Edizioni Simone - Vol. 4 Diritto amministrativo
Capitolo 1
I contratti pubblici
Sommario
Sezione Prima: Il diritto dei contratti pubblici. - 1. La funzione amministrativa e l’attività «contrattuale» della P.A.:
un inscindibile nesso di strumentalità. - 2. I contratti della P.A.: tipologia e distinzioni.
3. Regime giuridico dei contratti della P.A. tra diritto privato e diritto pubblico. - 4. La normativa sui contratti pubblici tra diritto
interno e diritto dell’Unione europea. - 5. Dalle direttive europee del 2014 al “nuovo” Codice dei contratti.
6. Novità e criticità del Codice. - 7. L’entrata in vigore e il regime transitorio. - 8. Il sistema di governance sui contratti pubblici.
Sezione Seconda: Il nuovo Codice dei contratti pubblici. - 9. L’ambito di applicazione del Codice.
10. Segue: I contratti sopra soglia e sotto soglia. - 11. Il principio di trasparenza nella contrattualistica pubblica.
12. I principi generali per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni.
13. Il Responsabile unico del procedimento negli appalti e nelle concessioni. - 14. La fase propedeutica alla gara:
pianificazione, programmazione e progettazione. - 15. La qualificazione e l’aggregazione delle stazioni appaltanti.
16. Gli acquisti centralizzati e la razionalizzazione della spesa pubblica.
Sezione Terza: La procedura di evidenza pubblica e l’esecuzione del contratto. 17. Profili introduttivi.
18. Le fasi di formazione del contratto. 19. La deliberazione (o determinazione) a contrarre.
20. La scelta del contraente: indizione della procedura, modalità e criteri di aggiudicazione.
21. Segue: La scelta del contraente: soggetti che possono partecipare alla gara.
22. Segue: I raggruppamenti di imprese e i consorzi ordinari di concorrenti.
23. Segue: La scelta del contraente: criteri di selezione e soccorso istruttorio.
24. Segue: Le cause di esclusione dalla gara e l’avvalimento.
25. Segue: Dalla presentazione dell’offerta all’aggiudicazione della gara.
26. La stipulazione del contratto e la sospensione del termine di stipulazione.
27. L’approvazione del contratto. - 28. L’esecuzione del contratto. - 29. Vicende particolari dell’esecuzione del contratto.
Sezione Quarta: Profili patologici del rapporto contrattuale: la tutela del contraente.
30. La tutela stragiudiziale e gli strumenti deflativi del contenzioso.
31. La tutela giurisdizionale innanzi al giudice amministrativo.
32. Annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto, medio tempore, stipulato.
Sezione Prima
Il diritto dei contratti pubblici
1.La funzione amministrativa e l’attività «contrattuale» della P.A.: un inscindibile nesso di strumentalità
A) L’attività amministrativa provvedimentale
Come si è visto, la pubblica amministrazione, nell’esercizio della funzione amministrativa,
è tenuta alla concreta realizzazione di quei fini pubblici che, di volta in volta, le sono affidati dal legislatore.
Le diverse modalità utilizzate, nel tempo, per perseguire le dette finalità pubblicistiche
hanno avuto importanti ripercussioni sullo stesso esercizio del potere di «amministrare la
res publica».
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Tradizionalmente, infatti, l’attività amministrativa rifletteva la posizione elitaria e di supremazia
riconosciuta alla P.A. rispetto agli altri soggetti dell’ordinamento che, legata direttamente alla
funzione dalla stessa svolta, si traduceva nell’esercizio autoritativo del potere e nel ricorso al
solo strumento del provvedimento amministrativo. Il rapporto che si instaurava tra la P.A. ed il
cittadino era, quindi, il frutto di una imposizione autoritativa e rinveniva la propria disciplina
unicamente nelle norme del diritto pubblico, considerato il diritto naturale dell’amministrazione.
È evidente che simile impostazione fondava sull’(errato) assunto per cui gli istituti giuridici propri del diritto
privato non fossero «inidonei al conseguimento di finalità pubblicistiche» (CARINGELLA), per essere, invece,
adattabili all’autonomia privatistica, libera nei fini e sganciata da posizioni di primazia.
L’evolversi dei rapporti tra il privato e la P.A. ha dimostrato che tale modalità di esplicazione dell’azione amministrativa non è, però, la sola possibile.
Già la riconosciuta possibilità di ricorrere a moduli consensuali nell’esercizio di potestà
pubbliche, ossia gli accordi di cui all’art. 11 L. 241/1990, aveva messo in crisi la detta concezione tradizionale.
B) L’attività amministrativa contrattualizzata
Sebbene l’espressione fondamentale dell’agire pubblico sia sempre il provvedimento, a
questo si è affiancata una nuova concezione del rapporto giuridico amministrativo sempre
più attratto nell’alveo del diritto privato ed attuato mediante strumenti tipici di quest’ultimo, in primis il contratto.
Il riconoscimento che la cura effettiva degli interessi pubblici possa avvenire tramite contratto riflette una diversa visione della pubblica amministrazione, che abbandona l’agire
autoritario per abbracciare l’agire consensuale in un rapporto paritario con il cittadino:
ed invero, l’utilizzo del «contratto» comporta che la P.A. si pone sullo stesso piano del
privato cittadino e non agisce in veste di organo pubblico, dotato di poteri di imperio e di
autotutela, e quindi in una posizione di supremazia, ma come un qualsiasi altro soggetto
dell’ordinamento, con i suoi stessi diritti e doveri.
Tale trasformazione è emblematicamente riassunta dalla locuzione privatizzazione del diritto delle amministrazioni pubbliche, proprio a sottolineare il passaggio dal regime tradizionale del provvedimento amministrativo al regime contrattuale, con l’estensione dei moduli contrattual-privatistici all’intero agire amministrativo e con un recupero del diritto privato, più flessibile e meglio adeguato ai tempi dell’economia contemporanea.
In altri termini, il negozio giuridico di diritto privato diventa uno degli strumenti con cui si possono realizzare
gli interessi pubblici e si pone quale valida alternativa al provvedimento unilaterale.
C) Capacità di diritto privato e funzione istituzionale della P.A.
