 IL DOPPIO AUTOMATISMO: L’AUTONOMIA DEL
RAPPORTO
PREVIDENZIALE
DAL
RAPPORTO
DI
LAVORO E L’AUTOMATICITA’ DELLA PRESTAZIONE.
a) L’AUTONOMIA DEL RAPPORTO PREVIDENZIALE DAL
RAPPORTO DI LAVORO.
L’instaurazione del rapporto di lavoro subordinato determina ipso iure
l’insorgenza
del
corrispondente
rapporto
assicurativo,
con
conseguente obbligo per il datore di lavoro di versare i relativi
contributi all’ente previdenziale. Però, nonostante il rapporto di lavoro
sia il presupposto ed il fattore occasionante della costituzione ex lege
del rapporto contributivo- previdenziale, è possibile escludere una
relazione di derivazione 30.
30
Cassazione civile sez. lav. 20 luglio 1985, n. 4307, in Giust. civ. Mass.
1985, fasc. 7: “il diritto del lavoratore agli adempimenti assicurativi, anche
se l'ammontare dei contributi è commisurato a quello della retribuzione, non
è una derivazione del diritto alla retribuzione, in quanto entrambi tali diritti come i corrispondenti obblighi del datore di lavoro - sorgono
contemporaneamente, come effetto immediato dell'instaurazione del
rapporto di lavoro, e possono avere, nell'esecuzione di questo, sorte diversa
ed indipendente, in ragione della diversa disciplina cui sono sottoposti e del
funzionamento dell'obbligo contributivo nell'ambito di un connesso rapporto
previdenziale trilaterale. Conseguentemente, nel caso di inattuazione
funzionale del rapporto di lavoro (nella specie, per licenziamento dichiarato
di poi illegittimo), la persistenza in vita del medesimo legittima la pretesa
risarcitoria relativa, oltre che alla mancata percezione della retribuzione,
all'omissione delle contribuzioni previdenziali, nonostante la mancata
erogazione della retribuzione nel periodo predetto.”In dottrina R. Pessi,
Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, 470, che
40
Trattasi del principio dell’autonomia del rapporto previdenziale dal
rapporto di lavoro.
Il diritto del lavoratore agli adempimenti assicurativi, anche se
l'ammontare dei contributi è commisurato a quello della retribuzione,
non è una derivazione del diritto alla retribuzione, in quanto entrambi
tali diritti - come i corrispondenti obblighi del datore di lavoro sorgono
contemporaneamente,
dell'instaurazione del
rapporto di
come
lavoro,
effetto
immediato
e possono
avere,
nell'esecuzione di questo, sorte diversa ed indipendente, in ragione
della diversa disciplina cui sono sottoposti e del funzionamento
dell'obbligo contributivo nell'ambito di un connesso rapporto
supporta l’affermazione dell’autonomia del rapporto previdenziale, anche
con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, Cass.
SS.UU.1250/1968: “quando la legge, in relazione al concreto svolgimento di
un’attività dei privati, pone un obbligo ispirato a superiori esigenze di natura
sociale, stabilendone l’inderogabilità e sanzionandola anche penalmente, è
errato affermare che l’obbligo trovi la sua causa nel contratto laddove questo
sia servito solo a costituire la situazione avente valore di presupposto per la
nascita di un’ obbligazione che i contraenti potrebbero anche non aver
considerato o aver voluto addirittura escludere.”
Cassazione civile sez. lav., 05 novembre 1988, n. 5991, in Giust. civ. Mass.
1988, fasc. 11: “l’ instaurazione del rapporto di lavoro subordinato
determina "ipso iure" l'insorgenza del corrispondente rapporto assicurativo,
con conseguente obbligo per il datore di lavoro di versare i relativi contributi
all'ente previdenziale, anche se in riferimento al medesimo periodo di attività
lavorativa risultino versati contributi da un altro datore di lavoro. (Nella
specie la S.C., confermando l'impugnata sentenza, ha ritenuto, con riguardo a
lavoratori addetti a cantieri-scuola ma di fatto utilizzati dal ricorrente, che
l'obbligo contributivo di quest'ultimo sussistesse sia per le prestazioni
lavorative resegli nelle ore in cui i lavoratori avrebbero dovuto essere
impegnati nei cantieri-scuola sia per la prestazioni lavorative resegli in ore
diverse, essendo irrilevante, in relazione ad entrambe le ipotesi, l'avvenuto
pagamento dei contributi da parte dei cantieri predetti).”
41
previdenziale trilaterale. Conseguentemente, anche nel caso di
inattuazione funzionale del rapporto di lavoro, ad esempio per
licenziamento dichiarato poi illegittimo, la persistenza in vita del
medesimo rapporto di lavoro legittima la pretesa risarcitoria relativa,
oltre che alla mancata percezione della retribuzione, all'omissione
delle contribuzioni previdenziali, nonostante la mancata erogazione
della retribuzione nel periodo predetto.
Ed anche ove venga posto in essere un rapporto di lavoro di fatto (non
regolarizzato) o contra legem (non avendo ad esempio il lavoratore il
requisito dell’età minima, rapporto che per tale motivo è
semplicemente illegale per mancanza di un presupposto di validità e
non già intrinsecamente illecito per l’oggetto o la causa) non di meno
si costituisce automaticamente il rapporto assicurativo obbligatorio
atteso che il disposto del 1° comma dell’art. 2126 c.c. (secondo cui la
nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non producono effetto
per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione) rende applicabile
il primo comma dell’art. 2116 c.c., che contempla il cosiddetto
principio dell’automatismo delle prestazioni di previdenza e assistenza
obbligatorie 31.
31
In tal senso Cassazione civile sez. lav., 27 giugno 1986, n. 4288, in Giust.
civ. Mass. 1986, fasc. 6, Giust. civ. 1986, I,2755: “Ove venga posto in essere
un rapporto di lavoro contra legem non avendo il lavoratore il requisito
dell'età minima - rapporto che per tale motivo è semplicemente illegale per
mancanza di un presupposto di validità e non già intrinsecamente illecito per
42
Quindi, anche se il rapporto di lavoro si svolge di fatto o è invalido, il
principio di automaticità delle prestazioni è sempre applicabile
esistendo un collegamento diretto tra l’art. 2126 c.c. e l’art. 2116 c.c.
E’ sulla base di tali considerazioni che la dottrina ha teorizzato
l’autonomia del rapporto previdenziale dal rapporto di lavoro
ritenendo che l’obbligo contributivo trovi soltanto l’occasione nel
rapporto di lavoro e non già la causa petendi 32.
Ma non si tratta di due rapporti tra loro indifferenti e paralleli, perché
un punto di intersecazione vi è in quanto il rapporto di lavoro è
l'oggetto o la causa - non di meno si costituisce automaticamente il rapporto
assicurativo obbligatorio atteso che la prescrizione del comma 1 dell'art.
2126 c.c. - secondo cui la nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non
producono effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione rende applicabile il comma 1 dell'art. 2116 c.c., che contempla il cosiddetto
principio dell'automatismo delle prestazioni di previdenza e assistenza
obbligatorie, principio che, nel particolare caso del rapporto di lavoro
costituito in violazione della norma sull'età minima di ammissione al lavoro,
trova conferma nell'art. 24, comma 1, l. 17 ottobre 1967 n. 977.” Così anche
Cassazione civile sez. lav.09 ottobre 1985, n. 4916, in Giust. civ. Mass.
1985, fasc. 10: “l'art. 24 della l. 17 ottobre 1967 n. 977 - norma che pone a
carico del datore di lavoro che occupi alle sue dipendenze un minore degli
anni quattordici di rimborsare l'INAIL degli importi delle prestazioni da
quest'ultimo erogate al minore che abbia subito un infortunio sul lavoro configura una speciale azione di rivalsa in favore dell'istituto assicuratore,
che prescinde dall'eventuale dolo o colpa del datore di lavoro nella
determinazione dell'evento e si giustifica col fatto che - stante la nullità del
contratto di lavoro per effetto dell'età del minore e la conseguente mancata
copertura assicurativa - l'INAIL tuttavia è tenuto per legge alle prestazioni
assicurative solo per ragioni di solidarietà sociale, ma ha diritto di rivalersi
sul datore di lavoro che ha dato causa alla situazione di nullità.”
32
M. Cinelli, Diritto della Previdenza sociale, Giappichelli, Torino, 1996,
p.101.
43
presupposto e fattore occasionante della costituzione ex lege del
rapporto contributivo- previdenziale 33.
Dal punto di vista “genetico”, mentre la costituzione del rapporto di
lavoro dipende dall’incontro della volontà del datore di lavoro e del
lavoratore, il rapporto contributivo si instaura ope legis in ragione del
rapporto di lavoro.
Alle parti è quindi riservato solo il potere prodromico sul presupposto
che determina la nascita del rapporto ma non sul rapporto stesso che
non è nella disponibilità delle parti.
La prestazione lavorativa che nel rapporto di lavoro è atto di
esecuzione nel rapporto contributivo- previdenziale è il fattore che
determina ope legis il sorgere del rapporto contributivo- previdenziale.
Ha, pertanto, all’interno dei due rapporti, una diversa funzione.
E’ in questi termini che si può nel contempo trovare il collegamento
tra rapporto di lavoro e rapporto contributivo- previdenziale e allo
stesso tempo postularne la reciproca autonomia34.
33
Per un esame più analitico di questi aspetti, R. Pessi, Lezioni di diritto
della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012, 470 ss.e F.P.Rossi, il
presupposto legale della tutela previdenziale: il rapporto di lavoro
subordinato, in Prev. soc. 1972, 59.
34
G. Prosperetti, dalla tutela del rapporto alla tutela della persona, in G.L.L.
1994, p.26. Secondo R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale,
Cedam, Padova 2012, “l’autonomia tra il rapporto di lavoro e quello
previdenziale spiega, in primo luogo, il precetto di cui all’art. 2115 c.c.
comma 3, c.c. che sancisce la nullità in sede transattiva dei patti intesi ad
eludere gli obblighi previdenziali, non essendo nella disponibilità delle parti
del rapporto di lavoro il potere di transigere o di rinunciare in ordine
44
Qui, però, il collegamento tra i due rapporti finisce e subentra
un’indipendenza funzionale, su cui si fonda la ragione della loro
autonomia.
In definitiva il rapporto previdenziale è autonomo rispetto al rapporto
di lavoro in quanto, pur trovando in esso la giustificazione causale,
sorge ope legis perché coattivamente costituito; ciò, secondo la
dottrina35, giustifica anche l’indipendenza tra adempimento degli
obblighi contributivi ed erogazioni delle prestazioni. Si tratta di
autonomia che opera sulle posizioni giuridiche e sulla esigibilità delle
prestazioni 36.
all’autonomo rapporto previdenziale, nel quale le loro relazioni ed i rispettivi
poteri e doveri sono individuati inderogabilmente dal legislatore.”
35
L.R. Levi Sandri, Istituzioni e Legislazione sociale, Giuffrè, Milano,
1979, pp 225 ss.
36
In dottrina, per la tesi secondo cui il rapporto previdenziale, pur trovando
il suo presupposto nel rapporto di lavoro o nella prestazione lavorativa, sotto
ogni aspetto è autonomo, F.P.Rossi, il presupposto legale della tutela
previdenziale: il rapporto di lavoro subordinato, in Prev. soc. 1972, pag 59
ss. e Pessi R., Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova
2012, 470 ss. secondo cui “collegato se pur distinto dall’automaticità del
rapporto previdenziale è il principio dell’automaticità delle prestazioni” che
“non pone in discussione l’adempimento dell’obbligazione contributiva
come elemento essenziale per il maturarsi del diritto alla prestazione ma
scinde gli effetti dell’inadempimento, neutralizzandoli rispetto al soggetto
beneficiario e limitandoli al solo rapporto tra l’Ente previdenziale e il
soggetto passivo dell’obbligazione.”
45
b) L’AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI
Non solo è automatica la costituzione del rapporto previdenziale ma
sono automatiche anche le prestazioni. Infatti, le prestazioni previste e
stabilite dalle forme di previdenza obbligatoria (art. 2114 c.c.) “ sono
dovute al prestatore di lavoro anche quando l’imprenditore non ha
versato regolarmente i contributi” (art. 2116 c.1 c.c.). In altre parole,
al verificarsi dell’evento assicurato, l’obbligo della prestazione
previdenziale è cogente per l’ente assicuratore indipendentemente
dall’adempimento dell’obbligazione contributiva; specularmente, il
lavoratore ha diritto alla prestazione previdenziale anche laddove il
datore di lavoro non abbia provveduto al versamento di contributi.
Il meccanismo dell’automaticità postula una autonomia della
prestazione previdenziale rispetto all’obbligo contributivo, ponendo la
prima non come una variabile dipendente dal preventivo versamento
dei contributi ma, più semplicemente, condizionata dalla semplice
esigibilità,
con
la
conseguenza
che
manca
un
vincolo
di
sinallagmaticità tra le prestazioni ed i contributi previdenziali.
Il meccanismo produce l’effetto di ritenere verificato il requisito della
contribuzione anche quando i contributi non sono stati versati
(infortuni sul lavoro e malattie professionali) e, in alcuni casi
(prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti) purché i contributi
46
non versati non siano prescritti (art 40 legge 30 aprile 1969 n. 153 di
cui infra).
Pertanto è possibile che si verifichi un disallineamento tra profilo
contributivo e profilo prestazionale, la cosiddetta sterilizzazione della
corrispettività, in quanto l’adempimento dei contributi non è
indispensabile ai fini dell’erogazione della prestazione. E ciò è
conseguenza di una scelta fondamentale del legislatore quale
l’ introduzione nell’ordinamento dell’automaticità del rapporto
assicurativo, di cui l’automatismo della prestazione è una conseguenza
effettuale.
In sostanza, l’automaticità delle prestazioni, perché possa ritenersi
operativa, presuppone l’autonomia del rapporto previdenziale rispetto
al rapporto di lavoro. Il primo, benché funzionalmente legato al
secondo, trae da esso il semplice presupposto e si svolge in maniera
coordinata, ma non dipendente.
47
CAPITOLO II
LA GENERALIZZAZIONE E
COSTITUZIONALIZZAZIONE DEL PRINCIPIO DI
AUTOMATICITA’
2.1 LA “COSTITUZIONALIZZAZIONE” DEL PRINCIPIO DI
AUTOMATICITA’ NONOSTANTE LA SUA PREVISIONE
SOLTANTO NEL CODICE CIVILE E NON NELLA CARTA
COSTITUZIONALE.
Il principio della automaticità delle prestazioni, pur se disciplinato nel
codice civile e non nella Costituzione, trova corrispondenza
nell’ordinamento costituzionale
37
in quanto gli interessi tutelati
dall'art. 2116 c.c., e precisamente evitare che le inadempienze dei
datori di lavoro determinino conseguenze negative ai lavoratori
incolpevoli, sono oggetto di tutela anche dell'art. 38 della
Costituzione 38.
37
M. Miscione, L’automaticità delle prestazioni in L.D. 1987, pp 357 ss. E,
in particolare p. 361.
38
M. Miscione, L'automaticità delle prestazioni, LD, 1987, 361.
48
Tale principio ha infatti subito un vero e proprio processo di
"costituzionalizzazione"39 cosicché le fattispecie cui la regola non si
applica (o si applica parzialmente) sono spesso considerate, se non
come ipotesi di incostituzionalità in senso tecnico, quantomeno come
esempi di non perfetta attuazione del medesimo art. 38.
A tale impostazione,
tuttora maggioritaria pur nelle sue diverse
varianti, si contrappongono coloro che considerano il principio di
automaticità la dimostrazione di un "insistito ricorso, da parte del
legislatore, a una normativa paradossalmente diretta a disinnescare
l'interesse dei lavoratori alla corretta contribuzione"40.
Nei confronti di tale ultima impostazione è possibile replicare come il
principio di automaticità tragga la ragione della sua esistenza dagli
squilibrati rapporti di forza che caratterizzano il rapporto di lavoro.
Ed inoltre la previsione legislativa della prescrizione quale limite per
Il principio dell’automatismo trova riscontro anche nella giurisprudenza
della Corte Cost. ( Corte costituzionale 05 dicembre 1997, n. 374, in Giust.
civ. 1998, I, 617, Inpdap 1998, 1-2, 243, Riv. giur. lav. 1998, II, 390 (nota
di: BOER): “non è fondata - in riferimento all'art. 3 cost. - la q.l.c. degli art.
2 e 6, l. 7 febbraio 1979 n. 29, ricongiunzione dei periodi assicurativi dei
lavoratori a fini previdenziali, nella parte in cui, disciplinando in due
fattispecie diverse di ricongiunzione di periodi assicurativi il versamento da
parte della gestione di provenienza a quella di destinazione dei contributi di
propria pertinenza, non consentono che l'Inps trasferisca anche i contributi
non versati, ma dovuti nei limiti della prescrizione decennale.”) e la sua
valenza costituzionale è stata evidenziata dalla giurisprudenza della suprema
corte appena alcuni anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione (vedi
Cass. sez. civ. 16 luglio 1969, n. 2629, in F.I. 1970, I, p. 272).
40
Vianello, Omissione contributiva e tutela del prestatore di lavoro, in La
contribuzione previdenziale, cit., 261.
39
49
l’operatività dell’automaticità alimenta l’interesse del lavoratore alla
corretta contribuzione costringendolo, per non perdere i propri diritti
previdenziali, a tutelare la propria posizione assicurativa.
D'altronde, l'eventuale rimozione della tutela dell’automaticità non
potrebbe giustificarsi solo perché l'art. 38 Cost. non la menziona:
quest'ultimo, infatti, nonostante la sua natura di "norma aperta"41 ha
in ogni caso carattere precettivo, laddove impone, comunque, di
offrire una tutela effettiva ed adeguata42. E nell’ambito di una tutela
effettiva e adeguata rientra perfettamente il principio di automaticità.
In altre parole, il principio di automaticità non viene espressamente
imposto dall'art. 38 Cost., solo perché quest'ultimo non impone la
permanenza del sistema delle assicurazioni sociali, in funzione del
quale il principio stesso esiste43.
41
M. Cinelli, Appunti sulla nozione di previdenza sociale, Riv. Giur. Lav,
1982, I, 156.
42
M. Cinelli, Problemi di diritto della previdenza sociale, Giappichelli,
1989, 28 e ss.
43
Per la costruzione del diritto alla tutela previdenziale come diritto sociale
M. Cinelli, Rapporto giuridico previdenziale, Dig. IV, Comm., Utet, vol.
XII, 1989, 4755.
50
In un sistema di "sicurezza sociale" caratterizzato dal superamento
delle assicurazioni sociali, il principio di automaticità non avrebbe
infatti più ragione di esistere44.
Di conseguenza, c'è da ritenere che, sino a quando le assicurazioni
sociali esisteranno, la sua rimozione, o comunque una sua limitazione
tale da pregiudicare l'effettività dei diritti previdenziali,
possa
legittimarne un sindacato incidentale di costituzionalità 45 .
In definitiva, il principio di automaticità trova giustificazione proprio
nel contesto delle assicurazioni sociali dove svolge la funzione di
neutralizzare ogni rapporto di corrispettività tra obbligazione
contributiva e prestazione previdenziale.
Rapporto di corrispettività che, nel meccanismo insito al sistema di
sicurezza sociale, è escluso a priori in quanto incompatibile con il
modello.
Insomma, nel modello delle assicurazioni sociali la corrispettività tra
obbligazione
contributiva
e
prestazione
previdenziale
è
una
connotazione intrinseca del sistema che, per essere eliminata,
necessita di un meccanismo correttivo (tale appunto è quello
dell’automatismo contrapposto a quello del sinallagma); nel modello
44
Così, da ultimo, G. Canavesi, Contribuzione prescritta e automaticità delle
prestazioni nell’ordinamento italiano e nella dimensione comunitaria,in RGL
1992,I, 469.
45
Così M. Cinelli, Diritto della previdenza sociale, Giappichelli, 1996, 95.
51
di sicurezza sociale, al contrario, proprio perché non vi è alcuna
possibilità di configurare alcunché di sinallagmatico, il rapporto di
commutazione tra finanziamento del sistema e garanzia delle
prestazioni finirebbe per divenire negazione del modello in quanto
fattore estrinseco ed incompatibile.
Si giustifica allora quanto assunto in proposito dalla dottrina46,
secondo cui il principio di automaticità non viene espressamente
imposto dall’art. 38 Cost. solo perché quest’ultimo non impone la
permanenza del sistema delle assicurazioni sociali in funzione del
quale il principio esiste.
Evidentemente, una volta superato il modello mediante la sua
trasformazione in un sistema globale di sicurezza sociale, verrebbe
meno la ragione dell’esistenza del principio di automaticità.
Sulla scorta di quanto sopra
si può ritenere che il principio di
automaticità delle prestazioni è un complemento della tutela
previdenziale garantita dalla costituzione47, non solo per neutralizzare
eventuali conseguenze negative a carico del lavoratore in caso di
mancato o insufficiente versamento dei contributi da parte del datore
46
C. A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e
tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996,
p.307.
47
In dottrina, sulla derivazione del principio delle cosiddetta automaticità
delle prestazioni dall’art. 38 Cost., vedi soprattutto F.D. Mastrangeli - C.A.
Nicolini, La contribuzione previdenziale, Utet, Torino, 1997, p.516 ss.
52
di lavoro (questo è l’effetto del principio dell’automaticità delle
prestazioni), ma anche per elidere il rapporto di corrispettività tra
obbligazione contributiva e prestazione previdenziale48.
2.2
LA
GENERALIZZAZIONE
DEL
PRINCIPIO
E
I
CONSEGUENTI LIMITI AI REGIMI DEROGATORI.
Il rapporto tra il principio dell’automaticità posto dall’art. 2116 c.c. e
la normativa derogatoria di cui allo stesso articolo (“diverse
disposizioni di cui alle leggi speciali”), dopo un primo orientamento
restrittivo49, è stato ampiamente ricostruito dalla giurisprudenza come
48
C. A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e
tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996,
p.334.
49
in questo senso, tra le altre, Cassazione civile sez. lav. 07 aprile 1992, n.
4236, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 4, Informazione previd. 1992, 787: “il
principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, enunciato in via
generale dall'art. 2116 c.c., trova applicazione solo in quanto il sistema delle
leggi speciali vi si adegui, disponendo espressamente in proposito e
provvedendo in ordine alla relativa provvista finanziaria; pertanto, in tema di
pensioni, detto principio opera, a norma dell'art. 27, comma 2, del r.d.l. 14
aprile 1939 n. 636 (come successivamente modificato), solo in relazione alle
pensioni ordinarie, facenti capo all'assicurazione generale obbligatoria, ma
non si applica ai fondi di previdenza speciali regolati da diversa ed autonoma
disciplina, come il Fondo di previdenza per gli impiegati dipendenti dalle
esattorie e ricevitorie delle imposte dirette, il quale, ai sensi dell'art. 49
comma 2, della l. 2 aprile 1958 n. 377 (che, non menzionandole, esclude le
prestazioni pensionistiche), è tenuto solo ad una prestazione di capitale.
Cassazione civile sez. un.01 marzo 1988, n. 2161 in Giust. civ. Mass. 1988,
fasc.3: “il trattamento pensionistico del Fondo per il personale addetto alle
imposte di consumo viene corrisposto sulla base dei contributi
effettivamente versati dal datore di lavoro (art. 3 della l. 6 giugno 1952 n.
53
736, non modificato dalle successive l. 24 maggio 1966 n. 370 e 30 giugno
1972 n. 267), perché non opera, in difetto di espressa previsione normativa,
il principio di automatismo proprio delle pensioni ordinarie a carico
dell'assicurazione generale obbligatoria, che sono liquidate sulla base della
retribuzione pensionabile, anche quando l'imprenditore non abbia versato i
contributi, purché il relativo credito non sia prescritto. Pertanto, qualora il
suddetto trattamento venga erogato in misura inferiore, a causa di omissioni
contributive del datore di lavoro, l'entità della pensione non goduta coincide
con il danno risarcibile, ai sensi dell'art. 2116 c.c.”
Cassazione civile sez. lav.04 aprile 1989 n. 1634 in Giust. civ. Mass. 1989,
fasc.4: “con riguardo alle prestazioni previdenziali erogate ai sensi della l. 6
dicembre 1971 n. 1084 dal fondo integrativo della assicurazione generale
obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti a favore del personale
dipendente dalle aziende private del gas, il principio dell'automatismo delle
prestazioni - che l'art. 2116 c.c. pone come regola generale, prevedendo la
possibilità di una diversa disciplina da parte delle leggi speciali - opera solo
ai fini del raggiungimento del requisito minimo di contribuzione, necessario
per il conseguimento del diritto alle prestazioni stesse (e cioè negli stessi
limiti in cui tale principio opera ai fini delle prestazioni i.v.s., ai sensi
dell'art. 27 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, come modificato per effetto
dell'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 e dell'art. 23-ter del d.l. 30 giugno
1972 n. 267), e non anche ai fini dell'incremento delle prestazioni già
spettanti, atteso che la citata legge n. 1084 del 1971 richiama (all'art. 3 e,
soprattutto, all'art. 38) le norme sull'assicurazione generale obbligatoria e
commisura l'importo della pensione mensile (art. 17) e dell'indennità
aggiuntiva (art. 26) non alla retribuzione dovuta ma a quella percepita
dall'iscritto, per la quale sia stata versata la relativa contribuzione.”
Circolare INPS n. 141 del 21 giugno 1993: “…Liquidazione delle
prestazioni a carico del fondo integrativo: come in tutti i Fondi speciali di
previdenza, anche nel Fondo integrativo per i lavoratori gasisti la
liquidazione della pensione è subordinata alla cessazione dal servizio. La
pensione ha decorrenza dal 1 giorno del mese successivo a quello della
cessazione dal servizio o al termine del periodo di preavviso, anche se
sostituito da indennità equivalente (art. 25,1 comma, della legge n.
1084/1971). La pensione ai superstiti decorre dal 1 giorno del mese
successivo alla morte dell'iscritto. Per le prestazioni del Fondo non trova
applicazione il principio dell'automaticità delle prestazioni: pertanto
qualora alla cessazione dal servizio risultino periodi per i quali la
contribuzione non sia stata ancora versata, e ferma restando la concessione
della pensione dell'AGO con il computo anche di tali periodi, il
trattamento del Fondo dovrà essere liquidato con esclusione dei periodi
stessi: ove questi risultino determinanti ai fini del diritto, la liquidazione
dovrà essere sospesa. Ovviamente,
una
volta
avvenuta
la
regolarizzazione, si dovra' procedere alla liquidazione o ricostituzione
del trattamento del Fondo stesso.”
54
un rapporto di specialità, nel senso che il sistema è retto dalla regola
generale, in forza della quale le prestazioni previdenziali spettano al
lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati
effettivamente versati, non richiedendosi pertanto una espressa norma
che la richiami, ma essendo
semmai necessaria una disposizione
esplicita perché sia possibile ad essa derogare. Così è dato leggere
nella sent. Corte Cost., 5 dicembre 1997, n. 374, secondo cui nel
rapporto previdenziale assicurativo vige il principio generale
cosiddetto dell’automaticità delle prestazioni di cui all’art. 2116 c.c.50.
Del principio, così come interpretato dalla Corte Cost. con la suddetta
pronuncia, ha fatto puntuale applicazione la giurisprudenza ordinaria,
secondo cui lo stesso trova applicazione, con riguardo ai vari sistemi
di previdenza e assistenza obbligatori, come regola generale rispetto
Cassazione civile sez. lav. 09 gennaio 1987 n. 95, in Giust. civ. Mass. 1987,
fasc. 1, Informazione previd. 1987, 520: “l'art. 33 della l. 6 dicembre 1971 n.
1084, nel disciplinare il fondo gas gestito dall'INPS, ha previsto che ai fini
delle prestazioni previdenziali riconosciute dalla legge stessa siano rilevanti
soltanto i periodi di iscrizione dei dipendenti di aziende erogatrici di gas in
servizio effettivo alla data dell'1 maggio 1946; non sono pertanto rilevanti gli
eventuali anteriori periodi di straordinariato, atteso che, per effetto dell'art. 3
c.c.n.l. 28 ottobre 1929 (istitutivo della Previdengas), l'iscrizione a tale
speciale forma di previdenza era riservata esclusivamente ai dipendenti
cosiddetti effettivi, ossia di ruolo.”
Confermato, per l’assicurazione generale obbligatoria per invalidità,
vecchiaia e superstiti, dall’art. 27 comma 2, RDL 14 aprile 1939 n. 636, nel
testo sostituito dall’art. 23 ter, DL30 giugno 1972 n. 267, con modificazioni
dalla L.11 agosto 1972, n. 485 e rafforzato dall’art. 3 D.LG. 27 gennaio 1992
n. 80 di attuazione di apposita direttiva comunitaria in materia.
50
55
alla quale possono esserci deroghe solo se previste espressamente dal
legislatore 51.
51
Cassazione civile sez. lav. 02 febbraio 2001, n. 1460 in Giust. civ. Mass.
2001, 190, Foro it. 2001, I,1165, Riv. it. dir. lav. 2001, II, 828 (nota di:
POSO): “il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui
all'art. 2116 c.c., così come interpretato dalla Corte cost. con sentenza n. 374
del 1997, trova applicazione, con riguardo ai vari sistemi di previdenza e
assistenza obbligatorie, come regola generale rispetto alla quale possono
esserci deroghe solo se previste espressamente dal legislatore; pertanto, con
riferimento al Fondo - gestito dall'Inps - di previdenza del personale di volo
dipendente da aziende di navigazione aerea, deve ritenersi l'applicabilità del
suddetto automatismo, posto che nè la legge n. 859 del 1965 istitutiva del
Fondo, nè le successive leggi di riforma della regolamentazione del Fondo
medesimo contengono alcuna espressa deroga al principio, che, al contrario,
viene richiamato da suddetta normativa, stante il rinvio formale dell'art. 52 l.
n. 859 cit. alla disciplina dell'assicurazione generale per i.v.s., che prevede la
regola dell'automatismo, nonché il richiamo alla stessa disciplina contenuto
nell'art. 5 d.lg. n. 164 del 1997, recante ulteriore riforma del regime
pensionistico degli iscritti al Fondo.”
Cui ha fatto seguito, in senso adesivo, Cassazione civile sez. lav. 20 aprile
2002, n. 5767, in Giust. civ. Mass. 2002, 692 la cui massima è riportata
nella nota n. 8. Con questa pronuncia la suprema corte si è allineata alla
giurisprudenza della Corte Cost. ed ha abbandonato quel precedente
orientamento di cui alla sentenza della Cassazione civile sez. lav., 27 agosto
1986, n. 5263 in Giust. civ. Mass. 1986, fasc.8 – 9 di cui si riporta la
massima: “il principio dell'automaticità della costituzione del rapporto
assicurativo e delle conseguenti prestazioni previdenziali pur in mancanza
del versamento dei relativi contributi, principio che trova applicazione anche
in tema di pensione d'invalidità, presuppone il duplice requisito sia
dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, che deve essere provato
dal lavoratore mediante elementi certi, sia del mancato decorso della
prescrizione decennale talché il pagamento tardivo di tali contributi possa
essere effettuato dal datore di lavoro volontariamente (ex art. 55 r.d.l. 4
ottobre 1935 n. 1827) oppure coattivamente su richiesta dell'INPS
(derivandone in mancanza la prestazione risarcitoria prevista dall'art. 2110
c.c. a carico del datore di lavoro). Il principio dell'automatismo delle
prestazioni di cui al comma 1 dell'art. 2116 c.c. non è operante senza
l'accertamento dei requisiti richiesti dalle disposizioni speciali cui fa
riferimento, mediante una clausola di riserva, la citata norma principale.
Dette disposizioni speciali (art. 40 e 41 l. 30 aprile 1969, n. 153 e art. 23 ter
d.l. 30 giugno 1972) non si limitano, infatti a stabilire che il requisito
contributivo deve intendersi per verificato anche quando i contributi non
siano stati versati dal datore di lavoro, ma subordinano l'automatismo delle
prestazioni, da parte dell'INPS, al duplice presupposto che esista il rapporto
56
di lavoro subordinato, quale fonte generatrice del rapporto assicurativo e che
i contributi non versati si riferiscano ad un periodo infradecennale, tali da
non essere estinti per prescrizione. Incombe all'assicurato l'onere di provare
la sussistenza di entrambi i presupposti.”
Da ricordare, per la ricostruzione dei diversi orientamenti
giurisprudenziali,la sentenza della Cassazione civile sez. lav. 19 agosto
2004, n. 16300 in Giust. civ. Mass. 2004, 7-8: “il principio generale
dell'automatismo delle prestazioni previdenziali (ai sensi dell'art. 2116 c.c.,
confermato, per l'assicurazione generale obbligatoria per invalidità,
vecchiaia e superstiti, dall'art. 27, comma 2, r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, nel
testo sostituito dall'art. 23 ter d.l. 30 giugno 1972 n. 267, convertito, con
modificazioni, dalla l. 11 agosto 1972 n. 485, e rafforzato dall'art. 3 d.lg. 27
gennaio 1992 n. 80, in forza del quale le prestazioni previdenziali spettano al
lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente
versati, deve essere interpretato, alla luce della sentenza della Corte cost. n.
374 del 1997, nel senso che esso trova applicazione, con riguardo ai vari
sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, come regola generale rispetto
alla quale possono esservi deroghe solo se espressamente previste dal
legislatore e non solo in relazione al raggiungimento del requisito minimo
necessario per il conseguimento del diritto alle prestazioni, ma anche ai fini
dell'incremento delle prestazioni già spettanti.”
In punto di applicabilità al fondo volo del principio di automaticità, la
circolare INPS n. 157 del 17 luglio 1998 (Articolo 5 del decreto legislativo
24 aprile 1997, n.164.Automaticità delle prestazioni): “con circolare n. 246
del 28 novembre 1997 sono state fornite istruzioni per l’applicazione delle
disposizioni dettate dal decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 164, contenente
norme di armonizzazione del regime pensionistico del Fondo volo con la
disciplina vigente nell’assicurazione generale obbligatoria. Al punto 16 di
tale circolare sono state illustrate le disposizioni dell’articolo 5 del decreto n.
164 riguardanti l’automaticità delle prestazioni di cui all’articolo 23-ter del
decreto legge 30 giugno 1972, n. 267, convertito, con modificazioni, dalla
legge 11 agosto 1972, n. 485.
A maggior chiarimento delle istruzioni impartite, si precisa che i contributi
dovuti e non versati al Fondo volo hanno piena efficacia agli effetti del
diritto e della misura delle prestazioni a carico del Fondo medesimo purché
non risultino prescritti alla data del 1 luglio 1997. L’accertamento dei
requisiti contributivi per il diritto alle prestazioni deve essere effettuato e la
relativa decorrenza stabilita come se i contributi omessi fossero stati
effettivamente versati nei singoli periodi di pertinenza e disponibili in quel
momento per la liquidazione del trattamento pensionistico a carico del
Fondo volo.
Per le domande di pensione presentate anteriormente al 1 luglio 1997 i
contributi omessi, ove determinanti per il diritto a pensione e semprechè non
siano prescritti a quest’ultima data, danno luogo alla liquidazione della
57
Trova applicazione, quindi, non già solo in quanto il sistema delle
leggi speciali vi si adegui, ma, come si esprime l’art. 2116 c.c., “salvo
diverse disposizioni delle leggi speciali”.
Il che significa che potrebbe ritenersi sussistente una deroga rispetto
ad esso solo in presenza di una esplicita disposizione in tal senso.
Detto principio costituisce infatti una fondamentale garanzia per il
lavoratore assicurato, intesa a non far ricadere su di lui il rischio di
eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli obblighi
contributivi, e rappresenta perciò un logico corollario della finalità di
protezione sociale inerente ai sistemi di assicurazione obbligatoria per
l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti. Garanzia, questa, ulteriormente
rafforzata dal legislatore, in attuazione di una direttiva comunitaria,
attraverso la sua estensione al caso di obblighi contributivi non
adempiuti e prescritti, gravanti su un datore di lavoro sottoposto a
procedure fallimentari o di amministrazione straordinaria 52.
pensione con le normali decorrenze non diversamente che per le domande
presentate successivamente al 1 luglio 1997.
Si ribadisce che qualora la decorrenza della pensione, il cui diritto sia
perfezionato in forza della norma in esame, venga a cadere in data anteriore
al 1 luglio 1997, devono essere corrisposti soltanto i ratei maturati a far
tempo da quest’ultima data.
Rimane confermato che ove a seguito di regolarizzazione o recupero di
contributi risulti perfezionato il diritto alla prestazione, si dovrà procedere
anche al pagamento, nella misura dovuta, dei ratei compresi tra la decorrenza
della pensione e il 1 luglio 1997.
52
Corte costituzionale 05 dicembre 1997, n. 374, in Giust. civ. 1998, I, 617,
Inpdap 1998, 1-2, 243, Riv. giur. lav. 1998, II, 390 (nota di: BOER): “non è
fondata - in riferimento all'art. 3 cost. - la q.l.c. degli art. 2 e 6, l. 7 febbraio
58
L’ immediata operatività dell’automaticità delle prestazioni e la sua
elezione a regola generale, sempre applicabile se non espressamente
derogata, sottende e consegue all’autonomia del rapporto contributivo
(intercorrente tra ente previdenziale e datore di lavoro) rispetto al
rapporto previdenziale (quello di tipo prestazionale tra l’ente e
l’assicurato) 53.
Il lavoratore ha un diritto costituzionalmente protetto alla posizione
contributiva, di cui l’ente previdenziale è tenuto a garantire l’integrità
facendosi carico del rischio dell’omissione contributiva da parte del
datore di lavoro54.
Le deroghe, a loro volta, si giustificano per il fatto che l’ordinamento,
ove le prevede, valuta che l’equilibrio finanziario delle gestioni
previdenziali
legittimi la riduzione del livello di protezione della
posizione previdenziale del lavoratore nei casi in cui si verifichi il
1979 n. 29, ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori a fini
previdenziali, nella parte in cui, disciplinando in due fattispecie diverse di
ricongiunzione di periodi assicurativi il versamento da parte della gestione di
provenienza a quella di destinazione dei contributi di propria pertinenza, non
consentono che l'Inps trasferisca anche i contributi non versati, ma dovuti nei
limiti della prescrizione decennale.”
53
Vedi, per tutti, M. Persiani, il sistema giuridico della previdenza sociale,
Cedam, Padova, 1960, p. 107 ss.; A. Barettoni Arleri, Il rapporto giuridico
previdenziale, In RIPS, 1959, p. 3 ss.; contra G. Cannella, Corso del diritto
della previdenza sociale, Giuffrè, Milano, 1970, p. 136 ss.; G. Alibrandi,
infortuni sul lavoro e malattie professionali ( a cura di F. Facello- P. Rossi),
Giuffrè, Milano, 2002, p. 181 ss.
54
Cassazione civile sez. lav. 20 aprile 2002, n. 5767, in Giust. civ. Mass.
2002, 692 la cui massima è alla nota n.7.
59
presupposto della prestazione senza che vi sia stata la copertura
contributiva e questa non sia più possibile ex post.
In questa evenienza l’ordinamento ritiene equo far ricadere sul
debitore
renitente
e
non
sull’ente
assicuratore
gli
effetti
pregiudizievoli derivanti dalla riparazione del danno mediante
l’imposizione dell’obbligo di risarcimento.
Pertanto l’ art. 2116 c.c., facendo letteralmente
disposizioni speciali,
salve le diverse
rende l’automatismo derogabile da singole
discipline che regolano la materia e rende possibile la previsione di
fattori riduttivi dell’area di efficacia del meccanismo non per
codificare un rapporto di corrispettività che non c’è ma per evitare il
riversamento a carico della fiscalità delle conseguenze negative del
mancato versamento nonché della prescrizione dei contributi.
Il principio di automaticità ha pertanto una portata generale e la sua
applicazione può essere limitata solo di fronte all’esigenza, parimenti
valutata dall’ordinamento, di garantire l’equilibrio finanziario del
sistema ossia la sua sostenibilità.
Questa è la ragione per la quale al suo carattere generale può in
determinati casi non corrispondere la sua generale operatività.
Il problema si pone essenzialmente in relazione ai contributi omessi di
cui non sia esigibile il versamento perché prescritti. Il rapporto di
alternatività tra automatismo e non automatismo si declina, infatti,
60
essenzialmente in relazione alla prescrizione (dei contributi) e le
ipotesi di totale affrancazione delle prestazioni previdenziali dal limite
della prescrizione nel nostro ordinamento sono riconducibili
essenzialmente al caso dell’assicurazione obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali ed al caso di insolvenza
da parte di datori di lavoro sottoposti a procedure concorsuali.
In conclusione, l’automatismo del rapporto assicurativo non sempre
implica il medesimo automatismo nel versante della prestazione,
come, riportandosi alla situazione esemplificativa di maggiore
importanza, nel regime per l’assicurazione in validità, vecchiaia e
superstiti nel quale la regola dell’automaticità vige sempre e
comunque nel momento costitutivo, quello genetico del rapporto, ma
non sempre trova uguale corrispondenza e speculare applicazione nel
momento funzionale, quello finale delle prestazioni: ciò avviene
proprio in relazione ai contributi per i quali non è più possibile il
versamento perché prescritti55.
55
In generale, sulla responsabilità per omissione contributiva, M. Persiani,
Diritto della Previdenza sociale, Cedam, Padova, 2000, pp.99 ss., F.
Marineli, Il risarcimento del danno da omissione contributiva nel dialogo tra
dottrina e giurisprudenza, in Atti del Convegno su tema “Il dialogo tra
dottrina e giurisprudenza nel diritto del lavoro”, in QRIMP Roma, 1998, pp.
349 ss; G. Galligani, il risarcimento del danno da omissione contributiva
nell’attuale ordinamento italiano, in LPO, 1992, pp.2113 ss. Più risalenti nel
tempo gli interventi di: G. Caniglia, L’azione di danno da mancata o
irregolare contribuzione nell’assicurazione di invalidità e vecchiaia, in RGL,
1962, I, p.139 ss; E.Traversa, Osservazioni sulla responsabilità del datore di
lavoro ex art. 2116 cod.civ., in DL, 1960, pp.431 ss.; G.Pera, La
61
2.3
IL PRINCIPIO DELL’AUTOMATICITA’
E LA SUA
RATIO: L’ ESIGENZA DI EFFETTIVITA’ DELLA TUTELA.
Il tenore letterale dell’art. 2116 c.c., escludendo la rilevanza ai fini
della prestazione dell’effettivo versamento dei contributi, evidenzia
con chiarezza la funzione del principio ossia garantire al prestatore di
lavoro il concreto godimento delle prestazioni anche quando i requisiti
legali richiesti non risultino di fatto realizzati. Una simile esigenza si
pone soltanto laddove vi è una scissione tra il beneficiario delle
prestazione e il soggetto obbligato al versamento dei contributi56 in
concomitanza, però, con la natura pubblica dell’interesse protetto.
Infatti, nelle assicurazioni private, la natura degli interessi coinvolti
porta ad attribuire una rilevanza predominante al mantenimento
dell’equilibrio contrattuale tra le parti anche in presenza di una
distinzione tra assicurante-contraente e assicurato beneficiario, come
nelle ipotesi di cui al 1891 c.c..
responsabilità del datore di lavoro per omesso versamento di contributi
previdenziali e l’art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, in RDL, 1962, I,
p. 304 ss.
Si spiega in tal modo l’esclusione dall’area di applicazione del principio
dei lavoratori autonomi in capo a cui coesistono le due situazioni soggettive
con conseguente impossibilità di distinguere tra responsabilità
dell’assicurante e diritto dell’assicurato. Sul punto si rinvia al secondo
paragrafo del I capitolo.
56
62
L’indipendenza, così sancita, tra obbligo contributivo del datore di
lavoro ed erogazione del beneficio previdenziale da parte dell’Ente
rivela invece la priorità che assume il bisogno del lavoratore57. Il
principio risponde quindi ad una esigenza di effettività, quella di
garantire la funzionalità dell’intervento previdenziale, in presenza di
una situazione di bisogno, legislativamente predeterminata. E questa
esigenza di effettività è la ratio ultima del principio di automaticità.
L’ intervento previdenziale è infatti diretto alla liberazione dei
lavoratori da situazioni di bisogno “socialmente rilevanti” cosicché il
momento satisfattivo di questo interesse coincide con il realizzarsi
della tutela che il principio considerato assicura ad ogni singolo
soggetto protetto.
E a ben vedere la ratio di effettività di tutela
dell’art. 2116 c.c. è anche la ratio implicita di tutto il sistema
previdenziale nell’ambito del quale il principio di automaticità è una
sorta di norma di chiusura58 applicabile in presenza di situazioni
patologiche (considerando come normale l’ipotesi del corretto
57
Per una ricostruzione della rilevanza e della evoluzione del concetto di
bisogno, F. Santoro Passarelli, Rischio e bisogno nella previdenza sociale, in
Riv. It. Prev. soc., 1948, 178, nonché M. Persiani, Diritto della Previdenza
sociale, Cedam, Padova, 2000, 30 e ss. secondo cui l’evoluzione del sistema
previdenziale comporterebbe il superamento del concetto di “rischio”, quale
cardine del sistema stesso, a favore di quello di bisogno inteso come bisogno
socialmente rilevante e soggettivamente accertato.
58
G. Canavesi, Contribuzione prescritta e automaticità delle prestazioni
nell’ordinamento italiano e nella dimensione comunitaria, 469.
63
versamento da parte del datore di lavoro) che si concretano
nell’ omissione dei versamenti contributivi.
2.4. L’ AUTOMATICITA’ E LA RELAZIONE TRA LE
PRESTAZIONI
E
I
CONTRIBUTI
PREVIDENZIALI.
ESISTENZA O MENO DI UNA SINALLAGMATICITA’.
Il principio di automaticità, di cui all’art. 2116 c.c., stabilendo che le
prestazioni previdenziali sono dovute al prestatore di lavoro anche
quando l’imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti,
conferma la mancanza di qualsiasi corrispettività, a differenza di
quanto avviene nell’assicurazione privata (art. 1901 c.c.), tra
contributi e prestazioni previdenziali. L'art. 40 l. 153/69
59
, però,
relativamente alle prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti,
escludendo l’applicazione del principio di automaticità nell’ipotesi in
cui i contributi omessi fossero prescritti,
emanazione, utilizzato per supportare
è stato, sin dalla sua
ricostruzioni teoriche del
“Il requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di
vecchiaia, invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i
contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti
della prescrizione decennale. Il rapporto di lavoro deve risultare da
documenti o prove certe.”
59
64
sistema previdenziale tese a sostenere l’esistenza di un perdurante
vincolo di sinallagmaticità tra contributi e prestazioni. Viceversa, i
sostenitori del principio della sicurezza sociale, lo hanno utilizzato
quale argomento di supporto per dimostrare il definitivo superamento
di ogni legame tra rapporto contributivo (intercorrente tra datore di
lavoro ed ente) e rapporto previdenziale (tra lavoratore ed ente).
A prescindere però dalle ricostruzioni teoriche, nei fatti, se il
condizionamento che la sfera giuridica del lavoratore subisce a seguito
della prescrizione dei contributi esclude che il rapporto contributivo e
quello previdenziale pensionistico si muovano in una prospettiva di
reciproca indifferenza non è più neppure possibile il richiamo alla
nozione di "sinallagmaticità", cui
tradizionali60
che
61
si
rifanno le
dottrine
risulta insufficiente a definire l'assetto degli
interessi tutelati dal sistema previdenziale.
E l'impossibilità della predetta schematica alternativa (sinallagmaticità
- non sinallagmaticità), e la necessità, quindi, di superarla,
deriva,
anzitutto, dallo stesso fondamento della previdenza sociale, comunque
60
De Fina, Prescrizione dei contributi per l'assicurazione obbligatoria
invalidità e vecchiaia e impossibilità di regolare la posizione assicurativa, FI,
1968, I, c. 1250. Per una simile impostazione v. anche Gueli V.,
Assicurazioni sociali (in generale), NDI, 1957, vol. I, 2, 1225.
61
Il sinallagma presuppone necessariamente due egoismi che trovano un
determinato equilibrio con l'assunzione di obbligazioni corrispettive. Così, in
senso critico, Persiani M., Persiani M, Diritto della Previdenza sociale,
Cedam, Padova, 2000, 50 e ss.
65
rintracciabile, al di là delle diverse ricostruzioni teoriche, nel principio
di solidarietà.
A livello strutturale, poi, il sistema a ripartizione e non a
capitalizzazione62 fa venir meno
non solo l’ interdipendenza tra
contributi e prestazioni ma, addirittura, la stessa coincidenza tra i
gruppi sociali che finanziano la tutela e coloro che ne fruiscono perché
con i contributi di coloro che lavorano si pagano le pensioni di coloro
che hanno lavorato.
Inoltre, all'apporto contributivo delle categorie interessate si
accompagna il costante
intervento dello Stato, e, quindi, della
solidarietà generale63. Per non dimenticare, poi, che esistono casi nei
quali manca qualsiasi legame tra contributi e prestazioni (ad esempio:
i contributi di solidarietà, quale quello ex art. 9-bis d.l. 103/91),
fattispecie di formazione di segmenti di anzianità previdenziale i cui
fatti costitutivi prescindono dalla stessa esistenza di una obbligazione
contributiva
(ipotesi di accrediti "gratuiti" di anzianità
previdenziali, corrispondenti a periodi di contribuzione figurativa o,
per varie ragioni, fiscalizzata) e acquisizioni dell'anzianità contributiva
62
In materia v. A Barettoni Arleri, La finanza della previdenza sociale, in
Diritto della sicurezza sociale, Giuffrè, 1979, 369; Vitucci, La riforma delle
pensioni: un'analisi economica, ne Il sistema pensionistico in evoluzione, a
cura di P. Curzio e G. Calamita, Cacucci, 1994, 14 e ss).
63
Sul finanziamento, Pessi R., Lezioni di diritto della previdenza sociale,
Cedam,Padova 2012, 399 e ss.
66
a seguito di prestazioni giuridicamente diverse dai contributi
obbligatori (contribuzioni volontarie e da riscatto, ricongiunzioni).
Ed il distacco tra contribuzione e prestazioni permane anche nel
sistema di calcolo delle pensioni introdotto dall'art. 1, sesto comma e
ss., l. 335/95 rimanendo le suddette possibilità di acquisire
determinate
anzianità
previdenziali
anche
prescindendo
dalla
contribuzione. E, soprattutto, il quantum delle prestazioni non è
commisurato ai contributi versati64.
Non ancora attuale è, pertanto, l' affermazione secondo cui la pensione
a seguito della legge 335/1995 è calcolata sul capitale accumulato dal
lavoratore attraverso i versamenti contributivi operati nell'arco della
vita lavorativa65.
64
Il "montante individuale dei contributi" (art. 1, sesto comma) viene sempre
determinato sulla base della retribuzione imponibile, ex art. 12 l. 153/69
(ottavo comma) alla quale si applica, a tal fine, un'aliquota di computo
specifica (decimo comma). Inoltre, all'ammontare così determinato (e
rivalutato ai sensi del nono comma), si applica un coefficiente di
trasformazione che varia in ragione dell'età (undicesimo comma) e, talora,
anche dell'attività svolta (trentasettesimo comma), e che comunque sarà
periodicamente ricalcolato in funzione di un'ulteriore variabile indipendente
(che non compare nel computo della pensione c.d. retributiva) costituita dal
PIL di lungo periodo, che nulla ha a che fare con la contribuzione. Anche la
rivalutazione del montante dipende da un simile indicatore macroeconomico
(PIL nominale: v. art. 1, nono comma).
65
Per una approfondita disamina di rapporto previdenziale e pensione
contributiva, R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,
Padova 2012, 693.
67
Infatti, anche con il nuovo sistema, permane la gestione a
ripartizione66, e quindi i contributi pagati dai singoli (o dai loro datori
di lavoro) non finanzieranno mai le rispettive future prestazioni.
E se si guarda al futuro con realismo, si deve concludere che il legame
tra contributi e prestazioni, non solo non è definibile in termini di
sinallagmaticità, ma, allo stato attuale, non è definibile affatto perché
la tenuta di qualsiasi disciplina pensionistica nel lungo periodo si basa,
infatti, soprattutto in un sistema di gestione a ripartizione,
sull'attendibilità delle previsioni in ordine al rapporto tra lavoratori
occupati (e quindi monte contribuzioni) e pensionati (e quindi monte
prestazioni).
Tale rapporto dipende sia dagli andamenti demografici, sia da quelli
economici e del mercato del lavoro, cosicché le previsioni sono in
realtà mere ipotesi la cui attendibilità è inversamente proporzionale
alla lunghezza del periodo considerato.
Allo stato delle cose, pertanto, la riforma operata dalla legge 335/95
non è ancora l’auspicabile rilancio dello schema sinallagmatico
prestazioni-contributi67.
66
M. Cinelli, Diritto della previdenza sociale, cit., 48.
67
Per una approfondita disamina del finanziamento, R. Pessi, Lezioni di
diritto della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, 399 ss.
68
Allo stato dei fatti dobbiamo forse ancora parlare di "corrispettività
previdenziale"68, in quanto il legislatore subordina l'accesso alle
prestazioni pensionistiche non al solo stato di bisogno del soggetto,
ma anche ad un giudizio di "meritevolezza" basato sulla pregressa
contribuzione69.
Ciononostante l'intero sistema previdenziale è strutturato in evidente
attuazione del principio di solidarietà.
Anche l'art. 40 l. 153/69, infatti, pur confermando l'esistenza di un
condizionamento del rapporto previdenziale da parte di quello
contributivo, non si pone nella prospettiva del concreto adempimento
della
controprestazione70,
essendo
sufficiente
che
per
l'ente
previdenziale residui una mera possibilità giuridica di riscuotere i
contributi, indipendentemente dall’ esito.
Per ciò che attiene all'art. 13 l. 1338/62, l'accreditamento dell'anzianità
assicurativa avviene certamente a titolo oneroso, ma a seguito di una
68
C.A.Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e
tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996,
p.307.
69
R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012,
662: “quella previdenziale è una fattispecie complessa a formazione
progressiva; il diritto alla prestazione, infatti, sorge non soltanto al momento
del raggiungimento della vecchiaia (presuntivamente identificata con l’età
pensionabile) ma anche in relazione a specifici requisiti di anzianità
assicurativa e contributiva, costruiti dal soggetto beneficiario nel tempo…”
70
In mancanza della quale, nei rapporti sinallagmatici, il contraente in bonis
può, ad esempio, "bloccare" l'esecuzione dei propri obblighi (artt. 1460,
1461 c.c.).
69
prestazione che (pur sortendo effetti equivalenti) ha natura giuridica
diversa dall'obbligazione contributiva in senso tecnico.
Quanto al meccanismo dell'art. 3 d.lgs. 80/92, invece, lo stesso non
grava neppure sul fondo pensionistico, giacché gli oneri sono sostenuti
dal Fondo di garanzia del t.f.r.71 a sua volta alimentato da una
specifica contribuzione (art. 4 d.lgs. 80/92).
L'esempio, però, non è isolato: l'art. 8 d.l. 30 dicembre 1987, n. 536
conv. l. 29 febbraio 1988, n. 48 prevedeva la possibilità che i
lavoratori, i quali, nelle more dell'operazione che aveva portato al
passaggio dal sistema di pagamento dei contributi a mezzo marche a
quello effettuato mediante le denunce mensili, avessero subito
evasioni
contributive,
chiedessero
il
riconoscimento
delle
corrispondenti anzianità previdenziali, anche dopo la prescrizione dei
contributi; con la conseguenza che l'onere finanziario dell'operazione
era, in quel caso, totalmente a carico della solidarietà interna allo
stesso fondo pensionistico 72.
71
G. Canavesi, op. cit., 487.
Per una approfondito esame del finanziamento, R. Pessi, Lezioni di diritto
della previdenza sociale, Cedam, Padova 2012, 696 ss
72
70
CAPITOLO III
GLI EFFETTI DELL’AUTOMATICITA’ ED IL
LIMITE DELLA PRESCIZIONE DEI CONTRIBUTI
PREVIDENZIALI
3.1
RILEVANZA DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’
DELLE PRESTAZIONI SIA AI FINI DEL DIRITTO SIA AI
FINI DELLA MISURA.
L’art. 23 ter della legge 485/72, stabilendo che “ i periodi non coperti
da contribuzione” sono considerati utili ai fini della determinazione
della misura delle pensioni, indusse a modificare l’ orientamento
giurisprudenziale preesistente secondo il quale l’automatismo delle
prestazioni trovava applicazione solo ai fini del diritto ( ossia del
raggiungimento del requisito minimo di contribuzione necessario per
il conseguimento del diritto alle prestazioni stesse) e non anche ai fini
dell’incremento delle prestazioni già spettanti.
L’anzianità contributiva non costituisce infatti una situazione statica,
esauribile in un dato momento di tempo ma, al contrario, dinamica,
che si sviluppa per sua natura in un arco temporale il cui valore oscilla
in relazione alla durata del rapporto di lavoro.
71
In altri termini l’anzianità contributiva rappresenterebbe una ipotesi di
fattispecie a formazione progressiva e, di conseguenza, la formula
“requisito di contribuzione stabilito per il diritto alla prestazione” di
cui al’art. 40 L. 153/1969, dovrebbe essere intesa nel senso di dare
rilevanza a tutta la contribuzione dovuta ma non versata nel corso del
rapporto di lavoro.
In tal senso ha operato l’Istituto della Previdenza Sociale Nazionale
che ha ritenuto73 che “ i contributi per i quali è operante il principio
dell’automatismo introdotto dall’art. 23 ter devono essere computati
agli effetti del diritto e della misura, come se fossero stati
tempestivamente versati”.
Lo stesso legislatore, del resto, all’art 8 della Legge 29 febbraio 1988,
n. 48 di conversione del D.L. 30 dicembre 1987 n. 536, relativo
all’applicazione del principio dell’automatismo delle prestazioni per le
omissioni contributive verificatesi nel periodo compreso tra la data di
entrata in vigore, nelle singole province, del sistema di versamento di
cui al Decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale del
5 febbraio 1969 e la data del 31 dicembre 1977, ha previsto che “ ai
fini della maturazione del diritto e della misura delle prestazioni di
vecchiaia, invalidità e per i superstiti, le disposizioni dell’art. 23 ter,
73
Circolare INPS, 4 agosto 1973, n. 53501, in Atti Ufficiali, 1973, p. 2225.
72
legge 11 agosto 1972, n. 485 si applicano all’attività di lavoro svolta
nel periodo indicato, ancorché sia intervenuta la prescrizione dei
relativi contributi”.
Simile formulazione, distinguendo tra maturazione del diritto e misura
delle prestazioni, è ulteriore supporto alle argomentazioni volte a non
lasciare spazio alle precedenti interpretazioni giurisprudenziali
riduttive 74.
