Corso di Fisica Tecnica (ING-IND/11).
1° anno laurea specialistica in architettura: indirizzo città
Docente: Antonio Carbonari
Capitolo I – Il sistema città e l’uso appropriato dell’energia.
1. Introduzione
Un insediamento urbano è un sistema estremamente complesso che può essere analizzato da
molteplici punti di vista.
Dal punto di vista della fisica tecnica questo sistema è sede di trasformazioni che hanno lo scopo
di convertire risorse di vario genere in prestazioni connesse alle funzioni urbane: abitare, spostarsi,
lavorare, ricrearsi.
Le risorse in questione sono: sostanze, materiali, semilavorati e varie forme di energia, per
trasformazione si intende ad esempio la conversione dell’energia chimica di un combustibile in un
flusso termico da somministrare ad un ambiente confinato, per mantenere la temperatura interna
desiderata.
Attualmente è diventato di vitale importanza massimizzare l’efficienza con cui queste
trasformazioni avvengono, in particolare le conversioni di una forma di energia in un’altra, dal
momento che la crisi dell’ecosistema globale impone limiti al consumo di fonti energetiche non
rinnovabili, alle emissioni in atmosfera ed alla produzione di rifiuti.
Gli edifici, i loro impianti di climatizzazione e molti dei manufatti che costituiscono l’insediamento
(reti idriche, reti del gas etc.) possono essere considerati dal punto di vista termodinamico dei
sistemi aperti e non isolati, attraversati flussi di materia ed energia. Relativamente ad essi è
possibile redigere dei bilanci, di materia ed energia, e valutare l’efficienza con cui avvengono le
conversioni di una forma di energia in un’altra.
Di conseguenza si pone il problema di definire i criteri con cui valutare l’efficienza delle conversioni
energetiche.
Sembrerebbe intuitivo che una conversione avvenga in modo efficiente quando tutta l’energia
disponibile prima si ritrovi poi in altra forma dopo che la conversione è avvenuta, e venga così
utilizzata.
Tuttavia, in base al primo principio della termodinamica, sappiamo che l’energia, come ogni altra
cosa in natura, non si crea e non si distrugge, ma si conserva. Pertanto, utilizzando il suddetto
criterio, è difficile dire che una quantità di energia viene sprecata, a meno che essa non venga
direttamente dispersa nell’ambiente, come può avvenire nel caso di una perdita in una conduttura
del gas, o di un incendio. Comunque, già applicando tale criterio, si nota che ad esempio il calore
di scarto, rilasciato da una centrale termoelettrica nell’ambiente, ha il sapore dello spreco, oltreché
dell’alterazione o danno ambientale.
Il secondo principio della termodinamica afferma invece che non tutte le forme di energia si
equivalgono. Ce ne sono di più pregiate e di meno pregiate, in ragione dell’efficienza con cui
possono essere convertite in lavoro meccanico.
Il lavoro meccanico è la forma di energia più pregiata in quanto, oltre ad essere utilizzabile nelle
varie attività umane, può all’occorrenza essere convertito integralmente in calore, mentre il calore
non può mai essere convertito integralmente (ed in modo ciclico) in lavoro.
Quello che non si conserva nelle trasformazioni reali è la qualità dell’energia, la sua trasformabilità
in lavoro meccanico. La perdita di qualità connessa ad ogni trasformazione reale si è visto essere
rappresentata dall’aumento di entropia del sistema che compie la trasformazione.
Una misura della qualità dell’energia termica, la più immediata, è data dalla sua temperatura.
Ma si è visto anche che non basta la temperatura alta di una sorgente per garantire un elevato
rendimento nella conversione in lavoro, è necessario anche che esista una “sorgente fredda“ cui
cedere il calore di scarto. Inoltre, nel caso di sistemi aperti, influiscono anche altre grandezze di
stato quali pressione e volume specifico.
Una grandezza che, tenendo conto di tutte le variabili suddette, fornisce in modo più esatto, ed in
riferimento ad un sistema aperto, una misura della qualità dell’energia, è l’exergia, il cui significato
è illustrato nei successivi paragrafi.
Nel valutare l’efficienza con cui avvengono le conversioni dell’energia, la grandezza da tener
d’occhio è dunque l’exergia, e gli sprechi da evitare sono quei fenomeni di degrado rappresentati
da riduzioni del valore di tale grandezza.
Un metodo di analisi energetica ormai ampiamente condiviso è quello che consiste nel partire dagli
usi finali dell’energia connessi alle funzioni insediate (riscaldare ambienti, raffrescarli, illuminarli,
muovere ascensori … ), classificarli in base alla qualità dell’energia necessaria a soddisfarli, e
verificare, relativamente ad ogni utilizzo, se la forma di energia effettivamente impiegata è
adeguata o se invece si trova ad essere degradata in quanto di qualità superiore a quella
necessaria.
Tipicamente è uno spreco utilizzare energia ad alta temperatura, quale quella fornita dalla
combustione, o l’energia elettrica per il riscaldamento di ambienti; utilizzo per il quale sarebbe