In questo mutato sistema di pluralità di forme in cui si esplica l’attività amministrativa, si
colloca la previsione generale contenuta nell’art. 1, comma 1bis, L. 241/1990, ai sensi del
quale «la pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce
secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente»: dalla lettera della disposizione non sorgono dubbi sul fatto che il legislatore ha formalizzato una
piena e generale capacità di diritto privato dell’amministrazione (PERICU).
Il riconoscimento di tale generale capacità comporta che l’amministrazione può stipulare
qualsiasi tipo di contratto, tipico o atipico, con il solo limite che tale capacità può essere
attuata «soltanto nei casi in cui vi sia attinenza con le finalità pubbliche» (CASETTA).
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Parte VIII: I contratti della P.A.
Come evincibile dalla relazione della Commissione permanente, Affari costituzionali della Presidenza del Consiglio e Interni, presentata alla Presidenza il 6-11-2003, e relativa al disegno di legge contenente modifiche ed
integrazioni alla L. 241/1990 (poi sfociato nella L. 15/2005, che ha introdotto la disposizione), la ratio della
norma è ravvisabile nella circostanza che «la scelta operata non è soltanto una scelta tecnica ma è anche una
scelta culturale e istituzionale perché tende a sostituire un rapporto paritario tra i cittadini e le amministrazioni, in luogo del vecchio rapporto gerarchico, espressione di una concezione autoritaria e statalistica», e
che «la nuova disposizione non incide, pertanto, sulla natura della funzione amministrativa che rimane finalizzata al miglior perseguimento dell’interesse pubblico, ma soltanto sulla sua forma». La norma, quindi, risponde
ad esigenze di democraticizzazione dell’attività amministrativa, intesa nel senso di realizzazione dei fini pubblici mediante lo strumento negoziale, che presuppone una sostanziale parità fra i soggetti interessati.
Pur non negando tale portata, la dottrina ha evidenziato come nella formulazione finale del comma 1bis dell’art.
1 della L. 241/1990 sia comunque «prevalsa una soluzione di compromesso» (GAROFOLI). Ed invero se l’intento del legislatore era quello di «generalizzare il ricorso agli strumenti privatistici da parte della P.A.», esso è
stato poi ridimensionato con la definitiva previsione che circoscrive il ricorso agli schemi privatistici alle ipotesi di emanazione di atti non autoritativi.
L’aver collegato l’applicazione del diritto privato all’esercizio di poteri non autoritativi è di non poco conto e
la scelta legislativa è stata spiegata, dalla dottrina, facendo riferimento alla «distribuzione – nel perseguimento dell’interesse pubblico — tra forme amministrative pure (o intermedie) e forme di diritto comune»:
laddove, nell’ambito del principio di legalità, la P.A. disponga di poteri autoritativi, ciò si traduce nel fatto che
«il modello tradizionale di funzione amministrativa non possa essere sostituito — salvo l’ipotesi di cui all’art.
11 legge 241/1990 – e rappresenti la via elettiva per realizzare il fine istituzionale allorquando si tratti di materie che non si presentino naturalmente predisposte alla negoziazione del rapporto giuridico» (BELLOMO).
Da quanto fin qui esposto emerge come l’attività di diritto privato della pubblica amministrazione presenti elementi di analogia con l’attività contrattuale dei soggetti privati, ma
anche elementi di diversità. L’aspetto più evidente di tale diversità è rappresentato dal fatto
che la P.A. non può svincolarsi dalla sua funzione istituzionale di cura dell’interesse
pubblico, e quindi non potrà mai trattarsi di un’attività libera nel fine o nella causa (l’attività contrattuale pubblica si presenta, conseguentemente, più articolata e complessa rispetto a quella tipica dei rapporti fra soggetti privati. Ciò comporta che non può parlarsi di assimilazione fra autonomia negoziale della P.A. ed autonomia negoziale dei privati: cfr.
CARINGELLA). In tal senso, emblematica è l’espressione «funzionalizzazione dell’attività di diritto privato» della P.A. adoperata dalla dottrina proprio per sottolineare che la
stessa è indirizzata al perseguimento di fini pubblici (GRECO).
Il procedimento di evidenza pubblica per la verifica del conseguimento dell’interesse pubblico
Il ricorso allo strumento contrattuale da parte di una P.A. ha posto un delicato problema relativo al
possibile rapporto tra negozio privato ed interesse pubblico.
La particolarità sta nel fatto che l’amministrazione deve, in ogni caso, dar conto sia delle ragioni di
interesse pubblico, che la inducono ad utilizzare lo strumento negoziale in luogo di quello provvedimentale, sia dell’effettiva realizzazione di tale interesse mediante il ricorso al contratto. Ciò significa che, anche laddove la P.A. decida di ricorrere allo strumento contrattuale, deve essere sempre
possibile la verifica ex post, da parte del privato ed eventualmente dell’autorità giurisdizionale, della
rispondenza del proprio agire ai principi di buon andamento ed imparzialità, di matrice costituzionale.
La cura dell’interesse pubblico deve, pertanto, essere evincibile ed a tal fine assume specifico rilievo il procedimento di evidenza pubblica che deve precedere la stipulazione di un determinato
contratto. In particolare, come è stato evidenziato dalla dottrina (IMMORDINO) anche i contratti della
pubblica amministrazione sono la risultante dell’incontro di due volontà, solo che, in tal caso, la volontà della P.A. risulta all’esito di un procedimento, regolato da norme di diritto pubblico, la cui peculiarità è quella «di svolgere una funzione preliminare rispetto alla stipulazione del contratto» (BASSI),
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e nel corso del quale «sono evidenziate ed esplicitate le ragioni di pubblico interesse che muovono
la stazione appaltante, orientandone la discrezionalità» (CARINGELLA). Altra parte della dottrina
(PERFETTI) ha evidenziato che tale procedura si concreta in «una serie di atti e procedimenti volti
essenzialmente a valutare la rispondenza all’interesse pubblico del singolo contratto, nelle varie voci
dell’an, del quantum, del quomodo, ed il rispetto dei vincoli comunitari».
2.I contratti della P.A.: tipologia e distinzioni
L’attività contrattuale della P.A. è preposta alla realizzazione di svariate finalità: in linea di
massima, il contratto viene utilizzato per la realizzazione di fini istituzionali (come gli
appalti) o per la gestione del proprio patrimonio (la cd. attività privata della P.A., come
la locazione o la compravendita).
