Combustione omogenea ed eterogenea

7.1
Combustione omogenea
ed eterogenea
7.1.1 Combustione omogenea
Generalità
La comprensione del fenomeno della combustione risale
alla seconda metà del Settecento, quando Antoine-Laurent
Lavoisier dimostrò che il processo non era dovuto alla liberazione del flogisto, ritenuto uno dei costituenti della materia,
ma piuttosto alla combinazione di un componente dell’aria,
l’ossigeno, con particolari materiali combustibili gassosi, liquidi o solidi. La sua caratteristica peculiare è la vistosa emissione di luce e di calore che assume spesso l’aspetto tipico della
fiamma.
In realtà i processi di combustione hanno costituito sin dalla
preistoria la principale sorgente di energia per l’umanità, e
anche oggi rivestono un ruolo centrale nella nostra economia,
fornendo circa il 90% dell’energia che consumiamo. Malgrado la continua e per certi aspetti sofferta ricerca di fonti alternative, tale primato è destinato a sopravvivere a lungo. I combustibili che vengono comunemente impiegati come fonti energetiche sono il gas naturale, costituito prevalentemente da
metano, i prodotti petroliferi, costituiti da miscele di idrocarburi, e il carbone. La loro combinazione con l’ossigeno (il comburente) porta alla formazione di biossido di carbonio e acqua
attraverso una serie di reazioni chimiche in generale molto
complesse poiché avvengono in diversi stadi e coinvolgono,
come verrà approfondito in seguito, molte specie intermedie.
Prescindendo da questi dettagli è comunque facile formulare
le reazioni globali attraverso le quali a partire dai combustibili menzionati si formano i prodotti di combustione. Esse si possono scrivere come segue:
[1]
[2]
[3]
CH4 ⫹2O2⫺ 2H2O ⫹CO2
䉴
冢
冣
per il metano
m
m
CnHm ⫹ n ⫹ 1 O2⫺ nCO2 ⫹ 1 H2O
4
2
per un generico idrocarburo
C ⫹O2⫺ CO2
䉴
䉴
per il carbone
Queste reazioni liberano quantità significative di energia
termica, che possono essere calcolate dalle entalpie di formazione delle diverse specie coinvolte (v. oltre). Accanto alle precedenti, si devono annoverare fra le reazioni di combustione,
per esempio, anche quelle di combinazione dell’ossigeno con
l’idrogeno per formare acqua, e dello stesso idrogeno con il
VOLUME V / STRUMENTI
cloro e il bromo per formare i corrispondenti cloruro e bromuro di idrogeno. In sostanza, rientrano nella categoria dei
processi di combustione tutte le reazioni molto veloci e fortemente esotermiche.
La peculiarità dei processi di combustione deriva dall’interazione di un insieme di fenomeni fisici e chimici che danno
origine a particolari e diversificate situazioni. La più semplice è quella di una miscela gassosa in cui sono presenti un combustibile, quale per esempio il metano, l’ossigeno ed eventuali gas inerti come l’azoto, nella quale si innesca una reazione
esotermica molto veloce che produce un forte riscaldamento
con conseguenti brusche variazioni, nel tempo e nello spazio,
della temperatura e delle concentrazioni dei reagenti. La configurazione geometrica e le condizioni fisiche della miscela,
in particolare la temperatura, determinano le condizioni in corrispondenza delle quali può avere luogo la sua accensione, o
ignizione.
Se i fluidi sono in moto, al variare della natura dei componenti e delle condizioni operative si possono identificare
diverse situazioni, ciascuna delle quali presenta problemi specifici per la descrizione e la gestione dei processi di combustione. Consideriamo anzitutto il caso di una miscela gassosa
costituita da un combustibile e da un comburente, che fluisce
con moto laminare in una determinata direzione con velocità
costante. Se in corrispondenza di una particolare posizione
lungo la direzione del moto si innesca la reazione di combustione, si genera una fiamma che provoca un brusco aumento
di temperatura della miscela. L’evento reattivo si consuma in
un sottile spessore nel quale, oltre all’aumento della temperatura, ha luogo anche una brusca diminuzione della concentrazione dei reagenti, mentre con altrettanta rapidità quella dei
prodotti di reazione raggiunge il valore che le compete nella
miscela finale. In sostanza si può identificare un fronte di reazione che si sposta con una velocità di propagazione diretta nel
verso opposto a quello della corrente gassosa. Se i valori numerici delle due velocità si identificano, la posizione del fronte
della fiamma si mantiene inalterata nel tempo e la fiamma
viene detta stazionaria. La descrizione precedente individua il
comportamento delle cosiddette fiamme monodimensionali
premiscelate. Una situazione diversa è quella delle fiamme a
diffusione, nelle quali i due reagenti gassosi fluiscono in due
zone separate e convergono verso la zona in cui ha luogo la
combustione.
413
COMBUSTIONE E DETONAZIONE
In entrambi i casi descritti si devono distinguere due ulteriori situazioni corrispondenti al fatto che il moto delle correnti sia rispettivamente di tipo laminare o turbolento. In caso
di flusso laminare, i processi di mescolamento avvengono solo
su scala molecolare, mentre nel moto turbolento essi sono dovuti anche all’azione dei vortici turbolenti. Questa caratteristica
influisce in modo significativo sul comportamento dei processi
di combustione, evidenziando quindi la rilevanza del comportamento fluidodinamico dei sistemi in gioco.
La distinzione fra le fiamme premiscelate e quelle a diffusione ci fornisce un criterio per classificare le caratteristiche
di un sistema soggetto a un processo di combustione. Per esempio, nel carburatore di un motore a combustione interna si
mescolano la benzina e l’aria che in seguito, dopo aver subito
una compressione e una ignizione, bruciano come una fiamma premiscelata, con un fronte che si propaga nella camera di
combustione. Viceversa in una candela accesa il calore liberato dalla fiamma vaporizza la cera di cui è costituita la candela, e i vapori vengono a contatto con l’aria nella zona prossima allo stoppino, dove è localizzato il processo di combustione, che acquista così le caratteristiche tipiche di una fiamma a
diffusione. Altri esempi di fiamme a diffusione si riscontrano
negli ugelli dei bruciatori o nei motori a reazione degli aerei.
Se però un bruciatore raggiunge dimensioni elevate, risulta
opportuno premiscelare il combustibile e l’aria.
Nei casi in cui la reazione chimica sia preceduta da un processo di diffusione, si formano tipici profili di concentrazione
dei diversi reagenti. Per esempio, se i reagenti, costituiti da un
combustibile gassoso e dall’aria, fluiscono rispettivamente in
un cilindro interno e nell’anello di un cilindro esterno a esso
coassiale, il processo di combustione che ha luogo al loro incontro si svolge su un fronte di fiamma avente simmetria cilindrica, con conseguente formazione di profili di concentrazione dei componenti aventi la stessa simmetria.
Del tutto diversi sono i processi di combustione eterogenea, nei quali fungono da combustibile le particelle di un solido,
per esempio il carbone, o le goccioline di idrocarburi liquidi.
Nel primo caso la reazione avviene per interazione delle molecole di ossigeno con gli atomi di carbonio che costituiscono il
materiale solido e i processi diffusivi che hanno luogo nel film
gassoso adiacente alla superficie del solido influenzano in modo
significativo la cinetica del processo di combustione. Ancora
più complessa è la combustione delle gocce di un liquido, poiché il riscaldamento dovuto alla reazione provoca la parziale
evaporazione dei componenti liquidi volatili, che diffondono
nella fase gassosa, reagendo con l’ossigeno.