sufficiente calore a bassa temperatura. In questi casi l’exergia richiesta è molto minore di quella
impiegata ed il rendimento exergetico è molto basso.
Lo scopo dell’analisi è ovviamente quello di individuare gli sprechi per poi eliminarli, in modo da
minimizzare l’utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili, ed il conseguente impatto ambientale, ma
sarebbe egualmente uno spreco utilizzare ad esempio energia elettrica di origine fotovoltaica per
riscaldare ambienti.
Gli usi finali dell’energia vengono normalmente classificati in usi a::
- bassa temperatura (sotto gli 80°C), quali il riscaldamento di acqua sanitaria ed ambienti,
- media temperatura (150-250°C), richiesta da processi produttivi, sterilizzazioni, cottura di cibi,
- ed alta temperatura (sui 1500-2000°C) utilizzabile per produrre lavoro meccanico, il lavoro
meccanico stesso e l’energia elettrica sono ascritti a questa ultima categoria.
Nel bilancio energetico nazionale italiano gli usi finali a bassa temperatura non sono affatto
trascurabili da un punto di vista quantitativo, all’inizio degli anni ottanta dello scorso secolo essi
costituivano circa il 32% del totale. Più esattamente i soli usi finali cosiddetti “domestici”, per la
quasi totalità a bassa temperatura, costituivano un circa quarto della domanda totale di energia
primaria, ad essi andavano aggiunti gli usi terziari ed industriali sempre a bassa temperatura.
L’analisi che parte dagli usi finali è un approccio esattamente contrario a quello che viene utilizzato
quando ci si pone semplicemente il problema di sostituire una fonte energetica con un’altra, ad
esempio il petrolio con l’energia elettrica di origine nucleare. In questo caso, dopo aver riscontrato
che la forma di energia ottenuta è pregiata, si cerca di adeguarla a tutti gli usi finali, degradandola
nella maggior parte dei casi.
È bene precisare che l’adeguamento delle forme di energia disponibili agli utilizzi finali più idonei è
detto razionalizzazione, ed il suo scopo è la conservazione della qualità dell’energia, che si traduce
generalmente in una minor domanda di energia primaria in particolare da fonti non rinnovabili / di
energia primaria, ovvero così come fornita dal combustibile, suo potere calorifico.
Con il termine risparmio si intende invece una compressione degli usi finali, come: ridurre la
temperatura interna degli edifici, utilizzare meno acqua calda, spostarsi di meno. Nel termine
risparmio è insita l’idea di sacrificio, e di rallentamento dell’economia.
2. Richiami di termodinamica. L’exergia
Studiando il secondo principio della termodinamica si è visto come in tutti i processi naturali si
verifichi un degrado dell’energia, degrado che viene quantificato dall’aumento di entropia dei
sistemi coinvolti. Concretamente questo degrado comporta una diminuzione della trasformabilità
dell’energia termica in lavoro meccanico.
Per questo le trasformazioni reali sono irreversibili: una volta che un ciclo motore ha convertito
energia termica ad alta temperatura in energia meccanica ed energia termica a temperatura più
bassa (calore di scarto), non si può ripercorrere la trasformazione in senso inverso e riottenere la
stessa quantità di energia termica alla stessa temperatura da cui si era partiti.
Le principali cause di irreversibilità sono costituite dagli attriti e dagli scambi termici che avvengono
sotto l’effetto di differenze di temperatura non infinitesime.
Nell’analisi delle trasformazioni che avvengono entro sistemi energetici complessi è
particolarmente utile introdurre una nuova grandezza che rappresenti appunto l’entità del lavoro
meccanico ottenibile da una data quantità di energia, che serva a misurarla
Si tratta della funzione termodinamica denominata exergia. In ogni processo naturale, irreversibile
il suo valore tenderà a diminuire.
r
Qa
n
•
∑Q
•
k
k =1
•
n
∑ mi
•
∑ mi
i =1
i =1
e
•
L
Figura 1.
u
In riferimento ad un sistema con deflusso essa è definibile analiticamente nel modo di seguito
descritto.
Si consideri un sistema termodinamico come quello schematizzato in figura 1, esso opera in
&i, e
regime stazionario, è percorso da n correnti di fluidi indipendenti ognuno con portata m
scambia calore con r sorgenti oltreché con l’ambiente.
Le condizioni del fluido i-esimo in entrata ed in uscita sono definite rispettivamente da:
• entalpia hie, hi u
• entropia s ie, s iu
ω ie2 ω iu2
,
2
2
•
energia cinetica
•
energia potenziale rispetto ad una quota di riferimento gz ie, gz iu
•
Contemporaneamente
il• sistema
scambia la potenza termica Q a con l’ambiente a temperatura T a ,
•
•
•
e le potenze Q1 , Q2 , Q 3 … Qr con le sorgenti a temperatura T1 , T2 , T 3 … Tr.
•
Il sistema scambia anche globalmente la potenza meccanica L con l’ambiente.
Pertanto in base al primo principio della termodinamica si può scrivere il seguente bilancio di
energia del sistema aperto in esame:
•
•
r
Qa + ∑ Qk =
k =1
n •
•
•
 ω iu2 − ω ie2  n •


