Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale 1 Novembre Corriere della Sera Salute I medici ora studieranno (per forza) le linee guida Pensa alla salute In un telefilm, al collega che lo rimprovera di non applicare le linee guida “che servono a proteggere i pazienti”, il ribelle dottor House risponde che “le linee guida proteggono il portafogli dei medici”. Presto questo dibattito potrà svolgersi anche in Italia. Nelle nuove norme sulla responsabilità del personale sanitario, alla stretta finale in Parlamento, è previsto che il medico potrà essere condannato penalmente (omicidio o lesioni colpose) solo per “colpa grave”. Non “colpa” generica, come fino a oggi, colpa lieve o negligenza o imprudenza, per cui resterà il procedimento civile. Inoltre il medico sarà sempre “protetto” se applicherà le linee guida delle Società scientifiche di riferimento. Ma le circa 500 Società scientifiche italiane sono lontane dall’aver pronte tutte le linee guida, che registrano lo stato dell’arte, condiviso dalla comunità medica internazionale, per diagnosi e cure. Sarà bene quindi che vengano promulgate al più presto, e che vengano sorvegliate e aggiornate. In ogni caso ci sarà un effetto positivo: finalmente tutti i medici avranno l’interesse a studiarsele. 2 Novembre Il Sole 24 Ore Sanità Quotidiano Sanità Responsabilità medica. “Complicanza o errore? Al giudice civile poco importa” Gentile direttore, una delle contestazioni più ricorrenti che mi capita di leggere nelle comparse di costituzione e risposta dei medici coinvolti in giudizi civili di responsabilità medica, attiene alla qualificazione di un evento dannoso non come errore, bensì come complicanza. Con tale termine si suole indicare un evento che, pur astrattamente Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale prevedibile, rientrerebbe in quel novero di fenomeni accidentali - rilevati dalla statistica sanitaria - che decreterebbero in re ipsa il rigetto della domanda risarcitoria. In altre parole, dinanzi al verificarsi di una “complicanza” verrebbe meno la responsabilità del medico o della struttura. Si impone un chiarimento giuridico! Al giudice non interessa affatto se l’evento dannoso rientri o meno nella classificazione clinica delle complicanze, essendo egli chiamato ad accertare, in concreto se quel fatto sia dipeso dalla condotta commissiva od omissiva del medico. Pertanto, se nel corso di un intervento o dopo la conclusione di esso si sia verificato il peggioramento delle condizioni di un paziente, occorrerà accertare se: - Il peggioramento era prevedibile ed evitabile, ed in tal caso andrà ascritto a colpa del medico, a nulla rilevando che la statistica clinica lo annoveri tra le complicanze proprie di quell’intervento; - Il peggioramento non era prevedibile o non era evitabile, ciò configurando gli estremi della causa non imputabile di cui all’art. 1218 c.c., anche in questo caso a nulla rilevando che la statistica clinica lo annoveri “teoricamente” tra le complicanze proprie di quell’intervento; Non è, dunque, la classificazione teorica di un evento indesiderato come complicanza ad escludere la colpa del medico, che resta ancorato alla prova rigorosa di aver tenuto una condotta conforme alla legis artis. Una volta fornita tale prova, il medico andrà esente da responsabilità. In difetto, non gli gioverà la circostanza che l’evento di danno fosse in astratto imprevedibile ed inevitabile, giacché ciò che interessa al diritto è la prevedibilità ed evitabilità dell’evento nel caso concreto. Sull’argomento, suggerisco la lettura della recente Sentenza della Suprema Corte - III Sez. Civ, Rel Dr. Rossetti - N. 13328 del 30 giugno 2015. Avv. Francesco Lauri Presidente Osservatorio Sanità 5 Novembre Sanità24 Rischio professionale, ecco la nuova responsabilità civile Con il via libera della commissione Affari sociali all’emendamento 7.50 del relatore Federico Gelli (Pd) sulla Pdl 259 in materia di responsabilità professionale del personale sanitario , si delinea il nuovo profilo della responsabilità civile dei professionisti: netta la distinzione tra natura contrattuale della responsabilità - in capo alla struttura sanitaria, pubblica o privata, che si avvalga di medici o infermieri «nell’adempimento della propria obbligazione» - e natura extracontrattuale, in capo all’esercente la professione. «Ciò che conta - spiega il relatore - è l’ambito nel quale viene erogata la prestazione, che poi interessa il 90% della casistica, includendo anche le cure svolte in regime intramurario o attraverso la telemedicina». Resta inteso, ma è bene ricordarlo, che per i liberi professionisti che operano privatamente nel loro studio (dentisti, oculisti o altri) continuerà a configurarsi una responsabilità di natura contrattuale. Sul “risk” la commissione sta procedendo a gonfie vele. In attesa di “chiudere” esaminando, la prossima settimana, gli articoli 8, 10 e 11, rispettivamente sul ruolo delle assicurazioni, sul Fondo di solidarietà per i cittadini danneggiati e sulla composizione degli albi dei periti, domani toccherà agli emendamenti su azione di rivalsa e conciliazione (in arrivo i sub emendamenti). Quanto all’azione di rivalsa della struttura sanitaria nei confronti del professionista sanitario, il nuovo articolo 7-bis (sempre del relatore) prevede innanzitutto - in linea con la norma sulla responsabilità civile approvata oggi - che essa possa essere esercitata, e comunque entro un anno dall’avvenuto risarcimento, solo in caso di dolo o di colpa grave. Ancora: condizione sine qua non per cui la rivalsa sia esperibile, è che la struttura abbia dato comunicazione all’interessato dell’instaurazione del giudizio risarcitorio nei suoi confronti, mediante notifica nell’atto di citazione. La norma prescrive paletti ben precisi sia sotto il profilo economico che delle sanzioni professionali: la rivalsa non potrà comunque superare un quinto della retribuzione, mentre - esclusi i casi di dolo - le “promozioni” saranno inibite nei limiti dei tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione pronunciata nel giudizio di rivalsa. In ogni caso, un eventuale esercizio dell’azione erariale da parte della procura presso la Corte conti rende improcedibile la domanda di rivalsa in sede civile della struttura pubblica. L’altra proposta di rilievo è quella che prescrive il tentativo obbligatorio di conciliazione, ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile. «Un elemento fortemente innovativo - tiene a precisare Gelli -: si introduce con forza il principio che prima dell’avvio di qualunque procedimento si deve esperire attraverso l’azione tecnico-preventiva affidata al perito tutti i tentativi possibili». Di più: la mancata partecipazione obbliga il giudice a condannare, con il provvedimento che definisce il giudizio, le parti che non hanno partecipato, al pagamento delle spese di consulenza e di lite (a prescindere dall’esito del giudizio), oltre che ad una pena pecuniaria, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione. http://www.sanita24.ilsole24ore.com/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANO_SANITA/Online/_Oggetti _Correlati/Documenti/2015/11/05/GELLI_responsabili.pdf?uuid=ACH3JUTB http://www.sanita24.ilsole24ore.com/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANO_SANITA/Online/_Oggetti _Correlati/Documenti/2015/11/05/GELLI_RIVALSA.pdf?uuid=ACH3JUTB Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale Quotidiano Sanità Responsabilità professionale. La commissione Affari Sociali approva il nuovo articolo 6. Cambia il Codice penale per i medici Con il nuovo articolo, frutto di un emendamento del relatore Federico Gelli (Pd), l’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, cagiona a causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita risponde dei reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose, solo in caso di colpa grave. Colpa viene però esclusa quando vengono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida. L'ARTICOLO 6 - http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato6031932.pdf La commissione Affari Sociali della Camera ha oggi approvato il nuovo articolo 6 del disegno di legge sulla responsabilità professionale, frutto di un emendamento presentato la scorsa settimana dal relatore, Federico Gelli (Pd). Nel testo riformulato viene introdotto nel Codice penale il 590-ter. Si stabilisce quindi che l’esercente la professione sanitaria che cagiona a causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita risponde dei reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose, solo in caso di colpa grave. La colpa grave viene però esclusa quando, salve le rilevanti specificità del caso concreto, vengono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali. Nel mentre, in attesa che queste linee guida vengano emanate da società scientifiche riconosciute con apposito decreto dal Ministero della Salute, è stata inserita una norma transitoria che, per evitare vuoti normativi, prevede l'applicazione della legge Balduzzi. Rinviata a domani la votazione dell’articolo 7 che disciplina, invece, la responsabilità civile degli esercenti la professione sanitaria. Giovanni Rodriquez 8 Novembre Corriere della Sera L’allarme. Se la tendenza sarà confermata fra 10 anni dovremo importare medici dall’estero Pochi fanno i chirurghi per paura delle cause Per la prima volta posti vacanti nelle scuole di specializzazione Per la prima volta quest’anno sono rimasti posti vacanti nelle scuole di specializzazione in chirurgia. È stato riferito nel corso del congresso «Slow Surgery. Qualità e sostenibilità in chirurgia», in corso a Milano. Un segnale che deve preoccupare. Secondo alcune stime, se la tendenza dovesse confermarsi, fra una decina d’anni potremmo essere costretti a importare chirurghi dall’estero. Qualcuno si potrà chiedere come sia possibile che un mestiere così appassionante, prestigioso e, tradizionalmente ben retribuito, possa non attrarre più i nostri giovani. Un’analisi sociologica ben condotta sarebbe probabilmente in grado di trovare diverse spiegazioni. Ma senz’altro ce n’è una che fa la parte del leone e che, in termini brutali, potremmo chiamare «paura degli avvocati». Negli ultimi anni stanno sempre più affermandosi anche nel nostro Paese organizzazioni che hanno eletto a loro « core business » le cause di risarcimento per errore medico. Non che i pazienti maltrattati non ne abbiano diritto, ci mancherebbe altro. Però questo fenomeno ha prodotto degli anticorpi, che vengono descritti nel loro insieme come «medicina difensiva» e che si traducono, essenzialmente in due atteggiamenti da parte dei dottori, i quali peccano in un caso per eccesso e nell’altro per difetto. Il primo consiste nella prescrizione di esami e procedure diagnostiche non sempre strettamente necessari per cautelarsi in caso di contenzioso (con conseguente aggravio dei costi per il Sistema Sanitario Nazionale) e il secondo, di segno uguale contrario, nella tendenza ad assumersi meno «rischi» possibili nei trattamenti, tant’è vero che, stando a dati riferiti nel corso del congresso nel capoluogo lombardo, ben il 75 per cento dei chirurghi si ferma ormai davanti a problemi molto difficili proprio per il timore di risvolti medico-legali. Possibile obiezione: se un medico fa bene il suo mestiere sa muoversi con sicurezza fra le indicazioni dettate dalle linee-guida, dalla coscienza e dal codice deontologico. Verissimo. Però c’è un altro convitato al banchetto economico rappresentato dalle cause risarcitorie per errore sanitario, cioè le assicurazioni, che chiedono premi sempre più elevati ai medici per coprirli dai rischi professionali. Ed è ovvio che i chirurghi siano quelli più colpiti economicamente da questo problema. Anche perché, visto che l’aumento dei premi delle polizze può riguardare anche chirurghi esperti con curricula sostanzialmente «immacolati», a maggior ragione può pesare in modo significativo su chi fa il suo esordio nella professione come «neopatentato». Un’altra delle possibili ragioni addotte per spiegare il calo delle vocazioni chirurgiche è che, a dispetto di anni di numero chiuso nelle facoltà di Medicina e Chirurgia, a causa del blocco del turnover delle assunzioni in ospedale l’accesso al lavoro possa richiedere diversi anni. Può essere, ma questo accadeva anche ai neolaureati di 30 anni fa e, non ha mai costituito un deterrente tale da svuotare le scuole di specialità. Quindi, a conti fatti (è forse proprio il caso di dirlo) appare più probabile che oggi, a meno di un «richiamo irresistibile» per il bisturi, qualche giovane medico si chieda se valga davvero la pena di mettersi un camice verde. Ed è un problema di cui, come società, dovremmo prendere coscienza. Per la nostra salute. Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale Quotidiano Sanità Responsabilità professionale. Commissione Affari Sociali approva norme su obbligo conciliazione e azione di rivalsa Via libera agli emendamenti presentati la scorsa settimana dal relatore Federico Gelli (Pd). Con l'obbligo di conciliazione, prima dell’avvio di qualunque procedimento, si dovranno esperire attraverso l’azione tecnicopreventiva affidata al perito tutti i tentativi possibili. Quanto all'azione di rivalsa nei confronti dei medici, vengono fissati alcuni paletti ben precisi sia sotto il profilo economico che delle sanzioni professionali. Dopo l'approvazione della nuova responsabilità civile per gli esercenti la professione sanitaria, discplinata dall'articolo 7 del ddl sulla responsabilità professionale, è arrivato oggi il via libera anche agli articoli aggiuntivi sull'obbligo di conciliazione e sull'azione di rivalsa, presentati la scorsa settimana dal relatore Federico Gelli (Pd). Il 7.10 istituisce il tentativo obbligatorio di conciliazione, ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile. Prima dell’avvio di qualunque procedimento, si dovrà esperire, attraverso l’azione tecnico-preventiva affidata al perito, tutti i tentativi possibili. Si prevede che la partecipazione al procedimento di accertamento tecnico preventivo sia obbligatoria per tutte le parti, comprese le compagnie assicuratrici. Il 7.11, invece, disciplina l'azione di rivalsa della struttura sanitaria nei confronti dell'esercente la professione sanitaria. Quest'ultima potrà essere esercitata solo in caso di dolo e colpa grave. La struttura sanitaria avrà l’obbligo di dare comunicazione all’esercente la professione sanitaria dell’instaurazione del giudizio risarcitorio mediante notifica nell’atto di citazione. L’omissione o la incompletezza di questa comunicazione preclude l’ammissibilità del giudizio di rivalsa. Infine, l'azione di rivalsa potrà avvenire nella misura massima di un quinto della retribuzione e, il medico, per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione pronunciata nel giudizio di rivalsa, non potrà vedersi assegnare incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti, né potrà partecipare a pubblici concorsi per incarichi superiori. Giovanni Rodriquez 14 Novembre Huffington Post La responsabilità del medico e quel terrore di sbagliare Un signore di 60 anni, ricoverato d'urgenza all'ospedale per i forti dolori al petto, viene dimesso dal medico che l'aveva preso in cura e che, senza aver rilevato la gravità della sua situazione, dopo aver effettuato i soliti esami di routine, lo dimette. Poche ore dopo quel signore muore. Il medico verrà condannato per omicidio colposo o sarà assolto? La responsabilità medica, regolata sia in campo civile che penale, è stata recentemente modificata dalla Legge Balduzzi che ha previsto la punibilità del medico anche per colpa. Come e quando? Ai fini dell'applicazione della legge Balduzzi la lievità della colpa deve riguardare sia il mancato riconoscimento del mutamento della situazione di pericolo, sia la violazione della regola cautelare diversa dalle linee guide destinata a fronteggiare la nuova situazione di pericolo. Se solo uno di questi due viene meno, allora si deve concludere per la colpa grave e la mancata applicazione della legge Balduzzi. Così si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione con una sentenza di questo anno, in applicazione alla Legge, con riferimento al recente caso citato. A fronteggiarsi a colpi di toga l'accusa, da un lato, secondo cui il decesso del paziente sarebbe stato l'effetto della condotta negligente ed imperita del medico (che avrebbe omesso di effettuare specifici accertamenti cardiologici sul paziente entrato in ospedale con un forte dolore al petto) e la difesa, dall'altro, pronta a dimostrare l'impossibilità del medico di rendersi conto della gravità del quadro clinico. Ognuno può avere un parere personale sulla vicenda raccontata ma, in applicazione alla Balduzzi, i giudici hanno prosciolto il medico perché "il fatto non costituisce reato" lasciando i familiari della vittima con la bocca amara. Eppure, nonostante le continue ed innumerevoli perplessità di giuristi ed esperti in materia, la legge sembra parlar chiaro: l'area di ciò che è "penalmente rilevante" è la sola "colpa grave" e pertanto i fatti compiuti per "colpa lieve" sono penalmente irrilevanti. In questo caso, evidentemente, la Corte ha ritenuto di essere in presenza di colpa "lieve". Ma cosa si intende esattamente? Qual è il confine tra le due differenti colpe e come si riconosce?Proprio questo è il focus centrale della "nuova" colpa medica secondo la quale "l'esercente la professione sanitaria, nello svolgimento della propria attività, deve attenersi a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica". In altri termini risponde di "colpa grave" il medico che si sia discostato dalle linee guida in maniere macroscopica, "immediatamente riconoscibile da qualunque altro sanitario" e di "colpa lieve" (non penalmente rilevante) il medico che abbia agito conformemente all' "agente modello", avendo attenzione alle peculiarità oggettive e soggettive del caso concreto. Una disciplina complessa? Forse. Specie se ci si mette nei panni di quel giudice che, caso per caso, dovrà individuare la causa dell'evento, comprendere se la gestione di quello specifico rischio fosse governato da linee guida qualificate per poi verificare se il medico si sia effettivamente attenuto ad esse. Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale Date tutte queste variabili il quadro probatorio diviene, spesso, assai confuso e non ci si meraviglia più se il medico, pur di non sbagliare "colposamente" e ritrovarsi in un'aula di tribunale, decida di non agire, delegando il compito ad un collega. C'è poi il medico che, a questa modifica legislativa ha reagito diventando iperscrupoloso e, per non sentirsi recriminare nulla , decide di procedere, ogni volta, con migliaia di esami, anche nel caso di un banale raffreddore. Una cosa è certa: l'interpretazione della legge lascia ancora argomentare in tanti, per fortuna, mentre le leggi vanno avanti, c'è anche chi, del tutto estraneo a questi complessi gineprai interpretativi, continua a fare il medico come ha sempre fatto, in maniera responsabile e accurata. 16 Novembre Quotidiano Sanità Ddl responsabilità professionale. Network Cochrane Italia: “Il ‘sistema linee guida’ va affidato a un’istituzione pubblica indipendente” Un investimento pubblico adeguato su un programma di linee-guida indipendente e partecipato dal personale sanitario e dai cittadini metterebbe il nostro Paese sullo stesso piano di altre nazioni da anni impegnate in questa attività essenziale per un Servizio Sanitario che abbia efficacia, efficienza, equità ed appropriatezza come proprie finalità I diversi recenti commenti al disegno di legge sulle “Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario” sono – anche a prescindere dal loro contenuto – una buona notizia. Torniamo infatti a confrontarci con questioni che sembrava fossero state messe tra parentesi: non tanto – o non solo – la responsabilità professionale del medico, quanto la relazione tra il curante e il malato, tra le istituzioni sanitarie e i cittadini che fruiscono del servizio sanitario nazionale, il rapporto tra le strategie diagnostiche e terapeutiche e le evidenze, sintetizzate o meno in linee-guida. Anche l’Associazione Alessandro Liberati – network Cochrane italiano ha voluto dare un contributo, augurando che la propria esperienza possa rivelarsi utile a migliorare un provvedimento legislativo che proprio perché necessario - dovrebbe basarsi sui risultati del percorso già compiuto dalla comunità scientifica internazionale. Soprattutto in merito ai provvedimenti che potrebbero mettere in relazione la responsabilità professionale del medico con il contenuto di linee-guida di pratica clinica. Abbiamo voluto rivolgersi direttamente agli Onorevoli parlamentari impegnati nei lavori delle Commissioni, offrendo loro alcuni elementi che ci auguriamo possano essere utili spunti di riflessione. 1. A livello internazionale e anche in Italia, Cochrane è stata tra i primi a sottolineare l’importanza delle lineeguida, a promuoverne la produzione, la disseminazione e l’adozione partecipata nella pratica clinica. Cochrane è, infatti, una rete collaborativa fatta da migliaia di clinici e ricercatori di più di 130 paesi, che lavorano per produrre informazioni sanitarie affidabili, accessibili, senza sponsorizzazioni commerciali e conflitti di interesse. La Cochrane raccoglie e sintetizza le migliori evidenze scientifiche per aiutare a prendere decisioni informate sulle strategie terapeutiche. 2. Non si può però dimenticare che le linee-guida – e qualsiasi razionale percorso di diagnosi e cura basato sui risultati della “buona ricerca” – dovrebbero avere un valore di orientamento culturale più che normativo. 3. Allo stesso tempo, qualsiasi decisione riguardante la salute, la prevenzione, la diagnosi o la terapia dovrebbe essere l’esito condiviso di un percorso costruito insieme dal malato – eventualmente dai suoi familiari – e dal personale sanitario, nella medicina generale come nell’assistenza ospedaliera. 4. In quest’ottica, la “responsabilità” professionale del medico dovrebbe essere valutata come la capacità di trovare una sintesi tra i risultati della ricerca e le aspettative e i valori espressi dal paziente. 5. Va anche considerato che il costante progresso del sapere scientifico, il contributo dell’innovazione e la riflessione su quanto un tempo si riteneva utile e che oggi al contrario si ritiene passibile di disinvestimento, rende le linee-guida costantemente esposte alla necessità di revisione e aggiornamento. 6. Tutto ciò premesso, l’importanza e il loro potenziale ruolo di indirizzo delle linee-guida è direttamente collegato alla qualità della metodologia seguita nella loro preparazione. 7. Uno dei punti chiave è nella partecipazione e anche per questa ragione, le agenzie o gli organismi tecnici indipendenti responsabili di produrre linee-guida per il SSN negli altri Paesi coinvolgono gruppi multidisciplinari nel processo di produzione, disseminazione e valutazione dei risultati ottenuti: solitamente includono esponenti degli ordini professionali, metodologi con una collaudata esperienza nella produzione di linee-guida, rappresentanti di società scientifiche, di organizzazioni dei pazienti e caregivers, e altre figure eventualmente interessate dal problema oggetto di approfondimento. 8. Il processo di produzione delle linee-guida ha nella indipendenza dei singoli partecipanti al panel degli estensori la principale garanzia di qualità. L’indipendenza da interessi di tipo economico, politico, religioso deve essere garantita da un percorso trasparente e aperto a ogni possibile verifica. 9. Qualsiasi richiamo alle linee-guida il provvedimento legislativo il provvedimento in questione intendesse prevedere, sarebbe utile non prescindesse dalla conoscenza delle esperienze portate avanti da altri Paesi i cui sistemi sanitari possono essere paragonati – per storia e articolazione – a quello italiano. Per questo, Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale abbiamo voluto direttamente segnalare ai nostri rappresentanti in Parlamento le risorse a nostro giudizio più utili. In conclusione, crediamo che la produzione, la disseminazione e l’implementazione di linee-guida debbano essere considerate come attività costitutive di un Servizio Sanitario pubblico. Dovrebbero essere viste come un investimento e non come un costo: in altre parole, nell’interesse della salute dei cittadini e di un supporto reale per i professionisti sanitari, sarebbe più che giustificato che il coordinamento di un’attività di produzione/implementazione di linee-guida fosse affidata ad un’istituzione pubblica dotata di competenza e di sostanziale indipendenza. Un investimento pubblico adeguato su un programma di linee-guida indipendente e partecipato dal personale sanitario e dai cittadini metterebbe il nostro Paese sullo stesso piano di altre nazioni da anni impegnate in questa attività essenziale per un Servizio Sanitario che abbia efficacia, efficienza, equità ed appropriatezza come proprie finalità. Beninteso, conservando uno sguardo aperto su ciò che altre realtà qualificate continuano a produrre: la collaborazione tra i sistemi sanitari dei diversi Paesi è una delle condizioni perché le conoscenze progrediscano e siano evitati i rischi di duplicazione degli sforzi individuali o “locali”, troppe volte fonte di spreco. Allo stesso modo, è indispensabile che i medici – e con loro tutte le professionalità che quotidianamente contribuiscono al funzionamento del Sistema – siano messi nelle condizioni di accedere alle migliori conoscenze scientifiche, in primo luogo alle revisioni sistematiche della letteratura che rappresentano il riferimento sintetico di maggiore affidabilità per informare decisioni cliniche basate su prove di efficacia e di sicurezza. Alleggerire il carico di responsabilità del singolo professionista è un obiettivo condivisibile. Ma può essere raggiunto solo con un’assunzione di responsabilità da parte delle Istituzioni, ed un recupero della capacità di Governo della Sanità italiana che veda nei saperi costruiti ogni giorno dagli operatori sanitari e dai cittadini lo strumento chiave per il miglioramento continuo dell’assistenza sanitaria. Graziella Filippini e Luca De Fiore Associazione Alessandro Liberati-Network italiano Cochrane 17 Novembre Il Sole 24 Ore Legge Balduzzi. Depenalizzazione della diagnosi errata No all’omicidio colposo se il medico sbaglia «seguendo» i colleghi Niente omicidio colposo per il medico a domicilio che sbaglia la diagnosi, appiattendosi sulle conclusioni dai colleghi che avevano osservato il paziente nel corso di un ricovero. La Corte di cassazione, con la sentenza 45527, amplia il raggio d’azione della legge Balduzzi, che depenalizza la colpa medica lieve, estendendola anche ad addebiti diversi dall’imprudenza, precisando che «pur trovando terreno d’elezione nell’ambito dell’imperizia» può essere applicata anche quando in discussione sia la diligenza. Del principio beneficia qui un medico di continuità assistenziale (l’ex guardia medica), che, nel corso di una visita a casa non aveva inviato al pronto soccorso un paziente con dolore al torace che si irradiava al braccio. L’uomo era morto per una sindrome coronarica acuta la sera stessa. L’esito fatale non aveva impedito al Gip di assolvere il sanitario per l’assenza dell’elemento soggettivo della colpa, con la formula «perché il fatto non costituisce reato», applicando di fatto, la “legge Balduzzi” (189/2012) un mese prima della sua entrata in vigore. Secondo il giudice per l’udienza preliminare, l’imputato si era “fidato” delle valutazioni effettuate pochi giorni prima, nel corso di un ricovero, dal quale il paziente era uscito con la diagnosi di «sospetta colica addominale». Per i giudici di appello, che lo avevano condannato, il medico avrebbe dovuto sentirsi svincolato dai precedenti giudizi e procedere ad una autonoma valutazione dei sintomi, considerato anche che la vittima era stata dimessa contro la volontà dei sanitari e prima che fossero ultimati gli accertamenti. Ma la condanna non è abbastanza motivata. La Cassazione sottolinea che è illogico parlare di imperizia senza tenere conto che alla base della diagnosi c’è un’attività di anamnesi che comprende la storia clinica del paziente, precedenti ricoveri compresi. Correttamente dunque il giudice di primo grado aveva tenuto in debito conto il peso che le valutazioni dei colleghi avevano avuto nel depistare l’imputato. La Corte d’appello ha poi sbagliato a non considerare la possibilità di applicare, la depenalizzazione Balduzzi anche quando è in discussione la diligenza e non solo l’imperizia. Il medico del servizio di continuità assistenziale, come sottolineato dal giudice di primo grado, si era «conformato ai princìpi di scienza medica rapportati agli elementi e alle risorse disponibili». L’iniziativa di mandare il paziente al pronto soccorso, in presenza degli stessi sintomi, avrebbe costituito quindi «un eccesso di prudenza». Per la Cassazione la legge Balduzzi deve essere considerata uno “scudo” contro istanze punitive non giustificate da errori gravi rispetto al “sapere codificato”. Ora i giudici di appello sono chiamati a rivedere il verdetto. Patrizia Maciocchi Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale StudioCataldi.it Errore medico: il paziente che chiede i danni dovrà prima conciliare e l’Asl potrà rivalersi Le novità previste nel ddl sulla responsabilità professionale in discussione alla Camera di Marina Crisafi - Semaforo verde per la conciliazione obbligatoria prima di qualsiasi richiesta di risarcimento danni da parte del paziente al medico e per il diritto di rivalsa