In particolare, all’interno di tale generale suddivisione, i contratti che può stipulare la P.A.
possono così distinguersi:
a) contratti ordinari. Sono i cosiddetti contratti di diritto comune caratteristici dell’autonomia privata (es.: vendita, locazione, contratto di appalto). Essi non presentano alcuna
particolarità rispetto agli schemi contrattuali utilizzati dai soggetti privati;
b) contratti speciali di diritto privato. Sono tali quei contratti regolati da norme di diritto
privato speciale (tali erano i contratti di trasporto ferroviario). La loro peculiarità risiede, perciò, nel fatto di essere regolati da norme civilistiche di specie rispetto a quelle del
codice civile;
c) contratti ad oggetto pubblico. Si caratterizzano per l’incontro e la commistione tra
provvedimento amministrativo e contratto in relazione a materie di carattere (ed interesse) pubblicistico (es.: le convenzioni che si accompagnano alla concessione di un bene
pubblico). Per un’analisi di tali contratti si veda il successivo Cap. 2.
Inoltre, quando si parla di attività contrattuale della pubblica amministrazione, un’altra
importante distinzione è quella basata sulla dicotomia contratti passivi - contratti attivi. I
contratti passivi sono quei contratti con i quali la P.A. si procura beni e servizi necessari al proprio funzionamento dietro erogazione di somme di denaro (es.: gli appalti, la
compravendita, la locazione, il contratto d’opera etc.); i contratti attivi, invece, sono quei
contratti mediante i quali l’amministrazione si procura delle entrate finanziarie (es.: la
compravendita, nel caso in cui la P.A. riveste il ruolo di venditore, la locazione quando il
soggetto pubblico è locatore etc.).
Non costituiscono, invece, una categoria a sé i cosiddetti contratti ad evidenza pubblica, espressione «atecnica» adoperata per designare il modulo procedimentale applicabile a ciascuno dei tipi contrattuali citati.
3.Regime giuridico dei contratti della P.A. tra diritto privato e diritto pubblico
A) Rapporti fra norme di diritto privato e di diritto pubblico
L’attività contrattuale della P.A., pur costituendo manifestazione della capacità di diritto
privato della stessa, è disciplinata sia da norme riconducibili all’ordinamento giuspubblicistico che dal diritto privato.
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Parte VIII: I contratti della P.A.
La legge interviene per «correggere» alcuni istituti del diritto privato, dettando una disciplina particolare per alcuni elementi del contratto, allorché parte contraente sia una P.A.
In via generale, possiamo distinguere due fasi in cui si svolge il rapporto contrattuale: la
prima, anteriore, la seconda, successiva alla stipulazione. Nella prima, che comprende
tutte quelle attività prodromiche al contratto (e, quindi, abbraccia la deliberazione di addivenire al contratto, la scelta del sistema per l’individuazione del contraente, l’esperimento
della relativa gara, la predisposizione delle clausole contrattuali e l’approvazione del contratto), domina il diritto pubblico.
Nella seconda, invece, relativa all’esecuzione del contratto, domina il diritto privato. Anche
in questa seconda fase, peraltro, non mancano situazioni che richiedono la valutazione del
pubblico interesse e che possono generare nuove determinazioni della P.A.
Tale distinzione è importante ai fini dell’individuazione del giudice competente a dirimere eventuali controversie: per quelle relative alla fase anteriore alla stipula del contratto è competente il G.A., mentre per quelle
successive a tale momento è competente il G.O. (cfr. in tal senso, C.d.S., sez. VI, 17-3-2014, n. 1312).
Giurisprudenza
In merito al riparto di giurisdizione in materia contrattuale, chiarificatore è l’arresto giurisprudenziale
delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Secondo i giudici, «costituiscono principi di diritto assolutamente consolidati nella giurisprudenza:
I) che nel settore dell’attività negoziale della P.A. tutte le controversie che attengono alla fase preliminare — antecedente e prodromica al contratto — inerente alla formazione della sua volontà
ed alla scelta del contraente privato in base alle regole cd. dell’evidenza pubblica, appartengono
al giudice amministrativo. Mentre quelle che radicano le loro ragioni nella serie negoziale successiva, che va dalla stipulazione del contratto fino alle vicende del suo adempimento, e riguarda la
disciplina dei rapporti che dal contratto scaturiscono, sono devolute al giudice ordinario;
II) che, conseguentemente, appartengono al giudice ordinario le controversie concernenti l’interpretazione dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, nonché quelle rivolte ad accertarne le
condizioni di validità e di efficacia e ad ottenerne la declaratoria di nullità o inefficacia, ovvero
l’annullamento, posto che anche esse hanno ad oggetto non già i provvedimenti riguardanti la
scelta dell’altro contraente, ma il rapporto privatistico discendente dal negozio; e che gli eventuali vizi di questo devono essere esaminati esclusivamente dal giudice ordinario competente a conoscerne l’intera disciplina (Cons. St. 6, 4956/2007; 7215/2006);
III) che nell’ambito delle patologie ed inefficacie negoziali, rientrano non soltanto quelle inerenti
alla struttura del contratto, siano esse estranee (Cass. Sez. Un. 4116/2007; 13033/2006;
10994/2006) e/o alla stessa sopravvenute, ma anche quelle derivanti da irregolarità-illegittimità
della procedura amministrativa a monte, perciò comprendenti anche le fattispecie di radicale
mancanza del procedimento di evidenza pubblica (o di vizi che ne affliggono singoli atti): perciò
accertabile incidentalmente da parte di detto giudice, al quale le parti possono rivolgersi senza
necessità del previo annullamento «in parte qua» ad opera del giudice amministrativo (Cass. sez.
un. 7578/2009; 27169/2007; 20504/2006; 5179/2004)» (Cass., SS.UU., ord. 5-4-2012, n. 5446).
Si evidenzia, inoltre, che con il D.L. 24-1-2012, n. 1, conv. in L. 24-3-2012, n. 27, il legislatore ha prefigurato
un organo giudicante dedicato per il sistema delle imprese, ampliando la competenza delle originarie sezioni
specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, istituite con il D.Lgs. 168/2003 presso alcuni
Tribunali civili e Corti d’Appello. Attualmente, le sezioni specializzate in materia di impresa, cd. Tribunale
per le imprese, giudicano, tra l’altro, sui contenziosi relativi a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi
o forniture di rilevanza comunitaria, quando sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, in cui sia parte
una società per azioni o in accomandita per azioni ovvero quando una di queste società partecipa al consorzio
o al raggruppamento temporaneo cui i contratti siano stati affidati.