In conclusione, i processi di combustione presentano l’articolata molteplicità di situazioni riassunte nello schema di fig. 1.
La trattazione che verrà svolta nel seguito, dopo avere preso
in considerazione gli aspetti termodinamici e cinetici dei processi di combustione, si articolerà attraverso una analisi delle
più significative tipologie dei processi indicati nello schema,
discutendo l’individuazione delle condizioni di ignizione, le
fiamme premiscelate, laminari e turbolente, e le fiamme a diffusione. Verranno inoltre discussi alcuni aspetti riguardanti
l’influenza dei processi di combustione sull’inquinamento dell’atmosfera, considerando specificamente le reazioni chimiche coinvolte nella formazione degli ossidi di azoto e delle particelle solide carboniose.
Aspetti termodinamici. Temperatura di una fiamma
Si fa riferimento a una generica reazione chimica, formalmente espressa nel modo seguente:
[4]
ν A A + ν B B + ⋅⋅⋅ ⫺
⫺➤ ν M M + ν N N + ⋅⋅⋅
䉴
dove ni è il coefficiente stechiometrico dell’i-esimo componente. A pressione costante il calore liberato dalla reazione,
QR, si identifica con la variazione di entalpia associata alla reazione stessa (DH), cambiata di segno, che a sua volta, se la
pressione è quella di 1 bar, si può calcolare dai valori delle
entalpie molari standard di formazione Df H° delle diverse specie, combinate linearmente secondo i coefficienti stechiometrici (assunti positivi per i prodotti di reazione e negativi per i
reagenti):
PROCESSI DI COMBUSTIONE
(reazioni veloci e fortemente esotermiche)
REAGENTI PREMISCELATI
STATI
NON STAZIONARI
(i processi dipendono
dal tempo)
fenomeni di accensione
e spegnimento
STATI
STAZIONARI
fiamme laminari
e turbolente;
la loro velocità
è determinata
dalle caratteristiche
chimico-fisiche
della miscela
FIAMME A DIFFUSIONE
OMOGENEE
le loro
caratteristiche
sono determinate
dal flusso
dei gas
e dai fenomeni
interdiffusivi
ETEROGENEE
le loro
caratteristiche
sono determinate
dallo scambio
di calore
e di materia
con la superficie
del solido
fig. 1. Schema classificatorio dei diversi tipi di combustione.
414
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
COMBUSTIONE OMOGENEA ED ETEROGENEA
tab. 1. Entalpie ed energie libere standard di formazione
a 298 K di alcuni composti gassosi
coinvolti nei processi di combustione
ν
⌬f G°
kJ/mol
CH4
⫺74,86
⫺50,85
C2H6
⫺84,78
⫺33,00
C6H14
⫺154,74
⫺0,25
C8H18
⫺208,59
16,41
82,98
129,75
CH3OH
⫺202,05
⫺163,45
C2H5OH
⫺234,75
⫺168,18
C6 H6 (benzene)
[5]
QR = − ∆ r H = − ∑ ν i ∆ f H i
In tab. 1 vengono riassunti i valori delle entalpie di formazione di diverse specie che risultano coinvolte nei processi di
combustione. Essi si riferiscono alle condizioni standard, corrispondenti alla pressione di 1 bar e alla temperatura di 298 K.
La dipendenza della variazione di entalpia dalla temperatura può essere valutata dalla conoscenza delle capacità termiche molari c̃p,i delle diverse sostanze attraverso la relazione:
T
∆ r H T = ∆ r H 298 +
∫ ∑ ν c
i p ,i
A loro volta le capacità termiche vengono solitamente
espresse in funzione della temperatura mediante un polinomio
del tipo:
c p ,i = ai + biT + ciT 2 + ⋅⋅⋅
in cui i parametri ai , bi , ci ,… vengono chiamati coefficienti
calorimetrici. I loro valori, per alcuni dei composti coinvolti
nei processi di combustione, sono riportati nella tab. 2.
Un importante parametro che caratterizza una fiamma è il
valore della temperatura raggiunta a combustione avvenuta (Tf )
a partire dal valore iniziale T0. Se la fiamma è adiabatica, cioè
se tutto il calore liberato dalla reazione contribuisce solo a
riscaldare la miscela reagente, un semplice bilancio energetico permette di calcolare la temperatura finale, detta in questo
caso temperatura adiabatica della fiamma. Essa si ottiene eguagliando il calore assorbito dalla miscela dei prodotti di reazione a quello liberato dalla reazione (alla temperatura T0),
valutati mediante le relazioni [5-7]:
Tf
[8]
QR − ∆ r H T° =
0
(
∫ ( A + BT + CT
T0
) B2 (T
= A T f − T0 +
2
f
2
)
+ ⋅⋅⋅ dT =
) C3 (T
− T02 +
3
f
)
− T03 + ⋅⋅⋅
con A⫽∑iniai , B⫽∑inibi , C⫽∑inici …, dove le sommatorie
sono estese ai prodotti della reazione. La temperatura adiabatica della fiamma si ottiene risolvendo l’equazione [8] rispetto all’incognita Tf . L’estensione del polinomio dipende dal
grado di accuratezza che si vuole raggiungere.
In realtà qualunque reazione chimica non si svolge mai in
modo completo, ma tende a raggiungere una composizione di
VOLUME V / STRUMENTI
− ∆ G ° RT
[11]
䉴
H2O⫺
⫺H2 ⫹1/2 O2
䉳
䉴
e altre ancora. Poiché la composizione del sistema all’equilibrio dipende dalla temperatura raggiunta, la [8] va risolta unitamente alle relazioni del tipo [9] che permettono di valutare
la composizione in funzione della temperatura. Nell’insieme
si ottiene un sistema di equazioni algebriche non lineari la cui
risoluzione può essere condotta agevolmente mediante adeguati programmi di calcolo.
dT
298 i
[7]
( )
Kγ = K T = e r
ν
ν
p AA pBB ⋅⋅⋅⋅
dove pi è la pressione parziale del componente i all’equilibrio,
pari al prodotto della sua frazione molare per la pressione totale P, ∆rG° la variazione di energia libera standard della reazione ed R la costante dei gas. A sua volta la quantità ∆rG°
viene valutata dalle energie libere standard di formazione dei
diversi componenti, ∆f Gi° (v. tab. 1), mediante una relazione
additiva simile alla [5]. Infine, Kg⫽fMnMfNnN…ⲐfAnAfBnB…, dove
fM ,… sono i coefficienti di fugacità dei diversi componenti,
che misurano la deviazione dal comportamento ideale; ovviamente se i componenti e la miscela si comportano idealmente
Kg⫽1.