dell’Asl. La Commissione Affari sociali della Camera ha approvato infatti gli articoli aggiuntivi al “pacchetto” di emendamenti presentati nei giorni scorsi dal relatore Federico Gelli (Pd) al ddl sulla responsabilità professionale. Prende forma quindi il restyling della responsabilità medica, dopo l’approvazione (sempre nell’ambito del pacchetto Gelli) dell’art. 7 del testo che introduce un vero e proprio “doppio binario” nella responsabilità civile degli esercenti la professione sanitaria (contrattuale per le strutture, pubbliche e private, ed extracontrattuale per il medico della struttura pubblica, privata e in convenzione con il Ssn), e dell’art. 6 che esclude la colpa grave del medico che agisce nel rispetto delle linee guida. Con l’approvazione dei nuovi articoli, ora, qualsiasi domanda di risarcimento danni viene subordinata al tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 696-bis c.p.c. che dovrà essere esperito attraverso l’azione tecnico-preventiva (affidata al perito). La partecipazione all’accertamento tecnico sarà obbligatoria per tutte le parti, ivi comprese le compagnie di assicurazione. Il successivo articolo 7.11 disciplina inoltre l’azione di rivalsa per le strutture sanitarie nei confronti dell’esercente la professione. L’azione potrà esercitata solo in presenza di dolo o colpa grave e previo obbligo di comunicazione (da parte della struttura) all’esercente la professione sanitaria dell’avvio del giudizio risarcitorio, a pena di inammissibilità. Fissati anche dei paletti ben precisi: la rivalsa potrà avvenire nella misura massima di un quinto dello stipendio e il medico nei 3 anni successivi al passaggio in giudicato della sentenza pronunciata nel giudizio non potrà avere diritto all’assegnazione di incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti, neanche tramite pubblico concorso. Studio Cataldi.it Sondaggio: addio alla responsabilità penale del medico anche in caso di colpa grave. Ciò che conta è il rispetto delle linee guida. Tu cosa pensi? Approvata la nuova formulazione dell’art. 6 del ddl sulla responsabilità professionale in discussione alla Camera. Esclusa responsabilità anche in caso di morte del paziente di Marina Crisafi - Il medico che rispetta le linee guida non sarà responsabile penalmente anche se c'è stata colpa grave e si è cagionata una lesione o la morte del paziente. E' quanto prevede il nuovo testo dell’art. 6 del ddl sulla responsabilità professionale approvato nei giorni scorsi dalla commissione affari sociali della Camera. La novità si accompagna alle altre relative all’introduzione dell’obbligo di conciliazione prima di qualsiasi richiesta di risarcimento danni da parte del paziente e al diritto di rivalsa dell’Asl sull’esercente la professione, nonché al “doppio binario” della responsabilità civile, contrattuale per le strutture ed extracontrattuale per i medici, anche non dipendenti, frutto dell’approvazione del pacchetto di emendamenti firmato dal relatore Pd, Federico Gelli (leggi: “Errore medico: il paziente che chiede i danni dovrà prima conciliare e l’Asl potrà rivalersi”). Nel restyling della responsabilità dei sanitari che si sta ormai avviando alla conclusione in commissione, il nuovo testo dell’art. 6 va a modificare anche il codice penale. Al comma 2, viene prevista infatti l’introduzione dell’art. 590-ter nell’attuale codice, il quale sancisce che “l’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, cagiona a causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita risponde dei reati di cui agli articoli 589 e 590 solo in caso di colpa grave”. Tuttavia, nell’ultimo capoverso, viene aggiunto che la colpa grave è esclusa, fatte salve le rilevanti specificità del caso concreto, laddove siano “rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali”. Ciò significa che se il medico agisce in conformità a queste ultime non potrà rispondere dei reati di omicidio o di lesioni personali colpose. Nell’attesa che le linee guida vengano emanate, ad opera delle società scientifiche accreditate dal ministero della Salute, per evitare vuoti normativi, troverà temporaneamente applicazione la legge Balduzzi. E tu cosa ne pensi? Sei favorevole o contrario all’esclusione della responsabilità per colpa grave se il medico agisce nel rispetto delle linee guida? Il sondaggio: http://www.studiocataldi.it/articoli/20027-sondaggio-addio-alla-responsabilita-penale-del-medicoanche-in-caso-di-omicidio-colposo-del-paziente-se-rispetta-le-linee-guida-e-tu-cosa-ne-pensi.asp Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale 18 Novembre Quotidiano Sanità Responsabilità professionale. Assicurazione obbligatoria per tutti. Per dipendenti e liberi professionisti, Asl e strutture private. Sì all’emendamento Gelli in Commissione Rinviato invece ad oggi il voto sull'emendamento che disciplina l'azione diretta del soggetto danneggiato nei confronto della compagnia assicuratrice. Presentato, infine, un nuovo emendamento che prevede l'affidamento della consulenza tecnica e della perizia a specialisti nella disciplina oggetto del giudizio. La commissione Affari Sociali della Camera, nella seduta di ieri, ha approvato l’emendamento 8.50 al disegno di legge sulla responsabilità professionale presentato lo scorso venerdì dal relatore, Federico Gelli (Pd), interamente sostitutivo dell’articolo 8 in tema di obbligo di assicurazione. In particolare, nel testo approvato viene previsto l'obbligo per tutti i dipendenti delle strutture sanitarie di essere provvisti di una copertura assicurativa. Tale misura viene estesa anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria nonché attraverso la telemedicina. L'obbligo assicurativo per tutti gli esercenti la professione sanitaria viene previsto anche al fine di garantire efficacia all'azione di rivalsa da parte delle strutture nei confronti dei loro dipendenti. Quanto alla trasparenza, le aziende saranno obbligate a pubblicare sul loro sito internet la denominazione dell'impresa che presta la copertura assicurativa, indicando per esteso i contratti, le clausole assicurative, oltre a tutte le altre analoghe misure che determinano la copertura assicurativa. Viene poi previsto un apposito decreto del Ministero della Sviluppo economico, di concerto con il Ministero della Salute, che avrà il compito di definire i criteri e le modalità di vigilanza e controllo che l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) sarà tenuto ad effettuare sulle compagnie assicuratrici che intendano contrarre polizze con le strutture e con gli esercenti la professione sanitaria. Rimandato invece ad oggi il voto sull’emendamento del relatore 8.10 in tema di azione diretta del soggetto danneggiato nei confronto della compagnia assicuratrice. Sempre nella giornata di ieri, Federico Gelli ha poi depositato l’emendamento 10.50, interamente sostitutivo dell’articolo 10 che disciplina la nomina dei consulenti tecnici d'ufficio, dei consulenti tecnici di parte e dei periti nei giudizi di responsabilità sanitaria. Nel nuovo testo si spiega che, nei procedimenti civili e penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria implicanti la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, l'autorità giudiziaria affida l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico legale e a uno specialista nella disciplina oggetto del giudizio. A tal fine, negli albi dei consulenti e dei periti dovranno essere indicate le specializzazioni degli iscritti esperti in medicina, l’esperienza da loro maturata, il numero degli incarichi conferiti e quelli revocati. Infine, si spiega che gli albi dei periti dovranno essere aggiornati con cadenza almeno quinquennale, al fine di garantire un’idonea e adeguata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche di area sanitaria, anche coinvolgendo società scientifiche. Giovanni Rodriquez Quotidiano Sanità Anteprima. Commissione Affari Sociali approva Ddl sulla responsabilità professionale. Ecco le nuove norme punto per punto. Il testo - http://www.quotidianosanita.it/allegati/create_pdf.php?all=6197721.pdf Con l'approvazione degli articoli 9 e 10 riformulati dal relatore, la XII commissione della Camera ha oggi concluso i suoi lavori sul provvedimento. Gelli: "Con questo testo puntiamo ad aumentare le tutele dei professionisti prevedendo, al contempo, nuovi meccanismi a garanzia del diritto al risarcimento da parte dei cittadini danneggiati da un errore sanitario". Ora il testo passa alle altre Commissioni competenti per i pareri. IL TESTO Con il via libera ai nuovi articoli 9 e 10 riformulati dal relatore, Federico Gelli (Pd), la commissione Affari Sociali della Camera ha approvato il disegno di legge sulla responsabilità professionale. Il testo passerà ora all'esame delle altre commissioni per i pareri di competenza prima di approdare in Aula. Molti i cambimenti apportati in questi mesi rispetto al testo base adottato dalla XII commissione lo scorso agosto. Possiamo dire che il provvedimento è stato quasi interamente riformulato dal relatore. "Si tratta di un provvedimento atteso ormai da troppi da anni da parte degli operatori della sanità - ha spiegato a Quotidiano Sanità Gelli -. L’assenza di un chiaro inquadramento legislativo su questa materia toglie serenità a medici e professionisti e soprattutto ha come ricaduta l’enorme costo della medicina difensiva che pesa sul nostro sistema salute per 14 miliardi di euro l’anno, risorse che potrebbero essere impiegate per migliorare la sanità pubblica. Per questo motivo sono stato impegnato per mesi insieme ai colleghi della Commissione, per redigere un testo specifico e organico che, in un’ottica di sistema, dia alla questione risposte chiare ed esaustive sulle orme della legislazione europea di riferimento. L’obiettivo di questo disegno di legge è quello di aumentare le tutele dei professionisti prevedendo, al contempo, nuovi meccanismi a garanzia del diritto al risarcimento da parte dei cittadini danneggiati da un errore sanitario". “Il testo è stato approvato a larga maggioranza e ha visto il sostegno anche di alcune forze politiche dell’opposizione. Un chiaro segnale dell’importanza del provvedimento che segna un cambiamento epocale per il tema della responsabilità professionale. Sono molto felice della conclusione dei lavori che hanno visto Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale impegnarsi senza sosta tutti i componenti della Commissione - ha concluso Gelli -. Spero che possa approdare in Aula nel più breve tempo possibile dopo il parere favorevole delle altre commissioni”. Ma vediamo nel dettaglio il contenuto del provvedimento. L'articolo 1 definisce la sicurezza delle cure in sanità come "una parte costitutiva del diritto alla salute perseguita nell'interesse dell'individuo e della collettività". L'articolo 2 regolamenta l’attività di gestione del rischio sanitario, prevedendo che tutte le strutture attivino un’adeguata funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio (risk managment). L'articolo 3 spiega che le funzioni di Garante per il diritto alla salute verranno affidate al difensore civico. Il difensore civico, a livello regionale, diventerà il centro dell'interlocuzione con il paziente che potrà qui richiedere gratuitamente assistenza in tutti quei casi in cui ritenga di essere stato danneggiato. Inoltre, in ogni regione, verrà istituito un Centro per la gestione del rischio clinico e la sicurezza del paziente che sarà incaricato di raccogliere i dati regionali sul contenzioso e sugli errori sanitari per poi trasmetterli all'organismo di riferimento nazionale (Osservatorio nazionale sicurezza in sanità). L'articolo 4 prevede che l’Osservatorio nazionale sicurezza in sanità, che verrà istituito presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, si occuperà di acquisire dai Centri per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente richiamati nell’articolo 3, i dati regionali relativi agli errori sanitari e all'onere finanziario del contenzioso, individuando apposite linee di indirizzo per la prevenzione e la gestione del rischio sanitario, oltre che per la formazione e l’aggiornamento del personale sanitario. Per la predisposizione di queste linee di indirizzo l’Osservatorio dovrà avvalersi dell’aiuto delle società scientifiche. Viene previsto, inoltre, che il ministro della Salute dovrà trasmettere annualmente al Parlamento una relazione sull’attività svolta dall’Osservatorio. L'articolo 5 introduce nuove misure per la trasparenza dei dati. Le strutture sanitarie saranno tenute a fornire ai pazienti la documentazione clinica da loro richiesta entro trenta giorni. Inoltre, sul sito internet delle strutture dovranno essere pubblicati tutti i risarcimenti erogati nell’ultimo quinquennio. L'articolo 6 modifica il Codice Penale introducendo il 590-ter. l’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, cagiona a causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita risponde dei reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose, solo in caso di colpa grave o dolo. La colpa grave viene però esclusa quando, salve le rilevanti specificità del caso concreto, vengono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali. Nel mentre, in attesa che queste linee guida vengano emanate da società scientifiche riconosciute con apposito decreto dal Ministero della Salute, è stata inserita una norma transitoria che, per evitare vuoti normativi, prevede l'applicazione della legge Balduzzi. L'articolo 7, in tema di responsabilità civile, prevede ancora il 'doppio binario': contrattuale a carico delle strutture sanitarie, pubbliche e private, ed extracontrattuale per l’esercente la professione sanitaria che svolge la propria attività nell'ambito di una struttura sanitaria pubblica o privata o in rapporto convenzionale con il Servizio sanitario nazionale. Ricordiamo che quest'ultima misura comporta l'inverione dell'onere della prova a carico del paziente e la riduzione della prescrizione da 10 a 5 anni. Due le principali novità: la responsabilità contrattuale delle strutture viene allargata anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime intramurario nonché attraverso la telemedicina, e l'esclusione dalla reponsabilità extracontrattuale per i libero professionisti. L'articolo 7-bis istituisce il tentativo obbligatorio di conciliazione ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile. Prima dell’avvio di qualunque procedimento, si dovrà esperire, attraverso l’azione tecnicopreventiva affidata al perito, tutti i tentativi possibili. Si prevede che la partecipazione al procedimento di accertamento tecnico preventivo sia obbligatoria per tutte le parti, comprese le compagnie assicuratrici. L'articolo 7-ter disciplina l'azione di rivalsa della struttura sanitaria nei confronti dell'esercente la professione sanitaria. Quest'ultima potrà