Esempi di indicatori di sostenibilità

Esempi di indicatori di sostenibilità
Per la valutazione della sostenibilità di ecosistemi, di processi produttivi o di politiche economiche,
sono stati introdotti diversi indicatori basati sulle leggi della termodinamica. Ogni indicatore, se
considerato singolarmente, fornisce solo una visione parziale del problema; al contrario se ne
vengono considerati diversi contemporaneamente, è possibile avere una visione d’insieme
abbastanza completa.
Storicamente i primi tentativi di assiomatizzare dell’analisi energetica di processi si è avuta
con l’estrapolazione dal campo economico dell’analisi input/output. Questa metodologia, in
cui fondamentalmente vengono calcolati i costi e i ricavi in termini energetici, è stata
applicata a diversi sistemi produttivi, economici, ecologici ecc. Fra i vari indicatori che sono
stati ottenuti da analisi di questo tipo, il più completo e flessibile è quello introdotto da C.J.
Cleveland (1992) e denominato EROI (Energy Return On Investiment). Tale indicatore
considera tutto gli input diretti ed indiretti di energia coinvolti in un processo e l’output
totale:
EROI t = ∑k EOk, t / ∑k EIk, t
dove: Eo = energia dell’output dell’energia del tipo k-esimo al tempo t
Ei = energia dell’input dell’energia del tipo k-esimo al tempo t
L’energia, nel caso più semplice, viene considerata secondo l’equivalente termico. Si
possono usare della somme pesate sia per gli input che per gli output, secondo la qualità
dell’energia in gioco, assegnando pesi più alti alle energie di livello più elevato.
Una recente evoluzione di questo tipo di approccio basato sull’analisi emergetica
input/output è rappresentato dalla modellistica ECCO (Evolution of Capital Creation
Options) sviluppata M. Slesser (1990) alla University of Edinburgh. I modelli ECCO
vengono applicati su scala nazionale o regionale e sono studiati per stimare le
conseguenze di medio e lungo termine di politiche economiche, trasformazioni
tecnologiche e differenti opzioni ambientali. Questi modelli considerano le interconnessioni
tra i vari modelli chiave di una economia quali la struttura e la dinamica della popolazione,
la disponibilità di risorse, il livello di industrializzazione e l’efficienza di trasformazione tra i
vari settori, l’investimento di capitale ed il sistema fiscale. L’approccio ECCO è quindi un
ausilio nel dare risposte circa le strategie economiche, fiscali, o di salvaguardia
ambientale che governi o amministrazioni in genere devono adottare per una buona
interazione tra sviluppo e ambiente.
Un altro indicatore che si basa su un criterio di “convenienza” per l’utilizzatore è quello di
exergia. Questa funzione misure il massimo lavoro meccanico che può essere estratto da
un dato flusso di energia. L’approccio exergetico considera la riduzione di qualità che
accompagna la trasformazione da un tipo ad un altro di energia e viene solitamente
applicato a singoli processi tecnologici (da C.J. Cleveland, 1989). La funzione exergia è
stata anche estrapolata all’analisi della sostenibilità degli ecosistemi per dare una
valutazione del livello organizzativo in cui questi si collocano nei vari stadi della loro
evoluzione. La complessità, la quantità di “organizzazione” in un ecosistema vengono
messi in relazione con la concentrazione dei vari componenti presenti nell’ecosistema
stesso. Ogni componente viene “pesato” secondo il suo livello di complessità che è dato
dalla quantità di informazione che i geni organizzano nel DNA (S. E. Jørgensen, 1992).
Questo approccio è tuttora in fase di generalizzazione ad ecosistemi più complessi e ad
analisi a livello territoriale dove sia presente una interazione tra ecosistemi naturali e
sistema umano.
Una metodologia che si discosta in linea di principio da quelle fin quo esposte è quella
basata sul concetto di emergia. La differenza fondamentale sta nel fatto che quello
emergetico è un approccio che valuta la qualità dell’energia sulla base di ciò che è
necessario per la costituzione di un prodotto e non sulla quantità di lavoro o di calore
ricavabili da esso.
L’emergia e l’exergia possono quindi essere considerati indicatori complementari: il primo
misura lo sforzo compiuto dalla biosfera nel suo insieme per ottenere un risultato il cui
livello di complessità può essere misurato dal secondo indicatore. Il rapporto tra emergia
ed exergia può essere visto come un indice dell’efficienza con cui un sistema trasforma gli
input a disposizione misurati secondo l’equivalente solare (emergia) in un output di
organizzazione del sistema stesso (exergia).
Questo è soltanto un breve sommario dei vari indicatori di sostenibilità basati su parametri
termodinamici; altri indici vengono usati correntemente per stabilire l’accettabilità da un
punto di vista ambientale de processi produttivi o di scelte di politica economica. Molti di
questi sono rivolti all’analisi di un particolare problema (ad esempio la quantità di anidride
carbonica prodotta in processi alternativi); gli indicatori basati su grandezze
termodinamiche, tradizionali e non, consentono però, sfruttando un punto di vista
“sistemico”, di dare risposte più complete ai problemi di sostenibilità.