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B) Natura giuridica dei contratti della P.A.
I contratti in cui è parte la P.A. possono qualificarsi come veri e propri contratti di diritto
privato (IMMORDINO), dal momento che non sembra possa riscontrarsi una vera diversità di sostanza o di natura fra il contratto stipulato tra i soggetti privati e quello nel quale
intervenga un soggetto pubblico.
Pertanto, la natura pubblica di uno dei contraenti non incide sulla disciplina applicabile al
contratto, che resta quella del codice civile.
C) Limiti all’attività negoziale della P.A.
Sotto il profilo della legittimazione negoziale, alle persone giuridiche pubbliche si applica
lo stesso regime proprio delle persone giuridiche private, le quali, secondo il nostro ordinamento, hanno una soggettività ed una legittimazione piena. Le eventuali deroghe al principio ora posto vanno definite come ipotesi di limitazione alla legittimazione negoziale del
singolo ente o del singolo tipo di ente pubblico, mai come capacità speciali o limitate.
Si ritiene generalmente che la legittimazione manchi per quegli atti di diritto privato che mirano al raggiungimento di fini contrastanti con i fini pubblici, limite supremo dell’attività amministrativa anche se la P.A. agisce
nella sua veste di soggetto di diritto privato.
Problemi sono sorti riguardo ad alcuni negozi, in passato preclusi alla P.A.:
a) donazione e fideiussione: in passato si negava alla P.A. la legittimazione ad effettuare donazioni, in quanto
tale contratto, essendo gratuito, poneva in pericolo il patrimonio dell’ente. Di recente si è fatto tuttavia
notare (DI TULLIO) che, distinguendo fra causa e motivo dell’atto, è possibile riconoscere, in base alla
valutazione dei motivi, l’esistenza di un fine pubblico anche in caso di donazione. Identico ragionamento è
da fare anche riguardo alla fideiussione;
b) contratti aleatori e assicurazioni: sono inammissibili i contratti aleatori (gioco, scommessa, borsa), ad
eccezione dei giochi gestiti in regime di monopolio dallo Stato stesso, mentre sono da ritenere ammissibili
i contratti di assicurazione e di impiego del capitale;
c) contratti a favore del terzo: sono ammissibili (es.: contratto stipulato da un Comune con l’ENEL per la
fornitura di energia elettrica agli abitanti del Comune che ne facciano richiesta ex art. 1411 c.c.). Limiti alla
legittimazione possono derivare da motivi interni all’ente stesso, quali, ad esempio, la mancata iscrizione
nel bilancio dello stanziamento della somma con cui far fronte al contratto.
Espliciti divieti per la stipula di altri contratti possono, essere contenuti in norme particolari.
4.La normativa sui contratti pubblici tra diritto interno e diritto dell’Unione
europea
A) Profili generali
A differenza di quanto avviene per i soggetti privati, le fasi che precedono la stipulazione
dei contratti della pubblica amministrazione sono minuziosamente regolate da un insieme
di norme e principi, finalizzate alla selezione del miglior contraente (dove, per miglior
contraente, deve intendersi colui che sia in grado di offrire le migliori garanzie e le condizioni più vantaggiose per l’amministrazione): tutta la normativa susseguitasi nel tempo, in
materia di contratti pubblici, è tesa essenzialmente a garantire l’idoneità tecnica e morale
dell’imprenditore, ad evitare fenomeni di collusione fra funzionari e privati, ad assicurare
la scelta più trasparente e, per così dire, «oggettiva» del contraente.
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Parte VIII: I contratti della P.A.
Nella formazione di una disciplina omogenea in materia di contratti pubblici, un ruolo fondamentale è stato assunto dal diritto europeo, che ha come primaria finalità quella della
tutela della libera concorrenza, intesa nel senso di evitare che una «stazione appaltante
operante in uno degli Stati membri possa favorire, nell’affidare la commessa pubblica,
l’impresa nazionale, così discriminando le altre imprese europee» (GAROFOLI).
Al fine di comprendere il ruolo assunto dal diritto dell’UE nell’evoluzione della disciplina dei contratti pubblici e, più specificamente, nell’evoluzione della normativa in tema di appalti, basti pensare, da un lato, all’approvazione del D.Lgs. 163/2006, contenente il “vecchio” Codice dei contratti pubblici, occasionata dall’obbligo di
recepire direttive comunitarie, e, dall’altro lato, alla introduzione, nel nostro ordinamento, di principi ed istituti del tutto estranei alla nostra cultura giuridica e riconducibili essenzialmente ai principi di libera concorrenza
nel mercato e di par condicio tra i concorrenti. Tale incidenza ha consentito di realizzare un diritto nazionale
degli appalti pubblici conforme sia ai principi del Trattato che a quelli di diritto europeo derivato, nonché alle
prescrizioni formulate dai giudici dell’UE in conseguenza dell’attività interpretativa del diritto europeo.
B) Dalle direttive europee del 2004 al Codice dei contratti pubblici del 2006
Il legislatore europeo, nella prospettiva della formazione di un mercato unico europeo, ha
adottato, di volta in volta, una normativa sempre più incentrata a realizzare il principio concorrenziale tra gli operatori economici, le quattro libertà di circolazione (merci, servizi,
capitali e persone), nonché i principi di efficienza ed imparzialità dell’agire amministrativo.
In tale ottica di promozione della concorrenza deve essere letta tutta la normativa in materia
di contratti pubblici: mentre con l’adozione delle direttive CE n. 17 e n. 18 del 31-3-2004,
è stato dato un forte input riformatore alla disciplina sostanzialistica degli stessi, con la
successiva direttiva n. 2007/66/CE, tesa al miglioramento dell’efficacia delle procedure di
ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, si è voluto, invece, dare stabilità all’azione amministrativa, assicurando una tutela processuale effettiva e veloce, che intervenga prima della stipula del contratto.
In particolare, con la direttiva n. 17/2004 sono stati disciplinati gli appalti e le concessioni nei settori (ex cd.