essere esercitata solo in caso di dolo e colpa grave. La struttura sanitaria avrà l’obbligo di dare comunicazione all’esercente la professione sanitaria dell’instaurazione del giudizio risarcitorio mediante notifica nell’atto di citazione. L’omissione o la incompletezza di questa comunicazione preclude l’ammissibilità del giudizio di rivalsa. Infine, l'azione di rivalsa potrà avvenire nella misura massima di un quinto della retribuzione e, il medico, per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione pronunciata nel giudizio di rivalsa, non potrà vedersi assegnare incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti, né potrà partecipare a pubblici concorsi per incarichi superiori. L'articolo 8 prevede l'obbligo per tutte le strutture sanitarie pubbliche e private di essere provviste di una copertura assicurativa, e si ribadisce l’obbligatorietà dell’assicurazione per tutti i liberi professionisti.Tale misura viene estesa anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria nonché attraverso la telemedicina. L'obbligo assicurativo per tutti gli esercenti la professione sanitaria viene previsto anche al fine di garantire efficacia all'azione di rivalsa da parte delle strutture nei confronti dei loro dipendenti. Quanto alla trasparenza, le aziende saranno obbligate a pubblicare sul loro sito internet la denominazione dell'impresa che presta la copertura assicurativa, indicando per esteso i contratti, le clausole assicurative, oltre a tutte le altre analoghe misure che determinano la copertura assicurativa. Viene poi previsto un apposito decreto del Ministero della Sviluppo economico, di concerto con il Ministero della Salute, che avrà il compito di definire i criteri e le modalità di vigilanza e controllo che l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale sarà tenuto ad effettuare sulle compagnie assicuratrici che intendano contrarre polizze con le strutture e con gli esercenti la professione sanitaria. L'articolo 8-bis prevede la posibilità di un'azione diretta del soggetto danneggiato nei confronti della compagnia assicuratrice. Quest'azione sarà soggetta al termine di prescrizione pari a quello dell'azione verso l'azienda sanitaria, la struttura o l'ente assicurato. L'articolo 9 istituisce un Fondo di garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità sanitaria. Nel testo si spiega che il Fondo dovrà essere costituito presso la Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.A. (Consap), per risarcire i danni cagionati da responsabilità sanitaria nei casi in cui: a) il danno sia di importo eccedente rispetto ai massimali previsti dai contratti stipulati dalla struttura sanitaria ovvero dall’esercente la professione sanitaria; b) la struttura sanitaria ovvero l’esercente la professione sanitaria risultano assicurati presso un’impresa che al momento del sinistro si trovi in stato di insolvenza o di liquidazione coatta o vi venga posta successivamente. Le imprese autorizzate all'esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria saranno tenute a versare annualmente alla Consap un contributo da determinarsi in una percentuale del premio incassato per ciascun contratto relativo alle predette assicurazioni. La misura del contributo sarà determinata e aggiornata con cadenza annuale, con regolamento del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, di concerto con i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, sentite la Conferenza Stato Regioni. Infine, l'articolo 10 disciplina la nomina dei consulenti tecnici d'ufficio, dei consulenti tecnici di parte e dei periti nei giudizi di responsabilità sanitaria. Nel nuovo testo si spiega che, nei procedimenti civili e penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria implicanti la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, l'autorità giudiziaria affida l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico legale e a uno specialista nella disciplina oggetto del giudizio. A tal fine, negli albi dei consulenti e dei periti dovranno essere indicate le specializzazioni degli iscritti esperti in medicina, l’esperienza da loro maturata, il numero degli incarichi conferiti e quelli revocati. Infine, si spiega che gli albi dei periti dovranno essere aggiornati con cadenza almeno quinquennale, al fine di garantire un’idonea e adeguata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche di area sanitaria, anche coinvolgendo società scientifiche. Giovanni Rodriquez Quotidiano Sanità Lorenzin: “Risultato storico, grazie all'impegno di tutti” “Un lavoro lungo, un percorso che ha incontrato non poche difficoltà ma ce l’abbiamo fatta, grazie all’impegno di tutti”. Questo il commento del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin alla notizia dell’approvazione in Commissione XII della Camera del provvedimento legislativo sulla medicina difensiva. “E’ un risultato storico, una svolta nella lotta alla medicina difensiva – prosegue il Ministro Lorenzin - perché riesce a trovare un punto di equilibrio tra le tutele dei medici, che hanno bisogno di svolgere il loro delicato compito in serenità, e il diritto dei cittadini dinanzi ai casi di malasanità. Il testo redatto dalla Commissione ministeriale Alpa, di cui ringrazio tutti gli autorevoli componenti, il relatore, il presidente, è stata una base preziosa di discussione in Parlamento. L’elaborazione prodotta dai parlamentari impegnati alla Camera ha permesso di cogliere tutti gli obiettivi: cambia la responsabilità del medico sia da un punto di vista penale, poiché il medico non sarà più responsabile neppure per colpa grave se rispetta le linee guide, che civile, prevedendosi la natura extracontrattuale della responsabilità dei medici non liberi professionisti con conseguente inversione dell’onere della prova e dimezzamento del termine di prescrizione; viene introdotta l’azione diretta nei confronti dell’assicurazione; la conciliazione obbligatoria pone un freno al proliferare dei contenzioni giudiziari; viene limitata, da un punto di vista della quantificazione, l’azione di rivalsa della struttura sanitaria nei confronti del medico; viene creato un fondo di garanzia per le vittime di malasanità. E’ stata così mantenuto l’impegno assunto nei confronti dei medici, grazie a un provvedimento equilibrato che consentirà loro di lavorare con maggiore serenità e ai pazienti, che vedono comunque tutelati in modo chiaro e diretto i loro diritti”. 21 Novembre Doctor33 Ddl responsabilità medica, seguire le linee guida tutela. Novità anche sull'intramoenia Intramoenia, trasparenza, conciliazione, albi, gestione del rischio: sono queste le parole d'ordine all'insegna delle quali si completano i 10 articoli del disegno di legge sulla responsabilità sanitaria che porta la firma del deputato Pd Federico Gelli. Il testo approvato alla 12° commissione affari sociali della Camera - e ora in attesa dell'esame delle altre commissioni, con la speranza di un ok a fine anno - riforma il codice penale, rivede il confine tra colpa grave e lieve, conferma l'assicurazione obbligatoria per le strutture pure per la libera professione dei dipendenti, e divide i medici in liberi professionisti e subordinati ai sensi della definizione della responsabilità, che per i primi è contrattuale e per i secondi extra. Inoltre, introduce un sistema di monitoraggio dell'errore e impone di pubblicizzare la copertura assicurativa. Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale Colpa grave e lieve - In campo penale (nuovo articolo 590-ter del codice), il sanitario risponde di omicidio o lesioni colpose solo se si evidenzia che li ha provocati per imperizia e la sua colpa è stata "grave". Non c'è colpa grave se si seguono linee guida e buone pratiche assistenziali a meno che il giudice non rilevi "specificità" del caso concreto. Linee guida e buone pratiche in questione sono quelle accreditate dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale, finché un decreto non abilita le società scientifiche italiane ad emanare loro indirizzi. Intramoenia - Tutti i medici devono assicurarsi: dipendenti e convenzionati per il caso di rivalsa dell'azienda, e liberi professionisti per la responsabilità civile contrattuale. Ma soprattutto devono assicurarsi sia le strutture pubbliche per fatti dei loro dipendenti, sia le private convenzionate con il Ssn e non. La struttura assicura anche la responsabilità verso terzi e per danni al personale. Le norme sulla responsabilità della struttura si applicano pure alle prestazioni di telemedicina e a quelle erogate dai sanitari in regime di libera professione "intramoenia". A differenza della responsabilità del dipendente o convenzionato che è extracontrattuale, quella del libero professionista (articolo 7) resta contrattuale: se il medico è "autonomo" l'onere di provare che il danno non l'ha fatto lui è a carico suo e la prescrizione per le denunce dei pazienti resta decennale e non scende a 5 anni. Trasparenza - La struttura deve mettere sul sito web chi la assicura e i contratti per esteso con le clausole da cui è coperta. E deve pubblicare i dati su tutti i risarcimenti erogati nell'ultimo quinquennio. Conciliazione - L'articolo 7 bis introduce un tentativo obbligatorio di conciliazione preventiva senza di cui la domanda di risarcimento non può procedere. Ove non riesca, o il procedimento non si concluda entro 6 mesi dal deposito del ricorso, si può intentare azione giudiziaria. La partecipazione all'accertamento tecnico preventivo è obbligatoria pure per le compagnie assicuratrici. Chi se ne astiene è penalizzato dal giudice (pagamento delle spese di lite) a prescindere dall'esito del giudizio. Esperita la conciliazione, il danneggiato può agire direttamente verso chi assicura la struttura entro le somme per le quali è stato stipulato il contratto. La struttura deve comunicare al sanitario l'instaurazione del giudizio risarcitorio notificandogli l'atto di citazione. Entro un anno dacché ha versato il risarcimento, la compagnia può rivalersi sul sanitario assicurato (in caso di dolo o colpa grave) nella misura in cui avrebbe avuto diritto di rifiutare il proprio intervento o ridurne l'entità. All'articolo 9 è istituito presso la Consap con regolamento del Ministero dello Sviluppo un Fondo di garanzia dei soggetti danneggiati che, co-finanziato da una piccola percentuale dei premi assicurativi incassati dalle Compagine, viene in aiuto della struttura se l'Assicurazione è insolvente o in liquidazione, o se il valore del danno da risarcire supera il massimale coperto. Albi - All'articolo 10 si sancisce che nei procedimenti in cui è complesso decidere il giudice chiama per le consulenze tecniche e le perizie sia il medico legale sia lo specialista della branca oggetto del contenzioso. Quest'ultimo dev'essere iscritto a un albo in cui oltre alla disciplina da lui svolta siano scritti gli incarichi conferiti e quelli revocati nell'arco della sua storia di consulente. Gli albi dei periti sono aggiornati ogni 5 anni. Gestione del rischio - L'articolo 1 definisce il concetto di sicurezza delle cure, e il successivo obbliga la struttura a gestire il rischio sanitario con un'unità di risk managenent, che a sua volta organizza formazione tra pari, rileva il rischio inappropriatezza dei percorsi, fa in modo si eviti la medicina difensiva, assiste gli uffici legali aziendali. La gestione del rischio sanitario è coordinata da medici specialisti in Igiene, Epidemiologia e Sanità pubblica o equipollenti o con esperienza almeno triennale nel settore. Il Ddl istituisce il Garante del diritto alla salute -rappresentante delle associazioni dei pazienti - e prevede Centri regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente che raccolgono i dati sul contenzioso e li inviano all'Osservatorio nazionale sulla sicurezza in sanità istituito presso Agenas. La Stampa Sanità, nuove norme per le cause contro i medici Secondo la proposta del governo sulla responsabilità civile dei medici saranno i cittadini a dover provare di non aver avuto cure adeguate Dal prossimo anno vedremo meno avvocati aggirarsi nei paraggi di asl e ospedali. E arriveranno i super periti da affiancare ai giudici perché non si ripetano più le sentenze contraddittorie che hanno contribuito ad alimentare il caso Stamina. Anche se destinata a suscitare polemiche è l’inversione dell’onere della prova, che dai camici bianchi passa ora alle presunte vittime di malasanità. E’ la legge sulla «responsabilità professionale del personale sanitario» che ieri sera ha ottenuto il via libera dalla Commissione Affari sociali della Camera e che ora, fanno sapere dal ministero della Salute, planerà direttamente nella legge di stabilità per entrare in vigore dal 1°gennaio prossimo. UNDICI ARTICOLI In tutto 11 articoli che in buona misura raccolgono i contenuti del testo messo a punto a suo tempo dalla commissione consultiva istituita da Beatrice Lorenzin per mettere fine all’onda lunga delle cause in sanità. Circa 80 ricorsi al giorno, documenta l’Ania, l’associazione delle assicurazioni, per un totale di oltre 30mila l’anno, il 70% dei quali finisce nel nulla. Non senza lasciare ferite però. La prima è quella di spingere i medici verso la medicina difensiva. Che a volte fa prescrivere quel che non serve, per un costo stimato dallo stesso ministero in 13 miliardi l’anno. Ma d’ora in avanti si cambia. Prima di tutto per i medici dipendenti e quelli convenzionati la prescrizione verrà ridotta da 5 a 10 anni, in modo da rendere meno complessa la difesa del Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale medico accusato di malasanità. Poi è prevista una fattispecie autonoma di lesioni ed omicidio colposo per i professionisti sanitari, che risponderebbero parzialmente solo per colpa grave in caso di imperizia. In altri termini verrebbero mitigate le pene per i camici bianchi in caso di condanna, visto che un errore in sala operatoria non può essere messo sullo stesso piano di chi provoca un incidente stradale perché guida in stato di ebbrezza. Non solo. In caso di morte o lesioni personali «è esclusa la colpa grave quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali». Insomma il medico che non esce dal seminato non dovrà più vedersela con giudici e avvocati. A favore delle vittime di malasanità c’è invece la possibilità di agire direttamente nei confronti dell’assicurazione. ACCERTAMENTI TECNICI Ma lo doppia mossa che dovrebbe porre un freno alla cause in sanità è l’obbligo di ricorrere all’ accertamento tecnico e alla conciliazione preventivi prima di varcare l’aula di un tribunale, mentre dall’altro canto l’onere della prova passerebbe dal medico al cittadino, che se vuole fare causa dovrebbe dimostrare lui di aver subito un danno per negligenza o imperizia del dottore. Un ribaltone che ha già provocato l’irata reazione del Tribunale dei diritti del