74
Cassazione civile sez. lav.04 aprile 1989, n. 1634, in Giust. civ. Mass.
1989, fasc.4: “con riguardo alle prestazioni previdenziali erogate ai sensi
della l. 6 dicembre 1971 n. 1084 dal fondo integrativo della assicurazione
generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti a favore del
personale dipendente dalle aziende private del gas, il principio
dell'automatismo delle prestazioni - che l'art. 2116 c.c. pone come regola
generale, prevedendo la possibilità di una diversa disciplina da parte delle
leggi speciali - opera solo ai fini del raggiungimento del requisito minimo di
contribuzione, necessario per il conseguimento del diritto alle prestazioni
stesse (e cioè negli stessi limiti in cui tale principio opera ai fini delle
prestazioni i.v.s., ai sensi dell'art. 27 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, come
modificato per effetto dell'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 e dell'art. 23ter del d.l. 30 giugno 1972 n. 267), e non anche ai fini dell'incremento delle
prestazioni già spettanti, atteso che la citata legge n. 1084 del 1971 richiama
(all'art. 3 e, soprattutto, all'art. 38) le norme sull'assicurazione generale
obbligatoria e commisura l'importo della pensione mensile (art. 17) e
dell'indennità aggiuntiva (art. 26) non alla retribuzione dovuta ma a quella
percepita dall'iscritto, per la quale sia stata versata la relativa contribuzione.”
Cassazione civile sez. lav. 26 marzo 1984, n. 1966, in Giust. civ. Mass.
1984, fasc. 3-4., Giust. civ. 1984, I,1753: “in tema di pensione I.N.P.SI.V.S. spettante al lavoratore dipendente, la regola della cosiddetta "
automaticità delle prestazioni " posta dall'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n.
153 (come sostituito dall'art. 23-ter della l. 11 agosto 1972 n. 485) deve
intendersi nel senso che solo i "periodi non coperti da contribuzione"
utilizzati ai fini del raggiungimento del requisito del minimo contributivo
vanno altresì considerati nel computo dell'anzianità contributiva, con la
conseguenza che in ogni altro caso di omissione totale o parziale di
contribuzione la riliquidazione della pensione va effettuata a norma dell'art.
5, ult.comma, del d.P.R. 27 aprile 1968 n. 488, e cioè dopo che l'omissione
contributiva è stata sanata.”
73
3.2 LIMITI DELL’AUTOMATICITA’ PER LA TUTELA
DELL’INVALIDITA’,
VECCHIAIA
E
SUPERSTITI:
L’INTERVENUTA PRESCRIZIONE DEI CONTRIBUTI.
Il principio di automaticità presenta invece importanti limiti
riguardanti essenzialmente la tutela per invalidità, vecchiaia e
superstiti75.
L'art. 40 l. 153/69 (modificato dall'art. 23-ter d.l. 30 giugno 1972, n.
267 conv. l. 11 agosto 1972, n. 485)76, ha previsto infatti che "il
requisito di contribuzione stabilito per il diritto alle prestazioni di
vecchiaia, invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i
contributi non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei
limiti della prescrizione decennale"77.
La norma, dettata per il regime generale INPS, si applica anche ad
altre gestioni, grazie ai rinvii compiuti dalle rispettive discipline.
75
Nel regime dell’assicurazione infortuni il diritto alla prestazione
previdenziale non trova limiti in deroga al principio dell’automatismo, sia
perché il rapporto giuridico previdenziale si costituisce ex lege al ricorrere
delle condizioni oggettive e soggettive di cui all’art. 1 DPR 30 giugno 1965,
n. 1124, sia perché gli assicurati hanno titolo alle prestazioni anche nel caso
in cui il datore di lavoro non ha adempiuto agli obblighi contributivi.
76
Una disposizione simile a quella dell'art. 40 l. 153/69 è prevista dall'art. 15
l. 29 ottobre 1971, n. 889, per il fondo di previdenza degli addetti ai servizi
di trasporto.
77
Su tale norma v., oltre alle opere citate alle note precedenti, Grossetti,
L'art. 40 della l. 30 aprile 1969 e l'automaticità delle prestazioni
previdenziali, Riv. it. dir. soc., 1970, 10.
74
Tuttavia, come analizzato nel II Capitolo al paragrafo 2 cui si rinvia,
nelle ipotesi in cui tali richiami manchino, è superato l’orientamento
giurisprudenziale che escludeva l'applicazione sia dell'art. 40 l.
153/69, sia dell'art. 2116 c.c., con conseguente negazione di ogni
automaticità
78
,
affermando che, in materia pensionistica, "il
78
Cfr., per il Fondo telefonici, Cassazione civile sez. lav., 18 ottobre 1982,
n. 5377, in Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 9: “per gli iscritti al fondo speciale
di previdenza degli addetti ai pubblici servizi di telefonia, ove la
contribuzione assicurativa sia stata effettuata su una retribuzione inferiore a
quella corrisposta, il tardivo versamento dei contributi non prescritti non è
idoneo a conferire il diritto alla maggiorazione della pensione. Infatti, per i
detti dipendenti l'art. 20, comma 1, della l. 4 dicembre 1956 n. 1450 collega
la misura della pensione non soltanto all'entità della retribuzione ma anche
all'effettivo versamento dei relativi contributi, mentre il comma aggiunto
all'art. 27 del r.d.l. 30 aprile 1939 n. 636 dall'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n.
153 concerne ipotesi di automatismo finalizzato unicamente al
raggiungimento del diritto alle prestazioni e, infine, l'art. 23 ter del d.l. 30
giugno 1972 n. 267, che (nel testo risultante dalla legge di conversione 11
agosto 1972 n. 485) ha sostituito l'art. 40 della citata legge n. 153 del 1969,
non può ritenersi applicabile agli iscritti al fondo speciale predetto - che è
regolato da propria ed autonoma disciplina - in base al generico rinvio alle
disposizioni della assicurazione generale obbligatoria contenuta nel comma
1 dell'art. 37 della citata legge n. 1450 del 1956. L'automatismo delle
prestazioni di pensione disciplinato nell'assicurazione generale obbligatoria
all'art. 23-ter della legge n. 485 del 1972 non opera nel fondo di previdenza
per gli addetti ai pubblici servizi di telefonia in concessione, perché il
generico rinvio alla disciplina generale contenuto all'art. 37 della legge n.
1450 del 1956 non consente la recezione di istituti contrastanti con quelli
presenti nel fondo speciale, ed in particolare non consente di considerare
presente la contribuzione non versata, in deroga all'art. 17 che espressamente
esige la copertura contributiva per il periodo di iscrizione. La tardiva
regolarizzazione contributiva del periodo non prescritto comportando, in
assenza di automatismo delle prestazioni, la riliquidazione della pensione a
partire dalla effettiva regolarizzazione, fa sorgere a carico del datore di
lavoro una responsabilità per l'inadempimento e legittima la condanna del
medesimo al risarcimento del danno commisurato alle differenze di pensione
non percepite anteriormente alla effettiva regolarizzazione.”
Per il Fondo volo: Cassazione civile sez. lav. 14 gennaio 1989, n. 149, in
Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989, 668: “il datore di
lavoro non è litisconsorte necessario nelle controversie, fra il lavoratore e
75
principio di automatismo delle prestazioni previdenziali enunciato in
via generale dall'art. 2116 c.c.. trova applicazione79 solo quando il
sistema delle leggi speciali vi si adegui, disponendo espressamente in
proposito
e
provvedendo
in
ordine
alla
relativa
provvista
finanziaria" 80.
l'ente previdenziale, aventi ad oggetto l'erogazione delle prestazioni
assicurative, poiché, pur essendo il rapporto di lavoro e quello previdenziale
connessi, rimangono, comunque, rapporti diversi ed in siffatte controversie
l'accertamento con forza di giudicato è chiesto solo con riferimento al
rapporto previdenziale per le obbligazioni che ne derivano. Tale principio è
operante anche nell'ipotesi di controversie concernenti l'iscrizione nei fondi
speciali di previdenza (nella specie, quello del personale di volo), in ordine
ai quali non vige l'automatismo delle prestazioni.”
E Cassazione civile sez. lav.16 dicembre 1986, n. 7590, in Giust. civ. Mass.
1986, Fasc. 12:”il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali,
previsto in via generale dall'art. 2116 comma 1, c.c., opera soltanto in
relazione alle pensioni ordinarie facenti capo all'assicurazione generale
obbligatoria, ma non si applica ai fondi di previdenza speciali regolati da
diversa ed autonoma disciplina. (Principio affermato con riferimento al
fondo di previdenza per il personale di volo gestito dall' I.N.P.S.).
Per il Fondo dipendenti esattorie e ricevitorie delle imposte dirette,
Cassazione civile sez. lav.07 aprile 1992 n. 4236 in Giust. civ. Mass. 1992.
La massima è riportata nella nota 47.
Per il Fondo per il personale addetto alle imposte di consumo, Cassazione
civile sez. un. 01 marzo 1988, n. 2161, in Giust. civ. Mass. 1988, fasc.3. La
massima è riportata nella nota 47.
Per il Fondo per i dipendenti del gas, Cass. 13 febbraio 1978, n. 685, GC,
1978, I, 882 (una parziale applicabilità è stata, invece, ammessa da Cass. 4
aprile 1989, n. 1634, MGC).
79
Cass. civile sez. lav. 07 aprile 1992, n. 4236, in Giust. civ. Mass. 1992,
fasc. 4, Informazione previd. 1992, 787. La massima è riportata nella nota.
Il rapporto tra il principio dell’automaticità posto dall’art. 2116 c.c. e la
normativa derogatoria è stato ampiamente ricostruito dalla giurisprudenza
come un rapporto di specialità, nel senso che il sistema è retto da tale regola
generale, in forza del quale le prestazioni previdenziali spettano al lavoratore
anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, non
80
76
Nei regimi i.v.s., pertanto, il legislatore non separa del tutto le
prestazioni dagli obblighi contributivi, giacché il lavoratore, al
momento della presentazione della domanda di pensione, beneficia
della c.d. automaticità solo se l'ente mantiene una possibilità giuridica
richiedendosi una espressa norma che lo richiami, ma essendo semmai
necessaria una disposizione esplicita perché sia possibile ad esso derogare.
Così è dato leggere nella sentenza della Corte Costituzionale n. 374 del 5
dicembre 1997, secondo cui “nel rapporto previdenziale assicurativo fra
lavoratore (e datore di lavoro) da un lato ed ente previdenziale dall’altro vige
il principio generale cosiddetto dell’automaticità delle prestazioni…”.
Sulla scorta della pronuncia della Corte Costituzionale la giurisprudenza
ordinaria si è orientata nel senso per cui il principio di automatismo delle
prestazioni previdenziali, di cui all’art. 2116 c.c., trovi applicazione, con
riguardo ai vari sistemi di previdenza e assistenza obbligatori, come regola
generale rispetto alla quale possono esserci deroghe solo se previste
espressamente dal
legislatore (Cass. civile sez. lav., 2 febbraio
2001 n. 1460, in F.I. 2001, I, p.1165; in RIDL 2001, II, p. 828, la cui
massima è riportata nella nota 47 cui ha fatto seguito, in senso adesivo, Cass.
civile sez. lav., 20 aprile 2002, n. 5767, la cui massima è riportata nella nota
n. 8; con questa pronuncia la suprema corte si è allineata alla giurisprudenza
della Corte Cost. ed ha abbandonato quel precedente orientamento secondo il
quale “il principio dell’automatismo delle prestazioni di cui al primo comma
dell’art. 2116 c.c. non è operante senza l’accertamento dei requisiti richiesti
dalle disposizioni speciali cui fa riferimento, mediante una clausola di
riserva, la citata norma principale…” (si segnala anche Cass. civile sez. lav.
27 agosto 1986, n. 5363, in MGC, fasc.7-8. Da ricordare anche la sentenza
della Cass. civile sez. lav. civile sez. lav. 19 agosto 2004, n. 16300 in Giust.
civ. Mass. 2004, 7-8 la cui massima è riportata alla nota 49).
Tale assunto trova avallo nelle incidentali considerazioni della citata
giurisprudenza costituzionale, secondo cui nel rapporto previdenzialeassicurativo il principio generale espresso dall’art. 2116 c.c. ed
espressamente ribadito, con riguardo all’assicurazione generale obbligatoria
per l’invalidità, vecchiaia e superstiti, dal’art. 27, 2° comma del RDL 14
aprile 1939 n. 636 è quello secondo cui le prestazioni spettano al lavoratore
anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati. Tale
principio di automaticità delle prestazioni, con riguardo ai sistemi di
previdenza e assistenza obbligatorie, trova applicazione non già solo in
quanto il sistema delle leggi speciali vi si adegui, ma, come si esprime l’art.
2116 c.c., “salvo diverse disposizioni delle leggi speciali”: il che significa
che potrebbe ritenersi sussistente una deroga rispetto ad esso solo in
presenza di una esplicita disposizione in tal senso.
77
di riscuotere la corrispondente contribuzione in quanto non ancora
prescritta.
Con l’ impedimento dell’accesso all’automaticità delle prestazioni per
le contribuzioni estinte per intervenuta prescrizione, il lavoratore è
così suo malgrado direttamente coinvolto nell’azione di contrasto
all’evasione contribuiva, perché, per non perdere i propri diritti
previdenziali, è indotto a tutelare la propria posizione assicurativa81.
Il
legislatore
ha
quindi
voluto
riconoscere
il
beneficio
dell’automatismo nei limiti in cui sia ancora astrattamente possibile
all’Ente assicuratore procedere al recupero contributivo, con
possibilità, perlomeno teoriche, di successo. In questo caso,
naturalmente, la garanzia per il dipendente resta, comunque,
confermata anche se il recupero, di fatto, non avviene.
81
Questa tutela può essere innanzitutto realizzata mediante azione
giudiziaria svolta dal lavoratore direttamente nei confronti del proprio datore
di lavoro, per ottenere la condanna dello stesso alla regolarizzazione della
posizione assicurativa. Sul punto si rinvia al primo paragrafo del Capitolo I.
78
3.3 L’ AUTOMATICITA’ DELLE PRESTAZIONI E LA
RIDUZIONE DEL TERMINE PRESCRIZIONALE OPERATA
DALLA LEGGE N. 335 DEL 1995.
L'art. 40 l. 153/69 (modificato dall'art. 23-ter d.l. 30 giugno 1972, n.
267 conv. l. 11 agosto 1972, n. 485), ha previsto che "il requisito di
contribuzione stabilito per i diritto alle prestazioni di vecchiaia,
invalidità e superstiti, si intende verificato anche quando i contributi
non siano effettivamente versati, ma risultino dovuti nei limiti della
prescrizione decennale".
La riduzione del termine prescrizionale da 10 a 5 anni prevista dall'art.
3, nono e decimo comma, l. 335/95 non poteva non incidere anche sul
periodo di operatività dello stesso art. 40, stante la volontà del
legislatore di riconoscere il beneficio solo "nel limite ... entro il quale
è ancora possibile, da parte dell'istituto assicuratore procedere al
recupero dei contributi omessi"82.
L'art. 40 l. 153/69, sul punto, appare operare un semplice rinvio
formale alla disciplina della prescrizione dei contributi83 risentendo
82
C. A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e
tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996,
p.334 e ss.
La tesi diversa è difficilmente sostenibile, al di là dell’appiglio
terminologico, per la palese incongruità che introdurrebbe nel sistema
83
79
delle modifiche alla medesima salvo voler sostenere, con una
interpretazione strettamente aderente alla lettera, che la legge
335/1995 non abbia considerato il termine previsto dall’art. 40
predetto. La prima tesi, prevalente in giurisprudenza, evita palesi
incongruenze perché altrimenti ci si troverebbe in presenza di due
termini prescrizionali. Il primo , che rileva nel rapporto INPS-datore
di lavoro e che è, di regola quinquennale, il secondo che rileverebbe
solo ai fini del principio di automaticità delle prestazioni e quindi al di
là della possibilità, anche astratta di recupero dei contributi, che
sarebbe ancora sempre decennale.
Pertanto le modifiche alla disciplina della prescrizione dei contributi
non possono non incidere sull’art. 40 della l. 153/1969.
E mentre la sospensione disposta dall'art. 2, diciannovesimo comma,
d.l. 463/83 (che aveva disposto la sospensione triennale dl termine di
prescrizione) aveva portato un corrispondente allungamento del lasso
di
tempo
a
disposizione
del
dipendente
per
ottenere
una
regolarizzazione tardiva o l'applicazione dell'art. 40 l. 153/69 con l'art.
3 l. 335/95 l'effetto è stato, invece, esattamente opposto: quel lasso di
tempo è divenuto di 5 soli anni salvi i casi di cui infra (nel IV capitolo
dedicato alla prescrizione).
La prescrizione dell’obbligo contributivo è un evento fortemente
pregiudizievole per il soggetto protetto e, quindi, la riduzione del
80
termine
prescrizionale
è sicuramente una riduzione di tutela.
Il lavoratore, infatti, una volta
automatico
riconoscimento
impossibilitato ad ottenere un
dell'anzianità
previdenziale,
ha
a
disposizione dei rimedi sussidiari sicuramente dotati di minore
effettività. In tal caso, infatti, il lavoratore, come è noto, può agire
direttamente contro il datore di lavoro, per chiedere il risarcimento
dei danni in forma generica, ex art. 2116, secondo comma, c.c.
(nonostante la lettera dell'art. 2116 c.c. richieda, ai fini del
risarcimento, che il lavoratore abbia perduto, in tutto o in parte, il
trattamento previdenziale, a seguito dell'evasione contributiva,
dottrina e giurisprudenza ammettono da tempo la possibilità per il
soggetto di agire, sia per l'accertamento dell'illecito, sia per la
condanna del datore, sin da quando si è perfezionata la prescrizione
dei contributi, senza dover attendere di aver raggiunto l'età
pensionabile84), oppure in forma specifica, al fine di ottenere la
ricostituzione della posizione assicurativa, da effettuarsi, ai sensi
dell'art. 13 l. 12 agosto 1962, n. 1338 con il versamento di una riserva
84
In tal senso v. già Cass. 18 novembre 1965, n. 2392, e 6 aprile 1966, n.
912, con nota di G. Palermo, Interesse dell'assicurato e valore della
posizione assicurativa, MGL, 1966, 338. Per un'ampia rassegna della
dottrina e della giurisprudenza in materia v. Vianello, Omissione
contributiva e tutela del prestatore di lavoro, cit. Sulla prescrizione delle
azioni per il risarcimento del danno da omissione contributiva v. A. Maresca,
La prescrizione dei crediti di lavoro, Giuffrè, 1983, 343 e ss.; Tucci,
Prescrizione del diritto al risarcimento per omissione contributiva e
accertamento del rapporto di lavoro tra disciplina codicistica e legislazione
speciale, RGL, 1980, III, 249.
81
matematica corrispondente alla pensione (o quota di pensione) persa
in seguito all'omissione contributiva85.
In entrambe le ipotesi, però, il danneggiato deve assumersi non solo
l'onere di procedure amministrative e giudiziarie spesso lunghe e
gravose, ma, soprattutto, il rischio dell'insolvenza del datore di lavoro.
3.4 OPERATIVITA’ DEL PRINCIPIO DI AUTOMATICITA’
NEI CASI DI PROCEDURE CONCURSUALI DEL DATORE
DI
LAVORO.
IL
D.
Lgs
80/92:
IRRILEVANZA
DELL’ INTERVENUTA PRESCRIZIONE.
L'art. 3 d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80 ha stabilito che, qualora l'azione
contro il datore di lavoro sia risultata infruttuosa, dopo l'apertura della
procedura concorsuale a carico dello stesso, il lavoratore ha il diritto
di "richiedere al competente istituto di previdenza e assistenza
obbligatoria che ai fini del diritto e della misura della prestazione
vengano considerati come versati i contributi omessi e prescritti"
86
.
85
Su tale norma v. ancora Vianello, Omissione contributiva e tutela del
prestatore di lavoro, cit., 254 e ss.; Tucci, Prescrizione del diritto al
risarcimento per omissione contributiva, cit.; G.Pera, La responsabilità del
datore di lavoro per omesso irregolare versamento dei contributi
previdenziali e l'art. 13 della l. 19 agosto 1962, n. 1338, RDL, 1962, I, 304.
86
V. amplius M. Cinelli, Rapporto giuridico previdenziale, cit.; G. Canavesi,
Contribuzione prescritta e automaticità delle prestazioni, cit., spec. 484 e ss.
82
L'ambito di efficacia della norma, contrariamente alle previsioni della
direttiva 80/897 CEE (C. Giust. CE 2 febbraio 1989, causa 22/87, DL,
1989, II, 156) e della stessa legge di delega di cui all'art. 48, lett. d), l.
29 dicembre 1990, n. 428 (legge comunitaria del 1990), è limitato ai
soli lavoratori dipendenti da imprenditori soggetti a procedure
concorsuali.
Quanto ai contenuti, invece, il d.lgs. 80/92 può considerarsi come un
notevole
passo
avanti
nella
tutela
contro
l'inadempimento
contributivo, sul cui concreto funzionamento, peraltro, come visto nel
precedente paragrafo, influisce non poco la riduzione del termine
prescrizionale da 10 a 5 anni di cui alla legge n. 335 del 1995.
Il decreto, infatti, nel ribadire il collegamento tra prescrizione dei
contributi ed automaticità delle prestazioni, è applicabile alle sole
ipotesi di "obblighi contributivi inerenti periodi successivi alla data di
entrata in vigore del presente decreto legislativo".
La norma che è del 1992 e che quindi, operando per i contributi
successivi al 1992, avrebbe dovuto funzionare, in base alla disciplina
(anteriore alla riforma del 1995) che prevedeva dieci anni quale
termine prescrizionale dei contributi, per le domande di pensione
proposte dall'anno 2002 in poi, ha visto
quindi anticipata di un
quinquennio la sua effettiva operatività. Infatti la legge 335 del 1995
ha ridotto ad un quinquennio il termine di prescrizione dei contributi
83
e, conseguentemente, la copertura offerta dal d.lgs 80/92 è stata di
fatto e di diritto anticipata negli effetti ed ampliata quanto al periodo
coperto.
CAPITOLO IV
LA DISCIPLINA DELLA PRESCRIZIONE DEI
CREDITI PREVIDENZIALI
4.1
LA
PRESCRIZIONE
PREVIDENZIALI.
DEL
PECULIARITA’
CONTRIBUTI
RISPETTO
ALL’ISTITUTO CIVILISTICO DELLA PRESCRIZIONE.
Peculiare è la disciplina della prescrizione dei crediti contributivi,
dettata dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3 che al comma 9
87
,
prima di disciplinarne i termini, prevede come le contribuzioni di
previdenza e di assistenza sociale obbligatoria non possano essere
versate una volta prescritte.
87
Sulla prescrizione dei contributi previdenziali cfr. G. Riganò, La
prescrizione in materia previdenziale, in R. Pessi (a cura di), La riforma del
sistema previdenziale, Cedam, Padova 1995, p. 315; L. Montuschi, Sulla
prescrizione dei contributi previdenziali, in Adl, 1996, n. 3, p. 43; P. Boer,
Ridotti a 5 anni i termini di prescrizione dei contributi alle gestioni
pensionistiche, in Tut. Lav., 1995, p. 357.
84
Questo principio, il cui antecedente storico è rinvenibile nel disposto
dell’art. 55, comma 2°, del r.d.l. n. 1827 del 4 ottobre 1935 (“non è
ammessa la possibilità di effettuare versamenti, a regolarizzazione di
contributi arretrati, dopo che, rispetto ai contributi stessi, sia
intervenuta la prescrizione”), vale a distinguere nettamente la
prescrizione dei crediti contributivi dalla generale impostazione
civilistica dell’istituto per la quale l’adempimento di un credito
prescritto costituisce adempimento di una obbligazione naturale - e
quindi irripetibile ex art. 2940 cod. civ. – e la prescrizione è
rinunciabile (art. 2937 cod. civ.) esplicitamente o per factum
concludens.
Nell’ambito previdenziale, invece, il pagamento di contributi prescritti
è indebito (e quindi ripetibile nei limiti di tempo della prescrizione
dell’indebito) e la prescrizione non è rinunziabile neppure da chi ne è
beneficiario. In tal senso si pone anche l’Inps con la circolare n. 262
del 1995 (“l'istituto, quindi, non può accettare il versamento di tale
contribuzione prescritta ma anzi, qualora questo venga comunque
effettuato, deve provvedere d'ufficio al suo rimborso”)88.
Inoltre, a differenza dal regime civilistico, i lavoratori o i loro eredi
attraverso la denuncia (di cui infra) di mancati versamenti contributivi
88
Per il testo completo della circolare si rinvia alla nota n. 140.
85
sembrano poter incidere sulla durata del termine prescrizionale89, in
deroga alla disciplina generale che prevede il divieto, per le parti, di
disporre della prescrizione90.
89
P. Parisella, Termini di prescrizione dei contributi previdenziali: appunti a
margine di una recente pronuncia della Cassazione, in Mass. giur. lav., 2003,
4, p. 267; C.A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle
prestazioni e tutela dell'anzianità previdenziale dopo la legge n. 335 del
1995, in Riv .it. dir. lav. 1996, 3, p. 295; A. Rondo, La facoltà di denuncia
del lavoratore e dei suoi superstiti nel quadro della (nuova) disciplina sulla
prescrizione dei contributi previdenziali, in Lav giur., 2001, 8, p. 727; P.
Capurso, Prescrizione dei contributi previdenziali e denuncia del lavoratore,
in Inf. prev., 2001, p. 960
90
C.A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle prestazioni e
tutela del’anzianità previdenziale dopo la legge 335 del 1995 in RIDL, 1996,
312; Cassazione civile sez. lav. 24 marzo 2005, n. 6340 in Giust. civ. Mass.
2005, 3: “nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il
regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti
- ai sensi dell'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 - anche per le
contribuzioni relative a periodi precedenti la entrata in vigore della stessa
legge (comma 10 del medesimo art. 3) e con riferimento a qualsiasi forma di
previdenza obbligatoria. Ne consegue che, una volta esaurito il termine, la
prescrizione ha efficacia estintiva (non già preclusiva) - poiché l'ente
previdenziale creditore non può rinunziarvi - opera di diritto ed è rilevabile
d'ufficio. Pertanto, deve escludersi il diritto dell'assicurato a versare
contributi previdenziali prescritti e ad ottenere la retrodatazione
dell'iscrizione alla Cassa (nella specie, dei geometri liberi professionisti) per
il periodo coperto da prescrizione, senza che possa rilevare la eventuale
inerzia della Cassa stessa nel provvedere al recupero delle somme
corrispondenti alle contribuzioni, avendo il credito contributivo una sua
esistenza autonoma, che prescinde dalla richiesta di adempimento fattane
dall'ente previdenziale, ed insorgendo nello stesso momento in cui si
perfeziona il rapporto (o, comunque, l'attività) di lavoro, che ne costituisce il
presupposto, momento dal quale decorre, altresì, il termine prescrizionale
dello stesso credito contributivo.
Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali non trova
applicazione nel rapporto tra lavoratore autonomo (nella specie, libero
professionista) ed ente previdenziale, nel difetto di esplicite norme di legge
(o di legittima fonte secondaria) che, eccezionalmente, dispongano in senso
contrario. Ne consegue che il mancato versamento dei contributi obbligatori
impedisce, di regola, la stessa costituzione del rapporto previdenziale e,
comunque, la maturazione del diritto alle prestazioni. Ne consegue altresì
86
che il suddetto principio dell'automatismo delle prestazioni - proprio perché
eccezionalmente previsto per la Cassa italiana di previdenza ed assistenza a
favore dei geometri dall'art. 35 l. 24 ottobre 1955 n. 990, poi abrogato
dall'art. 43 l. 4 febbraio 1967 n. 37 - non trova applicazione per le prestazioni
che (come nella specie) non siano maturate nel periodo di vigenza (dal 1955
al 1967) dello stesso principio.”.
Cassazione civile sez. lav.16 agosto 2001, n. 11140, in Giust. civ. Mass.
2001, 1600civ. 2003, I,2583: “nella materia previdenziale, a differenza che
in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla
disponibilità delle parti, ai sensi dell'art. 3 comma 9 l. 8 agosto 1995 n. 335,
che vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e che, in forza del
successivo comma 10 dello stesso articolo, si applica anche per i contributi
prescritti prima della entrata in vigore della suddetta legge. Da ciò consegue
che deve escludersi un diritto soggettivo dell'assicurato a versare contributi
previdenziali prescritti. Quanto poi alla differenza di trattamento dei
lavoratori autonomi rispetto a quelli subordinati, in relazione alla mancata
previsione di meccanismi di riparazione della perdita contributiva previsti
solo per i dipendenti (rendita vitalizia, risarcimento del danno), essa non vale
a ledere il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 cost., non potendosi
ragionevolmente parificare le diverse situazioni dei suddetti lavoratori.”
Cassazione civile sez. lav. 10 dicembre 2004, n. 23116, in Giust. civ. Mass.
2005, 1: “nella materia previdenziale, il regime della prescrizione già
maturata è differente rispetto alla materia civile, in quanto è sottratto alla
disponibilità delle parti, sicché deve escludersi l'esistenza di un diritto
soggettivo degli assicurati a versare contributi previdenziali prescritti: la
prescrizione, inoltre, opera di diritto e pertanto può essere rilevata anche
d'ufficio dal giudice, mentre l'ente previdenziale (anche se, come nella
specie, di natura privatistica) non può rinunciare alla "irricevibilità" dei
contributi prescritti. Detto principio di indisponibilità - attualmente fissato
dall'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 desumibile, per il periodo
precedente l'entrata in vigore di tale disposizione, dall'art. 55, comma 2, del
r.d.l. n. 1827 del 1935 vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in
base al comma 10 del citato art. 3 della legge n. 335 del 1995, si applica
anche per i contributi prescritti prima dell'entrata in vigore della medesima
legge.
Cassazione civile sez. lav. 12 gennaio 2002 n. 330 in Foro it. 2002, I,1023:
“si deve escludere, in linea generale, un diritto soggettivo dell'assicurato a
versare contributi previdenziali prescritti, poiché, nella materia
previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione
già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti; detto principio, che per
il periodo precedente l'entrata in vigore della l. n. 335 del 1995 è desumibile
dall'art. 55, comma 2, r.d.l. 1827/35, ed è ora fissato dall'art. 3, comma 9, l.
335/95, vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in forza del
87
Comune alla disciplina civilistica è, invece, la non rilevabilità
d’ufficio in sede processuale (ai sensi dell’art. 2938 cod. civ. “il
giudice non può rilevare d’ufficio la prescrizione non opposta”, così
come non può, ex art. 112 c.p.c.: “… pronunciare d’ufficio su
eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti”).
Infatti, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n.
15661
del
27
luglio
200591,
superando
l’
orientamento
giurisprudenziale contrario92, hanno qualificato eccezione in senso
successivo comma 10 del citato art. 3, si applica anche per i contributi
prescritti prima dell'entrata in vigore di quest'ultima legge.”
In Foro it. 2005, I, p. 2659: “Poiché nel nostro ordinamento le eccezioni
in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si
identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di
rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell'eccezione
corrisponde all'esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da
parte del titolare e, quindi, per svolgere l'efficacia modificativa, impeditiva
od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione
di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento
giudiziale), l'eccezione di interruzione della prescrizione integra
un'eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere
rilevata d'ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente
acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza
di parte possa giustificarsi in ragione della (normale) rilevabilità soltanto ad
istanza di parte dell'eccezione di prescrizione, giacché non ha fondamento di
diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di una eccezione in senso
stretto quello di una controeccezione, qual è l'interruzione della
prescrizione.”
91
92
Cassazione civile sez. lav. 05 ottobre 1998 n. 9865, in Giust. civ. Mass.
1998, 2014: “il divieto stabilito, per ragioni di ordine pubblico, dall'art. 55,
comma 1, r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827 di effettuare versamenti a
regolarizzazione di contributi assicurativi, dopo che rispetto agli stessi sia
intervenuta la prescrizione, opera indipendentemente dall'eccezione di
prescrizione da parte dell'ente previdenziale e del debitore dei contributi; ed
è manifestamente infondata la questione di costituzionalità della norma citata
e dell'art. 41 l. 30 aprile 1969 n. 153, nella parte in cui prevedono la
prescrittibilità del diritto dell'Inps al pagamento dei contributi, per violazione
88
dell'art. 38 cost., sia perché tale disciplina risponde ad un principio generale
di certezza dei rapporti giuridici, sia perché, a fronte della prescrizione e del
conseguente divieto di pagamento dei contributi, è prevista la possibilità di
costituzione della rendita.”
Conformi:
Cassazione civile sez. lav. 06 dicembre 1995, n. 12538, in Giust. civ. Mass.
1995, fasc. 12: “in relazione ai rimborsi dovuti dall'Inps per effetto della
sentenza della Corte costituzionale n. 261 del 1991 (dichiarativa della
illegittimità costituzionale dell'art. 18, comma 2, d.l. n. 918 del 1968, conv.
con modif. in legge n. 1089 del 1968, nella parte in cui esclude il beneficio
degli sgravi contributivi in caso di retribuzioni non assoggettate a
contribuzione contro la disoccupazione involontaria), secondo le modalità
all'uopo dettate dall'art. 1, comma 3, d.l. 22 marzo 1993 n. 71, conv. con
modif. in legge n. 151 del 1993, la disposizione secondo cui "il rimborso (...)
è effettuato nel pieno rispetto dei termini di prescrizione previsti dalla
vigente normativa" è espressione della volontà del legislatore di connotare
l'eccezione di prescrizione dei caratteri della irrinunciabilità e della
rilevabilità d'ufficio. Del resto, il principio della irrinunciabilità della
prescrizione è enunciato espressamente anche all'art. 55 del r.d.l. n. 55 del
1935, ostativo del pagamento dei contributi previdenziali prescritti, ed è
consono ad un sistema previdenziale avente uno spiccato carattere
pubblicistico, nell'ambito del quale è necessario, per la certezza dei rapporti
tra l'ente gestore e i cittadini, che i contributi da versare o da rimborsare non
siano prescritti e che, comunque, non sia lasciata alla discrezione
dell'interessato la possibilità di far valere o meno l'avvenuta prescrizione.”
Cassazione civile sez. lav. 18 febbraio 1991 n. 1703, in Giust. civ. Mass.
1991, fasc. 2: “la condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della
posizione assicurativa di lavoratori dipendenti, aventi diritto a differenze
retributive assoggettabili a contribuzione a favore dell'INPS, deve essere
limitata al pagamento dei contributi per i quali, secondo le speciali
disposizioni di legge che li regolano, non sia intervenuta la prescrizione,
indipendentemente dalla circostanza che questa sia stata o no eccepita,
ostando, in caso di prescrizione, alla possibilità di effettuare versamenti a
regolarizzazione di contributi arretrati il divieto stabilito per ragioni di
ordine pubblico dall'art. 55, comma 2, del r.d.l. n. 1827 del 1935.”
Cassazione civile sez. lav. 12 gennaio 2002, n. 330, in Foro it. 2002, I,1023:
“si deve escludere, in linea generale, un diritto soggettivo dell'assicurato a
versare contributi previdenziali prescritti, poiché, nella materia
previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione
già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti; detto principio, che per
il periodo precedente l'entrata in vigore della l. n. 335 del 1995 è desumibile
dall'art. 55, comma 2, r.d.l. 1827/35, ed è ora fissato dall'art. 3, comma 9, l.
335/95, vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in forza del
89
stretto l’eccezione di prescrizione ed eccezione in senso lato quella di
interruzione della prescrizione con le ovvie conseguenze processuali.
Ciononostante, occorre mettere in risalto come la previsione della
rilevabilità d’ufficio della prescrizione dei crediti contributivi sarebbe
stata ben aderente ai divieti normativi di versare la contribuzione
prescritta e di rinunciare alla prescrizione.
Infatti, l’eventuale mancata eccezione in sede processuale della
prescrizione, non essendo rilevabile d’ufficio93, può concretare di fatto
una rinuncia a valersi della stessa con la conseguenza che ciò che è
vietato dalla legge può concretizzarsi in sede processuale a seguito di
una mera condotta omissiva.
4.2
IL
TERMINE
DI
PRESCRIZIONE
DEI
CREDITI
CONTRIBUTIVI
Allo stato della giurisprudenza attuale se la prescrizione non è
eccepita, il giudice non può rilevarla d’ufficio, né, conseguentemente,
successivo comma 10 del citato art. 3, si applica anche per i contributi
prescritti prima dell'entrata in vigore di quest'ultima legge.”
93
Si rinvia sul punto al paragrafo successivo.
90
verificare se è effettivamente intervenuta la decorrenza dei termini
prescrizionali disciplinati dai commi 9° e 10° del predetto art. 3.
Detti termini consistono in:
“a) dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni
lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie,
compreso il contributo di solidarietà previsto dal d.l. 29 marzo 1991,
n. 103, art. 9-bis, comma 2°, convertito, con modificazioni, dalla
legge 1 giugno 1991, n. 166, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione
aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. A decorrere dal
1° gennaio 1996, tale termine è ridotto a cinque anni, salvi i casi di
denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti;
b) cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di
assistenza sociale obbligatoria.”
Il successivo comma 10 stabilisce che: “I termini di prescrizione di cui
al comma 9, si applicano anche alle contribuzioni relative a periodi
precedenti la data di entrata in vigore della presente legge, fatta
eccezione per i casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure
iniziate nel rispetto della normativa preesistente. Agli effetti del
computo dei termini prescrizionali non si tiene conto della
sospensione prevista dal d.l. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2, comma
19°, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n.
638, fatti salvi gli atti interruttivi compiuti e le procedure in corso”.
91
Quello dei termini è aspetto oggetto di contrastanti orientamenti
giurisprudenziali
in particolare sotto l’aspetto dell'idoneità di atti
interruttivi o di atti di inizio di procedure di recupero, compiuti prima
dell’entrata in vigore della legge n. 335 del 8 agosto 1995, a
conservare il precedente termine decennale di prescrizione.
Il coordinamento tra i due commi dell'art. 3, sopra riportati,
rappresenta la principale difficoltà per la ricostruzione di qual è la
durata del termine prescrizionale, difficoltà che ha condotto a
orientamenti giurisprudenziali diversi.
Secondo una prima interpretazione
94
, il richiamo contenuto nel
comma decimo ai termini di prescrizione di cui al comma nono del
94
riconducibile alle seguenti sentenze:
Cassazione civile sez. lav. 05 marzo 2001 n. 3213, in Giust. civ. Mass.
2001, 409: “in tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza di
pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, l'art. 3, comma 10, della
legge n. 335 del 1995 va interpretato nel senso che il richiamo in esso
contenuto ai termini di prescrizione di cui al comma 9 del medesimo articolo
deve intendersi riferito al termine decennale previgente - e non al termine
ridotto quinquennale decorrente dal primo gennaio 1996 - stante l'evidente
intento del legislatore di favorire l'Istituto di assicurazione sociale nel caso in
cui lo stesso abbia posto in essere atti interruttivi o iniziato "procedure" nei
confronti dei soggetti debitori.”
Cassazione civile sez. lav. 12 febbraio 2003 n. 2100 in Giust. civ. Mass.
2003, 318, D&G - Dir. e giust. 2003, 11, 107, Mass. giur. lav. 2003, 262: “in
materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti
dai lavoratori e dai datori di lavoro, il nuovo termine quinquennale di cui
all'art. 3, comma 9, legge n. 335 del 1995 non si applica ai casi di atti
interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto del termine
decennale della normativa precedente, posto che tali ipotesi sono
esplicitamente escluse ai sensi del comma 10 del citato art. 3, in base
all'evidente intento del legislatore - conforme ai principi generali di certezza
dei rapporti giuridici - di favorire l'istituto di assicurazione sociale nel caso
92
medesimo articolo doveva intendersi riferito al termine decennale
previgente, non invece al termine ridotto quinquennale, decorrente dal
1° gennaio 1996, con la conseguenza che la riduzione a cinque anni
del
termine
prescrizionale,
prevista
dal
nono
comma,
non
comprendeva le contribuzioni maturate prima della suddetta data.
Di contrario avviso, invece, è l’orientamento affermante che, in base
alla disciplina in esame, la prescrizione diviene quinquennale a partire
dal 1° gennaio 1996 anche per i crediti maturati e scaduti in
precedenza95.
in cui lo stesso abbia posto in essere atti interruttivi o iniziato procedure nei
confronti dei soggetti debitori; nè tale esclusione suscita dubbi di
incostituzionalità, in relazione all'art. 3 cost., non potendosi ragionevolmente
parificare le diverse situazioni dei soggetti interessati nelle due ipotesi in cui
vi siano o non vi siano stati validi atti interruttivi durante il periodo di tempo
previsto per la maturazione della prescrizione.”
95
in particolare le sentenze:
Cassazione civile sez. lav. 17 dicembre 2003 n. 19334, in Giust. civ. Mass.
2003, 12: “in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai
contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, l'art. 3, comma 9, della
legge n. 335 del 1995 stabilisce tra l'altro: a) che la prescrizione diviene
quinquennale a partire dall'1 gennaio 1996 anche per i crediti maturati e
scaduti in precedenza; b) che per i contributi relativi a periodi precedenti alla
data di entrata in vigore della legge, il termine decennale permane ove siano
stati compiuti dall'Istituto atti interruttivi, ovvero siano iniziate, durante la
vigenza della precedente disciplina, procedure per il recupero dell'evasione
contributiva; c) che il periodo di sospensione triennale, di cui all'art. 2,
comma 19, della legge n. 638 del 1983, è soppresso, ma continua ad
applicarsi qualora in precedenza siano stati emessi atti interruttivi o avviate
procedure di recupero.
Cassazione civile sez. lav. 07 gennaio 2004 n. 46, in Riv. giur. lav. 2004, II,
398: “il nuovo termine quinquennale di prescrizione dei contributi
previdenziali trova applicazione anche ai crediti maturati anteriormente, con
93
eccezione per i crediti accertati entro il 31 dicembre 1995 e per i quali l'Ente
creditore abbia interrotto i termini o avviato procedure di recupero.”
Cassazione civile sez. lav. 24 febbraio 2005 n. 3846 in Giust. civ. Mass.
2005, 2: “in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai
contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ai sensi dell'art. 3,
comma 9, della legge n. 335 del 1995, per i contributi anteriori alla data di
entrata in vigore della stessa legge (17 agosto 1995), in caso di atto
interruttivo effettuato dall'Inps nel periodo da tale data al 31 dicembre 1995,
continua ad applicarsi la prescrizione decennale per le contribuzioni di
pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni
pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà, essendo
l'atto interruttivo intervenuto quando ancora era in vigore il termine
decennale. Per le contribuzioni diverse da quelle destinate alla gestione
pensionistica, invece, opera la prescrizione quinquennale, atteso che tale
termine più breve è entrato in vigore con la legge, con la conseguenza che
una richiesta successiva (per i contributi diversi da quelli pensionistici) non
vale a prolungare eventuali termini più lunghi prima vigenti.”
Cassazione civile sez. lav. 12 maggio 2005, n. 9962 in Orient. giur. lav.
2005, I, 423: “in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai
contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro il nuovo termine
quinquennale di prescrizione dei contributi previdenziali previsto dall'art. 3,
commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995 trova applicazione anche ai crediti maturati
anteriormente, con eccezione per i crediti accertati entro il 31 dicembre 1995
e per i quali l'Ente creditore abbia interrotto i termini o avviato procedure di
recupero”
Cassazione civile sez. lav. 15 marzo 2006 n. 5622, in Giust. civ. Mass.
2006, 3, Guida al diritto 2006, 18, 80 (s.m.): “in relazione ai contributi
dovuti alla Cassa di previdenza forense, scaduti prima dell'entrata in vigore
della l. n. 335 del 1995, l'abbreviazione a cinque anni del termine
prescrizionale (prevista dall'art. 3 comma 9 l. n. 335 del 1995) opera dall'1
gennaio 1996, giacché questi rientrano nell'art. 3 comma 9, lett. a) della
medesima legge (contribuzione di pertinenza delle altre gestioni
pensionistiche obbligatorie), di talché gli atti interruttivi effettuati sia prima
del 17 agosto 1995, sia dopo e fino al 31 dicembre 1995, valgono al fine di
mantenere il precedente termine decennale di prescrizione.”
Cassazione civile sez. lav.13 dicembre 2006, n. 26621, in Giust. civ. Mass.
2006, 12:“l'art. 3 commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995, prevedendo che le
contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si
prescrivono in dieci anni per quelle di pertinenza del Fondo pensioni
lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie termine ridotto a cinque anni con decorrenza 1 gennaio 1996 (lett. a) - e in
cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza
sociale obbligatoria (lett. b), ha regolato l'intera materia della prescrizione
94
Per i contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in
vigore della legge, il termine decennale permarrebbe ove fossero stati
compiuti dall'Istituto atti interruttivi, ovvero fossero state iniziate,
durante la vigenza della precedente disciplina, procedure per il
recupero
dell'evasione
contributiva.
Ai
predetti
orientamenti
giurisprudenziali faceva riferimento anche l’Inps nella circolare n. 69
del 200596, dove si prende atto che, in tema di termini di prescrizione,
dei crediti contributivi degli enti previdenziali, con riferimento a tutte le
forme di previdenza obbligatoria, comprese quelle per i liberi professionisti,
con conseguente abrogazione per assorbimento, ai sensi dell'art. 15 preleggi,
delle previgenti discipline differenziate, sicché è venuta meno la
connotazione di specialità in precedenza sussistente per i vari ordinamenti
previdenziali di categoria. La nuova disciplina, pur riducendo il termine da
decennale a quinquennale per tutti i tipi di contributi previdenziali, opera
però una distinzione: per i contributi destinati alle gestioni diverse da quelle
pensionistiche (comma 9, lett. b) il termine diventa immediatamente
quinquennale alla data di entrata in vigore della legge (17 agosto 1995);
invece, per i contributi dovuti alle gestioni pensionistiche (comma 9, lett. a)
la prescrizione resta decennale fino al 31 dicembre 1995 e diviene
quinquennale dal primo gennaio 1996, ma soltanto se entro il 31 dicembre
1995 l'ente previdenziale non abbia posto in essere atti interruttivi oppure
iniziato procedure nel rispetto della normativa preesistente, altrimenti rimane
decennale. La sistemazione organica e completa del regime transitorio
comporta, pertanto, una deroga all'art. 252 disp. att. c.c., escludendone
l'applicazione in via sussidiaria o integrativa. (Nella specie, la S.C. ha
confermato la decisione della corte territoriale che aveva applicato la nuova
normativa ai contributi dovuti all'Inarcassa rigettando le censure di
quest'ultima secondo cui doveva continuare ad applicarsi la norma speciale
prevista per i contributi alla Cassa - l'art. 18 l. n. 6 del 1981, e la prescrizione
decennale ivi prevista - in forza del principio "lex specialis derogat legi
generalii).”
96
Circolare 69 del 2005: “con circolari n.262 del 13 ottobre 1995 e n.18 del
22 gennaio 1996 l’Istituto ha già fornito indirizzi interpretativi in materia di
prescrizione dei crediti contributivi previdenziali e assistenziali di cui
al’articolo 3 commi 9 e 10 della legge n.335/95.
In materia, la sentenza della Corte di Cassazione n.2100 del 12 febbraio
2003, oggetto del messaggio n.10 emesso dal Coordinamento Generale
Legale l’8 maggio 2003, ha costituito l’unica deroga agli indirizzi espressi
nelle circolari citate in quanto affermava che i crediti contributivi maturati
95
prima del 1 gennaio 1996 non possono mai considerarsi prescrivibili nel più
breve termine dei cinque anni, ritenendo che la durata del termine di
prescrizione si dovesse determinare in base al periodo di riferimento del
credito.
Successivamente la Suprema Corte con le sentenze 17.12.2003 n. 19334,
7.01.2004 n.46 e 6.04.2004 n.6706 ha nuovamente affermato e consolidato il
precedente orientamento.
Si rende, pertanto, indispensabile fornire una interpretazione corretta dei
canoni essenziali della prescrizione del diritto dell’ ente previdenziale ai
contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, secondo le regole poste
dall'art.3, commi 9 e 10 della legge 335/1995, così come interpretate dalla
giurisprudenza più recente.
1. Decorrenza della prescrizione ed efficacia degli atti interruttivi.
Si rammenta in primo luogo che, in materia di diversa durata della
prescrizione del credito contributivo, la legge n.335 del 1995 distingue tra
atti posti in essere ad iniziativa dell’Ente ed atti posti in essere su denuncia
del lavoratore, principio che non contrasta con quello generale stabilito
dall'art. 55 del R.D.L. 4 ottobre 1935 n. 1827, secondo il quale l'interruzione
della prescrizione dei contributi per l’ assicurazione obbligatoria si verifica
solo per effetto degli atti, indicati dall'art. 2943 codice civile, posti in essere
dall'INPS, titolare del relativo diritto di credito, e non quando anche uno di
tali atti sia posto in essere dal lavoratore, come nell'ipotesi di azione
giudiziaria da questi proposta nei confronti del datore di lavoro.
In base alla disposizione in parola, anche la denuncia del lavoratore o dei
suoi superstiti è idonea a determinare in dieci anni il termine della
prescrizione nei confronti dell'INPS o degli altri Istituti previdenziali a
condizione che l’Ente emetta l’atto interruttivo di propria competenza.
Si ricorda in proposito che la legge n.335/95 è entrata in vigore il 17 agosto
1995 ed ha posto la data del 1 gennaio 1996 come decorrenza per la
riduzione della prescrizione a cinque anni.
Quindi gli atti interruttivi notificati e le procedure intese al recupero, iniziate
prima del 17 agosto 1995, hanno efficacia interruttiva della prescrizione
diversa (per dieci o cinque anni) a seconda del tipo di contribuzione; tali
periodi vanno poi aumentati del periodo di sospensione triennale di cui
all’art.2 della legge n.638/83.
Ne discende che attualmente si possono configurare tre differenti situazioni
per calcolare con certezza il decorso della prescrizione del credito
contributivo, a seconda del momento dell’eventuale esercizio (o mancato
esercizio) di un atto interruttivo della prescrizione stessa:
la prima per il periodo fino al 31.12.1995 trascorso senza compimento di atti
interruttivi;
la seconda per il periodo dal 17 agosto 1995 e fino al 31.12.1995 trascorso
col compimento di atti interruttivi;
l’ultima per periodi dal 01.01.1996.
Di conseguenza, la possibilità di recuperare i contributi relativi ad anni
precedenti si tradurrà in atti concreti in modo diverso anche a seconda della
data dell’ultimo atto interruttivo dei termini (se posto in essere):
96
se l’atto è stato compiuto prima del 17 agosto 1995, possono essere
recuperati i contributi IVS risalenti ai tredici anni precedenti, in quanto gli
stessi restano assoggettati alla prescrizione decennale ed alla sospensione
triennale prevista dalla legge 11 novembre 1983 n.638 (in questi termini
sentenza Cassazione 7.1.2004 n.46);
se invece risulta essere stato compiuto tra il 17 agosto 1995 ed il 31
dicembre 1995, il recupero dei contributi potrà retroagire per soli dieci anni.
Ovviamente in tal caso, per evitare la perdita del diritto per prescrizione, il
successivo atto interruttivo deve intervenire entro i dieci anni dal precedente.
In ogni caso, ed ancorché si tratti di contributi riferentesi a periodi successivi
al 1° gennaio 1996, la denuncia del mancato pagamento dei contributi stessi
da parte del lavoratore dipendente o a progetto o del collaboratore coordinato
e continuativo comporta che il termine prescrizionale sia decennale, sempre
che l’Istituto provveda ad emettere il proprio atto avente efficacia
interruttiva.
I contributi minori ( DS, TBC, ENAOLI, SSN, etc .) si prescrivono in cinque
anni anche a seguito della legge n.335/1995, in quanto nulla è cambiato
rispetto alle precedenti disposizioni.
È opportuno rammentare che hanno efficacia interruttiva della prescrizione
relativamente al residuo debito, anche i pagamenti in acconto di un debito
già denunciato come, ad esempio, la contribuzione denunciata in occasione
dei condoni. In considerazione di ciò e per evitare la prescrizione del debito
residuo, le Sedi sono invitate a definire, con le relative procedure, i condoni
per i quali risultano interrotti i pagamenti per oltre due rate e a diffidare i
debitori. Per l’area agricola, le diffide, relativamente ai condoni, sono state
emesse dalla Sede Centrale.
Prescrizione dei contributi dovuti dagli artigiani, dagli esercenti attività
commerciali e dai lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata.
I criteri di applicazione dell’istituto della prescrizione in materia di
contributi dovuti dagli artigiani, dai commercianti e dai lavoratori autonomi
iscritti alla Gestione separata (c.d. professionisti non iscritti ad altre casse),
nei termini introdotti dalla citata legge n.335/1995, sono stati illustrati dalla
circolare n. 104 del 16 maggio 1996.
Con detta circolare, in riferimento agli artigiani ed ai commercianti, veniva
ribadito il principio, già espresso in precedenti disposizioni, secondo il quale
per la contribuzione dovuta sulla quota di reddito eccedente il minimale
imponibile di cui alla legge n. 233/1990, la prescrizione inizia a decorrere
dalla data in cui l’Amministrazione finanziaria dello Stato comunica
all’Istituto il reddito prodotto dal soggetto tenuto al pagamento della relativa
contribuzione previdenziale. E ciò in considerazione dell’insussistenza di
norme che impongano al contribuente di comunicare all’Istituto il proprio
reddito e della disposizione contenuta nell’art. 2935 del Codice civile, in
base al quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto
può essere fatto valere.
Si fa presente, a tal riguardo, che tale orientamento è stato recentemente
censurato da numerose sentenze di merito che hanno evidenziato
l’insussistenza, nella fattispecie, di un’impossibilità giuridica di riscuotere,
97
la sentenza della Corte di Cassazione n. 2100 del 12 febbraio 200397
ha costituito l’unica deroga agli indirizzi precedentemente espressi,
peraltro subito consolidati dalle successive sentenze n. 19334 del 17
dicembre 200398 e n.46 del 7 gennaio 2004 99 .
ben potendo l’Istituto chiedere la denuncia dei redditi agli interessati o
all’Amministrazione finanziaria.
Alla luce del citato orientamento giurisprudenziale, anche al fine di evitare la
condanna dell’Istituto al pagamento delle spese legali, si è giunti nella
determinazione di applicare, in riferimento ai contributi dovuti sulla quota di
reddito eccedente il minimale imponibile, gli stessi criteri in atto per i
contributi dovuti sul predetto minimale.
Conseguentemente il termine prescrizionale decorre dal giorno in cui i
contributi in argomento dovevano essere corrisposti secondo la normativa
vigente e, quindi, dal giorno in cui doveva essere versato il saldo risultante
dalla dichiarazione dei redditi dell’anno di riferimento.
Il nuovo indirizzo sarà applicato a tutte le situazioni non definite alla data di
emanazione della presente circolare, ivi comprese quelle relative ai
lavoratori autonomi di cui all’art. 50 del TUIR. I contributi iscritti a ruolo e
prescritti saranno sgravati d’ufficio, mentre i ricorsi amministrativi giacenti
riguardanti l’argomento saranno restituiti alle rispettive strutture che,
verificata l’assenza di atti interruttivi, adotteranno i conseguenti
provvedimenti di annullamento dell’imposizione.
Non appare superfluo evidenziare, a tal riguardo, che le modalità di
riscossione dei contributi introdotte dal decreto legislativo 18 dicembre
1997, n. 462, con la conseguente attribuzione di competenze
all’Amministrazione finanziaria dello Stato, sono pienamente compatibili
con il criterio di computo dei termini prescrizionali sin qui descritto.
L’attuale ripartizione delle attribuzioni tra l’INPS e l’Agenzia delle Entrate
limita, peraltro, l’intervento dell’Istituto in materia alle sole fattispecie non
coinvolte dall’azione di recupero dell’Amministrazione finanziaria.”
97
Cassazione civile sez. lav. 12 febbraio 2003 n. 2100 in Giust. civ. Mass.
2003, 318. Per la massima, vedi nota 94.
98
Cassazione civile sez. lav. 17 dicembre 2003 n. 19334, in Giust. civ. Mass.
2003, 12. Per la massima, vedi nota 95.
99
Cassazione civile sez. lav. 07 gennaio 2004 n. 46, in Riv. giur. lav. 2004,
II, 398. Per la massima, vedi nota 95.
98
L’Ente previdenziale, avendo ben presenti gli arresti giurisprudenziali,
configurava e distingueva tre differenti situazioni per calcolare con
certezza il decorso della prescrizione del credito contributivo, a
seconda
del momento dell’eventuale esercizio o del mancato
esercizio di un atto interruttivo della prescrizione stessa:la prima per il
periodo fino al 31 dicembre 1995, trascorso senza compimento di atti
interruttivi; la seconda per il periodo dal 17 agosto 1995 e fino al 31
dicembre 1995 trascorso col compimento di atti interruttivi; l’ultima
per periodi dal 01.01.1996 (ne risultava che la possibilità di recuperare
i contributi relativi ad anni precedenti, era per l’Istituto diversa anche
a seconda della data dell’ultimo atto interruttivo dei termini:
“se
l’atto è stato compiuto prima del 17 agosto 1995, possono essere
recuperati i contributi IVS risalenti ai tredici anni precedenti, in
quanto gli stessi restano assoggettati alla prescrizione decennale ed
alla sospensione triennale prevista dalla legge 11 novembre 1983
n.638…”; “se invece risulta essere stato compiuto tra il 17 agosto
1995 ed il 31 dicembre 1995, il recupero dei contributi potrà retroagire
per soli dieci anni...”). Pertanto l’Inps, nella circolare 69 del 2005, nel
caso di assenza di atti interruttivi precedenti all’entrata in vigore della
legge n. 335 del 8 agosto 1995, confermava l’orientamento già
espresso nella circolare 262 del 1995100: “l'atto interruttivo posto in
100
Riportata integralmente in nota 140.
99
essere a decorrere dal 1/1/1996 interromperà la prescrizione dei
contributi relativi a periodi contributivi anteriori di cinque anni”.