«esclusi») che si possono definire «settori speciali» (gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi
postali, sfruttamento di area geografica), mentre con la direttiva n. 18/2004 è stata unificata la disciplina degli
appalti e delle concessioni di lavori, servizi e forniture nei «settori ordinari» (vale a dire tutti, tranne quelli cd.
speciali e quelli eccettuati da entrambe le direttive). L’intento del legislatore europeo è stato quello di dettare
una disciplina omogenea ed organica della materia, anche e soprattutto avendo ben presente l’importanza dei
contratti pubblici nell’ambito dell’economia degli Stati membri.
Nel rispetto del termine (31 gennaio 2006) fissato per l’attuazione delle dette direttive, l’art.
25 L. 62/2005 (legge comunitaria 2004) ha delegato il Governo a recepire le due normative
europee; alla delega ha dato attuazione il D.Lgs. 12-4-2006, n. 163 (cd. Codice dei contratti pubblici). Al Codice ha fatto seguito il D.P.R. 5-10-2010, n. 207, recante il Regolamento di attuazione ed esecuzione delle norme codicistiche.
C) I successivi interventi del legislatore nazionale: gli appalti pubblici nel sistema della
lotta alla criminalità organizzata
La materia dei contratti pubblici è stata, anche successivamente all’approvazione del Codice, oggetto di specifico interesse da parte del legislatore, che, con numerosi interventi normativi, ha delineato un vero e proprio diritto dei contratti pubblici, ossia un corpus di
disposizioni che trae origini da svariate fonti regolamentari.
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Gli interventi legislativi successivi al Codice sono stati molteplici. In particolare, tra i tanti più recenti, si ricordano la L. 190/2012 (cd. legge anticorruzione 2012) e il D.Lgs. 33/2013 che, nella prospettiva di realizzare una
P.A. sempre più trasparente, hanno dettato disposizioni riguardanti gli obblighi di pubblicità, trasparenza e
diffusione di informazioni gravanti sull’amministrazione procedente; ed ancora, sulla scorta dei numerosi episodi di corruzione negli appalti pubblici balzati agli onori della cronaca (ad esempio, Expo Milano 2015 e Mose
di Venezia), si devono segnalare il D.L. 90/2014 conv. in L. 114/2014 e la L. 27-5-2015, n. 69 (cd. legge anticorruzione 2015) che contengono norme volte ad arginare i fenomeni corruttivi nelle commesse pubbliche.
Rientra nel diritto dei contratti pubblici, sia pur sotto il peculiare profilo di contrastare le
infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici, la L. 13-8-2010, n. 136, modificata dal D.L.
187/2010, conv. in L. 17-12-2010, n. 217.
Tale normativa disciplina lo strumento della tracciabilità dei flussi finanziari inerenti a
contratti pubblici e, inquadrando tale monitoraggio finanziario nell’ambito del Piano straordinario contro le mafie, lo inserisce tra le misure per la lotta alla criminalità organizzata,
al fine di prevenire eventuali infiltrazioni mafiose e di contrastare quelle imprese che, per
la loro contiguità con la criminalità organizzata, operano in modo irregolare ed anticoncorrenziale.
Specificamente, il legislatore ha introdotto l’obbligo per gli operatori economici (in realtà
l’art. 3 L. 136/2010 parla di appaltatori, subappaltatori e subcontraenti della filiera delle
imprese nonché di concessionari di finanziamenti pubblici anche europei a qualsiasi titolo
interessati alla commessa pubblica) coinvolti in appalti pubblici, di utilizzare, anche non in
via esclusiva, conti correnti bancari o postali dedicati alle commesse pubbliche, accesi
presso banche o presso la società Poste Italiane S.p.A.: la finalità di tale normativa è che
tutti i movimenti finanziari relativi a pubblici lavori, servizi e forniture devono essere registrati sui conti correnti dedicati e devono essere effettuati esclusivamente tramite lo strumento del bonifico bancario o postale, ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a
consentire la piena tracciabilità delle operazioni.
Successivamente, con determinazione 7-7-2011, n. 4, l’Autorità di vigilanza sui contratti
pubblici (ora A.N.AC.) ha chiarito che le norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari si
applicano in tutti i casi in cui sia stipulato un contratto d’appalto pubblico tra operatore economico e committente pubblico, indipendentemente dall’esperimento o meno di una
gara per l’affidamento dell’opera o del servizio ed a prescindere dal valore, che può essere
anche modico.
Gli obblighi di tracciabilità si articolano essenzialmente in tre adempimenti:
a) utilizzo di conti correnti bancari o postali dedicati alle commesse pubbliche, anche in via non esclusiva;
b) effettuazione dei movimenti finanziari relativi alle medesime commesse pubbliche esclusivamente con lo
strumento del bonifico bancario o postale ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la
piena tracciabilità delle operazioni (es. le cd. Ri.Ba. - Ricevute Bancarie Elettroniche), che costituiscono
un servizio di pagamento, prevalentemente usato tra imprese per la riscossione di crediti commerciali, che
consente al creditore di sostituire le tradizionali ricevute bancarie cartacee con un flusso elettronico di informazioni);
c) indicazione negli strumenti di pagamento relativi ad ogni transazione del codice identificativo di gara - CIG
— e, ove obbligatorio ai sensi dell’art. 11 L. 3/2003, del codice unico di progetto - CUP. Il primo viene
attribuito dall’Autorità di vigilanza su richiesta della stazione appaltante per tutte le fattispecie contrattuali
contemplate nel Codice, indipendentemente dall’importo dell’appalto e dalla procedura di scelta del contraente adottata; il secondo, invece, è assegnato dal Comitato Interministeriale per la programmazione
economica - CIPE e assolve alla funzione di assicurare la funzionalità della rete di monitoraggio degli investimenti pubblici, con riferimento ad ogni nuovo progetto di investimento pubblico. Ed infatti, le condi-
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Parte VIII: I contratti della P.A.
zioni per la richiesta obbligatoria del CUP sono: la presenza di un decisore pubblico; la previsione di un
finanziamento, anche non prevalente, diretto o indiretto, tramite risorse pubbliche; la presenza di un obiettivo di sviluppo economico e sociale; la previsione di un termine entro il quale debba essere raggiunto
l’obiettivo.