malato. «Un provvedimento scritto pensando più ai medici che hai cittadini», tuona il coordinatore Tonino Aceti. «Si fa ricadere l’onere della prova sul soggetto più debole, che quando è sotto anestesia -spiega- non può certo individuare le responsabilità del medico e che comunque ha difficoltà ad accedere alle informazioni, visto che anche le cartelle cliniche sono spesso incomprensibili e incomplete». La Lorenzin parla invece di «risultato storico e di svolta nella lotta alla medicina difensiva, che consentirà ai medici di lavorare in serenità e ai pazienti di veder tutelati in modo diretto i propri diritti». Mentre per il relatore Federico Gelli, responsabile sanità del Pd, «il cittadino avrà più certezze di ottenere gli indennizzi in tempi rapidi». La legge per le controversie civili e penali di natura sanitaria più controverse introduce poi di fatto un albo dei superperiti ai quali i giudici dovranno attingere per le consulenze tecniche. Previsto infine un fondo di garanzia per le vittime di malasanità e l’obbligo di assicurazione per asl, ospedali e cliniche. I costi più elevati delle polizze hanno infatti spinto sempre più asl ad autoassicurarsi con l’accantonamento di fondi ad hoc, che l’Ania ritiene insufficienti a garantire rimborsi alle vittime di malasanità. Sanità24 Responsabilità professionale. Plauso con riserva da Fnomceo e sindacati Arriverà in Aula di Montecitorio dopo l'approvazione della legge di Stabilità, presumibilmente a gennaio, ma per ora il disegno di legge sulla responsabilità professionale sanitaria e sul rischio clinico, approvato ieri dalla Commissione Affari Sociali della Camera e ora al vaglio delle Commissioni competenti, sta incassando un coro di consensi da parte della classe medica, che però non fa sconti su alcuni punti controversi del testo. Chersevani (Fnomceo): «Bene per la rapidità, ma vigileremo sul testo» «Un plauso alla Commissione Affari sociali della Camera e al relatore, Federico Gelli, per aver definito una materia così complessa come quella sulla responsabilità professionale in tempi rapidi. Nel merito, ci riserviamo di esprimere una valutazione più approfondita sui contenuti del provvedimento dopo un esame collegiale da parte del Comitato centrale». Così la presidente della Fnomceo, Roberta Chersevani «Seguiremo con attenzione e responsabilità l'iter legislativo, offrendo come di consueto il nostro contributo di idee per giungere a una soluzione adeguata per la tutela della salute e dei cittadini e della professione medica». Per Anaao: «Luci e ombre» È un giudizio sostanzialmente positivo, ma non privo di ombre quello che l'Anaao Assomed esprime nei confronti del ddl sulla responsabilità professionale approvato ieri alla commissione Affari Sociali della Camera. Il primo dato da apprezzare è avere riunito tutti i vari progetti di legge per arrivare finalmente all'iter per la discussione in Parlamento, un segnale dell'attenzione del mondo politico, e del relatore in particolare, verso un tema su cui si sono versati fiumi di parole nell'arco di 20 anni senza che si fosse mai giunti ad una ridefinizione legislativa. Positivo anche il richiamo alla centralità di un sistema di risk management all'interno di ogni azienda sanitaria sia pubblica che privata. La novità più rilevante è nel passaggio dalla responsabilità contrattuale a quella extracontrattuale per il medico dipendente, che comporta che la colpa del sanitario deve essere provata da chi pretende il risarcimento, dando maggiore serenità al sistema delle cure dal punto di vista assicurativo anche ai molti giovani che vivono attualmente nel precariato. I punti da ridiscutere I dubbi arrivano invece nell'identificazione delle linee guida esimenti in quelle prodotte dalle Società Scientifiche iscritte in un apposito elenco. Forse, sarebbe stato meglio parlare di comunità scientifica e non demolire il Pnlg (Piano Nazionale Linee Guida), praticamente cancellato dalle mitragliate di tagli lineari delle finanziarie passate, e rafforzare un organismo indipendente più vicino all'esperienza della Cochrane Collaboration che ad astratti elenchi che non sono altro che un atto di fede. Assolutamente non condivisibile è, invece, l'approccio scelto per modificare la responsabilità amministrativocontabile (la temutissima rivalsa) ovvero la possibilità che al professionista venga richiesto di sborsare denaro in conseguenza del risarcimento, a causa dell'emergere dal testo di molteplici fattispecie di possibili rivalse. Ci sarà tempo e modo di migliorare il testo durante l'iter parlamentare. Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale Intanto non possiamo che apprezzare la volontà di porre un freno all'aumento dei contenziosi, spesso del tutto velleitari, e all'auspicabile riduzione dei premi assicurativi, anche se non si è avuta la forza e il coraggio di avvicinarci a modelli europei solidi e sperimentati in cui la possibilità di subire 3 procedimenti giudiziari (penale, civile e amministrativo-contabile) semplicemente, non esiste. Ora sono in molti a salire sul carro dei meriti, ma chiunque pensi di avere sminato in extremis le ragioni della mobilitazione del 28 novembre e dello sciopero del 16 dicembre si disilluda. Cimo: soddisfatti ma ora subito approvazione «Siamo soddisfatti per l'approvazione del Ddl sulla responsabilità professionale ma il percorso è ancora lungo. Chiediamo al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e al Parlamento tempi rapidi per l'approvazione definitiva». Lo chiede il presidente della Cimo Riccardo Cassi, che però sottolinea: «Il percorso parlamentare non è ancora concluso, già altre volte Ddl licenziati dalle Commissioni non sono mai giunti all'approvazione definitiva, ma questa volta c'è l'appoggio del ministro della Salute, che più volte si è espressa pubblicamente a favore del provvedimento. Ci auguriamo quindi che la legge in tempi rapidi possa essere approvata definitivamente». 23 Novembre Quotidiano Sanità Responsabilità professionale. E alla fine il medico rinuncia all’alleanza con il malato e alla sua autonomia clinica, pur di stare tranquillo Dispiace constatarlo ma è così. Il ddl appena approvato dalla Commissione Affari Sociali della Camera sancisce infatti la perdita della libertà di azione del medico che si troverà vincolato a linee guida che diventano non più strumenti facoltativi di consultazioni ma strumenti vincolativi e dall’altro scarica sul malato l’onere della prova in barba al rapporto di fiducia medico/paziente Sabato mattina (l’altro ieri) ero al V Congresso Aio (Qs 20 novembre 2015). Dopo la mia relazione di apertura si sono succeduti altri relatori tra i quali un avvocato cassazionista (Maddalena Giungato) che, a un certo punto del suo discorso, ha fatto un inciso piuttosto critico sul testo unificato appena approvato alla Camera “Disposizioni in materia di responsabilità professionale...ecc) che mi ha colpito per due ragioni: · questo avvocato per professione difende abitualmente i medici in tribunale, cioè conosce bene la trincea; · i suoi giudizi contrastano con quelli positivi sul ddl che avevo letto di Fnomceo e dei sindacati (vedi diversi commenti su QS del 20/21 novembre 2015). Le obiezioni più incisive riguardavano: · l’art. 3 quindi l’istituzione del difensore civico quale garante del cittadino che “può essere adito gratuitamente” da tutti, “direttamente o mediante un proprio delegato per la segnalazione anche anonima di disfunzioni del sistema dell’assistenza sanitaria”; · l’art. 4 che istituisce presso l’Agenas “l’osservatorio nazionale sulla sicurezza in sanità” che deciderà “idonee misure” sul problema senza che sia prevista alcuna rappresentanza della professione (si parla genericamente di ausilio delle società scientifiche); · l’art. 7 che prevede l’azione di rivalsa della Asl nei confronti del medico (nella misura massima di un quinto della retribuzione mensile con una serie di interdizioni professionali) e delle assicurazioni. Incuriosito non poco, appena arrivato a casa, mi sono andato a leggere il testo, scoprendo non solo che i giudizi dell’avvocato cassazionista non erano per niente strampalati, ma che dal punto di vista della “questione medica”, le cose erano ben più drammatiche: i medici forse, ripeto forse, con quella proposta rimediavano qualcosa (Cassi Qs 20 novembre 2015), ma come professione certamente ne uscivano malissimo. In altre parole: quando la pezza è peggiore del buco. Subito mi è come scoppiata in faccia la contraddizione: · da una parte il senso della manifestazione del 28 novembre, di emancipazione quasi di liberazione della professione dai tanti dispotismi ai quali è sottoposta; · dall’altra il senso di sottomissione della professione che per risolvere il problema del contenzioso legale accettava di rinunciare niente meno che alla sua autonomia clinica. Chiedo, soprattutto a Roberta Chersevani, emancipazione e sottomissione possono stare nella stessa rivendicazione? Le mie riflessioni: · l’istituzione del difensore civico cioè un garante dei cittadini significa che i medici rinunciano a recuperare un rapporto fiduciario con i loro malati combattendo il contenzioso legale “semplicemente” rifondando le loro relazioni di cura; · i medici con questa proposta di legge non sono più i garanti storici che sono sempre stati dei loro malati, diventandone di fatto le controparti; la famosa alleanza terapeutica va a farsi benedire; · si prevede “l’anonimia” della segnalazione, come se il medico fosse un criminale pericoloso, ma in questo modo non solo si favorisce la diseducazione sociale dei cittadini (che ricordo oltre che avere dei diritti hanno dei doveri), ma il medico diventa il parafulmine di tutta la malasanità, cioè tutte le disfunzioni del sistema gli saranno addebitate (l’art. 3 parla di “disfunzioni del sistema”). La disfunzione diventa malpractice; Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale · l’osservatorio, senza la presenza dei medici, dà l’idea di una professione sotto tutela, probabilmente suggerita da una fraintesa idea di neutralità dell’organismo stesso, ma le società scientifiche (lo dico ovviamente con il massimo rispetto) non sono la stessa cosa dei medici nei servizi, come la teoria non è la stessa cosa della pratica; · l’azione di “rivalsa” delle aziende vuol dire scaricare il contenzioso sulle assicurazioni. Ciò ha due significati uno politico e uno pratico: il primo è che con la rivalsa tutta la responsabilità diventa individuale quindi non c’è più l’attenuante della responsabilità organizzativa (la Fnomceo che su questi problemi ha fatto tanti convegni deve dire addio al Swiss Cheese Model per la gestione del rischio clinico); il secondo è che se le rivalse saranno onerose lo saranno anche i premi da pagare. Ma la lettura del testo del ddl ha rivelato altre magagne: · tutta l’organizzazione necessaria a far camminare la proposta di legge e descritta nell’art. 2 (attività di gestione del rischio sanitario), art. 3 (difensore civico), art. 4 (osservatorio nazionale) è rigorosamente a costo zero, cioè il ddl rischia di essere una petizione di principio dal momento che non prevede nessun finanziamento dedicato...e in tempi di definanziamento con le aziende che dovranno finanziarsi anche le coperture assicurative, non è uno scherzo; · il ddl legittima di fatto la medicina difensiva per mezzo di un sistema sovrano di linee guida, che con il ddl diventano non più strumenti facoltativi di consultazioni ma strumenti vincolativi. A parte il problema importante sollevato da Gallone (QS 20 novembre 2015) di chi fa le linee guida e di quali linee guida, è evidente che per non incorrere in alcuna responsabilità professionale, cioè per essere invulnerabile, il medico ne farà un uso cautelativo generalizzato. Addio autonomia clinica. A questo punto mi chiedo: · perché mai con il “decreto appropriatezza” i medici hanno gridato per difendere giustamente la loro autonomia in pericolo e ora che con questo ddl la loro autonomia rischia di essere integralmente amministrata dalle linee guida, non dicono niente? Anzi si dichiarano d’accordo? · come si risolve la contraddizione evidente che c’è tra sicurezza delle cure (art. 1) e autonomia clinica come prima condizione della appropriatezza? · come si può evitare che l’appropriatezza (per me propriety) sia ridotta a mero proceduralismo? · come è possibile che l’autonomia sia un valore categorico non negoziabile nel caso delle sanzioni e sia un valore relativo negoziabile nel caso della responsabilità professionale? · che fine ha fatto la tanto citata “centralità del malato”? · quale professione sarebbe quella che, per diventare invulnerabile cioè proteggersi le terga, si vende la ragione fondante del suo modo di essere? E’ del tutto evidente che con questa proposta di legge i medici rischiano di passare alla storia come degli opportunisti a etica variabile. Invece di superare il self interested che tanto li ha screditati e tanto ci costa, di fatto hanno accettato di metterlo a regime. Chi se ne frega dell’autonomia e della questione medica! L’importante è essere invulnerabili cioè farla franca! E questo, è bene che si sappia, non giova all’immagine già molto compromessa della professione. Se per essere invulnerabile devo da una parte scaricare l’onere della prova sul malato e dall’altradiventare una lavatrice obbediente, chi se ne frega. Io la notte voglio dormire tranquillo. Non so se l’inversione dell’onere della prova sia incostituzionale come sospetta Tonino Aceti (QS 20 novembre 2015) so però che: · è una sciocchezza correre dietro all’infallibilità perché la medicina è fallibile; · non è nobile che un medico per essere invulnerabile renda vulnerabile ancor di più il proprio malato. Il malato per far fronte a questo nuovo onere dovrebbe avere (conoscenze empiriche a parte) conoscenze scientifiche che non ha, avere l’accesso che non ha a tutte le informazione che lo riguardano, avere a disposizione prove chiedendole a chi non ha nessun interesse a dargliele....insomma come fa materialmente un malato comune a provare la responsabilità del medico nelle migliaia e migliaia di casi clinici diversi con tutte le loro infinite complessità? Forse ha ragione Cassi quando dice che la proposta di Gelli contribuisce a riportare “serenità nel lavoro del medico”, ma a quale prezzo? Possibile mai che per risolvere il contenzioso legale si debba rompere con i malati...acuendo a dismisura la “questione medica”? Vi rendete conto o no del significato di questa storica rottura? Mi chiedo a questo punto quale sia il senso reale della manifestazione nazionale del 28. Per cosa ci si batte? Lo chiedo a Troise che anche nel suo ultimo appello alla partecipazione si preoccupa dei malati e dei loro diritti e usa la metafora della trivial machine (Qs 18 novembre 2015). Ci battiamo: · per un medico che per deresponsabilizzarsi di fatto ha trovato