Il tasso naturale di disoccupazione

Il tasso naturale di
disoccupazione
•
Un indicatore importante del tenore di vita di
un’economia è la percentuale di individui che, pur
volendo, non trovano lavoro.
Una nazione che riesce ad occupare tutti gli individui che
sono disposti a lavorare produce una quantità più elevata di
beni e servizi.
La disoccupazione è un fallimento del mercato. Al prezzo
corrente (salario) l’offerta di lavoro è maggiore della
domanda.
La disoccupazione
ha costi economici e sociali misurati dalla riduzione del Pil
rispetto a quello di pieno impiego
Costi individuali, misurati dalla perdita di reddito (e
condizione sociale) dei disoccupati
Come si misura la disoccupazione
•
Le istituzioni statistiche di ogni nazione effettuano
rilevazioni su un campione rappresentativo della
popolazione e collocano ogni adulto (individuo di
età >= 15 anni) in una delle seguenti categorie:
i. Occupato (O)
ii. Disoccupato (D)
iii. Non appartenente alla forza lavoro (NFL)
•
Da queste grandezze e dai rapporti che tra esse si
creano abbiamo le seguenti definizioni, che vengono
usate per valutare i fenomeni della partecipazione al
mercato del lavoro, dell’occupazione e della
disoccupazione:
• Occupato
– individuo di età pari o maggiore a 15 anni che nelle due
settimane precedenti alla rilevazione ha svolto almeno un’ora
di lavoro oppure è in ferie/malattia.
• Disoccupato
– persona non occupata di età compresa tra 15 e 64 anni che
nelle due settimane precedenti la rilevazione ha svolto almeno
un’azione positiva di ricerca di lavoro ed è disposto a lavorare
entro le due settimane successive.
• Inattivo
– persona di età compresa tra i 15 ed i 64 anni che NON
rientra nelle condizioni di occupato e/o disoccupato.
Alcune definizioni
Forza lavoro = O + D
Tasso di disoccupazione = D / FL
Tasso di occupazione = O / FL + NFL
Tasso di partecipazione = FL / ( FL + NFL)
• Tasso di attività
– misura il grado di partecipazione della popolazione attiva al
lavoro. E’ influenzato dalle caratteristiche della società e del
mercato del lavoro (in Italia in passato le donne avevano un
più basso tasso di partecipazione,…)
• Tasso di occupazione
– Misura il grado di utilizzo della forza lavoro in una società.
Non dipende solo dalle scelte degli individui ma anche
dall’andamento generale dell’economia.
• Tasso di disoccupazione
– Percentuale della forza lavoro che sta cercando attivamente
lavoro
La suddivisione della popolazione italiana
(In milioni di unità) nel 2007 e 2008
2007
Popolazione totale
58,7
Popolazione in età da lavoro 39,5
Popolazione <15 o > 64
19,2
2008
60
39,5
20,5
Forza lavoro
Occupati
Persone in cerca di lavoro
Non forza lavoro
25,1
23,4
1,7
14,4
24,7
23,2
1,5
14,8
Tassi di occupazione, disoccupazione e attività.
2007 e 2008
Anno
Tasso di occupazione
Tasso di disoccupazione
Tasso di attività
2007 2008
58,7% 59,2%
6,1% 6,8%
62,5% 63,5%
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Gli indicatori del mercato del lavoro possono essere
calcolati per tutta la popolazione oppure per
sottoinsiemi della stessa.
Alcuni gruppi interessanti:
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Uomini e donne
Giovani e adulti
Aree geografiche
Livello di studio
Tasso di occupazione
Donne
Uomini
Totale
Tasso di disoccupazione
Donne
Uomini
Totale
Centro Nord
Sud
55,3
75,3
65,4
Centro Nord
Italia
31,1
62,2
46,5
Sud
5,4
3
4
46,6
70,7
58,7
Italia
14,9
8,9
11
7,9
4,9
6,1
Tasso di disoccupazione giovanile
Donne
Uomini
Totale
Centro Nord Sud Italia
16,2 32,3 23,3
11,8 38,3 18,2
13,7 38,9 20,3
Breve e lungo periodo
• Si distinguono due tipi di disoccupazione:
1. Naturale: quella a cui tende il sistema economico nel
lungo periodo
2. Ciclica: variazioni di breve periodo intorno al valore
della disoccupazione naturale.