Il fatto che il conto corrente può essere dedicato anche in via non esclusiva significa che esso può essere utilizzato promiscuamente per più commesse; inoltre, è ammesso dedicare più conti alla medesima commessa, così
come dedicare un unico conto a più commesse, anche indicando come conto corrente dedicato un conto già
esistente.
Sotto un diverso profilo, anche il Codice antimafia, D.Lgs. 6-9-2011, n. 159, si preoccupa
di contratti pubblici.
In particolare, l’art. 83 obbliga le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati
dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico nonchè i concessionari di opere pubbliche ad acquisire la documentazione antimafia, prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici. La norma
stabilisce che l’acquisizione della detta documentazione non è però necessaria in determinati casi, tra i quali
rilevano le ipotesi di provvedimenti, atti, contratti e erogazioni il cui valore complessivo non supera i 150.000
euro.
5.Dalle direttive europee del 2014 al “nuovo” Codice dei contratti
L’assetto normativo sui contratti pubblici, delineato con le direttive nn. 17 e 18 del 2004 e
con il conseguente Codice nazionale, ha subito un importante «scossone» grazie all’approvazione di nuove direttive europee in materia.
Nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea del 28 marzo 2014 è stato pubblicato, infatti,
un pacchetto di tre nuove direttive in materia di appalti e concessioni:
—la direttiva n. 2014/24/UE, del 26 febbraio 2014, del Parlamento europeo e del Consiglio
sugli appalti pubblici, che sostituisce la direttiva 2004/18/CE;
—la direttiva n. 2014/25/UE, del 26 febbraio 2014, del Parlamento europeo e del Consiglio
sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei
trasporti e servizi postali, che sostituisce la direttiva 2004/17/CE;
—la direttiva n. 2014/23/UE, del 26 febbraio 2014, del Parlamento europeo e del Consiglio
sull’aggiudicazione dei contratti di concessione.
Tali direttive dovevano essere recepite nel nostro ordinamento entro 24 mesi dalla loro
entrata in vigore, quindi entro il 18 aprile 2016.
Con riferimento alle direttive relative ai settori ordinari e ai settori speciali, gli obiettivi perseguiti dal legislatore europeo, oltre alla promozione di una concorrenza non discriminatoria e alla lotta alla corruzione, sono:
la semplificazione e la flessibilità del quadro normativo e delle procedure sugli appalti; la creazione di mercati
per gli appalti pubblici a livello europeo; un maggiore accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici; la maggiore attenzione, nell’aggiudicazione degli appalti, a valori sociali ed ambientali, per favorire il
raggiungimento degli obiettivi della Strategia UE 2020 in materia ambientale e sociale e di quelli legati all’innovazione.
Quanto alla direttiva sui contratti di concessione, di lavori e di servizi, la n. 2014/23/UE, essa è finalizzata a
colmare un vuoto normativo presente nell’ordinamento europeo, fornendo un quadro giuridico certo nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni.
Capitolo 1: I contratti pubblici
629
Alle direttive del 2014 ha fatto seguito, nell’ordinamento nazionale, la L. 28-1-2016, n. 11,
che, in tale materia, ha, di fatto, gettato le basi per un totale “stravolgimento” del quadro
normativo di riferimento.
Tale normativa conteneva una duplice delega al Governo: al recepimento, mediante un decreto legislativo da
emanarsi entro il 18 aprile 2016, delle citate direttive europee (cd. decreto di recepimento delle direttive), nonché, a procedere, mediante decreto legislativo da emanarsi entro il 31 luglio 2016, ad un riordino complessivo
della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (cd. decreto di riordino).
In alternativa a tali modalità di attuazione della delega, il legislatore individuava anche un differente percorso
per poter varare una così importante riforma: si attribuiva al Governo, infatti, la facoltà di adottare, in alternativa al doppio decreto, un unico decreto legislativo, entro il 18 aprile 2016, per provvedere a soddisfare entrambe le esigenze.
In attuazione della delega è stato approvato il D.Lgs. 18-4-2016, n. 50, recante il nuovo
Codice degli appalti e delle concessioni (anche detto Codice dei contratti pubblici), che,
oltre a recepire la normativa europea, effettua un generale riordino della materia contrattualistica.
Il nuovo testo normativo attua un progetto di riforma di ampio respiro, in quanto, oltre al
recepimento delle direttive, si è voluto, da un lato, sopperire alle criticità emerse dall’applicazione del “vecchio” D.Lgs. 163/2006 e, dall’altro lato, razionalizzare quel “groviglio
normativo” originato dalla disordinata e incessante sequenza di modifiche introdotte nel
decennio 2006-2016.
Quanto alla struttura del testo, questo si compone di 220 articoli, 25 allegati e si snoda nel seguente modo:
— Parte I (artt. 1-34): ambito di applicazione, principi, disposizioni comuni ed esclusioni. Si tratta di disposizioni che abbracciano la fase preliminare di una procedura, da quando cioè l’amministrazione deve
valutare se e in che termini la disciplina del Codice si applica o meno, (l’oggetto e l’ambito di applicazione,
le definizioni e il riparto di competenze, gli ambiti esclusi in tutto o in parte dall’applicazione del Codice e
la relativa disciplina), la fase di programmazione, pianificazione e progettazione di un appalto, le modalità
di affidamento, con specifico riferimento ai principi comuni applicabili a qualunque tipologia di affidamento, al RUP, alle fasi della procedura e ai controlli sugli atti fino alla previsione di criteri di sostenibilità
energetica e ambientale;
— Parte II (artt. 35-165): contratti di appalto per lavori, servizi e forniture. Tale Parte contiene tutta la
disciplina applicabile alle diverse tipologie contrattuali, partendo dal momento iniziale della verifica della
soglia comunitaria e della qualificazione della stazione appaltante fino alle modalità di affidamento e di
scelta del contraente e alla fase dell’esecuzione, della verifica e del collaudo. In particolare, poi, mentre il
Titolo II e ss. è dedicato agli appalti nei settori ordinari, il Titolo VI è dedicato agli specifici regimi di appalto a partire da quelli nei settori speciali e in taluni settori specifici (servizi sociali, beni culturali, difesa
e sicurezza);
— Parte III (artt. 164-178), relativa ai contratti di concessione;
— Parte IV (artt. 179-199), relativa a partenariato pubblico privato e contraente generale (inclusa la disciplina dell’in house);
— Parte V (artt. 200-203): infrastrutture e insediamenti prioritari. Tali disposizioni dettano le regole per la
loro «gestione», dalla pianificazione e programmazione — attraverso il Piano generale dei trasporti e della
logistica e i documenti pluriennali di pianificazione — agli strumenti di finanziamento delle risorse e alle
procedure di monitoraggio delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese al
fine di prevenire e reprimere i tentativi di infiltrazione mafiosa;
— Parte VI (artt. 204-220): disposizioni finali e transitorie. I primi due Titoli inseriti in tale Parte sono dedicati, rispettivamente: al contenzioso, con specifico riferimento ai ricorsi giurisdizionali — viene ribadita la
giurisdizione del giudice amministrativo e disposto un rinvio alla disciplina processualistica del Codice del
630
Parte VIII: I contratti della P.A.