m
⋅
(
h
−
h
)
+
m
⋅
+
m
⋅
g
⋅
(
z
−
z
)
+
L
[W] (1)
i
i
i
∑
iu
ie
∑
iu
ie

 ∑
2
i =1
i =1

 i=1
n
mentre in base al secondo principio si può scrivere il seguente bilancio di entropia:
•
•
•
r
•
Qa
Qk
m
⋅
(
s
−
s
)
=
+
+
∆
S
i
irr [W/K]; (2)
∑
iu
ie
∑
Ta k =1 Tk
i =1
n
•
in cui il termine ∆ S irr rappresenta la variazione di entropia del sistema dovuta ai fenomeni di
irreversibilità, o meglio, essendo l’equazione scritta in termini di potenza (tutti i termini risultano da
una divisione per l’intervallo di tempo), rappresenta la variazione di entropia nell’unità di tempo, la
velocità di variazione dell’entropia.
Moltiplicando ambo i membri della (2) per Ta e sommandola membro a membro alla (1) si ottiene
dapprima:
n
•
∑ m ⋅ (s
i
i =1
•
Qa
Ta
quindi:
•
iu
r
•
− s ie ) ⋅ Ta + Qa + ∑ Qk =
k =1
r
⋅ Ta + ∑
k =1
•
n •
n •
•
•
 ω 2 − ω ie2  n •
 + ∑ m i ⋅ g ⋅ (z iu − z ie )+ L
⋅ Ta + ∆ S irr ⋅ Ta ∑ m i ⋅ (hiu − hie ) + ∑ m i ⋅  iu

Tk
2
i =1
i =1

 i=1
Qk
•
 T 
L = ∑ Q k ⋅ 1 − a  +
k =1
 Tk 
•
r
ω −ω
+ ∑ m i ⋅ (hie − hiu − Ta ⋅ ( sie − siu )) + ∑ m i ⋅ 
2
i =1
i =1

•
n
n
•
2
ie
2
iu

 + ∑ m i ⋅ g ⋅ ( z ie − z iu )− ∆ S irr ⋅ Ta

 i=1
n
•
(3)
•
•
in assenza di effetti dissipativi, rappresentati dal termine ∆ S irr ⋅ T , la (3) consente di calcolare la
potenza meccanica massima ottenibile dai flussi termici scambiati e dalla differenza tra le
condizioni di ingresso ed uscita dei fluidi.
2.1 Exergia di una quantità di calore ed exergia di un sistema
Si ipotizzi per semplicità che il sistema sopradescritto scambi calore con una sola sorgente a
temperatura T1, oltreché con l’ambiente, e che sia attraversato da una sola corrente fluida.
Riferendo il bilancio all’unità di portata massica del fluido in transito, dividendo cioè per l’unica
•
portata m la precedente equazione, si avrà che il lavoro utile specifico ottenibile sarà:
 T
l = q1 ⋅ 1 − a
T1


ω 2 − ω u2
 + he − hu − T a ⋅ (s e − su ) + e
+ g ⋅ (z e − z u )− ∆s irr ⋅ Ta (4)
2

Facendo un confronto con l’equazione del primo principio si nota che qui, mentre le variazioni di
energia cinetica e potenziale sono considerate per intero, non vengono cioè penalizzate, la
quantità di calore q1 scambiato con la sorgente a T1 viene ridotta dalla moltiplicazione per una
quantità minore di uno, e la variazione di entalpia ( he − hu ) viene diminuita dalla sottrazione del
termine Ta ⋅ (se − su ) , che rappresenta una quantità di calore.
Per analizzare il significato di queste due penalizzazioni si assuma che il processo sia reversibile,
pertanto ∆s irr ⋅ Ta = 0 , e si considerino separatamente i due seguenti casi.
1° caso: il processo sia ciclico, dunque i valori di tutti i parametri termodinamici non variano tra
ingresso e uscita:
∆h = 0 , ∆s = 0 , ∆E c = 0 , ∆E p = 0 ,
e la (4) si riduce a:
 T
l = q1 ⋅ 1 − a
T1


 (5)

e l’unico termine che compare al secondo membro della (5) è detto exergia della quantità di
calore scambiata q1 disponibile alla temperatura T1. Essa è definibile come il lavoro massimo
ottenibile da una macchina che realizza un ciclo reversibile diretto come il ciclo di Carnot, o come il
lavoro minimo che si può spendere in un ciclo inverso, sempre reversibile, i quali cicli scambino la
quantità di calore q1 con una sorgente a temperatura T1 oltrechè con l’ambiente a temperatura Ta.