In realtà, in un processo di combustione si devono considerare, oltre alle reazioni globali come quelle precedentemente indicate, altre reazioni di equilibrio che coinvolgono i prodotti di reazione, quali:
[10] CO2⫺
⫺CO ⫹1Ⲑ2 O2
䉳
i
[6]
ν
p MM pNN ⋅⋅⋅⋅
[9]
⌬f H°
kJ/mol
Composto
equilibrio che dipende dalla pressione e dalla temperatura raggiunta dal sistema attraverso la relazione:
Aspetti chimici e cinetici della combustione
degli idrocarburi
La velocità ri di una generica reazione chimica esprime il
numero di moli di una specie i di riferimento che vengono trasformate per unità di tempo e per unità di volume. Essa dipende dalla temperatura e dalla composizione del sistema; per una
reazione di combustione, nella sua forma più semplice viene
solitamente espressa nel modo seguente in funzione dei reagenti primari:
[12]
( )
r=k T
a
combustibile   ossigeno 
b
tab. 2. Valori dei coefficienti calorimetrici per il calcolo
delle capacità termiche molari (J/mol⭈K)
di alcune sostanze gassose di interesse per i processi
di combustione
a
b⭈103
c⭈106
Intervallo
di temperatura (K)
CH4
22,36
48,15
–
273-1.200
CO
27,63
5,02
–
273-2.500
CO2
26,67
42,29
⫺14,25
300-1.500
H2
28,81
0,28
1,17
273-2.500
H2O
34,42
0,63
5,61
300-2.500
N2
26,38
7,62
⫺1,44
273-2.500
O2
26,21
11,50
3,22
273-5.000
Composto
415
COMBUSTIONE E DETONAZIONE
tab. 3. Parametri cinetici per alcuni combustibili
Combustibile A(one-step)
E
kJ/mol
a
b
1,3
CH4
1,3⭈109
202,64
⫺0,3
C2H6
1,1⭈1012
125,60
0,1
1,65
C6H14
5,7⭈1011
125,60
0,25
1,5
C8H18
7,2⭈1011
167,47
0,25
1,5
C10H22
3,8⭈1011
125,60
0,25
1,5
C2H5OH
1,5⭈1012
125,60
0,15
1,6
C6H6
2,0⭈1011
125,60
⫺0,1
1,85
Le parentesi quadre indicano le concentrazioni molari dei
componenti, a e b sono due parametri empirici chiamati ordini di reazione, mentre k(T ) è la costante di velocità di reazione, che dipende dalla temperatura attraverso la relazione di
Arrhenius k(T)⫽A exp(⫺EⲐRT), dove E è l’energia di attivazione. I valori dei parametri cinetici per alcuni idrocarburi sono
riassunti nella tab. 3.
L’equazione [12] esprime la velocità del processo di combustione considerandolo globalmente, cioè senza tenere conto
del fatto che in realtà la trasformazione avviene attraverso diversi stadi che coinvolgono parecchie specie intermedie, costituite soprattutto da frammenti molecolari. Questo approccio aggregato, o lumped, sebbene ‘rinunciatario’ poiché ignora i dettagli delle trasformazioni prese in esame, fornisce tuttavia un
efficace punto di partenza per esaminare alcuni aspetti tipici
dei processi di combustione quali l’ignizione e la formazione
delle fiamme premiscelate.
Con l’ausilio di sofisticate tecniche diagnostiche sono state
condotte indagini molto accurate che hanno fornito interessanti
informazioni sui dettagli delle reazioni di combustione degli
idrocarburi. Oltre alle tradizionali metodiche analitiche quali la
cromatografia e la spettrometria di massa, sono state sviluppate nuove tecniche basate sull’impiego di dispositivi a laser. Per
esempio, mediante il procedimento diagnostico chiamato LIF
(Laser Induced Fluorescence), le specie molecolari vengono individuate eccitandole energeticamente con un raggio laser e analizzando successivamente la radiazione emessa per fluorescenza. Si riesce così a individuare la presenza di specie in concentrazioni molto piccole, aventi una vita media molto breve. Sono
state inoltre messe a punto metodologie sperimentali accurate
per determinare la velocità delle reazioni di combustione. Infine, è interessante menzionare che lo studio dei processi di combustione omogenea viene condotto anche fruendo delle metodologie della chimica quantistica la quale, grazie all’impiego dei
supercalcolatori, permette attualmente di valutare con ragionevole accuratezza la costante di velocità di reazione di alcuni dei
processi elementari che intervengono. Le espressioni della velocità di tali reazioni si riconducono alla loro molecolarità, poiché
riflettono le caratteristiche dell’atto elementare attraverso il quale
la reazione ha luogo. Per esempio, se il processo avviene in seguito alla collisione fra due specie A e B, la velocità di reazione
viene espressa come segue:
[13]
k = AT n e− E
RT
dove n è un numero dell’ordine dell’unità.
416
Grazie all’insieme dei metodi di indagine menzionati si
dispone attualmente di un ricco repertorio di valori dei parametri cinetici per molte delle reazioni elementari coinvolte nei
processi di combustione omogenea. Uno dei casi investigati
più a fondo riguarda l’ossidazione del metano a elevata temperatura, il cui studio ha portato a tracciare lo schema generale illustrato nella fig. 2. Nello schema vengono indicate le più
importanti reazioni che coinvolgono i composti contenenti uno
o più atomi di carbonio. Si può osservare che la molecola del
metano viene attaccata dalle specie radicaliche ⭈H, ⭈O e ⭈OH,
molto reattive per la presenza di un elettrone spaiato, indicato
con il punto. Si formano così i radicali ⭈CH3 che reagiscono
con gli atomi di ossigeno per dare formaldeide, CH2O. Per
rimozione di un atomo di idrogeno da questa specie si ottiene
il radicale formico che per decomposizione termica forma
monossido di carbonio e idrogeno atomico. Inoltre due gruppi ⭈CH3 possono combinarsi fra di loro per formare l’etano,
che può essere a sua volta attaccato da ⭈H, ⭈O e ⭈OH e formare il radicale etile, a sua volta successivamente ossidato. Anche
gli idrocarburi di peso molecolare superiore al metano e all’etano vengono attaccati da tali radicali, con formazione di specie instabili soggette a una rapida demolizione che origina frammenti molecolari di dimensioni minori. Pertanto, il problema
dell’ossidazione degli idrocarburi superiori viene ricondotto a
quello degli spezzoni di piccole dimensioni, le cui caratteristiche sono note dalle indagini condotte sull’ossidazione del
metano.
È interessante osservare che nella complessa sequenza delle
reazioni elementari coinvolte in tali processi, quelle che giocano un ruolo cinetico importante sono:
[14]
H⭈⫹O2⫺ ⭈OH ⫹O⭈
[15]
CO ⫹⭈OH⫺ CO2 ⫹H⭈
䉴
䉴
che, curiosamente, sono indipendenti dalla natura del combustibile impiegato.
Poiché le reazioni di combustione vengono solitamente
condotte con aria, e quindi in presenza di azoto, in questi processi si formano anche dei composti azotati, in particolare gli
ossidi di azoto. Le corrispondenti reazioni di formazione si
integrano con quelle di combustione poiché coinvolgono alcune delle specie radicaliche menzionate. Se si opera ad alta temperatura e per elevati tempi di contatto, la formazione del monossido di azoto NO può aver luogo attraverso il cosiddetto meccanismo di Zeldovich:
[16]
O⭈⫹N2⫺ NO ⫹N⭈
[17]
N⭈⫹O2⫺ NO ⫹O⭈
䉴
䉴
In miscele ricche di combustibile entra in gioco anche la
seguente reazione, che tende a rimpiazzare la [17]:
[18]
N⭈⫹⭈OH⫺ NO ⫹H⭈
䉴
A temperature relativamente basse NO si può formare anche
dalla specie N2O attraverso la sequenza di reazioni:
[19]
O⭈⫹N2 ⫹M⫺ N2O ⫹M
[20]
O⭈⫹N2O⫺ 2NO
[21]
H⭈⫹N2O⫺ NH ⫹NO
䉴
䉴
䉴
dove M indica una molecola inerte che agevola la reazione sottraendo energia ai reagenti mediante collisioni. Un secondo
tipo di meccanismo che porta alla formazione degli ossidi d’azoto, chiamato prompt NO, prevale alle basse temperature e a
bassi tempi di contatto. Si assume che in questo meccanismo
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
COMBUSTIONE OMOGENEA ED ETEROGENEA
⫹H,O,OH
CH4
⫹CH3
C2H6
⫹O
CH3
⫹H
⫹CH3
⫹H,O,OH
⫹H,O,OH
CH2O
⫹CH3
⫹H
⫹M,O2
C2H4
C2H5
⫹H
⫹O
CH3CHO
⫹M,O2,H
CHO
⫹H
⫹O,OH
CO
⫹M,H
C2H3
⫹H
⫹OH
CH3CH
⫹O
⫹O
⫹OH
CH2
⫹O,O2
⫹H
CH2CO
CH3,CH2,CHO
⫹H,O,OH
C2H2
CH
⫹O,O2
CO
⫹O
CH2O,CHO
CH3
⫹M
CH3
fig. 2. Schema del processo di ossidazione del metano, nel quale vengono indicate le più importanti reazioni
che coinvolgono specie radicaliche e frammenti molecolari.