I suddetti diversi e contrastanti orientamenti giurisprudenziali hanno
reso necessario, anche recentemente, l’intervento delle Sezioni Unite
della Suprema Corte. Nella sentenza a Sezioni Unite n. 5784 del 4
marzo 2008101, la Cassazione ha ritenuto che la legge 8 agosto 1995,
n. 335, avendo disposto che la riduzione del termine da decennale a
quinquennale operi solo dal 1° gennaio 1996, ha dato all'Inps la
possibilità di mantenere il regime prescrizionale decennale per i
contributi pregressi, adottando atti interruttivi nel periodo intermedio,
che va dalla data di entrata in vigore della predetta legge al 31
dicembre 1995, oppure iniziando idonee procedure restando
ovviamente ferma la prescrizione decennale anche per i casi in cui i
medesimi atti siano stati posti in essere prima del 17 agosto 1995. A
fondamento di questa scelta interpretativa è stato in primo luogo
101
Cassazione civile sez. un. 04 marzo 2008 n. 5784, in Giust. civ. Mass.
2008, 3, p. 351 e Foro it. 2010, 4, p. 1252: In tema di prescrizione del diritto
degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di
lavoro, ai sensi dell'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, il
termine di prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti l'entrata in
vigore della legge (17 agosto 1995) resta decennale nel caso di atti
interruttivi compiuti dall'Inps nel periodo tra la data suddetta ed il 31
dicembre 1995, i quali - tenuto conto dell'intento del legislatore di realizzare
un «effetto annuncio» idoneo ad evitare la prescrizione dei vecchi crediti valgono a sottrarre a prescrizione i contributi maturati nel decennio
precedente l'atto interruttivo; dalla data di questo inizia a decorrere un nuovo
termine decennale di prescrizione.
100
addotto l'intento del legislatore di ritardare la data di entrata in vigore
del termine quinquennale, spostandola al 1° gennaio 1996, per creare,
com’è stato rilevato, una sorta di "effetto annuncio" allo scopo di
evitare almeno in parte la prescrizione di vecchi crediti con la
previsione di un periodo nel quale gli istituti previdenziali potessero
attivarsi per intraprendere le procedure di recupero o le richieste di
pagamento al fine di usufruire del termine più ampio.
Tuttavia l’argomento più rilevante sembrerebbe essere quello che
poggia sul dato testuale e, precisamente, la particolare espressione
usata dal comma 10° dell'art. 3 (“atti interruttivi già compiuti o di
procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente”) che vale
a designare non solo il periodo precedente all'entrata in vigore della
legge ma tutto l'arco temporale successivo (fino al 31 dicembre 1995)
nel quale vigeva ancora il precedente regime prescrizionale.
Gli atti interruttivi intervenuti, quindi, valgono sia a sottrarre alla
prescrizione i contributi di cui è causa, sia a conservare il termine
decennale di prescrizione, che inizia nuovamente a decorrere dalla
data dell'atto introduttivo.
Una fattispecie concreta diversa (non riferita cioè al caso di atti
interruttivi intervenuti prima del 31 dicembre 1995 e come tali idonei
a conservare il predetto termine decennale), è quella affrontata dalle
101
SS. UU. della Suprema Corte nella sent. n. 6173 del 7 marzo 2008102.
La controversia ineriva a contributi relativi al periodo maggio 1991settembre 1992, per i quali l’accertamento ispettivo era stato notificato
il 27 marzo 1998 e la notifica della cartella esattoriale era avvenuta in
data 21 novembre 2000. Secondo la pronuncia in argomento,
dall'entrata in vigore della legge 335 del 8 agosto 1995 il nuovo
termine di prescrizione più breve
comincia
a decorrere dal 1°
gennaio 1996 e non può essere quindi superiore a cinque anni, mentre
può essere inferiore se tale è il residuo del più lungo termine
determinato secondo il regime precedente. Il nuovo termine si
applicherebbe perciò anche alle prescrizioni in corso, ma decorrerebbe
dalla data di entrata in vigore della legge che ne ha disposto
l'abbreviazione purché, a norma della legge precedente, non residui un
termine minore (nella specie la notifica della cartella esattoriale
avvenuta in data 21 novembre 2000, risulta preceduta in data 27
marzo 1998 dalla consegna del verbale di accertamento ispettivo e
dalla richiesta di pagamento dei contributi omessi relativi al periodo
102
Cassazione civile sez. un.07 marzo 2008 n. 6173, in Guida al
diritto 2008, 19, p. 56, Giust. civ. Mass. 2008, 3, p. 374, Foro it. 2010, 4,
p. 1252: “Con l'entrata in vigore della l. 335/1995 che ha introdotto il nuovo
regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti opera,
fuori dei casi di conservazione del precedente termine decennale, il nuovo
termine di prescrizione più breve, che comincia peraltro a decorrere dalla
data dell'1 gennaio 1996; detto termine non può essere quindi superiore a
cinque anni, mentre può essere inferiore se tale è il residuo del più lungo
termine determinato secondo il regime precedente.”
102
maggio 1991- settembre 1992. In tale data, 27 marzo 1998, dunque, è
stato interrotto il decorso della prescrizione, quando non si era
compiuto, dopo l'entrata in vigore della legge n. 335 del 1995, il
tempo residuo del termine decennale determinato secondo il
precedente regime, pur ridotto entro il minor periodo di cinque anni
decorrenti dal 1.1.1996).
La normativa sopra esaminata, secondo l’orientamento ultimo esposto,
non stabilirebbe quindi un'espressa deroga all' art. 252 disp. att. cod.
civ., disposizione alla quale deve attribuirsi il valore di regola
generale 103.
103
Corte costituzionale 03 febbraio 1994 n. 20, in Giust. civ. 1994, I, 858:
“il comma 3 dell'art. 4 d.l. 19 settembre 1992 n. 384 conv. dalla l. 14
novembre 1992 n. 438, il quale stabilisce che i termini di decadenza, previsti
nel precedente comma 1 per la proposizione dell'azione giudiziaria in
materia di prestazioni pensionistiche e di prestazioni economiche di malattia,
non si applicano ai procedimenti instaurati anteriormente alla data di entrata
in vigore del citato decreto, ancora in corso alla data medesima, va
interpretato nel senso che i procedimenti ai quali si riferisce la menzionata
norma siano quelli amministrativi e non già quelli giurisdizionali e che, in
relazione ai ricorsi amministrativi proposti anteriormente alla predetta data,
si siano già verificati i presupposti di decorrenza del termine, previsto dalla
legge precedente per la proposizione della domanda giudiziale (e cioè la
comunicazione della decisione definitiva dell'amministrazione sul ricorso o
scadenza del termine per la pronunzia della medesima) e che il termine sia
ancora pendente alla detta data; pertanto, è infondata la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 4 comma 1, 3 e 14 d.l. 19 settembre 1992
n. 384 conv. dalla l. 14 novembre 1993 n. 438, sollevata, con riferimento agli
art. 3, 24, 38 e 113 cost., in base al presupposto che il citato comma 3 si
riferisca ai procedimenti giurisdizionali e non a quelli amministrativi e che la
nuova normativa si applichi ai procedimenti amministrativi, già definiti alla
data della sua entrata in vigore.”
103
Per effetto di tale interpretazione
104
, anche nell’ ipotesi di denuncia
del lavoratore all'Istituto previdenziale del mancato versamento dei
contributi, il prolungamento del termine di prescrizione opererebbe
solo per il caso di denunce intervenute entro il 31 dicembre 1995,
rimanendo quinquennale per quelle proposte successivamente a tale
data.
104
In tal senso, tra le più recenti pronunce:
Cassazione civile sez. lav. 07 gennaio 2009 n. 73 in Giust. civ. Mass. 2009,
2, 156: “in materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di
assistenza obbligatoria in base alla disciplina recata dall'art. 3, commi 9 e 10,
l. 8 agosto 1995 n. 335, la denuncia del lavoratore, di cui alla lett. a, ultimo
periodo, del citato art. 3, comma 9, in relazione a contributi per i quali il
termine quinquennale di prescrizione, decorrente dalla loro scadenza, sia
integralmente maturato prima della data di entrata in vigore della predetta
legge (17 agosto 1995), è idonea a mantenere il precedente termine di
prescrizione decennale solo quando sia intervenuta prima della maturazione
dell'anzidetto termine quinquennale (e, comunque, non oltre il 31 dicembre
1995), non potendo più operare il prolungamento dello stesso termine una
volta che il credito contributivo risulti già prescritto. (Fattispecie relativa a
denuncia del lavoratore intervenuta in data 19 settembre 1994 in ordine a
contributi previdenziali attinenti a fattispecie di licenziamento illegittimo del
19 febbraio 1981, rispetto ai quali era già ampiamente maturato il termine di
prescrizione quinquennale).”
Cassazione civile sez. lav. 10 marzo 2010 n. 5811, in Giust. civ. Mass.
2010, 4, 487: “in tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e
di assistenza obbligatoria, il principio secondo cui, a seguito dell'entrata in
vigore dell'art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995, che ha introdotto il nuovo
regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti, opera,
al di fuori dei casi di conservazione del precedente termine decennale, il
nuovo termine di prescrizione più breve, con decorrenza dall'1 gennaio 1996,
trova applicazione anche nel caso, contemplato dal comma 9, lett. a, ultima
parte, dell'art. 3 cit., di denuncia da parte del lavoratore del mancato
versamento dei contributi all'Istituto previdenziale, con la conseguenza che,
in relazione ai contributi dovuti per anni anteriori all'entrata in vigore della
legge, il termine entro il quale la denuncia dev'essere inoltrata è quello di
cinque anni dal 31 dicembre 1996, potendo però detto termine essere
inferiore, in applicazione della regola generale di cui all'art. 252 disp. att.
c.c., se tale è il residuo del più lungo termine determinato secondo il regime
precedente, e che il diritto alla riscossione si prescrive entro il quinquennio
dalla denuncia del lavoratore.
104
Se sulla durata dei termini prescrizionali si sono registrati i predetti
diversi orientamenti, la giurisprudenza sembra più pacifica in ordine
alla decorrenza degli stessi che è fatta coincidere con la data in cui i
contributi dovevano essere versati105. La prescrizione dei crediti
contributivi decorre, infatti, in corso di rapporto di lavoro
106
e si
considera ininfluente ai fini della scadenza dei termini prescrizionali
la data successiva dell’eventuale accertamento da parte degli enti
previdenziali. Lo stesso principio opera anche nel caso in cui il datore
di lavoro non abbia provveduto volutamente a denunciare il rapporto
lavorativo per non adempiere ai connessi obblighi contributivi.
L’unica impossibilità di agire cui la legge attribuisce rilevanza ai fini
del mancato decorso dei termini prescrizionali è quella che deriva da
impedimenti di legge e non comprende gli impedimenti di mero fatto,
tra i quali è da includere l’ignoranza in cui versi il titolare del diritto in
ordine alla sussistenza di esso107.
105
Il DM10 ha scadenza il giorno 20 di ogni mese (secondo il disposto
dell'art. 1 d.m. 24 febbraio 1984, emanato ai sensi dell'art. 1 del d.l. n. 463
del 1983, convertito in legge n. 638 del 1983).
106
In tema di prescrizione dei crediti lavorativi, cfr. A. Maresca, La
prescrizione dei crediti di lavoro, Giuffrè, Milano, 1983.
L’INPS, nella circolare 69 del 2005, riportata in nota 96, ha affrontato il
tema in relazione alla contribuzione a percentuale richiesta solo a seguito
della comunicazione dell’Agenzia dell’Entrate (anche a distanza di avariati
anni in quanto l’istituto riteneva che prima di tale comunicazione gli fosse
impossibile recuperare il predetto contributo e quindi non decorresse il
termine prescrizionale. Tale impossibilità è stata considerata dalla
107
105
4.3 IL VERSAMENTO DI CONTRIBUTI PRESCRITTI
La legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3 al comma 9 prevede come le
contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria non
possano essere versate una volta prescritte. L’antecedente storico di
tale principio è rinvenibile nel disposto dell’art. 55, comma 2°, del
r.d.l. n. 1827 del 4 ottobre 1935 (“non è ammessa la possibilità di
effettuare versamenti, a regolarizzazione di contributi arretrati, dopo
che, rispetto ai contributi stessi, sia intervenuta la prescrizione”)
dettato , peraltro, in origine, per le sole assicurazioni obbligatorie per
invalidità, vecchiaia, tubercolosi e disoccupazione; nondimeno con il
tempo il principio era stato esteso a tutte le forme assicurative sociali
gestite dall’INPS o ad altri Enti la cui disciplina richiamasse la
normativa dell’assicurazione generale obbligatoria108.
Deve innanzitutto rilevarsi come questa disciplina degli effetti della
prescrizione differisca in maniera assoluta da quella che è la generale
impostazione civilistica dell’istituto quale è scolpita negli articoli del
codice civile. Come è stato osservato acutamente in dottrina, la
prescrizione
rappresenta,
nell’ambito
del
rapporto
bilaterale
giurisprudenza come una impossibilità di mero fatto. Orientamento
pressoché unanime che ha indotto l’Istituto previdenziale ad emanare la
suddetta circolare.).
108
Restavano però alcuni regimi, come ad esempio il Fondo per il volo,
disciplinato dalla legge 13/7/1965 n 859, per i quali mancando l’anzidetto
richiamo o essendo presente un espresso richiamo in senso opposto, il
principio del divieto di versamento non si applicava.
106
intercorrente fra il creditore ed il debitore, un acquisto che si
determina in favore di quest’ultimo; da questa impostazione derivano,
come
corollari due conseguenze e cioè che la prescrizione è
rinunciabile, esplicitamente o per factum concludens (art. 2937 c.c.) e
che la stessa non può essere rilevata d’ufficio ma deve essere eccepita
dalla parte che ne abbia interesse.
Molta parte della dottrina nega, dunque, sulla base di tali principi,
che, in ambito civilistico, la prescrizione abbia per effetto l’estinzione
del rapporto obbligatorio; l’inattuazione del rapporto nel tempo,
previsto dalla legge determinerebbe, in particolare, non la prescrizione
ma la prescrittibilità intesa quale idoneità del concreto rapporto a
subire l’ulteriore vicenda estintiva per prescrizione solo nel caso in
cui venisse esercitata l’apposita eccezione che da quella modificazione
nasce. L’impostazione della legge 335/95 comporta, invece, che in
materia contributiva la prescrizione venga disegnata, con particolare
forza , dalla medesima norma come estintiva, ex lege, del rapporto
obbligatorio. Mentre dunque , rispetto al debito civile prescritto (o
prescrittibile a seconda delle impostazioni) si ritiene da più parti che
questo residui come obbligazione naturale, come del resto
sembrerebbe chiaro dal disposto dell’art. 2940 in tema di
inammissibilità
della
ripetizione
del
debito
prescritto,
alla
obbligazione contributiva non sarebbe applicabile la norma predetta e
107
si rientrerebbe, invece, nell’ipotesi dell’ indebito con possibilità della
relativa azione.
Sul punto è da segnalare che la giurisprudenza formatasi sotto
l’impero dell’art. 55 sopra richiamato ed applicabile a maggior
ragione nell’ambito di questa normativa riteneva109
che la
prescrizione fosse in questo caso rilevabile d’ufficio in deroga al
disposto dell’art. 2938 c.c. In ordine alla rilevabilità da parte del
creditore si è espresso
l’INPS che, nella citata circolare 262/95,
prescrive alle sue sedi di effettuare d’ufficio il rimborso rilevando
testualmente che quella in esame “una prescrizione particolare, alla
quale, a differenza delle altre, non può rinunciare neppure chi ne è
beneficiario”.
In ambito processuale l’ orientamento delle SS.UU. della Corte di
Cassazione con la sentenza n. 15661 del 27 luglio 2005 è nel senso
Ex plurimis Cassazione civile sez. lav. 18 febbraio 1991 n 1703: “La
condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione
assicurativa di lavoratori dipendenti, aventi diritto a differenze retributive
assoggettabili a contribuzione a favore dell'INPS, deve essere limitata al
pagamento dei contributi per i quali, secondo le speciali disposizioni di legge
che li regolano, non sia intervenuta la prescrizione, indipendentemente dalla
circostanza che questa sia stata o no eccepita, ostando, in caso di
prescrizione, alla possibilità di effettuare versamenti a regolarizzazione di
contributi arretrati il divieto stabilito per ragioni di ordine pubblico dall'art.
55, comma 2, del r.d.l. n. 1827 del 1935.” Per una ricostruzione del divieto
di versare i contributi prescritti come conseguenza del principio di
indisponibilità dei diritti previdenziali e delle obbligazioni presupposte vedi
Pessi R., Lezioni di diritto della previdenza sociale, Cedam,Padova 2012,
450 ss.
109
108
che la prescrizione non sia rilevabile d’ufficio (sul punto si rinvia al
IV Capitolo I paragrafo).
4.4 I DANNI DERIVANTI DALLA PRESCRIZIONE DEI
CREDITI CONTRIBUTI
Il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo110 al regolare
versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla
conformità alle prescrizioni di legge della propria posizione
assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di
tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia
pregiudicato. Ne consegue che, in caso di mancato o insufficiente
versamento dei contributi, situazione che si verifica anche quando
l'obbligo contributivo venga assolto su importi retributivi inferiori a
quelli effettivamente corrisposti, lo stesso lavoratore può agire in
giudizio, anche in corso di rapporto di lavoro e prima che si sia
concluso il rapporto giuridico previdenziale, per ottenere la condanna
del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione assicurativa
mediante il versamento all'ente previdenziale dei contributi omessi e
non prescritti.
110
Cassazione civile sez. lav.23 gennaio 1989 n. 379, in Giust. civ. Mass.
1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989, 656 .
109
E la promozione con esito favorevole di questa azione, come è ovvio,
preclude per il futuro l’azione risarcitoria di cui all’art. 2116, comma
secondo, perché previene ed elimina la lesione della posizione finale
assicurativa, mentre il suo mancato esercizio non incide sulla
proponibilità dei rimedi risarcitori.
Nel caso invece di prescrizione della contribuzione previdenziale
omessa da parte del datore di lavoro il prestatore di lavoro subisce un
danno immediato111 consistente nella necessità di costituire la
provvista per il beneficio sostitutivo della pensione. La prescrizione
del diritto al risarcimento di questo danno decorre dal momento di
maturazione della prescrizione del diritto ai contributi, spettante
all'ente assicuratore.
Il secondo tipo di danno ex art. 2116 è dato dalla perdita totale o
parziale della prestazione previdenziale e per il suo sorgere è
necessario il mancato versamento dei contributi, la prescrizione degli
stessi ed il raggiungimento dell’età pensionabile. In questo caso la
definitiva perdita della prestazione previdenziale causa al lavoratore
un danno che il datore di lavoro è tenuto a risarcire in base al
menzionato
art.
2116
c.c.
111
I
suddetti
danni
nascono
Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass.
2004, 7-8 la cui massima è riportata nella nota successiva.
110
dall’inadempimento di obbligazioni contrattuali inerenti il rapporto di
lavoro112. Come tali ad essi è applicabile il termine di prescrizione
decennale ordinario di
cui all’art. 2946 c.c. L’inizio del termine
prescrizionale si differenzia nei due danni. Per il primo, diventando lo
stesso tutelabile nel momento in cui si determina la prescrizione del
credito contributivo, il dies a quo della prescrizione è da individuare
nel giorno successivo a quello nel quale si è prescritto il credito
dell’Ente Previdenziale. Tale momento può verificarsi anche nel corso
del rapporto di lavoro. Per il secondo tipo di danno, il termine decorre
dal momento in cui il diritto può essere fatto valere e cioè dal
momento in cui si sono verificate le due condizioni sopra esplicate: la
prescrizione dei contributi ed il raggiungimento dell’età pensionabile.
112
Ex pluribus Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust.
civ. Mass. 2004, 7-8: “Tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale
non è configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne
consegue che deve escludersi la sussistenza di una situazione di
litisconsorzio necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda
con la quale il lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei
confronti del datore di lavoro.
Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro
e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante all'ente
assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno immediato, diverso
dalla perdita futura e incerta della pensione di anzianità o di vecchiaia,
consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio
sostitutivo della pensione. La prescrizione del diritto al risarcimento di
questo danno decorre dal momento di maturazione della prescrizione del
diritto ai contributi, spettante all'ente assicuratore.”
111
a)IL RISARCIMENTO IN FORMA SPECIFICA DEL DANNO
PENSIONISTICO: LA COSTITUZIONE DELLA RENDITA
VITALIZIA.
In caso di prescrizione dell’obbligo contributivo, non trovando
applicazione il principio di automaticità, il lavoratore subisce un
danno della sfera giuridica patrimoniale, perché minore sarà l’importo
della pensione cui avrà diritto, e può agire nei confronti del datore di
lavoro per il risarcimento del danno, in forma specifica, attraverso la
costituzione di una rendita vitalizia pari alla pensione o quota di
pensione adeguata dell’assicurazione generale obbligatoria che
spetterebbe in relazione ai contributi omessi, o mediante l’azione
risarcitoria di cui all’art. 2116, comma secondo, cod. civ. 113
La costituzione della rendita vale a compensare il pregiudizio
derivante dall'omissione contributiva non più emendabile a causa
dell'intervenuta prescrizione, ma non realizza il recupero dell'anzianità
contributiva, avendo solo la finalità economica di integrare la
113
Sul tema, G. Pera, La responsabilità del datore di lavoro per omesso
versamento dei contributi previdenziale e l’art. 13 della legge 12 agosto
1962, n. 1338, in Riv. It. Dir. lav., 1962, I, 310; G. Galligani, Risarcimento
del danno da omissioni contributive nell’attuale ordinamento italiano, in
Lav. Prev. Oggi, 1992, 2113; R. Vianello, Omissione contributiva e tutela
del prestatore di lavoro, in Quad. dir. lav. ind., 1992, II, 233.
112
prestazione pensionistica maturata in misura inferiore proprio per
effetto delle carenze contributive pregresse.
L’art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, comporta sia la facoltà,
del datore di lavoro o del lavoratore, di ottenere la rendita presso
l’Inps, che il diritto del lavoratore di esigere la costituzione della
stessa mediante un’azione di condanna del medesimo datore a versare
la riserva matematica, che ha la finalità economica di integrare la
prestazione pensionistica maturata in misura inferiore proprio per
effetto delle carenze contributive pregresse114. Giurisprudenza
unanime ritiene che alla rendita vitalizia non possa accedere il
lavoratore autonomo, responsabile dell’inadempimento, né che tale
violazione possa comportare alcuna violazione del principio di
eguaglianza in quanto “ sarebbe irragionevole, ossia contrastante con
il principio di eguaglianza, parificare la situazione del lavoratore
dipendente, che perde benefici previdenziali a causa delle omissioni
contributive del datore di lavoro e perciò deve costituirsi la rendita o
chiedere il risarcimento del danno, e la situazione del professionista
114
Cassazione civile sez. lav. 18 ottobre 2002 n. 14807, in Giust. civ. Mass.
2002, 1820: “in tema di requisiti contributivi ai fini della pensione di
anzianità, il rimedio di cui all'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 vale a
compensare il pregiudizio derivante dall'omissione contributiva non più
emendabile (nella specie: a causa dell'intervenuta prescrizione), ma non
realizza il recupero dell'anzianità contributiva, avendo solo la finalità
economica di integrare la prestazione pensionistica maturata in misura
inferiore proprio per effetto delle carenze contributive pregresse.”
113
che per un certo periodo della sua vita professionale omette di
contribuire e più tardi vuole recuperare i benefici perduti”115.
L’ambito di efficacia soggettiva dell’istituto giuridico è stato però
esteso116, ai lavoratori familiari di impresa artigiana, ai collaboratori
115
Cassazione civile sez. lav. 16 agosto 2001 n. 11140, in Giust. civ. Mass.
2001, 1600, Foro it. 2001, I,3604, Giust. civ. 2003, I,2583 (nota di:
Bagianti): “nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il
regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle
parti, ai sensi dell'art. 3 comma 9 l. 8 agosto 1995 n. 335, che vale per ogni
forma di assicurazione obbligatoria e che, in forza del successivo comma 10
dello stesso articolo, si applica anche per i contributi prescritti prima della
entrata in vigore della suddetta legge. Da ciò consegue che deve escludersi
un diritto soggettivo dell'assicurato a versare contributi previdenziali
prescritti. Quanto poi alla differenza di trattamento dei lavoratori autonomi
rispetto a quelli subordinati, in relazione alla mancata previsione di
meccanismi di riparazione della perdita contributiva previsti solo per i
dipendenti (rendita vitalizia, risarcimento del danno), essa non vale a ledere
il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 cost., non potendosi
ragionevolmente parificare le diverse situazioni dei suddetti lavoratori” in
quanto … “ sarebbe irragionevole, ossia contrastante con il principio di
eguaglianza, parificare la situazione del lavoratore dipendente, che perde
benefici previdenziali a causa delle omissioni contributive del datore di
lavoro e perciò deve costituirsi la rendita o chiedere il risarcimento del
danno, e la situazione del professionista che per un certo periodo della sua
vita professionale omette di contribuire e più tardi vuole recuperare i
benefici perduti”.
116
In
questi
termini,
Corte
costituzionale
19 gennaio 1995 n. 18, in Dir. lav. 1995, II, 327 che estende il riscatto dei
contributi prescritti anche ai collaboratori dell’artigiano: “è infondata la
questione di costituzionalità dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338
(disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di pensione
dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti) in
riferimento agli art. 3 e 38 cost., nella parte in cui, nel consentire la
costituzione di rendite in luogo di contributi previdenziali di cui sia
prescritto il versamento all'Inps, si riferirebbe esclusivamente ai lavoratori
subordinati ai loro datori di lavoro ben potendo la norma essere interpretata
nel senso per cui nel significato dell'espressione "datore di lavoro" sia
incluso anche quello attinente ai rapporti degli artigiani e dei piccoli
commercianti con i loro familiari coadiuvati o coadiutori.” Ciò sulla
considerazione che la disposizione di cui al citato art. 13 “ha connotati di
generalità ed astrattezza tali da renderla applicabile a tutte le forme
114
familiari dell’impresa agricola117, e più in generale a tutti gli assicurati
che non versino direttamente i contributi “ma sottoposti a tal fine alle
determinazioni di altri soggetti” 118.
assicurative delle varie categorie di lavoratori che non hanno una posizione
attiva nel determinismo contributivo”
117
Cassazione civile sez. lav. 19 agosto 2003 n. 12149, in Giust. civ. Mass.
2003, 7-8: “anche in riferimento ai collaboratori dell'impresa agricola l'ente
previdenziale può essere condannato alla costituzione di una rendita vitalizia
per i contributi omessi e prescritti, in applicazione della norma contenuta
nell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, in quanto - in conformità
all'interpretazione data alla norma stessa dalla Corte costituzionale, con
sentenza n. 18 del 1995, in riferimento ai collaboratori della impresa
artigiana - la norma in questione appare dotata dei caratteri di generalità ed
astrattezza tali da giustificarne l'applicazione, oltre che ai lavoratori
dipendenti, anche ai lavoratori autonomi, qualora essi siano accomunati ai
precedenti dal fatto di non essere abilitati direttamente al versamento dei
contributi, essendo sottoposti al tal fine alla determinazione di altri soggetti, i
datori di lavoro da un canto, i titolari delle aziende agricole dall'altro. (Nel
caso di specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto
applicabile l'art. 13 in favore del collaboratore familiare dell'impresa
agricola, che non fu inserito negli elenchi nominativi dei coltivatori diretti
per determinazione del titolare dell'azienda che non provvedette a
denunciarlo a quindi neppure a versare i prescritti contributi).”
118
Cassazione civile sez. lav.18 agosto 2004 n. 16147, in Giust. civ. Mass.
2004, 7-8: “ a seguito della sentenza n. 18 del 1995 della Corte cost., l'unica
interpretazione conforme a Costituzione dell'art. 13 della legge n. 1338 del
1962 (versamento della riserva matematica per la costituzione di rendita
vitalizia nel caso di omissioni contributive non più sanabili per intervenuta
prescrizione) è quella che ne estende l'applicazione a favore dei lavoratori
autonomi, posto che con tale interpretazione, alla quale va escluso il
carattere innovativo, il giudice delle leggi, pur non operando una
indiscriminata estensione ai detti lavoratori della disciplina dei lavoratori
dipendenti, ha individuato nel citato art. 13 quei connotati di generalità e
astrattezza tali da consentirne l'applicazione a tutte le categorie di lavoratori
non abilitati al versamento diretto dei contributi, ma sottoposti a tal fine alle
determinazioni di altri soggetti; pertanto, deve ritenersi che anche i familiari
coadiuvanti dell'impresa diretto - coltivatrice siano abilitati al versamento
della riserva ex art. 13 cit., non ostandovi l'esistenza di particolari
meccanismi di accreditamento dei contributi previdenziali previsti per i
coltivatori diretti; in tali ipotesi, ove risulti, come nella specie, provata
documentalmente la esistenza di un rapporto di lavoro e, attraverso
115
deposizioni testimoniali anche la durata dello stesso (e non sia possibile
determinare la retribuzione per le peculiarità del rapporto di cui all'art. 2140
c.c. nel testo anteriore alla riforma del diritto di famiglia attuata con la legge
n. 151 del 1975, per l'assenza di un vero e proprio corrispettivo in danaro e
l'effettuazione della remunerazione attraverso il mantenimento e la
partecipazione al godimento del patrimonio familiare), la prova della
retribuzione ex art. 13, comma 5, della legge n. 1338 del 1962 non poteva
ritenersi presupposto per la costituzione della rendita, essendo solo per
effetto della legge n. 233 del 1990 stato introdotto un sistema organico di
riscatto dei periodi totalmente o parzialmente scoperti di contribuzione,
secondo quanto previsto dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, mentre, per
il periodo precedente, non sussiste, alcun impedimento a determinare la
riserva matematica, procedendosi all'applicazione di una contribuzione
figurativa determinata in base alle giornate di lavoro, alla stregua delle
disposizioni dell'art. 3 della legge n. 1047 del 1957, secondo le modalità
stabilite dal r.d. n. 2138 del 1938 e dal r.d. n. 1949 del 1940 e successive
modificazioni.”
Cassazione civile sez. lav. 13 aprile 2002 n. 5330, in Giust. civ. Mass. 2002,
639: “in tema di diritto alla rendita vitalizia ex art. 13 legge n. 1338 del
1962, l'unica interpretazione conforme a Costituzione della predetta
disposizione, che prevede il versamento della riserva matematica per la
costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni contributive non più
sanabili per intervenuta prescrizione, è quella, fornita dalla Corte cost. con la
sentenza n. 18 del 1995, che la estende ai familiari coadiuvanti di imprese
artigiane, non essendo possibile addivenire ad una interpretazione della
norma difforme da quella indicata senza suscitare un dubbio di
costituzionalità non manifestamente infondato (con conseguente obbligo di
rinvio alla Corte cost.). Con detta interpretazione, peraltro, non si è operata
una indiscriminata estensione ai lavoratori autonomi della disciplina dei
lavoratori dipendenti, ma si sono individuati nel citato art. 13 della legge n.
1338 del 1962, quei connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne
l'applicazione a tutte le categorie di lavoratori che non sono abilitati al
versamento diretto dei contributi, ma sono sottoposti, a tale riguardo, alle
determinazioni di altri soggetti (datori di lavoro ovvero titolari di azienda
artigiana).”
Cassazione civile sez. lav.15 giugno 2001 n. 8089, in Giust. civ. Mass.
2001, 1194: “a seguito della sentenza n. 18 del 1995 Corte cost. - la quale ha
affermato che l'unica interpretazione conforme a Costituzione dell'art. 13
della legge n. 1338 del 1962 (versamento della riserva matematica per la
costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni contributive non più
sanabili per intervenuta prescrizione) è quella che ne estende l'applicazione
ai familiari coadiuvanti di imprese artigiane - non è possibile addivenire ad
una interpretazione della norma difforme da quella indicata dalla Corte nella
suddetta decisione e recentemente ribadita nell'ordinanza n. 21 del 2001. Del
resto, con detta interpretazione non si è operata una indiscriminata
116
Un altro fondamentale intervento della Corte Costituzionale ha poi
consentito di mitigare il rigore dell’art. 13 in ordine ai requisiti
costitutivi del diritto (la cui ratio era nell’ esigenza di evitare che, a
notevole distanza di tempo, si vantassero posizioni assicurative
fittizie, provando con testimoni fatti molto remoti) perché la necessità
della prova scritta è stata limitata alla sola esistenza del rapporto di
lavoro, potendosi invece provare con altri mezzi, anche orali, la durata
dello stesso e l’ammontare della retribuzione
119
. La necessità della
prova scritta della esistenza del rapporto per accedere alla costituzione
della rendita vitalizia è stata comunque ribadita dalla giurisprudenza
della Cassazione 120, che ha anche precisato come il ricorso a mezzi di
estensione ai lavoratori autonomi della disciplina dei lavoratori dipendenti,
ma si sono individuati nel citato art. 13 della legge n. 1338 del 1962
connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne l'applicazione a tutte
le categorie di lavoratori che, non essendo abilitati al versamento diretto dei
contributi, sono sottoposti a tale riguardo alle determinazioni di altri soggetti
(datori di lavoro ovvero titolari di imprese artigiane).”
119
Corte costituzionale 22 dicembre 1989 n. 568, in Giust. civ. 1990, I,605.,
Mass. giur. lav. 1989, 593., Riv. it. dir. lav. 1990, II,303: “é
costituzionalmente illegittimo - per contrasto con gli art. 3, 24, 38 cost. l'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, recante disposizioni per il miglioramento
di pensioni dell'assicurazione per l'invalidità, vecchiaia e superstiti, nella
parte in cui, salva la necessità della prova scritta sull'esistenza del rapporto di
lavoro da fornirsi dal lavoratore, non consente di provare altrimenti la durata
del rapporto stesso e l'ammontare della retribuzione.”
120
Cassazione civile sez. un. 18 gennaio 2005 n. 840, in Diritto & Giustizia
2005: “l'omissione contributiva del datore di lavoro si combatte con carte
alla mano. Il dipendente che intende provare l'esistenza di un rapporto di
lavoro subordinato, per ottenere una rendita vitalizia corrispondente alla
quota di pensione perduta a causa del mancato versamento dei contributi,
dovrà fornire la prova scritta di tale rapporto anche per il periodo in cui la
sua posizione non era regolare.
117
Nel caso di omesso versamento dei contributi previdenziali, il lavoratore può
sia chiedere al datore del lavoro il risarcimento del danno, sia versare
direttamente all'Inps l'importo necessario alla costituzione della rendita, e
ripetere poi la somma corrispondente dal datore di lavoro.
Il lavoratore, per ottenere dall'Inps la costituzione della rendita nel caso di
omesso versamento dei contributi previdenziali da parte del datore di lavoro,
deve provare per iscritto la esistenza di un rapporto di lavoro subordinato; ne
consegue che è insufficiente, ai fini suddetti, la prova scritta di un rapporto
di altra natura, così come la prova scritta dello svolgimento di lavoro
subordinato in epoca successiva a quella per cui si lamenta l'omissione
contributiva.”
Cassazione civile sez. lav. 11 luglio 2005 n. 14504, in Foro it. 2005, I,2310:
“ai fini della costituzione di una rendita vitalizia che, ai sensi dell'art. 13 l. 12
agosto 1962 n. 1338, tenga luogo della pensione (o della quota di essa)
corrispondente ai contributi il cui versamento, omesso dal datore di lavoro,
non sia più possibile per intervenuta prescrizione, i mezzi di prova orali
ammissibili, sulla durata del rapporto e l'ammontare della retribuzione, non
possono eludere la necessità della prova scritta sull'esistenza del rapporto di
lavoro (nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva
ravvisato la sussistenza della prova scritta nelle buste paga relative a periodo
incontroverso e successivo a quello di omissione contributiva, desumendo da
prova orale una decorrenza del rapporto pregressa rispetto a quella
documentata).”
Cassazione civile sez. lav. 05 novembre 2003 n. 16637, in Giust. civ. Mass.
2003, 11: “nella causa promossa dal lavoratore nei confronti dell'ex datore di
lavoro e dell'Inps per la costituzione di rendita vitalizia ai sensi dell'art. 13
della legge n. 1338 del 1962, a seguito della prescrizione dei contributi
previdenziali non versati, l'onere probatorio relativo all'esistenza del
rapporto di lavoro subordinato (a differenza di quello riguardante la durata e
l'ammontare della retribuzione, a seguito della sentenza della Corte cost. n.
568 del 1989) può essere soddisfatto solo mediante documenti. (Nella specie
il giudice d'appello avendo accertato la sussistenza di una duplicità di
rapporti in capo al ricorrente, il primo quale collaboratore del padre e il
secondo quale titolare dell'impresa agricola, aveva escluso la prova
testimoniale volta a dimostrare che nella titolarità dell'azienda vi era stata
una mera modifica soggettiva con successione dal padre al fratello del
ricorrente. La S.C, nel confermare la sentenza di merito, ha rilevato che la
prova testimoniale avrebbe inammissibilmente investito il contenuto e la
diversa natura del rapporto diversamente emergenti dal dato documentale).”
Cassazione civile sez. lav. 02 marzo 2001 n. 3085, in Giust. civ. Mass.
2001, 389: “ai sensi dell'art. 13, commi 4 e 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338 (nel
testo risultante a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità
costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989), ai fini
della costituzione della rendita prevista dallo stesso articolo in ipotesi di
118
prova diversi da quella scritta non può essere volto all’accertamento
che il rapporto di lavoro si sia costituito prima di quanto risulti dalla
documentazione allegata121, anche se questo non implica che il
documento debba essere stato necessariamente formato nel corso del
rapporto di lavoro o al termine di esso122. La facoltà concessa al
omesso versamento dei contributi assicurativi e di avvenuta prescrizione dei
medesimi, sussiste la necessità della prova scritta in ordine all'esistenza del
rapporto di lavoro subordinato nel periodo di omissione contributiva,
essendo consentito provare con altri mezzi, anche orali, soltanto la durata del
detto rapporto e l'ammontare della retribuzione.”
121
Cassazione civile sez. lav. 19 maggio 2005 n. 10577, in Giust. civ. Mass.
2005, 5: “in caso di omesso versamento dei contributi assicurativi da parte
del datore di lavoro e di avvenuta prescrizione dei medesimi, la necessità
della prova scritta ai fini della costituzione della rendita vitalizia (prevista
dall'art. 13, commi 4 e 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338), è relativa solo
all'esistenza del rapporto di lavoro, mentre l'estensione temporale di esso e
l'importo delle retribuzioni possono essere provati con altri mezzi istruttori,
anche orali. è tuttavia escluso il ricorso ad altri mezzi di prova per accertare
che il rapporto di lavoro si sia costituito prima di quanto risulta dai
versamenti effettuati, quando dal documento emerga con certezza la data
della costituzione del rapporto di lavoro.”
122
Cassazione civile sez. lav. 27 agosto 2003 n. 12552, in Giust. civ. Mass.
2003, 7-8: “ai fini della costituzione della rendita prevista dall'art. 13 l. 12
agosto 1962 n. 1338 nel testo risultante a seguito della dichiarazione di
parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n.
568 del 1989, la necessità della prova scritta di data certa (comprovabile a
norma dell'art. 2704, comma 3, c.c.) relativa all'esistenza del rapporto di
lavoro subordinato non implica che il documento debba esser stato formato
nel corso del rapporto di lavoro o al termine di esso, giacché la finalità della
data certa non è quella di dare certezza temporale ai fatti oggetto della
dichiarazione, ma di rendere riferibile con sicurezza la dichiarazione a chi ne
risulta autore e di fissare il momento temporale della stessa. (Nella specie la
S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva respinto la richiesta di prova
testimoniale articolata dal lavoratore per dimostrare la data di rilascio di una
dichiarazione del datore di lavoro).”
Cassazione civile sez. lav. 04 novembre 1997 n. 10824, in Giust. civ. Mass.
1997, 2075: “nella causa promossa dal lavoratore nei confronti dell'ex
datore di lavoro e dell'Inps per la costituzione di rendita vitalizia ai sensi
119
lavoratore di sostituirsi al datore di lavoro nella costituzione della
rendita vitalizia, salva la possibilità di recuperare nei suoi confronti la
somma equivalente alla riserva matematica versata, è subordinata agli
stessi requisiti, a cui è però da aggiungere la rigorosa prova della
dell'art. 13 della l. n. 1338 del 1962, a seguito della prescrizione dei
contributi previdenziali non versati, anche il datore di lavoro ha
legittimazione ed interesse a far valere la mancanza della necessaria prova
scritta del rapporto di lavoro, stante la possibile diversità dell'onere
economico su lui gravante a seguito di costituzione della rendita rispetto a
quello di una diversa forma di risarcimento. (Sulla base del riportato
principio la S.C. ha confermato la sentenza con cui il giudice d'appello, pur
ribadendo l'accertamento della natura subordinata del rapporto inter partes,
aveva rigettato, a seguito di appello del solo datore di lavoro, la domanda di
costituzione della rendita vitalizia per difetto di prova documentale del
rapporto di lavoro).”
Cassazione
civile
sez.
lav.
28
marzo
2003
n. 4779 in Giust. civ. Mass. 2003, 654: “ai sensi dell'art. 13, commi 4 e 5,
legge n. 1338 del 1962 (nel testo risultante a seguito della dichiarazione di
parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n.
568 del 1989), ai fini della costituzione della rendita prevista dallo stesso
articolo, in ipotesi di omesso versamento dei contributi assicurativi e di
avvenuta prescrizione dei medesimi, l'esistenza del rapporto di lavoro nel
periodo di omissione contributiva deve essere dimostrata mediante prova
scritta, avente data certa ex art. 2704, c.c., essendo invece consentito provare
anche con altri mezzi, la durata del detto rapporto e l'ammontare della
retribuzione. L'esistenza del rapporto di lavoro può inoltre essere provata
anche con atto pubblico proveniente dall'autorità amministrativa o da
pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede, che attesti detto
elemento in quanto a sua diretta conoscenza o perché risultante da atti di
ufficio, ma non può essere provata mediante una certificazione rilasciata dal
sindaco, attestante che il richiedente ha svolto una attività di lavoro
subordinato alle dipendenze di un datore di lavoro privato, dato che nessuna
norma attribuisce al sindaco il potere di certificazione in ordine all'esistenza
di rapporti di lavoro nell'ambito del territorio comunale. (Nella specie, la
certificazione rilasciata dal sindaco conteneva una mera rappresentazione di
fatti e circostanze accertati a distanza di tempo mediante assunzione di
sommarie informazioni).”
120
impossibilità di ottenere la rendita da parte del datore di lavoro123. È
infatti inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore
123
Cassazione civile sez. lav. 21 luglio 2005 n. 15304, in Giust. civ. Mass.
2005, 6: “il lavoratore, quando non possa ottenere dal datore di lavoro la
costituzione della rendita a norma dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962,
può egli stesso sostituirsi al datore di lavoro, salvo il diritto al risarcimento
del danno, a condizione che fornisca all'Inps le prove del rapporto di lavoro e
della retribuzione percepita; ne consegue che è inammissibile la domanda
proposta direttamente dal lavoratore nei confronti dell'Inps, in sostituzione
del datore di lavoro, e diretta ad ottenere la costituzione di una rendita
vitalizia, ove il lavoratore non abbia dato la prova della impossibilità di
ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro. È manifestamente infondata
la q.l.c. della norma, in quanto essa non crea un trattamento deteriore per il
lavoratore ma al contrario costituisce una norma di favore, i cui limiti
trovano la loro giustificazione nella funzione sostitutoria della facoltà di
attivarsi direttamente presso l'Inps, e nel necessario contemperamento tra
l'interesse del lavoratore a non rimanere privo di tutela previdenziale e
l'esigenza di contrastare il rischio di posizioni lavorative fittizie.
È inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei
confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, al fine di ottenere la
costituzione di una rendita vitalizia ai sensi dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n.
1338, ove il lavoratore non abbia dato la prova dell'impossibilità di ottenere
la rendita dallo stesso datore di lavoro.
È manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338,
interpretato nel senso che la preventiva richiesta al datore di lavoro di
costituzione della rendita vitalizia configuri una condizione di ammissibilità
della domanda proposta direttamente dal lavoratore nei confronti dell'Inps, in
riferimento agli art. 3, 24 e 38, comma 2, cost.”
In ordine al contenuto della prova:
Cassazione civile sez. lav. 25 maggio 2004 n. 10057, in Giust. civ. Mass.
2004, 5: “ a norma del comma 5 dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, è
inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei confronti
dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, e diretta ad ottenere la
costituzione di una rendita vitalizia (pari alla pensione o alla quota di
pensione adeguata ai contributi assicurativi omessi e non più versabili per
intervenuta prescrizione), ove il lavoratore non abbia dato la prova della
impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro.”
Cassazione civile sez. lav. 15 maggio 2004 n. 9305, in Giust. civ. Mass.
2004, 5: “Ai sensi dell'art. 13, comma 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338, perché il
lavoratore, sia esso lavoratore dipendente o coadiuvante nell'impresa
agricola, sia legittimato a proporre la domanda nei confronti dell'Inps per
costituirsi la rendita sostitutiva prevista per il caso di mancata ottemperanza
121
nei confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, al fine di
ottenere la costituzione di una rendita vitalizia ai sensi dell'art. 13 l. 12
agosto 1962 n. 1338, ove il lavoratore non abbia dato la prova
dell'impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro 124.
Nella giurisprudenza recente in materia orientamenti contrastanti si
registrano sulla prescrittibilità del diritto alla costituzione della rendita
vitalizia.
Un primo orientamento inquadra l’istituto in esame come una facoltà
riconducibile alla categoria dei diritti potestativi, in quanto tale
imprescrittibile125. Altra giurisprudenza ritiene invece che il diritto
all'obbligo contributivo deve dimostrare l'impossibilità di ottenere la
costituzione della rendita da parte del datore di lavoro. (Nella specie, la S.C.
ha ritenuto che il giudice di merito avesse fatto corretta applicazione di tale
principio, negando il diritto del ricorrente ad ottenere la costituzione della
rendita da parte dell'Inps, non avendo egli documentato neppure di aver
richiesto la costituzione della rendita al datore di lavoro, ed essendosi
limitato ad addurre la difficoltà di ottenere la costituzione della rendita,
facendo parte il datore di lavoro del suo stesso nucleo familiare).”
Requisito che non è stato riconosciuto nell’avvenuto decesso del datore di
lavoro e nel lungo tempo trascorso Cassazione civile sez. lav. 20 dicembre
2004 n. 23584, in Giust. civ. Mass. 2004, 12: “Il lavoratore che,
sostituendosi al datore di lavoro, intenda egli stesso provvedere al
versamento della riserva matematica per la costituzione della rendita vitalizia
(per periodi non coperti da contribuzione ormai prescritta) e che, pertanto,
agisca direttamente nei confronti dell'Inps, deve allegare e comprovare che
non ha potuto far valere questa pretesa nei confronti del datore di lavoro.
(Nella specie la impossibilità di ottenere la costituzione della rendita da parte
del datore di lavoro erroneamente era stata individuata dai giudici di merito
nell'avvenuto decesso del datore stesso e nel lungo periodo di tempo
trascorso, circostanze, entrambe, che non integravano il requisito in esame).”
124
125
Cassazione civile sez. lav. 19 maggio 2003 n. 7853 in Giust. civ. Mass.
2003, 5: “nell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i
superstiti, la facoltà di costituire una rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l.
122
alla costituzione della rendita sia un rimedio reintegrativo e
risarcitorio rispetto al diritto indisponibile all’adempimento degli
obblighi assicurativi, e quindi resta soggetto alla prescrizione
decennale di cui all’art. 2946 c. c., che decorre dalla data di
prescrizione del credito contributivo dell’ente126.
12 agosto 1962 n. 1338, non è soggetta a prescrizione decorrente dal
momento in cui, a seguito della prescrizione dei contributi non versati, la
facoltà avrebbe potuto essere esercitata; deve altresì escludersi che la
prescrizione cominci a decorrere dal momento in cui, in caso di regolare
versamento dei contributi, sarebbe maturato il diritto alla pensione, oppure
dal momento in cui, in base ai contributi già versati, il soggetto abbia
conseguito la pensione, atteso che il citato art. 13 è chiaro nel non attribuire
a tali eventi incidenza preclusiva della facoltà di costituire, con effetti "ex
novo", la rendita vitalizia.”
126
Cassazione civile sez. lav. 13 marzo 2003 n. 3756, in Giust. civ. Mass.
2003, 520: “il diritto del lavoratore di vedersi costituire, a spese del datore di
lavoro, la rendita vitalizia di cui all'art. 13, comma 5, l. 12 agosto 1962 n.
1338, per effetto del mancato versamento da parte di quest'ultimo dei
contributi previdenziali, è soggetto al termine ordinario di prescrizione, che
decorre dalla data di prescrizione del credito contributivo dell'Inps, senza che
rilevi la conoscenza o meno, da parte del lavoratore, della omissione
contributiva.”
Cassazione civile sez. lav. 29 dicembre 1999 n. 14680, in Giust. civ. Mass.
1999, 2642: “in caso di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del
datore di lavoro per contributi previdenziali e di successiva costituzione di
rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 con versamento della
relativa riserva matematica all'Inps da parte del lavoratore interessato,
compete a quest'ultimo - nel termine prescrizionale decorrente dalla perdita
(totale o parziale) del trattamento previdenziale - l'ordinaria azione
risarcitoria prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c., anche nel caso in cui non
sia più esercitabile l'azione per la restituzione di quanto versato per la
costituzione della rendita vitalizia, mancando il necessario presupposto della
perdurante azionabilità (sotto il profilo della prescrizione) della pretesa del
lavoratore nei confronti del datore di lavoro di vedersi costituire, a spese di
quest'ultimo, la suddetta rendita vitalizia, il cui termine prescrizionale
decorre già a partire dalla data di prescrizione del credito contributivo
dell'Inps. Nè alla qualificazione quale risarcitoria dell'azione proposta dal
lavoratore contro il datore di lavoro, e quindi alla decorrenza della
prescrizione solo dalla perdita del trattamento previdenziale, osta la
123
b) IL RISARCIMENTO PER EQUIVALENTE DEL DANNO
PENSIONISTICO.
In tema di omissione contributiva, le due azioni previste
rispettivamente dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 (per la
costituzione presso l'INPS di una rendita vitalizia mediante
circostanza che ai fini della quantificazione del danno si faccia riferimento
alla riserva matematica "ex" art. 13 cit.
In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, dopo l'estinzione
per prescrizione del credito dell'Inps, il lavoratore può chiedere al datore di
lavoro, alternativamente, il risarcimento dei danni ex art. 2116 c.c. o la
restituzione della somma versata all'Inps a titolo di riserva matematica per la
costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338.
In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione
risarcitoria ex art. 2116 c.c. si prescrive in dieci anni a partire dalla perdita
totale o parziale del trattamento previdenziale e per la quantificazione del
danno è possibile fare riferimento alla riserva matematica ex art. 13 l. 12
agosto 1962 n. 1338.
In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione
restitutoria ex l. 12 agosto 1962 n. 1338 si prescrive in dieci anni dalla data
di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro.
Cassazione civile sez. lav. 02 novembre 1998 n. 10945, in Giust. civ. Mass.
1998, 2239: “nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del
lavoratore ad agire per il risarcimento del danno (ex art. 2116 c.c.) ancor
prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni
previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al
risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione
contributiva a provocare danno. L'esercizio della facoltà del lavoratore
dipendente di ricostruire mediante rendita vitalizia ex art. 13, comma 5, l. n.
1338 del 1962 la propria posizione assicurativa presso l'Inps in sostituzione
del datore di lavoro è soggetto anch'esso a prescrizione con decorrenza dal
giorno in cui il diritto poteva essere fatto valere e tale prescrizione può
essere eccepita anche dal datore di lavoro, ancorché egli non sia il soggetto
passivo del diritto suddetto. In caso di omissione contributiva, il lavoratore
può chiedere, la condanna al risarcimento del danno per la cui
quantificazione può farsi riferimento al criterio previsto dall'art. 13 l. 12
agosto 1962 n. 1338, che quantifica il risarcimento in forma specifica,
mediante costituzione di una rendita sostitutiva della perdita del trattamento
per effetto all'omissione suddetta.”
124
versamento della riserva matematica) e dall'art. 2116, comma 2, c.c.
(per il risarcimento del danno a carico del datore di lavoro) sono non
già connesse e indipendenti bensì del tutto autonome, anche se si
fondano sul presupposto comune dell'omissione contributiva del
datore di lavoro, e sono quindi separatamente esperibili dal lavoratore
in due distinti giudizi nei confronti dei rispettivi legittimati 127.
Evidenti le diversità tra i due rimedi, sia riguardo ai presupposti che
all’oggetto, perché l’azione di costituzione della rendita vitalizia è
volta ad ottenere il versamento della riserva all’Inps, e deve quindi
essere svolta in contraddittorio necessario con l’ente previdenziale128,
127
Cassazione civile sez. lav. 13 giugno 1990 n. 5742, in Giust. civ. Mass.
1990, fasc. 6: “in tema di omissione contributiva, le due azioni previste
rispettivamente dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 (per la costituzione
presso l'INPS di una rendita vitalizia mediante versamento della riserva
matematica) e dall'art. 2116, comma 2, c.c. (per il risarcimento del danno a
carico del datore di lavoro) sono non già connesse e indipendenti bensì del
tutto autonome, anche se si fondano sul presupposto comune dell'omissione
contributiva del datore di lavoro, e sono quindi separatamente esperibili dal
lavoratore in due distinti giudizi nei confronti dei rispettivi legittimati.”
128
Cassazione civile sez. lav. 23 gennaio 1989 n. 379, in Giust. civ. Mass.
1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989, 656: “il lavoratore ha un vero e
proprio diritto soggettivo al regolare versamento dei contributi previdenziali
in proprio favore ed alla conformità alle prescrizioni di legge della propria
posizione assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di
tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia pregiudicato;
consegue che, in caso di mancato o insufficiente versamento dei contributi
(situazione che si verifica anche quando l'obbligo contributivo venga assolto
su importi retributivi inferiori a quelli effettivamente corrisposti), lo stesso
lavoratore può agire in giudizio, anche prima che si sia concluso il rapporto
giuridico previdenziale, per ottenere la condanna del datore di lavoro alla
regolarizzazione della posizione assicurativa mediante il versamento all'ente
previdenziale dei contributi omessi e non prescritti, e può avvalersi, per i
contributi prescritti, del rimedio previsto dall'art. 13 della l. 12 agosto 1962
n. 1338, che gli consente di ottenere, in contraddittorio necessario con il
125
mentre l’azione risarcitoria di cui all’art. 2116 Cod. Civ. postula sia
l’inadempienza contributiva che la perdita della prestazione
assicurativa, e non prevede la partecipazione al giudizio dell’ente129.
suddetto ente, la condanna del datore di lavoro alla costituzione di una
rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o alla quota di pensione
corrispondente ai contributi omessi.”
129
Cassazione civile sez. lav. 22 novembre 1999 n. 12946, in Giust. civ.
Mass. 1999, 2325: “ove il lavoratore, che lamenti il mancato versamento dei
contributi previdenziali, agisca nei confronti del datore di lavoro
chiedendone la condanna al pagamento di un importo pari alla riserva
matematica necessaria per la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13
della l. n. 1338 del 1962, l'azione esercitata è pur sempre quella di
risarcimento del danno di cui all'art. 2126 c.c. e quindi non occorre
l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'Inps, che è invece
necessaria ove l'azione esercitata sia quella prevista dal richiamato art. 13,
ossia la costituzione preso l'Inps di una rendita vitalizia mediante versamento
della corrispondente riserva matematica.”
Cassazione civile sez. lav. 01 ottobre 1985 n. 4733, in Giust. civ. Mass.
1985, fasc. 10: “sussiste il vizio di extrapetizione, ove, proposta dal
ricorrente la domanda di risarcimento del danno ex art. 2116, comma 2, c.c.
per l'omesso versamento di contributi ormai prescritti, il giudice condanni il
datore di lavoro al versamento all'INPS di una somma capitale per la
costituzione di rendita vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, anche
se dal ricorrente venga fatto richiamo al disposto di tale norma al fine di
indicare un criterio per la quantificazione del danno di cui pretende il
risarcimento.
Il lavoratore - il quale agisca in giudizio chiedendo l'accertamento
dell'omissione del versamento da parte del datore di lavoro dei contributi
previdenziali e assicurativi, ormai prescritti, e la conseguente condanna di
quest'ultimo al risarcimento del danno - non ha interesse all'impugnazione,
in via adesiva a quella proposta dell'INPS per extra-petizione, della sentenza
con cui il datore di lavoro sia stato condannato alla costituzione presso
l'INPS della riserva matematica ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962,
giacché in tal modo viene integralmente ricostituita la posizione assicurativa
del lavoratore ed emendato il danno patito, senza che possa rilevare
l'eventuale insufficienza del versamento, comportando ciò la mancanza del
presupposto della perdita totale o parziale della prestazione previdenziale
spettante all'assicurato (o ai suoi superstiti), indispensabile a far sorgere
l'obbligo risarcitorio di cui all'art. 2116, comma 2, c.c..”
126
Diversamente dall’azione per la costituzione della rendita vitalizia,
sottoposta al rigoroso onere della prova documentale della esistenza
del rapporto di lavoro, per l’azione di risarcimento del danno - che
può essere radicata anche nel caso in cui il lavoratore abbia
personalmente provveduto al versamento della riserva matematica, ma
non sia più esercitabile l’azione restitutoria per intervenuta
prescrizione della relativa azione130- non sono previste restrizioni
Cassazione civile sez. lav. 10 giugno 1992 n. 7104, in Giust. civ. Mass.
1992, fasc. 6, Informazione previd. 1992, 1304: “in relazione al disposto di
cui all'art. 55 del r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827, la interruzione della
prescrizione dei contributi di assicurazione obbligatoria (il cui decorso
preclude la possibilità di effettuare versamenti a regolarizzazione dei
contributi arretrati) si verifica solo per effetto degli atti, indicati dall'art. 2943
c.c., posti in essere dall'INPS (titolare del relativo diritto di credito), e non
quando anche uno di tali atti sia posto in essere dal lavoratore, come
nell'ipotesi di azione giudiziaria da questi proposta nei confronti del datore di
lavoro.
Cassazione civile sez. lav. 11 maggio 2000 n. 6063, in Giust. civ. Mass.
2000: “legittimamente il giudice di merito - investito della domanda di
condanna del datore di lavoro a costituire presso l'Inps, a mezzo di
versamento dell'importo da determinarsi in corso di causa, la riserva
matematica necessaria a garantire al lavoratore dipendente, all'atto del
pensionamento, una pensione uguale a quella che avrebbe percepito se
fossero stati versati i contributi obbligatori, ed esclusa l'attualità
dell'interesse in ordine alla domanda di costituzione di una rendita vitalizia,
perché non ancora maturato il diritto alla prestazione previdenziale richiesta
- emette, anche senza l'espressa richiesta della parte o l'eventuale
acquiescenza della controparte, la declaratoria del diritto dell'assicurato a
veder risarcito il danno subito in conseguenza del mancato accreditamento
dei contributi obbligatori”.