Il termine 1 −

Ta 
 è detto fattore di Carnot
T1 
Se la (5) fornisce il valore dell’exergia, la quantità q1 ⋅
Ta
che viene sottratta a q1 è detta anergia e
T1
rappresenta la quantità di calore che non si trasforma in lavoro.
2° caso: nel processo vi è scambio di calore soltanto con l’ambiente a temperatura Ta per cui q1=0.
La (4) si riduce a:
ω 2 − ω u2
l = he − hu − T a ⋅ (s e − su ) + e
+ g ⋅ (z e − zu ) (6)
2
se si escludono le variazioni di energia cinetica e potenziale il secondo membro si riduce alla
variazione della funzione
h − Ta ⋅ s
che è detta exergia di sistema.
Il suo valore è definito rispetto ad uno stato neutro in cui il sistema è in equilibrio termodinamico
con il suo ambiente esterno, ovvero alla stessa temperatura e pressione di questo. In tale stato di
riferimento l’exergia di sistema è nulla.
Detti ha ed s a i valori di entalpia ed entropia specifiche del sistema in tale stato di riferimento,
l’exergia di un sistema con deflusso in uno stato generico diverso da quello di riferimento sarà:
e = h − h a − T a ⋅ (s − sa ) (7)
e rappresenta il lavoro massimo ottenibile o il lavoro minimo spendibile facendo passare il sistema
dallo stato generico in cui si trova allo stato neutro mediante un processo continuo, con deflusso,
reversibile, in cui il sistema scambia calore soltanto con l’ambiente a temperatura Ta. Esso è il
lavoro prodotto dalla variazione dello stato termodinamico del sistema, dei suoi parametri di stato,
in particolare: temperatura, pressione e volume.
Si parla ovviamente di lavoro ottenibile se la T del sistema è maggiore di Ta e di lavoro spendibile
in caso contrario. Se T = Ta allora il lavoro in questione è nullo.
Si ipotizzi ad esempio che il sistema si trovi in uno stato generico 1 a temperatura T > Ta ed a
pressione p = pa. Come rappresentato in figura 2. per portare il sistema dallo stato 1 allo stato
neutro si può ad esempio seguire la isoentropica 1-2 quindi la isoterma reversibile 2-a. per il primo
principio si avrà rispettivamente nelle due trasformazioni:
q = 0 == h 2 − h1 + l12
q = T a ⋅ (s a − s 2 ) = h a − h 2 + l 2 a
sommando membro a membro e ricordando che s 1=s2 (isoentropica) si ottiene
l = l12 + l 2 a = h1 − h a + Ta ⋅ (sa − s2 ) = h1 − h a − Ta ⋅ (s1 − sa ) = e1
la stessa valutazione può essere condotta esaminando una trasformazione isobara reversibile alla
pressione pa dallo stato 1 allo stato neutro a.
Lungo tale trasformazione il fluido cederà istante per istante la quantità infinitesima di calore dq ad
una temperatura T, compresa tra T1 e Ta, ad un sistema che opera secondo un ciclo di Carnot tra
le temperature T e Ta.
Per ogni ciclo di Carnot infinitesimo si potrà scrivere:
 T 
d l = dq ⋅ 1 − a 
T 

ed integrando tra gli stati 1 ed a:
l=
∫
a
1
dq − Ta ∫
a
dq
T
1
(8)
trattandosi di una trasformazione isobara di un sistema con deflusso, il lavoro utile sarà nullo e
dall’equazione del primo principio si avrà:
h1 − ha = ∫ dq = q
a
1
ricordando che
ds =
dq
T
si avrà, sostituendo nella (8):
l = h1 − ha − Ta ⋅ ( s1 − s a )
ovvero la stessa espressione ottenuta con il precedente procedimento.
pa
T
1
Exergia
a
2
Ta
Anergia
B
C
sa
S1
Figura 2.
s
Nel diagramma di Figura 2 l’area Ba1C rappresenta il calore totale q ceduto dal fluido durante la
trasformazione isobara reversibile, l’area 12a al di sopra dell’isoterma a Ta rappresenta l’exergia,
ovvero la parte di esso trasformabile in lavoro, mentre l’area Ba2C al di sotto dell’isoterma
rappresenta l’anergia.
2.2 Energia ed exergia
Tornando all’equazione del primo principio riferita all’unità di portata massica del fluido che
attraversa un sistema aperto
q = h2 − h1 + l +
ω 22 − ω12
+ g ⋅ ( z 2 − z1 ) (9)
2
È evidente la somiglianza formale con l’equazione dell’exergia (4), nelle stesse ipotesi
semplificative: unica corrente fluida e scambio con una sola sorgente oltrechè con l’ambiente.
Indicando con 1 e 2 gli stati termodinamici nelle sezioni di ingresso ed uscita e tenendo conto della
definizione dell’exergia (7), la (4) può essere scritta nella seguente forma (portando q al primo
membro):
 T
q ⋅ 1 − a
T1


ω 2 − ω 12
 = e2 − e1 + l + 2
+ g ⋅ (z 2 − z1 )+ Ta ⋅ ∆sirr (10)
2

Mentre il primo principio stabilisce l’eguaglianza metrologica tra le varie forme di energia, in tal
caso calore e lavoro, quest’ultima equazione stabilisce l’eguaglianza operativa tra le varie forme di
energia sulla base del secondo principio. Si tratta di un’eguaglianza tra le rispettive quantità di
exergia.
Nella (10) come nella (9) compaiono il lavoro meccanico, le energie cinetica e potenziale, che
costituiscono exergia pura, ma al posto della quantità di calore q scambiata con l’unica sorgente