intervenga come intermedio l’acido cianidrico HCN, che si
forma per interazione dei radicali del carbonio con l’azoto:
[22]
⭈CH ⫹N2⫺ HCN ⫹N⭈
[23]
⭈CH2 ⫹N2⫺ HCN ⫹⭈NH
䉴
䉴
Successivamente l’acido cianidrico viene convertito in ossido di azoto attraverso uno schema complesso di reazioni. L’attenzione verso le reazioni che portano alla formazione degli
ossidi di azoto è giustificata dal fatto che tali specie sono fra i
principali agenti inquinanti dell’atmosfera.
Punto e temperatura di ignizione
In una miscela costituita da un combustibile gassoso e da
ossigeno, contenuta in una camera chiusa, i componenti tendono a combinarsi fra loro liberando calore. Se la velocità con
la quale il calore viene disperso verso l’esterno è elevata, la
temperatura si mantiene bassa e la reazione procede lentamente
in una particolare condizione chiamata appunto combustione
lenta.
Se però la temperatura supera un particolare valore critico, che come vedremo dipende dalle caratteristiche della miscela e del contenitore, la velocità con la quale viene rilasciato il
calore può dare origine a un forte aumento della velocità di
reazione, tale da provocare una esplosione. La condizione in
corrispondenza della quale ha inizio questo processo viene
chiamata punto di ignizione e sta alla base di tutti i processi di
combustione. Questo fenomeno trae origine dall’andamento
esponenziale dell’equazione di Arrhenius che esprime la dipendenza della velocità di reazione dalla temperatura. Un metodo
approssimato per determinare la temperatura critica di ignizione è stato formulato da Semenov. Il metodo è basato essenzialmente su due presupposti: che la miscela si mantenga ben
rimescolata e che la velocità con la quale viene scambiato il
VOLUME V / STRUMENTI
calore fra la zona in cui ha luogo la combustione e l’ambiente esterno sia proporzionale alla differenza fra le rispettive temperature. Pertanto la quantità di calore disperso per unità di
tempo risulta espressa da:
[24] Q − = hS (T − T0 )
essendo S la superficie che delimita il sistema, T0 la temperatura esterna e h il coefficiente di scambio termico. Q⭈⫺ dipende dalle caratteristiche fisiche della miscela in gioco, in particolare dalla sua conducibilità termica e dal suo grado di mescolamento. Il calore liberato per unità di tempo sarà invece espresso
come segue:
[25]
Q = VQ r
+
R
dove V è il volume del sistema ed r la velocità di reazione.
Nella trattazione che segue verrà impiegata per quest’ultima
una espressione cinetica di ordine zero, ponendo uguali a zero
gli esponenti a e b dell’equazione [12]. Questa impostazione,
pur essendo approssimata perché ignora l’influenza esercitata
dal consumo dei reagenti sull’innesco del processo di accensione, fornisce tuttavia risultati soddisfacenti.
Il bilancio energetico viene formulato eguagliando la velocità di incremento dell’energia della massa reagente alla differenza fra il calore liberato Q⭈⫹ e quello disperso Q⭈⫺:
[26]
c p rV
)
(
dT
= hS T − T0 − Ae− E
dt
RT
QRV
dove t è il tempo, cp il calore specifico e r la densità della
miscela reagente. Se si introducono le seguenti grandezze adimensionali:
[27]
ϑ=
(
E
T − T0
RT02
)
417
COMBUSTIONE E DETONAZIONE
EAQR
[28]
τ=
[29]
RT 2 hSe
a= 0
EAVQR
2 E RT0
0
rc p RT e
con la [27] si ricava allora la seguente relazione fra la temperatura critica di ignizione Tc e la temperatura T0:
t
E RT0
[33]
e si tiene inoltre conto che in generale RT0 ⲐE⬍⬍1, con una serie
di passaggi algebrici si dimostra che l’equazione di bilancio
energetico [26] assume la seguente forma:
dϑ
= eϑ − aϑ
dτ
[30]
Si tratta di una equazione differenziale apparentemente molto
semplice, ma che tuttavia non può essere integrata per via analitica. Se ne possono però evidenziare le caratteristiche peculiari riportando su un diagramma gli andamenti dei due termini al
secondo membro, che si riferiscono rispettivamente al calore
rilasciato e a quello disperso. Si ottengono in questo modo gli
andamenti riportati nella fig. 3, dove le tre rette si riferiscono a
tre valori diversi del coefficiente a. La condizione di stato stazionario Q⭈⫹⫽Q⭈⫺ corrisponde graficamente all’intersezione fra
la curva del calore liberato e la retta di quello sottratto. La fig. 3
mostra che l’intersezione avviene nel caso I. Viceversa, nel caso
III non esiste intersezione, per cui il calore liberato è sempre
superiore a quello sottratto. In queste condizioni il sistema è
intrinsecamente instabile e ha luogo l’ignizione. La soglia fra
questi due comportamenti si riscontra nel caso II, nel quale la
retta del calore disperso interseca tangenzialmente la curva del
calore liberato. In questo punto valgono le seguenti condizioni:
dQ + dQ −
[31]
=
Q + = Q −
dϑ
dϑ
dette critiche, che portano al seguente risultato per i parametri critici:
ac = e , ϑ c = 1
[32]
Pertanto se a è minore di e (base dei logaritmi naturali) si ha
ignizione, se è maggiore esiste uno stato stazionario. In accordo
Tc − T0 =
Se, per esempio, poniamo T0⫽500 K e attribuiamo all’energia di attivazione il valore ragionevole di 10.000 cal/mol si
ottiene un valore di Tc uguale a 550 K, il quale evidenzia che
il preriscaldamento che precede l’autoignizione esplosiva è
relativamente piccolo.
La teoria sin qui esposta può essere migliorata tenendo
conto del consumo del reagente ed esprimendo la velocità della
reazione di combustione con una cinetica di ordine a⬆0 rispetto al reagente combustibile. Tralasciando i dettagli dei calcoli, si dimostra che il valore critico del coefficiente di scambio
termico risulta espresso dalla relazione seguente:
2


ac = e 1 − 2, 703 a B 3 


dove B⫽C0 QR EⲐr CpRT02, essendo C0 la concentrazione del
reagente al tempo iniziale. Si può osservare che per a⫽0 o per
valori di B molto elevati l’equazione precedente si riconduce
alla [32], evidenziando così che l’approccio di Semenov permette di calcolare il valore di ac con un ragionevole margine
di sicurezza.