• Nota: la separazione tra componente ciclica e
strutturale della disoccupazione è molto più evidente
negli Stati Uniti rispetto all’Italia.
• Nel nostro paese la disoccupazione è salita
strutturalmente di 5-6 punti percentuali nel corso degli
anni 70 – 80.
• Negli 20 anni successivi fluttua attorno ad un valore
stabilmente più alto rispetto a quello dei decenni
precedenti.
• Negli ultimi 10 anni c’è una tendenza alla riduzione.
Elementi che contribuiscono a spiegare la disoccupazione
1. Shock sulla domanda aggregata
–
Es: i consumi si riducono e le imprese decidono di produrre
meno usando meno lavoratori
2. Shock sui costi di produzione
–
Es, aumento del costo delle materie prime e crescita dei
prezzi interni. Se i lavoratori non accettano riduzioni reali
nel loro salario, le imprese riducono produzione e
occupazione
3. Aumento nei tassi di interesse
–
Aumento del costo degli investimenti e quindi riduzione nel
livello dell’occupazione
4. Cambiamenti nella tecnologia
–
Le imprese usano processi a maggiore intensità di capitale
5. Fattori istituzionali
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Problemi di misura della disoccupazione:
E’ relativamente facile distinguere occupati e non
occupati, ma è molto più difficile definire con chiarezza
chi è disoccupato e chi non appartiene alla forza
lavoro;
Tra i disoccupati è difficile distinguere quelli di breve
da quelli di lungo periodo (tra l’altro in ogni istante
sono presenti tra i disoccupati più individui del primo
tipo anche se la durata dei periodi di disoccupazione è
in media breve).
In molte nazioni una quota non piccola degli occupati
in realtà lavora senza regolare contratto e quindi rientra
nella categoria dei non occupati.
Dalle statistiche alla teoria economica
• I dati evidenziano che nell’economia esiste sempre un
livello positivo di disoccupazione.
• Se il mercato del lavoro seguisse le regole di
aggiustamento dei prezzi in maniera fedele alla teoria in
ogni istante un sistema economico dovrebbe avere
piena occupazione.
• Come si spiega questa differenza?
• Gli economisti hanno sviluppato differenti teorie per
spiegare il fatto che il tasso di disoccupazione è sempre
maggiore di zero.
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4.
Secondo la teoria per ogni economia le cause che
determinano il livello “naturale” di disoccupazione
sono:
Il tempo che gli individui impiegano per trovare
un’occupazione adeguata alle loro aspettative;
La presenza di forme di salario minimo;
Il potere contrattuale dei sindacati;
Il salario di efficienza.
• Il punto 1 determina la disoccupazione frizionale o di
breve periodo.
• I punti 2, 3, 4 determinano la disoccupazione
strutturale, ovvero quella che si crea nel lungo periodo
quando la quantità di lavoro offerta è più elevata di
quella domandata ed il mercato non trova una strada
per tornare all’equilibrio.
• La distinzione tra i due problemi è importante perché
differenti sono i metodi per affrontare la questione della
disoccupazione e gli strumenti per combatterla.
Disoccupazione frizionale e collocamento al lavoro
• Il collocamento al lavoro è il processo attraverso il
quale vengono fatte incontrare domanda e offerta nel
mercato del lavoro.
• Il mercato del lavoro è molto differenziato: i lavoratori
sono diversi per capacità e preferenze e i posti di lavoro
si differenziano per le loro caratteristiche.
• Le informazioni sui posti di lavoro e sulle caratteristiche
dei lavoratori si diffondono con lentezza.
• Per queste ragioni è inevitabile che le imprese
impieghino un certo periodo di tempo per scegliere i
lavoratori e viceversa.
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Anche l’andamento settoriale dell’economia influenza
la disoccupazione frizionale.
Ad esempio cambiamenti nella domanda di beni e
servizi determinano cambiamenti nella struttura della
produzione, che però impiegano un certo tempo a
realizzarsi: nella transizione è inevitabile che ci sia un
livello positivo di disoccupazione.
La disoccupazione frizionale è inevitabile, ma il suo
livello non è certo.
Come fare a renderlo “piccolo”?
In generale migliorare la qualità e la velocità
dell’informazione nel mercato del lavoro.