processo amministrativo (art. 120 c.p.a.) modificato con la previsione di un nuovo rito abbreviato per determinate ipotesi impugnatorie — e alla disciplina dei rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale — accordo
bonario, per lavori, servizi e forniture, collegio consultivo tecnico, transazione, arbitrato e pareri di precontenzioso dell’A.N.AC.; alla Governance, con disposizioni disciplinanti l’Autorità nazionale anticorruzione,
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Consiglio superiore dei lavori pubblici. Seguono le norme
di chiusura e gli Allegati.
6.Novità e criticità del Codice
Le novità introdotte dal nuovo Codice sono numerose e sicuramente il testo si pone come
obiettivi quello di soddisfare esigenze di semplificazione, snellimento e riduzione delle
norme, in uno a quello di fornire una risposta concreta alle sempre più pressanti necessità
di dematerializzazione, trasparenza e lotta alla corruzione.
Di certo la novità più evidente è quella di aver optato per un sistema flessibile di regolazione della materia (cosiddetta, soft regulation).
Rispetto al passato, il nuovo sistema normativo poggia anch’esso su due pilastri, ma la fase
attuativa non è più disciplinata da norme predeterminate a priori e raccolte e cristallizzate
in un unico testo. La regolazione dei contratti pubblici è infatti affidata al Codice dei contratti pubblici, di cui al detto D.Lgs. 50/2016 (che sostituisce il precedente Codice), ed agli
atti esecutivi, ovvero gli atti attuativi di indirizzo (da adottarsi con decreto del Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta dell’Autorità nazionale anticorruzione
(A.N.AC.) e previo parere delle competenti commissioni parlamentari) e le Linee–guida
dell’A.N.A.C., che, in quanto a carattere generale, hanno la finalità di offrire indicazioni
interpretative ed esecutive agli operatori del settore (in luogo del precedente Regolamento).
Il problema della natura giuridica degli atti esecutivi
L’aver optato per un sistema di atti esecutivi in luogo del precedente Regolamento “unico” comporta
l’indiscusso vantaggio di adattare, di volta in volta, la “regola” da adottare alle fattispecie concrete che
si possono verificare. A tale considerazione positiva corrisponde il concreto problema che l’elevato
numero di atti esecutivi previsti nel Codice (circa una cinquantina) e la diversa tipologia richiamata decreti ministeriali, decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e atti dell’A.N.AC. - pongono un
serio problema di inquadramento degli stessi nel sistema delle fonti.
Nel parere n. 855/2016, reso sullo schema di decreto, il Consiglio di Stato ha affrontato la delicata
questione della natura giuridica degli atti della cd. soft law, al fine di verificarne l’esatta collocazione
nella gerarchia delle fonti.
In particolare, sulla considerazione che sia le linee-guida che i decreti ministeriali o interministeriali
hanno “una chiara efficacia innovativa nell’ordinamento, che si accompagna ai caratteri di generalità
ed astrattezza delle disposizioni ivi previste”, viene precisato che:
— i decreti ministeriali contenenti le linee-guida adottate su proposta dell’A.N.AC., e sottoposti a
parere delle commissioni parlamentari, sono veri e propri regolamenti, che seguiranno lo schema
procedimentale disegnato dall’art. 17 L. 400/1988;
— le linee-guida non vincolanti dell’A.N.AC. hanno un valore di indirizzo al fine di fornire un orientamento per i comportamenti delle stazioni appaltanti e degli operatori economici e sono riconducibili agli ordinari atti amministrativi;
— le linee-guida a carattere vincolante dell’A.N.AC. sono inquadrabili come atti di regolazione di un’autorità indipendente: essi, quindi, non sono regolamenti in senso proprio ma atti amministrativi generali, appunto “di regolazione”, conformemente alla natura giuridica dell’A.N.AC., che “si configura a
tutti gli effetti come un’autorità amministrativa indipendente, con funzioni (anche) di regolazione”.
Capitolo 1: I contratti pubblici
631
Altro profilo innovativo è rappresentato dalla previsione di una disciplina organica della
concessione, di lavori, servizi e forniture, ponendo l’accento sulla caratteristica propria
dell’istituto, rappresentata dal rischio operativo gravante sul concessionario in caso di
mancato ritorno economico dell’investimento effettuato.
Si rilevano, inoltre, le seguenti peculiarità del testo:
— il sistema di centralizzazione e la qualificazione delle amministrazioni che vogliono operare come stazioni
appaltanti, al chiaro intento di ridurre il loro numero;
— la scomparsa delle procedure in economia e il riferimento all’affidamento diretto e all’amministrazione
diretta;
— la garanzia della parità di accesso alle procedure concorsuali di tutti gli operatori economici dell’Unione
europea e con particolare riguardo alle microimprese e alle piccole e medie imprese;
— la maggiore attenzione a profili sociali legati ai contratti pubblici, come la tutela dell’ambiente e la previsione di clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato nell’esecuzione dei contratti;
— il recupero della legalità, mediante un rafforzamento delle misure anticorruzione, con l’attribuzione
all’A.N.AC. di un ruolo fondamentale nella gestione dell’intero sistema contrattualistico;
— la decisiva affermazione del principio di digitalizzazione e informatizzazione. In tale prospettiva si pone, ad
esempio, l’art. 52 del Codice, il quale stabilisce, salvo eccezioni, che tutte le comunicazioni e gli scambi di
informazioni sono eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici, anche in conformità al Codice
dell’Amministrazione digitale.