Oltre ai fattori termici, anche quelli chimici possono giocare sulle reazioni di ossidazione un ruolo tale da dare origine in alcuni casi a evoluzioni esplosive. Infatti le specie radicaliche che si formano in alcuni stadi del processo, in virtù
della loro elevata reattività dovuta alla presenza di un elettrone spaiato, possono generare, per interazione con molecole stabili, nuovi frammenti molecolari che provocano una valanga
di reazioni, tipica dei processi a catena. In questi processi si
identificano quattro tipici stadi:
• iniziazione, attraverso la quale si generano frammenti molecolari per decomposizione termica:
•
A⫺ 2X⭈
䉴
dove con X⭈ si indica una generica specie radicalica;
propagazione, attraverso la quale il numero di radicali si
mantiene inalterato:
X⭈⫹B⫺ Y⭈⫹C
䉴
dove Y⭈ indica un altro radicale. Un esempio è la reazione
fra il radicale ⭈OH e il metano per dare acqua e radicale
metilico:
III
[37]
˙
˙
)
Reazioni a catena ramificate
[36]
I
(
[34]
[35]
II
RTc2
E
•
⭈OH ⫹CH4⫺ H2O ⫹⭈CH3
䉴
che interviene nell’ossidazione del metano;
ramificazione, un particolare tipo di propagazione nella
quale il numero dei radicali prodotti è superiore a quello
dei radicali che partecipano alla reazione:
[38]
X⭈⫹A⫺ 2Y⭈
䉴
Un esempio ci è offerto dalla reazione:
0
fig. 3. Diagramma termico che riporta l’andamento
della curva corrispondente alla funzione eÿ e della retta aÿ
in funzione di ÿ, per diversi valori di a. La linea I è subcritica,
la II critica, la III supercritica.
418
[39]
•
H⭈⫹O2⫺ ⭈OH ⫹O⭈
䉴
terminazione, reazione attraverso la quale vengono eliminati i radicali, per esempio per combinazione di due di essi:
[40]
X⭈⫹Y⭈⫺ A
䉴
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
COMBUSTIONE OMOGENEA ED ETEROGENEA
[42]
(
)
I
 X· = 0 eϕ t − 1
ϕ
Il suo andamento dipende dal segno di f: se questo è negativo, cioè se f⬍g, la funzione tende asintoticamente al valore:
[43]
c
b
a
d  X·
= I 0 + f  X· − g  X· = I 0 + ϕ  X·
dt
dove I0 indica la velocità di produzione dei radicali nella reazione di iniziazione, mentre f e g indicano rispettivamente due
funzioni della temperatura e della pressione che riflettono l’efficacia degli stadi di ramificazione e di terminazione. Il termine f⫽f⫺g viene chiamato fattore di ramificazione. Tenendo
conto che per t⫽0 la concentrazione dei radicali è nulla, l’integrazione dell’equazione precedente fornisce la seguente espressione della concentrazione dei radicali in funzione del tempo:
[41]
e
d
pressione
Queste reazioni sono spesso agevolate dall’intervento di
un terzo corpo costituito da una specie stabile inerte che sottrae energia nel processo esotermico di combinazione dei due
radicali.
L’eventuale degenerazione esplosiva di un processo a catena è dovuta alle reazioni di ramificazione che, se non vengono controllate da quelle di terminazione, provocano un aumento catastrofico del numero dei radicali che si generano nel sistema. Si può condurre una analisi approssimata di questo
fenomeno assumendo che la velocità di generazione dei radicali sia costante e che le velocità di propagazione e terminazione siano entrambe proporzionali alla concentrazione dei
radicali presenti, che indicheremo genericamente con X⭈. In
un sistema chiuso agli scambi di materia l’accumulo dei radicali rispetto al tempo risulterà espresso dall’equazione:
I
 X· = 0
g− f
che è la soluzione stazionaria ottenibile direttamente dalla [41]
ponendo il primo membro uguale a zero. Se f è positivo la
concentrazione dei radicali aumenta invece esponenzialmente. In questo caso il sistema è soggetto a una catastrofica evoluzione esplosiva poiché la produzione dei radicali attraverso
il processo di ramificazione prevale sulla loro distruzione per
terminazione.
0
tempo
fig. 4. Andamenti tipici dell’aumento della pressione in funzione
del tempo durante la combustione in un sistema statico.
Le curve, da a a e, corrispondono a valori crescenti della
pressione iniziale: a e b combustione lenta, c presenza
di una fiamma fredda, d ed e presenza di due fiamme fredde.
ignizione; riportando la temperatura sulle ordinate e la pressione sulle ascisse si possono identificare diverse zone, ciascuna
delle quali corrisponde a una certa modalità con cui procede la
combustione. Un esempio di tali diagrammi è riportato nella
fig. 5, nella quale si può osservare una curva sinuosa che separa la zona a sinistra, detta di combustione lenta, da quella a
destra ove ha luogo l’ignizione. Sono inoltre presenti dei lobi
che individuano le zone nelle quali si manifestano gli impulsi
delle fiamme fredde. Infine le zone di combustione lenta e di
zona della fiamma blu
Diagrammi di ignizione
VOLUME V / STRUMENTI
ignizione
temperatura
Il meccanismo illustrato in precedenza può essere impiegato per interpretare la combustione di diverse sostanze, inclusi gli idrocarburi. Se si effettua la reazione in un recipiente
chiuso e si misura l’evoluzione della pressione in funzione del
tempo, si ottengono andamenti molto diversificati a seconda
del combustibile impiegato e delle condizioni in cui viene condotta la reazione. In particolare, nella fig. 4 è riportato l’aumento temporale della pressione della miscela in corrispondenza di diversi valori della pressione iniziale. Nelle curve a
e b, che corrispondono alle pressioni più basse, è presente un
tempo di induzione durante il quale la reazione non ha luogo.
Successivamente le curve si impennano e raggiungono il valore massimo della pressione. Se si aumenta la pressione iniziale si ottengono le curve c, d ed e nelle quali appaiono dei momentanei impulsi di pressione della durata di un secondo, durante
i quali la temperatura aumenta di circa 150 °C. Queste accensioni sono accompagnate da una debole luminescenza e sono
chiamate fiamme fredde.
Il comportamento di ciascun composto combustibile può
essere compendiato in un diagramma, chiamato diagramma di
combustione lenta
una fiamma
fredda
due fiamme
fredde
lobo di
ignizione
0
pressione
fig. 5. Esempio di diagramma di ignizione.
419
COMBUSTIONE E DETONAZIONE
ignizione sono a loro volta separate da una regione più ristretta, detta della fiamma blu, più calda delle fiamme fredde.
Sulla base dei dati sperimentali disponibili sono stati disegnati i diagrammi di ignizione per diversi idrocarburi. Anche
se hanno tutti la stessa configurazione generale, i diversi diagrammi si differenziano per i dettagli, in particolare per il numero e la forma dei lobi che caratterizzano le fiamme fredde. In
un certo senso questi diagrammi descrivono la morfologia dei
processi di combustione di ciascuna sostanza e costituiscono
un utile ausilio per individuarne le caratteristiche.