T 

1
compare il termine q ⋅ 1 − a  , che rappresenta la frazione di q trasformabile in energia meccanica
T

mediante il fattore di Carnot, dunque l’exergia di q, ed al posto della variazione di entalpia ∆h
compare la variazione di exergia di sistema ∆e :
∆e = ∆h − Ta ⋅ ∆s = h2 − h1 − Ta ⋅ (s 2 − s1 )
che rappresenta l’exergia di ∆h , ovvero il lavoro meccanico ottenibile dalla variazione entalpica
del sistema (dell’unità di massa fluente) dalla variazione dello stato termodinamico di esso,
rappresentato in particolare dalle grandezze pressione, volume e temperatura (vedasi definizione
di entalpia).
Mentre l’equazione del primo principio afferma la conservazione dell’energia, la (10) afferma che in
tutti i processi naturali, nei quali non è eliminabile il termine Ta ⋅ ∆sirr che rappresenta i fenomeni di
irreversibilità, vi è sempre una perdita di exergia o una sua trasformazione in anergia, perdita che
fornisce una misura del degrado dell’energia, della riduzione della sua trasformabilità in lavoro
meccanico.
Dal punto di vista exergetico il primo ed il secondo principio della termodinamica possono essere
riformulati come segue:
o 1° principio: in ogni processo la somma dell’exergia e dell’anergia resta costante,
o 2° principio: in ogni processo reversibile l’exergia resta costante, mentre in ogni processo
irreversibile una parte dell’exergia si trasforma in anergia, e quest’ultima non può essere
convertita in exergia.
2.3 Rendimento exergetico dei processi
Nell’analisi dei processi è utile introdurre, ai fini della valutazione della loro efficienza, il
rendimento exergetico. Esso è definito come il rapporto tra l’exergia ottenuta e l’exergia spesa:
ηex =
eottenuta
espesa
è utile anche valutare la perdita di exergia, definita come differenza tra exergia spesa ed exergia
ottenuta:
∆e = e spesa − eottenuta
Si considerino ad esempio i seguenti casi elementari.
P1
T
P2
1
2’
2
Ta
A’
A
B’
B
s
Figura 3. Espansione adiabatica di un gas
A) espansione adiabatica di un gas dalla pressione p1 alla pressione p2 ed a T>Ta. , si
trascurino le variazioni di energia cinetica e potenziale. Ricordiamo che il rendimento
isoentropico è il rapporto tra il lavoro ottenuto nell’espansione reale irreversibile 12 ed il
lavoro ottenibile in condizioni ideali nell’espansione reversibile 12’ (che sarebbe anche
isoentropica): ηie =
l reale
h − h2
= 1
. L’area A2’2B rappresenta la perdita, la differenza tra
Lideale h1 − h2 '
denominatore e numeratore nel precedente rapporto, ovvero la parte della variazione di
entalpia (h 2-h2’) che non si trasforma in lavoro a causa dei fenomeni di irreversibilità (tale
quantità è detta anche “calore di irreversibilità”). Ma questa quantità in realtà non è
completamente persa, potrebbe successivamente essere trasformata in lavoro mediante un
ciclo di Carnot che operi tra le temperature T e Ta. Per l’espansione adiabatica l’equazione
dell’exergia è l = e1 − e2 − ∆s irr Ed il rendimento exergetico del processo reale da 1 a 2 è
h − h2
l
= 1
e1 − e 2 e1 − e 2
∆e = e1 − e2 − (h1 − h2 ) = Ta ⋅ (s 2 − s1 )
dato
da
ηex =
mentre
la
perdita
di
exergia
sarà:
dunque e1 − e2 = h1 − h2 − Ta ⋅ (s1 − s 2 ) . La vera
perdita di exergia, l’energia che non si trasforma in lavoro in quanto a temperatura inferiore
o uguale a quella dell’ambiente, è rappresentata dal termine Ta ⋅ (s1 − s2 ) , che corrisponde
all’area AA’B’B nel grafico. Il rendimento exergetico risulta essere maggiore del rendimento
isoentropico, proprio perché in esso l’energia considerata persa non è tutta quella che non
si trasforma in lavoro a causa dell’irrevirsibilità, ma solo una parte di essa, quella disponibile
ad una temperatura inferiore a quella ambientale (che si assume essere la più bassa
Ta
T1
T2
disponibile).
Figura 4.
B) Scambi di calore. Lo scambiatore di calore schematizzato in figura 4 è adiabatico verso
l’esterno, in esso il calore è trasferito da un fluido a T1 ad un fluido a T2, entrambe le
temperature sono assunte come costanti e maggiori di Ta. si puo’ immaginare lo
•
•