— la riduzione del contenzioso, attraverso la previsione di un nuovo rito abbreviato, in camera di consiglio,
per la decidere dell’impugnazione dei provvedimenti di esclusione e delle ammissioni alla procedura all’esito della valutazione del possesso dei requisiti i partecipazione, nonché la disciplina dei rimedi alternativi
alla tutela giurisdizionale.
Come tutti i testi normativi che comportano una radicale riforma di una materia, anche il D.Lgs.
50/2016 necessita di un periodo di rodaggio, per poter comprendere l’effettiva portata delle
disposizioni introdotte e le eventuali correzioni che eventualmente si renderanno necessarie.
Lo stesso Consiglio di Stato, nel citato parere non ha potuto non rilevare che “Il testo del
codice risente dei tempi ristretti, e presenta pertanto inevitabili incoerenze sistematiche,
refusi, disposizioni non ben coordinate, imprecisioni lessicali e di recepimento, essendo
mancata, verosimilmente, una pausa di ponderazione e rilettura complessiva dell’articolato”.
7.L’entrata in vigore e il regime transitorio
Quanto all’entrata in vigore del nuovo Codice, il D.Lgs. 50/2016 è stato pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - n. 91 del 19 aprile 2016, ed è da questa data, ai sensi
di quanto disposto dall’art. 220 del testo, che il Codice è entrato in vigore.
Il precedente art. 216 dispone, poi, che il Codice si applica «alle procedure e ai contratti
per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano
pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, alle procedure e ai contratti in relazione ai
quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, non siano ancora stati inviati gli
inviti a presentare le offerte».
Con successivo comunicato dell’A.N.AC. del 3-5-2016, è stato, però, precisato che: «con riferimento ai soli bandi
o avvisi pubblicati nella giornata del 19 aprile 2016 continua ad operare il pregresso regime giuridico, mentre le
disposizioni del D.Lgs. 50/2016 riguarderanno i bandi e gli avvisi pubblicati a decorrere dal 20 aprile 2016».
632
Parte VIII: I contratti della P.A.
Quanto al secondo profilo, la circostanza che il legislatore abbia optato per un sistema
«aperto» che rimanda a numerosi decreti attuativi giustifica la previsione di un particolare
regime transitorio, nel quale è previsto che fino alla data di entrata in vigore degli stessi
continuano ad applicarsi numerose disposizioni del precedente Regolamento.
In particolare, l’art. 217 del Codice stabilisce l’abrogazione del D.P.R. 207/2010 con
effetto:
1) dalla data di entrata in vigore degli atti attuativi del Codice, i quali operano la ricognizione delle disposizioni del Regolamento da esse sostituite;
2) dalla data di entrata in vigore del Codice: la Parte I; la Parte II, Titolo I, capo II; la
Parte II, Titolo II, capo II; la Parte II, Titoli IV e V, VI, VII, VIII; la Parte II, Titolo IX,
Capo III; la Parte II, Titolo XI, Capo III, ad esclusione dell’articolo 251; la Parte III, ad
esclusione degli articoli 254, 255 e 256; le Parti IV, V e VII, nonché gli allegati e le
parti di allegati ivi richiamati (articoli abrogati da 1 a 8, da 11 a 13, da 44 a 59, da 97
a 177, da 211 a 214, 249, 250, 252, 253, da 257 a 270, da 271 a 342, da 357 a 359).
Le disposizioni del D.P.R. 207/2010 che si applicano fino all’emanazione degli atti attuativi del Codice sono
individuate dall’art. 216 D.Lgs. 50/2016 e sono:
— fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 23, comma 3, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla Parte II, Titolo II, Capo I (articoli da 14 a 43: contenuti della progettazione) e Titolo
XI, Capi I e II (articoli da 239 a 247: lavori sul patrimonio culturale), nonché gli allegati o le parti di allegati ivi richiamate, con esclusione dell’art. 248, del D.P.R. 207/2010. Fino all’adozione delle tabelle di cui
all’art. 23, comma 16, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti ministeriali già emanati in
materia;
— fino alla data di entrata in vigore del decreto previsto dall’art. 24, comma 2, si applicano le disposizioni
di cui agli artt. 254, 255 e 256 del Regolamento in questione (società tra progettisti, società di ingegneria
e raggruppamenti di progettisti);
— fino all’adozione dell’atto di cui all’art. 31, comma 5, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla
Parte II, Titolo I, Capo I, del Regolamento in questione (articoli 9 e 10: disciplina del RUP);
— fino all’adozione delle linee guida indicate all’art. 83, comma 2, continuano ad applicarsi, in quanto
compatibili, le disposizioni di cui alla Parte II, Titolo III (articoli da 60 a 96: sistema di qualificazione
delle imprese), nonché gli allegati e le parti di allegati ivi richiamate, del Regolamento in questione;
— fino alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale previsto dall’art. 102, comma 8, si applicano le
disposizioni di cui alla Parte II, Titolo X (articoli da 215 a 238: collaudo), nonché gli allegati o le parti di
allegati ivi richiamate, del Regolamento in questione;
— fino alla data entrata in vigore del decreto di cui all’art. 111, comma 1, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla Parte II, Titolo IX, Capi I e II (articoli da 178 a 210: scopo e forma della contabilità),
nonché gli allegati o le parti di allegati ivi richiamate, del Regolamento in questione;
— fino alla data di entrata in vigore del decreto previsto dall’art. 146, comma 4, continuano ad applicarsi le
disposizioni di cui agli artt. 248 e 251 (interventi sul patrimonio culturale) del Regolamento in questione;
— fino all’istituzione dell’albo di cui all’art. 196, comma 4, possono svolgere il ruolo di direttore dei lavori
e di collaudatore i soggetti in possesso dei requisiti professionali adeguati in relazione all’opera da dirigere
e il ruolo di collaudatore i soggetti in possesso dei requisiti previsti dall’art. 216 del Regolamento in questione, ferma restando l’incompatibilità con la funzione di responsabile unico del procedimento;
— fino all’adozione delle direttive generali di cui all’art. 1, comma 7, si applicano le disposizioni di cui agli
artt. da 343 a 356 (contratti eseguiti all’estero) del Regolamento in questione.