di retroazione in virtù del quale il calore liberato nella zona di
reazione, che fluisce in senso inverso a quello della corrente
gassosa, preriscalda la miscela sino alla temperatura richiesta
perché si inneschi spontaneamente la reazione esotermica di
combustione. Una descrizione di questo processo è stata proposta più di un secolo fa da Mallard e Le Châtelier e, pur essendo approssimata, coglie gli aspetti essenziali del fenomeno. Se
si indica con d lo spessore della zona in cui si svolge la reazione, l’eguaglianza fra il flusso termico che retrocede verso
la corrente di alimentazione e quello da essa assorbito porta
alla relazione seguente:
Fiamme laminari premiscelate
temperatura, concentrazione
Si consideri una miscela gassosa a una temperatura T0 contenente un combustibile (per esempio metano) e ossigeno, che
fluisce con velocità u0 con moto laminare lungo l’asse z di un
condotto tubolare. Le particelle di fluido si muovono in modo
regolare, parallelamente all’asse del cilindro stesso e con un
profilo parabolico della velocità che parte da un valore nullo
in corrispondenza delle pareti e raggiunge il massimo al centro. In una situazione semplificata, e idealizzata, è opportuno
trascurare l’influenza delle pareti del condotto sulla velocità
del fluido, e assumere che il moto avvenga con flusso a pistone, in base al quale il profilo radiale della velocità è descritto
da una funzione avente un valore costante in ogni punto delle
sezioni perpendicolari alla direzione del moto, eccetto che in
corrispondenza della parete, dove assume valore nullo. La formazione di una fiamma è caratterizzata da un brusco aumento della temperatura lungo l’asse z, come indicato nella fig. 6,
e da una altrettanto rapida diminuzione della concentrazione
dei reagenti che si trasformano nei prodotti di combustione. Si
può allora identificare un fronte della fiamma avente uno spessore inferiore a pochi millimetri, nel quale la temperatura si
impenna sino a 2.000-3.500 K. La propagazione di tale fronte avviene con velocità Su in direzione contraria a quella del
flusso gassoso. In condizioni stazionarie i valori delle due velocità si identificano, e pertanto la posizione del fronte della
fiamma si mantiene inalterata.
Affinché nella miscela iniziale si inneschi il processo di
combustione, essa deve essere portata alla temperatura di ignizione Ti. Solo in queste condizioni si instaura il meccanismo
reagenti
temperatura
Tf
q˙
T0
intermedi
[45]
Su =
)
rM δ
r
il cui valore in condizioni stazionarie si identifica con la velocità del fluido. Se si ricava d dall’espressione precedente e lo si
sostituisce nella [44] si ottiene infine la seguente espressione:
[46]
Su =
(
)
1 kT T f − Ti rM
r
c p Ti − T0
(
)
Il fatto che Su risulti proporzionale alla radice quadrata
della velocità di reazione costituisce il risultato più significativo ottenuto nella teoria delle fiamme premiscelate, anche se
in realtà la relazione precedente fornisce risultati approssimati.
Un modello più raffinato delle fiamme premiscelate, che
viene contraddistinto con l’acronimo ZSF dal nome degli scienziati russi Zeldovich, Semenov e Frank-Kameneskij, è stato
sviluppato nella prima metà del 20° secolo. Se si effettua il
bilancio termico della miscela reagente su un elemento di volume avente sezione uguale a quella del flusso della miscela e
spessore infinitesimo con l’asse diretto lungo la direzione del
flusso gassoso, si può facilmente dimostrare che in condizioni stazionarie vale la seguente relazione:
dq
= QR r
dz
dove q è il flusso termico per unità di tempo e per unità di superficie perpendicolare alla direzione del flusso, che si può esprimere come somma di due contributi, dovuti rispettivamente al
trasporto associato al moto convettivo della corrente fluida e
alla conduzione termica:
z
420
(
= Gc p Ti − T0
δ
dove Tf è la temperatura della fiamma, kT la conducibilità termica della miscela fluida, cp il suo calore specifico medio e G
la portata in massa per unità di superficie, che può essere a sua
volta espressa dal prodotto della velocità del gas per la sua densità, G⫽ur. Il prodotto della velocità media di reazione r̄ per il
᎐ fornisce la massa reapeso molecolare medio della miscela M
gente trasformata per unità di tempo e di volume. Se si divide
per la densità r si ottiene l’inverso del tempo medio di reazione,
che moltiplicato a sua volta per lo spessore d in cui avviene la
reazione fornisce la velocità di propagazione della fiamma, Su:
kT
[47]
H2O
T f − Ti
[44]
q = c pGT − kT
dT
dz
fig. 6. Andamento della temperatura in funzione
[48]
della coordinata z in una fiamma laminare premiscelata.
Nella figura vengono anche riportate le curve che indicano
l’andamento della concentrazione dei reagenti, degli intermedi
.
e dell’acqua prodotta nella reazione. La curva indicata con q
rappresenta il calore liberato per unità di tempo dalla reazione
di combustione.
Nell’espressione del primo termine si è attribuito al calore specifico della miscela un valore medio costante, mentre il
secondo contributo è dato dal prodotto del coefficiente di conduzione termica kT per il gradiente di temperatura, ed è diretto nella direzione opposta a quella del flusso convettivo.
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
COMBUSTIONE OMOGENEA ED ETEROGENEA
Sostituendo la [48] nella [47] e adottando per la velocità
di reazione un’equazione cinetica di ordine zero si ricava:
d 2T
dT
− c pG
− QR Ae− E RT = 0
dz
dz 2
Si tratta di un’equazione differenziale del secondo ordine,
non lineare per la presenza del termine esponenziale di Arrhenius, che impedisce di ricavare una espressione analitica dell’andamento della temperatura in funzione di z. È allora opportuno individuare lungo il profilo di temperatura della fiamma,
come illustrato nella fig. 7, un valore della coordinata z⫽0 in corrispondenza del quale si assume che si raggiunga la temperatura
Ti. Per zⱕ0 ci si trova nella zona di preriscaldamento nella quale
la reazione non ha praticamente luogo, per cui la [49] si può semplificare omettendo il terzo termine. In questa forma l’equazione si può facilmente integrare imponendo come condizioni al
contorno che T⫽Ti per z⫽0 e che la temperatura tenda a T0 quando z⫺⫺⬁. Ponendo a⫽G cp ⲐkT si ottiene l’espressione:
[49]
kT
temperatura che essa definisce, e che raccorda Ti a Tf , dipende unicamente dalle proprietà fisiche della miscela kT e QR e
dai parametri cinetici A ed E, per cui, se questi sono definiti,
la curva presenta un unico andamento, come illustrato nella
fig. 7 B. Viceversa, per z⬍0 esiste una famiglia di curve, ciascuna corrispondente a un valore del parametro a. Per z⫽0 le
curve corrispondenti alla zona di preriscaldamento e a quella
di reazione, oltre che raccordarsi nello stesso punto alla temperatura Ti , dovranno avere anche la stessa tangente. Questa
condizione, come illustrato nella figura, si realizza solo per un
particolare valore di a che, essendo cp e kT assegnati, individuerà un ben definito valore di G, ovvero della velocità del
gas, che costituisce così un autovalore imposto alla [49] dalle
sue condizioni al contorno. Sviluppando i calcoli si ricava:
[52]
2
2 kT 1 Ae E RT RT f
c p r C0 T f − T0 E
Su =
䉴
[50]
)
(
T = T0 + Ti − T0 eα z
che fornisce l’andamento della temperatura nella zona di preriscaldamento. Per zⱖ0 ci si trova nella zona di reazione nella
quale la temperatura aumenta da Ti al valore finale Tf e il calore liberato è molto superiore a quello associato al flusso convettivo. Pertanto quest’ultimo può essere trascurato, approssimando la [49] all’espressione seguente:
2
dT
= QR Ae− E RT
dz 2
Anche di questa equazione non è possibile ottenere una
soluzione analitica. Tuttavia, si può osservare che il profilo di
[51]
kT
A
T
Tf
Ti
zona II
zona I
T0
z
0
B
T0
z
fig. 7. Profilo della temperatura in una fiamma premiscelata.
In A si possono individuare due zone: la zona
di preriscaldamento (I), che arriva sino alla temperatura
di ignizione Ti, e la zona di reazione vera e propria (II),
che inizia da tale temperatura. Come indicato in B,
in corrispondenza di Ti le curve relative alle due zone devono
avere la stessa tangente, la cui inclinazione permette di valutare
il parametro a dell’equazione [50].