• Strumenti:
1. Uffici di collocamento e agenzie interinali: rendono
possibile l’incontro di domanda e offerta
2. Programmi di formazione pubblici e privati: hanno
l’obiettivo di facilitare la transizione dei lavoratori
occupati nei settori in declino.
3. Il sussidio di disoccupazione
Sussidio di disoccupazione
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Il sussidio di disoccupazione può avere effetti sul
livello della disoccupazione frizionale.
È una forma di assicurazione temporanea contro la
perdita di un’occupazione.
La sua presenza può indurre il disoccupato a rifiutare
nuove proposte di lavoro, se non sono giudicate
sufficientemente attraenti.
Posizioni contrastanti sull’efficacia dello strumento:
Forma assicurativa che consente di scegliere il lavoro
migliore e/o adatto, ma …
… in sua assenza la disoccupazione sarebbe
sicuramente più bassa
Disoccupazione strutturale: il salario minimo
• Strumento che assicura al salario di non scendere sotto
un livello scelto politicamente e non dal mercato.
• Per questa ragione il salario minimo determina
disoccupazione strutturale.
• Non è però la causa principale di questo fenomeno:
quasi tutte le retribuzioni sono al di sopra del livello
minimo.
• Il salario minimo interessa solo categorie particolari
(giovani, lavoratori con basse qualifiche, etc.).
• Presenta una caratteristica importante, valida in
generale: se il salario viene mantenuto sopra il livello di
equilibrio il risultato è la disoccupazione.
La disoccupazione provocata dal salario minimo
Disoccupazione strutturale: sindacati e
contrattazione collettiva
• Sindacato: associazione di lavoratori che contratta con i
datori di lavoro sui salari e sulle condizioni lavorative.
• Le condizioni normative ed economiche contrattate dal
sindacato sono sempre migliori di quelle che potrebbe
ottenere un singolo lavoratore.
• I sindacati dispongono di un potere di mercato
maggiore rispetto a quello che avrebbe un singolo
lavoratore nella contrattazione.
• Se la contrattazione fa salire il livello del salario al di
sopra di quello di equilibrio l’offerta di lavoro risulta
superiore alla domanda.
• La legislazione italiana incoraggia la formazione di
sindacati: il legislatore è in generale convinto che il
lavoro abbia diritto ad un maggiore potere di mercato.
• Posizioni molto diverse tra gli economisti sul ruolo dei
sindacati.
• Critiche: il sindacato agisce come monopolista e
provoca distorsioni nel mercato del lavoro.
• Se il monopolio si realizza in settori particolari si creano
conflitti di interesse tra iscritti e non iscritti al sindacato.
• Posizioni a favore: sindacato come antidoto al potere di
mercato delle imprese.
• Strumento per obbligare le imprese a rispondere in
modo efficiente alle istanze dei lavoratori.
Disoccupazione strutturale: il salario di efficienza
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Secondo questa teoria le imprese operano con
maggiore efficienza se il salario è al di sopra del livello
di equilibrio.
Motivo principale: tenere alto il salario ha l’effetto di
aumentare la produttività del lavoro.
Perché?
Salute del lavoratore. I lavoratori meglio pagati godono
di migliori condizioni di salute: valida per i paesi in via
di sviluppo.
Ricambio dei lavoratori: quanto più l’impresa paga i
suoi lavoratori, tanto meno questi sono incentivati a
licenziarsi
• Il ricambio dei lavoratori per le imprese rappresenta un
costo. I nuovi assunti vanno selezionati e addestrati
perché non sono immediatamente produttivi quanto i
lavoratori più esperti.
• L’impegno del lavoratore: in molti settori il lavoratore
ha una certa discrezionalità sul ritmo di lavoro.
• Il controllo di questo fattore è difficile e costoso per
l’impresa.
• Alzando i salari al di sopra del livello di equilibrio i
lavoratori hanno un maggior incentivo ad essere
produttivi.
• Mantenendo un certo livello di disoccupazione le
imprese rendono costoso il rischio di essere licenziati
• La qualità del lavoratore: quando un’impresa decide di
assumere un lavoratore non conosce con precisione le
sue qualità.
• Pagando un salario più elevato l’obiettivo delle imprese
è di attrarre i lavoratori migliori.
• Offrendo posti di lavoro a salari bassi l’impresa attira
solo lavoratori improduttivi.
• Al contrario proponendo salari elevati l’impresa ha la
possibilità di assumere lavoratori con produttività
elevata.