130
Cassazione civile sez. lav. 29 dicembre 1999 n. 14680, in Giust. civ.
Mass. 1999, 2642, Mass. giur. lav. 2000, 400 (nota di: Ciocca), Orient. giur.
lav. 2000, I, 262: “in caso di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti
del datore di lavoro per contributi previdenziali e di successiva costituzione
di rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 con versamento
della relativa riserva matematica all'Inps da parte del lavoratore interessato,
127
probatorie, neanche quando il lavoratore, ai soli fini della
quantificazione del danno, faccia riferimento al criterio previsto dal
citato art. 13 per il risarcimento in forma specifica131. La
compete a quest'ultimo - nel termine prescrizionale decorrente dalla perdita
(totale o parziale) del trattamento previdenziale - l'ordinaria azione
risarcitoria prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c., anche nel caso in cui non
sia più esercitabile l'azione per la restituzione di quanto versato per la
costituzione della rendita vitalizia, mancando il necessario presupposto della
perdurante azionabilità (sotto il profilo della prescrizione) della pretesa del
lavoratore nei confronti del datore di lavoro di vedersi costituire, a spese di
quest'ultimo, la suddetta rendita vitalizia, il cui termine prescrizionale
decorre già a partire dalla data di prescrizione del credito contributivo
dell'Inps. Nè alla qualificazione quale risarcitoria dell'azione proposta dal
lavoratore contro il datore di lavoro, e quindi alla decorrenza della
prescrizione solo dalla perdita del trattamento previdenziale, osta la
circostanza che ai fini della quantificazione del danno si faccia riferimento
alla riserva matematica "ex" art. 13 cit.
In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, dopo l'estinzione
per prescrizione del credito dell'Inps, il lavoratore può chiedere al datore di
lavoro, alternativamente, il risarcimento dei danni ex art. 2116 c.c. o la
restituzione della somma versata all'Inps a titolo di riserva matematica per la
costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338.
In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione
risarcitoria ex art. 2116 c.c. si prescrive in dieci anni a partire dalla perdita
totale o parziale del trattamento previdenziale e per la quantificazione del
danno è possibile fare riferimento alla riserva matematica ex art. 13 l. 12
agosto 1962 n. 1338.
In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione
restitutoria ex l. 12 agosto 1962 n. 1338 si prescrive in dieci anni dalla data
di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro.”
131
Cassazione civile sez. lav. 07 giugno 2003 n. 9168, in Giust. civ. Mass.
2003, 6: “in caso di omissione contributiva, qualora il lavoratore chieda la
condanna al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2116 e, ai soli fini della
quantificazione, faccia riferimento al criterio previsto dall'art. 13 l. 12 agosto
1962 n. 1338, che quantifica il risarcimento in forma specifica, mediante
costituzione di una rendita sostitutiva della perdita del trattamento per effetto
all'omissione suddetta, è irrilevante l'indagine in ordine alla sussistenza delle
particolari condizioni richieste da quest'ultima disposizione.”
128
responsabilità del datore di lavoro
132
, ha natura contrattuale, perché
deriva dalla violazione di una specifica obbligazione imposta dalla
legge, e dà così luogo - anche ai fini della competenza territoriale - ad
una controversia di lavoro, e non previdenziale133, per la quale
l’interesse ad agire sussiste al momento della prescrizione dei
contributi, indipendentemente dal verificarsi degli eventi che
condizionano l’erogazione della prestazione previdenziale, potendo il
lavoratore avvalersi della domanda di condanna generica volta ad
132
Cassazione civile sez. lav. 29 maggio 1991 n. 6092, in Giust. civ. Mass.
1991, fasc. 5, Informazione previd. 1991, 1087: “ai fini del risarcimento del
danno da omissione contributiva ex art. 2116 c.c. l'inerzia dell'assicurato che
non abbia provveduto per lungo tempo a chiedere all'istituto previdenziale il
controllo sulla propria posizione assicurativa non può essere valutata come
fatto colposo del creditore, tale da determinare la diminuzione del
risarcimento stesso ai sensi dell'art. 1227 comma 2 c.c., in quanto non
sussiste in proposito alcun dovere di attività del lavoratore subordinato, e il
principio posto da detta norma non richiede da parte del creditore o
danneggiato un'attività più onerosa di quel che comporta l'uso di una
ordinaria diligenza.”
133
Cassazione civile sez. lav. 28 novembre 1994 n. 10121, in Giust. civ.
Mass. 1994, fasc. 11: “la responsabilità dell'imprenditore, ai sensi dell'art.
2116 c.c., per il danno cagionato al lavoratore rimasto privo della
prestazione a causa della mancata o irregolare contribuzione, è fondata
sull'inadempienza di un'obbligazione imposta ex legge al datore di lavoro, e
pertanto la relativa azione ha natura contrattuale e dà luogo ad una
controversia di lavoro, e non già previdenziale, con la conseguenza che, ai
fini della determinazione della competenza territoriale, sono applicabili i
parametri previsti dall'art. 413 c.p.c. e non quelli di cui all'art. 444 dello
stesso codice.
Le dichiarazioni rese dalle parti in sede di interrogatorio non formale, pur
prive di valore confessorio, possono costituire il fondamento del
convincimento del giudice, specialmente nelle controversie di lavoro, nelle
quali il suddetto interrogatorio è previsto e regolato come un atto istruttorio
obbligatorio per il giudice di primo grado.”
129
accertare la potenzialità dell’omissione contributiva a provocare
danno, salva poi la facoltà di esperire l’azione risarcitoria al momento
del prodursi dell’evento dannoso134. Ai sensi dell’art. 2115, comma
134
Cassazione civile sez. lav.26 maggio 1995, in Giust. civ. Mass. 1995,
1078: “Nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al
risarcimento del danno, fondandosi sul duplice presupposto
dell'inadempimento contributivo da parte del datore di lavoro e della perdita
della pensione, sorge nel momento in cui sarebbe maturato il diritto del
lavoratore alla prestazione previdenziale, tanto che da tale momento decorre
la prescrizione, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela della
sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del
verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni
previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al
risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione
contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento
del prodursi dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116, secondo
comma, cod. civ., o quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 della legge
12 agosto 1962 n. 1338.”
Principio costante:
Cassazione civile sez. lav. 13 febbraio 1982 n. 924, in Giust. civ. Mass.
1982, fasc. 2: “al fine di elidere il pericolo del danno futuro della perdita
totale o parziale della pensione, è concessa al lavoratore azione giudiziaria
per la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi assicurativi
non versati e non prescritti, mentre, per quelli omessi e prescritti, al
lavoratore medesimo spetta, ai sensi dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962
e prima che si sia concluso il complesso rapporto giuridico previdenziale,
soltanto l'azione (estranea alla fattispecie risarcitoria ex art. 2116 c.c.) per la
costituzione coattiva di una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o
quota di pensione obbligatoria che spetterebbe al lavoratore dipendente in
relazione ai contributi omessi.
Cassazione civile sez. lav. 02 novembre 1998 n. 10945, in Giust. civ. Mass.
1998, 2239: “nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del
lavoratore ad agire per il risarcimento del danno (ex art. 2116 c.c.) ancor
prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni
previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al
risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione
contributiva a provocare danno. L'esercizio della facoltà del lavoratore
dipendente di ricostruire mediante rendita vitalizia ex art. 13, comma 5, l. n.
1338 del 1962 la propria posizione assicurativa presso l'Inps in sostituzione
del datore di lavoro è soggetto anch'esso a prescrizione con decorrenza dal
130
terzo, Cod. Civ., i patti diretti ad eludere gli obblighi previdenziali
sono nulli, ma secondo un consolidato orientamento la nullità in
esame non si estende alle transazioni sul danno subito dal lavoratore
giorno in cui il diritto poteva essere fatto valere e tale prescrizione può
essere eccepita anche dal datore di lavoro, ancorché egli non sia il soggetto
passivo del diritto suddetto. In caso di omissione contributiva, il lavoratore
può chiedere, la condanna al risarcimento del danno per la cui
quantificazione può farsi riferimento al criterio previsto dall'art. 13 l. 12
agosto 1962 n. 1338, che quantifica il risarcimento in forma specifica,
mediante costituzione di una rendita sostitutiva della perdita del trattamento
per effetto all'omissione suddetta.”
Cassazione civile sez. lav. 20 marzo 2001 n. 3963, in Giust. civ. Mass. 2001,
528: “nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del lavoratore ad
agire per il risarcimento del danno ("ex" art. 2116 c.c.) ancor prima del
verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni
previdenziali, avvalendosi della domanda di condanna generica; il relativo
diritto è acquisito dal lavoratore a seguito ed in conseguenza
dell'inadempimento del datore di lavoro ed è suscettibile di formare oggetto
di accordo transattivo alla stregua degli altri diritti maturati a favore del
lavoratore in relazione all'avvenuto svolgimento del rapporto di lavoro.”
Cassazione civile sez. lav. 03 dicembre 2004 n. 22751, in Giust. civ. Mass.
2005, 1: “nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al
risarcimento del danno non può sorgere prima del verificarsi di un
pregiudizio, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela della
sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del
verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni
previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al
risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione
contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento
del prodursi dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2,
c.c., o quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n.
1338.”
Cassazione civile sez. lav. 25 febbraio 2005, n. 4004, in Dir. sicurezza
sociale 2005, 626 (nota di: Mastinu): “in caso di omissione contributiva, il
lavoratore ha autonoma azione per ottenere la condanna del datore di lavoro
al versamento dei contributi previdenziali non ancora prescritti.”
131
per l’irregolare versamento dei contributi stessi
135
, che tuttavia sono
radicalmente nulle se compiute prima del verificarsi del danno, che
135
Cassazione civile sez. lav.07 agosto 2004 n. 15308, in Giust. civ. Mass.
2004, 7-8: “il disposto dell'art. 2115, comma 3, c.c. - che stabilisce la nullità
di qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o
all'assistenza - non è applicabile qualora le parti abbiano inteso transigere
non già su eventuali obblighi del datore di lavoro di corrispondere all'Inps i
contributi assicurativi, bensì sul danno subito dal lavoratore per l'irregolare
versamento dei contributi stessi.”
Cassazione civile sez. lav. 21 novembre 1984 n. 5977, in Giust. civ. Mass.
1984, fasc. 11: “il disposto dell'art. 2115 comma 3 c.c. - che stabilisce la
nullità di qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla
previdenza o all'assistenza - non è applicabile qualora le parti abbiano inteso
transigere non già su eventuali obblighi del datore di lavoro di corrispondere
all'INPS i contributi assicurativi, bensì sul danno subito dal lavoratore per
l'irregolare versamento dei contributi stessi.
Poiché la legge conferisce sia ai funzionari dell'INPS sia all'ispettorato del
lavoro poteri d'ispezione per il controllo della esattezza delle denunce dei
datori di lavoro ai fini del versamento dei contributi, l'omissione o
l'incompletezza delle denunce stesse non impedisce all'INPS di avere
cognizione del proprio credito e di esercitarlo tempestivamente, con
conseguente inapplicabilità dell'art. 2941 n. 8 c.c. (in tema di sospensione
della prescrizione), salvo che siano stati posti in essere altri atti di natura
fraudolenta tali da precludere in modo assoluto la possibilità di far valere il
diritto.”
Cassazione civile sez. lav. 05 dicembre 1985 n. 6111, in Giust. civ. Mass.
1985, fasc. 12: “ove il lavoratore agisca nei confronti del datore di lavoro
lamentando il mancato versamento dei contributi previdenziali ed
assistenziali e chiedendo la condanna di quest'ultimo al pagamento di un
importo pari alla riserva matematica necessaria per costituire la rendita
vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, l'azione esercitata è quella di
risarcimento del danno prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c. e quindi non
occorre integrare il contraddittorio nei confronti dell'ente previdenziale.
Non costituisce un patto diretto ad escludere gli obblighi relativi alla
previdenza o all'assistenza - e pertanto non è affetto da nullità ex art. 2115
c.c. - l'accordo intervenuto tra datore di lavoro e lavoratore dopo la
cessazione del rapporto ed avente ad oggetto la quantificazione della misura
del risarcimento del danno spettante a quest'ultimo ex art. 2116 comma 2 c.c.
per l'omissione contributiva del primo.”
132
viene in essere con la maturazione del diritto a pensione136. La
prescrizione dell’azione è decennale, ma la giurisprudenza è instabile
in ordine alla individuazione del dies a quo per il computo del
termine, che secondo la tesi prevalente, deve essere identificato con la
perdita, totale o parziale, del trattamento previdenziale137, ma che
136
In questi termini, Cassazione civile sez. lav. 25 ottobre 2004 n. 20686, in
Riv. giur. lav. 2005, II, 357: “riguardo al mancato versamento dei contributi,
a carico del prestatore di lavoro si vengono a integrare due tipi di danno: uno
è dato dalla perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale, e si
verifica nel momento in cui il lavoratore raggiunge l'età pensionabile; l'altro
è dato dalla necessità di costituire la provvista necessaria a ottenere un
beneficio economico, sostitutivo della pensione, tramite il versamento di
quanto occorre per costituire la rendita di cui all'art. 13 l. 12 agosto 1962 n.
1338, e si verifica nel momento in cui il datore di lavoro, che avrebbe potuto
versare i contributi in ogni momento successivo alla loro scadenza sino al
termine di prescrizione, non può più versarli in quanto prescritti. Nel caso di
omissione contributiva non è ammissibile neppure in sede di conciliazione
(ed è quindi affetta da una nullità radicale diversa dalla mera annullabilità ex
art. 2113 c.c.) una rinuncia del lavoratore al risarcimento dei danno da
omissione contributiva compiuta prima della maturazione del diritto a
pensione e quindi della verificazione del danno.”
Cassazione civile sez. lav. 20 marzo 2001 n. 3963 Giust. civ. Mass. 2001,
528, Notiziario giur. lav. 2001, 512: “nel caso di omissione contributiva
sussiste l'interesse del lavoratore ad agire per il risarcimento del danno ("ex"
art. 2116 c.c.) ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti
l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi della domanda di
condanna generica; il relativo diritto è acquisito dal lavoratore a seguito ed
in conseguenza dell'inadempimento del datore di lavoro ed è suscettibile di
formare oggetto di accordo transattivo alla stregua degli altri diritti maturati
a favore del lavoratore in relazione all'avvenuto svolgimento del rapporto di
lavoro.”
137
Cassazione civile sez. lav. 15 giugno 2007 n. 13997, in Giust. civ. Mass.
2007, 6: “la responsabilità del datore di lavoro per danni subiti dal lavoratore
a causa di mancata o irregolare contribuzione rappresenta un'ipotesi di
responsabilità contrattuale, derivante dalla violazione di una specifica ed
indisponibile obbligazione imposta dalla legge. Consegue da ciò che il
termine di prescrizione della relativa azione risarcitoria è quello decennale,
di cui all'art. 2946 c.c., il cui "dies a quo" può variare a seconda dell'interesse
133
che si intende tutelare con la proposizione della domanda di risarcimento,
posto che l'interesse ad agire del lavoratore sorge ancor prima del verificarsi
degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali,
eventualmente avvalendosi dell'azione di condanna generica al risarcimento.
Tuttavia, allorquando l'azione sia diretta all'ottenimento del risarcimento del
danno per l'avvenuta perdita della pensione (come nella specie, conseguibile
presso la gestione Inps mediante il trasferimento dei contributi c.p.del, ove
versati tempestivamente dal Comune), il termine di prescrizione decorre dal
momento in cui il lavoratore, raggiunta l'età pensionabile e concorrendo ogni
altro requisito, perde il relativo diritto (o lo vede ridotto) a causa
dell'omissione contributiva.”
Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass.
2004, 7-8: “tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è
configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne consegue
che deve escludersi la sussistenza di una situazione di litisconsorzio
necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda con la quale il
lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei confronti del datore
di lavoro.
Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro
e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante all'ente
assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno immediato, diverso
dalla perdita futura e incerta della pensione di anzianità o di vecchiaia,
consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio
sostitutivo della pensione. La prescrizione del diritto al risarcimento di
questo danno decorre dal momento di maturazione della prescrizione del
diritto ai contributi, spettante all'ente assicuratore.”
Cassazione civile sez. lav. 26 agosto 2003 n. 12517, in Giust. civ. Mass.
2003, 7-8: “il diritto al risarcimento del danno per omessa o irregolare
contribuzione previdenziale sorge nel momento in cui si verifica il duplice
presupposto dell'inadempienza contributiva e della perdita totale o parziale
della prestazione previdenziale, con la conseguenza che solo da tale
momento decorre la prescrizione ordinaria decennale, di cui all'art. 2946 c.c.,
sia che si tratti di lavoratore subordinato sia che, come nel caso di specie, si
tratti di lavoratore autonomo o parasubordinato. (In applicazione di tale
principio di diritto la S.C. ha confermato la sentenza di merito, evidenziando
il parallelismo tra la situazione del lavoratore dipendente, il cui datore di
lavoro abbia omesso di ottemperare all'obbligo contributivo e il
professionista - medico specialista convenzionato presso una Usl - rispetto al
quale il committente Usl aveva l'obbligo di versare i contributi all'ente
previdenziale competente).”
Cassazione civile sez. lav. 29 dicembre 1999 n. 14680, in Giust. civ. Mass.
1999, 2642, Mass. giur. lav. 2000, 400 (nota di: G.Ciocca), Orient. giur. lav.
2000, I, 262: “in caso di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del
datore di lavoro per contributi previdenziali e di successiva costituzione di
134
orientamenti diversi fanno risalire alla data del provvedimento con il
rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 con versamento della
relativa riserva matematica all'Inps da parte del lavoratore interessato,
compete a quest'ultimo - nel termine prescrizionale decorrente dalla perdita
(totale o parziale) del trattamento previdenziale - l'ordinaria azione
risarcitoria prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c., anche nel caso in cui non
sia più esercitabile l'azione per la restituzione di quanto versato per la
costituzione della rendita vitalizia, mancando il necessario presupposto della
perdurante azionabilità (sotto il profilo della prescrizione) della pretesa del
lavoratore nei confronti del datore di lavoro di vedersi costituire, a spese di
quest'ultimo, la suddetta rendita vitalizia, il cui termine prescrizionale
decorre già a partire dalla data di prescrizione del credito contributivo
dell'Inps. Nè alla qualificazione quale risarcitoria dell'azione proposta dal
lavoratore contro il datore di lavoro, e quindi alla decorrenza della
prescrizione solo dalla perdita del trattamento previdenziale, osta la
circostanza che ai fini della quantificazione del danno si faccia riferimento
alla riserva matematica "ex" art. 13 cit.
In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, dopo l'estinzione
per prescrizione del credito dell'Inps, il lavoratore può chiedere al datore di
lavoro, alternativamente, il risarcimento dei danni ex art. 2116 c.c. o la
restituzione della somma versata all'Inps a titolo di riserva matematica per la
costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338.
In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione
risarcitoria ex art. 2116 c.c. si prescrive in dieci anni a partire dalla perdita
totale o parziale del trattamento previdenziale e per la quantificazione del
danno è possibile fare riferimento alla riserva matematica ex art. 13 l. 12
agosto 1962 n. 1338.
In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione
restitutoria ex l. 12 agosto 1962 n. 1338 si prescrive in dieci anni dalla data
di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di lavoro.”
Cassazione civile sez. lav. 15 aprile 1999 n. 3773, in Mass. giur. lav. 1999,
675 (nota di: Dondi), Orient. giur. lav. 1999, I, 498:”il diritto del lavoratore
al risarcimento del danno per omessa o irregolare contribuzione assicurativa
di cui all'art. 2116 comma 2 c.c. - risarcimento conseguibile anche attraverso
il recupero della somma occorsa per la costituzione di rendita vitalizia a
norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 - sorge solo nel momento in cui si
verifica il duplice presupposto dell'inadempienza contributiva del datore di
lavoro e della perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale od
assistenziale, con la conseguenza che da tale momento, e non da quello in
cui i contributi omessi avrebbero dovuto essere versati o ne sia maturata la
prescrizione o sia cessato il rapporto di lavoro, decorre la prescrizione di tale
diritto (salva la possibilità del lavoratore di proporre anche prima della
virtuale maturazione del diritto alla prestazione previdenziale una mera
domanda di mero accertamento della astratta possibilità dannosa
dell'omissione contributiva).”
135
quale l'istituto previdenziale abbia negato, in tutto o in parte, la
prestazione assicurativa138, o al momento in cui si verifica la
prescrizione dei contributi139.
138
Cassazione civile sez. lav. 04 giugno 1988 n. 3790, in Giust. civ. Mass.
1988, fasc.6, Mass. giur. lav. 1988, 847 (nota): “il diritto del lavoratore al
risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 2116, comma 2, c.c., per omessa o
irregolare contribuzione assicurativa sorge non nel momento in cui i
contributi assicurativi omessi (totalmente o parzialmente) avrebbero dovuto
essere versati o alla data di cessazione del rapporto di lavoro, nè in quello in
cui sia maturata la prescrizione dei contributi medesimi, bensì nel momento
in cui viene ad esistenza il duplice presupposto della fattispecie risarcitoria
di cui alla citata norma, e cioè l'inadempimento contributivo del datore di
lavoro, divenuto irreversibile, e, con l'avveramento dell'evento protetto
dall'assicurazione (età pensionabile o invalidità), la perdita, totale o parziale,
della prestazione previdenziale. La prescrizione decennale di tale diritto
inizia a decorrere dal momento in cui, verificatosi l'evento assicurato,
l'istituto previdenziale abbia, con provvedimento definitivo, negato, in tutto
o in parte, la prestazione assicurativa, la cui perdita (totale o parziale), avente
natura costitutiva della fattispecie risarcitoria, resta accertata dal detto
provvedimento.”
139
Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass.
2004, 7-8: “ tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è
configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne consegue
che deve escludersi la sussistenza di una situazione di litisconsorzio
necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda con la quale il
lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei confronti del datore
di lavoro.
Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro
e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante all'ente
assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno immediato, diverso
dalla perdita futura e incerta della pensione di anzianità o di vecchiaia,
consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio
sostitutivo della pensione. La prescrizione del diritto al risarcimento di
questo danno decorre dal momento di maturazione della prescrizione del
diritto ai contributi, spettante all'ente assicuratore.”
136
CAPITOLO V
GLI ATTI INTERRUTTIVI DELLA PRESCRIZIONE DEI
CREDITI CONTRIBUTIVI. FATTISPECIE PARTICOLARI.
5.1 VERBALI DELL’ISPETTORATO DEL LAVORO
Se per la disciplina degli atti interruttivi della prescrizione dei crediti
contributivi può richiamarsi quella generale prevista in tema di
prescrizione dagli artt. 2943-2945 c.c., di particolare rilevanza è la
questione della valenza o meno di alcuni atti ad interrompere la
prescrizione.
Quello dei verbali dell’ Ispettorato del lavoro è uno dei punti
maggiormente delicati della materia. L’INPS, infatti con la circolare
262/95 del 13 ottobre 1995
140
,
140
emanata a chiarimento delle
Circolare INPS n° 262 del 13 ottobre 1995. OGGETTO: Nuovi termini
prescrizionali della contribuzione previdenziale e assistenziale. Legge
08/08/1995 n.335 (Art. 3, c. 9-10). “ Si fa seguito al messaggio n.21297 del
28/08/95 con il quale e' stata data notizia dell'avvenuta pubblicazione della
legge indicata in oggetto e, a scioglimento della riserva ivi formulata, si
forniscono i seguenti chiarimenti sia in ordine alla corretta interpretazione
della disposizione di legge in parola sia per quanto riguarda gli adempimenti
da porre in essere nell'operazione di interruzione dei termini prescrizionali
già avviata dalle Sedi a seguito delle istruzioni impartite con messaggio
n.18344 del 29/07/95. 1. Istruzioni di carattere normativo.1.1. Nuovi termini
di prescrizione. Come e' noto, i nuovi termine di prescrizione previsti dal
comma 9 dell'art.3 della legge n.335/95 sono: a) per le contribuzioni di
pertinenza del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti e delle altre gestioni
pensionistiche obbligatorie, e per il contributo di solidarietà (Art.9-bis
,comma 2,del d.l.293/91, n.103,convertito nella legge 01/06/91, n.166), di 10
137
anni; il termine suddetto e' peraltro ridotto a 5 anni a decorrere dal
01/01/1996. La prescrizione resta tuttavia, anche dopo la suddetta data
decennale nell'ipotesi in cui sia il lavoratore od i suoi superstiti a denunciare
la mancata assicurazione da parte del datore di lavoro;
b) per le altre contribuzioni obbligatorie di previdenza e assistenza, di 5 anni.
Al riguardo, si ritiene opportuno precisare che, per contribuzione di
pertinenza del F.P.L.D. e delle altre gestioni obbligatorie, si deve intendere
quella destinata alle assicurazioni Invalidità Vecchiaia e Superstiti, compresa
ovviamente la contribuzione aggiuntiva prevista dall'art.3 della legge
n.297/82; deve, pertanto ritenersi esclusa ogni altra aliquota di contribuzione
relativa a gestioni non di pertinenza dei predetti fondi. A miglior chiarimento
si ricorda che sono escluse le seguenti contribuzioni: contribuzione per
l'assistenza malattia pensionati(L.934/66); contribuzione per gli Asili nido
(L.1044/71); contribuzione per la tubercolosi; contribuzione ex ENAOLI;contributo per il fondo di garanzia (L.297/82);
contributo per la
disoccupazione; contribuzione per la Cassa Assegni Familiari (già
quinquennale);
contribuzione per la Cassa Integrazione Guadagni;
contribuzione GESCAL; contribuzione indennità economica di malattia ;
contribuzione indennità economica di maternità; contribuzione per il
Servizio Sanitario Nazionale. 1.2. Versamento di contribuzione prescritta.
Per esplicito dettato della norma in esame (art. 3 ,comma 9, della legge
335/95), la contribuzione caduta in prescrizione non può essere versata.
L'Istituto, quindi, non può accettare il versamento di tale contribuzione
prescritta ma anzi, qualora questo venga comunque effettuato, deve
provvedere d'ufficio al suo rimborso. Come si vede si tratta di una
prescrizione particolare alla quale, a differenza delle altre, non può
rinunciare neppure chi ne e' beneficiario. A differenza di quanto avveniva in
passato, la disposizione in esame ha esteso il criterio, già valido per le
assicurazioni IVS,DS e TBC, a tutte le forme di contribuzione. 1.3. Efficacia
della disposizione. 1.3.1. I nuovi termini di prescrizione si applicano a
decorrere dal 17/08/1995 data di entrata in vigore della legge n. 335/95. Il
comma 10 dell'art.3 della legge in esame specifica poi che i nuovi termini si
applicano anche alle contribuzioni relative a periodi precedenti il 17/08/95.
Dal combinato disposto delle suddette disposizioni si deve ritenere che i
nuovi termini si applicano alle prescrizioni in corso alla data del 17/08/95;
quindi,- per quanto riguarda la contribuzione dovuta alle gestioni
pensionistiche obbligatorie, (il cui nuovo termine di prescrizione , come
sopra specificato e' decennale sino alla data del 31/12/1995 e quinquennale a
decorrere dal 1/1/96), l'atto interruttivo della prescrizione posto in essere
dopo l'entrata in vigore della legge in esame e sino al 31 /12/95 interromperà
la prescrizione dei contributi relativi ai 10 anni precedenti; l'atto interruttivo
posto in essere a decorrere dal 1/1/1996 interromperà la prescrizione dei
contributi relativi a periodi contributivi anteriori di cinque anni. In merito si
ritiene opportuno richiamare l'attenzione delle Sedi, considerato che la data
in cui si considera effettuato un atto interruttivo e', come noto, quella di
recezione della raccomandata da parte del debitore, dell'importanza che gli
atti interrutivi posti in essere prima del 31.12.95 siano ricevuti dal debitore
138
entro tale data, come meglio precisato nel successivo paragrafo 2.2. In ogni
caso il nuovo termine di prescrizione che decorrerà dopo l'atto interruttivo
sarà quinquennale in ambedue i casi. A quest'ultimo riguardo, la
disposizione di legge in esame precisa che il termine prescrizionale resta
decennale anche dopo il 1/1/1996 qualora l'azione di recupero dei contributi
omessi sia iniziata a seguito di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti.
La denuncia può riguardare sia la mancata assicurazione da parte del datore
di lavoro, sia il mancato versamento dei contributi dovuti. Tale particolare
termine prescrizionale peraltro deve intendersi limitato solo alla
contribuzione relativa al lavoratore denunciante e non può essere estesa ad
altri eventuali lavoratori interessati nei cui confronti persista una analoga
omissione contributiva. La denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti deve
essere presentata ad una autorità competente, Istituto assicuratore,
Ispettorato del Lavoro, Autorità Giudiziaria. E' appena il caso di sottolineare
la necessità per l'Istituto di porre in essere, non appena venuto a conoscenza
della denuncia del lavoratore, gli atti interruttivi della prescrizione nei
confronti del datore di lavoro inadempiente. - Per quanto riguarda la
contribuzione non di pertinenza delle gestioni pensionistiche l'atto
interruttivo posto in essere dopo il 16/08/95 e cioè dopo l'entrata in vigore
della legge, interromperà i termini relativi ai periodi contributivi anteriori di
cinque anni. 1.3.2. La disposizione di legge in questione fa tuttavia una
eccezione alla sopra esposta regolamentazione nei casi in cui, prima
dell'entrata in vigore della legge 335/ 95, siano stati posti in essere degli atti
interruttivi della prescrizione ovvero siano iniziate delle procedure di
recupero del credito nel rispetto della normative precedenti. Nei suddetti casi
il termine di prescrizione che inizia a decorrere dal compimento dell'atto
interruttivo e' quello stabilito dalla normativa precedente l'entrata in vigore
della legge n.335/95. Pertanto, per quanto riguarda gli atti interruttivi posti in
essere (vedi messaggio n.18344 del 29/07/95) sino al 16/08/95 il nuovo
termine di prescrizione che decorrerà dall'atto sarà decennale o quinquennale
a secondo di quanto previsto dalle precedenti disposizioni , salvo la
sospensiva di cui al punto 1.3.3. Le stesse conseguenze si verificano quando
siano state iniziate delle procedure di recupero del credito sia in sede
giudiziaria che amministrativa. Si ritiene infatti che anche l'instaurazione di
una procedura amministrativa per il recupero dei contributi dovuti (partite
trasmesse all'Ufficio legale di cui sia stata data notizia ai debitori interessati,
partite incluse nei ruoli esattoriali ecc.), possa essere considerata un valido
atto interruttivo, sempre che risulti manifesta al debitore l'inequivocabile
volontà del titolare del credito a far valere il proprio diritto. Anche i processi
verbali redatti dall'Ispettorato del lavoro, relativamente alle omissioni
contributive indicate nei verbali stessi, devono ritenersi inizio di una
procedura per il recupero del credito; pertanto non e' necessario, ai fini
interruttivi della contribuzione dovuta all'INPS, che sia l'Istituto quale ente
creditore a porre in essere la richiesta di pagamento. Si ritiene tuttavia
opportuno, qualora le copie dei suddetti verbali vengano trasmesse con
ritardo, che le Sedi prendano contatto con i locali Ispettorati del Lavoro al
fine di pervenire, anche nei casi di specie, ad un tempestivo inizio dell'azione
139
di recupero dei crediti contributivi. 1.3.3. La disposizione di legge in esame
precisa infine che, ai fini del computo dei termini prescrizionali, non si deve
tener conto della sospensiva prevista dall'art 2, comma 19, del decreto Legge
12/09/1983 n.463, convertito, con modificazioni nella legge 11/11/1983
n.638 a meno che non siano stati compiuti atti interruttivi di cui al
precedente punto. In questo caso, infatti, nella determinazione della
prescrizione si dovrà tener conto della sospensiva dei termini prescrizionali
stabilita dal richiamato art. 2,comma 19,della richiamata L.638/83.Non
sussiste - in conformità anche del parere dell'Avvocatura centrale - tale
sospensiva per le interruzioni poste in essere nel periodo 16/8/95-31.12.95
per cui gli atti interruttivi esecutati in tale periodo relativi ai soli fini della
contribuzione IVS hanno efficacia decennale. 1.4. Diritto alla fiscalizzazione
e allo sgravio degli oneri sociali. Applicabilità dei nuovi termini di
prescrizione. Le somme indebitamente fruite a titolo di sgravio o
fiscalizzazione, risolvendosi la fattispecie, in ultima analisi, in una omissione
contributiva, si prescrivono nello stesso termine stabilito per i contributi
oggetto dei benefici stessi. In conseguenza di quanto sopra precisato i nuovi
termini di prescrizione della contribuzione fissati dalla disposizione di legge
in esame, si applicano, quindi, anche allo sgravio e alla fiscalizzazione.
Nell'ipotesi, invece, di restituzione di contribuzione non dovuta in quanto
versata da ditte aventi diritto allo sgravio e alla fiscalizzazione,
configurandosi nella fattispecie ( contributi indebiti) un indebito oggettivo,
la prescrizione sarà quella ordinaria decennale (Circ.n.96 del 4.4.95). I nuovi
termini prescrizionali, come e' ovvio, non potranno quindi trovare
applicazione nel caso di specie. 2. Chiarimenti. Con precedenti messaggi (n.
18344 del 29.07.95, n. 19290 del 3.08.95, n.19576 del 04.08.95, n. 19748 del
07.08.95, n. 20343 dell'11.08.95, n. 20653 del 18.08.95) si e' sottolineata la
necessita' di porre in essere atti interruttivi della prescrizione dei contributi
dovuti all'Istituto, in vista della emanazione della legge n. 335/95, e sono
state date le necessarie istruzioni operative. Si ritiene ora opportuno, a
seguito di richieste di chiarimenti avanzate da alcune Sedi, fornire le
necessarie puntualizzazioni. 2.1. Si ritiene innanzitutto opportuno ricordare
che i criteri di interruzione dei termini prescrizionali sopra illustrati si
applicano nel presupposto che il debitore abbia messo in grado l'Istituto di
conoscere l’entità del debito contributivo. Pertanto nell'ipotesi in cui ciò non
avvenga e l'Istituto non disponga di autonomi poteri di accertamento del
debito contributivo, la prescrizione dei contributi dovuti non può,
ovviamente, decorrere. 2.2. Come noto, e come ricordato al precedente punto
1.3., gli atti interruttivi della prescrizione si intendono compiuti alla data di
ricezione da parte del debitore della lettera raccomandata a.r., o di altro atto
ritenuto equipollente dalla legge.Si intende che nel caso che la lettera non
venga recapitata per irreperibilità del destinatario dovra' provvedersi agli
accertamenti del caso e quindi procedere, eventualmente, ad una nuova
notificazione. 2.3. Nel porre in essere gli atti interruttivi della prescrizione
contributiva, si dovra', ovviamente, tener conto, come sopra precisato, dei
diversi termini di prescrizione della contribuzione ( dieci anni per i contributi
IVS sino al 31/12/1995 e cinque anni per le altre contribuzioni). Per quanto
140
riguarda la contribuzione riportata nei modd. DM 10 presentati insoluti o
parzialmente insoluti, l'atto di interruzione dei termini di prescrizione della
contribuzione riguarderà, ovviamente, l'importo indicato come saldo. Va da
se', quindi, che in alcuni casi si richiederà il pagamento di contribuzione
ormai prescritta. In tale ipotesi sarà necessario, tuttavia, che, all'atto del
pagamento del debito, non venga accettato il versamento di quella
contribuzione che risulti caduta in prescrizione, tenendo peraltro presente
che le somme a credito del datore di lavoro debbono essere portate a
copertura del debito meno garantito e quindi dei contributi con prescrizione
quinquennale. Per quanto riguarda sempre i D.M. 10 presentati totalmente o
parzialmente insoluti, si ritiene opportuno precisare che la sola presentazione
del rendiconto mensile equivale ad una interruzione dei termini
prescrizionali per quanto riguarda l'ammontare dei contributi indicati nel
modello stesso. La presentazione dei modd. e' infatti un riconoscimento del
debito e quindi vale come atto che interrompe la prescrizione. 2.4. La
richiesta di pagamento dei contributi omessi, come e' noto, oltre ad
interrompere i termini di prescrizione della contribuzione interrompe anche
la prescrizione delle relative sanzioni civili. E' necessario, peraltro, che la
richiesta di pagamento dei contributi omessi, contenga anche la pretesa degli
accessori di legge, ancorché non quantificati. Qualora i contributi siano stati
pagati in ritardo rispetto al termine di scadenza legale, le relative sanzioni
civili che risulteranno dovute e che restano cristallizzate alla data del
pagamento, si prescriveranno nello stesso termine prescrizionale stabilito per
il debito contributivo. Sara' quindi necessario in questo caso porre in essere
atti interruttivi anche per i crediti relativi alle sole sanzioni civili. 2.5. Come
specificato al punto 1.3., la prescrizione della contribuzione attinente al
Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti resta decennale anche dopo il
1.1.1996 nel caso di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti. Al
riguardo, si ritiene opportuno puntualizzare che le segnalazioni di presunta
omissione contributiva effettuate dagli assicurati attraverso il mod.ECO293/CTR devono essere considerate vere e proprie denunce del lavoratore e di
conseguenza comportare la prescrizione decennale dei contributi
eventualmente omessi. La cartolina "Richiesta di rettifica dati", mod. ECO293, compilata e inviata dall'assicurato non vale, invece, come denuncia del
lavoratore ai sensi della richiamata disposizione anche quando sia stata
barrata la casella "contribuzione da rettificare". Va da se' che, una volta
ricevuta la suddetta denuncia mod ECO2- 93CTR dell'assicurato, dovra'
essere tempestivamente posto in essere da parte dell'Istituto il relativo atto
interruttivo della prescrizione. 2.6. Crediti inferiori alle trentacinquemila lire.
Come e' noto, l'art. 4 bis della legge n.63/93 ha previsto l'estinzione dei
crediti di importo non superiore a L. 35.000 per i contributi dovuti
all'Istituto, in essere alla data del 16/01/1993, unitamente agli accessori di
legge e alle sanzioni (v. circ n.70 del 23.3.93). Al riguardo mentre si
richiamano le disposizioni diramate in materia, a suo tempo, (v. circ. n. 265
RCV del 14.12.89, n. 1 RCV del 2. 1.90), si ricorda che per i suddetti crediti,
se non ancora eliminati, non vanno effettuati, ovviamente, gli atti interruttivi
della prescrizione. 2.7. Contribuzione dovuta al Fondo di previdenza degli
141
problematiche insorte in relazione all’applicazione della legge 335/95,
ha ritenuto che i verbali degli Ispettori del lavoro, i quali indichino
nel loro corpo delle omissioni contributive ( ipotesi assai frequente
nella prassi) debbano essere considerati come inizio di una procedura
per il recupero del credito e , quindi , rientranti nella ipotesi di cui al
comma 10 dell’art. 3 , che impedisce in questo caso, la retroattività
del termine prescrittivo quinquennale.
Secondo l’Istituto, in questo caso non sarebbe necessario che la
procedura di recupero fosse iniziata dallo stesso INPS quale Ente
creditore (“sarebbe, peraltro opportuno che comunque le sedi
dell’Istituto si attivino esse stesse, tramite opportuni contatti con gli
ispettorati del lavoro, al fine di iniziare le procedure medesime”), ma
potrebbe essere iniziata anche da un altro soggetto. Con la successiva
circolare n. 18 del 22/1/1996141
l’Istituto ha meglio chiarito il suo
Autoferrotranvieri. Come indicato al punto 1.1., i nuovi termini di
prescrizione si applicano anche al fondo Autoferrotranvieri. Anche per tale
Fondo vale quindi il principio dell’inammissibilità del versamento della
contribuzione prescritta. Devono pertanto ritenersi abrogate le istruzioni
fornite al riguardo con circolare n.257 del 7.12.89. (v. messaggio n.24382
del 16.9.95).”
141
Circolare INPS n° 18 del 22 gennaio 1996. OGGETTO: Interruzione dei
termini prescrizionali. Circolare n.262 del 13.10.95. Chiarimenti. “A seguito
della emanazione della circolare indicata in oggetto concernente
l'introduzione dei più brevi termini prescrizionali stabiliti, come e' noto ,
dall'art.3 comma 9 e 10 della legge del 08.08.95 n.335,alcune Sedi hanno
manifestato delle perplessità in ordine alla efficacia di alcuni atti volti ad
interrompere il corso della prescrizione. Al riguardo si ritiene opportuno
fornire le seguenti puntualizzazioni. a) Soggetti abilitati a compiere atti
interruttivi della prescrizione. Per un principio generale di diritto , l'atto
142
inteso ad esigere l'adempimento di un obbligo giuridico deve
necessariamente provenire da uno dei soggetti del rapporto dal quale
l'obbligo scaturisce. Il rapporto previdenziale si instaura tra datore di lavoro
ed ente previdenziale a beneficio del lavoratore che , rispetto a tale rapporto
e' soltanto il soggetto a cui favore si produrranno gli effetti del rapporto
stesso . Di conseguenza soltanto a carico dell'Ente e del datore di lavoro
sussiste l'obbligo di compiere l'atto inteso a pretendere l'osservanza
dell'obbligo stesso. In conseguenza di quanto sopra esposto si ritiene che i
verbali dell'Ispettorato del lavoro che contengano prescrizioni in materia di
contributi previdenziali e assistenziali non interrompono i termini
prescrizionali in quanto tali atti, come sopra detto, devono necessariamente
provenire dal creditore e cioè dall'Istituto. E' pertanto necessario che le Sedi
non appena venuti a conoscenza dei suddetti verbali pongano in essere i
relativi atti interruttivi della prescrizione. A chiarimento dei quesiti rivolti al
riguardo si fa presente che la suddetta conclusione non e' in contrasto con
quanto affermato nella richiamata circolare n.262/95 nella parte in cui si dice
che i processi verbali redatti dall'Ispettorato del lavoro, relativamente alle
omissioni contributive indicate nei verbali stessi devono ritenersi inizio di
una procedura per il recupero del credito e che di conseguenza non si
rendeva necessario in tal caso un atto interruttivo da parte dell'Istituto. Infatti
la suddetta affermazione e' stata inserita nella circolare 262/95 solo per
illustrare, con un esempio, il criterio dettato dall'art 3 comma 10 della legge
335/95 che, come e' noto, ha stabilito la possibilità di applicazione della
precedente normativa in materia di termini prescrizionali quando fosse
iniziata ,prima dell'entrata in vigore della richiamata legge 335/95, una
procedura per il recupero del credito contributivo. In conclusione, al di fuori
della suddetta normativa, resta il criterio di carattere generale che richiede la
necessita' di un atto interruttivo della prescrizione da parte dell'Istituto in
caso di verbali redatti dall'Ispettorato del lavoro. b) Impossibilita' di
esercitare il diritto di credito Altro chiarimento che e' stato richiesto in
merito all'argomento in questione riguarda l'affermazione, contenuta nella
richiamata circolare 262/95, secondo la quale l'impedimento da parte del
debitore all'esercizio del diritto di credito dell'Istituto impedisce il corso
della prescrizione. In particolare e' stato chiesto in quali casi possa ravvisarsi
tale fattispecie. Al riguardo deve innanzitutto premettersi che l'Istituto ha un
autonomo potere di accertamento dei propri crediti contributivi e che di
conseguenza non può ricorrere l'ipotesi di cui sopra e' cenno quando l'Istituto
stesso ha la possibilità di accertare il proprio credito. Non può pertanto
ricorrere l'ipotesi in questione nel caso di evasione contributiva totale o
parziale o anche nel caso di "lavoro nero" e cioè di lavoratori non iscritti
neppure al libro paga o matricola. Si ritiene invece che l'ipotesi di cui sopra
e' cenno possa ravvisarsi, per quanto riguarda la contribuzione dovuta da
artigiani ed esercenti attività commerciali, nell'ipotesi in cui il reddito venga
denunciato parzialmente o totalmente al fisco e non all'INPS. Per quanto
riguarda invece le aziende si ritiene che l'ipotesi possa concretizzarsi nel
caso in cui i datori di lavoro non abbiano denunciato la propria attività con
dipendenti, non risultino iscritti negli appositi albi e non si siano, neppure,
143
muniti dei regolamentari libri paga e matricola. In questo caso infatti
l'Istituto si trova nella impossibilità di esercitare il proprio diritto di credito
neanche ricorrendo al proprio autonomo potere di accertamento, essendo
dolosamente occultata la stessa attività dell'azienda. Si ritiene infine che
possa ravvisarsi un altro caso di impedimento all'esercizio del diritto di
credito, quando il datore di lavoro si rifiuta di esibire i libri paga e matricola
agli ispettori dell'Istituto, necessari per effettuare il controllo sulla regolarità
degli adempimenti contributivi dell'azienda. Appare infatti evidente che il
predetto atteggiamento da parte del datore di lavoro non renda possibile
all'Istituto l'esercizio del proprio diritto di credito e che esso di conseguenza
impedisca il corso della prescrizione del credito contributivo. Al riguardo e'
opportuno sottolineare che, affinché tale effetto interruttivo si verifichi, e'
necessario che il rifiuto del datore di lavoro di esibire i libri contabili risulti
regolarmente "verbalizzato" dall'Ispettore di vigilanza in sede di accesso
ispettivo. c) Riconoscimento del debito. Presentazione dei modd.O1/M. E'
stato chiesto se la presentazione dei modd. O1/M da parte dei datori di
lavoro possa interrompere il corso della prescrizione relativamente ai periodi
contributivi indicati nei modelli stessi. Al riguardo si deve premettere che
come precisato nella circolare n.335/95 sopra citata, l'interruzione dei
termini prescrizionale può avvenire oltre che per atto del creditore anche
attraverso il riconoscimento del debito da parte del debitore. Nella
richiamata circolare e' stato fatto presente che tale ipotesi si verifica quando
il debitore presenta il rendiconto mensile, modd.DM/M10, totalmente o
parzialmente insoluto. Anche la presentazione all'INPS da parte dei datori di
lavoro dei modelli O1/M concretizza un'altra ipotesi di riconoscimento del
debito. Infatti anche in tale fattispecie con la presentazione del modello, il
debitore indicando le retribuzioni corrisposte al dipendente ed affermando
che su tali somme sono dovuti i contributi di legge, riconosce il proprio
debito contributivo nei confronti dell'Istituto, e quindi interrompe i termini di
prescrizione. Non si ritiene al riguardo che ostacoli tale effetto della
presentazione dei suddetti modelli la circostanza che il debito contributivo,
non e' direttamente indicato, in quanto esso e' comunque certo e
quantificabile con elementari operazioni di calcolo. d) Denuncia del
lavoratore. Decorrenza della prescrizione. Altro quesito riguarda
l'individuazione della "denuncia" del lavoratore, richiesta , come e' noto,
dall'art.9 lett.a) della legge 335/95 per poter applicare per quanto riguarda la
contribuzione dovuta al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti o ad altre
gestioni pensionistiche obbligatorie la prescrizione decennale invece di
quella ordinaria quinquennale. E' stato in particolare chiesto se la
dichiarazione rilasciata dal lavoratore nel corso di un accertamento ispettivo,
dalla quale risulti una retribuzione corrisposta al lavoratore inferiore a quella
denunciata ai fini denuncia del lavoratore che possa consentire ai sensi del
richiamato comma 9 dell'art. 3 della legge 335/95 l'applicazione della
prescrizione decennale. Al riguardo si osserva che il legislatore con la
disposizione richiamata abbia voluto fare una eccezione alla generale
prescrizione quinquennale introdotta, per proteggere il lavoratore che
spontaneamente denunci l'inadempimento contributivo nei propri confronti
144
del datore di lavoro, concedendo un termine più ampio di prescrizione dei
contributi dovuti al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti. Si ritiene
pertanto che il suddetto effetto in quanto eccezione non può che essere
legato ad una denuncia formale del lavoratore (possibilmente da redigere sul
mod. Vig.1) diretta ad informare l'Istituto Previdenziale dell'esistenza di una
omissione contributiva, parziale o totale. Va da se' che tale denuncia formale
può essere sottoscritta dal lavoratore anche durante lo svolgimento
dell'ispezione a seguito dei chiarimenti forniti al dipendente dall'Ispettore di
vigilanza. Sempre nell'ipotesi di denuncia del lavoratore e' stato chiesto se
nella determinazione del periodo prescrizionale, nel caso in cui
l'inadempienza contributiva sia rilevabile dal lavoratore solo a seguito di
mancata presentazione dei modd.O1/M, si debba far riferimento alla data di
presentazione della denuncia (O3/M) ovvero alla scadenza legale del debito
contributivo. Al riguardo si ritiene opportuno ricordare che il corso della
prescrizione può essere interrotto solo da un atto del creditore (v. precedente
punto a) e cioè nel caso di specie da un atto dell'Istituto che chieda il
pagamento del proprio credito contributivo. Non rileva pertanto ai fini del
corso della prescrizione il momento in cui il lavoratore sia venuto a
conoscenza dell'inadempienza del proprio datore di lavoro in quanto il diritto
di credito contributivo deve essere azionato sempre dall'Istituto. In
conclusione nella determinazione del termine di prescrizione (decennale o
quinquennale) deve farsi riferimento alla data di scadenza delle singole
denunce contributive. e) Pagamento di un acconto o del saldo dei soli
contributi. E' stato richiesto se il pagamento effettuato a in acconto o a saldo
di un debito contributivo ,effettuato spontaneamente dall'azienda e riferito ad
un debito già denunciato all'INPS abbia un effetto interruttivo della
prescrizione relativamente al residuo credito per contributi e oneri accessori.
Al riguardo si fa presente che l'adempimento parziale o totale di una
obbligazione non può che essere inteso come riconoscimento della stessa
salvo il caso in cui il debitore, nell'effettuare il pagamento in pendenza di un
ricorso amministrativo o giudiziario circa l'esistenza dell'obbligo
contributivo si riservi esplicitamente il diritto di ripetizione a procedimento
concluso. In conseguenza di quanto sopra precisato si deve ritenere che dalla
data del pagamento ricominci a decorrere un nuovo termine prescrizionale
per il residuo debito per contributi e relativi accessori. f) Sentenza ottenuta in
un giudizio in cui l'Istituto non e' stato parte in causa. E' stato chiesto se
nell'ipotesi di una sentenza di condanna del datore di lavoro alla
corresponsione di retribuzione a favore di un dipendente emessa a seguito di
un giudizio in cui l'Istituto non e' stato parte in causa la prescrizione dei
contributi dovuti all'Istituto sulle retribuzioni oggetto della sentenza possa
considerarsi interrotta a seguito dell'instaurazione del procedimento
giudiziario. Ciò in considerazione di quanto affermato nella citata circolare
n.262/95 secondo la quale la denuncia presentata ad un autorità diversa
dall'Istituto costituisce inizio di procedimento teso al recupero contributivo.
Al riguardo si fa presente che ,come già detto, il criterio, valido per
individuare le partite per le quali applicare il regime transitorio ai sensi del
comma 10 ,dell'art. 3 della legge 335/95, non può essere applicato nel caso
145
pensiero, specificando che i predetti verbali degli ispettorati del lavoro
possono essere appunto considerati
idonei in quanto inizio di
procedure di recupero al fine di operare nell’ambito della normativa
transitoria142, ma non possono essere , invece, considerati atti
di specie , per le ragioni illustrate al precedente punto a). Di conseguenza
qualora il giudizio si sia svolto esclusivamente tra il datore di lavoro e il
lavoratore e non sussistano agli atti di sede precedenti atti interruttivi riferiti
all'inadempienza di cui trattasi, il recupero contributivo potrà interessare solo
i periodi non prescritti al momento della richiesta di accredito. g) Sanzioni
amministrative. E' stato chiesto se le sanzioni amministrative richieste con il
procedimento previsto dalla legge 689/81 ricadano o meno nella disciplina
della citata legge n.335/95 e in particolare se debba essere accettato un
pagamento spontaneo di sanzioni amministrative prescritte. Al riguardo, va
considerato che la legge 689/81 che modifica il sistema penale, prevede la
prescrizione quinquennale per tutte le somme dovute per le violazioni in essa
contemplate e richiama le norme ordinarie per la disciplina per l'interruzione
dei termini. Per effetto di tale richiamo si ritiene di poter sostenere che
l'avvenuta prescrizione vada eccepita dal debitore e che quindi, il pagamento
fatto a titolo di sanzione amministrativa resti acquisito a tale titolo.”
142
contra: Cassazione civile sez. lav. 03 settembre 2002 n. 12822 in Giust.
civ. Mass. 2002, 1628: “l 'art. 3 l. 8 agosto 1995 n. 335, che ha introdotto il
nuovo termine quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di
previdenza e assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad
applicarsi il termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di tale
modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di procedure
finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate durante la vigenza
della precedente disciplina, ha inteso riferirsi a qualunque concreta attività di
indagine ed ispettiva compiuta dall'ente previdenziale, indipendentemente
dalla instaurazione del contraddittorio con il debitore.”
Cassazione civile sez. lav. 27 gennaio 2004 n. 1468, in Giust. civ. Mass.
2004, 1: “l 'art. 3 l. 8 agosto 1995 n. 335, che ha introdotto il nuovo termine
quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza
sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad applicarsi il termine
(decennale) di prescrizione già in vigore prima di tale modifica normativa
nel caso di atti interruttivi già compiuti o di procedure finalizzate al recupero
dell'evasione contributiva iniziate durante la vigenza della precedente
disciplina, ha inteso riferirsi a qualunque concreta attività di indagine ed
ispettiva compiuta dall'ente previdenziale, indipendentemente dalla
instaurazione del contraddittorio con il debitore, né rileva in contrario il
146
interruttivi nell’ambito della disciplina “ a regime” , in quanto
difetterebbe negli stessi il necessario requisito di provenienza da parte
del creditore (“per un principio generale di diritto, l'atto inteso ad
esigere l'adempimento di un obbligo giuridico deve necessariamente
provenire
da uno dei soggetti del rapporto dal quale l'obbligo
scaturisce … In conseguenza di quanto sopra esposto si ritiene che i
verbali dell'Ispettorato del lavoro che contengano prescrizioni in
materia di contributi previdenziali e assistenziali non interrompono i
termini prescrizionali in quanto tali atti, come sopra detto, devono
necessariamente provenire dal creditore e cioè dall'Istituto.”)143. Le
due ipotesi sarebbero ben diverse e quindi non contraddittorie. La
seconda affermazione dell’Istituto , che è peraltro la più rilevante ,
disposto dell'art. 252 disp. att. c.c., alla cui applicabilità osta il disposto del
comma 10 della norma speciale citata.”
Cassazione civile sez. lav. 09 febbraio 2005 n. 2589, in Giust. civ. Mass.
2005, 2: “la riduzione a cinque anni del termine di prescrizione per le
contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatorie introdotta
dall'art. 3, comma 9, l. 8 agosto 1995 n. 335, non si applica, continuando ad
applicarsi il precedente termine decennale di prescrizione, sia nel caso di atti
interruttivi già compiuti che di procedure finalizzate al recupero
dell'evasione contributiva iniziate durante la vigenza della precedente
disciplina, per tali dovendosi intendere qualunque concreta attività di
indagine o ispettiva compiuta dall'ente previdenziale titolare del credito per
omessa contribuzione, non essendo invece idonei a determinare
l'applicabilità del termine lungo di prescrizione atti d'iniziativa presi da
soggetti diversi, quali il verbale amministrativo dell'Ispettorato del lavoro
contenente la contestazione dell'omissione contributiva.”
143
La giurisprudenza (ex pluris, Cassazione civile sez. lav. 09 febbraio 2005
n. 2589, in Giust. civ. Mass. 2005, 2, la cui massima è alla nota 109), ritiene
atti interruttivi tutte le attività di indagine o ispettive compiute dall'Istituto
previdenziale e non, come si legge nella medesima sentenza citata, gli atti di
iniziativa da parte di soggetti differenti quali l'Ispettorato del lavoro.
147
riguardando
la
disciplina
definitiva,
appare
senza
dubbio
condivisibile, atteso che è principio generale, desumibile anche dalla
rubrica dell’art. 2943 c.c. che l’atto interruttivo debba provenire dal
titolare del credito, che, nella specie, è senza dubbio l’INPS e non
l’Ispettorato del lavoro.
Oltretutto, anche sotto il profilo oggettivo, l’atto dell’Ispettorato si
limita quasi sempre ad un accertamento e non contiene alcun elemento
di intimazione ad adempiere. Lascia, invece, alquanto perplessi la
prima affermazione dell’Istituto, certo meno rilevante in concreto,
atteso che riguarda una disciplina transitoria , destinata ad esaurire i
suoi effetti con il tempo, ma pur sempre di sicura importanza, atteso il
cospicuo numero di casi interessati. Pare , infatti, alquanto forzato il
ritenere che le “procedure” indicate , sia pure in modo alquanto
generico nel comma 10 più volte richiamato siano procedure poste in
essere, sia pure parzialmente da un soggetto terzo rispetto al rapporto
contributivo; del resto lo stesso Istituto pare tradire un certo impaccio
sul
punto,
quando,
forse
anche
per
scongiurare
divergenti
interpretazioni giurisprudenziali, raccomanda alle proprie sedi di
iniziare comunque in questi casi un’autonoma procedura di recupero.
148
Nel senso che il verbale dell’Ispettorato del lavoro non abbia efficacia
interruttiva della prescrizione, da ultimo, Cassazione civile sez. lav.
31 luglio 2009 n. 17849 144.
5.2 IL RICONOSCIMENTO DEL DEBITO
Il riconoscimento del debito, idoneo ad interrompere la prescrizione ai
sensi dell'art. 2944 c.c., non esige formule speciali e può risultare da
qualsiasi manifestazione di volontà145, la quale, ancorché non
esplicita, implichi univocamente l'ammissione dell'altrui diritto.
In quanto atto con il quale il debitore riconosce l’esistenza del proprio
debito, è pacificamente un atto interruttivo della prescrizione. Questo
144
Cassazione civile sez. lav. 31 luglio 2009 n. 17849, in Giust. civ.
Mass. 2009, 9, 1247: “in tema di prescrizione del diritto ai contributi di
previdenza ed assistenza sociale obbligatorie, l'ordinanza ingiunzione
relativa a sanzioni amministrative e il verbale ispettivo dell'Ispettorato del
lavoro non hanno efficacia interruttiva della prescrizione del credito
contributivo: la prima, attesa la diversità della pretesa, non è qualificabile
come procedura finalizzata al recupero dell'evasione contributiva, né
configura un atto prodromico diretto al conseguimento dei contributi omessi;
il secondo, costituisce un atto posto in essere da un soggetto, l'Ispettorato del
lavoro, diverso dall'Ente impositore. Ne consegue che i predetti atti, non
integrando i presupposti di cui all'art. 3, comma 10, l. n. 335 del 1995, non
determinano la perdurante applicabilità del termine decennale di
prescrizione, né della sospensione triennale della prescrizione medesima già
prevista dall'art. 2, comma diciannovesimo d.l. n. 463 del 1983, conv. nella l.
n. 638 del 1983.”