VOLUME V / STRUMENTI
Nel modello ZSF il processo di combustione viene descritto mediante un’unica reazione, ignorando che in realtà esso
procede attraverso schemi complessi di reazioni alle quali partecipa un elevato numero di specie intermedie. Poiché oggi
disponiamo di diverse informazioni sulle caratteristiche chimiche e sui parametri cinetici di tali reazioni, grazie all’impiego dei supercalcolatori è possibile effettuare calcoli molto
dettagliati con i quali si può simulare l’evoluzione nello spazio della concentrazione delle diverse specie coinvolte, dovuta sia alle reazioni chimiche sia ai processi di diffusione.
Come già visto, in un processo di combustione le diverse
trasformazioni in gioco hanno luogo contemporaneamente e
procedono attraverso un complesso schema di reazioni successive e parallele, come quello illustrato nella fig. 2 per il
metano. È allora opportuno contraddistinguere ciascuna reazione con un indice k, indicando con ni,k il coefficiente stechiometrico del generico componente i. In questa impostazione la velocità di formazione del dato componente per effetto
di tutte le reazioni in cui esso è coinvolto risulta espressa dalla
relazione:
ri = ∑ rkν i ,k
k
Ti
0
Trattazione generale dei fenomeni di combustione
[53]
Tf
T
Mediante questa espressione si può quindi calcolare la velocità di propagazione della fiamma laminare a partire dai valori dei parametri chimico-fisici del composto combustibile. In
generale, Su tende ad aumentare andando dagli alcani, agli
alcheni, agli alchini, e a diminuire con l’aumentare delle ramificazioni presenti nella struttura.
Ciò premesso, la trattazione generale dei processi di combustione in sistemi gassosi soggetti a moto laminare procede
attraverso l’applicazione delle leggi di conservazione della
quantità di moto, dell’energia e della materia, i cui valori per
unità di volume verranno indicati genericamente con il simbolo f. Con F indicheremo invece il loro flusso per unità di
superficie, associato sia al moto laminare del gas sia ai processi di trasporto, che in questa impostazione risultano associati solo ai moti caotici molecolari. Si osservi che tale flusso
è una grandezza vettoriale poiché dipende sia dalla velocità u
sia dai valori locali dei gradienti delle grandezze intensive che
caratterizzano lo stato fisico del sistema, quali le concentrazioni molari Ci dei diversi componenti e la temperatura. Il bilancio di f viene condotto eguagliando il suo accumulo in un elemento di volume alla differenza fra il flusso entrante e quello
421
COMBUSTIONE E DETONAZIONE
uscente addizionato alla sua eventuale generazione per unità
.
di tempo e volume, che verrà indicata con s. Nell’analisi che
segue indicheremo con Ni il flusso in moli del generico componente i per unità di tempo e superficie, che moltiplicato per
il peso molecolare Mi ne fornisce il flusso in massa Gi , sempre per unità di superficie. La composizione del gas verrà inoltre caratterizzata rispettivamente sia dalle concentrazioni molari Ci che dalle frazioni molari yi o dalle frazioni in massa wi ,
tra loro direttamente correlate (wi⫽yi Mi Ⲑ∑j yj Mj). Le concentrazioni e le frazioni molari sono legate fra loro dalla semplice relazione Ci⫽r̃yi , essendo r̃ la densità molare che in generale viene calcolata mediante l’equazione di stato dei gas perfetti r̃⫽PⲐRT. Ciò premesso, è facile dimostrare che l’equazione
generale di bilancio di f assume la forma seguente:
[54]
∂f
.
+ ∇ ⋅Φ = σ
∂t
Nei casi stazionari il primo termine al primo membro è
ovviamente nullo. Questa equazione può essere agevolmente
applicata alla massa totale, ai diversi componenti e all’energia, impiegando le espressioni dei flussi riassunte nella tab. 4.
Per semplicità, nel bilancio dell’energia è stato considerato solo il contributo associato allo stato termico, trascurando
quelli dovuti al flusso della radiazione e al lavoro associato allo
stress viscoso. Il primo di questi termini è infatti piccolo per
fiamme non luminose e risulta significativo solo in quelle ricche di combustibile, nelle quali sono presenti particelle roventi di carbone che irraggiano energia. Il secondo termine risulta invece spesso trascurabile, se la velocità dei gas non raggiunge valori molto elevati. Il parametro u*⫽(∑i Ni)P/RT è la
velocità media molare ricavata esprimendo la densità mediante l’equazione di stato dei gas perfetti, mentre Di,m è il coefficiente medio di diffusione del componente i nella miscela, che
si può valutare dai valori dei coefficienti di diffusione binari
Di, j:
1 − yi
[55] Di , m =
 y 
∑  D i 
j ≠i
i, j
In realtà quest’ultima relazione fornisce valori approssimati poiché viene ricavata assumendo che i valori dei diversi
coefficienti binari siano confrontabili fra loro.
Il bilancio della quantità di moto viene condotto tenendo
conto che il suo flusso si compone di una parte convettiva associata al moto del fluido, di un contributo dovuto alle forze di
pressione e di un termine dissipativo legato alla resistenza interna dovuta alla viscosità del fluido stesso. Tale bilancio porta
all’equazione di Navier-Stokes la cui integrazione, effettuata
per lo più per via numerica, fornisce il profilo della velocità
del gas in funzione del tempo.
I valori delle tipiche grandezze di trasporto molecolare che
ricorrono nelle equazioni precedenti, quali la viscosità m, la
conducibilità termica kT e i coefficienti di diffusione binari Di, j
per ciascuna coppia di componenti i e j, possono essere valutati con accuratezza dalle informazioni sulle dimensioni delle
molecole e sulle forze intermolecolari che agiscono fra di esse
mediante la teoria cinetica del trasporto molecolare, che nella
sua forma più avanzata si riconduce all’integrazione dell’equazione di Boltzmann. In prima approssimazione, se si applica la teoria cinetica dei gas si ricava che (kT Ⲑcpr)⬇(mⲐr)⬇D⬇lc,
essendo l il cammino libero medio delle molecole e c la loro
velocità media dovuta ai moti termici.
È interessante osservare che se si pone in prima approssimazione ∑iGi cp,i⬇Gc̄p, si ricava facilmente la seguente espressione dell’equazione del bilancio energetico, applicando la [54]
al flusso termico q:
)
(
)
(
∇ ⋅ kT ∇T − G c p ∇T + ∑ − ∆ f H i rkν i ,k = rc p
[56]
k
∂T
∂t
Per un sistema monodimensionale stazionario in cui è presente un gas premiscelato, se si assume che abbia luogo un’unica reazione, l’espressione precedente si identifica con la [49].
Se la [54] viene applicata alla massa totale si ricava l’equazione di continuità della materia. Analogamente si può procedere applicandola ai flussi dei singoli componenti; tuttavia,
poiché i coefficienti di diffusione medi valutati attraverso la
[55] sono approssimati, si preferisce mantenere il bilancio di
ciascun componente nella forma:
∂Ci
+ ∇ ⋅ N i = ri = ∑ rkν i ,k
∂t
k
[57]
affrontando lo spinoso aspetto della mutua interdiffusione delle
diverse specie presenti nella miscela mediante l’equazione di
Stefan-Maxwell, che lega i gradienti locali delle composizioni, espresse mediante le frazioni molari yi , ai flussi dei singoli componenti:
yi N j − y j N i  RT 
[58] ∇yi = ∑
 P 
D
)
(
j
i, j
In realtà queste equazioni determinano unicamente i flussi relativi dei diversi componenti e quindi rientrano nella categoria delle equazioni che vengono definite di tipo boot-strap
poiché si autosostengono reciprocamente senza però avere un
esplicito legame con il comportamento fluido-dinamico del
sistema nel suo insieme. Esse devono quindi essere associate
a una ulteriore relazione compatibile con un opportuno sistema di riferimento che si muove alla velocità media molare della
miscela e per il quale vale la relazione ∑i Ni⫽0.