T 

1
scambiatore come un sistema avente un flusso di exergia entrante pari a E 1 = Q ⋅ 1 − a 
T
•
•

T 

2
ed un flusso di exergia uscente pari a E 2 = Q ⋅ 1 − a  .
T


•
Non essendovi scambio di lavoro L = 0 , ne’ variazioni di energia cinetica e potenziale,
l’equazione dell’exergia scritta in termini di potenza (3) si riduce a:
•
•
•
•
L = E1 − E 2 − ∆ S irr = 0
•
 T  •
Q ⋅ 1 − a  − Q
 T1 
•
 T 
⋅ 1 − a  − ∆ S irr = 0 ,
 T2 
•
da questa equazione si vede che il termine ∆ S irr , che rappresenta la produzione di entropia
da irreversibilità (dovuta cioè allo scambio termico con ∆t finito) è pari alla differenza di
exergia tra i due fluidi, o, nel caso di un solo fluido che entra a T1 ed esce a T2, alla variazione
di exergia di questo.
 Ta 
1 − 
 T2 
Si avranno quindi: rendimento exergetico: ηex =
 Ta 
1 − 
 T1 
•
•
•
•

T 
•

T 
•
T −T 
2

perdita di exergia: ∆ E = E 1 − E 2 = Q ⋅  1 − a  − Q ⋅ 1 − a  = Ta ⋅ Q ⋅  1
T
T
T
⋅
T

1 

2 
 1 2 
Si noti che, se lo scambio termico fosse reversibile, ovvero se avvenisse per effetto di una
differenza di temperatura infinitesima, allora T1 e T2 sarebbero praticamente uguali, in tal caso
sarebbero uguali anche e1 ed e2, il rendimento exergetico
avrebbe valore unitario, la
•
trasformazione sarebbe reversibile, gli effetti dissipativi nulli ( ∆ S irr = 0 ).
2.4 Rendimento exergetico di alcune conversioni di energia che riguardano la città
Si riportano alcuni esempi di calcolo del rendimento exergetico di trasformazioni che riguardano gli
insediamenti urbani, al fine di evidenziare il degrado energetico che si verifica negli usi impropri.
2.4.1 Produzione di energia elettrica. Si consideri un ciclo Rankine a vapore surriscaldato per la
produzione di energia elettrica.
Se si esamina il ciclo termodinamico in sé si osserva che il fluido che lo percorre:
- scambia la quantità di calore Q1 con i fumi del combustibile nel generatore di vapore,
- cede all’ambiente esterno la quantità di calore Q2 nel condensatore,
- espandendosi nella turbina cede all’ambiente il lavoro meccanico L che muoverà l’alternatore,
- riceve una quantità di lavoro dall’ambiente nella pompa di circolazione.
A prima vista, prescindendo dalle irreversibilità, il rendimento exergetico potrebbe risultare quasi
unitario, perché: il lavoro prodotto è exergia pura, il calore di scarto è considerabile pressoché
totalmente anergia, in quanto a temperatura prossima a quella dell’ambiente, e l’exergia del calore
assorbito è pari al lavoro prodotto
ηex =
eottenuta
=
e spesa
⋅L
 T
Q1 ⋅ 1 − a
 T1