145
Cassazione civile sez. lav., 18 febbraio 1985, n. 1405 in Giust. civ.
Mass. 1985, fasc. 2: “la valutazione del giudice del merito circa l'idoneità di
un determinato atto (nella specie, richiesta di dilazione del pagamento del
debito contributivo, senza contestazione del relativo importo) ad integrare un
riconoscimento interruttivo della prescrizione è incensurabile in sede di
legittimità, se sorretta da motivazione immune da vizi.”
149
non solo in ambito civilistico ma anche nel diritto previdenziale dove,
però, non essendo possibile versare i contributi prescritti, nessuna
valenza potrà avere un atto di riconoscimento del debito se successivo
alla scadenza del termine prescrizionale (in quanto con la scadenza del
termine il diritto si estingue). Detto questo, resta da individuare quali
atti possano essere ritenuti riconoscimento del debito. Il problema si è
posto in giurisprudenza in particolar modo con riguardo ai modelli
DM 10 (denuncie contributive mensili) , ai modelli O1 M (che
contengono la denuncia nominativa dei lavoratori occupati nell'anno
precedente, redatta su apposito modulo, e le retribuzioni individuali
corrisposte nonché tutti i dati necessari alla applicazione delle norme
in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria) e alle
dichiarazioni di condono.
Cominciando dalle denuncie mensili, con l'art. 30 l. 21 dicembre 1978
n. 843 (recante le disposizioni per la formazione del bilancio dello
Stato: c.d. finanziaria per il 1979) è stato posto a carico dei datori di
lavoro, tenuti "alla denuncia ed al versamento dei contributi con le
modalità previste dal decreto ministeriale 5 febbraio 1969, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 13 febbraio 1969", l'obbligo di
presentare all'INPS "le denunce contributive relative ai periodi di paga
scaduti, redatte sui moduli predisposti dall'Istituto medesimo", "entro i
termini fissati per il versamento dei contributi".
150
L'art. 1 del decreto ministeriale 5 febbraio 1969, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 67 del 13 febbraio 1969 ed emanato ai sensi
dell'art. 5 del d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488, aveva in effetti istituito un
nuovo sistema per la denuncia e per il versamento dei contributi di
previdenza sociale, "basato sulla trasmissione di elenchi nominativi
dei lavoratori occupati", contenenti tutte le indicazioni relative alle
retribuzioni e agli altri elementi necessari ai fini assicurativi.
Questo decreto ministeriale è stato successivamente integrato e in
parte modificato dal decreto ministeriale 24 febbraio 1984, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale del 14 luglio 1984 n. 193 ed emanato, ai sensi
dell'art. 1 d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito in l. 11 novembre
1983 n. 638, congiuntamente dai Ministri delle Finanze, del Tesoro e
del Lavoro e della Previdenza Sociale (allo scopo di provvedere alla
codificazione unica per il versamento delle imposte e dei contributi
previdenziali "entro termini unificati"), il quale nell'art. 1 ha stabilito
che il versamento delle somme dovute dai datori di lavoro, non
agricoli, quali sostituti di imposta e di quelle dovute alle gestioni
previdenziali ed assistenziali dovesse essere effettuata "entro il 20 di
ogni mese, ferme restando le diverse periodicità".
Dal combinato disposto delle norme precedenti la giurisprudenza ha
escluso che la presentazione nei termini dei DM 10, a differenza della
presentazione oltre i termini, sia atto interruttivo della prescrizione.
151
I datori di lavoro, infatti, sono tenuti a presentare le denunce
contributive, sui moduli predisposti dall'INPS (i c.d. modelli DM 10M), per ciascun periodo di paga scaduto, è evidente che la denuncia
deve seguire e non precedere la scadenza del periodo, con la
conseguenza che, per i periodi di tempo pari al mese, la denuncia deve
essere effettuata nel mese successivo entro il termine fissato per il
versamento dei contributi. E tale termine deve essere individuato nel
giorno 20 di ogni mese;
Il debito contributivo del datore di lavoro non sorge per effetto e al
momento della denuncia, ma viene in essere contestualmente alla
nascita dell'obbligazione retributiva, vale a dire nel momento in cui,
instauratosi il rapporto di lavoro subordinato, al lavoratore deve essere
elargita la retribuzione (e per la somma corrispondente).
Peraltro, per le retribuzioni da corrispondersi mensilmente, il debito,
pur essendo già sorto, tuttavia è esigibile solamente alla scadenza del
ventesimo giorno del mese successivo.
La giurisprudenza, attraverso queste considerazioni, deduce che,
quando dal datore di lavoro viene presentato il modello DM 10-M, la
relativa denuncia fa riferimento ad un debito già sorto, ma non ancora
scaduto con la conseguenza che
la presentazione della denuncia
contenuta nel suddetto modello DM 10-M, anche a volerla considerare
alla stregua di un atto ricognitivo, non possa avere efficacia
152
interruttiva perché l'atto interruttivo è tale solo se interviene nel corso
della prescrizione, vale a dire quando il termine prescrizionale è già
iniziato, e non prima, non potendo essere interrotto ciò che ancora non
esiste.
Pertanto, poiché l'art. 2935 c.c. stabilisce che la prescrizione comincia
a decorrere "dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere" e
poiché, come si è detto sopra, il diritto dell'INPS può essere fatto
valere solamente dopo il giorno 20 di ogni mese, è stato ritenuto che la
presentazione del modello DM 10-M, effettuata entro tale termine di
scadenza, intervenga in un momento che precede l'inizio della
prescrizione del credito dell'Istituto previdenziale, senza, quindi, che
allo stesso possa essere collegato alcun effetto interruttivo.
In conclusione
possono essere considerati interruttivi della
prescrizione soltanto i rendiconti mensili , totalmente o parzialmente
insoluti, presentati oltre il 20 del mese146.
146
Cassazione civile sez. lav. 18 ottobre 2002 n. 14826, in Giust. civ. Mass.
2002, 1823: “la presentazione all'Inps, da parte del datore di lavoro, delle
denunce contributive compilate sui c.d. "modelli DM 10/M" non può essere
configurata come riconoscimento del debito contributivo, idoneo ad
interrompere la prescrizione, ex art. 2944 c.c., trattandosi di un atto che avendo come scadenza il giorno 20 di ogni mese (secondo il disposto dell'art.
1 d.m. 24 febbraio 1984, emanato ai sensi dell'art. 1 del d.l. n. 463 del 1983,
convertito in legge n. 638 del 1983) - interviene in un momento che precede
l'inizio della prescrizione del credito dell'Istituto previdenziale (che può
essere fatto valere solo dopo la suddetta data di scadenza).
153
Relativamente ai modelli 01 M, invece, dove il datore indica le
retribuzioni corrisposte al dipendente e afferma che sulle stesse sono
dovuti i contributi di legge147, gli stessi possono probabilmente
rientrare nel riconoscimento del debito, in quanto pur se è vero che il
debito medesimo non è esattamente quantificato, lo stesso è, tuttavia
agevolmente quantificabile, attraverso una mera operazione di tipo
matematico.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione è infatti ferma nel
ritenere che l'atto di riconoscimento del debito non ha natura negoziale
e non deve essere compiuto con una specifica intenzione riconoscitiva.
Ciò che occorre è che esso rechi, anche implicitamente, la
manifestazione della consapevolezza dell'esistenza del debito e riveli i
caratteri della volontarietà 148.
147
Il modello 01M è previsto dalla deliberazione dell'INPS del 20 novembre
1987 (nell'ambito della delegificazione delle norme in materia di denuncia
annua nominativa: art. 10 comma 1° del D.L. 30 ottobre 1987 n. 442 e D.M.
4 dicembre 1987); esso contiene la denuncia nominativa dei lavoratori
occupati nell'anno precedente, redatta su apposito modulo, e le retribuzioni
individuali corrisposte nonché tutti i dati necessari alla applicazione delle
norme in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria.
148
Cassazione civile sez. lav. 27 giugno 1996 n. 5939, in Giust. civ. Mass.
1996, 926: “il riconoscimento dell'altrui diritto, al quale l'art. 2944 c.c.
ricollega l'effetto interruttivo della prescrizione, non ha natura negoziale ma
costituisce un atto giuridico in senso stretto di carattere non recettizio, il
quale non richiede, in chi lo compie una specifica intenzione ricognitiva,
occorrendo solo che esso rechi, anche implicitamente, la manifestazione
della consapevolezza dell'esistenza del debito e riveli i caratteri della
volontarietà. La relativa indagine, in quanto rivolta alla ricostruzione di un
fatto e non all'applicazione di specifiche norme di diritto, è riservata al
giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente
154
Dalla natura dell'atto di riconoscimento è stata poi ricavata la ulteriore
implicazione che l'indagine - volta a stabilire se una determinata
dichiarazione costituisca riconoscimento del diritto fatto valere in
giudizio, a norma dell'art. 2944 codice civile, rientra nei poteri
discrezionali del giudice di merito, con l'ulteriore conseguenza che il
relativo accertamento, se immune da vizi logici e da errori di diritto,
non è sindacabile in cassazione149.
motivata (Nella specie i giudici di merito - con decisione confermata dalla
S.C. - avevano ritenuto interruttiva della prescrizione del diritto al compenso
per lavoro straordinario maturato da dipendenti dell'Ente Ferrovie dello Stato
la comunicazione dell'ente diretta ai capi degli uffici e per conoscenza a tutto
il personale nella quale si precisava che "non hanno in atto motivo di
sussistere i manifestati timori circa la decorrenza della prescrizione", benché
alla liquidazione delle relative competenze fosse d'ostacolo la mancanza di
un provvedimento legislativo che garantisse la copertura finanziaria
dell'esborso).”
149
Cassazione civile sez. III 18 giugno 1992 n. 7548, in Giust. civ. Mass.
1992, fasc. 6: “il riconoscimento del diritto che, a norma dell'art. 2944 c.c.,
interrompe la prescrizione, può anche essere contenuto in un atto non
negoziale (purché volontario) che, ancorché diretto al perseguimento di
finalità diverse, riveli, comunque, la consapevolezza dell'esistenza del
diritto. L'accertamento del contenuto ricognitivo di un determinato atto
(nella specie, la richiesta al soggetto danneggiato in un sinistro stradale della
documentazione sulla entità del danno) è riservato alla valutazione
discrezionale del giudice di merito e non è pertanto sindacabile in
Cassazione, se immune da vizi logici ed errori di diritto.”
Cassazione civile sez. lav. 18 febbraio 1985 n. 1405, in Giust. civ. Mass.
1985, fasc. 2: “il riconoscimento del debito, idoneo ad interrompere la
prescrizione ai sensi dell'art. 2944 c.c., non esige formule speciali e può
risultare da qualsiasi manifestazione di volontà, la quale, ancorché non
esplicita, implichi univocamente l'ammissione dell'altrui diritto. La
valutazione del giudice del merito circa l'idoneità di un determinato atto
(nella specie, richiesta di dilazione del pagamento del debito contributivo,
senza contestazione del relativo importo) ad integrare un riconoscimento
interruttivo della prescrizione è incensurabile in sede di legittimità, se
sorretta da motivazione immune da vizi.”
155
Infatti, il riconoscimento del quale si discute costituisce un atto
giuridico in senso stretto, la cui identificazione non implica
l'applicazione di specifiche norme di diritto, ma più semplicemente la
ricostruzione di un accadimento, di un fatto umano, la quale deve
essere solamente motivata in modo congruo e corretto150.
Per quanto attiene, invece al condono, la norma della L. 23 dicembre
1998, n. 448, art. 81, comma 9, ha stabilito che “le clausole di riserva
di ripetizione subordinate agli esiti del contenzioso per il
disconoscimento del proprio debito, apposte alle domande di condono
previdenziale, presentate ai sensi del D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 4,
convertito con modificazioni dalla L. 28 maggio 1997, n. 140, e
precedenti provvedimenti di legge sempre in materia di condono
150
Cassazione civile sez. lav.12 maggio 2004 n. 9054, in Giust. civ. Mass.
2004, 5: “l'atto di riconoscimento di debito è un atto giuridico in senso
stretto, e come tale non ha natura negoziale e non deve necessariamente
esprimere una specifica intenzione ricognitiva, essendo sufficiente che esso
contenga, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza
dell'esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà. L'indagine volta
a stabilire se una determinata dichiarazione costituisca o meno
riconoscimento di debito in relazione al diritto fatto valere in giudizio
costituisce attività di merito, non sindacabile in cassazione ove
adeguatamente motivata. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto esente da vizi la
sentenza di merito che aveva qualificato come riconoscimento di debito i
modelli 01/M, compilati a cura del datore di lavoro e costituenti la denuncia
annuale, inviata all'Inps, delle retribuzioni corrisposte dal datore di lavoro al
personale dipendente, e ne aveva dedotto l'idoneità degli stessi ad
interrompere il decorso della prescrizione del credito contributivo dell'Inps).
Il credito per sanzioni civili, che trae origine da una obbligazione accessoria
"ex lege", ha pur nella sua accessorietà, la stessa natura giuridica della
obbligazione principale e deve essere assoggettato al medesimo regime
prescrizionale, in particolare, con riferimento alle omissioni ed evasioni
contributive, la prescrizione del credito per sanzioni civili è la medesima dei
contributi cui esse ineriscono.”
156
previdenziale, sono valide e non precludono la possibilità di
accertamento negativo in fase contenziosa della sussistenza del
relativo debito”.
E’ con tale norma retroattiva, applicabile a tutte le domande di
condono previdenziale, che è stata, quindi, attribuita al contribuente,
che abbia proposto riserva di ripetizione contestualmente a detta
domanda, la possibilità di ottenere l’accertamento negativo in sede
contenziosa circa la sussistenza del debito contributivo condonato151
151
Così: Cassazione civile sez. lav. 27 febbraio 2002 n. 2943 in Giust. civ.
Mass. 2002, 342, Informazione previd. 2002, 60:”la normativa sulla
regolarizzazione degli inadempimenti contributivi (cosiddetto condono) è
intesa a consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad
eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici e organizzativi ad esso
collegati; tuttavia essa consente l'apposizione di una riserva di accertamento
dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, che ha il valore di
condizione risolutiva unilateralmente apposta alla domanda di condono. Tale
riserva deve essere però contestuale alla domanda, essendo altrimenti
vanificata l'esigenza di consolidare la situazione giuridica conseguente
all'istanza di regolarizzazione contributiva.”
Cassazione civile sez. lav. 05 luglio 2002 n. 9751, in Giust. civ. Mass. 2002,
1165: “in tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23 dicembre
1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le domande di
condono, comprese quelle presentate a seguito di provvedimenti legislativi
precedenti il d.l. n. 79 del 1997, attribuisce al soggetto che
contemporaneamente a detta domanda abbia proposto riserva di ripetizione
la possibilità di ottenere l'accertamento negativo in fase contenziosa della
sussistenza del relativo debito. Tale disposizione, che risponde alla finalità,
primaria rispetto al beneficio della diminuzione del contenzioso, di
incentivare le domande di condono per esigenze di bilancio, manifestamente
non si pone in contrasto con i principi costituzionali di parità di trattamento
nei confronti dei cittadini e di buona amministrazione.”
Cassazione civile sez. lav. 04 marzo 2003 n. 3198, in Giust. civ. Mass.
2003, 447: “la normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti
contributivi (cosiddetto condono) è intesa a consentire l'immediata
157
percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli
aggravi economici e organizzativi ad esso collegati; tuttavia essa consente,
ex art. 81, comma 9, legge n. 448 del 1998, l'apposizione di una riserva di
accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, che
ha il valore di condizione risolutiva unilateralmente apposta alla domanda di
condono. Tale riserva deve essere però contestuale alla domanda, essendo
altrimenti vanificata l'esigenza di consolidare la situazione giuridica
conseguente all'istanza di regolarizzazione contributiva, senza che tale
limitazione si ponga in contrasto con l'art. 24 cost., costituendosi in capo al
privato un effetto giuridico da lui stesso voluto, secondo un esatto criterio di
autoresponsabilità.”
Cassazione civile sez. lav. 14 marzo 2003 n. 3784, in Giust. civ. Mass. 2003,
522, Orient. giur. lav. 2003, I, 217: “con riferimento alla disciplina dettata
dall'art. 81 comma 9 l. 23 dicembre 1998 n. 448 in materia di clausole di
riserva di ripetizione apposte alle domande di condono previdenziale, è
manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale, in
relazione agli art. 3, 24 e 97 cost., della previsione normativa di esclusione
degli interessi dalle somme che gli enti previdenziali sono tenuti a restituire
alle aziende in caso di accertamento negativo dell'obbligo contributivo,
tenuto conto che il complessivo intervento del legislatore nella predetta
materia - con il riconoscimento alle aziende di un'agevolazione "ulteriore"
rispetto al condono, quale la facoltà di condizionare risolutivamente gli
effetti di questo, e la contestuale esclusione degli interessi sulle somme
eventualmente da restituire - configura una regolamentazione di tipo
"transattivo", nel cui ambito la previsione di non debenza degli interessi,
rispondendo all'esigenza di non aggravare la posizione degli enti suddetti
eventualmente obbligati alla restituzione dell'indebito, configura una
situazione del tutto particolare e diversa rispetto agli altri contribuenti che
abbiano diritto, a diverso titolo, alla ripetizione di contributi indebitamente
versati (v. Corte cost. n. 234 del 2002); nè, d'altra parte, la medesima
previsione esclude che l'ente obbligato alla restituzione sia tenuto a
comportarsi, nell'adempimento della sua obbligazione "ex lege", secondo il
principio di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione e quello di
correttezza e buona fede ex art. 1175 c.c., fermo restando che, peraltro, il
credito del contribuente non resta privo di tutela giurisdizionale essendo
comunque esperibile l'azione giudiziale (cognitoria ed eventualmente
esecutiva) in caso di inadempimento.”
Cassazione civile sez. lav. 27 ottobre 2003 n. 16120, in Giust. civ. Mass.
2003, 10: “per la stretta connessione, delineata dall'art. 81 comma 9 l. 23
dicembre 1998 n. 448, fra domanda di condono previdenziale con clausola di
riserva (di ripetizione subordinata all'esito del contenzioso per il
disconoscimento del debito contributivo) ed esonero dal pagamento degli
interessi (sulle somme da rimborsare da parte dell'ente previdenziale all'esito
del contenzioso), detto esonero sussiste anche ove, prima dell'entrata in
vigore della predetta normativa, l'Istituto non abbia eccepito l'invalidità della
158
domanda con clausola di riserva (c.d. domanda clausolata), nonché nel caso
in cui, per l'omesso integrale pagamento delle rate previste, il richiesto
condono non si sia perfezionato, cessa invece dal momento in cui la sentenza
che accerta l'indebito contributivo diventa giudicato. In quest'ultimo caso,
tuttavia, limitatamente agli interessi relativi al periodo anteriore al giudicato,
sussiste l'esonero dal pagamento, anche ove il giudicato sia anteriore
all'entrata in vigore della citata normativa, se a tale momento la questione
sulla debenza degli interessi sia ancora pendente.
Cassazione civile sez. lav. 12 marzo 2004 n. 5139 in Giust. civ. Mass. 2004,
3: “in tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di
accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, ai
sensi dell'art. 81, comma 9, l. n. 448 del 1998, deve essere contenuta nella
domanda di condono previdenziale, cioè nell'atto unilaterale recettizio
destinato al soggetto attivo del rapporto obbligatorio, titolare del potere di
valutare l'ammissibilità della richiesta e di procedere alla deliberazione
amministrativa; conseguentemente, non ha alcuna efficacia sul rapporto
obbligatorio una riserva del debitore contenuta in un atto precedente la
domanda. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che
aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere non
riconoscendo efficacia ad una riserva contenuta in una delibera di Giunta del
comune debitore, precedente la domanda di condono).”
Cassazione civile sez. lav. 24 luglio 2004 n. 13942, in Giust. civ. Mass.
2004, 7-8: “in tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di
accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, ai
sensi dell'art. 81, comma 9, legge n. 448 del 1998, deve essere
necessariamente contenuta nella domanda di condono previdenziale, poiché
si configura come condizione risolutiva apposta alla suddetta domanda di
condono; pertanto se l'interessato abbia proposto domanda di condono senza
riserva di ripetizione, la domanda stessa è configurabile come
riconoscimento del debito contributivo, senza che sia possibile una
successiva azione per ripetere quanto pagato.”
Cassazione civile sez. lav. 03 agosto 2004 n. 14845 in Giust. civ. Mass.
2004, 7-8: “in tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23
dicembre 1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le
domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di provvedimenti
legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, attribuisce al soggetto che
contemporaneamente a detta domanda abbia proposto riserva di ripetizione
la possibilità di ottenere l'accertamento negativo in fase contenziosa della
sussistenza del relativo debito. In coerenza con tale previsione, la domanda
di condono può dar luogo, in caso di accoglimento, alla declaratoria di
cessazione della materia del contendere, ma in nessun caso può valere come
riconoscimento del preteso obbligo contributivo.”
159
superando così l’orientamento giurisprudenziale che si era consolidato
in una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione
152
. Alla luce
Cassazione civile sez. lav. 13 marzo 2006 n. 5418, in Giust. civ. Mass.
2006, 3: “in tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23
dicembre 1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le
domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di provvedimenti
legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, ha attribuito al soggetto che
contemporaneamente a detta domanda abbia proposto riserva di ripetizione
la possibilità di ottenere l'accertamento negativo in fase contenziosa della
sussistenza del relativo debito. Ne consegue che, ove la domanda di condono
sia stata inoltrata e il relativo importo versato, il contribuente non ha diritto
di pretendere dall'ente previdenziale la ripetizione di quanto versato in
adempimento del condono, in mancanza dell'accertamento in sede
contenziosa dell'insussistenza del debito contributivo. (Nella specie, la S.C.
ha rigettato il ricorso confermando la sentenza di appello che, riformando la
sentenza di primo grado recante l'accoglimento dell'opposizione a decreto
ingiuntivo con conseguente accertamento negativo del debito contributivo
condonato, dichiarava la nullità del decreto perché reso nei confronti di
soggetto ormai inesistente escludendo la possibilità di indagare sul merito
della controversia).”
Nelle quali sentenze , tra l’altro, si ribadisce sempre la necessità della
contestualità della riserva, essendo altrimenti vanificata l’esigenza di
consolidare la situazione giuridica conseguente all’istanza di condono.
152
Cassazione civile sez. un. 15 maggio 1998 n. 4918, in Giust. civ. Mass.
1998, 1051, Giust. civ. 1998, 1839,2529, Foro it. 1998, I,1781, Gius 1998,
2239, Informazione previd. 1997, 489, Mass. giur. lav. 1998, 734, Notiziario
giur. lav. 1998, 361, Orient. giur. lav. 1998, I, 451: “la normativa sulla
regolarizzazione degli inadempimenti contributivi (cosiddetto condono) è
intesa, non diversamente dalla analoga normativa in materia tributaria, a
consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad
eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici ed organizzativi ad esso
collegati; deve pertanto ritenersi, pur in difetto di espressa previsione di
legge al riguardo, che l'accoglimento della domanda di condono comporti il
venire meno di ogni contestazione sull'esistenza del debito contributivo e che
sia priva di ogni effetto la riserva di accertamento negativo del debito
eventualmente apposta dall'interessato alla domanda di condono, senza che
sia perciò solo configurabile una lesione del diritto di difesa, atteso che chi
ritenga di non essere tenuto all'obbligo contributivo conserva ogni possibilità
di far valere le proprie ragioni, non essendo il condono una via obbligata, ma
una opzione ampiamente discrezionale. Ne consegue che deve essere
rigettata la domanda di accertamento negativo dell'obbligo contributivo
proposta dopo l'adempimento degli obblighi derivanti dalla disciplina sul
160
della predetta norma, ed in tal senso la successiva giurisprudenza153 ,
il condono con la clausola di riserva di ripetizione non è atto di
riconoscimento del debito154. Pur
non essendo un atto di
condono, mentre, per i giudizi pendenti, ove tale adempimento avvenga in
corso di causa, dovrà dichiararsi la cessazione della materia del contendere, e
ove il beneficiario del condono si sia avvalso della facoltà di dilazionare il
pagamento, il giudice dovrà limitarsi a definire il procedimento in corso con
un provvedimento meramente processuale, così da non pregiudicare
l'originaria pretesa dell'ente in caso di decadenza del soggetto obbligato dai
benefici del condono.”
153
Cassazione civile sez. lav. 06 giugno 2000 n. 7623, in Giust. civ. Mass.
2000, 1227, Informazione previd. 2000, 1332: “alla domanda di condono
previdenziale non può riconoscersi natura di riconoscimento del debito; essa,
tuttavia, ha la funzione di regolarizzazione contributiva in quanto diretta a
saldare senza penalità il relativo debito; in questi termini, di essa deve tenersi
conto ai fini del computo della prescrizione del debito contributivo
medesimo.”
Cassazione civile sez. lav. 04 maggio 2010 n. 10715, in Guida al diritto
2010, 24, 77 (s.m.): La domanda di condono non costituisce riconoscimento
di debito e quindi non interrompe la prescrizione, ma innesca una procedura
di recupero dei contributi la quale costituisce quel requisito della "procedura
già iniziata", previsto dalla l. 335 del 1995, che rende decennale il termine di
prescrizione.
In precedenza si segnala anche Cassazione civile sez. lav. 16 aprile 1994 n.
3641, in Giust. civ. Mass. 1994, 515 (s.m.): “La presentazione della
domanda di condono contributivo previdenziale non implica il
riconoscimento del debito da parte dell'imprenditore, nè comporta la rinuncia
tacita di questi alla domanda di accertamento negativo del debito
contributivo previdenziale.”
154
La riserva è, così, una condizione risolutiva unilateralmente apposta alla
domanda di condono, come ritenuto dalle Sezioni Unite, e al pari di detta
domanda ha natura recettizia (v.fra le altre Cassazione civile sez. lav. 27
febbraio 2002 n. 2943, in Giust. civ. Mass. 2002, 342, Informazione previd.
2002, 605: “la normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti
contributivi (cosiddetto condono) è intesa a consentire l'immediata
percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli
aggravi economici e organizzativi ad esso collegati; tuttavia essa consente
l'apposizione di una riserva di accertamento dell'obbligo contributivo e di
ripetizione di quanto pagato, che ha il valore di condizione risolutiva
161
riconoscimento si può ben ritenere però che i pagamenti delle rate di
condono siano atti interruttivi della prescrizione del credito
contributivo condonato.
unilateralmente apposta alla domanda di condono. Tale riserva deve essere
però contestuale alla domanda, essendo altrimenti vanificata l'esigenza di
consolidare la situazione giuridica conseguente all'istanza di
regolarizzazione contributiva.”
Cassazione civile sez. lav. 12 marzo 2004 n. 5139, in Giust. civ. Mass.
2004, 3: “in tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di
accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto pagato, ai
sensi dell'art. 81, comma 9, l. n. 448 del 1998, deve essere contenuta nella
domanda di condono previdenziale, cioè nell'atto unilaterale recettizio
destinato al soggetto attivo del rapporto obbligatorio, titolare del potere di
valutare l'ammissibilità della richiesta e di procedere alla deliberazione
amministrativa; conseguentemente, non ha alcuna efficacia sul rapporto
obbligatorio una riserva del debitore contenuta in un atto precedente la
domanda. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che
aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere non
riconoscendo efficacia ad una riserva contenuta in una delibera di Giunta del
comune debitore, precedente la domanda di condono”.
E’ venuto meno il corollario pure enunciato dalle Sezioni Unite secondo cui
tale condizione sarebbe inefficace se non accettata dall’altra parte (cfr. Cass.
2943/2002 la cui massima è sopra riportata). Comunque resta valido il
principio secondo cui dopo l’adempimento (senza riserva) degli obblighi
derivanti dalla disciplina sul condono deve essere rigettata la domanda di
accertamento negativo dell’obbligo contributivo.
Cassazione civile sez. lav. 24 novembre 2004 n. 22164, in Giust. civ. Mass.
2005, 1: “la normativa sulla regolarizzazione degli adempimenti contributivi
è intesa, non diversamente dalla analoga normativa in materia tributaria, a
consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad
eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici ed organizzativi ad esso
collegati; ne consegue che, pur dopo l'entrata in vigore dell'art. 81, comma 9,
della legge n. 448 del 1998, che ammette la valida inseribilità delle clausole
di riserva di ripetizione nella domanda di condono, qualora l'adempimento
degli obblighi derivanti dalla disciplina sul condono avvenga senza riserve,
deve essere rigettata la domanda di accertamento negativo dell'obbligo
contributivo e rimane irrilevante anche il sopravvenire, dopo il pagamento
della somma prevista per il condono (e prima dell'inizio della causa per
l'accertamento negativo dell'obbligo contributivo) di una normativa più
favorevole, pur espressamente dichiarata retroattiva”.
162
5.3 LE PROCEDURE DI RECUPERO INIZIATE
Il comma 10 dell’art. 3 della legge 335 del 1995 stabilisce che i
termini di prescrizione di cui al comma 9, si applicano anche alle
contribuzioni relative a periodi precedenti la data di entrata in vigore
della presente legge, fatta eccezione per i casi di atti interruttivi già
compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa
preesistente.
L’espressione procedure iniziate ha generato dubbi interpretativi. Il
problema principale che sembra porsi in proposito è quello relativo
alla domanda se debba trattarsi di procedure che abbiano, in qualche
misura, una valenza esterna ovvero se sia sufficiente che le medesime
siano iniziate anche internamente all’Ente, che potrà farne valere
l’effetto, previa ovviamente dimostrazione di quanto sopra detto. La
latitudine dell’espressione semantica usata parrebbe apparentemente
avallare la seconda ipotesi, e lo stesso INPS, nella circolare 262/95155
ritiene che la procedura di recupero del credito, che si sostanzia nelle
partite trasmesse all’Ufficio legale di cui sia stata data notizia ai
debitori interessati e nelle partite incluse nei ruoli esattoriali, sia un
155
Per il testo integrale vedi nota 140.
163
valido atto interruttivo solo ove risulti manifesta al debitore la volontà
del titolare del credito di far valere il proprio diritto156.
La circolare 18/1996 dell’INPS pare confermare, come già detto in
precedenza,
la tesi secondo la quale, nel concetto di procedura
iniziata non possa rientrare anche l’ipotesi di azione giudiziaria
relativa ad una controversia in cui l’Istituto sia rimasto estraneo
essendosi la stessa svolta fra il datore di lavoro ed il lavoratore. La
conclusione pare fondata avuto riguardo ai principi generali sulla
provenienza dell’atto interruttivo.
156
Si segnala , sul punto, una (Cassazione civile sez. lav.
11 gennaio 2001 n 301: “Ai sensi dell'art. 3 l. n. 335 del 1995 a tutte le
contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria, compresa
quella riguardante l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali, diverse da quelle relative al Fondo pensioni lavoratori
dipendenti, il termine di prescrizione applicato è quello quinquennale;
tuttavia continua ad applicarsi il termine decennale, introdotto dall'art. 12 d.l.
30 dicembre 1987 n. 536, conv. in l. 29 febbraio 1988 n. 48, alle procedure
finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate prima dell'entrata in
vigore della norma n. 335 del 1995 cit., atteso che il comma 10 dell'art. 3
cit., pur stabilendo che i nuovi termini di prescrizione operano anche nei
confronti delle contribuzioni precedenti alla nuova normativa facendo salvi i
casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della
normativa precedente.”) decisione della Sezione lavoro che, in materia di
premi assicurativi INAIL , ha considerato valide ai fini dell’applicabilità
dell’art 3 decimo comma l’ipotesi di atti, come due lettere dell’INAIL stesso
contenenti la richiesta necessaria per la quantificazione del premio “a
consuntivo” e di quello anticipato per l’anno successivo. Tali lettere secondo
i giudici di merito esternavano una iniziativa assunta in via amministrativa
allo scopo di conseguire l’osservanza dell’obbligo contributivo . La sentenza
concorda, infine , con i giudici di merito nel ritenere che la ratio della
disposizione ex art. 3 decimo comma sia quella di non impedire la
prosecuzione di iniziative di recupero dei contributi già intraprese dagli
Istituti creditori escludendo, invece, la possibilità che siano perseguite ex
novo delle omissioni contributive pregresse.
164
5.4 LA DENUNCIA DEL LAVORATORE
La denuncia del lavoratore all’ente previdenziale dell’omissione
contributiva, suffragata dalla prova della sussistenza del rapporto di
lavoro157 “mediante documenti o prove certe” (art. 23 ter della legge n.
485 del 1972
158
; in mancanza di tale prova certa il principio di
automaticità non opera ed il lavoratore non può vantare alcuna
pretesa, dovendo agire nei confronti
inadempiente),
del datore di lavoro
è una forma di tutela del diritto all’integrità
contributiva che garantisce al lavoratore, purché intervenuta prima
dello scadere del termine di prescrizione dei contributi (non rileva se
la prescrizione dei contributi159 interviene nell’eventuale160 inerzia
157
Cassazione civile sez. lav. 18 dicembre 1993 n. 12542, in Giust. civ.
Mass. 1993, fasc. 12: “la prova certa del rapporto di lavoro, richiesta dall'art.
27 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (nel testo modificato ed integrato dall'art.
40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 e dall'art. 23 ter della l. 11 agosto 1972 n.
485) ai fini della verifica del requisito di contribuzione per il diritto alla
pensione di invalidità - stabilito in relazione ai contributi non versati ma
comunque risultanti dovuti nei limiti della prescrizione decennale - attiene
solo all'accertamento dell'esistenza di un effettivo rapporto di lavoro al quale
va ricondotta la posizione contributiva del lavoro assicurato, restando
irrilevante a tal fine la precisa individuazione del soggetto datore di lavoro.”
La ratio riposa nel “pericolo di oneri incontrollati, fondati su dichiarazioni
compiacenti”. Così P. Boer, Ricongiunzione dei periodi assicurativi e
automaticità delle prestazioni nella giurisprudenza della Corte
Costituzionale, in Riv. Giur. Lav., 1998, II, 390.
158
159
Cassazione civile sez. lav. 21 maggio 2002, n. 7459, in Dir. e Giust.,
2002, 32, con nota di L. Assi, Principio di correttezza e lesione del credito
del lavoratore assicurato: “Ove il lavoratore abbia dato comunicazione
dell'omissione contributiva del datore di lavoro al competente ente
previdenziale e quest'ultimo non abbia provveduto a conseguire i contributi
omessi, lo stesso ente, in quanto obbligato, nell'ambito del rapporto giuridico
con l'interessato (anche ex art. 1175 e 1176 cod. civ.), alla diligente
165
dell’Istituto previdenziale successiva alla denunzia), l’automaticità
delle prestazioni attraverso l’accreditamento del periodo assicurativo
oggetto dell’omissione161.
riscossione di un credito che, ancorché proprio, vale a soddisfare il diritto
costituzionalmente protetto del lavoratore, è tenuto a provvedere alla
regolarizzazione della posizione assicurativa del lavoratore medesimo, ove a
quest'ultimo sia precluso di ricorrere alla costituzione della rendita ex art. 13
legge n. 1338 del 1962 o all'azione di risarcimento danni ex art. 2116 cod.
civ.”.
160
Cassazione civile sez. lav. 04 maggio 2002 n. 6409, in Giust. civ. Mass.
2002, 757, Notiziario giur. lav. 2002, 688: “in tema di prestazioni di
previdenza obbligatoria, va riconosciuto il diritto del lavoratore di agire per
far accertare la computabilità dei contributi dovuti e non versati dal datore di
lavoro, ancorché non venga ancora rivendicato il diritto alla relativa
prestazione, atteso che l'interesse ad agire deriva in tali ipotesi dalla
contestazione dell'ente previdenziale in ordine alla computabilità dei
contributi medesimi.”
161
Cassazione civile sez. lav. 27 agosto 1986 n. 5263, in Giust. civ. Mass.
1986, fasc.8 – 9: “il principio dell'automaticità della costituzione del
rapporto assicurativo e delle conseguenti prestazioni previdenziali pur in
mancanza del versamento dei relativi contributi, principio che trova
applicazione anche in tema di pensione d'invalidità, presuppone il duplice
requisito sia dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, che deve
essere provato dal lavoratore mediante elementi certi, sia del mancato
decorso della prescrizione decennale talché il pagamento tardivo di tali
contributi possa essere effettuato dal datore di lavoro volontariamente (ex
art. 55 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827) oppure coattivamente su richiesta
dell'INPS (derivandone in mancanza la prestazione risarcitoria prevista
dall'art. 2110 c.c. a carico del datore di lavoro). Il principio dell'automatismo
delle prestazioni di cui al comma 1 dell'art. 2116 c.c. non è operante senza
l'accertamento dei requisiti richiesti dalle disposizioni speciali cui fa
riferimento, mediante una clausola di riserva, la citata norma principale.
Dette disposizioni speciali (art. 40 e 41 l. 30 aprile 1969, n. 153 e art. 23 ter
d.l. 30 giugno 1972) non si limitano, infatti a stabilire che il requisito
contributivo deve intendersi per verificato anche quando i contributi non
siano stati versati dal datore di lavoro, ma subordinano l'automatismo delle
prestazioni, da parte dell'INPS, al duplice presupposto che esista il rapporto
di lavoro subordinato, quale fonte generatrice del rapporto assicurativo e che
i contributi non versati si riferiscano ad un periodo infradecennale, tali da
non essere estinti per prescrizione. Incombe all'assicurato l'onere di provare
la sussistenza di entrambi i presupposti.”
166
Se il lavoratore accede al beneficio dell’automaticità non può esperire
una azione risarcitoria nei confronti dell’ente previdenziale. E questo
proprio perché, nonostante l’eventuale inerzia e a prescindere dalle
sue cause, opera l’automaticità con la conseguenza che non sussiste
alcun danno da far valere nei confronti degli enti previdenziali.
Gli stessi, infatti, hanno l’obbligo, di natura pubblicistica, di
provvedere al recupero dei contributi omessi162 e se non provvedono,
nonostante la denuncia presentata prima della scadenza del termine
prescrizionale, opera comunque l’automaticità163.
In sintesi, il lavoratore ha il potere di compiere un atto conservativo
del proprio diritto alla integrità contributiva164 e se offre la prova certa
della sussistenza del rapporto di lavoro non riceve alcun danno perché
l’Inps deve riconoscergli l’automaticità delle prestazioni.
162
Cassazione civile sez. lav. 26 maggio 2000, n. 6911, in Rep. Foro it.,
2000, Previdenza sociale, n. 854, dove la S.C. precisa che il lavoratore non
ha alcuno strumento “(...) per costringerli all'azione di recupero, neanche
può far valere un diritto al risarcimento del danno derivante dal mancato
recupero, in coerenza, del resto, con l'autonomia del rapporto contributivo
rispetto a quello previdenziale e con la tutelabilità dell'interesse del
lavoratore al versamento dei contributi mediante l'azione che lo stesso - a
diretta conoscenza dei dati di fatto rilevanti - può promuovere nei confronti
del datore di lavoro, affinché adempia l'obbligo, derivante dal rapporto
contrattuale in essere tra le parti, di versare i contributi previdenziali”.
163
Cassazione civile sez. lav. 21 maggio 2002 n. 7459, in Giust. civ. Mass.
2002, 892, per la cui massima si rinvia alla nota 125.
164
P. Capurso, Prescrizione dei contributi e denuncia del lavoratore, in Inf.
prev., 2001, p. 964, ma anche L. Montuschi, Sulla prescrizione dei contributi
previdenziali (un profilo singolare della riforma pensionistica, in Arg. Dir.
Lav., 1996, 47).
167
Non vi è consenso in dottrina se ad avere incidenza sulla prescrizione
sia
solo
la
denunzia
che
abbia
come
destinatario
l’ente
previdenziale165, o anche quella rivolta a soggetto diverso dal
creditore, quale la Direzione del lavoro166, o anche un ricorso con il
quale si chieda la condanna del datore di lavoro al versamento dei
contributi, o ancora una denuncia penale o un atto di costituzione in
mora proposto dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro tenuto
all’adempimento
dell’obbligazione
contributiva167.
Non
vi
è
165
In questo senso, C. A. Nicolini, Prescrizione della contribuzione,
automaticità delle prestazioni e tutela dell’anzianità previdenziale dopo la l.
n. 335/1995, in Riv. It. Dir. lav., 1996, I, 312.
166
Cassazione civile sez. lav. 12 maggio 2005 n. 9962, in Orient. giur. lav.
2005, I, 423: “in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai
contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro il nuovo termine
quinquennale di prescrizione dei contributi previdenziali previsto dall'art. 3,
commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995 trova applicazione anche ai crediti maturati
anteriormente, con eccezione per i crediti accertati entro il 31 dicembre 1995
e per i quali l'Ente creditore abbia interrotto i termini o avviato procedure di
recupero.”.
167
Il datore di lavoro è il debitore e l’ unico responsabile del pagamento dei
contributi assicurativi sia per la quota a proprio carico che per quella a carico
del lavoratore,. Ne è conferma e ne consegue che sia l’unico soggetto
legittimato all’azione di recupero verso l’Inps ( Cassazione civile sez. lav. 03
agosto 2001 n. 10749, in Foro it. 2001, I,3610: “in ipotesi di indebito
versamento contributivo, il datore di lavoro è l'unico legittimato all'azione di
ripetizione, anche con riguardo alla quota a carico del lavoratore, nei
confronti dell'ente previdenziale, mentre il lavoratore che abbia subito
l'indebita trattenuta sulla retribuzione può agire nei confronti del datore di
lavoro che ha eseguito la trattenuta stessa, anche se il datore di lavoro non ha
ancora ottenuto dall'ente previdenziale il rimborso dei contributi versati e
non dovuti, a tal fine non rilevando la disciplina dettata dal d.l. n. 71 del
1993, in tema di modalità di rimborso delle somme a titolo di sgravi degli
oneri sociali in favore delle imprese, che regola esclusivamente il rapporto
tra detto ente e le imprese creditrici.”); difetto di legittimazione che può
essere accertato anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo
(Cassazione civile sez. lav. 20 novembre 1996 n. 10181, in Giust. civ. Mass.
168
comunque alcun obbligo di notificare la denuncia anche al datore di
lavoro168. Detta denuncia, ed è questa la sua particolarità, ha come
autore chi non è creditore (perché creditore è l’Ente previdenziale) 169,
come invece dovrebbe essere per produrre un effetto interruttivo della
1996, 1551: “il datore di lavoro è l'unico soggetto passivo del rapporto
contributivo, anche nel caso in cui abbia il diritto di rivalersi nei confronti
del lavoratore per una quota dei contributi versati all'ente di previdenza o
assistenza, e quindi, in caso di azione per la restituzione di contributi
indebitamente versati dal datore di lavoro, promossa dal lavoratore nei
confronti dell'ente previdenziale, è configurabile (non già l'infondatezza nel
merito della pretesa dedotta in giudizio, ma) il difetto di legittimazione "ad
causam", che va rilevato anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio,
col solo limite del giudicato interno, essendo in questione l'instaurazione del
giudizio tra le giuste parti, mentre le ragioni del lavoratore possono essere
fatte valere nei confronti del datore di lavoro, che legittimamente esegue
trattenute retributive per attuare il diritto di rivalsa nei confronti del
lavoratore solo nei limiti della reale sussistenza dell'"an" e nel "quantum"
dell'obbligazione contributiva adempiuta.
Il rapporto contributivo previdenziale intercorre, per legge, esclusivamente
tra datore di lavoro e ente previdenziale; nell'ambito di questo rapporto, il
datore di lavoro non va considerato un rappresentante "ex lege" del
lavoratore ma è in realtà l'unico soggetto passivo del rapporto, obbligato
direttamente - anche per la quota parte di contributi a carico del lavoratore nei confronti dell'ente previdenziale. Dalla predetta impostazione discende
che, in caso di indebiti versamenti contributivi, i lavoratori non sono
legittimati ad agire nei confronti dell'ente previdenziale per la restituzione
delle quote contributive a loro carico (ovviamente il lavoratore può agire, per
la restituzione della quota a suo carico - nei confronti del datore di lavoro).”
168
Cass. civile sez. lav. 28 gennaio 2003, n. 1372, in Notiziario giur. lav.
2003, 519, Giust. civ. Mass. 2003, 219, Lavoro nella giur. (Il) 2003, 759:
“con riguardo alla disciplina introdotta dalla l. n. 335 del 1995, che riduce a
cinque anni, a decorrere dal primo gennaio 1996, il termine di prescrizione
per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria, salvi i
casi di denuncia del lavoratore e dei suoi superstiti, ai fini dell'applicazione
del termine di prescrizione ordinaria decennale è sufficiente che il lavoratore
abbia presentato una propria denuncia all'Inps, relativa all'omissione
contributiva del datore di lavoro, non essendo posto a suo carico, al fine di
avvalersi del più lungo termine di prescrizione, alcun obbligo di notificare la
denuncia anche al datore di lavoro.”
169
e come destinatario l'ente previdenziale e non il datore di lavoro.
169
prescrizione170.
E tale denuncia sembra idonea ad incidere sulla
durata del termine prescrizionale171, in deroga alla disciplina generale
che prevede il divieto, per le parti, di disporre della prescrizione172.
170
A. Rondo, La facoltà di denuncia del lavoratore e dei suoi superstiti nel
quadro della (nuova) disciplina sulla prescrizione dei contributi
previdenziali, in Lav giur., 2001, 8, 727; M. Cinelli, Diritto della previdenza
sociale, Giappichelli, Torino, 1999, p. 231; P. Capurso, op. cit., 962; L.
Montuschi, op. cit., p. 47.
171
P. Parisella, Termini di prescrizione dei contributi previdenziali: appunti a
margine di una recente pronuncia della Cassazione, in Mass. giur. lav., 2003,
4, p. 267; C.A. Nicolini, Prescrizione dei contributi, automaticità delle
prestazioni e tutela dell'anzianità previdenziale dopo la legge n. 335 del
1995, in Riv .it. dir. lav. 1996, 3, p. 295; A. Rondo, La facoltà di denuncia
del lavoratore e dei suoi superstiti nel quadro della (nuova) disciplina sulla
prescrizione dei contributi previdenziali, in Lav giur., 2001, 8, p. 727; P.
Capurso, Prescrizione dei contributi previdenziali e denuncia del lavoratore,
in Inf. prev., 2001, p. 960). Per una lettura dell’art. 3 comma 9 L. 335 del
1995 come avente “valore premiale del dovere di collaborazione del
soggetto protetto” R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale,
Cedam,Padova 2012, 449.
172
C.A. Nicolini, op. cit., p. 312; Cassazione civile sez. lav.
24 marzo 2005 n.6340 in Giust. civ. Mass. 2005, 3: “nella materia
previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione
già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti - ai sensi dell'art. 3,
comma 9, della legge n. 335 del 1995 - anche per le contribuzioni relative a
periodi precedenti la entrata in vigore della stessa legge (comma 10 del
medesimo art. 3) e con riferimento a qualsiasi forma di previdenza
obbligatoria. Ne consegue che, una volta esaurito il termine, la prescrizione
ha efficacia estintiva (non già preclusiva) - poiché l'ente previdenziale
creditore non può rinunziarvi - opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio.
Pertanto, deve escludersi il diritto dell'assicurato a versare contributi
previdenziali prescritti e ad ottenere la retrodatazione dell'iscrizione alla
Cassa (nella specie, dei geometri liberi professionisti) per il periodo coperto
da prescrizione, senza che possa rilevare la eventuale inerzia della Cassa
stessa nel provvedere al recupero delle somme corrispondenti alle
contribuzioni, avendo il credito contributivo una sua esistenza autonoma, che
prescinde dalla richiesta di adempimento fattane dall'ente previdenziale, ed
insorgendo nello stesso momento in cui si perfeziona il rapporto (o,
comunque, l'attività) di lavoro, che ne costituisce il presupposto, momento
dal quale decorre, altresì, il termine prescrizionale dello stesso credito
contributivo. Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali non
170
trova applicazione nel rapporto tra lavoratore autonomo (nella specie, libero
professionista) ed ente previdenziale, nel difetto di esplicite norme di legge
(o di legittima fonte secondaria) che, eccezionalmente, dispongano in senso
contrario. Ne consegue che il mancato versamento dei contributi obbligatori
impedisce, di regola, la stessa costituzione del rapporto previdenziale e,
comunque, la maturazione del diritto alle prestazioni. Ne consegue altresì
che il suddetto principio dell'automatismo delle prestazioni - proprio perché
eccezionalmente previsto per la Cassa italiana di previdenza ed assistenza a
favore dei geometri dall'art. 35 l. 24 ottobre 1955 n. 990, poi abrogato
dall'art. 43 l. 4 febbraio 1967 n. 37 - non trova applicazione per le prestazioni
che (come nella specie) non siano maturate nel periodo di vigenza (dal 1955
al 1967) dello stesso principio.”
Cassazione civile sez. lav. 16 agosto 2001 n. 11140, in Giust. civ. Mass.
2001, 1600, Foro it. 2001, I,3604, Giust. civ. 2003, I,2583 (nota di:
Bagianti): “nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il
regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle
parti, ai sensi dell'art. 3 comma 9 l. 8 agosto 1995 n. 335, che vale per ogni
forma di assicurazione obbligatoria e che, in forza del successivo comma 10
dello stesso articolo, si applica anche per i contributi prescritti prima della
entrata in vigore della suddetta legge. Da ciò consegue che deve escludersi
un diritto soggettivo dell'assicurato a versare contributi previdenziali
prescritti. Quanto poi alla differenza di trattamento dei lavoratori autonomi
rispetto a quelli subordinati, in relazione alla mancata previsione di
meccanismi di riparazione della perdita contributiva previsti solo per i
dipendenti (rendita vitalizia, risarcimento del danno), essa non vale a ledere
il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 cost., non potendosi
ragionevolmente parificare le diverse situazioni dei suddetti lavoratori.”
Cassazione civile sez. lav. 10 dicembre 2004 n. 23116 in Giust. civ. Mass.
2005, 1: “nella materia previdenziale, il regime della prescrizione già
maturata è differente rispetto alla materia civile, in quanto è sottratto alla
disponibilità delle parti, sicché deve escludersi l'esistenza di un diritto
soggettivo degli assicurati a versare contributi previdenziali prescritti: la
prescrizione, inoltre, opera di diritto e pertanto può essere rilevata anche
d'ufficio dal giudice, mentre l'ente previdenziale (anche se, come nella
specie, di natura privatistica) non può rinunciare alla "irricevibilità" dei
contributi prescritti. Detto principio di indisponibilità - attualmente fissato
dall'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 desumibile, per il periodo
precedente l'entrata in vigore di tale disposizione, dall'art. 55, comma 2, del
r.d.l. n. 1827 del 1935 vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in
base al comma 10 del citato art. 3 della legge n. 335 del 1995, si applica
anche per i contributi prescritti prima dell'entrata in vigore della medesima
legge.”
Cassazione civile sez. lav. 12 gennaio 2002 n. 330, in Foro it. 2002, I,1023:
“si deve escludere, in linea generale, un diritto soggettivo dell'assicurato a
171
Infatti la legge 335 del 1995 all’art. 3 comma 9 prevede che a
decorrere dal 1° gennaio 1996, il termine prescrizionale è ridotto a
cinque anni, salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti.
Controversa è anche la questione del termine entro il quale la
denuncia debba essere effettuata per poter esplicare gli effetti sopra
indicati, aspetto che risente della difficile collocazione sistematica
della norma. Il lavoratore, infatti, non essendo parte del rapporto
contributivo, non dovrebbe avere il potere di incidere sulla durata del
termine prescrizionale e, comunque, non dovrebbe essere lasciata alla
sua discrezione, la possibilità di far valere o meno l’ avvenuta
prescrizione
173
. Secondo una interpretazione letterale della norma, il
termine per effettuare la denunzia dovrebbe essere lo scadere del
versare contributi previdenziali prescritti, poiché, nella materia
previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione
già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti; detto principio, che per
il periodo precedente l'entrata in vigore della l. n. 335 del 1995 è desumibile
dall'art. 55, comma 2, r.d.l. 1827/35, ed è ora fissato dall'art. 3, comma 9, l.
335/95, vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in forza del
successivo comma 10 del citato art. 3, si applica anche per i contributi
prescritti prima dell'entrata in vigore di quest'ultima legge.”
173
Cassazione civile sez. lav., 06 dicembre 1995, n. 12538, in Giust. civ.
Mass. 1995, fasc. 12, “…il principio della irrinunciabilità della prescrizione
è enunciato espressamente anche all'art. 55 del r.d.l. n. 55 del 1935, ostativo
del pagamento dei contributi previdenziali prescritti, ed è consono ad un
sistema previdenziale avente uno spiccato carattere pubblicistico, nell'ambito
del quale è necessario, per la certezza dei rapporti tra l'ente gestore e i
cittadini, che i contributi da versare o da rimborsare non siano prescritti e
che, comunque, non sia lasciata alla discrezione dell'interessato la possibilità
di far valere o meno l'avvenuta prescrizione.”
172
decennio174 , ma la giurisprudenza più recente e parte della dottrina
ritengono la denunzia utile ai fini interruttivi solo se pervenuta entro il
quinquennio
175
in quanto il prolungamento del termine (da 5 a 10
anni) avrebbe la possibilità di operare solo laddove il diritto non fosse
venuto già venuto meno; in altri termini, affinché il termine medesimo
possa essere raddoppiato, occorre pur sempre che il credito
contributivo esista ancora e non sia già estinto per il maturare del
quinquennio dalla sua scadenza, come fatalmente accadrebbe nel caso
in cui, durante questo lasso di tempo non intervenisse la denunzia.
L’Inps, originariamente, propendeva per la prima tesi e,
nella
circolare n. 18 del 1996176, osservava che il legislatore, con la
174
P. Capurso, Prescrizione dei contributi previdenziali e denuncia del
lavoratore, in Inf. prev., 2001, 963; P. Capurso, Ius superveniens e rapporto
contributivo: problemi attuali in tema di prescrizione e regime sanzionatorio
dell’inadempimento, in Riv. Giur. Lav., 407; P.Boer, L’incidenza della
denuncia del lavoratore sul termine di prescrizione dei contributi
previdenziali, in Mass. Giur. Lav., 2005, 769.
175
Cassazione civile sez. lav. 24 febbraio 2006, n. 4153, in Dir. Rel. Ind.,
2007, 212.
Sul punto, i contributi di P. Capurso, Prescrizione dei contributi
previdenziali e denuncia del lavoratore, cit.; M. Pallini, Gli effetti
dell’autodenuncia del datore e della denuncia successiva del lavoratore sul
termine prescrizionale applicabile in materia di omissioni contributive in
Riv. It. Dir. Lav., 2001, II, 822; M. Sferrazza, L’efficacia della denuncia nel
corso della prescrizione dei contributi previdenziali, in Lav. prev. Oggi,
2007, 862; L. Montuschi, Sulla prescrizione dei contributi previdenziali (un
profilo singolare della riforma pensionistica), in Arg. Dir. lav., 1996, 49; A.
Rondo, La facoltà di denuncia del lavoratore e dei suoi superstiti nel quadro
della (nuova) disciplina sulla prescrizione dei contributi previdenziali, in
Lav. Giur., 2001, 727.
176
Per il testo completo della circolare si rinvia alla nota 141.
173
disposizione richiamata, ha voluto porre un’eccezione alla generale
prescrizione quinquennale introdotta, per proteggere il lavoratore che
spontaneamente denunci l'inadempimento contributivo nei propri
confronti, concedendo un termine più ampio di prescrizione dei
contributi dovuti al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti 177.
177
in senso difforme, da ultimo, l’orientamento della Cassazione civile sez.
lav. 07 gennaio 2009 n. 73, in Giust. civ. Mass. 2009, 2, 156: “in materia di
prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di assistenza obbligatoria
in base alla disciplina recata dall'art. 3, commi 9 e 10, l. 8 agosto 1995 n.
335, la denuncia del lavoratore, di cui alla lett. a, ultimo periodo, del citato
art. 3, comma 9, in relazione a contributi per i quali il termine quinquennale
di prescrizione, decorrente dalla loro scadenza, sia integralmente maturato
prima della data di entrata in vigore della predetta legge (17 agosto 1995), è
idonea a mantenere il precedente termine di prescrizione decennale solo
quando sia intervenuta prima della maturazione dell'anzidetto termine
quinquennale (e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1995), non potendo più
operare il prolungamento dello stesso termine una volta che il credito
contributivo risulti già prescritto. (Fattispecie relativa a denuncia del
lavoratore intervenuta in data 19 settembre 1994 in ordine a contributi
previdenziali attinenti a fattispecie di licenziamento illegittimo del 19
febbraio 1981, rispetto ai quali era già ampiamente maturato il termine di
prescrizione quinquennale).”
Cassazione civile sez. lav., 10 marzo 2010 n. 5811, in Giust. civ. Mass.
2010, 4, 487: “in tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza
e di assistenza obbligatoria, il principio secondo cui, a seguito dell'entrata in
vigore dell'art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995, che ha introdotto il nuovo
regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti, opera,
al di fuori dei casi di conservazione del precedente termine decennale, il
nuovo termine di prescrizione più breve, con decorrenza dall'1 gennaio 1996,
trova applicazione anche nel caso, contemplato dal comma 9, lett. a, ultima
parte, dell'art. 3 cit., di denuncia da parte del lavoratore del mancato
versamento dei contributi all'Istituto previdenziale, con la conseguenza che,
in relazione ai contributi dovuti per anni anteriori all'entrata in vigore della
legge, il termine entro il quale la denuncia dev'essere inoltrata è quello di
cinque anni dal 31 dicembre 1996, potendo però detto termine essere
inferiore, in applicazione della regola generale di cui all'art. 252 disp. att.
c.c., se tale è il residuo del più lungo termine determinato secondo il regime
precedente, e che il diritto alla riscossione si prescrive entro il quinquennio
dalla denuncia del lavoratore.”
174
L’Ente riteneva, pertanto, che il suddetto effetto, in quanto eccezione,
non possa che essere legato ad una denuncia formale del lavoratore,
diretta ad informare l'Istituto Previdenziale dell'esistenza di una
omissione contributiva, parziale o totale178.
Cassazione civile sez. lav. 24 gennaio 2012 n. 948, in Giust. civ. Mass.