il modo di scaricare la colpa sul malato accettando di essere come una lavatrice? · per un medico capace che a partire dal fallibilismo inevitabile della medicina costruisce prima di tutto una relazione fiduciaria e responsabile con il proprio malato e con la società? Questa proposta di legge sulla responsabilità professionale è a dir poco paradossale: · da una parte vi è il medico senza colpa e quindi invulnerabile perché infallibile; Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale · dall’altra invulnerabilità e infallibilità si basano sulla riduzione del medico ad una macchina banale. Ma vi rendete conto di cosa state combinando e di quale pessimo affare state facendo? Ci vediamo alla manifestazione. Ivan Cavicchi Ps:a proposito di significati giuridici suggerisco di leggere ciò che scrivono: · il presidente “dell’osservatorio sanità” degli avvocati, Francesco Lauri che a proposito di responsabilità professionale teme il “rischio dell’ennesimo buco nell’acqua” (QS 10 ottobre 2015). · Giovanni Pasceriun altro avvocato cassazionista che parla di occasione persa (QS 22 settembre 2015). Quotidiano Sanità Responsabilità professionale. Intervista a Chiantera (Aogoi): “Con approvazione ddl è stato fatto un primo passo. Ora bisogna però resistere all’attacco delle lobby” Così il segretario nazionale dell’Associazione ostetrici e ginecologi italiani interviene sul disegno di legge approvato la scorsa settimana in commissione Affari Sociali alla Camera. Quanto al possibile inserimento di una parte del testo nella prossima legge di stabilità: "L’immediata necessità di dover assumere 4mila medici, e dunque la necessità di reperire nell'immediato nuove risorse, potrebbe spingere il Governo ad accelerare i tempi" 26 NOV - "Non bisogna ancora illudersi, l'approvazione del ddl sulla responsabilità professionale da parte della commissione Affari Sociali è un primo passo importante ma non decisivo. La parte più difficile deve ancora arrivare: si dovrà resistere agli attacchi delle lobby". Così in quest'intervista rilasciata a Quotidiano Sanità, il segretario nazionale dell'Associazione ostetrici e ginecologi italiani (Aogoi), Antonio Chiantera, interviene sul dibattito intorno al disegno di legge sulla responsabilità professionale approvato la scorsa settimana in commissione Affari Sociali alla Camera. Dottor Chiantera, ieri il responsabile sanità del Pd, Federico Gelli, ha anticipato la volontà del Governo di inserire una parte del testo del ddl sulla responsabilità professionale all'interno della prossima legge di stabilità. Dopo un decennio di attesa siamo ad un passo dalla nuova legge, che ne pensa? Mi auguro che una parte del testo venga inserita all’interno della legge di stabilità e che sia dunque immediatamente approvato, ma non bisogna pensare che la soluzione sia così semplice. Chi oggi pensa che con l’approvazione del testo da parte della commissione Affari Sociali il più sia fatto si illude. È adesso che arriverà la parte più difficile, si dovrà resistere all’attacco di quelle lobby che, al momento, non si sono ancora scatenate. Quanto al contenuto del testo, che idea si è fatto? Si deve riportare serenità nel rapporto tra medico e paziente. È nell’interesse di tutti combattere la medicina difensiva e non solo quella attiva, ma anche quella passiva, ossia quelle procedure che potrebbero essere utili al malato ma considerate rischiose. Questa è una partita fondamentale per il futuro del nostro sistema sanitario. Noi, come Aogoi, portiamo avanti da lunghi anni questa battaglia. Già ai tempi in cui Giovanni Maria Flick era ministro della Giustizia riuscimmo ad arrivare alla stesura di un testo condiviso che non trovò, però, mai applicazione a causa della caduta del Governo guidato allora da Romano Prodi. Come dicevo, è dunque necessario recuperare un rapporto di tranquillità con il paziente. Oggi medico e paziente si approcciano con reciproco sospetto, va rifondata un’alleanza. Nei giorni scorsi, però, proprio Cittadinanzattiva ha bocciato il testo di questo disegno di legge puntando in particolare il dito contro l'inversione dell'onere della prova. Ieri, poi, lo stesso Collegio italiano dei chirurghi ha detto di non volere una legge ‘salva medici’, spiegando che ormai il fenomeno della medicina difensiva è radicato nella prassi medica e dunque difficilmente si riuscirà a contrastarlo. Cittadinanzattiva forse si esprime in questo modo per tentare di darsi un ruolo in questo contesto. Ovunque e in ogni circostanza, se io muovo un accusa devo al contempo avere l’onere di portare le prove. Funziona così in ogni contesto. Solo nel campo medico, ormai 30-40 anni fa, si arrivò ad un’inversione dell’onere della prova da parte della magistratura che decise di andare contro l’allora classe medica ‘dominante’. Anche il Cic, se avesse riflettuto più a lungo, non avrebbe usato quelle parole. È ovvio che la medicina difensiva non si potrà eliminare da un giorno all’altro. Non è come un interruttore che si può spegnere con un solo gesto. Ma dando più tranquillità ai medici ed eliminando le cause alla base, si potrà nel tempo, lentamente e progressivamente, limitare il fenomeno della medicina difensiva. Le misure contenute nel ddl in tema di assicurazioni la soddisfano? Quello delle assicurazioni è un problema fondamentale. I giovani oggi sono costretti a pagare spese assicurative che possono arrivare fino a 15mila euro l’anno. Tutto ciò contribuisce a far sì che scelgano specializzazioni a ‘basso rischio’. E così accade che le nostre scuole di chirurgia restano deserte e la ginecologia va morendo. Se non si risolve il problema, in Italia, arriveremo a non avere più medici. Insomma, non crede che il Governo voglia davvero inserire questo provvedimento nella stabilità? Eppure avrebbe tutto l’interesse visto che in questo modo si potrebbe trovare soluzione anche al problema legato alle nuove necessarie assunzioni dovute all’entrata in vigore della direttiva Ue sugli orari di lavoro. Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale Poiché la coperta è corta, Renzi sarà costretto alla fine a decidere se tirarla da un lato o dall’altro. L’immediata necessità di dover assumere 4mila medici, e dunque la necessità di reperire nell'immediato nuove risorse, potrebbe spingere il Governo ad accelerare i tempi e a non farsi condizionare dalle lobby. Giovanni Rodriquez CASI 1 Novembre La Repubblica Roma Muore allo Spallanzani “Due medici a processo” FRANCESCO SALVATORE NON poteva parlare né deglutire, né bere liquidi. Era in queste condizioni Jacopo Luchetti, il giovane di 26 anni morto nel settembre 2014 dopo essere stato ricoverato per una grave forma di mononucleosi. Per la vicenda la procura ha chiesto il rinvio a giudizio di due medici del reparto di Infettivologia dello Spallanzani. L’accusa nei loro confronti è omicidio colposo. SEGUE A PAGINA XX Giovane morto allo Spallanzani “Medici a processo” «DALLA PRIMA DI CRONACA FRANCESCO SALVATORE RISCHIANO il processo i due medici del reparto di Infettivologia dello Spallanzani in servizio nei giorni in cui il giovane Jacopo era stato ricoverato, il 24 e 25 agosto del 2014. Il pm Nadia Plastica ne ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di omicidio colposo. Secondo il pm i due, nei giorni di ricovero, nonostante le condizioni in cui si trovava il giovane — una gola talmente gonfia che non riusciva a bere e parlare — e nonostante le terapie farmacologiche non avessero fatto registrare miglioramenti, non sarebbero intervenuti tempestivamente con una tracheotomia o un’intubazione. Misura, questa, che avrebbe permesso al ragazzo di poter respirare, non entrare in coma, e morire poco più di dieci giorni più tardi nel reparto di terapia intensiva. I due medici indagati sono Andrea Mariano e Ubaldo Visco Comandini. Il primo, tra l’altro, ha fatto parte dell’équipe che ha salvato la vita al medico di Emergency che si era ammalato di Ebola in Africa. Jacopo, nell’agosto dello scorso anno, era entrato in ospedale che respirava a fatica, con la gola gonfia e la febbre alta. Prima al pronto soccorso del Gemelli, dove gli avevano riscontrato una forma di mononucleosi e poi era stato trasferito allo Spallanzani, dove era stato ricoverato per alcuni giorni, prima che una crisi respiratoria lo mandasse in coma e lo portasse alla morte. 2 Novembre Il Resto del Carlino Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale 4 Novembre Giornale di Sicilia Morì in sala operatoria, medico condannato a risarcire i familiari di Vincenzo Falci CALTANISSETTA - Medico condannato a risarcire i familiari della vittima di un presunto caso di malasanità. Lo ha stabilito ieri la corte d’Appello che ha riformato la precedente sentenza con con cui l’anestesista Federico Zarcone (difeso dagli avvocati Marzia Maniscalco e Calogero Noto Millefiori) era stato assolto per omicidio colposo. E il primo verdetto, sotto il profilo penale, è divenuta definitivo perché non appellato dalla procura. Ma sono stati i familiari della vittima, l’ex calciatore Giuseppe Donzella (assistiti dagli avvocati Pietro Sorce e Roberta Donzella), ad impugnare quel pronunciamento. Così da ritrascinare il aula il professionista ma per le sole statuizioni civili. E ieri la corte d’Appello presieduta da Salvatore Cardinale (consiglieri Giovanni Carlo Tomaselli e Miriam D’Amore) ha riformato il precedente pronunciamento condannando il medico al pagamento dei danni, la cui entità sarà poi stabilita dal giudice civile. Il sostituto pg, Fernando Asaro, ha proposto la conferma del precedente verdetto. 5 Novembre La Repubblica Firenze Morto a Siena dopo l’intervento Saccardi: parentela non c’entra MICHELE BOCCI «È giusto che siano accertate le responsabilità di quanto successo ma indipendentemente da legami di parentela, che nulla hanno a che vedere in un caso di presunta colpa professionale ». Sul caso del figlio del direttore generale delle Scotte, Pierluigi Tosi, che lavora nello stesso ospedale ed è finito sotto inchiesta con altri 27 colleghi per la morte di un uomo operato alla prostata, l’assessore alla Sanità Stefania Saccardi sceglie una linea piuttosto morbida: «Valuteremo l’opportunità di una convivenza nella stessa azienda ma non è stato il padre a chiamare il figlio ad operare, visto che il medico era già lì in base a una convenzione precedente ». Tosi jr è dipendente della Asl di Siena e in effetti lavorava alle Scotte in base a una vecchio accordo tra le direzioni che permetteva ai chirurghi degli ospedali della provincia di usare il robot. Tra l’altro è comunque sul punto di passare all’azienda ospedaliera, visto che il padre quest’estate ha fatto una delibera per aprire alla mobilità in entrata al fine di rinforzare il suo reparto di urologia. Il figlio è in testa tra i pretendenti e il manager ha interpellato l’avvocatura regionale e l’autorità nazionale anti corruzione per sapere se procedere all’assunzione. In Toscana c’è un atto di legge voluto dal governatore Rossi che dovrebbe evitare casi la presenza di parenti tra i quali ci sia un rapporto gerarchico. È assai più dura la posizione sulla vicenda Stefano Mugnai di Forza Italia, per il quale è già strano il dato di partenza: «Davvero in sala c’era il figlio del direttore generale del policlinico? ». Mugnai, vicepresidente della commissione sanità, ha presentato un’interrogazione. «È vero che, come riporta la stampa, in sala operatoria c’era un professionista figlio del direttore generale dell’azienda ospedaliero-universitaria di Siena? E quali sono le descrizioni del rischio clinico sul decesso accaduto? Quanti interventi di chirurgia robotica per il trattamento del tumore alla prostata sono stati eseguiti nel 2014 e nel 2015?». Mugnai chiede anche di sapere quello di cui è a conoscenza l’assessorato. «Letto dell’azione legale presentata dalla famiglia del paziente defunto per questo ennesimo caso di malasanità toscana — prosegue — si ritiene opportuno verificare le indagini di audit interno svolte dal rischio clinico relativamente al triste accaduto ». Il paziente, 68 anni, è stato operato il 15 ottobre scorso per una prostatectomia resa necessaria dalla presenza di un tumore. Si è deciso di usare il robot perché permette una chirurgia meno invasiva. Nel corso dell’operazione, però, il paziente ha subito una perforazione dell’intestino, la cui causa deve essere chiarita dall’indagine aperta dalla procura senese. Il paziente è rientrato in camera sua ma stava male, avava dolori. Intorno alle 21 i medici del reparto di urologia hanno deciso di riportarlo in sala operatoria. Hanno così trovato una perforazione all’intestino e sono intervenuti per risolvere il problema. Dopo l’operazione il sessantottenne è stato trasferito in rianimazione, dove è rimasto fino al 28 settembre, quando è morto a causa di una setticemia. La moglie, il figlio e la figlia, assistita dall’avvocato Massimo Rossi, hanno fatto un esposto alla procura della repubblica. E’ così stato aperto il fascicolo dove il pubblico ministero Fabio Maria Gliozzi ha deciso di iscrivere ben 28 persone, cioè tutti i professionisti che a vario titolo hanno seguito quel paziente dal momento in cui è entrato alle Scotte fino al momento della morte. Coinvolgere così tante persone è anche un modo per permettere a tutti gli indagati di partecipare tramite i loro periti alla autopsia. Lunedì scorso è stata eseguita l’autopsia, sulla quale l’avvocato Rossi ha avuto molto da ridire. Il pm Gliozzi infatti ha nominato come suo consulente il professor Mario Gabbrielli, che dirige la medicina legale delle Scotte. Secondo l’avvocato è quindi una figura troppo di parte, che tra l’altro risulta tra i membri della commissione sinistri dell’azienda ospedaliera, quella che appunto valuta il valore del danno prodotto dagli errori commessi dai dipendenti dell’ospedale. Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale 12 Novembre La Stampa Morta durante il parto: denunciati 4 chirurghi per omicidio colposo Visitata una sola volta in due giorni di ricovero: ancora in condizioni critiche la bambina ricoverata all’ospedale di Cuneo Soltanto una visita medica durante un ricovero durato 44 ore, quasi due giorni. Malgrado la paziente, una ragazza di 26 anni alla 41esima settimana di gravidanza, lamentasse contrazioni fortissime e difficoltà a respirare. È questo l’aspetto più delicato che emerge dagli approfondimenti, disposti dalla Procura, per la morte di Andreia Da Silva. La donna è deceduta all’alba dello scorso 21 ottobre, dopo il parto cesareo d’urgenza all’ospedale Agnelli di Pinerolo. Nemmeno l’autopsia sul corpo della giovane brasiliana è riuscita ancora a spiegare la causa del decesso. Il pm Raffaele Guariniello aveva aperto un fascicolo, inizialmente senza indagati, per omicidio colposo. Adesso, di quell’accusa, potrebbero rispondere quattro chirurghi. I carabinieri del Nas hanno denunciato Monica Serra, ginecologa di 48 anni, e altri tre specialisti in ostetricia, tutti dipendenti dell’Asl To3: Andrea Ciancio, 53 anni, Roberta D’Amico di 45 e Paola Arese, 51 anni. Sono i medici in turno al reparto dove si trovava ricoverata la ragazza. E che si sarebbero resi responsabili di gravi leggerezze. Sul diario medico della paziente, non ci sarebbe traccia di nessuna valutazione clinica e nemmeno della sua pressione arteriosa: mancherebbe persino la scheda di rilevazione della temperatura corporea. Dettagli importanti, ora al vaglio della Procura, che al momento ha avuto conferma dell’unica visita medica a cui è stata sottoposta la partoriente. Sarebbe stata eseguita alle 2,15, poche ore prima di quella corsa in sala operatoria. E della nascita della bambina, affetta da una grave crisi respiratoria e subito trasferita al Santa Croce di Cuneo. Il ritardo Andreia Da Silva si presenta in ospedale accompagnata dal marito, Michele Morasco, 29 anni, la mattina di giovedì 19 ottobre. Il passaggio al pronto soccorso e poi il ricovero in Ostetricia, alle 11. Secondo i calcoli del medico curante, la gravidanza si sarebbe dovuta concludere la settimana precedente. I coniugi chiedono se è possibile effettuare il cesareo. I dottori scelgono di indurre il parto. In caso di insuccesso, l’intervento era stato programmato per mercoledì mattina. Le condizioni di Andreia precipitano la sera precedente. Fa fatica a respirare. Vomita. Alle 4 di notte Michele chiama l’infermiera: sua moglie è in bagno, è crollata a terra e perde sangue. Viene predisposta la sala per il cesareo d’urgenza. La piccola Aurora viene al mondo venti minuti prima delle 6. Alle 7, dopo una serie di arresti cardiaci, il cuore della mamma smette definitivamente di battere. Giallo sulle cause L’autopsia, eseguita il sabato successivo dal medico legale Fabrizio Bison e dal ginecologo Mario Campogrande, non è ancora riuscita a dare risposte univoche sulle cause del decesso. Un caso complesso, insomma. La morte potrebbe essere stata provocata da un’embolia polmonare, come ipotizzato dagli stessi medici dell’Agnelli di Pinerolo, oppure da una complicazione della stessa gravidanza. Resta però l’ipotesi di un errore medico. Quello di cui è convinto Michele Morasco, che circondato dagli amici, alla notizia della scomparsa della moglie, ripeteva: «Me l’hanno lasciata morire». Un giallo che potrà essere risolto soltanto dall’esito degli esami istologici, attesi per la fine del mese. Si tratta di analizzare al microscopio alcuni campioni di tessuto. I funerali di Andreia Graciely Simao Da Silva si sono svolti in Brasile, dopo la messa celebrata, giovedì scorso, nella parrocchia di Piscina. Il paese dove abitava la giovane coppia, che si era sposata nel luglio 2014. Una comunità stretta attorno a un ragazzo di 29 anni distrutto dal dolore, che oggi chiede giustizia. 13 Novembre Giornale di Sicilia Coma dopo anestesia, confermate condanne per medico e infermiere a Catania La vicenda di un architetto in coma vegetativo da cinque anni a seguito di un intervento chirurgico CATANIA. La terza Corte d'appello di Catania ha confermato la condanna a sei mesi ciascuno di reclusione, pena sospesa, dell'infermiere Carlo Terrano e del medico anestesista Silvio Budello, entrambi dell'ospedale Garidaldi di Catania, imputati di lesioni gravissime nei confronti dell'architetto Giuseppe Marletta, in coma vegetativo da cinque anni a seguito di un intervento chirurgico. La sentenza conferma quella di primo grado, emessa il 23 aprile del 2014, dal giudice monocratico di Catania Giuseppina Montueri, che ha anche disposto una provvisionale di 80 mila euro per la moglie e i figli dell'uomo. Il Pg aveva chiesto la revisione della sentenza per il medico, sollecitando l'assoluzione di Budello, e la conferma della condanna per l'infermiere. Marletta, 47 anni, è in coma vegetativo dall'1 giugno 2010, quando nell'ospedale Garibaldi-Nesima si sottopose a una anestesia generale per la rimozione dei punti di sutura in metallo che gli erano stati applicati alla mascella dopo l'asportazione del frammento di una radice dentale. Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale 14 Novembre Quotidiano di Puglia Muore dissanguato in ospedale: aperta un'inchiesta Muore dissanguato in ospedale, chiesta l’autopsia e sequestro della cartella clinica. È morto nel reparto di medicina dell’ospedale Giannuzzi di Manduria, dopo avere perso molto sangue, pare a causa di un’ulcera perforata, il 75enne D.Q. originario di Torre Santa Susanna e residente ad Avetrana. Per chiarire le esatte cause che hanno determinato il decesso, la figlia del defunto ha conferito mandato all’avvocatessa Carla Culiersi del Foro di Lecce, la quale ha presentato ieri mattina presso la Compagnia dei carabinieri di Manduria, un esposto indirizzato al procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, con istanza di richiesta di sequestro ed esame autoptico. Secondo quanto descritto dalla figlia, l’uomo ha iniziato a sentirsi male e ad accusare disturbi allo stomaco martedì 10 novembre nel pomeriggio. A tal proposito è stato richiesto l’intervento della guardia medica che, dopo avere tranquillizzato il paziente, ha anche consigliato, in caso di ulteriori dolori e disturbi di chiamare il 118. Sicchè, come viene riportato nell’esposto, verso le 3.30 il 75enne ha iniziato a vomitare sangue scuro, di conseguenza, la figlia ha chiesto l’intervento del 118 che ha provveduto al trasporto dell’anziano presso il pronto soccorso dell’ospedale Giannuzzi di Manduria. Dopo aver effettuato alcuni accertamenti diagnostici, l’uomo è stato ricoverato nel reparto di medicina. Alle 9 del mattino, la figlia ha chiesto informazioni sulle condizioni del padre e le sarebbe stato riferito che lo stesso non aveva bisogno di alcuna assistenza e che stava benone, al contrario esattamente sette ore dopo l’uomo è deceduto. Fatto sta che nelle prime ore del pomeriggio i sanitari hanno comunicato che l’anziano era stato trasferito nel reparto di rianimazione, dove però, a dire della figlia, non sarebbe mai arrivato. Da premettere che, secondo quanto riportato nell’esposto, malgrado l’evidente emorragia, il paziente non sarebbe stato sottoposto né a gastroscopia né ad un eco addome. Nell’esposto, infatti, viene riportato testualmente «non si comprende perché non siano stati effettuati subito esami endoscopici specifici, peraltro mai eseguiti, e non si capisce perché i sanitari non siano intervenuti chirurgicamente per fermare l’emorragia in atto, così come non si comprende il ritardo nel reperire le sacche di sangue, giunte in ospedale dopo che il paziente era già deceduto». Il pm di turno dottoressa Lucia Isceri ha disposto l'autopsia e il sequestro delle cartelle cliniche. 17 Novembre Corriere dell’Alto Adige «Paziente morta, le provette furono scambiate» San Maurizio, il perito del gip conferma l’errore medico e scagiona lo staff sanitario BOLZANO Le provette degli esami del sangue di Shakuntala Lal, la donna indiana di 62 anni morta il 15 dicembre 2014 all’ospedale di Bolzano, e quelle di una donna di 99 anni anch’essa ricoverata al San Maurizio negli stessi giorni furono effettivamente scambiate. Lo mettono per la prima volta nero su bianco i periti del gip Andrea Pappalardo Marco Scaglione di Milano e l’ausiliario patologo Giovanni Scola, che nel corso dell’incidente probatorio — chiesto dalla Procura per accertare le cause della morte della donna — hanno esposto al giudice le risultanze dell’analisi condotta sui referti clinici del ricovero e sui tessuti prelevati dal corpo dopo il decesso. L’esame è stato condotto non solo in contraddittorio con il consulente del pm Andrea Sacchetti, dottor Sandro La Micela, e con quello del marito della donna, che si è costituito parte civile assistito dall’avvocato Amanda Cheneri (la legale ha nominato come consulente il dottor Roberto Rondinelli) ma anche con quelli dei tredici medici e dei tre paramedici indagati per concorso in omicidio colposo per il decesso della donna. Poiché periti e consulenti hanno effettuato le proprie valutazioni sulla base del referto dei radiologi sulla Tac svolta sulla donna il 15 dicembre 2014, e non sulla Tac vera e propria, il giudice ha accolto la richiesta della Procura di acquisire agli atti anche l’esame e di farlo analizzare radiologi . La prossima udienza è stata fissata per l’8 aprile 2016 alle 9,30. Intanto però i periti hanno già potuto ricostruire il percorso che ha portato la donna alla morte, escludendo però da un lato che gli esami svolti su di lei nei primi accessi all’ospedale evidenziassero un pericolo per la vita della donna, dall’altro che lo scambio di provette abbia provocato gli infarti — alla fine furono tre — che causarono la morte della donna. Shakuntala Lal andò al pronto soccorso una prima volta il 4 dicembre 2014 con dolori addominali e nausea. Gli esami del sangue evidenziarono globuli bianchi alti ed ematocrito basso, segno di una possibile infezione in corso. I medici le diedero due antibiotici e le chiesero di tornare il 9 dicembre. In quella data avvenne lo scambio di provette. Sulla base degli esami di una donna di 99 anni i valori di Shakuntala Lal parevano essersi sistemati: i medici le tolsero un antibiotico e la dimisero. All’anziana invece, sulla base degli esami della paziente indiana, furono fatte prima due trasfusioni e poi, poiché la donna non le resse non avendone bisogno, due salassi. A quel punto i medici si resero conto dello scambio di provette e fecero andare a prendere d’urgenza a casa l’indiana, che rientrò in ospedale il 13 dicembre. La donna fu sottoposta a una Tac solo il 15 dicembre poche ore prima di morire: l’esame evidenziò la presenza di due infarti in corso ma non il terzo, quello miocardico acuto che alle 18 la portò alla morte. Sil. Fa. Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale La Repubblica Bari Non si accorsero di garza 4 mesi ai neurochirurghi La donna fu operata a Milano per tumore al cervello: lì si verificò la dimenticanza ma i medici assolti. La morte poi al Policlinico GABRIELLA DE MATTEIS ALL’ISTITUTO neurologico “Carlo Besta” di Milano era arrivata per essere sottoposta a un intervento per la rimozione di un tumore, ma durante l’operazione l’équipe ha dimenticato “un cotonino chirurgico”. E quando dopo due mesi Franca S., di 47 anni, madre di due bambini, è stata ricoverata al reparto di neurochirurgia del Policlinico di Bari, i medici non hanno capito che sottoponendola a una seconda operazione per rimuovere il cotone avrebbero potuto salvarla. Ora il giudice monocratico Giovanni Zaccaro ha condannato a quattro mesi due neurochirurghi del Policlinico di Bari, Antonio Colamaria e Vincenzo Fanelli. Assolti, invece, perché il fatto non costituisce reato, due chirurghi e un infermiere ferrista che a Milano sottoposero la donna all’intervento. Il caso risale al 2008 ed è stato al centro di indagini complesse, in un primo momento avviate dalla procura di Milano e poi passate al pm di Bari Ettore Cardinali. Nelle settimane successive all’operazione, quando era rientrata in Puglia, la paziente cominciò ad avere mal di testa e vomito. I disturbi diventarono sempre più forti al punto da rendere necessario un altro ricovero, stavolta nel Policlinico di Bari, dove la donna fu messa sotto osservazione. Quattro giorni dopo il ricovero, però, le sue condizioni generali si aggravarono e la paziente morì. I due neurochirurghi condannati non si sarebbero accorti che a causare i disturbi era proprio la presenza in testa del cotonino. Un altro medico del Policlinico è stato assolto. Il giudice ha condannato i due imputati anche al risarcimento danni nei confronti dei familiari della vittima, difesi dagli avvocati Michele Laforgia, Mauro Petrarulo e Gaetano Sassanelli. 19 Novembre 2015 Il Secolo XIX Morì per la liposuzione, indagati il chirurgo e l’anestesista Un chirurgo e un anestesista sono indagati per omicidio colposo per la morte di Anna Sangineto, la donna di 55 anni di Zelo Buon Persico (in provincia di Lodi) deceduta la settimana scorsa dopo essere stata sottoposta a un intervento di chirurgia estetica ad Albenga. Oggi è stata effettuata l’autopsia dal medico legale, Sara Candosin, che però non ha sciolto i dubbi sulle cause del decesso: per capire che cosa sia accaduto durante l’intervento, nel quale la donna è andata in arresto cardio-respiratorio, bisognerà attendere l’esito degli esami istologici, che saranno effettuati sui campioni prelevati dal corpo della donna. Anna Sangineto era stata operata nella clinica San Michele (estranea all’indagine) dal chirurgo Mauro Ferraro, un esterno. Lecce News Morì per insufficienza respiratoria al Vito Fazzi: a processo un anestesista ed un medico del 118 Lecce. Un caso di "colpa medica" per il quale, un anestesista-rianimatore dell'Unità Operativa del "Vito Fazzi" e la dottoressa in servizio al Pronto Soccorso, finiscono sotto processo. Il Gup Giovanni Gallo ha disposto il rinvio a giudizio di V.F. 52enne, difesa dall'avvocato Ester Nemola e C.M., 70 anni,difensore Gaetano Centonze. Il sostituto procuratore Giuseppe Capoccia, titolare dell'inchiesta, aveva chiesto il rinvio a giudizio con l'accusa di omicidio colposo dettato da " imperizia" e "negligenza". Entrambi, dovranno comparire dinanzi al giudice Sergio Tosi, della prima sezione in composizione monocratica, indata 24 febbraio 2016 per l'inizio del processo. La vicenda giudiziaria si aprì quando i figli di Rollo, assistiti dall'avvocato Giordano Bacile Di Castiglione, cominciarono a nutrire dei dubbi sull’improvviso decesso e presentarono una querela in procura per accertare cause e responsabilità. Il 70enne leccese, affetto da una broncopatia ostruttiva cronica e portatore di tracheotomia, ricorreva per curarsi, ad un palloncino di posizionamento della cannula faringea. I primi di gennaio del 2014, Rollo venne ricoverato una prima volta, presso il pronto soccorso dell’ospedale “Vito Fazzi” per sostituire la cannula danneggiata. In base a quanto ricostruito dagli inquirenti e in particolare da quanto emerso dalla relazione del consulente della Procura, il medico legale Roberto Vaglio, il rianimatore avrebbe provveduto alla sostituzione, ma senza accorgersi che il paziente presentava una anomala fistola tracheoesofagea. La cannula sarebbe stata così inserita nell'esofago e non nella trachea. Antonio Rollo fu comunque dimesso dall’ospedale e tornò a casa, ma una sera si sentì male. I suoi familiari chiesero l’intervento d’urgenza del 118, perché presentava sintomi di asfissia. La dottoressa di bordo visitò il paziente, ma, non si accorse dell'errato posizionamento della cannula che non apportava ossigeno nei polmoni ( anche se il paziente si presentava in stato di fibrillazione e con preoccupanti valori di pressione arteriosa); ella pare non abia effettuato neanche l'esame elettrocardiografico, non ritenendo necessario il trasporto in ospedale. Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale Secondo,quanto sostenuto dal difensore del medico del Pronto Soccorso, l'avvocato Ester Nemola, V.F. non poteva accorgersi di nulla quando visitò il paziente, perché la "saturazione" era al 95% e dunque non in fase acuta. Nelle ore successive, comunque, Rollo continuò a sentirsi male e i suoi cari chiamarono un'altra ambulanza. Questa volta, fu condotto al Vito Fazzi e ricoverato d’urgenza, in data 7 gennaio 2014; egli però morì, quattro ore dopo la sostituzione della cannula tracheo-faringea, per un’insufficienza respiratoria acuta. Corriere della Sera Bergamo Morta durante una coronarografia Quella «talpa» che chiamò la figlia La telefonata era arrivata alla figlia Angela, due giorni dopo il funerale, il 18 luglio 2014. «Tua mamma non era una paziente cardiopatica. Sono l’unico ad avere accesso ai dati, chiama il tuo avvocato». Angela è figlia di Francesca Di Fiore, la maestra d’asilo di 47 anni, di Pagazzano, morta durante una coronarografia al policlinico San Marco di Zingonia. Quella chiamata è un retroscena della tragedia familiare per cui sono finiti a processo per omicidio colposo Alvise Polese, 73 anni, primario di Cardiologia del gruppo San Donato e Sergio Musto, cardiologo, di 36 anni. Il giudice dell’udienza preliminare Alberto Viti li ha infatti rinviati a giudizio, come chiesto dal pubblico ministero Maria Esposito. La «talpa» era un infermiere che in passato aveva a sua volta subito la perdita di un familiare. Alla figlia della signora aveva chiesto di rimanere anonimo, poi la polizia è risalita a lui. Aveva fornito anche dei dettagli tecnici, indicando un errore umano in quell’esame, ma questa è materia del processo. La procura ci stava già lavorando. Alla morte della signora aveva aperto un’inchiesta. Gli stessi familiari si erano mossi, denunciando, perché non accettavano la morte della loro cara per un esame di routine. Francesca Di Fiore, infatti, avrebbe dovuto operarsi per delle varici. Prima, come accade per tutti pazienti, era stata sottoposta ad esami per verificare le sue condizioni di salute. Altra routine per evitare si imbattersi in malattie mai emerse prima. L’elettrocardiogramma sotto sforzo non aveva convinto, perché indicava un dato non perfetto. C’era un valore sotto la normalità. di poco ma sotto. Da qui la scelta dei sanitari di sottoporla alla coronografia. Era il 10 luglio del 2014. La letteratura scientifica agli atti indica che è un esame con lo 0,1% di rischio complicazioni. Così è successo alla maestra d’asilo: un dissezione coronarica, indica l’accusa. È questo uno dei punti che non torna alla procura: era necessario quell’esame? E poi: che cosa è andato per il verso vagliato? Per rispondere, il pm ha nominato dei consulenti. Anche gli indagati, hanno nominato i loro. Da qui le due posizioni opposte. Per quelli del pm, i medici avrebbero potuto scegliere un esame meno cruento della coronarografia. È invasivo: consiste nell’infilare un tubicino in un’arteria, dove viene rilasciato un liquido di contrasto per verificare la circolazione del sangue. Sarebbe bastata una scintigrafia o un esame ecostress, dicono. Per quelli degli imputati, invece, la coronografia era stata la scelta più opportuna per via di tre fattori: la sospetta cardiopatia (dall’autopsia, però, è emerso che il cuore non aveva nulla), del dato sospetto indicato dall’elettrocardiogramma e da un precedente familiare (la mamma della signora era stata sottoposta ad angioplastica). 27 Novembre 2015 La Repubblica Roma Garza nella pancia indagati 2 medici FRANCESCO SALVATORE HA convissuto per quattro anni con una garza all’interno del basso ventre, residuo di un precedente intervento chirurgico. Vittima dell’episodio è un pensionato 64enne che la scorsa estate, a causa dei forti dolori, è corso alla guardia medica: una pomata miracolosa ha riaperto la ferita e sono usciti dei residui di tessuto. Per la vicenda che risale al giugno 2011 sono indagati due medici. SEGUE A PAGINA IX Vive con le garze in pancia da 4 anni indagati 2 medici FRANCESCO SALVATORE IL pubblico ministero Pietro Pollidori, dopo aver ricevuto una denuncia dettagliata del legale del pensionato, l’avvocato Rodolfo Marconato, ha deciso di iscrivere per lesioni colpose i due chirurghi che eseguirono l’operazione nella clinica Nuova Itor, al Tiburtino. L’uomo, al tempo, aveva un’ernia inguinale, che i medici erano riusciti a rimuovere con successo. Nei primi mesi del decorso operatorio, però, il pensionato aveva iniziato a sentire dei lievi fastidi, che col tempo si sono sempre più accentuati. L’apice è stato raggiunto la scorsa estate, quando era in vacanza in Sicilia. Il bruciore acuto lo ha spinto ad andare alla guardia medica: appena arrivato i dottori hanno subito riscontrato delle escrescenze sulla cicatrice. Poi gli hanno consigliato una pomata per lenire il dolore e ammorbidire la ferita. Dopo qualche giorno la brutta sorpresa: da quella ferita, infatti, sono fuoriusciti dei piccoli cubetti di tessuto, della grandezza di una Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale moneta da 10 centesimi. A quel punto, fra la sorpresa e lo sconcerto, è stato inevitabile denunciare tutto in procura. 28 dicembre La Repubblica Bari INDAGATI 24 MEDICI Muore di setticemia dopo 4 ricoveri GABRIELLA DE MATTEIS DALL’INIZIO di luglio al 16 novembre ha subito due operazioni ed è stata ricoverata in tre ospedali e in una clinica privata. Alla fine è deceduta, uccisa, ipotizza la famiglia, da una infezione. Ma le cause che hanno portato alla morte di una donna di 61 anni di Mola di Bari sono ancora tutte da chiarire. Il pubblico ministero Grazia Errede ha aperto un’inchiesta. SEGUE A PAGINA III IL CASO / OPERATA PER LE VALVOLE CARDIACHE Muore per setticemia indagati 24 medici GABRIELLA DE MATTEIS IL MAGISTRATO ha iscritto nel registro degli indagati il nome di 24 medici che, nei diversi ospedali, hanno seguoto la donna. La storia, al centro del fascicolo, comincia all’ospedale di Monopoli dove la signora, madre di due figlie, viene ricoverata per la cura di uno scompenso cardiaco. Una patologia comunque molto seria. I medici consigliano la sostituzione di una valvola mitralica con un’operazione complessa, che ha i suoi margini di rischi. Dopo un mese, all’inizio di agosto, la vittima si ricovera alla clinica barese Mater Dei dove viene sottoposta all’intervento per la sostituzione della valvola mitralica. All’inizio i medici rassicurano la famiglia sulla buona riuscita dell’operazione. La donna viene dimessa e torna nella sua abitazione. Ma il decorso post operatorio non va come previsto, la patologia che aveva portato la sessantunenne all’intervento non è migliorata. La signora continua a non sentirsi bene e per questo la famiglia chiede un consulto all’ospedale più vicino, quello di Monopoli dove viene ricoverata e dove i medici consiglianopoi il trasferimento al Policlinico. Il primo intervento non ha dato gli effetti sperati, dicono i dottori della struttura ospedaliera barese e a novembre decidono di sottoporre la paziente ad un secondo intervento ancora una volta sulla valvola mitralica. Dopo alcuni giorni in terapia intensiva, le condizioni della vittima sembrano buone tanto che viene ricoverata in reparto. Quello che accade dopo è tutto da chiarire. La donna peggiora e a nulla valgono i tentativi dei medici di salvarle la vita. Il 16 novembre scorso, la sessantunenne muore. Le figlie (assistite dall’avvocato Ascanio Amenduni) han- no deciso di presentare un esposto in procura per chiedere chiarezza. Non puntano l’indice contro l’operato dei medici, ma vogliono capire se davvero ad uccidere la donna sia stata una setticemia, un’infezione contratta durante la degenza in una delle quattro strutture sanitarie o se invece a causare la morte sia stata un complicazione inevitabile. Il sostituto procuratore Errede ha aperto il fascicolo, contestando l’ipotesi di reato di omicidio colposo a tutti i medici che hanno seguito la donna nei cinque mesi di ricoveri ed operazioni. Si tratta di un passaggio inevutabile per permettere ai professionisti di partecipare all’autopsia e quindi di nominare propri consulenti di fiducia. L’eseme sul corpo della donna è stato eseguito ieri pomeriggio dal medico legale Vito Romano affiancato dal cardiochirurgo Massimo Villani. Il caso è molto complesso e delicato e saranno necessari altri accertamenti così come l’analisi delle cartelle cliniche della donna per chiarire le cause del decesso. Quella della setticemia e quindi di un’infezione dal decorso fulminante e inevitabile è solo una delle ipotesi al vaglio della procura. I due esperti, nominati dal pm, stanno cercando di capire se le due operazioni sia state eseguite correttamente o se invece uno o più errori nella prima o nella seconda abbiano contribuito a determinare la morte. Quotidiano Sanità Responsabilità professionale. Medico ‘vaso di coccio’ tra i ‘vasi di ferro’ di strutture e assicurazioni L’articolato prevede, infatti, una serie di complicate disposizioni che potrebbero favorire un aumento del contenzioso a causa dell'adozione del modello r.c.a., rendere inevitabile la partecipazione del medico al processo, e determinare una esplosione dei costi assicurativi che graveranno sulla collettività (per quanto riguarda le strutture) e sul singolo medico dipendente della struttura (per quanto riguarda l’assicurazione per la rivalsa). 28 NOV - Lo studio del Ddl in materia di responsabilità sanitaria (testo unificato risultante dagli emendamenti approvati) lascia un senso di smarrimento. Ed, infatti, da oltre venti anni si dice che gli obiettivi di una riforma della responsabilità sanitaria dovrebbero essere: a) tutelare il paziente; Novembre 2015 Rassegna Responsabilità Professionale b) assicurare al medico la serenità necessaria per agire senza ansie, evitando quindi il ricorso alla medicina difensiva; c) conseguentemente, ridurre i costi derivanti dall’ansia del professionista di tutelarsi contro eventuali azioni giudiziarie; d) disciplinare la controversa materia del consenso informato; e) evitare che le responsabilità per difetti organizzativi siano “scaricate” verso il basso e cioè verso i singoli professionisti incolpevoli per tali difetti; f) tutelare adeguatamente gli specializzandi, tenendo conto della loro peculiare posizione; g) evitare l’esplosione dei costi assicurativi e, anzi, tendere a contenerne gli aumenti; h) porre ostacoli a quella tendenza presente nella prassi di far diventare il giudizio di responsabilità medica una sorta di nuova Eldorado dei giudizi risarcitori pretestuosi e ciò sulla falsariga della pessima esperienza della responsabilità automobilistica. Sempre da anni la prevalente opinione sostiene che per conseguire questi obiettivi è necessario valorizzare la natura non punitiva, ma riparatoria del risarcimento del danno e, quindi, favorire soluzioni improntate ad una logica di gestione del rischio sotto il profilo economico. La traduzione di ciò significa, in buona sostanza, concentrare le pretese risarcitorie sulla struttura sanitaria, senza coinvolgere il professionista nel giudizio promosso dal danneggiato e rendendo poco utile e/o conveniente la denunzia penale che puntualmente viene oggi, invece, presentata. In Parlamento, peraltro, pendono Ddl che vanno saggiamente in questa direzione (cfr., in particolare, al Senato il Dsl As 1648, primo firmatario Se. Romano). Il Ddl in commento, invece, al di là delle sicure ottime intenzioni di chi lo propone, sembra perseguire obiettivi diversi se non opposti. Ed, infatti, tutto il Ddl pone al centro della responsabilità sanitaria soprattutto il singolo medico, vero vaso di coccio tra i vasi di ferro della struttura sanitaria e dell’impresa assicurativa. L’articolato prevede, infatti, una serie di complicate disposizioni, che, ove approvate, potrebbero con molta probabilità favorire i seguenti effetti: - favorire il giudizio risarcitorio, attraverso l’azione diretta verso la compagnia assicurativa: è evidente a tutti che la pessima esperienza della r.c.a. avrebbe dovuto consigliare cautela nel prevedere un meccanismo che fatalmente determina un aumento del contenzioso, per tacere degli altri effetti negativi sul piano della legalità nella “creazione” di alcuni sinistri; - rendere inevitabile la partecipazione del medico nel processo: il medico, infatti, è parte necessaria in caso di azione diretta, art. 11 comma 4; oppure – ove per avventura non vi sia azione contro l’assicurazione, ma solo contro la struttura – viene costretto a partecipare in quel giudizio. Ed, infatti, il materiale probatorio e gli accertamenti sul grado della colpa del processo di risarcimento, potranno essere utilizzati nel giudizio di rivalsa anche contro il medico rimasto estraneo al giudizio di risarcimento (art. 9, comma 3 e 7 e art. 10, comma 3 che addirittura prevede di stipulare una polizza ad hoc per la rivalsa); - edulcorare il tutto attraverso lo strumento assicurativo, che dovrebbe chiudere in modo quasi circolare il sistema: ma è evidente che ciò determinerà una esplosione dei costi assicurativi, costi che fatalmente graveranno sulla collettività (per quanto riguarda le strutture) e sul singolo medico dipendente della struttura (per quanto riguarda l’assicurazione per la rivalsa). A fronte di tali considerazioni, non è quindi azzardato ipotizzare un aumento delle cause di risarcimento per responsabilità medica in ragione del meccanismo simile alla rca, nonché della medicina difensiva, che, anziché diminuire, rappresenterà probabilmente sempre più una tentazione irresistibile per ciascun operatore sanitario. Tanto altro potrebbe dirsi, ma non pare questa la sede. Si accenna solo a due ultimi profili. In primo luogo, lascia perplessi la previsione del c.d. Garante per la salute (art. 3): si aveva veramente bisogno di un ennesimo Garante e della relativa struttura burocratica ? Infine, appare foriero di confusione processuale aver definito contrattuale la responsabilità della struttura ed extracontrattuale quella del professionista (art. 1 comma e 4 comma). Ed, infatti, il Ddl pare del tutto ignorare come la dottrina da tempo oramai immemore ha rilevato come nel giudizio di responsabilità sanitaria (ma non solo in quello) i modelli di responsabilità si siano oramai fusi in un modello di sintesi dove sono scomparse le tradizionali differenziazioni in termini di oneri probatori. A ciò, poi, si aggiunga che il Ddl determina la partecipazione nel giudizio risarcitorio anche del medico: è verosimile che, nello stesso giudizio avente ad oggetto la medesima prestazione e medesimo danno, si innestino due distinti oneri probatori, uno per l’inadempimento della struttura, l’altro per l’illecito aquiliano del professionista? Antonio Lepre Magistrato