=
⋅L
=1
L
Ma se consideriamo l’intero processo dalla somministrazione di combustibile alla produzione di
lavoro in turbina, come schematizzato in figura 5, le cose cambiano.
Figura 5. Schematizzazione di un impianto a ciclo Rankine a vapore surriscaldato (fonte[1]).
Innanzitutto per produrre il vapore surriscaldato a circa 500 °C, non basta fornire calore a tale
temperatura, perché lo scambio termico non è reversibile, non avviene per effetto di una differenza
di temperatura infinitesima. Bisogna pertanto bruciare del combustibile ad una temperatura ben
superiore ai 500 °C e lo scambio termico avverrà nel generatore di vapore tra i fumi di
combustione ed il fluido che percorre il ciclo (acqua) dapprima in fase liquida, poi in fase di vapore
saturo umido, poi secco, infine surriscaldato.
Dunque, partendo dall’exergia del combustibile, che si può far coincidere con il suo potere
calorifico inferiore Hi, si incontra dapprima una irreversibilità connessa alla combustione, quindi
una irreversibilità connessa allo scambio termico sotto l’effetto di una differenza di temperatura
finita. Queste costituiscono le principali penalizzazioni del rendimento exergetico del processo
La figura 6 riporta gli andamenti dei flussi di exergia e di energia secondo la rappresentazione di
Sankey.
Le perdite di exergia connesse alla combustione adiabatica sono rilevanti (32,1% dell’exergia del
combustibile) a causa innanzitutto delle irreversibilità di tipo chimico (disequilibrio chimico dei
reagenti in miscela), pur assumendo che la combustione sia completa (niente perdite da
incombusti). La perdita relativa di exergia, riferita all’exergia specifica iniziale del combustibile ec , è
data da:
Π1 =
ec − m ∗f ⋅ e1 f
ec
Figura 6 (fonte[1]).
∗
dove m f ⋅ e1 f rappresenta l’exergia della massa di fumi prodotta dalla combustione completa
dell’unità di massa del combustibile alla temperatura di combustione adiabatica t1 f .
Dal punto di vista energetico invece tale processo di combustione può essere considerato esente
da perdite, in quanto adiabatico verso l’esterno.
Lo scambio termico tra i fumi di combustione e l’acqua, o il vapore saturo umido, nel generatore di
vapore, è assunto anch’esso come adiabatico verso l’ambiente esterno. Pertanto la perdita di
energia è minima. La perdita di exergia dovuta alla elevata differenza di temperatura tra i due fluidi
è invece rilevante (29,7%) e può essere così calcolata
Π2 =
m∗f ⋅ (e1 f − e 2 f ) − mv∗ ⋅ (e 2 − e1 )
ec
∗
Dove m f e m ∗v rappresentano sempre le portate di fumi e di vapore relative all’unità di massa del
combustibile, mentre e1 ed e2 sono i valori dell’exergia specifica del fluido evolvente (acqua)
all’ingresso ed all’uscita della caldaia (generatore di vapore), ed e2f è l’exergia specifica dei fumi
all’uscita della caldaia (vedasi fig. 5).
Nello scarico dei fumi al camino la perdita di exergia è costituita dal contenuto exergetico dei fumi.
Sempre in termini relativi all’exergia del combustibile risulta essere:
Π3 =
m∗f ⋅ e 2 f
ec
trattandosi di energia di bassa qualità, la perdita exergetica è meno rilevante della perdita in
termini di energia, che è data da:
Ψ3 =
m∗v ⋅ (h2 f − h0 f
)
Hi
Nell’espansione non isoentropica del vapore in turbina, le perdite energetiche, ipotizzando la
perfetta adiabaticità del processo, sono nulle, ma la perdita di exergia dovuta all’irreversibilità è
così calcolabile.
Π4 =
mv∗ ⋅ [(e2 − e3 ) − (h2 − h3 )] mv∗ ⋅ [Ta ⋅ ( s3 − s 2 )]
=
ec
ec
visto che il termine (h2 − h3 ) rappresenta il lavoro utile esterno.
Nello scambio termico al condensatore il calore di condensazione è interamente riversato
nell’ambiente, e qui si nota la più rilevante differenza quantitativa tra il bilancio exergetico e quello
energetico: la variazione di exergia corrisponde al totale contenuto exergetico del vapore
condensante:
mv∗ ⋅ (e3 − e1 )
Π5 =
ec
mentre la perdita di energia risulta essere:
Ψ5 =
m∗v ⋅ (h3 − h1 )
Hi
come si può osservare in figura dal punto di vista energetico questa perdita è la più rilevante (più
dei due terzi del potere calorifico del combustibile) ma dal punto di vista exergetico conta molto
meno perché si tratta di energia di scarsa qualità, in quanto già molto degradata nelle
trasformazioni precedenti, che l’hanno portata ad una temperatura molto prossima a quella
dell’ambiente esterno.
Va detto che dal punto di vista pratico il rilascio di calore di scarto nell’ambiente da parte del
condensatore comporta praticamente sempre fenomeni di inquinamento termico, a meno che non
siano assunti particolari accorgimenti. Questo perché una differenza di temperatura finita esiste
(altrimenti non si riuscirebbe a realizzare lo scambio termico), e gli ecosistem i coinvolti sono
spesso sensibili a variazioni anche apparentemente modeste di temperatura (dell’ordine del grado
o del mezzo grado centigrado).
Nel bilancio illustrato non si sono considerati: l’energia meccanica necessaria al pompaggio, le
perdite meccaniche in turbina il rendimento del generatore elettrico ed il consumo delle
apparecchiature ausiliarie della centrale (autoconsumo della stessa). Tutte voci che penalizzano i
rendimenti energetico ed exergetico del processo. Entrambi i rendimenti così calcolati si aggirano
su valori del 30%, questo dovrebbe chiarire l’idea di quanto l’energia elettrica sia una forma
“pregiata” di energia.
2.4.2 Riscaldamento di ambienti con combustibile convenzionale. Si è già visto come gli
scambi termici che avvengono sotto l’effetto di una differenza di temperatura finita comportino una
produzione di entropia che penalizza l’exergia dei sistemi termodinamici coinvolti. Tale
penalizzazione è tanto maggiore quanto maggiore è la differenza di temperatura, in questo caso la
differenza tra la temperatura richiesta dall’uso finale e quella della sorgente termica impiegata.
Nel caso di riscaldamento ad acqua (impianti a termosifone) la temperatura cui deve essere
portata l’acqua è di circa 80 °C (353,15 K), mentre la temperatura fornita in caldaia dai prodotti
della combustione di un combustibile fossile è dell’ordine dei 900 °C (1173,15 K), si può assumere
approssimativamente che lo scambio avvenga tra due fluidi a temperatura costante di 900 e 75 °C
(348,15 K), essendo quest’ultima la temperatura intermedia dell’acqua in caldaia, che entra a 70
°C (temperatura di ritorno dai radiatori) ed esce ad 80 °C. Pertanto (vedasi paragrafo 2.3 al punto
B) il rendimento exergetico sarà:
 Ta
1 −
T2
ηex = 
 Ta
1 −
 T1
  293,15 
 1 −