2012, 1, 68: “in materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza
e di assistenza obbligatoria, l'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del
1995, nel prevedere la riduzione del termine di prescrizione da decennale a
quinquennale con decorrenza dalla data di maturazione del credito, è
immediatamente efficace, non avendo introdotto alcun effetto sospensivo del
decorso della prescrizione. Ne consegue che, con riguardo ai contributi
maturati precedentemente all'entrata in vigore della nuova normativa, la
denuncia del lavoratore è idonea a mantenere il precedente termine
decennale solo se sia intervenuta prima della scadenza del termine
quinquennale, senza che rilevi che tale scadenza intervenga in epoca
anteriore alla stessa entrata vigore della nuova disciplina, dovendosi
escludere che possa operare il prolungamento del termine una volta che il
credito contributivo risulti già prescritto.”
Cassazione civile sez. lav. 20 febbraio 2012 n. 2417, in Red. Giust. civ.
Mass. 2012, 2: “in tema di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e
assistenza obbligatoria, in base alla disciplina dell'art. 3, commi 9 e 10, della
legge n. 335 del 1995, la denuncia del lavoratore, di cui alla lett. a, ultimo
periodo, dell'art. 3, comma 9, cit., in relazione a contributi scaduti
anteriormente all'entrata in vigore della legge stessa, è idonea a mantenere il
precedente termine di prescrizione decennale solo quando sia intervenuta
prima della maturazione del nuovo termine quinquennale di prescrizione
decorrente dalla scadenza (e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1995), non
potendo più operare il prolungamento del termine una volta che il credito
contributivo risulti già prescritto. (Nella specie, relativa ad obbligo
contributivo scaduto nel settembre 1993, la S.C., applicando il principio, ha
respinto il ricorso dell'istituto previdenziale contro la decisione di merito che
aveva ritenuto inidonea a mantenere il termine di prescrizione decennale la
denuncia del lavoratore intervenuta soltanto nel settembre 1999, e quindi
oltre il quinquennio dalla scadenza).”
“Va da sé che tale denuncia formale può essere sottoscritta dal lavoratore
anche durante lo svolgimento dell'ispezione a seguito dei chiarimenti forniti
al dipendente dall'Ispettore di vigilanza”. Così, circolare Inps n. 18 del
1996.
178
175
Di segno opposto è invece l’orientamento giurisprudenziale che ritiene
come il prolungamento del termine abbia la possibilità di operare solo
laddove il diritto non sia già venuto meno; in altri termini, affinché il
termine medesimo possa essere raddoppiato, occorre pur sempre che il
credito contributivo esista ancora e non sia già estinto per il maturare
del quinquennio dalla sua scadenza, come fatalmente accadrebbe nel
caso in cui, durante questo lasso di tempo non intervenisse la
denunzia. Trattasi di un orientamento che considera la denuncia
produrre un effetto analogo a qualsiasi atto interruttivo della
prescrizione che, come tale, deve intervenire in pendenza del termine
e non dopo la scadenza del termine e, quindi, a diritto estinto. E a tale
orientamento giurisprudenziale, più di recente con la circolare n.31 del
2.3.2012179 si è adeguato anche l’INPS.
179
Circolare n.31 del 2.3.2012: “La legge 8 agosto 1995, n. 335, entrata in
vigore il 17 agosto 1995, all’art. 3, commi 9 e10, ha disciplinato, come noto,
il nuovo regime di prescrizione della contribuzione di pertinenza del Fondo
pensioni lavoratori dipendenti e delle gestioni pensionistiche nonché di tutte
le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza obbligatoria.
L’interpretazione coordinata dei due commi dell'art. 3, necessaria a definire
l’esatta applicazione della norma, ha dato luogo ad un lungo contrasto
giurisprudenziale che ha richiesto, anche da parte dell’Istituto,
l’adeguamento nel tempo delle disposizioni impartite in materia.
Quanto il tema continui ad avere rilievo è dimostrato dai ripetuti interventi
giurisprudenziali che si sono succeduti nel tempo anche per la fattispecie
della prescrizione in presenza della denuncia del lavoratore o dei suoi
superstiti.
A tale riguardo, con la presente circolare si forniscono le istruzioni
specifiche alla luce dei mutati orientamenti giurisprudenziali, da ritenersi
ormai costanti e consolidati, che affermano che la denuncia del lavoratore
deve avvenire prima dello spirare della prescrizione quinquennale per
consentire il meccanismo del raddoppio della prescrizione da cinque a dieci
anni previsto dall’art. 3, comma 9, lett.a) ultimo periodo, della legge
176
n.335/95. 1. Quadro normativo di riferimento. E’ opportuno ricordare che
con l’art. 3, commi 9 e 10 della legge in trattazione, in tema di prescrizione,
si è delineato il seguente quadro:
a)i contributi relativi a periodi precedenti al 17 agosto 1995, si prescrivono
in cinque anni dal 1° gennaio 1996. Qualora siano intervenuti atti interruttivi
o siano state poste in essere procedure di recupero prima del 17 agosto 1995,
continua ad applicarsi, agli effetti del computo del più ampio termine
prescrizionale (13 anni), la sospensione prevista dall’ art. 2, comma 19, del
D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla L. 11
novembre 1983, n. 638. Diversamente, qualora gli atti o le procedure di
recupero siano stati compiuti entro il 31 dicembre 1995, permane il termine
decennale di prescrizione.
b)i contributi dovuti per il finanziamento del Fondo pensioni lavoratori
dipendenti e di tutte le altre Gestioni pensionistiche obbligatorie in scadenza
successivamente al 17 agosto 1995, conservano una prescrizione decennale
fino al 31 dicembre 1995. A decorrere dal 1° gennaio 1996, la prescrizione è
ridotta a cinque anni;
c) la denuncia del lavoratore o dei suoi aventi causa effettuata,
successivamente al 1° gennaio 1996, entro cinque anni dalla scadenza del
termine previsto per il versamento della contribuzione non denunciata,
consente la conservazione della prescrizione decennale per i contributi
dovuti a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e di tutte le altre
Gestioni pensionistiche obbligatorie;
d)i contributi dovuti ai Fondi per le prestazioni previdenziali e assistenziali
in scadenza successivamente al 17 agosto 1995, si prescrivono da tale data in
cinque anni. 2. La denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti diretta al
recupero della contribuzione non denunciata. Giova ricordare
preliminarmente che la denuncia costituisce lo strumento attraverso il quale
il legislatore ha inteso offrire al lavoratore o ai suoi superstiti la possibilità di
ottenere il riconoscimento della contribuzione non denunciata dal soggetto
tenuto per legge all’adempimento contributivo che si trova in posizione di
terzietà rispetto al denunciante. Pertanto, sono legittimati ad effettuare la
denuncia i lavoratori subordinati o a progetto, i lavoratori con contratto di
collaborazione coordinata e continuativa, gli associati in partecipazione, i
coadiuvanti dell’imprenditore artigiano e commerciante e i componenti del
nucleo familiare dei lavoratori autonomi agricoli.In ordine gli effetti
derivanti dalla denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti,la Suprema Corte
di Cassazione, nel confermare la validità degli atti interruttivi compiuti
prima del 17 agosto 1995 e tra il 17 agosto ed il 31 dicembre1995, ha
ribadito che, a decorrere dal 1° gennaio 1996, il termine di prescrizione dei
contributi è quinquennale. In particolare, con riferimento alla data del 17
agosto 1995, ai fini della conservazione della prescrizione decennale,la Corte
ha chiarito che: Qualora, alla medesima data, siano trascorsi cinque anni
dalla scadenza dell’obbligo contributivo, la denuncia del lavoratore o dei
suoi superstiti, se intervenuta entro il 31 dicembre 1995, realizza il
medesimo effetto conservativo della prescrizione decennale analogamente
agli effetti degli atti interruttivi posti in essere dall’Istituto nel medesimo
177
periodo; Qualora, al 17 agosto 1995, non sia trascorso il termine di cinque
anni dalla scadenza dell’obbligo contributivo, il termine di prescrizione
decennale permane a condizione che, prima della scadenza del quinquennio,
intervenga una denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti. A decorrere dal
1° gennaio 1996, i contributi dovuti per il finanziamento del Fondo pensioni
lavoratori dipendenti e di tutte le altre Gestioni pensionistiche obbligatorie si
prescrivono in cinque anni. Tuttavia, l’espressa previsione dell’art. 3, commi
9 e 10 della legge n 335/1995, non impedisce la possibilità che possa essere
mantenuto il termine prescrizionale decennale qualora il lavoratore o i suoi
superstiti presentino all’Istituto una denuncia entro il termine di cinque anni
dalla scadenza dei contributi per i quali si chiede il recupero. La denuncia, se
compiuta secondo le modalità descritte al successivo punto e nei termini
sopra indicati, è atto di per sé idoneo ad interrompere, per i successivi dieci
anni dalla data in cui è avvenuta, il decorso della prescrizione.
Laddove, diversamente, la stessa venga effettuata oltre il predetto termine di
cinque anni dalla scadenza dei contributi dei quali il lavoratore o i suoi
superstiti chiedono il recupero, la contribuzione si considera prescritta e,
qualora il datore di lavoro provveda ad effettuarne spontaneamente il
versamento, l'Istituto deve procedere d'ufficio al suo rimborso. In relazione a
ciò, le disposizioni impartite in materia con la circolare n. 262 del 13 ottobre
1995, devono essere conformate alle indicazioni sopra descritte. 3. Idoneità
degli atti conservativi del termine decennale. Come già illustrato al punto
precedente, la denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti può, in talune
ipotesi, determinare la conservazione del precedente termine decennale.
Occorre, tuttavia, precisare, in accordo con l’ormai costante giurisprudenza,
che per tale si deve intendere soltanto la denuncia di omissione contributiva
presentata all’Istituto dall’interessato (o dai superstiti) ai fini del recupero
dei contributi non denunciati e che, in tal caso, l’allungamento del termine
prescrizionale opera indipendentemente dal fatto che l’Istituto si attivi o
meno, nei confronti del datore di lavoro inadempiente, con le opportune
azioni di recupero. Gli operatori della funzione accertamento e gestione del
credito dovranno procedere alla tempestiva gestione delle denunce
effettuando le verifiche documentali poste a fondamento della richiesta del
lavoratore e provvedendo, in presenza di tutti gli elementi richiesti, alla
quantificazione del credito dell'Istituto e alla notifica al contribuente dell'atto
di diffida al pagamento di quanto richiesto.
La funzione vigilanza dovrà essere attivata esclusivamente qualora la
documentazione agli atti della denuncia non consenta la definizione in via
amministrativa della richiesta.
Per quanto riguarda gli atti interruttivi (o gli atti di inizio di procedure di
recupero) posti in essere dall’Istituto e ritenuti idonei ai fini
dell’applicazione del preesistente termine di prescrizione decennale, oltre a
richiamare quanto già rappresentato in proposito con la circolare n. 69 del 25
maggio 2005, si precisa che tra questi rientra qualunque concreta attività di
indagine o attività ispettiva compiuta dall’Istituto in qualità di titolare della
contribuzione omessa.
178
Con la denunzia, ad ogni modo, è reso possibile al lavoratore
intervenire nel
rapporto
INPS- datore e,
precisamente, nel
meccanismo di azione e di recupero dei contributi dal parte
dell’Istituto Previdenziale nei confronti del datore di lavoro.
Infatti, mentre in passato si riteneva che la situazione soggettiva
esistente tra i tre soggetti sopra specificati (Ente- datore- lavoratore)
desse luogo ad un rapporto trilatero
180
, successivamente
181
la
Giurisprudenza ha ritenuto si fosse in presenza di una pluralità di
rapporti bilaterali e più precisamente: il rapporto contributivo esistente
tra
datore
di
lavoro
(assicurante)
e
Istituto
previdenziale
(assicuratore), il rapporto previdenziale concernente l’erogazione delle
prestazioni ed esistente tra Istituto assicuratore e lavoratore assicurato
Al contrario, non potranno ritenersi idonei a determinare l'applicabilità del
termine decennale di prescrizione, atti d'iniziativa, assunti da soggetti
diversi, tra i quali si annoverano i verbali di altri Enti contenenti la
contestazione dell'omissione contributiva.
Ricorrendo tale fattispecie, l'omissione contributiva, analogamente a quanto
previsto in caso di denuncia del lavoratore, dovrà essere notificata al
contribuente riportando nell'atto di diffida il riferimento all'atto di
accertamento posto a base della richiesta.”
180
Cassazione civile sez. lav. 24 aprile 1985 n. 2692 in Giust. civ. Mass.
1985, fasc. 4: “la domanda di un agente di commercio la quale, attraverso la
richiesta di una sentenza di condanna all''ENASARCO ad accettare il
versamento dei contributi da parte della ditta preponente, tenda
all'instaurazione del rapporto assicurativo- previdenziale, che ha carattere
trilaterale, comporta che nel relativo giudizio così promosso dal lavoratore
(assicurato) contro l'ente previdenziale (assicuratore) debba essere presente,
quale parte necessaria, anche la ditta preponente (assicurante).”
181
Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass.
2004, 7-8. La massima è riportata nella nota successiva.
179
ed il rapporto tra assicurato (lavoratore) e assicurante (datore di
lavoro). Da quest’ultimo rapporto sostanziale nascono diritti soggettivi
direttamente tutelabili dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro.
Tra di essi vi è quello che permette al lavoratore, durante il corso del
rapporto assicurativo e sin dal momento in cui si è verificato il
mancato versamento dei contributi, di esercitare un’azione di tipo
contrattuale contro il datore di lavoro inadempiente al fine di avere
regolarizzata la propria posizione assicurativa182 (sul punto si rinvia al
182
Cassazione civile sez. lav. 03 luglio 2004 n. 12213, in Giust. civ. Mass.
2004, 7-8: “tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è
configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne consegue
che deve escludersi la sussistenza di una situazione di litisconsorzio
necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda con la quale il
lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei confronti del datore
di lavoro.
Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro
e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante all'ente
assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno immediato, diverso
dalla perdita futura e incerta della pensione di anzianità o di vecchiaia,
consistente nella necessità di costituire la provvista per il beneficio
sostitutivo della pensione. La prescrizione del diritto al risarcimento di
questo danno decorre dal momento di maturazione della prescrizione del
diritto ai contributi, spettante all'ente assicuratore.”).Si segnala come alcune
decisioni della S.C. ritenevano che in relazione al disposto di cui all’art. 55
del r.dl. 4 ottobre 1935 n. 1827, la interruzione della prescrizione dei
contributi di assicurazione obbligatoria si verifica solo per effetto degli atti
posti in essere dall’INPS titolare del diritto di credito e non anche quando
uno di tali atti sia posto in essere da lavoratore (Cassazione civile sez.
lav.10giugno1992 n.7104 in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 6, Informazione
previd. 1992, 1304: “in relazione al disposto di cui all'art. 55 del r.d.l. 4
ottobre 1935 n. 1827, la interruzione della prescrizione dei contributi di
assicurazione obbligatoria (il cui decorso preclude la possibilità di effettuare
versamenti a regolarizzazione dei contributi arretrati) si verifica solo per
effetto degli atti, indicati dall'art. 2943 c.c., posti in essere dall'INPS (titolare
del relativo diritto di credito), e non quando anche uno di tali atti sia posto in
essere dal lavoratore, come nell'ipotesi di azione giudiziaria da questi
proposta nei confronti del datore di lavoro.”).
180
I Capitolo, I paragrafo, dove si è affrontato il tema del diritto alla
integrità della posizione assicurativa).
5.5LA
SOSPENSIONE
DELLA
PRESCRIZIONE:
APPLICABILITA’ DELL’ART. 2941 N.8 C.C.
L’art. 2935 del codice civile stabilisce che “la prescrizione comincia a
decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”.
Il successivo articolo 2941 n. 8 dispone che “la prescrizione rimane
sospesa tra il debitore che ha dolosamente occultato l'esistenza del
debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto”.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione183 si è espressa nel senso
che l’articolo 2935 faccia riferimento esclusivamente alla possibilità
183
Cassazione civile sezione lavoro 08 luglio 2009 n. 15991 in Red. Giust.
civ. Mass. 2009, 7-8: “L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art.
2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della
prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino
l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli
di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 prevede solo specifiche e
tassative ipotesi di sospensione tra le quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista
dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del
fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale
diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento. (Nella
specie, relativa alla domanda di corresponsione di importi integrativi di
assegni di pensione, la S.C. ha precisato che il termine prescrizionale
decorreva dal giorno in cui il diritto avrebbe potuto essere fatto valere, e non
da quello successivo nel quale i pensionati risultavano avere appreso
dell'esistenza di una circolare che prevedeva che i benefici venissero
riconosciuti anche al personale cessato dal servizio); così anche Cassazione
181
giuridica di far valere il diritto, non dando alcuna rilevanza alla
possibilità materiale di farlo valere.
“L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c.
attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della
prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne
ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti
civile sez. lav. 27 giugno 2011 n. 14163 Giust. civ. Mass. 2011, 6, 962:
“L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c. attribuisce
rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo
quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non
comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per
i quali il successivo art. 2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di
sospensione tra le quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato
articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del
suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo
indotto dalla necessità del suo accertamento. (Nella specie, relativa alla
domanda diretta ad ottenere le differenze sulla pensione aziendale, la S.C.,
nel rigettare il ricorso, ha ritenuto privo di rilievo, ai fini dell'interruzione
della prescrizione, il ricorso già presentato per il conseguimento della
superiore qualifica, atteso che all'epoca non era stato chiesto l'incremento del
trattamento pensionistico, restando escluso che assumesse valore impeditivo
il ritardo indotto dalla necessità di procedere all'accertamento del diritto alla
maggiore retribuzione). E Cassazione civile sez. VI, 07 marzo 2012,n.3584
Giust. civ. Mass. 2012, 3, 285: “L'impossibilità di far valere il diritto, alla
quale l'art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza
della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che
ostacolino l'esercizio del diritto e non comprende anche gli impedimenti
soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941
prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali, salva
l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza,
da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio
soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità
del suo accertamento. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha
respinto il ricorso avverso la decisione di merito che, nel dichiarare
parzialmente prescritto il diritto alla pensione sociale sostitutiva, non aveva
attribuito rilievo ai tempi di accertamento giudiziale del diritto alla pensione
di
invalidità
civile,
oggetto
di
sostituzione).”
182
soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art.
2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le
quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non
rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo
diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il
ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento”.
L’articolo
2941
n°
8
sembrerebbe
porsi,
quindi,
anche
nell’interpretazione giurisprudenziale, quale eccezione al principio
generale per cui gli ostacoli di fatto e gli impedimenti soggettivi non
rilevino ai fini della decorrenza del termine prescrizionale.
Sorge quindi la necessità di individuare le ipotesi di doloso
occultamento e se le stesse siano integrate dall’ omessa iscrizione del
lavoratore autonomo alla debita gestione previdenziale e dalla
mancata registrazione del lavoratore dipendente.
E se risulti, in qualche modo, in questi casi rilevante il contegno
dell’Inps.
La giurisprudenza, però, salvo sporadiche pronunce184, non giunge a
questa conclusione esigendo dall’Istituto
184
qualcosa in più della
Tribunale di Milano 10/14.4.2003, n. 1165: “in caso di verifica ispettiva
che accerti scoperture contributive in relazione ad attività economica mai
dichiarata all’INPS, resta sospesa, per i periodi pregressi e fino alla data
dell’ispezione stessa, la prescrizione dei contributi, ricorrendo un’ipotesi di
doloso occultamento del debito ex art. 2941 n. 8 cc.”
183
normale diligenza richiesta a livello generale al creditore nei casi di
occultamento del credito ad opera del debitore.
Infatti la giurisprudenza prevalente, nonostante la norma del codice
civile non faccia espresso riferimento al concetto di impossibilità, ma
solo all'occultamento del credito ( quindi alla rappresentazione di una
situazione non corrispondente alla realtà al fine di superare la normale
diligenza del creditore; il ricorso ad un criterio di impossibilità
assoluta rischierebbe di togliere alla disposizione ogni concreta
possibilità di applicazione) sembra ritenere che la causa di
sospensione della prescrizione operi solo quando sia posto in essere
dal debitore un comportamento tale da comportare per il creditore una
vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di
accertamento del credito185. Si pone in tal modo un criterio che non
185
Cassazione civile, sezione lavoro 24 ottobre 1998 n. 10592, in Giust. civ.
Mass. 1998, 2173: “La causa di sospensione della prescrizione di cui all'art.
2941 n. 8 c.c. ricorre quando sia posto in essere dal debitore un
comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l'esistenza
dell'obbligazione, consistente in una condotta ingannatrice e fraudolenta tale
da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, non
una mera difficoltà di accertamento del credito. (Fattispecie in materia di
mancata precisazione da parte di una Usl, nelle informative periodicamente
inviate ai medici convenzionati, dell'esatto importo loro dovuto per le
prestazioni eseguite).” Cassazione civile, sezione lavoro 23 gennaio 2004 n.
1222, in Giust. civ. Mass. 2004, 1: “la causa di sospensione della
prescrizione di cui all'art. 2941 n. 8 c.c. ricorre quando sia posto in essere dal
debitore un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al
creditore l'esistenza dell'obbligazione, consistente in una condotta
ingannatrice e fraudolenta tale da comportare per il creditore una vera e
propria impossibilità di agire, non una mera difficoltà di accertamento del
credito. (Nella specie, la S.C ha cassato la sentenza di merito che aveva
184
impone certo di far riferimento ad una impossibilità assoluta di
superare l'ostacolo posto dalla condotta del debitore, ma richiede di
considerare l'effetto dell'occultamento in termini di impedimento non
sormontabile con ordinari controlli186.
ravvisato tale condotta in una circolare dell'Ente Ferrovie dello Stato volta
soltanto a rassicurare i dipendenti in ordine alla non decorrenza della
prescrizione del credito per il compenso per lavoro straordinario);
Cassazione civile sezione lavoro 14 novembre 2011 n. 23809 in Giust. civ.
Mass. 2011, 11, 1608 : “in tema di diritto all'equo compenso previsto dall'art.
23 r.d. 29 giugno 1939 n. 1127, non costituisce causa di sospensione della
prescrizione ai sensi dell'art. 2941, n. 8, c.c., l'occultamento, da parte del
datore di lavoro, della notizia della concessione di brevetto per l'ideazione di
macchina destinata ad attività industriali, cui abbia proceduto un dipendente,
in quanto la mera consultazione del registro dei brevetti è idonea, per lo
speciale regime di pubblicità che regola la materia, a consentire, con
l'impiego dell'ordinaria diligenza, la conoscenza di tale avvenuto
riconoscimento, dovendosi conseguentemente escludere la configurabilità, in
danno del creditore, di una vera e propria impossibilità di agire o comunque
di un impedimento non sormontabile con normali controlli.”
186
Cassazione civile, sezione lavoro 17 aprile 2007 n. 9113 in Giust. civ.
Mass. 2007, 4: “l'operatività della causa di sospensione della prescrizione di
cui all'art. 2941, n. 8, c.c. ricorre quando sia posta in essere dal debitore una
condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità
di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, con la
conseguenza che tale criterio non impone, in altri termini, di far riferimento
ad un'impossibilità assoluta di superare l'ostacolo prodotto dal
comportamento del debitore, ma richiede di considerare l'effetto
dell'occultamento in termini di impedimento non sormontabile con gli
ordinari controlli. (Nella specie, relativa a controversia in materia di
opposizione a cartelle esattoriali per il recupero di crediti riconducibili al
pagamento di contributi e sanzioni pretesi dalla Cnpaf nei confronti di alcuni
avvocati, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che si era uniformata
al principio di diritto enunciato, rilevando come il contenuto delle
dichiarazioni inviate dai professionisti non avrebbe potuto impedire alla
Cassa previdenziale di controllare la veridicità dei dati trasmessi, acquisendo
le necessarie informazioni dai competenti uffici finanziari ai sensi dell'art. 17
della legge n. 576 del 1980)”.
185
Pertanto tale orientamento sembra
ritenere che anche nei casi di
“lavoro in nero” o mancata iscrizione del lavoratore autonomo alla
debita gestione previdenziale l’Istituto sia onerato di mettere in atto,
attraverso gli uffici a sua disposizione e a ciò deputati, tutti i controlli
possibili al fine di porsi nelle condizioni di conoscere l’esistenza del
credito. Le predette ipotesi sarebbero quindi una “mera difficoltà di
accertamento del credito” e non un “impedimento non sormontabile
con normali controlli”. E quindi non opererebbe la sospensione di cui
all’art. 2941 n.8.
Tuttavia una recente sentenza della Corte di Appello di Roma sembra
muovere in un altro senso rispetto alla prospettiva giurisprudenziale
prevalente: “la calendarizzazione dei pagamenti opera quando il
soggetto sia iscritto alla Gestione Separata, circostanza che consente
all’Ente di assumere le proprie determinazioni, non quando non vi sia
stata l’iscrizione” configurando esplicitamente la mancata iscrizione
come “attività diretta intenzionalmente ad occultare al creditore
l’esistenza dell’obbligazione” ingenerando “una situazione obiettiva
che ha precluso al creditore la possibilità di far valere il proprio
diritto”. 187
Corte d’Appello di Roma, sezione lavoro, 15 marzo 2013 n. 2548/2013:
“La calendarizzazione dei pagamenti opera quando il soggetto sia iscritto
alla Gestione Separata, circostanza che consente all’Ente di assumere le
proprie determinazioni, non quando non vi sia stata l’iscrizione configurando
187
186
La sentenza menzionata ritiene pertanto che la mancata iscrizione del
lavoratore autonomo alla propria gestione previdenziale integri la
fattispecie dell’occultamento doloso del debito legittimante la
sospensione della decorrenza del termine prescrizionale in quanto
all’Istituto
sarebbe
preclusa
la
possibilità
di
conoscere
e
calendarizzare il credito.
Il successivo arresto logico, allora, potrebbe essere quello di ritenere
che la mancata registrazione del lavoratore subordinato (il cosiddetto
lavoro in nero) integri la fattispecie del doloso occultamento del
debito.
Ma sul punto non possono non trovare spazio considerazioni in ordine
ai riflessi concreti che la disciplina dell’istituto della sospensione della
prescrizione produce per il sistema previdenziale in generale.
esplicitamente la mancata iscrizione come attività diretta intenzionalmente
ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione ingenerando una
situazione obiettiva che ha precluso al creditore la possibilità di far valere il
proprio diritto.” In motivazione la predetta sentenza richiama l’orientamento
della Cassazione civ. Sez. III 17 luglio 2002, n. 10383, in Giust. civ. Mass.
2002, 1255, secondo la quale “la operatività della causa di sospensione
della prescrizione prevista dall’art. 2941 n.8 c.c. presuppone che in atti
risulti la prova che il debitore abbia dolosamente occultato l’esistenza del
debito al creditore. Detta prova si concreta nell’accertamento che il debitore
abbia creato una situazione del tutto non corrispondente alla realtà al fine di
superare la normale diligenza del creditore.”
187
A ben guardare, infatti, non sempre e non necessariamente la
sospensione del termine prescrizionale e la conseguente possibilità di
recupero della contribuzione omessa arreca vantaggi allo Stato.
E questo perché la semplice possibilità per l’Inps di recuperare i
contributi omessi in quanto non prescritti determina automaticamente
l’applicazione del principio di automaticità delle prestazioni. Con le
ovvie conseguenze già analizzate.
CONCLUSIONI
Nei regimi pensionistici si verifica l’ acquisizione, da parte del
soggetto protetto, di una anzianità previdenziale cioè di periodi di
tempo da considerare rilevanti ai fini dell'an e del quantum della
futura ed eventuale pensione.
Grazie al progressivo accumulo ed al raggiungimento della misura
non inferiore al minimo previsto dalla legge il soggetto diviene
"meritevole" di accedere ai trattamenti.
Tale anzianità è un vero e proprio bene giuridico, un diritto attuale e
non una mera aspettativa rispetto alla pensione che il soggetto vanta
nei confronti dell'ente previdenziale competente e che, come tale,
viene protetto dall'ordinamento.
E a differenza dei contributi previdenziali, che sono prescrittibili,
l'anzianità previdenziale è imprescrittibile, stante la sua natura di
188
diritto di status, e comunque il suo intimo collegamento con il diritto a
pensione, anch’esso imprescrittibile, acquisibile al raggiungimento dei
requisiti di legge.188.
Il diritto a pensione ha l’ anzianità previdenziale come sua
componente essenziale, giacché quest'ultima, combinata con altri fatti
giuridici (età del soggetto, invalidità, morte), o, addirittura, da sola
(nella pensione di anzianità) si converte, in un certo momento, nel
diritto medesimo.
Le conseguenze di simile ricostruzione non sono di poco conto,
giacché l'anzianità previdenziale viene a condividere molte delle
caratteristiche del diritto a pensione, quali, oltre all'imprescrittibilità,
l'irrinunciabilità, l'inalienabilità, l'indisponibilità, l'intrasmissibilità,
l'inviolabilità.
Pertanto, la prima particolarità del c.d. "principio di automaticità", nei
regimi i.v.s., sta nel fatto che lo stesso, prima ancora di influire
sull'acquisto delle prestazioni previdenziali vere e proprie incide sulla
posizione giuridica
che le precede costituita dall'anzianità
previdenziale.
188
A. Lener, Prescrizione estintiva e rapporto fondamentale, RDC, 1970,
253. L’imprescrittibilità del diritto a pensione, espressamente prevista per il
settore del pubblico impiego (art. 5, D.P.R. n. 1092/1973), vale anche per
tutti gli altri settori del sistema previdenziale (art. 38, Cost.; L. n. 153/1969;
art. 2115 e 2934, c.c.). Si prescrivono invece i ratei di pensione (con un
termine diverso a seconda se maturati e non liquidati o se già liquidati e non
riscossi). Sul punto R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale,
Cedam, Padova 2012, 522.
189
E neppure l'acquisto di tale anzianità avviene in modo totalmente
automatico, cioè in forza del solo svolgimento di una prestazione
lavorativa subordinata perché occorre il pagamento dei contributi
effettuato regolarmente o, comunque, nei termini di prescrizione.
Una vera e propria automaticità, intesa come avverarsi di effetti
giuridici conseguenti alla sola esistenza di un rapporto di lavoro
subordinato, va piuttosto riferita alla costituzione del rapporto
previdenziale (nonché di quello contributivo), la quale, come è stato
delineato nel 4° paragrafo del I capitolo, rappresenta un fenomeno
distinto dall'automaticità sia delle prestazioni sia dell’anzianità
contributiva.
Il rapporto previdenziale pensionistico complessivamente inteso
presenta uno stadio evolutivo che va da una fase iniziale, precedente
all'acquisizione di un'anzianità previdenziale, alla successiva, graduale
costituzione ed accumulazione dell'anzianità medesima, sino alla
maturazione dei requisiti del diritto a pensione (raggiungimento
dell'anzianità minima prevista dalla legge, eventualmente correlata
all'età anagrafica o all'invalidità, o, per la prestazione ai superstiti, alla
morte del titolare dell'anzianità predetta), per giungere all'acquisizione
190
del trattamento vero e proprio (in seguito a domanda): secondo lo
schema tipico della fattispecie a formazione progressiva189.
E la disciplina della prescrizione dei contributi rileva in questa
fattispecie a formazione progressiva perché preclude che i periodi
prescritti possano essere rilevanti ai fini dell’ anzianità previdenziale
e, conseguentemente, del diritto a pensione.
189
Per una ricostruzione del rapporto giuridico previdenziale quale
“fattispecie a formazione progressiva, nella quale il sorgere del diritto alla
prestazione è condizionato dalla preesistenza cronologica di specifici fatti
richiesti dal legislatore, R. Pessi, Lezioni di diritto della previdenza sociale,
Cedam, Padova 2012, 469 ss.
191
GIURISPRUDENZA
Di seguito si riportano le massime delle sentenze menzionate
nell’elaborato.
ANNO 1982
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 13 febbraio 1982
Numero: n. 924
Parti: Artieri C. RAI
Fonti: Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 2.
Al fine di elidere il pericolo del danno futuro della perdita totale o
parziale della pensione, è concessa al lavoratore azione giudiziaria per
la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi
assicurativi non versati e non prescritti, mentre, per quelli omessi e
prescritti, al lavoratore medesimo spetta, ai sensi dell'art. 13 della
legge n. 1338 del 1962 e prima che si sia concluso il complesso
rapporto giuridico previdenziale, soltanto l'azione (estranea alla
fattispecie risarcitoria ex art. 2116 c.c.) per la costituzione coattiva di
una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o quota di pensione
obbligatoria che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai
contributi omessi.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 18 ottobre 1982
Numero: n. 5377
Parti: SIP C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 9
Per gli iscritti al fondo speciale di previdenza degli addetti ai pubblici
servizi di telefonia, ove la contribuzione assicurativa sia stata
effettuata su una retribuzione inferiore a quella corrisposta, il tardivo
versamento dei contributi non prescritti non è idoneo a conferire il
diritto alla maggiorazione della pensione. Infatti, per i detti dipendenti
l'art. 20, comma 1, della l. 4 dicembre 1956 n. 1450 collega la misura
della pensione non soltanto all'entità della retribuzione ma anche
all'effettivo versamento dei relativi contributi, mentre il comma
aggiunto all'art. 27 del r.d.l. 30 aprile 1939 n. 636 dall'art. 40 della l.
30 aprile 1969 n. 153 concerne ipotesi di automatismo finalizzato
unicamente al raggiungimento del diritto alle prestazioni e, infine,
192
l'art. 23 ter del d.l. 30 giugno 1972 n. 267, che (nel testo risultante
dalla legge di conversione 11 agosto 1972 n. 485) ha sostituito l'art. 40
della citata legge n. 153 del 1969, non può ritenersi applicabile agli
iscritti al fondo speciale predetto - che è regolato da propria ed
autonoma disciplina - in base al generico rinvio alle disposizioni della
assicurazione generale obbligatoria contenuta nel comma 1 dell'art. 37
della citata legge n. 1450 del 1956.
L'automatismo delle prestazioni di pensione disciplinato
nell'assicurazione generale obbligatoria all'art. 23-ter della legge n.
485 del 1972 non opera nel fondo di previdenza per gli addetti ai
pubblici servizi di telefonia in concessione, perché il generico rinvio
alla disciplina generale contenuto all'art. 37 della legge n. 1450 del
1956 non consente la recezione di istituti contrastanti con quelli
presenti nel fondo speciale, ed in particolare non consente di
considerare presente la contribuzione non versata, in deroga all'art. 17
che espressamente esige la copertura contributiva per il periodo di
iscrizione.
La tardiva regolarizzazione contributiva del periodo non prescritto
comportando, in assenza di automatismo delle prestazioni, la
riliquidazione della pensione a partire dalla effettiva regolarizzazione,
fa sorgere a carico del datore di lavoro una responsabilità per
l'inadempimento e legittima la condanna del medesimo al risarcimento
del danno commisurato alle differenze di pensione non percepite
anteriormente alla effettiva regolarizzazione.
ANNO 1984
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 26 marzo 1984
Numero: n. 1966
Parti: Inps C. Russo
Fonti: Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 3-4., Giust. civ. 1984, I,1753.
In tema di pensione I.N.P.S- I.V.S. spettante al lavoratore dipendente,
la regola della cosiddetta " automaticità delle prestazioni " posta
dall'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 (come sostituito dall'art. 23ter della l. 11 agosto 1972 n. 485) deve intendersi nel senso che solo i
"periodi non coperti da contribuzione" utilizzati ai fini del
raggiungimento del requisito del minimo contributivo vanno altresì
considerati nel computo dell'anzianità contributiva, con la
conseguenza che in ogni altro caso di omissione totale o parziale di
contribuzione la riliquidazione della pensione va effettuata a norma
193
dell'art. 5, ult.comma, del d.P.R. 27 aprile 1968 n. 488, e cioè dopo
che l'omissione contributiva è stata sanata.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 21 novembre 1984
Numero: n. 5977
Parti: Mori C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 11.
Il disposto dell'art. 2115 comma 3 c.c. - che stabilisce la nullità di
qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o
all'assistenza - non è applicabile qualora le parti abbiano inteso
transigere non già su eventuali obblighi del datore di lavoro di
corrispondere all'INPS i contributi assicurativi, bensì sul danno subito
dal lavoratore per l'irregolare versamento dei contributi stessi.
Poiché la legge conferisce sia ai funzionari dell'INPS sia all'ispettorato
del lavoro poteri d'ispezione per il controllo della esattezza delle
denunce dei datori di lavoro ai fini del versamento dei contributi,
l'omissione o l'incompletezza delle denunce stesse non impedisce
all'INPS di avere cognizione del proprio credito e di esercitarlo
tempestivamente, con conseguente inapplicabilità dell'art. 2941 n. 8
c.c. (in tema di sospensione della prescrizione), salvo che siano stati
posti in essere altri atti di natura fraudolenta tali da precludere in
modo assoluto la possibilità di far valere il diritto.
ANNO 1985
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 20 luglio 1985
Numero: n. 4307
Parti: Tudini C. Soc. ECI
Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 7
Il diritto del lavoratore agli adempimenti assicurativi, anche se
l'ammontare dei contributi è commisurato a quello della retribuzione,
non è una derivazione del diritto alla retribuzione, in quanto entrambi
tali diritti - come i corrispondenti obblighi del datore di lavoro sorgono
contemporaneamente,
come
effetto
immediato
dell'instaurazione del rapporto di lavoro, e possono avere,
nell'esecuzione di questo, sorte diversa ed indipendente, in ragione
194
della diversa disciplina cui sono sottoposti e del funzionamento
dell'obbligo contributivo nell'ambito di un connesso rapporto
previdenziale trilaterale. Conseguentemente, nel caso di inattuazione
funzionale del rapporto di lavoro (nella specie, per licenziamento
dichiarato di poi illegittimo), la persistenza in vita del medesimo
legittima la pretesa risarcitoria relativa, oltre che alla mancata
percezione della retribuzione, all'omissione delle contribuzioni
previdenziali, nonostante la mancata erogazione della retribuzione nel
periodo predetto.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 30 gennaio 1985
Numero: n. 636
Parti: Soc. Cartiere Burgo C. Bertolozzo
Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 1
In considerazione del collegamento fra rapporto assicurativo e
rapporto di lavoro - che del primo costituisce il presupposto - il
mancato pagamento di contributi assicurativi, oltre a ledere la
posizione previdenziale del lavoratore, genera anche incertezza
sull'effettiva sussistenza di detto presupposto, con la conseguenza che
la sua eliminazione costituisce oggetto di un interesse concreto ed
attuale di quest'ultimo a sperimentare un'azione di accertamento del
rapporto di lavoro - senza che siano necessarie altre condizioni - onde
porre rimedio alla menzionata lesione nel quadro della tutela
accordata dalla legge ed in particolare anche ai fini della prosecuzione
volontaria della contribuzione o della costituzione della rendita
vitalizia a norma dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, nell'ipotesi
di prescrizione dei contributi.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 09 ottobre 1985
Numero: n. 4916
Parti: Caruso C. Inail
Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 10
L'art. 24 della l. 17 ottobre 1967 n. 977 - norma che pone a carico del
datore di lavoro che occupi alle sue dipendenze un minore degli anni
quattordici di rimborsare l'INAIL degli importi delle prestazioni da
quest'ultimo erogate al minore che abbia subito un infortunio sul
lavoro - configura una speciale azione di rivalsa in favore dell'istituto
195
assicuratore, che prescinde dall'eventuale dolo o colpa del datore di
lavoro nella determinazione dell'evento e si giustifica col fatto che stante la nullità del contratto di lavoro per effetto dell'età del minore e
la conseguente mancata copertura assicurativa - l'INAIL tuttavia è
tenuto per legge alle prestazioni assicurative solo per ragioni di
solidarietà sociale, ma ha diritto di rivalersi sul datore di lavoro che ha
dato causa alla situazione di nullità.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 18 febbraio 1985
Numero: n. 1405
Parti: Soc. Agostini C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 2
Il riconoscimento del debito, idoneo ad interrompere la prescrizione ai
sensi dell'art. 2944 c.c., non esige formule speciali e può risultare da
qualsiasi manifestazione di volontà, la quale, ancorché non esplicita,
implichi univocamente l'ammissione dell'altrui diritto. La valutazione
del giudice del merito circa l'idoneità di un determinato atto (nella
specie, richiesta di dilazione del pagamento del debito contributivo,
senza contestazione del relativo importo) ad integrare un
riconoscimento interruttivo della prescrizione è incensurabile in sede
di legittimità, se sorretta da motivazione immune da vizi.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 24 aprile 1985
Numero: n. 2692
Parti: ENASARCO C. Astuto
Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 4
La domanda di un agente di commercio la quale, attraverso la richiesta
di una sentenza di condanna all''ENASARCO ad accettare il
versamento dei contributi da parte della ditta preponente, tenda
all'instaurazione del rapporto assicurativo-previdenziale, che ha
carattere trilateriale, comporta che nel relativo giudizio così promosso
dal lavoratore (assicurato) contro l'ente previdenziale (assicuratore)
debba essere presente, quale parte necessaria, anche la ditta
preponente (assicurante).
.
196
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 01 ottobre 1985
Numero: n. 4733
Parti: Inps C. Brambilla
Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 10
Sussiste il vizio di extrapetizione, ove, proposta dal ricorrente la
domanda di risarcimento del danno ex art. 2116, comma 2, c.c. per
l'omesso versamento di contributi ormai prescritti, il giudice condanni
il datore di lavoro al versamento all'INPS di una somma capitale per la
costituzione di rendita vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962,
anche se dal ricorrente venga fatto richiamo al disposto di tale norma
al fine di indicare un criterio per la quantificazione del danno di cui
pretende il risarcimento.
Il lavoratore - il quale agisca in giudizio chiedendo l'accertamento
dell'omissione del versamento da parte del datore di lavoro dei
contributi previdenziali e assicurativi, ormai prescritti, e la
conseguente condanna di quest'ultimo al risarcimento del danno - non
ha interesse all'impugnazione, in via adesiva a quella proposta
dell'INPS per extra-petizione, della sentenza con cui il datore di lavoro
sia stato condannato alla costituzione presso l'INPS della riserva
matematica ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, giacché in tal
modo viene integralmente ricostituita la posizione assicurativa del
lavoratore ed emendato il danno patito, senza che possa rilevare
l'eventuale insufficienza del versamento, comportando ciò la
mancanza del presupposto della perdita totale o parziale della
prestazione previdenziale spettante all'assicurato (o ai suoi superstiti),
indispensabile a far sorgere l'obbligo risarcitorio di cui all'art. 2116,
comma 2, c.c.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 05 dicembre 1985
Numero: n. 6111
Parti: Paolone C. RAI
Fonti: Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 12.
Ove il lavoratore agisca nei confronti del datore di lavoro lamentando
il mancato versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali e
chiedendo la condanna di quest'ultimo al pagamento di un importo
197
pari alla riserva matematica necessaria per costituire la rendita
vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, l'azione esercitata è
quella di risarcimento del danno prevista dall'art. 2116, comma 2, c.c.
e quindi non occorre integrare il contraddittorio nei confronti dell'ente
previdenziale.
Non costituisce un patto diretto ad escludere gli obblighi relativi alla
previdenza o all'assistenza - e pertanto non è affetto da nullità ex art.
2115 c.c. - l'accordo intervenuto tra datore di lavoro e lavoratore dopo
la cessazione del rapporto ed avente ad oggetto la quantificazione
della misura del risarcimento del danno spettante a quest'ultimo ex art.
2116 comma 2 c.c. per l'omissione contributiva del primo.
ANNO 1986
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 27 giugno 1986
Numero: n. 4288
Parti: Inail C. Perricone
Fonti: Giust. civ. Mass. 1986, fasc. 6, Giust. civ. 1986, I,2755.
Ove venga posto in essere un rapporto di lavoro contra legem non
avendo il lavoratore il requisito dell'età minima - rapporto che per tale
motivo è semplicemente illegale per mancanza di un presupposto di
validità e non già intrinsecamente illecito per l'oggetto o la causa - non
di meno si costituisce automaticamente il rapporto assicurativo
obbligatorio atteso che la prescrizione del comma 1 dell'art. 2126 c.c. secondo cui la nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non
producono effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione
- rende applicabile il comma 1 dell'art. 2116 c.c., che contempla il
cosiddetto principio dell'automatismo delle prestazioni di previdenza e
assistenza obbligatorie, principio che, nel particolare caso del rapporto
di lavoro costituito in violazione della norma sull'età minima di
ammissione al lavoro, trova conferma nell'art. 24, comma 1, l. 17
ottobre 1967 n. 977.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 27 agosto 1986
Numero: n. 5263
198
Parti: Inps C. Coppola
Fonti: Giust. civ. Mass. 1986, fasc.8 – 9
Il principio dell'automaticità della costituzione del rapporto
assicurativo e delle conseguenti prestazioni previdenziali pur in
mancanza del versamento dei relativi contributi, principio che trova
applicazione anche in tema di pensione d'invalidità, presuppone il
duplice requisito sia dell'esistenza di un rapporto di lavoro
subordinato, che deve essere provato dal lavoratore mediante elementi
certi, sia del mancato decorso della prescrizione decennale talché il
pagamento tardivo di tali contributi possa essere effettuato dal datore
di lavoro volontariamente (ex art. 55 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827)
oppure coattivamente su richiesta dell'INPS (derivandone in mancanza
la prestazione risarcitoria prevista dall'art. 2110 c.c. a carico del datore
di lavoro).
Il principio dell'automatismo delle prestazioni di cui al comma 1
dell'art. 2116 c.c. non è operante senza l'accertamento dei requisiti
richiesti dalle disposizioni speciali cui fa riferimento, mediante una
clausola di riserva, la citata norma principale. Dette disposizioni
speciali (art. 40 e 41 l. 30 aprile 1969, n. 153 e art. 23 ter d.l. 30
giugno 1972) non si limitano, infatti a stabilire che il requisito
contributivo deve intendersi per verificato anche quando i contributi
non siano stati versati dal datore di lavoro, ma subordinano
l'automatismo delle prestazioni, da parte dell'INPS, al duplice
presupposto che esista il rapporto di lavoro subordinato, quale fonte
generatrice del rapporto assicurativo e che i contributi non versati si
riferiscano ad un periodo infradecennale, tali da non essere estinti per
prescrizione. Incombe all'assicurato l'onere di provare la sussistenza di
entrambi i presupposti.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 16 dicembre 1986
Numero: n. 7590
Parti: Inps C. Baffetti
Fonti: Giust. civ. Mass. 1986, Fasc. 12.
Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, previsto in
via generale dall'art. 2116 comma 1, c.c., opera soltanto in relazione
alle pensioni ordinarie facenti capo all'assicurazione generale
obbligatoria, ma non si applica ai fondi di previdenza speciali regolati
199
da diversa ed autonoma disciplina. (Principio affermato con
riferimento al fondo di previdenza per il personale di volo gestito dall'
I.N.P.S.).
ANNO 1987
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 09 gennaio 1987
Numero: n. 95
Parti: Inps C. Russo
Fonti: Giust. civ. Mass. 1987, fasc. 1, Informazione previd. 1987,
520.
L'art. 33 della l. 6 dicembre 1971 n. 1084, nel disciplinare il fondo gas
gestito dall'INPS, ha previsto che ai fini delle prestazioni previdenziali
riconosciute dalla legge stessa siano rilevanti soltanto i periodi di
iscrizione dei dipendenti di aziende erogatrici di gas in servizio
effettivo alla data dell'1 maggio 1946; non sono pertanto rilevanti gli
eventuali anteriori periodi di straordinariato, atteso che, per effetto
dell'art. 3 c.c.n.l. 28 ottobre 1929 (istitutivo della Previdengas),
l'iscrizione a tale speciale forma di previdenza era riservata
esclusivamente ai dipendenti cosiddetti effettivi, ossia di ruolo.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 15 dicembre 1987
Numero: n. 9270
Parti: Soc. Sadelmi C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 1987, fasc. 12.
L'esercizio della facoltà del lavoratore dipendente da ricostruire
mediante rendita vitalizia ex art. 13, comma 5, legge n. 1338 del 1962
la propria posizione assicurativa presso l'INPS in sostituzione del
datore di lavoro - essendo connesso, per espressa previsione del
comma 1 dell'art. 13 cit., alla prescrizione dei contributi assicurativi è soggetto anch'esso a prescrizione con decorrenza - secondo il
generale disposto dell'art. 2935 c.c. - dal giorno in cui il diritto poteva
essere fatto valere e pertanto dal giorno di scadenza della prescrizione
dei contributi che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare e non ha
versato, a nulla rilevando che per la proposizione della relativa
domanda in sede amministrativa non sia previsto alcun termine. (Nella
200
specie la S.C. ha cassato la pronuncia del giudice del merito che aveva
ritenuto non prescritto il diritto suddetto nonostante che fosse stato
esercitato per la prima volta dopo oltre 10 anni dalla prescrizione dei
contributi assicurativi omessi e quindi aveva accolto la domanda di
rimborso del lavoratore nei confronti del datore di lavoro).
ANNO 1988
Autorità: Cassazione civile sez. un.
Data: 01 marzo 1988
Numero: n. 2161
Parti: Com. Catania C. Bastagallo
Fonti: Giust. civ. Mass. 1988, fasc.3
Il trattamento pensionistico del Fondo per il personale addetto alle
imposte di consumo viene corrisposto sulla base dei contributi
effettivamente versati dal datore di lavoro (art. 3 della l. 6 giugno
1952 n. 736, non modificato dalle successive l. 24 maggio 1966 n. 370
e 30 giugno 1972 n. 267), perché non opera, in difetto di espressa
previsione normativa, il principio di automatismo proprio delle
pensioni ordinarie a carico dell'assicurazione generale obbligatoria,
che sono liquidate sulla base della retribuzione pensionabile, anche
quando l'imprenditore non abbia versato i contributi, purché il relativo
credito non sia prescritto. Pertanto, qualora il suddetto trattamento
venga erogato in misura inferiore, a causa di omissioni contributive
del datore di lavoro, l'entità della pensione non goduta coincide con il
danno risarcibile, ai sensi dell'art. 2116 c.c.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 04 giugno 1988
Numero: n. 3790
Parti: Persi C. Taddei
Fonti: Giust. civ. Mass. 1988, fasc.6, Mass. giur. lav. 1988, 847
(nota).
Il diritto del lavoratore al risarcimento del danno, ai sensi dell'art.
2116, comma 2, c.c., per omessa o irregolare contribuzione
assicurativa sorge non nel momento in cui i contributi assicurativi
omessi (totalmente o parzialmente) avrebbero dovuto essere versati o
alla data di cessazione del rapporto di lavoro, nè in quello in cui sia
201
maturata la prescrizione dei contributi medesimi, bensì nel momento
in cui viene ad esistenza il duplice presupposto della fattispecie
risarcitoria di cui alla citata norma, e cioè l'inadempimento
contributivo del datore di lavoro, divenuto irreversibile, e, con
l'avveramento dell'evento protetto dall'assicurazione (età pensionabile
o invalidità), la perdita, totale o parziale, della prestazione
previdenziale. La prescrizione decennale di tale diritto inizia a
decorrere dal momento in cui, verificatosi l'evento assicurato, l'istituto
previdenziale abbia, con provvedimento definitivo, negato, in tutto o
in parte, la prestazione assicurativa, la cui perdita (totale o parziale),
avente natura costitutiva della fattispecie risarcitoria, resta accertata
dal detto provvedimento.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 05 novembre 1988
Numero: n. 5991
Parti: Muscolino C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 1988, fasc. 11.
L'instaurazione del rapporto di lavoro subordinato determina "ipso
iure" l'insorgenza del corrispondente rapporto assicurativo, con
conseguente obbligo per il datore di lavoro di versare i relativi
contributi all'ente previdenziale, anche se in riferimento al medesimo
periodo di attività lavorativa risultino versati contributi da un altro
datore di lavoro. (Nella specie la S.C., confermando l'impugnata
sentenza, ha ritenuto, con riguardo a lavoratori addetti a cantieriscuola ma di fatto utilizzati dal ricorrente, che l'obbligo contributivo di
quest'ultimo sussistesse sia per le prestazioni lavorative resegli nelle
ore in cui i lavoratori avrebbero dovuto essere impegnati nei cantieriscuola sia per la prestazioni lavorative resegli in ore diverse, essendo
irrilevante, in relazione ad entrambe le ipotesi, l'avvenuto pagamento
dei contributi da parte dei cantieri predetti).
ANNO 1989
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 04 aprile 1989
Numero: n. 1634
202
Parti: Festa C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 1989, fasc.4
Con riguardo alle prestazioni previdenziali erogate ai sensi della l. 6
dicembre 1971 n. 1084 dal fondo integrativo della assicurazione
generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti a
favore del personale dipendente dalle aziende private del gas, il
principio dell'automatismo delle prestazioni - che l'art. 2116 c.c. pone
come regola generale, prevedendo la possibilità di una diversa
disciplina da parte delle leggi speciali - opera solo ai fini del
raggiungimento del requisito minimo di contribuzione, necessario per
il conseguimento del diritto alle prestazioni stesse (e cioè negli stessi
limiti in cui tale principio opera ai fini delle prestazioni i.v.s., ai sensi
dell'art. 27 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, come modificato per effetto
dell'art. 40 della l. 30 aprile 1969 n. 153 e dell'art. 23-ter del d.l. 30
giugno 1972 n. 267), e non anche ai fini dell'incremento delle
prestazioni già spettanti, atteso che la citata legge n. 1084 del 1971
richiama (all'art. 3 e, soprattutto, all'art. 38) le norme
sull'assicurazione generale obbligatoria e commisura l'importo della
pensione mensile (art. 17) e dell'indennità aggiuntiva (art. 26) non alla
retribuzione dovuta ma a quella percepita dall'iscritto, per la quale sia
stata versata la relativa contribuzione.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 14 gennaio 1989
Numero: n. 149
Parti: Inps C. Lantizi
Fonti: Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989,
668.
Il datore di lavoro non è litisconsorte necessario nelle controversie, fra
il lavoratore e l'ente previdenziale, aventi ad oggetto l'erogazione delle
prestazioni assicurative, poiché, pur essendo il rapporto di lavoro e
quello previdenziale connessi, rimangono, comunque, rapporti diversi
ed in siffatte controversie l'accertamento con forza di giudicato è
chiesto solo con riferimento al rapporto previdenziale per le
obbligazioni che ne derivano. Tale principio è operante anche
nell'ipotesi di controversie concernenti l'iscrizione nei fondi speciali di
previdenza (nella specie, quello del personale di volo), in ordine ai
quali non vige l'automatismo delle prestazioni.
203
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 23 gennaio 1989
Numero: n. 379
Parti: Soc. Alleanza assicurazioni C. D'Amelio
Fonti: Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 1, Informazione previd. 1989,
656.
Il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo al regolare
versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla
conformità alle prescrizioni di legge della propria posizione
assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di
tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia
pregiudicato; consegue che, in caso di mancato o insufficiente
versamento dei contributi (situazione che si verifica anche quando
l'obbligo contributivo venga assolto su importi retributivi inferiori a
quelli effettivamente corrisposti), lo stesso lavoratore può agire in
giudizio, anche prima che si sia concluso il rapporto giuridico
previdenziale, per ottenere la condanna del datore di lavoro alla
regolarizzazione della posizione assicurativa mediante il versamento
all'ente previdenziale dei contributi omessi e non prescritti, e può
avvalersi, per i contributi prescritti, del rimedio previsto dall'art. 13
della l. 12 agosto 1962 n. 1338, che gli consente di ottenere, in
contraddittorio necessario con il suddetto ente, la condanna del datore
di lavoro alla costituzione di una rendita vitalizia reversibile pari alla
pensione o alla quota di pensione corrispondente ai contributi omessi.
Autorità: Corte costituzionale
Data: 22 dicembre 1989
Numero: n. 568
Parti: Burrini C. Inps e altro
Fonti: Giust. civ. 1990, I,605., Mass. giur. lav. 1989, 593., Riv. it. dir.
lav. 1990, II,303., Dir. lav. 1990, II,87 (nota)., Foro it. 1990, I,2141.,
Lavoro e prev. oggi 1990, 2212 (nota).
È costituzionalmente illegittimo - per contrasto con gli art. 3, 24, 38
cost. - l'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, recante disposizioni per il
miglioramento di pensioni dell'assicurazione per l'invalidità, vecchiaia
e superstiti, nella parte in cui, salva la necessità della prova scritta
sull'esistenza del rapporto di lavoro da fornirsi dal lavoratore, non
consente di provare altrimenti la durata del rapporto stesso e
l'ammontare della retribuzione.
204
ANNO 1990
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 13 giugno 1990
Numero: n. 5742
Parti: Soc. Mori C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 1990, fasc. 6
In tema di omissione contributiva, le due azioni previste
rispettivamente dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 (per la
costituzione presso l'INPS di una rendita vitalizia mediante
versamento della riserva matematica) e dall'art. 2116, comma 2, c.c.
(per il risarcimento del danno a carico del datore di lavoro) sono non
già connesse e indipendenti bensì del tutto autonome, anche se si
fondano sul presupposto comune dell'omissione contributiva del
datore di lavoro, e sono quindi separatamente esperibili dal lavoratore
in due distinti giudizi nei confronti dei rispettivi legittimati.
ANNO 1991
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 18 febbraio 1991
Numero: n. 1703
Parti: Cusimano C. Vicari
Fonti: Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 2
La condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione
assicurativa di lavoratori dipendenti, aventi diritto a differenze
retributive assoggettabili a contribuzione a favore dell'INPS, deve
essere limitata al pagamento dei contributi per i quali, secondo le
speciali disposizioni di legge che li regolano, non sia intervenuta la
prescrizione, indipendentemente dalla circostanza che questa sia stata
o no eccepita, ostando, in caso di prescrizione, alla possibilità di
effettuare versamenti a regolarizzazione di contributi arretrati il
divieto stabilito per ragioni di ordine pubblico dall'art. 55, comma 2,
del r.d.l. n. 1827 del 1935.
205
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 29 maggio 1991
Numero: n. 6092
Parti: Stefanini C. Stefanini
Fonti: Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 5, Informazione previd. 1991,
1087.
Ai fini del risarcimento del danno da omissione contributiva ex art.
2116 c.c. l'inerzia dell'assicurato che non abbia provveduto per lungo
tempo a chiedere all'istituto previdenziale il controllo sulla propria
posizione assicurativa non può essere valutata come fatto colposo del
creditore, tale da determinare la diminuzione del risarcimento stesso ai
sensi dell'art. 1227 comma 2 c.c., in quanto non sussiste in proposito
alcun dovere di attività del lavoratore subordinato, e il principio posto
da detta norma non richiede da parte del creditore o danneggiato
un'attività più onerosa di quel che comporta l'uso di una ordinaria
diligenza.
ANNO 1992
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 07 aprile 1992
Numero: n. 4236
Parti: Inps C. Spagnolo e altro
Fonti: Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 4, Informazione previd. 1992,
787.
Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, enunciato
in via generale dall'art. 2116 c.c., trova applicazione solo in quanto il
sistema delle leggi speciali vi si adegui, disponendo espressamente in
proposito e provvedendo in ordine alla relativa provvista finanziaria;
pertanto, in tema di pensioni, detto principio opera, a norma dell'art.
27, comma 2, del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (come successivamente
modificato), solo in relazione alle pensioni ordinarie, facenti capo
all'assicurazione generale obbligatoria, ma non si applica ai fondi di
previdenza speciali regolati da diversa ed autonoma disciplina, come il
Fondo di previdenza per gli impiegati dipendenti dalle esattorie e
ricevitorie delle imposte dirette, il quale, ai sensi dell'art. 49 comma 2,
della l. 2 aprile 1958 n. 377 (che, non menzionandole, esclude le
206
prestazioni pensionistiche), è tenuto solo ad una prestazione di
capitale.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 10 giugno 1992
Numero: n. 7104
Parti: Perrino C. Enel
Fonti: Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 6, Informazione previd. 1992,
1304
In relazione al disposto di cui all'art. 55 del r.d.l. 4 ottobre 1935 n.
1827, la interruzione della prescrizione dei contributi di assicurazione
obbligatoria (il cui decorso preclude la possibilità di effettuare
versamenti a regolarizzazione dei contributi arretrati) si verifica solo
per effetto degli atti, indicati dall'art. 2943 c.c., posti in essere
dall'INPS (titolare del relativo diritto di credito), e non quando anche
uno di tali atti sia posto in essere dal lavoratore, come nell'ipotesi di
azione giudiziaria da questi proposta nei confronti del datore di
lavoro.
Autorità: Cassazione civile sez. III
Data: 18 giugno 1992
Numero: n. 7548
Parti: Soc. MEIE assicurazioni C. Caponi
Fonti: Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 6
Il riconoscimento del diritto che, a norma dell'art. 2944 c.c.,
interrompe la prescrizione, può anche essere contenuto in un atto non
negoziale (purché volontario) che, ancorché diretto al perseguimento
di finalità diverse, riveli, comunque, la consapevolezza dell'esistenza
del diritto. L'accertamento del contenuto ricognitivo di un determinato
atto (nella specie, la richiesta al soggetto danneggiato in un sinistro
stradale della documentazione sulla entità del danno) è riservato alla
valutazione discrezionale del giudice di merito e non è pertanto
sindacabile in Cassazione, se immune da vizi logici ed errori di diritto.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 19 agosto 1992
207
Numero: n. 9666
Parti: Tarantino C. Soc. Fincantieri
Fonti: Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 8-9
In ipotesi di tardivo versamento, da parte del datore di lavoro, dei
contributi dovuti in relazione alle differenze retributive giudizialmente
riconosciute al lavoratore, il danno da questo subito sotto il profilo
della svalutazione monetaria, per la ritardata riliquidazione, da parte
dell'INPS, della pensione di vecchiaia spettantegli, deve essere
risarcito dal datore di lavoro (tenuto anche alla corresponsione degli
interessi) non ai sensi dell'art. 429, comma 3 c.p.c. - stante
l'inapplicabilità di tale norma al credito in oggetto (non di lavoro nè
inquadrabile, in quanto non a carico dell'INPS, fra i crediti di natura
previdenziale, con conseguente irrilevanza della pronuncia della Corte
Costituzionale n. 156 del 1991) - ma ai sensi dell'art. 1224, comma 2,
c.c., tenendo conto, ai fini della prova del maggior danno,
dell'inquadrabilità del creditore, in ragione della qualità di pensionato
e della modesta entità delle differenze pensionistiche, nella categoria
del "modesto consumatore".
ANNO 1993
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 18 dicembre 1993
Numero: n. 12542
Parti: Giallanza C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 1993, fasc. 12
La prova certa del rapporto di lavoro, richiesta dall'art. 27 del r.d.l. 14
aprile 1939 n. 636 (nel testo modificato ed integrato dall'art. 40 della l.
30 aprile 1969 n. 153 e dall'art. 23 ter della l. 11 agosto 1972 n. 485)
ai fini della verifica del requisito di contribuzione per il diritto alla
pensione di invalidità - stabilito in relazione ai contributi non versati
ma comunque risultanti dovuti nei limiti della prescrizione decennale attiene solo all'accertamento dell'esistenza di un effettivo rapporto di
lavoro al quale va ricondotta la posizione contributiva del lavoro
assicurato, restando irrilevante a tal fine la precisa individuazione del
soggetto datore di lavoro.
208
ANNO 1994
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 10 gennaio 1994
Numero: n. 169
Parti: Soc. Promodata Italia C. Bettimaglio Louis
Fonti: Giust. civ. Mass. 1994, 16 (s.m.), Riv. it. dir. lav. 1994, II, 623
(nota di: Pizzoferrato)
Nel giudizio instaurato dal lavoratore subordinato contro il datore di
lavoro per la regolarizzazione del rapporto assicurativo l'istituto
assicuratore non è contraddittore necessario, ove si controverta
soltanto sull'esistenza del rapporto di lavoro (o di taluni elementi di
esso) quale presupposto di quello previdenziale; nè l'intervento in
giudizio dell'istituto, ancorché per il recupero di contributi assicurativi
e delle relative sanzioni civili a carico del datore di lavoro, determina
necessità di integrazione del contraddittorio nei suoi confronti nella
successiva fase di gravame, ai sensi dell'art. 331 c.p.c. ma dà luogo
soltanto a litisconsorzio facoltativo ex art. 332 stesso codice
giustificato dal fatto che la domanda presupposta dall'interventore
comporta una decisione che dipende dalla risoluzione delle stesse
questioni proposte con la domanda del lavoratore.
Autorità: Corte costituzionale
Data: 03 febbraio 1994
Numero: n. 20
Parti: Conversano e altro
Fonti: Giust. civ. 1994, I, 858, Riv. giur. lav. 1994, II, 301,
Informazione previd. 1994, 198, Giur. cost. 1994, 148, Dir. lav. 1994,
II, 202 (nota di: Matarazzo)
Il comma 3 dell'art. 4 d.l. 19 settembre 1992 n. 384 conv. dalla l. 14
novembre 1992 n. 438, il quale stabilisce che i termini di decadenza,
previsti nel precedente comma 1 per la proposizione dell'azione
giudiziaria in materia di prestazioni pensionistiche e di prestazioni
economiche di malattia, non si applicano ai procedimenti instaurati
anteriormente alla data di entrata in vigore del citato decreto, ancora in
corso alla data medesima, va interpretato nel senso che i procedimenti
ai quali si riferisce la menzionata norma siano quelli amministrativi e
non già quelli giurisdizionali e che, in relazione ai ricorsi
209
amministrativi proposti anteriormente alla predetta data, si siano già
verificati i presupposti di decorrenza del termine, previsto dalla legge
precedente per la proposizione della domanda giudiziale (e cioè la
comunicazione della decisione definitiva dell'amministrazione sul
ricorso o scadenza del termine per la pronunzia della medesima) e che
il termine sia ancora pendente alla detta data; pertanto, è infondata la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 comma 1, 3 e 14 d.l.
19 settembre 1992 n. 384 conv. dalla l. 14 novembre 1993 n. 438,
sollevata, con riferimento agli art. 3, 24, 38 e 113 cost., in base al
presupposto che il citato comma 3 si riferisca ai procedimenti
giurisdizionali e non a quelli amministrativi e che la nuova normativa
si applichi ai procedimenti amministrativi, già definiti alla data della
sua entrata in vigore.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 16 aprile 1994
Numero: n. 3641
Parti: Soc. coop. Vita C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 1994, 515 (s.m.)
La presentazione della domanda di condono contributivo
previdenziale non implica il riconoscimento del debito da parte
dell'imprenditore, nè comporta la rinuncia tacita di questi alla
domanda di accertamento negativo del debito contributivo
previdenziale.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 28 novembre 1994
Numero: n. 10121
Parti: Infriccioli e altro C. Formentini
Fonti: Giust. civ. Mass. 1994, fasc. 11
La responsabilità dell'imprenditore, ai sensi dell'art. 2116 c.c., per il
danno cagionato al lavoratore rimasto privo della prestazione a causa
della mancata o irregolare contribuzione, è fondata sull'inadempienza
di un'obbligazione imposta ex legge al datore di lavoro, e pertanto la
210
relativa azione ha natura contrattuale e dà luogo ad una controversia di
lavoro, e non già previdenziale, con la conseguenza che, ai fini della
determinazione della competenza territoriale, sono applicabili i
parametri previsti dall'art. 413 c.p.c. e non quelli di cui all'art. 444
dello stesso codice.
Le dichiarazioni rese dalle parti in sede di interrogatorio non formale,
pur prive di valore confessorio, possono costituire il fondamento del
convincimento del giudice, specialmente nelle controversie di lavoro,
nelle quali il suddetto interrogatorio è previsto e regolato come un atto
istruttorio obbligatorio per il giudice di primo grado
ANNO 1995
Autorità: Corte costituzionale
Data: 19 gennaio 1995
Numero: n. 18
Parti: Esterasi C. Inps e altro
Fonti: Dir. lav. 1995, II, 327 (nota di: Marinelli)
È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 13 l. 12 agosto
1962 n. 1338 (disposizioni per il miglioramento dei trattamenti di
pensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia
ed i superstiti) in riferimento agli art. 3 e 38 cost., nella parte in cui,
nel consentire la costituzione di rendite in luogo di contributi
previdenziali di cui sia prescritto il versamento all'Inps, si riferirebbe
esclusivamente ai lavoratori subordinati ai loro datori di lavoro ben
potendo la norma essere interpretata nel senso per cui nel significato
dell'espressione "datore di lavoro" sia incluso anche quello attinente ai
rapporti degli artigiani e dei piccoli commercianti con i loro familiari
coadiuvati o coadiutori.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 26 maggio 1995
Numero: n. 5825
Parti: Fondaz. Clerici C. Bragadin
Fonti: Giust. civ. Mass. 1995, 1078
Nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al
risarcimento del danno, fondandosi sul duplice presupposto
211
dell'inadempimento contributivo da parte del datore di lavoro e della
perdita della pensione, sorge nel momento in cui sarebbe maturato il
diritto del lavoratore alla prestazione previdenziale, tanto che da tale
momento decorre la prescrizione, è altrettanto vero che il lavoratore
può chiedere la tutela della sua aspettativa concernente le prestazioni
assicurative ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti
l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine,
della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, volta
ad accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare
danno, salvo poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi
dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116 comma 2 c.c., o
quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 della l. 12 agosto 1962 n.
1338.
Nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al
risarcimento del danno, fondandosi sul duplice presupposto
dell'inadempimento contributivo da parte del datore di lavoro e della
perdita della pensione, sorge nel momento in cui sarebbe maturato il
diritto del lavoratore alla prestazione previdenziale, tanto che da tale
momento decorre la prescrizione, è altrettanto vero che il lavoratore
può chiedere la tutela della sua aspettativa concernente le prestazioni
assicurative ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti
l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine,
della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, volta
ad accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare
danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi
dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2 c.c., o
quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 della l. 12 agosto 1962 n.
1338.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 06 dicembre 1995
Numero: n. 12538
Parti: Soc. Sita C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 1995, fasc. 12
In relazione ai rimborsi dovuti dall'Inps per effetto della sentenza della
Corte costituzionale n. 261 del 1991 (dichiarativa della illegittimità
costituzionale dell'art. 18, comma 2, d.l. n. 918 del 1968, conv. con
modif. in legge n. 1089 del 1968, nella parte in cui esclude il beneficio
degli sgravi contributivi in caso di retribuzioni non assoggettate a
contribuzione contro la disoccupazione involontaria), secondo le
modalità all'uopo dettate dall'art. 1, comma 3, d.l. 22 marzo 1993 n.
212
71, conv. con modif. in legge n. 151 del 1993, la disposizione secondo
cui "il rimborso (...) è effettuato nel pieno rispetto dei termini di
prescrizione previsti dalla vigente normativa" è espressione della
volontà del legislatore di connotare l'eccezione di prescrizione dei
caratteri della irrinunciabilità e della rilevabilità d'ufficio. Del resto, il
principio della irrinunciabilità della prescrizione è enunciato
espressamente anche all'art. 55 del r.d.l. n. 55 del 1935, ostativo del
pagamento dei contributi previdenziali prescritti, ed è consono ad un
sistema previdenziale avente uno spiccato carattere pubblicistico,
nell'ambito del quale è necessario, per la certezza dei rapporti tra l'ente
gestore e i cittadini, che i contributi da versare o da rimborsare non
siano prescritti e che, comunque, non sia lasciata alla discrezione
dell'interessato la possibilità di far valere o meno l'avvenuta
prescrizione.
ANNO 1996
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 27 giugno 1996
Numero: n. 5939
Parti: Ferr. Stato C. Angelucci e altro
Fonti: Giust. civ. Mass. 1996, 926
Il riconoscimento dell'altrui diritto, al quale l'art. 2944 c.c. ricollega
l'effetto interruttivo della prescrizione, non ha natura negoziale ma
costituisce un atto giuridico in senso stretto di carattere non recettizio,
il quale non richiede, in chi lo compie una specifica intenzione
ricognitiva, occorrendo solo che esso rechi, anche implicitamente, la
manifestazione della consapevolezza dell'esistenza del debito e riveli i
caratteri della volontarietà. La relativa indagine, in quanto rivolta alla
ricostruzione di un fatto e non all'applicazione di specifiche norme di
diritto, è riservata al giudice di merito e non è sindacabile in sede di
legittimità se adeguatamente motivata (Nella specie i giudici di merito
- con decisione confermata dalla S.C. - avevano ritenuto interruttiva
della prescrizione del diritto al compenso per lavoro straordinario
maturato da dipendenti dell'Ente Ferrovie dello Stato la
comunicazione dell'ente diretta ai capi degli uffici e per conoscenza a
tutto il personale nella quale si precisava che "non hanno in atto
213
motivo di sussistere i manifestati timori circa la decorrenza della
prescrizione", benché alla liquidazione delle relative competenze fosse
d'ostacolo la mancanza di un provvedimento legislativo che garantisse
la copertura finanziaria dell'esborso).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 20 novembre 1996
Numero: n. 10181
Parti: Moro C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 1996, 1551
Il datore di lavoro è l'unico soggetto passivo del rapporto contributivo,
anche nel caso in cui abbia il diritto di rivalersi nei confronti del
lavoratore per una quota dei contributi versati all'ente di previdenza o
assistenza, e quindi, in caso di azione per la restituzione di contributi
indebitamente versati dal datore di lavoro, promossa dal lavoratore nei
confronti dell'ente previdenziale, è configurabile (non già
l'infondatezza nel merito della pretesa dedotta in giudizio, ma) il
difetto di legittimazione "ad causam", che va rilevato anche d'ufficio
in ogni stato e grado del giudizio, col solo limite del giudicato interno,
essendo in questione l'instaurazione del giudizio tra le giuste parti,
mentre le ragioni del lavoratore possono essere fatte valere nei
confronti del datore di lavoro, che legittimamente esegue trattenute
retributive per attuare il diritto di rivalsa nei confronti del lavoratore
solo nei limiti della reale sussistenza dell'"an" e nel "quantum"
dell'obbligazione contributiva adempiuta.
Il rapporto contributivo previdenziale intercorre, per legge,
esclusivamente tra datore di lavoro e ente previdenziale; nell'ambito di
questo rapporto, il datore di lavoro non va considerato un
rappresentante "ex lege" del lavoratore ma è in realtà l'unico soggetto
passivo del rapporto, obbligato direttamente - anche per la quota parte
di contributi a carico del lavoratore - nei confronti dell'ente
previdenziale. Dalla predetta impostazione discende che, in caso di
indebiti versamenti contributivi, i lavoratori non sono legittimati ad
agire nei confronti dell'ente previdenziale per la restituzione delle
quote contributive a loro carico (ovviamente il lavoratore può agire,
per la restituzione della quota a suo carico - nei confronti del datore di
lavoro).
214
ANNO 1997
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 04 novembre 1997
Numero: n. 10824
Parti: Bendoni C. Vaselli e altro
Fonti: Giust. civ. Mass. 1997, 2075
Nella causa promossa dal lavoratore nei confronti dell'ex datore di
lavoro e dell'Inps per la costituzione di rendita vitalizia ai sensi
dell'art. 13 della l. n. 1338 del 1962, a seguito della prescrizione dei
contributi previdenziali non versati, anche il datore di lavoro ha
legittimazione ed interesse a far valere la mancanza della necessaria
prova scritta del rapporto di lavoro, stante la possibile diversità
dell'onere economico su lui gravante a seguito di costituzione della
rendita rispetto a quello di una diversa forma di risarcimento. (Sulla
base del riportato principio la S.C. ha confermato la sentenza con cui
il giudice d'appello, pur ribadendo l'accertamento della natura
subordinata del rapporto inter partes, aveva rigettato, a seguito di
appello del solo datore di lavoro, la domanda di costituzione della
rendita vitalizia per difetto di prova documentale del rapporto di
lavoro).
Autorità: Corte costituzionale
Data: 05 dicembre 1997
Numero: n. 374
Parti: Inps
Fonti: Giust. civ. 1998, I, 617, Inpdap 1998, 1-2, 243, Riv. giur. lav.
1998, II, 390 (nota di: Boer)
Non è fondata - in riferimento all'art. 3 cost. - la q.l.c. degli art. 2 e 6,
l. 7 febbraio 1979 n. 29, ricongiunzione dei periodi assicurativi dei
lavoratori a fini previdenziali, nella parte in cui, disciplinando in due
fattispecie diverse di ricongiunzione di periodi assicurativi il
versamento da parte della gestione di provenienza a quella di
destinazione dei contributi di propria pertinenza, non consentono che
l'Inps trasferisca anche i contributi non versati, ma dovuti nei limiti
della prescrizione decennale.
215
ANNO 1998
Autorità: Cassazione civile sez. un.
Data: 15 maggio 1998
Numero: n. 4918
Parti: Inps C. Soc. Coca Cola Italia
Fonti: Giust. civ. Mass. 1998, 1051, Giust. civ. 1998, 1839,2529 (nota
di: CIMINO), Foro it. 1998, I,1781, Gius 1998, 2239 (nota di:
BERRUTI), Informazione previd. 1997, 489 (nota di: Sgroi), Mass.
giur. lav. 1998, 734 (nota di: Boghetich), Notiziario giur. lav. 1998,
361, Orient. giur. lav. 1998, I, 451
La normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi
(cosiddetto condono) è intesa, non diversamente dalla analoga
normativa in materia tributaria, a consentire l'immediata percezione di
entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli
aggravi economici ed organizzativi ad esso collegati; deve pertanto
ritenersi, pur in difetto di espressa previsione di legge al riguardo, che
l'accoglimento della domanda di condono comporti il venire meno di
ogni contestazione sull'esistenza del debito contributivo e che sia priva
di ogni effetto la riserva di accertamento negativo del debito
eventualmente apposta dall'interessato alla domanda di condono,
senza che sia perciò solo configurabile una lesione del diritto di difesa,
atteso che chi ritenga di non essere tenuto all'obbligo contributivo
conserva ogni possibilità di far valere le proprie ragioni, non essendo
il condono una via obbligata, ma una opzione ampiamente
discrezionale. Ne consegue che deve essere rigettata la domanda di
accertamento negativo dell'obbligo contributivo proposta dopo
l'adempimento degli obblighi derivanti dalla disciplina sul condono,
mentre, per i giudizi pendenti, ove tale adempimento avvenga in corso
di causa, dovrà dichiararsi la cessazione della materia del contendere,
e ove il beneficiario del condono si sia avvalso della facoltà di
dilazionare il pagamento, il giudice dovrà limitarsi a definire il
procedimento in corso con un provvedimento meramente processuale,
così da non pregiudicare l'originaria pretesa dell'ente in caso di
decadenza del soggetto obbligato dai benefici del condono.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 05 ottobre 1998
216
Numero: n. 9865
Parti: Inps C. Saracino
Fonti: Giust. civ. Mass. 1998, 2014
Il divieto stabilito, per ragioni di ordine pubblico, dall'art. 55, comma
1, r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827 di effettuare versamenti a
regolarizzazione di contributi assicurativi, dopo che rispetto agli stessi
sia intervenuta la prescrizione, opera indipendentemente
dall'eccezione di prescrizione da parte dell'ente previdenziale e del
debitore dei contributi; ed è manifestamente infondata la questione di
costituzionalità della norma citata e dell'art. 41 l. 30 aprile 1969 n.
153, nella parte in cui prevedono la prescrittibilità del diritto dell'Inps
al pagamento dei contributi, per violazione dell'art. 38 cost., sia perché
tale disciplina risponde ad un principio generale di certezza dei
rapporti giuridici, sia perché, a fronte della prescrizione e del
conseguente divieto di pagamento dei contributi, è prevista la
possibilità di costituzione della rendita.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 02 novembre 1998
Numero: n. 10945
Parti: Prevedel C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 1998, 2239
Nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del lavoratore
ad agire per il risarcimento del danno (ex art. 2116 c.c.) ancor prima
del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni
previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna
generica al risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità
dell'omissione contributiva a provocare danno.
L'esercizio della facoltà del lavoratore dipendente di ricostruire
mediante rendita vitalizia ex art. 13, comma 5, l. n. 1338 del 1962 la
propria posizione assicurativa presso l'Inps in sostituzione del datore
di lavoro è soggetto anch'esso a prescrizione con decorrenza dal
giorno in cui il diritto poteva essere fatto valere e tale prescrizione può
essere eccepita anche dal datore di lavoro, ancorché egli non sia il
soggetto passivo del diritto suddetto.
In caso di omissione contributiva, il lavoratore può chiedere, la
condanna al risarcimento del danno per la cui quantificazione può
farsi riferimento al criterio previsto dall'art. 13 l. 12 agosto 1962 n.
1338, che quantifica il risarcimento in forma specifica, mediante
costituzione di una rendita sostitutiva della perdita del trattamento per
effetto all'omissione suddetta.
217
ANNO 1999
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 15 aprile 1999
Numero: n. 3773
Parti: Soc. Edilferroelettrica C. Zabai
Fonti: Mass. giur. lav. 1999, 675 (nota di: Dondi), Orient. giur. lav.
1999, I, 498
Il diritto del lavoratore al risarcimento del danno per omessa o
irregolare contribuzione assicurativa di cui all'art. 2116 comma 2 c.c. risarcimento conseguibile anche attraverso il recupero della somma
occorsa per la costituzione di rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n.
1338 del 1962 - sorge solo nel momento in cui si verifica il duplice
presupposto dell'inadempienza contributiva del datore di lavoro e della
perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale od
assistenziale, con la conseguenza che da tale momento, e non da
quello in cui i contributi omessi avrebbero dovuto essere versati o ne
sia maturata la prescrizione o sia cessato il rapporto di lavoro, decorre
la prescrizione di tale diritto (salva la possibilità del lavoratore di
proporre anche prima della virtuale maturazione del diritto alla
prestazione previdenziale una mera domanda di mero accertamento
della astratta possibilità dannosa dell'omissione contributiva).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 22 novembre 1999
Numero: n. 12946
Parti: Soc. Rizzi C. Musig
Fonti: Giust. civ. Mass. 1999, 2325
Ove il lavoratore, che lamenti il mancato versamento dei contributi
previdenziali, agisca nei confronti del datore di lavoro chiedendone la
condanna al pagamento di un importo pari alla riserva matematica
necessaria per la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 della l.
n. 1338 del 1962, l'azione esercitata è pur sempre quella di
risarcimento del danno di cui all'art. 2126 c.c. e quindi non occorre
l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'Inps, che è invece
necessaria ove l'azione esercitata sia quella prevista dal richiamato art.
13, ossia la costituzione preso l'Inps di una rendita vitalizia mediante
versamento della corrispondente riserva matematica.
218
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 29 dicembre 1999
Numero: n. 14680
Parti: Frigo C. Fall. soc. Cazzola lanificio
Fonti: Giust. civ. Mass. 1999, 2642, Mass. giur. lav. 2000, 400 (nota
di: Ciocca), Orient. giur. lav. 2000, I, 262
In caso di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di
lavoro per contributi previdenziali e di successiva costituzione di
rendita vitalizia a norma dell'art. 13 l. n. 1338 del 1962 con
versamento della relativa riserva matematica all'Inps da parte del
lavoratore interessato, compete a quest'ultimo - nel termine
prescrizionale decorrente dalla perdita (totale o parziale) del
trattamento previdenziale - l'ordinaria azione risarcitoria prevista
dall'art. 2116, comma 2, c.c., anche nel caso in cui non sia più
esercitabile l'azione per la restituzione di quanto versato per la
costituzione della rendita vitalizia, mancando il necessario
presupposto della perdurante azionabilità (sotto il profilo della
prescrizione) della pretesa del lavoratore nei confronti del datore di
lavoro di vedersi costituire, a spese di quest'ultimo, la suddetta rendita
vitalizia, il cui termine prescrizionale decorre già a partire dalla data di
prescrizione del credito contributivo dell'Inps. Nè alla qualificazione
quale risarcitoria dell'azione proposta dal lavoratore contro il datore di
lavoro, e quindi alla decorrenza della prescrizione solo dalla perdita
del trattamento previdenziale, osta la circostanza che ai fini della
quantificazione del danno si faccia riferimento alla riserva matematica
"ex" art. 13 cit.
In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, dopo
l'estinzione per prescrizione del credito dell'Inps, il lavoratore può
chiedere al datore di lavoro, alternativamente, il risarcimento dei
danni ex art. 2116 c.c. o la restituzione della somma versata all'Inps a
titolo di riserva matematica per la costituzione della rendita vitalizia
ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338.
In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione
risarcitoria ex art. 2116 c.c. si prescrive in dieci anni a partire dalla
perdita totale o parziale del trattamento previdenziale e per la
quantificazione del danno è possibile fare riferimento alla riserva
matematica ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338.
In caso di omessa o irregolare contribuzione previdenziale, l'azione
restitutoria ex l. 12 agosto 1962 n. 1338 si prescrive in dieci anni dalla
data di prescrizione del credito dell'Inps nei confronti del datore di
lavoro.
219
ANNO 2000
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 11 maggio 2000
Numero: n. 6063
Parti: Soc. I.M.E.R. C. Angileri
Fonti: Giust. civ. Mass. 2000,
Legittimamente il giudice di merito - investito della domanda di
condanna del datore di lavoro a costituire presso l'Inps, a mezzo di
versamento dell'importo da determinarsi in corso di causa, la riserva
matematica necessaria a garantire al lavoratore dipendente, all'atto del
pensionamento, una pensione uguale a quella che avrebbe percepito se
fossero stati versati i contributi obbligatori, ed esclusa l'attualità
dell'interesse in ordine alla domanda di costituzione di una rendita
vitalizia, perché non ancora maturato il diritto alla prestazione
previdenziale richiesta - emette, anche senza l'espressa richiesta della
parte o l'eventuale acquiescenza della controparte, la declaratoria del
diritto dell'assicurato a veder risarcito il danno subito in conseguenza
del mancato accreditamento dei contributi obbligatori.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 26 maggio 2000
Numero: n. 6911
Parti: Enasarco C. Trallori
Fonti: Giust. civ. Mass. 2000, 1116
L'obbligo degli enti previdenziali di provvedere al recupero dei
contributi omessi è di natura pubblicistica e il lavoratore, in difetto di
un diritto soggettivo al riguardo, così come non ha azione nei
confronti di detti enti per costringerli all'azione di recupero, neanche
può far valere un diritto al risarcimento del danno derivante dal
mancato recupero, in coerenza, del resto, con l'autonomia del rapporto
contributivo rispetto a quello previdenziale e con la tutelabilità
dell'interesse del lavoratore al versamento dei contributi mediante
l'azione che lo stesso - a diretta conoscenza dei dati di fatto rilevanti può promuovere nei confronti del datore di lavoro, affinché adempia
l'obbligo, derivante dal rapporto contrattuale in essere tra le parti, di
versare i contributi previdenziali. (Fattispecie relativa ad azione
proposta contro l'Enasarco da un agente che lamentava l'inerzia di
detto ente relativamente al recupero di contributi dovuti da ditte poi
220
fallite e la irreparabilità del danno conseguente, in un regime
assicurativo non caratterizzato dell'automaticità delle prestazioni).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 06 giugno 2000
Numero: n. 7623
Parti: Inps C. Rossi
Fonti: Giust. civ. Mass. 2000, 1227, Informazione previd. 2000, 1332
Alla domanda di condono previdenziale non può riconoscersi natura
di riconoscimento del debito; essa, tuttavia, ha la funzione di
regolarizzazione contributiva in quanto diretta a saldare senza penalità
il relativo debito; in questi termini, di essa deve tenersi conto ai fini
del computo della prescrizione del debito contributivo medesimo.
ANNO 2001
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 02 febbraio 2001
Numero: n. 1460
Parti: Inps C. Nelva
Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 190, Foro it. 2001, I,1165, Riv. it. dir.
lav. 2001, II, 828 (nota di: Poso)
Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui
all'art. 2116 c.c., così come interpretato dalla Corte cost. con sentenza
n. 374 del 1997, trova applicazione, con riguardo ai vari sistemi di
previdenza e assistenza obbligatorie, come regola generale rispetto
alla quale possono esserci deroghe solo se previste espressamente dal
legislatore; pertanto, con riferimento al Fondo - gestito dall'Inps - di
previdenza del personale di volo dipendente da aziende di navigazione
aerea, deve ritenersi l'applicabilità del suddetto automatismo, posto
221
che nè la legge n. 859 del 1965 istitutiva del Fondo, nè le successive
leggi di riforma della regolamentazione del Fondo medesimo
contengono alcuna espressa deroga al principio, che, al contrario,
viene richiamato da suddetta normativa, stante il rinvio formale
dell'art. 52 l. n. 859 cit. alla disciplina dell'assicurazione generale per
i.v.s., che prevede la regola dell'automatismo, nonché il richiamo alla
stessa disciplina contenuto nell'art. 5 d.lg. n. 164 del 1997, recante
ulteriore riforma del regime pensionistico degli iscritti al Fondo.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 02 marzo 2001
Numero: n. 3085
Parti: Ente cons. bonif. prov. Reggio Calabria C. Inps e altro
Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 389
Ai sensi dell'art. 13, commi 4 e 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338 (nel testo
risultante a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità
costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989), ai
fini della costituzione della rendita prevista dallo stesso articolo in
ipotesi di omesso versamento dei contributi assicurativi e di avvenuta
prescrizione dei medesimi, sussiste la necessità della prova scritta in
ordine all'esistenza del rapporto di lavoro subordinato nel periodo di
omissione contributiva, essendo consentito provare con altri mezzi,
anche orali, soltanto la durata del detto rapporto e l'ammontare della
retribuzione.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 05 marzo 2001
Numero: n. 3213
Parti: Soc. Graziano trasmissioni C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 409
In tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza di
pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, l'art. 3, comma
10, della legge n. 335 del 1995 va interpretato nel senso che il
richiamo in esso contenuto ai termini di prescrizione di cui al comma
9 del medesimo articolo deve intendersi riferito al termine decennale
previgente - e non al termine ridotto quinquennale decorrente dal
222
primo gennaio 1996 - stante l'evidente intento del legislatore di
favorire l'Istituto di assicurazione sociale nel caso in cui lo stesso
abbia posto in essere atti interruttivi o iniziato "procedure" nei
confronti dei soggetti debitori.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 20 marzo 2001
Numero: n. 3963
Parti: Quarella C. Dondi
Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 528, Notiziario giur. lav. 2001, 512
Nel caso di omissione contributiva sussiste l'interesse del lavoratore
ad agire per il risarcimento del danno ("ex" art. 2116 c.c.) ancor prima
del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni
previdenziali, avvalendosi della domanda di condanna generica; il
relativo diritto è acquisito dal lavoratore a seguito ed in conseguenza
dell'inadempimento del datore di lavoro ed è suscettibile di formare
oggetto di accordo transattivo alla stregua degli altri diritti maturati a
favore del lavoratore in relazione all'avvenuto svolgimento del
rapporto di lavoro.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 08 giugno 2001
Numero: n. 7800
Parti: Soc. Faro C. Gianlucio
Fonti: Dir. lav. 2002, II, 466
La rinuncia del lavoratore alla retribuzione a seguito di una
conciliazione in sede sindacale non può avere effetto sugli obblighi
previdenziali in quanto i medesimi rientrano nel novero dei diritti
indisponibili.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 15 giugno 2001
Numero: n. 8089
Parti: Inps C. Paiola
Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 1194
A seguito della sentenza n. 18 del 1995 Corte cost. - la quale ha
affermato che l'unica interpretazione conforme a Costituzione dell'art.
223
13 della legge n. 1338 del 1962 (versamento della riserva matematica
per la costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni
contributive non più sanabili per intervenuta prescrizione) è quella che
ne estende l'applicazione ai familiari coadiuvanti di imprese artigiane non è possibile addivenire ad una interpretazione della norma
difforme da quella indicata dalla Corte nella suddetta decisione e
recentemente ribadita nell'ordinanza n. 21 del 2001. Del resto, con
detta interpretazione non si è operata una indiscriminata estensione ai
lavoratori autonomi della disciplina dei lavoratori dipendenti, ma si
sono individuati nel citato art. 13 della legge n. 1338 del 1962
connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne l'applicazione a
tutte le categorie di lavoratori che, non essendo abilitati al versamento
diretto dei contributi, sono sottoposti a tale riguardo alle
determinazioni di altri soggetti (datori di lavoro ovvero titolari di
imprese artigiane).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 03 agosto 2001
Numero: n. 10749
Parti: Aruta e altro C. Az. napoletana mobilità e altro
Fonti: Foro it. 2001, I,3610
In ipotesi di indebito versamento contributivo, il datore di lavoro è
l'unico legittimato all'azione di ripetizione, anche con riguardo alla
quota a carico del lavoratore, nei confronti dell'ente previdenziale,
mentre il lavoratore che abbia subito l'indebita trattenuta sulla
retribuzione può agire nei confronti del datore di lavoro che ha
eseguito la trattenuta stessa, anche se il datore di lavoro non ha ancora
ottenuto dall'ente previdenziale il rimborso dei contributi versati e non
dovuti, a tal fine non rilevando la disciplina dettata dal d.l. n. 71 del
1993, in tema di modalità di rimborso delle somme a titolo di sgravi
degli oneri sociali in favore delle imprese, che regola esclusivamente
il rapporto tra detto ente e le imprese creditrici.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 16 agosto 2001
Numero: n. 11140
Parti: Filipponi C. Cassa naz. previd. assist. dott. commercialisti
Fonti: Giust. civ. Mass. 2001, 1600, Foro it. 2001, I,3604, Giust. civ.
2003, I,2583 (nota di: Bagianti)
224
Nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime
della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti,
ai sensi dell'art. 3 comma 9 l. 8 agosto 1995 n. 335, che vale per ogni
forma di assicurazione obbligatoria e che, in forza del successivo
comma 10 dello stesso articolo, si applica anche per i contributi
prescritti prima della entrata in vigore della suddetta legge. Da ciò
consegue che deve escludersi un diritto soggettivo dell'assicurato a
versare contributi previdenziali prescritti. Quanto poi alla differenza di
trattamento dei lavoratori autonomi rispetto a quelli subordinati, in
relazione alla mancata previsione di meccanismi di riparazione della
perdita contributiva previsti solo per i dipendenti (rendita vitalizia,
risarcimento del danno), essa non vale a ledere il principio di
uguaglianza sancito dall'art. 3 cost., non potendosi ragionevolmente
parificare le diverse situazioni dei suddetti lavoratori.
ANNO 2002
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 12 gennaio 2002
Numero: n. 330
Parti: Cassa it. previd. e assist. geometri C. Barbetti e altro
Fonti: Foro it. 2002, I,1023
Si deve escludere, in linea generale, un diritto soggettivo
dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti, poiché,
nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime
della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti;
detto principio, che per il periodo precedente l'entrata in vigore della l.
n. 335 del 1995 è desumibile dall'art. 55, comma 2, r.d.l. 1827/35, ed è
ora fissato dall'art. 3, comma 9, l. 335/95, vale per ogni forma di
assicurazione obbligatoria e, in forza del successivo comma 10 del
citato art. 3, si applica anche per i contributi prescritti prima
dell'entrata in vigore di quest'ultima legge.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 27 febbraio 2002
Numero: n. 2943
Parti: Soc. Flavia Sud Flavia Ovest C. Inps
225
Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 342, Informazione previd. 2002, 605
(nota di: Punzi)
La normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi
(cosiddetto condono) è intesa a consentire l'immediata percezione di
entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli
aggravi economici e organizzativi ad esso collegati; tuttavia essa
consente l'apposizione di una riserva di accertamento dell'obbligo
contributivo e di ripetizione di quanto pagato, che ha il valore di
condizione risolutiva unilateralmente apposta alla domanda di
condono. Tale riserva deve essere però contestuale alla domanda,
essendo altrimenti vanificata l'esigenza di consolidare la situazione
giuridica conseguente all'istanza di regolarizzazione contributiva.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 13 aprile 2002
Numero: n. 5330
Parti: Inps C. Ciampalini
Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 639
In tema di diritto alla rendita vitalizia ex art. 13 legge n. 1338 del
1962, l'unica interpretazione conforme a Costituzione della predetta
disposizione, che prevede il versamento della riserva matematica per
la costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni contributive
non più sanabili per intervenuta prescrizione, è quella, fornita dalla
Corte cost. con la sentenza n. 18 del 1995, che la estende ai familiari
coadiuvanti di imprese artigiane, non essendo possibile addivenire ad
una interpretazione della norma difforme da quella indicata senza
suscitare un dubbio di costituzionalità non manifestamente infondato
(con conseguente obbligo di rinvio alla Corte cost.). Con detta
interpretazione, peraltro, non si è operata una indiscriminata
estensione ai lavoratori autonomi della disciplina dei lavoratori
dipendenti, ma si sono individuati nel citato art. 13 della legge n. 1338
del 1962, quei connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne
l'applicazione a tutte le categorie di lavoratori che non sono abilitati al
versamento diretto dei contributi, ma sono sottoposti, a tale riguardo,
alle determinazioni di altri soggetti (datori di lavoro ovvero titolari di
azienda artigiana).
226
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 20 aprile 2002
Numero: n. 5767
Parti: Quercetti e altro C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 692
In difetto di normative speciali derogatorie, il principio di
automatismo delle prestazioni previdenziali, di cui all'art. 2116 c.c.,
comportando l'effetto di rendere indipendente il rapporto contributivo
intercorrente tra ente previdenziale e datore di lavoro rispetto all'altro,
di tipo prestazionale, tra l'ente e l'assicurato, opera non soltanto alla
maturazione del diritto a pensione, ma già nel corso del rapporto
previdenziale, dovendosi quindi configurare l'esistenza di un diritto
del lavoratore alla integrità della posizione assicurativa, esercitabile
anche quando l'assicurato, avvalendosi della facoltà riconosciutagli
dall'art. 2 della legge n. 29 del 1979, intenda trasferire la propria
posizione assicurativa presso altra gestione. Ne consegue che, essendo
l'ente previdenziale, al quale, per effetto di quel principio, fa carico il
rischio derivante da eventuali inadempimenti del datore di lavoro ai
propri obblighi contributivi, e nei limiti della prescrizione, tenuto a
garantire l'integrità della posizione assicurativa, il trasferimento di
quest'ultima, richiesto dal lavoratore per la ricongiunzione in un'unica
gestione dei periodi assicurativi esistenti in gestioni diverse, deve
comprendere anche la contribuzione ancora non recuperata dall'ente
previdenziale nei confronti del datore di lavoro tenuto a versarla.
(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva
respinto - sul presupposto della applicabilità dell'art. 39 della legge n.
153 del 1969 soltanto alle omissioni contributive correlate al
fallimento e non anche a quelle verificatesi per le imprese sottoposte
alle procedure di amministrazione straordinaria - la domanda di alcuni
lavoratori volta ad ottenere la condanna dell'Inps ad accreditare nelle
singole posizioni contributive di ciascuno di essi i contributi
previdenziali non versati da una società ammessa alla procedura di
amministrazione straordinaria e a trasferire i contributi medesimi
presso le gestioni assicurative nelle quali essi risultavano iscritti alla
data della domanda di ricongiunzione).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 04 maggio 2002
Numero: n. 6409
Parti: Fornasari e altro C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 757, Notiziario giur. lav. 2002, 688
227
In tema di prestazioni di previdenza obbligatoria, va riconosciuto il
diritto del lavoratore di agire per far accertare la computabilità dei
contributi dovuti e non versati dal datore di lavoro, ancorché non
venga ancora rivendicato il diritto alla relativa prestazione, atteso che
l'interesse ad agire deriva in tali ipotesi dalla contestazione dell'ente
previdenziale in ordine alla computabilità dei contributi medesimi
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 21 maggio 2002
Numero: n. 7459
Parti: Inps C. De Meo
Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 892, D&G - Dir. e giust. 2002, 28, 34
(nota di: Assi)
Ove il lavoratore abbia dato comunicazione dell'omissione
contributiva del datore di lavoro al competente ente previdenziale e
quest'ultimo non abbia provveduto a conseguire i contributi omessi, lo
stesso ente, in quanto obbligato, nell'ambito del rapporto giuridico con
l'interessato (anche ex art. 1175 e 1176 c.c.), alla diligente riscossione
di un credito che, ancorché proprio, vale a soddisfare il diritto
costituzionalmente protetto del lavoratore, è tenuto a provvedere alla
regolarizzazione della posizione assicurativa del lavoratore medesimo,
ove a quest'ultimo sia precluso di ricorrere alla costituzione della
rendita ex art. 13 legge n. 1338 del 1962 o all'azione di risarcimento
danni ex art. 2116 c.c.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 05 luglio 2002
Numero: n. 9751
Parti: Soc. gen. Derrate Alimentari C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1165
In tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23 dicembre
1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le
domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di
provvedimenti legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, attribuisce
al soggetto che contemporaneamente a detta domanda abbia proposto
riserva di ripetizione la possibilità di ottenere l'accertamento negativo
in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito. Tale
disposizione, che risponde alla finalità, primaria rispetto al beneficio
della diminuzione del contenzioso, di incentivare le domande di
228
condono per esigenze di bilancio, manifestamente non si pone in
contrasto con i principi costituzionali di parità di trattamento nei
confronti dei cittadini e di buona amministrazione.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 06 luglio 2002
Numero: n. 9850
Parti: Soc. Ghizzoni C. Groccia
Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1178
Il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo al regolare
versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla
conformità alle prescrizioni di legge della propria posizione
assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di
tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia
pregiudicato.
Autorità: Cassazione civile sez. III
Data: 17 luglio 2002
Numero: n. 10383
Parti: Soc. Ras C. Bolognini
Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1255
Cassazione civ. Sez. III, n. 10383 secondo la quale “la operatività della
causa di sospensione della prescrizione prevista dall’art. 2941 n.8 c.c.
presuppone che in atti risulti la prova che il debitore abbia dolosamente
occultato l’esistenza del debito al creditore. Detta prova si concreta
nell’accertamento che il debitore abbia creato una situazione del tutto non
corrispondente alla realtà al fine di superare la normale diligenza del
creditore.”
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 03 settembre 2002
Numero: n. 12822
Parti: Zanetti C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1628
229
L'art. 3 l. 8 agosto 1995 n. 335, che ha introdotto il nuovo termine
quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e
assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad
applicarsi il termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di
tale modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di
procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate
durante la vigenza della precedente disciplina, ha inteso riferirsi a
qualunque concreta attività di indagine ed ispettiva compiuta dall'ente
previdenziale,
indipendentemente
dalla
instaurazione
del
contraddittorio con il debitore.
.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 18 ottobre 2002
Numero: n. 14807
Parti: Benvenuti C. Cassa risp. prov. Teramo
Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1820
In tema di requisiti contributivi ai fini della pensione di anzianità, il
rimedio di cui all'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 vale a
compensare il pregiudizio derivante dall'omissione contributiva non
più emendabile (nella specie: a causa dell'intervenuta prescrizione),
ma non realizza il recupero dell'anzianità contributiva, avendo solo la
finalità economica di integrare la prestazione pensionistica maturata in
misura inferiore proprio per effetto delle carenze contributive
pregresse.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 18 ottobre 2002
Numero: n. 14826
Parti: Inps C. Tognotti
Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 1823
La presentazione all'Inps, da parte del datore di lavoro, delle denunce
contributive compilate sui c.d. "modelli DM 10/M" non può essere
configurata come riconoscimento del debito contributivo, idoneo ad
interrompere la prescrizione, ex art. 2944 c.c., trattandosi di un atto
che - avendo come scadenza il giorno 20 di ogni mese (secondo il
disposto dell'art. 1 d.m. 24 febbraio 1984, emanato ai sensi dell'art. 1
del d.l. n. 463 del 1983, convertito in legge n. 638 del 1983) interviene in un momento che precede l'inizio della prescrizione del
230
credito dell'Istituto previdenziale (che può essere fatto valere solo
dopo la suddetta data di scadenza).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 04 dicembre 2002
Numero: n. 17223
Parti: Ramilli C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2002, 2118
In riferimento alla domanda di accertamento della cd. posizione
assicurativa, la quale si sostanzia in una domanda di accertamento del
diritto alla tutela assicurativa per un determinato periodo di tempo,
sussiste l'interesse ad agire nei casi nei quali vi sia una pregiudizievole
situazione di incertezza in ordine al rapporto assicurativo, che può
sussistere anche in mancanza della maturazione del diritto ad ottenere
l'erogazione di determinate prestazioni assicurative. (Nella specie, la
S.C. ha ritenuto sussistente l'interesse ad agire dei ricorrenti, i quali,
non avendo il loro datore di lavoro adempiuto all'obbligo contributivo,
avevano agito per ottenere l'accertamento dell'obbligo dell'Inps a
riconoscere la loro posizione assicurativa, ai sensi dell'art. 2116, c.c.,
presso il Fondo di previdenza del personale di volo dipendente da
aziende di navigazione aerea).
ANNO 2003
Autorità: Cassazione civile sez. un.
Data: 17 gennaio 2003
Numero: n. 683
Parti: Inps C. Univ. studi Napoli
Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 134, Ragiusan 2003, 229-0, 528 (s.m.)
(s.m.)
La controversia in cui il lavoratore subordinato agisca (nella specie,
spiegando intervento adesivo nel giudizio promosso dall'Inps nei
confronti di un ente pubblico non economico per il pagamento dei
contributi previdenziali non versati in relazione a detto rapporto) allo
scopo di ottenere dal giudice la tutela della propria posizione
previdenziale nei confronti del datore di lavoro, configura una
controversia inerente ad un rapporto di pubblico impiego, e,
conseguentemente, nel regime vigente anteriormente all'entrata in
231
vigore del d.lg. 31 marzo 1998 n. 80 (art. 45, comma 17, ora, art. 69,
7, d.lg. 30 marzo 2001 n. 165), la sua cognizione è attribuita al giudice
amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva ex art. 7, l. 6
dicembre 1971 n. 1034. (Fattispecie concernente l'intervento spiegato
da medici in servizio presso il policlinico universitario dell'Università
degli studi di Napoli nel giudizio di opposizione ad un decreto
ingiuntivo ottenuto dall'Inps per il pagamento dei contributi non
versati).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 29 gennaio 2003
Numero: n. 1372
Parti: Soc. Belvedere C. Inps
Fonti: Notiziario giur. lav. 2003, 519, Giust. civ. Mass. 2003, 219,
Lavoro nella giur. (Il) 2003, 759 (nota di: Rondo)
Con riguardo alla disciplina introdotta dalla l. n. 335 del 1995, che
riduce a cinque anni, a decorrere dal primo gennaio 1996, il termine di
prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale
obbligatoria, salvi i casi di denuncia del lavoratore e dei suoi
superstiti, ai fini dell'applicazione del termine di prescrizione ordinaria
decennale è sufficiente che il lavoratore abbia presentato una propria
denuncia all'Inps, relativa all'omissione contributiva del datore di
lavoro, non essendo posto a suo carico, al fine di avvalersi del più
lungo termine di prescrizione, alcun obbligo di notificare la denuncia
anche al datore di lavoro.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 12 febbraio 2003
Numero: n. 2100
Parti: Codarcuri e altro C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 318, D&G - Dir. e giust. 2003, 11, 107,
Mass. giur. lav. 2003, 262 (nota di: Parisella)
In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai
contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, il nuovo termine
quinquennale di cui all'art. 3, comma 9, legge n. 335 del 1995 non si
applica ai casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate
232
nel rispetto del termine decennale della normativa precedente, posto
che tali ipotesi sono esplicitamente escluse ai sensi del comma 10 del
citato art. 3, in base all'evidente intento del legislatore - conforme ai
principi generali di certezza dei rapporti giuridici - di favorire l'istituto
di assicurazione sociale nel caso in cui lo stesso abbia posto in essere
atti interruttivi o iniziato procedure nei confronti dei soggetti debitori;
nè tale esclusione suscita dubbi di incostituzionalità, in relazione
all'art. 3 cost., non potendosi ragionevolmente parificare le diverse
situazioni dei soggetti interessati nelle due ipotesi in cui vi siano o non
vi siano stati validi atti interruttivi durante il periodo di tempo previsto
per la maturazione della prescrizione.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 04 marzo 2003
Numero: n. 3198
Parti: Soc. Ventura C. Inail
Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 447
La normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi
(cosiddetto condono) è intesa a consentire l'immediata percezione di
entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli
aggravi economici e organizzativi ad esso collegati; tuttavia essa
consente, ex art. 81, comma 9, legge n. 448 del 1998, l'apposizione di
una riserva di accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione
di quanto pagato, che ha il valore di condizione risolutiva
unilateralmente apposta alla domanda di condono. Tale riserva deve
essere però contestuale alla domanda, essendo altrimenti vanificata
l'esigenza di consolidare la situazione giuridica conseguente all'istanza
di regolarizzazione contributiva, senza che tale limitazione si ponga in
contrasto con l'art. 24 cost., costituendosi in capo al privato un effetto
giuridico da lui stesso voluto, secondo un esatto criterio di
autoresponsabilità.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 13 marzo 2003
Numero: n. 3756
233
Parti: Inps C. Ferri
Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 520, D&G - Dir. e giust. 2003, 15, 31,
Foro it. 2003, I,1735
Il diritto del lavoratore di vedersi costituire, a spese del datore di
lavoro, la rendita vitalizia di cui all'art. 13, comma 5, l. 12 agosto 1962
n. 1338, per effetto del mancato versamento da parte di quest'ultimo
dei contributi previdenziali, è soggetto al termine ordinario di
prescrizione, che decorre dalla data di prescrizione del credito
contributivo dell'Inps, senza che rilevi la conoscenza o meno, da parte
del lavoratore, della omissione contributiva.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 14 marzo 2003
Numero: n. 3784
Parti: Banca ambrosiano veneto C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 522, Orient. giur. lav. 2003, I, 217
Con riferimento alla disciplina dettata dall'art. 81 comma 9 l. 23
dicembre 1998 n. 448 in materia di clausole di riserva di ripetizione
apposte alle domande di condono previdenziale, è manifestamente
infondata la questione di illegittimità costituzionale, in relazione agli
art. 3, 24 e 97 cost., della previsione normativa di esclusione degli
interessi dalle somme che gli enti previdenziali sono tenuti a restituire
alle aziende in caso di accertamento negativo dell'obbligo
contributivo, tenuto conto che il complessivo intervento del legislatore
nella predetta materia - con il riconoscimento alle aziende di
un'agevolazione "ulteriore" rispetto al condono, quale la facoltà di
condizionare risolutivamente gli effetti di questo, e la contestuale
esclusione degli interessi sulle somme eventualmente da restituire configura una regolamentazione di tipo "transattivo", nel cui ambito la
previsione di non debenza degli interessi, rispondendo all'esigenza di
non aggravare la posizione degli enti suddetti eventualmente obbligati
alla restituzione dell'indebito, configura una situazione del tutto
particolare e diversa rispetto agli altri contribuenti che abbiano diritto,
a diverso titolo, alla ripetizione di contributi indebitamente versati (v.
Corte cost. n. 234 del 2002); nè, d'altra parte, la medesima previsione
esclude che l'ente obbligato alla restituzione sia tenuto a comportarsi,
nell'adempimento della sua obbligazione "ex lege", secondo il
principio di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione e
quello di correttezza e buona fede ex art. 1175 c.c., fermo restando
234
che, peraltro, il credito del contribuente non resta privo di tutela
giurisdizionale essendo comunque esperibile l'azione giudiziale
(cognitoria ed eventualmente esecutiva) in caso di inadempimento.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 28 marzo 2003
Numero: n. 4779
Parti: Tagliaferri C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 654
Ai sensi dell'art. 13, commi 4 e 5, legge n. 1338 del 1962 (nel testo
risultante a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità
costituzionale di cui alla sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989), ai
fini della costituzione della rendita prevista dallo stesso articolo, in
ipotesi di omesso versamento dei contributi assicurativi e di avvenuta
prescrizione dei medesimi, l'esistenza del rapporto di lavoro nel
periodo di omissione contributiva deve essere dimostrata mediante
prova scritta, avente data certa ex art. 2704, c.c., essendo invece
consentito provare anche con altri mezzi, la durata del detto rapporto e
l'ammontare della retribuzione. L'esistenza del rapporto di lavoro può
inoltre essere provata anche con atto pubblico proveniente dall'autorità
amministrativa o da pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli
pubblica fede, che attesti detto elemento in quanto a sua diretta
conoscenza o perché risultante da atti di ufficio, ma non può essere
provata mediante una certificazione rilasciata dal sindaco, attestante
che il richiedente ha svolto una attività di lavoro subordinato alle
dipendenze di un datore di lavoro privato, dato che nessuna norma
attribuisce al sindaco il potere di certificazione in ordine all'esistenza
di rapporti di lavoro nell'ambito del territorio comunale. (Nella specie,
la certificazione rilasciata dal sindaco conteneva una mera
rappresentazione di fatti e circostanze accertati a distanza di tempo
mediante assunzione di sommarie informazioni).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 19 maggio 2003
Numero: n. 7853
Parti: Pillon C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 5, Giur. it. 2004, 749 (nota di: Sgroi)
Nell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i
superstiti, la facoltà di costituire una rendita vitalizia a norma dell'art.
235
13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, non è soggetta a prescrizione decorrente
dal momento in cui, a seguito della prescrizione dei contributi non
versati, la facoltà avrebbe potuto essere esercitata; deve altresì
escludersi che la prescrizione cominci a decorrere dal momento in cui,
in caso di regolare versamento dei contributi, sarebbe maturato il
diritto alla pensione, oppure dal momento in cui, in base ai contributi
già versati, il soggetto abbia conseguito la pensione, atteso che il
citato art. 13 è chiaro nel non attribuire a tali eventi incidenza
preclusiva della facoltà di costituire, con effetti "ex novo", la rendita
vitalizia.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 07 giugno 2003
Numero: n. 9168
Parti: Montecchi C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 6
In caso di omissione contributiva, qualora il lavoratore chieda la
condanna al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2116 e, ai soli fini
della quantificazione, faccia riferimento al criterio previsto dall'art. 13
l. 12 agosto 1962 n. 1338, che quantifica il risarcimento in forma
specifica, mediante costituzione di una rendita sostitutiva della perdita
del trattamento per effetto all'omissione suddetta, è irrilevante
l'indagine in ordine alla sussistenza delle particolari condizioni
richieste da quest'ultima disposizione.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 19 agosto 2003
Numero: n. 12149
Parti: Inps C. Boggero
Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 7-8
Anche in riferimento ai collaboratori dell'impresa agricola l'ente
previdenziale può essere condannato alla costituzione di una rendita
vitalizia per i contributi omessi e prescritti, in applicazione della
norma contenuta nell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, in quanto in conformità all'interpretazione data alla norma stessa dalla Corte
costituzionale, con sentenza n. 18 del 1995, in riferimento ai
collaboratori della impresa artigiana - la norma in questione appare
dotata dei caratteri di generalità ed astrattezza tali da giustificarne
l'applicazione, oltre che ai lavoratori dipendenti, anche ai lavoratori
236
autonomi, qualora essi siano accomunati ai precedenti dal fatto di non
essere abilitati direttamente al versamento dei contributi, essendo
sottoposti al tal fine alla determinazione di altri soggetti, i datori di
lavoro da un canto, i titolari delle aziende agricole dall'altro. (Nel caso
di specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva
ritenuto applicabile l'art. 13 in favore del collaboratore familiare
dell'impresa agricola, che non fu inserito negli elenchi nominativi dei
coltivatori diretti per determinazione del titolare dell'azienda che non
provvedette a denunciarlo a quindi neppure a versare i prescritti
contributi).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 26 agosto 2003
Numero: n. 12517
Parti: Ausl n. 4 Cosenza C. Bilotta
Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 7-8, Ragiusan 2004, 241/2, 448
Il diritto al risarcimento del danno per omessa o irregolare
contribuzione previdenziale sorge nel momento in cui si verifica il
duplice presupposto dell'inadempienza contributiva e della perdita
totale o parziale della prestazione previdenziale, con la conseguenza
che solo da tale momento decorre la prescrizione ordinaria decennale,
di cui all'art. 2946 c.c., sia che si tratti di lavoratore subordinato sia
che, come nel caso di specie, si tratti di lavoratore autonomo o
parasubordinato. (In applicazione di tale principio di diritto la S.C. ha
confermato la sentenza di merito, evidenziando il parallelismo tra la
situazione del lavoratore dipendente, il cui datore di lavoro abbia
omesso di ottemperare all'obbligo contributivo e il professionista medico specialista convenzionato presso una Usl - rispetto al quale il
committente Usl aveva l'obbligo di versare i contributi all'ente
previdenziale competente).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 27 agosto 2003
Numero: n. 12552
Parti: Laudati C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 7-8
Ai fini della costituzione della rendita prevista dall'art. 13 l. 12 agosto
1962 n. 1338 nel testo risultante a seguito della dichiarazione di
parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte
cost. n. 568 del 1989, la necessità della prova scritta di data certa
237
(comprovabile a norma dell'art. 2704, comma 3, c.c.) relativa
all'esistenza del rapporto di lavoro subordinato non implica che il
documento debba esser stato formato nel corso del rapporto di lavoro
o al termine di esso, giacché la finalità della data certa non è quella di
dare certezza temporale ai fatti oggetto della dichiarazione, ma di
rendere riferibile con sicurezza la dichiarazione a chi ne risulta autore
e di fissare il momento temporale della stessa. (Nella specie la S.C. ha
cassato la sentenza di merito che aveva respinto la richiesta di prova
testimoniale articolata dal lavoratore per dimostrare la data di rilascio
di una dichiarazione del datore di lavoro).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 27 ottobre 2003
Numero: n. 16120
Parti: Soc. coop. Codess e altro C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 10
Per la stretta connessione, delineata dall'art. 81 comma 9 l. 23
dicembre 1998 n. 448, fra domanda di condono previdenziale con
clausola di riserva (di ripetizione subordinata all'esito del contenzioso
per il disconoscimento del debito contributivo) ed esonero dal
pagamento degli interessi (sulle somme da rimborsare da parte
dell'ente previdenziale all'esito del contenzioso), detto esonero sussiste
anche ove, prima dell'entrata in vigore della predetta normativa,
l'Istituto non abbia eccepito l'invalidità della domanda con clausola di
riserva (c.d. domanda clausolata), nonché nel caso in cui, per l'omesso
integrale pagamento delle rate previste, il richiesto condono non si sia
perfezionato, cessa invece dal momento in cui la sentenza che accerta
l'indebito contributivo diventa giudicato. In quest'ultimo caso, tuttavia,
limitatamente agli interessi relativi al periodo anteriore al giudicato,
sussiste l'esonero dal pagamento, anche ove il giudicato sia anteriore
all'entrata in vigore della citata normativa, se a tale momento la
questione sulla debenza degli interessi sia ancora pendente.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 05 novembre 2003
Numero: n. 16637
Parti: Guetti C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 11
Nella causa promossa dal lavoratore nei confronti dell'ex datore di
lavoro e dell'Inps per la costituzione di rendita vitalizia ai sensi
238
dell'art. 13 della legge n. 1338 del 1962, a seguito della prescrizione
dei contributi previdenziali non versati, l'onere probatorio relativo
all'esistenza del rapporto di lavoro subordinato (a differenza di quello
riguardante la durata e l'ammontare della retribuzione, a seguito della
sentenza della Corte cost. n. 568 del 1989) può essere soddisfatto solo
mediante documenti. (Nella specie il giudice d'appello avendo
accertato la sussistenza di una duplicità di rapporti in capo al
ricorrente, il primo quale collaboratore del padre e il secondo quale
titolare dell'impresa agricola, aveva escluso la prova testimoniale volta
a dimostrare che nella titolarità dell'azienda vi era stata una mera
modifica soggettiva con successione dal padre al fratello del
ricorrente. La S.C, nel confermare la sentenza di merito, ha rilevato
che la prova testimoniale avrebbe inammissibilmente investito il
contenuto e la diversa natura del rapporto diversamente emergenti dal
dato documentale).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 17 dicembre 2003
Numero: n. 19334
Parti: Soc. Figli di Vaglio Ostina C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2003, 12
In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai
contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, l'art. 3, comma 9,
della legge n. 335 del 1995 stabilisce tra l'altro: a) che la prescrizione
diviene quinquennale a partire dall'1 gennaio 1996 anche per i crediti
maturati e scaduti in precedenza; b) che per i contributi relativi a
periodi precedenti alla data di entrata in vigore della legge, il termine
decennale permane ove siano stati compiuti dall'Istituto atti
interruttivi, ovvero siano iniziate, durante la vigenza della precedente
disciplina, procedure per il recupero dell'evasione contributiva; c) che
il periodo di sospensione triennale, di cui all'art. 2, comma 19, della
legge n. 638 del 1983, è soppresso, ma continua ad applicarsi qualora
in precedenza siano stati emessi atti interruttivi o avviate procedure di
recupero.