 =  348,15  = 0,1579 = 0,21
 
293,15  0,7501
 1 −

  1173,15 
come si vede questo rendimento è abbastanza diverso dal rendimento puramente energetico della
caldaia che normalmente supera il valore di 0,85.
2.4.3 Riscaldamento di ambienti con calore recuperato. Se invece si riesce a svolgere la
stessa operazione, scaldare l’acqua del circuito domestico a termosifone sfruttando il calore di
scarto di un altro processo, quale ad esempio quello per la produzione di energia elettrica prima
visto, il rendimento exergetico cambia sensibilmente. In genere il calore di scarto in questione può
essere reso disponibile alle utenze domestiche sotto forma di acqua surriscaldata a circa 150 °C, o
anche meno, pertanto il rendimento exergetico diventa:
 Ta
1 −
T2
ηex = 
 Ta
1 −
 T1
  293,15 
 1 −

 =  348,15  = 0,1579 = 0,5139
  293,15  0,3072
 1 −

  423,15 
come si vede il degrado energetico è dovuto semplicemente all’irreversibilità dello scambio
termico, che avviene per effetto di una differenza di temperatura non infinitesima. Il rendimento
aumenterebbe con l’approssimarsi della temperatura del calore recuperato a quella di utilizzo, ma
qui bisogna fare i conti con i problemi realizzativi, connessi al trasporto del fluido vettore (con le
relative dispersioni termiche), e le dimensioni degli scambiatori che aumentano con il ridursi della
differenza di temperatura.
Ma anche nel caso illustrato il vantaggio, rispetto alla caldaia tradizionale, è sensibile; anche dal
punto di vista energetico, perché la quantità di energia utilizzata sarebbe altrimenti persa, rilasciata
nell’ambiente, con le relative conseguenze.
Dal punto di vista dell’impianto domestico viene evitato l’utilizzo di combustibili convenzionali, e le
relative conseguenze ambientali. Ovviamente da un punto di vista pratico l’energia recuperata non
è gratuita, perché richiede la realizzazione di un apposito impianto (rete di teleriscaldamento,
modifiche della centrale elettrica), ed almeno con le tecnologie più diffuse penalizza la produzione
elettrica.
2.4.4 Riscaldamento elettrico di ambienti. Come anzidetto, dal punto di vista degli usi finali,
l’energia elettrica è assimilata al calore ad alta temperatura, sia perché la sua produzione per via
termoelettrica, attualmente dominante, richiede alte temperature, sia perché con l’energia elettrica
si possono ottenere lavoro meccanico ed alte temperature di utilizzo, si pensi ai forni metallurgici
(sui 1200 °C) od ai filamenti delle lampade (sui 2500 °C). Pertanto lo stesso degrado energetico
che si è visto nel caso dell’utilizzo di combustibili si verifica anche nel caso di impiego di energia
elettrica per riscaldamento domestico. Ipotizzando che lo scambio termico avvenga all’interno di un
ventilconvettore tra una resistenza elettrica alla temperatura di 500 °C (773,15 K) e l’aria ad una
temperatura intermedia tra ingresso ed uscita di 30 °C (303,15 K) il rendimento exergetico dello
scambio termico sarà:
 Ta
1 −
T2
ηex = 
 Ta
1 −
 T1
  293,15 
 1 −

 =  303,15  = 0,032 = 0,084
  293,15  0,379
 1 −

773
,
15



dunque un valore inferiore all’10%, ovvero un pressoché totale degrado dell’energia. È bene
ricordare che il corrispondente rendimento energetico è invece quasi unitario, perché la resistenza
elettrica cede unicamente all’aria il suo calore, non ci sono perdite al camino o verso altre sorgenti.
Se poi consideriamo l’intero processo che comprende anche la produzione di energia elettrica il cui
rendimento energetico si è visto essere del 30% circa, allora il rendimento totale sarà:
ηex = 0,3 ⋅ 0,084 = 0,025
È evidente lo spreco connesso questo utilizzo dell’energia elettrica, che può trovare giustificazione
solo in casi molto particolari, in cui sia impossibile provvedere in altro modo
Bibliografia
[1] Cavallini, L. Mattarolo, Termodinamica Applicata, CLEUP. Padova (1992). Capitoli V e …
(capitolo con unico diagr. Di Sankey).
[2] Commoner Barry. La povertà del potere, crisi ambientale, crisi energetica, crisi economica: tre
aspetti di un'unica crisi.. Milano : Garzanti (1976). 307 p. Traduzione di: The poverty of power di E.
Vinassa de Regny.. - BNI IT 778572
[2] Commoner Barry. La politica dell'energia. Milano. Garzanti (1980). 235 p. Traduzione di: The
politics of energy di Domenico Garelli.. - BNI IT 82-289