ANNO 2004
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 07 gennaio 2004
Numero: n. 46
Parti: Soc. Bon Pan C. Inps
Fonti: Riv. giur. lav. 2004, II, 398 (nota di: Capurso)
239
Il nuovo termine quinquennale di prescrizione dei contributi
previdenziali trova applicazione anche ai crediti maturati
anteriormente, con eccezione per i crediti accertati entro il 31
dicembre 1995 e per i quali l'Ente creditore abbia interrotto i termini o
avviato procedure di recupero.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 27 gennaio 2004
Numero: n. 1468
Parti: Soc. Shipping e Holiday Biz C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 1
L'art. 3 l. 8 agosto 1995 n. 335, che ha introdotto il nuovo termine
quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e
assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad
applicarsi il termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di
tale modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di
procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate
durante la vigenza della precedente disciplina, ha inteso riferirsi a
qualunque concreta attività di indagine ed ispettiva compiuta dall'ente
previdenziale,
indipendentemente
dalla
instaurazione
del
contraddittorio con il debitore, nè rileva in contrario il disposto
dell'art. 252 disp. att. c.c., alla cui applicabilità osta il disposto del
comma 10 della norma speciale citata.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 12 marzo 2004
Numero: n. 5139
Parti: Com. Osiglia C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 3
In tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di
accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto
pagato, ai sensi dell'art. 81, comma 9, l. n. 448 del 1998, deve essere
contenuta nella domanda di condono previdenziale, cioè nell'atto
unilaterale recettizio destinato al soggetto attivo del rapporto
obbligatorio, titolare del potere di valutare l'ammissibilità della
richiesta e di procedere alla deliberazione amministrativa;
conseguentemente, non ha alcuna efficacia sul rapporto obbligatorio
240
una riserva del debitore contenuta in un atto precedente la domanda.
(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva
dichiarato la cessazione della materia del contendere non
riconoscendo efficacia ad una riserva contenuta in una delibera di
Giunta del comune debitore, precedente la domanda di condono).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 12 maggio 2004
Numero: n. 9054
Parti: Soc. International Detective C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 5
L'atto di riconoscimento di debito è un atto giuridico in senso stretto, e
come tale non ha natura negoziale e non deve necessariamente
esprimere una specifica intenzione ricognitiva, essendo sufficiente che
esso contenga, anche implicitamente, la manifestazione della
consapevolezza dell'esistenza del debito e riveli i caratteri della
volontarietà. L'indagine volta a stabilire se una determinata
dichiarazione costituisca o meno riconoscimento di debito in relazione
al diritto fatto valere in giudizio costituisce attività di merito, non
sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivata. (Nella specie,
la S.C. ha ritenuto esente da vizi la sentenza di merito che aveva
qualificato come riconoscimento di debito i modelli 01/M, compilati a
cura del datore di lavoro e costituenti la denuncia annuale, inviata
all'Inps, delle retribuzioni corrisposte dal datore di lavoro al personale
dipendente, e ne aveva dedotto l'idoneità degli stessi ad interrompere
il decorso della prescrizione del credito contributivo dell'Inps).
Il credito per sanzioni civili, che trae origine da una obbligazione
accessoria "ex lege", ha pur nella sua accessorietà, la stessa natura
giuridica della obbligazione principale e deve essere assoggettato al
medesimo regime prescrizionale, in particolare, con riferimento alle
omissioni ed evasioni contributive, la prescrizione del credito per
sanzioni civili è la medesima dei contributi cui esse ineriscono.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 15 maggio 2004
Numero: n. 9305
Parti: Mellano C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 5
Ai sensi dell'art. 13, comma 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338, perché il
lavoratore, sia esso lavoratore dipendente o coadiuvante nell'impresa
241
agricola, sia legittimato a proporre la domanda nei confronti dell'Inps
per costituirsi la rendita sostitutiva prevista per il caso di mancata
ottemperanza all'obbligo contributivo deve dimostrare l'impossibilità
di ottenere la costituzione della rendita da parte del datore di lavoro.
(Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il giudice di merito avesse fatto
corretta applicazione di tale principio, negando il diritto del ricorrente
ad ottenere la costituzione della rendita da parte dell'Inps, non avendo
egli documentato neppure di aver richiesto la costituzione della
rendita al datore di lavoro, ed essendosi limitato ad addurre la
difficoltà di ottenere la costituzione della rendita, facendo parte il
datore di lavoro del suo stesso nucleo familiare).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 25 maggio 2004
Numero: n. 10057
Parti: Balangero C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 5
A norma del comma 5 dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, è
inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei
confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, e diretta ad
ottenere la costituzione di una rendita vitalizia (pari alla pensione o
alla quota di pensione adeguata ai contributi assicurativi omessi e non
più versabili per intervenuta prescrizione), ove il lavoratore non abbia
dato la prova della impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso
datore di lavoro.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 03 luglio 2004
Numero: n. 12213
Parti: Molinari C. Pisacane
Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8
Tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è
configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali; ne
consegue che deve escludersi la sussistenza di una situazione di
litisconsorzio necessario con l'ente previdenziale in relazione alla
domanda con la quale il lavoratore avanzi pretese di contenuto
contributivo nei confronti del datore di lavoro.
Nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di
lavoro e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante
242
all'ente assicuratore, il prestatore di lavoro subisce un danno
immediato, diverso dalla perdita futura e incerta della pensione di
anzianità o di vecchiaia, consistente nella necessità di costituire la
provvista per il beneficio sostitutivo della pensione. La prescrizione
del diritto al risarcimento di questo danno decorre dal momento di
maturazione della prescrizione del diritto ai contributi, spettante
all'ente assicuratore.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 24 luglio 2004
Numero: n. 13942
Parti: Soc. Gadotti C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8
In tema di condono previdenziale, l'apposizione della riserva di
accertamento dell'obbligo contributivo e di ripetizione di quanto
pagato, ai sensi dell'art. 81, comma 9, legge n. 448 del 1998, deve
essere necessariamente contenuta nella domanda di condono
previdenziale, poiché si configura come condizione risolutiva apposta
alla suddetta domanda di condono; pertanto se l'interessato abbia
proposto domanda di condono senza riserva di ripetizione, la domanda
stessa è configurabile come riconoscimento del debito contributivo,
senza che sia possibile una successiva azione per ripetere quanto
pagato.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 03 agosto 2004
Numero: n. 14845
Parti: Inps C. Soc. Amt e altro
Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8
In tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23 dicembre
1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le
domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di
provvedimenti legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, attribuisce
al soggetto che contemporaneamente a detta domanda abbia proposto
riserva di ripetizione la possibilità di ottenere l'accertamento negativo
in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito. In coerenza
con tale previsione, la domanda di condono può dar luogo, in caso di
accoglimento, alla declaratoria di cessazione della materia del
243
contendere, ma in nessun caso può valere come riconoscimento del
preteso obbligo contributivo.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 07 agosto 2004
Numero: n. 15308
Parti: Soc. Samart C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8
Il disposto dell'art. 2115, comma 3, c.c. - che stabilisce la nullità di
qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o
all'assistenza - non è applicabile qualora le parti abbiano inteso
transigere non già su eventuali obblighi del datore di lavoro di
corrispondere all'Inps i contributi assicurativi, bensì sul danno subito
dal lavoratore per l'irregolare versamento dei contributi stessi.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 18 agosto 2004
Numero: n. 16147
Parti: Inps C. Plodari
Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8
A seguito della sentenza n. 18 del 1995 della Corte cost., l'unica
interpretazione conforme a Costituzione dell'art. 13 della legge n.
1338 del 1962 (versamento della riserva matematica per la
costituzione di rendita vitalizia nel caso di omissioni contributive non
più sanabili per intervenuta prescrizione) è quella che ne estende
l'applicazione a favore dei lavoratori autonomi, posto che con tale
interpretazione, alla quale va escluso il carattere innovativo, il giudice
delle leggi, pur non operando una indiscriminata estensione ai detti
lavoratori della disciplina dei lavoratori dipendenti, ha individuato nel
citato art. 13 quei connotati di generalità e astrattezza tali da
consentirne l'applicazione a tutte le categorie di lavoratori non abilitati
al versamento diretto dei contributi, ma sottoposti a tal fine alle
determinazioni di altri soggetti; pertanto, deve ritenersi che anche i
familiari coadiuvanti dell'impresa diretto - coltivatrice siano abilitati al
versamento della riserva ex art. 13 cit., non ostandovi l'esistenza di
particolari meccanismi di accreditamento dei contributi previdenziali
previsti per i coltivatori diretti; in tali ipotesi, ove risulti, come nella
specie, provata documentalmente la esistenza di un rapporto di lavoro
e, attraverso deposizioni testimoniali anche la durata dello stesso (e
non sia possibile determinare la retribuzione per le peculiarità del
rapporto di cui all'art. 2140 c.c. nel testo anteriore alla riforma del
244
diritto di famiglia attuata con la legge n. 151 del 1975, per l'assenza di
un vero e proprio corrispettivo in danaro e l'effettuazione della
remunerazione attraverso il mantenimento e la partecipazione al
godimento del patrimonio familiare), la prova della retribuzione ex
art. 13, comma 5, della legge n. 1338 del 1962 non poteva ritenersi
presupposto per la costituzione della rendita, essendo solo per effetto
della legge n. 233 del 1990 stato introdotto un sistema organico di
riscatto dei periodi totalmente o parzialmente scoperti di
contribuzione, secondo quanto previsto dall'art. 13 della legge n. 1338
del 1962, mentre, per il periodo precedente, non sussiste, alcun
impedimento a determinare la riserva matematica, procedendosi
all'applicazione di una contribuzione figurativa determinata in base
alle giornate di lavoro, alla stregua delle disposizioni dell'art. 3 della
legge n. 1047 del 1957, secondo le modalità stabilite dal r.d. n. 2138
del 1938 e dal r.d. n. 1949 del 1940 e successive modificazioni.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 19 agosto 2004
Numero: n. 16300
Parti: Prestigiacomo C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 7-8
Il principio generale dell'automatismo delle prestazioni previdenziali
(ai sensi dell'art. 2116 c.c., confermato, per l'assicurazione generale
obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti, dall'art. 27, comma
2, r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, nel testo sostituito dall'art. 23 ter d.l. 30
giugno 1972 n. 267, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 agosto
1972 n. 485, e rafforzato dall'art. 3 d.lg. 27 gennaio 1992 n. 80, in
forza del quale le prestazioni previdenziali spettano al lavoratore
anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati,
deve essere interpretato, alla luce della sentenza della Corte cost. n.
374 del 1997, nel senso che esso trova applicazione, con riguardo ai
vari sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, come regola
generale rispetto alla quale possono esservi deroghe solo se
espressamente previste dal legislatore e non solo in relazione al
raggiungimento del requisito minimo necessario per il conseguimento
del diritto alle prestazioni, ma anche ai fini dell'incremento delle
prestazioni già spettanti.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 18 settembre 2004
Numero: n. 18830
245
Parti: Inps C. Lezzi
Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 1
Il principio generale dell'automatismo delle prestazioni previdenziali,
in forza del quale queste ultime spettano al lavoratore anche quando i
contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, non trova
applicazione, in difetto di specifiche disposizioni di legge o di una
legittima fonte secondaria in senso contrario, nel rapporto tra
lavoratore autonomo ed ente previdenziale, con la conseguenza che il
mancato versamento dei contributi obbligatori impedisce, di regola, la
stessa costituzione del rapporto previdenziale e, comunque, la
maturazione del diritto alle prestazioni; nè tale esclusione può essere
ritenuta irragionevole, giacché nel rapporto tra lavoratore autonomo
ed ente previdenziale l'obbligazione contributiva grava sullo stesso
lavoratore al quale compete il diritto alle prestazioni e che quindi,
coerentemente, subisce le conseguenze pregiudizievoli del proprio
inadempimento.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 25 ottobre 2004
Numero: n. 20686
Parti: Soc. Siv Standard Inox Vessel C. Caroli
Fonti: Riv. giur. lav. 2005, II, 357 (nota di: Ronconi)
Riguardo al mancato versamento dei contributi, a carico del prestatore
di lavoro si vengono a integrare due tipi di danno: uno è dato dalla
perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale, e si verifica
nel momento in cui il lavoratore raggiunge l'età pensionabile; l'altro è
dato dalla necessità di costituire la provvista necessaria a ottenere un
beneficio economico, sostitutivo della pensione, tramite il versamento
di quanto occorre per costituire la rendita di cui all'art. 13 l. 12 agosto
1962 n. 1338, e si verifica nel momento in cui il datore di lavoro, che
avrebbe potuto versare i contributi in ogni momento successivo alla
loro scadenza sino al termine di prescrizione, non può più versarli in
quanto prescritti.
Nel caso di omissione contributiva non è ammissibile neppure in sede
di conciliazione (ed è quindi affetta da una nullità radicale diversa
dalla mera annullabilità ex art. 2113 c.c.) una rinuncia del lavoratore
al risarcimento dei danno da omissione contributiva compiuta prima
della maturazione del diritto a pensione e quindi della verificazione
del danno.
246
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 24 novembre 2004
Numero: n. 22164
Parti: Soc. Cesea C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 1
La normativa sulla regolarizzazione degli adempimenti contributivi è
intesa, non diversamente dalla analoga normativa in materia tributaria,
a consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad
eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici ed organizzativi
ad esso collegati; ne consegue che, pur dopo l'entrata in vigore dell'art.
81, comma 9, della legge n. 448 del 1998, che ammette la valida
inseribilità delle clausole di riserva di ripetizione nella domanda di
condono, qualora l'adempimento degli obblighi derivanti dalla
disciplina sul condono avvenga senza riserve, deve essere rigettata la
domanda di accertamento negativo dell'obbligo contributivo e rimane
irrilevante anche il sopravvenire, dopo il pagamento della somma
prevista per il condono (e prima dell'inizio della causa per
l'accertamento negativo dell'obbligo contributivo) di una normativa
più favorevole, pur espressamente dichiarata retroattiva.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 03 dicembre 2004
Numero: n. 22751
Parti: Fredella C. Soc. Firma
Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 1
Nel caso di omissione contributiva, se è vero che il diritto al
risarcimento del danno non può sorgere prima del verificarsi di un
pregiudizio, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela
della sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor
prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle
prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di
condanna generica al risarcimento dei danni, volta ad accertare la
potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno, salva poi
la facoltà di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso,
l'azione risarcitoria ex art. 2116, comma 2, c.c., o quella diversa, in
forma specifica, ex art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 10 dicembre 2004
Numero: n. 23116
247
Parti: Cassa it. previd. ass. geometri C. De Maria
Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 1
Nella materia previdenziale, il regime della prescrizione già maturata
è differente rispetto alla materia civile, in quanto è sottratto alla
disponibilità delle parti, sicché deve escludersi l'esistenza di un diritto
soggettivo degli assicurati a versare contributi previdenziali prescritti:
la prescrizione, inoltre, opera di diritto e pertanto può essere rilevata
anche d'ufficio dal giudice, mentre l'ente previdenziale (anche se,
come nella specie, di natura privatistica) non può rinunciare alla
"irricevibilità" dei contributi prescritti. Detto principio di
indisponibilità - attualmente fissato dall'art. 3, comma 9, della legge n.
335 del 1995 desumibile, per il periodo precedente l'entrata in vigore
di tale disposizione, dall'art. 55, comma 2, del r.d.l. n. 1827 del 1935
vale per ogni forma di assicurazione obbligatoria e, in base al comma
10 del citato art. 3 della legge n. 335 del 1995, si applica anche per i
contributi prescritti prima dell'entrata in vigore della medesima legge.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 20 dicembre 2004
Numero: n. 23584
Parti: Inps C. Locorotondo
Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 12
Il lavoratore che, sostituendosi al datore di lavoro, intenda egli stesso
provvedere al versamento della riserva matematica per la costituzione
della rendita vitalizia (per periodi non coperti da contribuzione ormai
prescritta) e che, pertanto, agisca direttamente nei confronti dell'Inps,
deve allegare e comprovare che non ha potuto far valere questa
pretesa nei confronti del datore di lavoro. (Nella specie la
impossibilità di ottenere la costituzione della rendita da parte del
datore di lavoro erroneamente era stata individuata dai giudici di
merito nell'avvenuto decesso del datore stesso e nel lungo periodo di
tempo trascorso, circostanze, entrambe, che non integravano il
requisito in esame).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 25 maggio 2004
Numero: n. 10057
Parti: Balangero C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2004, 5
248
A norma del comma 5 dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, è
inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei
confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, e diretta ad
ottenere la costituzione di una rendita vitalizia (pari alla pensione o
alla quota di pensione adeguata ai contributi assicurativi omessi e non
più versabili per intervenuta prescrizione), ove il lavoratore non abbia
dato la prova della impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso
datore di lavoro.
ANNO 2005
Autorità: Cassazione civile sez. un.
Data: 18 gennaio 2005
Numero: n. 840
Parti: Soc. La Nuova Sardegna ed. C. Pandino
Fonti: Diritto & Giustizia 2005
L'omissione contributiva del datore di lavoro si combatte con carte
alla mano. Il dipendente che intende provare l'esistenza di un rapporto
di lavoro subordinato, per ottenere una rendita vitalizia corrispondente
alla quota di pensione perduta a causa del mancato versamento dei
contributi, dovrà fornire la prova scritta di tale rapporto anche per il
periodo in cui la sua posizione non era regolare.
Nel caso di omesso versamento dei contributi previdenziali, il
lavoratore può sia chiedere al datore del lavoro il risarcimento del
danno, sia versare direttamente all'Inps l'importo necessario alla
costituzione della rendita, e ripetere poi la somma corrispondente dal
datore di lavoro.
Il lavoratore, per ottenere dall'Inps la costituzione della rendita nel
caso di omesso versamento dei contributi previdenziali da parte del
datore di lavoro, deve provare per iscritto la esistenza di un rapporto
di lavoro subordinato; ne consegue che è insufficiente, ai fini suddetti,
la prova scritta di un rapporto di altra natura, così come la prova
scritta dello svolgimento di lavoro subordinato in epoca successiva a
quella per cui si lamenta l'omissione contributiva.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 09 febbraio 2005
249
Numero: n. 2589
Parti: Soc. Igam C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 2
La riduzione a cinque anni del termine di prescrizione per le
contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatorie introdotta
dall'art. 3, comma 9, l. 8 agosto 1995 n. 335, non si applica,
continuando ad applicarsi il precedente termine decennale di
prescrizione, sia nel caso di atti interruttivi già compiuti che di
procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate
durante la vigenza della precedente disciplina, per tali dovendosi
intendere qualunque concreta attività di indagine o ispettiva compiuta
dall'ente previdenziale titolare del credito per omessa contribuzione,
non essendo invece idonei a determinare l'applicabilità del termine
lungo di prescrizione atti d'iniziativa presi da soggetti diversi, quali il
verbale amministrativo dell'Ispettorato del lavoro contenente la
contestazione dell'omissione contributiva.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 24 febbraio 2005
Numero: n. 3846
Parti: Inps C. Soc. Lux e altro
Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 2
In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai
contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ai sensi dell'art.
3, comma 9, della legge n. 335 del 1995, per i contributi anteriori alla
data di entrata in vigore della stessa legge (17 agosto 1995), in caso di
atto interruttivo effettuato dall'Inps nel periodo da tale data al 31
dicembre 1995, continua ad applicarsi la prescrizione decennale per le
contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e
delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo
di solidarietà, essendo l'atto interruttivo intervenuto quando ancora era
in vigore il termine decennale. Per le contribuzioni diverse da quelle
destinate alla gestione pensionistica, invece, opera la prescrizione
quinquennale, atteso che tale termine più breve è entrato in vigore con
la legge, con la conseguenza che una richiesta successiva (per i
contributi diversi da quelli pensionistici) non vale a prolungare
eventuali termini più lunghi prima vigenti.
250
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 25 febbraio 2005
Numero: n. 4004
Parti: Soc. Enny pelletterie C. De Rosa e altro
Fonti: Dir. sicurezza sociale 2005, 626 (nota di: Mastinu)
In caso di omissione contributiva, il lavoratore ha autonoma azione
per ottenere la condanna del datore di lavoro al versamento dei
contributi previdenziali non ancora prescritti.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 24 marzo 2005
Numero: n. 6340
Parti: Gaille C. Cassa it. previd. geometri liberi prof.
Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 3
Nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime
della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti ai sensi dell'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 - anche per le
contribuzioni relative a periodi precedenti la entrata in vigore della
stessa legge (comma 10 del medesimo art. 3) e con riferimento a
qualsiasi forma di previdenza obbligatoria. Ne consegue che, una
volta esaurito il termine, la prescrizione ha efficacia estintiva (non già
preclusiva) - poiché l'ente previdenziale creditore non può rinunziarvi
- opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio. Pertanto, deve escludersi il
diritto dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti e ad
ottenere la retrodatazione dell'iscrizione alla Cassa (nella specie, dei
geometri liberi professionisti) per il periodo coperto da prescrizione,
senza che possa rilevare la eventuale inerzia della Cassa stessa nel
provvedere al recupero delle somme corrispondenti alle contribuzioni,
avendo il credito contributivo una sua esistenza autonoma, che
prescinde dalla richiesta di adempimento fattane dall'ente
previdenziale, ed insorgendo nello stesso momento in cui si perfeziona
il rapporto (o, comunque, l'attività) di lavoro, che ne costituisce il
presupposto, momento dal quale decorre, altresì, il termine
prescrizionale dello stesso credito contributivo.
Il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali non trova
applicazione nel rapporto tra lavoratore autonomo (nella specie, libero
professionista) ed ente previdenziale, nel difetto di esplicite norme di
legge (o di legittima fonte secondaria) che, eccezionalmente,
251
dispongano in senso contrario. Ne consegue che il mancato
versamento dei contributi obbligatori impedisce, di regola, la stessa
costituzione del rapporto previdenziale e, comunque, la maturazione
del diritto alle prestazioni. Ne consegue altresì che il suddetto
principio dell'automatismo delle prestazioni - proprio perché
eccezionalmente previsto per la Cassa italiana di previdenza ed
assistenza a favore dei geometri dall'art. 35 l. 24 ottobre 1955 n. 990,
poi abrogato dall'art. 43 l. 4 febbraio 1967 n. 37 - non trova
applicazione per le prestazioni che (come nella specie) non siano
maturate nel periodo di vigenza (dal 1955 al 1967) dello stesso
principio.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 12 maggio 2005
Numero: n. 9962
Parti: Inps C. Soc. A.S.
Fonti: Orient. giur. lav. 2005, I, 423
In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai
contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro il nuovo termine
quinquennale di prescrizione dei contributi previdenziali previsto
dall'art. 3, commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995 trova applicazione anche ai
crediti maturati anteriormente, con eccezione per i crediti accertati
entro il 31 dicembre 1995 e per i quali l'Ente creditore abbia interrotto
i termini o avviato procedure di recupero
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 19 maggio 2005
Numero: n. 10577
Parti: Audenino C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 5
In caso di omesso versamento dei contributi assicurativi da parte del
datore di lavoro e di avvenuta prescrizione dei medesimi, la necessità
della prova scritta ai fini della costituzione della rendita vitalizia
(prevista dall'art. 13, commi 4 e 5, l. 12 agosto 1962 n. 1338), è
relativa solo all'esistenza del rapporto di lavoro, mentre l'estensione
temporale di esso e l'importo delle retribuzioni possono essere provati
252
con altri mezzi istruttori, anche orali. è tuttavia escluso il ricorso ad
altri mezzi di prova per accertare che il rapporto di lavoro si sia
costituito prima di quanto risulta dai versamenti effettuati, quando dal
documento emerga con certezza la data della costituzione del rapporto
di lavoro.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 11 luglio 2005
Numero: n. 14504
Parti: Mastrorilli C. Inps e altro
Fonti: Foro it. 2005, I,2310
Ai fini della costituzione di una rendita vitalizia che, ai sensi dell'art.
13 l. 12 agosto 1962 n. 1338, tenga luogo della pensione (o della quota
di essa) corrispondente ai contributi il cui versamento, omesso dal
datore di lavoro, non sia più possibile per intervenuta prescrizione, i
mezzi di prova orali ammissibili, sulla durata del rapporto e
l'ammontare della retribuzione, non possono eludere la necessità della
prova scritta sull'esistenza del rapporto di lavoro (nella specie, la S.C.
ha cassato la sentenza di merito che aveva ravvisato la sussistenza
della prova scritta nelle buste paga relative a periodo incontroverso e
successivo a quello di omissione contributiva, desumendo da prova
orale una decorrenza del rapporto pregressa rispetto a quella
documentata).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 21 luglio 2005
Numero: n. 15304
Parti: Cacace C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 6
Il lavoratore, quando non possa ottenere dal datore di lavoro la
costituzione della rendita a norma dell'art. 13 della legge n. 1338 del
1962, può egli stesso sostituirsi al datore di lavoro, salvo il diritto al
risarcimento del danno, a condizione che fornisca all'Inps le prove del
rapporto di lavoro e della retribuzione percepita; ne consegue che è
inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei
confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, e diretta ad
ottenere la costituzione di una rendita vitalizia, ove il lavoratore non
abbia dato la prova della impossibilità di ottenere la rendita dallo
253
stesso datore di lavoro. È manifestamente infondata la q.l.c. della
norma, in quanto essa non crea un trattamento deteriore per il
lavoratore ma al contrario costituisce una norma di favore, i cui limiti
trovano la loro giustificazione nella funzione sostitutoria della facoltà
di attivarsi direttamente presso l'Inps, e nel necessario
contemperamento tra l'interesse del lavoratore a non rimanere privo di
tutela previdenziale e l'esigenza di contrastare il rischio di posizioni
lavorative fittizie.
È inammissibile la domanda proposta direttamente dal lavoratore nei
confronti dell'Inps, in sostituzione del datore di lavoro, al fine di
ottenere la costituzione di una rendita vitalizia ai sensi dell'art. 13 l. 12
agosto 1962 n. 1338, ove il lavoratore non abbia dato la prova
dell'impossibilità di ottenere la rendita dallo stesso datore di lavoro.
È manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 13 l. 12 agosto 1962 n.
1338, interpretato nel senso che la preventiva richiesta al datore di
lavoro di costituzione della rendita vitalizia configuri una condizione
di ammissibilità della domanda proposta direttamente dal lavoratore
nei confronti dell'Inps, in riferimento agli art. 3, 24 e 38, comma 2,
cost.
Autorità: Cassazione civile sez. III
Data: 07 dicembre 2005
Numero: n. 26999
Parti: Soc. G. L'E. ed. e altro C. Pignatelli
Fonti: Giust. civ. Mass. 2005, 12
Il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato non
osta a che il giudice d'appello operi una ricostruzione dei fatti diversa
da quella prospettata dalle parti, o renda una qualificazione giuridica
autonoma rispetto a quella della sentenza impugnata, e criticata dalle
parti, con il limite attinente al divieto del giudice stesso di attribuire
un bene non richiesto o, comunque, di emettere una statuizione che
non trovi corrispondenza nei fatti di causa e che si basi su elementi di
fatto non ritualmente acquisiti in giudizio come oggetto del
contraddittorio e non tenuti in alcun conto dal primo giudice (nella
specie relativa a controversia in materia di diffamazione a mezzo
stampa, la S.C. ha confermato la sentenza di appello che, a fronte della
richiesta di una più consistente liquidazione del danno, aveva
proceduto ad una rivalutazione dei fatti).
254
ANNO 2006
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 24 febbraio 2006
Numero: n. 4153
Parti: Inpgi C. Isis
Fonti: Giust. civ. Mass. 2006, 3, Dir. sicurezza sociale 2006, 2, 315
(s.m.) (nota di: FRAIOLI), Orient. giur. lav. 2006, 1, I, 238, Dir. relaz.
ind. 2007, 1, 212 (s.m.) (nota di: Garcea)
In materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali (nel caso
di specie, l'Inpgi) ai contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di
lavoro, ed in relazione all'intervenuta riduzione del termine di
prescrizione da decennale a quinquennale, in virtù del disposto della
legge n. 335 del 1995, in relazione ai contributi per i quali il
quinquennio dalla scadenza si era integralmente maturato prima
dell'entrata in vigore della legge, la denuncia del lavoratore è idonea a
mantenere il precedente termine decennale solo quando sia intervenuta
prima, ovvero intervenga comunque entro il 31 dicembre 1995,
analogamente a quanto previsto per gli atti interruttivi dell'ente
previdenziale. Quanto agli altri contributi, parimenti dovuti per periodi
anteriori alla entrata in vigore della legge, ma per i quali, a
quest'ultima data, il quinquennio dalla scadenza non si era
integralmente maturato (come nella specie, in cui i contributi si
riferivano all'anno 1991, e quindi il diritto alla riscossione si
estingueva nel 1996), il termine decennale può operare solo mediante
una denuncia intervenuta nel corso del quinquennio dalla data della
loro scadenza. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di
merito, che aveva ritenuto prescritto per intervenuto decorso del
termine quinquennale il credito contributivo, in quanto la denuncia,
presentata solo nel 1997 in relazione ad un credito scaduto nel 1991,
non era stata idonea a rendere operativo il termine decennale).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 13 marzo 2006
Numero: n. 5418
Parti: Soc. Poligest C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2006, 3
255
In tema di condono previdenziale, l'art. 81, comma 9, l. 23 dicembre
1998 n. 448, norma di portata retroattiva, applicabile a tutte le
domande di condono, comprese quelle presentate a seguito di
provvedimenti legislativi precedenti il d.l. n. 79 del 1997, ha attribuito
al soggetto che contemporaneamente a detta domanda abbia proposto
riserva di ripetizione la possibilità di ottenere l'accertamento negativo
in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito. Ne consegue
che, ove la domanda di condono sia stata inoltrata e il relativo importo
versato, il contribuente non ha diritto di pretendere dall'ente
previdenziale la ripetizione di quanto versato in adempimento del
condono, in mancanza dell'accertamento in sede contenziosa
dell'insussistenza del debito contributivo. (Nella specie, la S.C. ha
rigettato il ricorso confermando la sentenza di appello che, riformando
la sentenza di primo grado recante l'accoglimento dell'opposizione a
decreto ingiuntivo con conseguente accertamento negativo del debito
contributivo condonato, dichiarava la nullità del decreto perché reso
nei confronti di soggetto ormai inesistente escludendo la possibilità di
indagare sul merito della controversia).
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 15 marzo 2006
Numero: n. 5622
Parti: Cnpaf C. G.
Fonti: Giust. civ. Mass. 2006, 3, Guida al diritto 2006, 18, 80 (s.m.)
In relazione ai contributi dovuti alla Cassa di previdenza forense,
scaduti prima dell'entrata in vigore della l. n. 335 del 1995,
l'abbreviazione a cinque anni del termine prescrizionale (prevista
dall'art. 3 comma 9 l. n. 335 del 1995) opera dall'1 gennaio 1996,
giacché questi rientrano nell'art. 3 comma 9, lett. a) della medesima
legge (contribuzione di pertinenza delle altre gestioni pensionistiche
obbligatorie), di talché gli atti interruttivi effettuati sia prima del 17
agosto 1995, sia dopo e fino al 31 dicembre 1995, valgono al fine di
mantenere il precedente termine decennale di prescrizione.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 13 dicembre 2006
Numero: n. 26621
Parti: Cassa naz. previd. assist. C. Mauro
256
Fonti: Giust. civ. Mass. 2006, 12, Guida al diritto 2007, 6, 46 (s.m.),
Il civilista 2008, 4, 55 (s.m.) (nota di: Villa)
L'art. 3 commi 9 e 10 l. n. 335 del 1995, prevedendo che le
contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si
prescrivono in dieci anni per quelle di pertinenza del Fondo pensioni
lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie termine ridotto a cinque anni con decorrenza 1 gennaio 1996 (lett. a) e in cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di
assistenza sociale obbligatoria (lett. b), ha regolato l'intera materia
della prescrizione dei crediti contributivi degli enti previdenziali, con
riferimento a tutte le forme di previdenza obbligatoria, comprese
quelle per i liberi professionisti, con conseguente abrogazione per
assorbimento, ai sensi dell'art. 15 preleggi, delle previgenti discipline
differenziate, sicchè è venuta meno la connotazione di specialità in
precedenza sussistente per i vari ordinamenti previdenziali di
categoria. La nuova disciplina, pur riducendo il termine da decennale
a quinquennale per tutti i tipi di contributi previdenziali, opera però
una distinzione: per i contributi destinati alle gestioni diverse da quelle
pensionistiche (comma 9, lett. b) il termine diventa immediatamente
quinquennale alla data di entrata in vigore della legge (17 agosto
1995); invece, per i contributi dovuti alle gestioni pensionistiche
(comma 9, lett. a) la prescrizione resta decennale fino al 31 dicembre
1995 e diviene quinquennale dal primo gennaio 1996, ma soltanto se
entro il 31 dicembre 1995 l'ente previdenziale non abbia posto in
essere atti interruttivi oppure iniziato procedure nel rispetto della
normativa preesistente, altrimenti rimane decennale. La sistemazione
organica e completa del regime transitorio comporta, pertanto, una
deroga all'art. 252 disp. att. c.c., escludendone l'applicazione in via
sussidiaria o integrativa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la
decisione della corte territoriale che aveva applicato la nuova
normativa ai contributi dovuti all'Inarcassa rigettando le censure di
quest'ultima secondo cui doveva continuare ad applicarsi la norma
speciale prevista per i contributi alla Cassa - l'art. 18 l. n. 6 del 1981, e
la prescrizione decennale ivi prevista - in forza del principio "lex
specialis derogat legi generalii).
ANNO 2007
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 15 giugno 2007
257
Numero: n. 13997
Parti: D'Anselmi C. Com. Labico
Fonti: Giust. civ. Mass. 2007, 6
La responsabilità del datore di lavoro per danni subiti dal lavoratore a
causa di mancata o irregolare contribuzione rappresenta un'ipotesi di
responsabilità contrattuale, derivante dalla violazione di una specifica
ed indisponibile obbligazione imposta dalla legge. Consegue da ciò
che il termine di prescrizione della relativa azione risarcitoria è quello
decennale, di cui all'art. 2946 c.c., il cui "dies a quo" può variare a
seconda dell'interesse che si intende tutelare con la proposizione della
domanda di risarcimento, posto che l'interesse ad agire del lavoratore
sorge ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti
l'erogazione delle prestazioni previdenziali, eventualmente
avvalendosi dell'azione di condanna generica al risarcimento.
Tuttavia, allorquando l'azione sia diretta all'ottenimento del
risarcimento del danno per l'avvenuta perdita della pensione (come
nella specie, conseguibile presso la gestione Inps mediante il
trasferimento dei contributi c.p.del, ove versati tempestivamente dal
Comune), il termine di prescrizione decorre dal momento in cui il
lavoratore, raggiunta l'età pensionabile e concorrendo ogni altro
requisito, perde il relativo diritto (o lo vede ridotto) a causa
dell'omissione contributiva.
ANNO 2008
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 03 ottobre 2008
Numero: n. 24582
Parti: Inps C. sic. ed altro
Fonti: Giust. civ. Mass. 2008, 10, 1429
L'assicurazione obbligatoria di invalidità, vecchiaia e superstiti per gli
artigiani non è retta dal principio di automatismo e le prestazioni
competono solo in quanto siano stati effettuati i versamenti
contributivi.
Autorità: Cassazione civile sez. un
Data: 04 marzo 2008
Numero: 5784
Fonti: in Giust. civ. Mass. 2008, 3, p. 351
“In tema di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai
contributi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro, ai sensi dell'art.
3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, il termine di prescrizione
258
dei contributi relativi a periodi precedenti l'entrata in vigore della
legge (17 agosto 1995) resta decennale nel caso di atti interruttivi
compiuti dall'Inps nel periodo tra la data suddetta ed il 31 dicembre
1995, i quali - tenuto conto dell'intento del legislatore di realizzare un
«effetto annuncio» idoneo ad evitare la prescrizione dei vecchi crediti
- valgono a sottrarre a prescrizione i contributi maturati nel decennio
precedente l'atto interruttivo; dalla data di questo inizia a decorrere un
nuovo termine decennale di prescrizione.”
Autorità: Cassazione civile sez. un
Data: 07 marzo 2008
Numero: 6173
Fonti: Giust. civ. Mass. 2008, 3, p. 374
“Con l'entrata in vigore della l. 335/1995 che ha introdotto il nuovo
regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti
opera, fuori dei casi di conservazione del precedente termine
decennale, il nuovo termine di prescrizione più breve, che comincia
peraltro a decorrere dalla data dell'1 gennaio 1996; detto termine non
può essere quindi superiore a cinque anni, mentre può essere inferiore
se tale è il residuo del più lungo termine determinato secondo il
regime precedente.”
ANNO 2009
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 07 gennaio 2009
Numero: n. 46
Parti: Imp. Costr. Zanuttini C. Inps ed altro
Fonti: Giust. civ. Mass. 2009, 1, 13
L'art. 3 della legge n. 335 del 1995, che ha introdotto il nuovo termine
quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza ed
assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad
applicarsi il termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di
tale modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di
procedure finalizzate al recupero dell'evasione contributiva iniziate
durante la vigenza della precedente disciplina, per «procedure
iniziate» ha inteso anche quelle che, pur non richiedendo
l'instaurazione del contraddittorio con il debitore, si concretano
comunque in una serie di atti finalizzati inequivocamente al
conseguimento della pretesa creditoria. Ne consegue che tra le
«procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente» rientra il
verbale di accertamento per il recupero dell'evasione contributiva,
sicché, in relazione a tale iniziativa dell'Inps, i crediti azionati restano
259
assoggettati al termine decennale di prescrizione, rimanendo così
esclusa l'estinzione del debito relativo ai premi dovuti afferenti al
decennio antecedente alla data del verbale.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 07 gennaio 2009
Numero: n. 73
Parti: Postiglione C. Soc. Siderpotenza ed altro
Fonti: Giust. civ. Mass. 2009, 2, 156
In materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di
assistenza obbligatoria in base alla disciplina recata dall'art. 3, commi
9 e 10, l. 8 agosto 1995 n. 335, la denuncia del lavoratore, di cui alla
lett. a, ultimo periodo, del citato art. 3, comma 9, in relazione a
contributi per i quali il termine quinquennale di prescrizione,
decorrente dalla loro scadenza, sia integralmente maturato prima della
data di entrata in vigore della predetta legge (17 agosto 1995), è
idonea a mantenere il precedente termine di prescrizione decennale
solo quando sia intervenuta prima della maturazione dell'anzidetto
termine quinquennale (e, comunque, non oltre il 31 dicembre 1995),
non potendo più operare il prolungamento dello stesso termine una
volta che il credito contributivo risulti già prescritto.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 05 marzo 2009
Numero: n. 5320
Parti: Soc. Arredo Design C. Inps
Fonti: Guida al diritto 2009, 19, 77 (s.m.)
Il comma 9 dell'art. 3 l. n. 335 del 1995 stabilisce che le contribuzioni
di previdenza obbligatoria si prescrivono nel termine di cinque anni a
decorrere dal primo gennaio 1996, salvi i casi di denuncia del
lavoratore o dei suoi superstiti, senza necessità che la denuncia sia
resa nota al datore di lavoro debitore della contribuzione. Ciò perché il
legislatore ha ritenuto l'interesse del lavoratore alla contribuzione sacrificato dalla prescrizione e più difficilmente soddisfatto attraverso
i rimedi dell'azione risarcitoria di cui all'art. 2116 cpv. c.c. e della
rendita di cui all'art. 13 l. n. 1338 del 1962 - prevalente
sull'affidamento del datore di lavoro - debitore nel termine di
prescrizione e in particolare nel suo interesse alla conoscenza delle
cause che prolunghino l'assoggettamento al vincolo obbligatorio.
.
260
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 01 luglio 2009
Numero: n. 15398
Parti: Inps C. Telloli
Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2009, 9
In tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di
assistenza obbligatoria, l'art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995, nel
prevedere la riduzione del termine prescrizionale da dieci a cinque
anni, stabilisce un regime transitorio secondo il quale continua ad
applicarsi il termine decennale di prescrizione previgente nel caso di
"atti interruttivi già compiuti" o di "procedure finalizzate al recupero
dell'evasione contributiva" iniziate durante la vigenza della precedente
disciplina, dovendosi intendere con tale ultima locuzione l'avvenuto
svolgimento, da parte dell'ente previdenziale, di una concreta attività
d'indagine ed ispettiva finalizzata al recupero dell'omissione
contributiva. Ne consegue che non è applicabile la disciplina
transitoria ove l'Inps abbia inviato una richiesta di informazioni in
ordine alla posizione dei dipendenti senza quantificare il credito e
limitandosi a preannunciare successive azioni di recupero, trattandosi
di atto inidoneo ad integrare l'attivazione di una procedura di
recupero.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 08 luglio 2009
Numero: n. 15991
Parti: Sanpaolo Imi C. Sardella e altro
Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2009, 7-8
L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c.
attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della
prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne
ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti
soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art.
2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le
quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non
rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo
diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il
ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento. (Nella specie,
relativa alla domanda di corresponsione di importi integrativi di
assegni di pensione, la S.C. ha precisato che il termine prescrizionale
decorreva dal giorno in cui il diritto avrebbe potuto essere fatto valere,
e non da quello successivo nel quale i pensionati risultavano avere
appreso dell'esistenza di una circolare che prevedeva che i benefici
venissero riconosciuti anche al personale cessato dal servizio).
261
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 31 luglio 2009
Numero: n. 17849
Parti: Soc. Cogema C. Inps
Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2009, 9
In tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza ed
assistenza sociale obbligatorie, l'ordinanza ingiunzione relativa a
sanzioni amministrative e il verbale ispettivo dell'Ispettorato del
lavoro non hanno efficacia interruttiva della prescrizione del credito
contributivo: la prima, attesa la diversità della pretesa, non è
qualificabile come procedura finalizzata al recupero dell'evasione
contributiva, né configura un atto prodromico diretto al
conseguimento dei contributi omessi; il secondo, costituisce un atto
posto in essere da un soggetto, l'Ispettorato del lavoro, diverso
dall'Ente impositore. Ne consegue che i predetti atti, non integrando i
presupposti di cui all'art. 3, comma 10, l. n. 335 del 1995, non
determinano la perdurante applicabilità del termine decennale di
prescrizione, né della sospensione triennale della prescrizione
medesima già prevista dall'art. 2, comma diciannovesimo d.l. n. 463
del 1983, conv. nella l. n. 638 del 1983.
ANNO 2010
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 10 marzo 2010
Numero: n. 5811
Parti: Inps C. Confederaz. Ital. Esercenti Attività ed altro
Fonti: Giust. civ. Mass. 2010, 4, 487
In tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di
assistenza obbligatoria, il principio secondo cui, a seguito dell'entrata
in vigore dell'art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995, che ha introdotto
il nuovo regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi
precedenti, opera, al di fuori dei casi di conservazione del precedente
termine decennale, il nuovo termine di prescrizione più breve, con
262
decorrenza dall'1 gennaio 1996, trova applicazione anche nel caso,
contemplato dal comma 9, lett. a, ultima parte, dell'art. 3 cit., di
denuncia da parte del lavoratore del mancato versamento dei
contributi all'Istituto previdenziale, con la conseguenza che, in
relazione ai contributi dovuti per anni anteriori all'entrata in vigore
della legge, il termine entro il quale la denuncia dev'essere inoltrata è
quello di cinque anni dal 31 dicembre 1996, potendo però detto
termine essere inferiore, in applicazione della regola generale di cui
all'art. 252 disp. att. c.c., se tale è il residuo del più lungo termine
determinato secondo il regime precedente, e che il diritto alla
riscossione si prescrive entro il quinquennio dalla denuncia del
lavoratore.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 16 aprile 2010
Numero: n. 9169
Parti: Inps C. Vaglio Ostina Paolo e Figli s.r.l.
Fonti: Diritto & Giustizia 2010
La presentazione tardiva del modello DM/10 da parte del datore di
lavoro è idonea ad interrompere la prescrizione dei relativi crediti
contributivi dovuti all'Inps e, se avanzata dopo l'entrata in vigore della
legge 335/95 (il 17 agosto 1995) ma prima della fine dell'annò 95,
consente di mantenere il termine di prescrizione decennale e non
quinquennale. Infatti, il principio affermato dal supremo collegio,
secondo cui ai sensi dell'art. 3 commi 9 e 10 l. n. 335/95 il termine di
prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti alla data di
entrata in vigore della legge (17 agosto 1995) resta decennale nel caso
di atti interruttivi compiuti dall'Inps nel periodo tra la suddetta data e il
31 dicembre 1995 - atti che valgono anche a sottrarre a prescrizione i
contributi maturati nel decennio precedente all'atto interruttivo - è
applicabile anche al caso di atti interruttivi compiuti dal debitore a
norma dell'art. 2944 c.c. (riconoscimento del debito), non sussistendo
valide ragioni per distinguere tale ipotesi da quelle previste dall'art.
2943 c.c., anche perché la norma dell'art. 3 comma 10 l. 335/95 fa
riferimento generico ad "atti interruttivi già compiuti", senza ulteriori
specificazioni.
263
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 04 maggio 2010
Numero: n. 10715
Parti: Zampese C. Inps
Fonti: Guida al diritto 2010, 24, 77 (s.m.)
La domanda di condono non costituisce riconoscimento di debito e
quindi non interrompe la prescrizione, ma innesca una procedura di
recupero dei contributi la quale costituisce quel requisito della
"procedura già iniziata", previsto dalla l. 335 del 1995, che rende
decennale il termine di prescrizione.
ANNO 2011
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 27 giugno 2011
Numero: n. 14163
Parti: Gottardo C. Soc. Arin Napoli
Fonti: Giust. civ. Mass. 2011, 6, 962
L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c.
attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della
prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne
ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti
soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art.
2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le
quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non
rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo
diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il
ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento. (Nella specie,
relativa alla domanda diretta ad ottenere le differenze sulla pensione
aziendale, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto privo di rilievo,
ai fini dell'interruzione della prescrizione, il ricorso già presentato per
il conseguimento della superiore qualifica, atteso che all'epoca non era
stato chiesto l'incremento del trattamento pensionistico, restando
escluso che assumesse valore impeditivo il ritardo indotto dalla
necessità di procedere all'accertamento del diritto alla maggiore
retribuzione).
264
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 20 ottobre 2011
Numero: n. 21821
Parti: Bica C. Ass. reg. sanità ed altro
Fonti: Giust. civ. Mass. 2011, 10, 1491
In materia di contributi di previdenza e assistenza obbligatoria, la
prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto
valere dal lavoratore ossia da quando fu, o avrebbe dovuto essergli,
corrisposto il compenso, senza che la pendenza di una controversia
giudiziaria su uno dei fatti costituiti dal diritto sia idonea ad influire
sul decoro della prescrizione, giacché essa non preclude l'esercizio
immediato del diritto ma rappresenta un mero impedimento di fatto. A
norma dell'art. 3, comma 9, l. 8 agosto 1995 n. 335, i termini di
prescrizione relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza
sociale obbligatoria, fissati in cinque o dieci anni (a seconda del
tempo, anteriore o successivo al 1º gennaio 1996, in cui si è svolto il
rapporto assicurativo), alla scadenza dei quali i contributi non possono
essere più versati all'ente previdenziale, iniziano a decorrere ex art.
2935 c.c. da quando il diritto può essere fatto valere dal lavoratore,
ossia da quando fu, o avrebbe dovuto essergli corrisposto il compenso,
potendo l'incertezza circa la sussistenza del diritto e, più precisamente,
circa la controversia giudiziaria su uno dei fatti costitutivi,
rappresentare un mero impedimento di fatto inidoneo ad influire sul
decorso della prescrizione, giacché essa non preclude l'esercizio
immediato dello stesso diritto.
ANNO 2012
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 24 gennaio 2012
Numero: n. 948
Parti: Inps C. Cei ed altro
Fonti: Giust. civ. Mass. 2012, 1, 68
In materia di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di
assistenza obbligatoria, l'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del
1995, nel prevedere la riduzione del termine di prescrizione da
decennale a quinquennale con decorrenza dalla data di maturazione
del credito, è immediatamente efficace, non avendo introdotto alcun
265
effetto sospensivo del decorso della prescrizione. Ne consegue che,
con riguardo ai contributi maturati precedentemente all'entrata in
vigore della nuova normativa, la denuncia del lavoratore è idonea a
mantenere il precedente termine decennale solo se sia intervenuta
prima della scadenza del termine quinquennale, senza che rilevi che
tale scadenza intervenga in epoca anteriore alla stessa entrata vigore
della nuova disciplina, dovendosi escludere che possa operare il
prolungamento del termine una volta che il credito contributivo risulti
già prescritto.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 20 febbraio 2012
Numero: n. 2417
Parti: Inps C. Atzeni e altro
Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2012, 2
In tema di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e assistenza
obbligatoria, in base alla disciplina dell'art. 3, commi 9 e 10, della
legge n. 335 del 1995, la denuncia del lavoratore, di cui alla lett. a,
ultimo periodo, dell'art. 3, comma 9, cit., in relazione a contributi
scaduti anteriormente all'entrata in vigore della legge stessa, è idonea
a mantenere il precedente termine di prescrizione decennale solo
quando sia intervenuta prima della maturazione del nuovo termine
quinquennale di prescrizione decorrente dalla scadenza (e, comunque,
non oltre il 31 dicembre 1995), non potendo più operare il
prolungamento del termine una volta che il credito contributivo risulti
già prescritto. (Nella specie, relativa ad obbligo contributivo scaduto
nel settembre 1993, la S.C., applicando il principio, ha respinto il
ricorso dell'istituto previdenziale contro la decisione di merito che
aveva ritenuto inidonea a mantenere il termine di prescrizione
decennale la denuncia del lavoratore intervenuta soltanto nel
settembre 1999, e quindi oltre il quinquennio dalla scadenza).
Autorità: Cassazione civile sez. VI
Data: 07 marzo 2012
Numero: n. 3584
Parti: Rosati e altro C. Inps
Fonti: Giust. civ. Mass. 2012, 3, 285
L'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 c.c.
attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della
266
prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che
ostacolino l'esercizio del diritto e non comprende anche gli
impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il
successivo art. 2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di
sospensione, tra le quali, salva l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del
citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto
generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di
tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento.
(Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha respinto il
ricorso avverso la decisione di merito che, nel dichiarare parzialmente
prescritto il diritto alla pensione sociale sostitutiva, non aveva
attribuito rilievo ai tempi di accertamento giudiziale del diritto alla
pensione di invalidità civile, oggetto di sostituzione)
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 03 maggio 2012
Numero: n. 6671
Parti: Soc. Tnt Global Express C. Inps
Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2012, 5
Agli effetti del recupero degli sgravi contributivi integranti aiuti di
Stato incompatibili col mercato comune (nella specie, sgravi per le
assunzioni con contratto di formazione e lavoro, giudicati illegali con
decisione della Commissione europea dell'11 maggio 1999), vale il
termine ordinario di prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c.,
decorrente dalla notifica alla Repubblica Italiana della decisione
comunitaria di recupero, atteso che, ai sensi degli art. 14 e 15 del
regolamento (Ce) n. 659/1999, come interpretati dalla giurisprudenza
comunitaria, le procedure di recupero sono disciplinate dal diritto
nazionale ex art. 14 cit., nel rispetto del principio di equivalenza fra le
discipline, comunitaria e interna, nonché del principio di effettività del
rimedio, mentre il "periodo limite" decennale ex art. 15 cit. riguarda
l'esercizio dei poteri della Commissione circa la verifica di
compatibilità dell'aiuto e l'eventuale decisione di recupero. Né si può
ritenere che si applichi il termine di prescrizione dell'azione di
ripetizione ex art. 2033 c.c., perché lo sgravio contributivo opera come
riduzione dell'entità dell'obbligazione contributiva, sicché l'ente
previdenziale, che agisce per il pagamento degli importi
corrispondenti agli sgravi illegittimamente applicati, non agisce in
ripetizione di indebito oggettivo. Né, infine, è applicabile il termine di
267
prescrizione quinquennale ex art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335
del 1995, poiché questa disposizione riguarda le contribuzioni di
previdenza e assistenza sociale, mentre l'incompatibilità comunitaria
può riguardare qualsiasi tipo di aiuto, senza che si possa fare ricorso
all'applicazione analogica della norma speciale, in quanto la
previsione dell'art. 2946 c.c. esclude la sussistenza di una lacuna
normativa.
Autorità: Cassazione civile sez. lav.
Data: 04 maggio 2012
Numero: n. 6756
Parti: Soc. Fiat Group Automobiles C. Inps e altro
Fonti: Red. Giust. civ. Mass. 2012, 5
In tema di sgravi contributivi illegittimi, in quanto costituenti aiuti di
Stato vietati dalla Commissione europea, l'azione dell'ente
previdenziale volta al recupero degli sgravi non costituisce azione di
restituzione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., ma azione volta al
pagamento della contribuzione differenziale, pari alla misura dell'aiuto
di Stato recuperabile. Ne consegue che tale azione - alla cui
proposizione è legittimato direttamente l'ente istituzionalmente
deputato alla riscossione dei contributi - è soggetta al termine
prescrizionale ordinario decennale di cui all'art. 2946 c.c., e non a
quello previsto per l'indebito, né a quello ex art. 3, commi 9 e 10, della
legge n. 335 del 1995, attesa l'autonomia giuridica dell'azione di
recupero degli aiuti in questione (che è disciplinata da regole
specifiche, è finalizzata al mero ripristino dello status quo ante e che
prevede - a differenza dell'azione volta al pagamento dei contributi
omessi - l'applicazione di interessi nella misura stabilita dalla
Commissione e non anche delle sanzioni specifiche previste per
l'omissione contributiva).
Autorità: Cassazione civile sez. VI
Data: 19 giugno 2012
Numero: n. 10119
Parti: Perotto C. Inps.
Fonti: Giust. civ. Mass. 2012, 6, 812
Il principio di automaticità ex art. 2116 c.c., per il quale le prestazioni
previdenziali spettano anche in relazione ai contributi dovuti e non
versati, nei limiti della prescrizione contributiva, vale non soltanto ai
268
fini dell'insorgenza del diritto alla pensione, ma anche per la relativa
quantificazione, essendo onere del lavoratore provare l'esistenza del
rapporto di lavoro e l'entità delle retribuzioni percepite.
ANNO 2013
Autorità:Corte d’Appello di Roma sez. lav.
Data:15 marzo 2013
Numero:n. 2548
Parti: De Caro C/INPS
La calendarizzazione dei pagamenti opera quando il soggetto sia
iscritto alla Gestione Separata, circostanza che consente all’Ente di
assumere le proprie determinazioni, non quando non vi sia stata
l’iscrizione configurando esplicitamente la mancata iscrizione come
attività diretta intenzionalmente ad occultare al creditore l’esistenza
dell’obbligazione ingenerando una situazione obiettiva che ha
precluso al creditore la possibilità di far valere il proprio diritto.
Autorità:Cassazione civile sez. lav.
Data:15 maggio 2013
Numero:n.11725
Parti: Cassa naz. di previd. e assist. Forense C. V.M.
Fonti: Diritto & Giustizia 2013, 16 maggio
La prescrizione decennale per i contributi dovuti dagli avvocati alla
Cassa di previdenza forense decorre anche nel caso di presentazione di
una dichiarazione non veritiera. Il termine prescrizionale, invece, non
decorre unicamente nel caso di omessa presentazione della
comunicazione.
269
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