Nell’insieme, si ricava un sistema di equazioni differenziali non lineari. Note le condizioni iniziali e quelle al contorno,
tab. 4. Grandezze coinvolte nell’equazione di bilancio [54]
f
F
s⭈
Massa totale
r
ru
0
Componente i
Ci
N i = u*Ci − Di ,m∇Ci
∑r ν
k
i ,k
k
Energia
422
(
rc p T − T0
)
(
)
q = ∑ Gi c p ,i T − T0 − kT ∇T
i
∑(−∆
k
f
)
H i rkν i ,k
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
COMBUSTIONE OMOGENEA ED ETEROGENEA
la loro integrazione può essere effettuata solo mediante metodi numerici utilizzando calcolatori di grande potenza e impiegando i parametri cinetici delle diverse reazioni elementari e i
coefficienti di trasporto molecolare.
Nel caso particolare di una fiamma premiscelata i risultati dei calcoli sono stati confrontati con gli andamenti sperimentali delle concentrazioni dei reagenti lungo l’asse di un
reattore a flusso. Come illustrato nella fig. 8, i risultati dei
calcoli ottenuti per il metano hanno rivelato un ottimo accordo con i dati sperimentali, sia nella valutazione della temperatura (fig. 8A) sia in quella della composizione chimica
(fig. 8B), mettendo in evidenza che la comprensione dei fenomeni di combustione omogenea degli idrocarburi ha raggiunto
un soddisfacente grado di maturità. Accordi analoghi si sono
ottenuti anche per altri idrocarburi, quali l’etano, il propano
e così via.
Fiamme premiscelate turbolente
La turbolenza è caratterizzata da un moto irregolare casuale delle particelle di un fluido che si sovrappone a quello medio
uniforme della corrente gassosa. Una descrizione del fenomeno, che risale al fisico premio Nobel Lev Landau, riconduce la sua origine alla presenza di larghi vortici stabili con
caratteristiche anisotrope che si stirano e si frantumano generando vortici di dimensioni minori, più rapidi e più isotropi,
2.000
T (K)
1.500
1.000
500
0
1
2
3
4
z (mm)
A
0,20
0,90
H2O
O2
0,15
yO2
yi
0,85
0,10
CH4
0,80
CO2
0,05
0,75
CO
0
B
1
2
3
[59]
4
z (mm)
dai pallini) e le corrispondenti curve calcolate
della temperatura (A) e della composizione chimica (B)
lungo l’asse z di un reattore a flusso per una miscela di metano
e ossigeno soggetta a combustione.
Re =
ulr
µ
dove l è una dimensione tipica del sistema, supera un valore
critico, che per un fluido che scorre in una tubazione vuota è
dell’ordine di 2.300. Anche se molti degli aspetti fenomenologici della turbolenza sono noti, non esiste ancora una soddisfacente teoria generale, per cui la descrizione dei corrispondenti processi di trasporto viene effettuata con l’aiuto di opportuni modelli. Nel più diffuso, il campo di velocità turbolenta
viene scisso in due componenti, una più lenta che agisce su
larga scala e una più rapida, fluttuante, che agisce su piccola
scala. Per effetto di quest’ultima sul campo di moto lento si
manifesta una viscosità detta turbolenta, con un meccanismo
simile a quello esercitato dalle collisioni molecolari nei moti
laminari. Purtroppo non esiste un chiaro criterio di separazione tra le scale in questione. Per sopperire a questa difficoltà
Ludwig Prandtl ha introdotto il concetto di percorso di mescolamento, analogo al cammino libero medio delle molecole, in
base al quale si assume che i vortici percorrano una lunghezza tipica prima di integrarsi con il fluido circostante, scambiando quindi con esso le loro specifiche proprietà.
In un approccio più moderno, giustificato dall’ipotesi che
esista una invarianza di scala dei vortici turbolenti, il moto del
fluido viene descritto con le consuete equazioni di conservazione, facendo però uso di parametri di trasporto che riflettono le caratteristiche turbolente del moto. In particolare, in un
modello chiamato e-k la viscosità viene espressa in funzione
di due parametri che rappresentano rispettivamente la velocità
di dissipazione dell’energia e l’energia cinetica turbolenta.
Lo studio della combustione in miscele gassose soggette a
flusso turbolento è di grande importanza dal punto di vista
scientifico e applicativo. La turbolenza, infatti, aumenta la velocità di propagazione di una fiamma e intensifica i processi di
combustione. Inoltre, essa agevola lo scambio di calore rilasciato dal fronte di fiamma, con conseguente miglioramento
del processo di accensione.
Poiché una fiamma laminare presenta un fronte piano che
si propaga con velocità Su, è importante approfondire in che
modo agiscono i fattori che la rendono instabile, creando i presupposti per la sua degenerazione verso la turbolenza. La prima
analisi fisico-matematica della stabilità delle fiamme laminari è stata condotta da Landau con lo scopo di investigare la
risposta fornita dal fronte piano a perturbazioni costituite da
piccoli corrugamenti della superficie di ampiezza x. Il metodo applicato costituisce un esempio classico di analisi della
stabilità dei sistemi dinamici, nella quale l’evoluzione temporale del corrugamento viene espressa mediante una funzione
esponenziale del tipo:
[60]
Fig. 8. Confronto fra i valori sperimentali (rappresentati
VOLUME V / STRUMENTI
che riducono ulteriormente la loro dimensione sino a un limite al quale l’energia viene dissipata nell’energia cinetica dei
moti molecolari. La transizione dal moto laminare a quello turbolento avviene bruscamente quando il gruppo adimensionale detto numero di Reynolds, espresso da:
( )
ξ = f x, y eγ t
dove f (x,y) è una funzione delle due coordinate che definiscono
il piano della fiamma, le cui caratteristiche specifiche non interessano. Viceversa, un ruolo importante spetta al segno del
parametro g: se esso è positivo x aumenta esponenzialmente e
la fiamma risulta instabile, mentre se è negativo x tende asintoticamente a zero e la fiamma risulta stabile poiché, dopo aver
subito la perturbazione, recupera la configurazione iniziale.
423
COMBUSTIONE E DETONAZIONE
Nell’analisi sviluppata da Landau venivano presi in esame solo
gli aspetti fluidodinamici, ignorando i processi di scambio di
materia e calore. La fiamma veniva descritta mediante una
discontinuità della densità del gas, maggiore per la miscela
incombusta che si trova a bassa temperatura e minore per la
miscela combusta che ha invece raggiunto una temperatura elevata e si muove con velocità Su. In questa impostazione il parametro g risultava sempre positivo, in vistoso disaccordo con i
fatti sperimentali che dimostrano la irrefutabile esistenza delle
fiamme laminari. Questo risultato dimostra che la semplice
analisi fluidodinamica è inadeguata per affrontare il problema,
perché trascura l’influenza dei fenomeni di trasporto di materia e calore, che sono gli autentici protagonisti dei processi di
combustione. In un approccio diametralmente opposto al precedente, Zeldovich ha assunto arbitrariamente per semplicità
che la densità si mantenga inalterata nel passaggio dai gas
incombusti a quelli combusti, tenendo però esplicitamente
conto dei processi di scambio di materia e calore. Gli sviluppi matematici del modello mettono in rilievo che in una fiamma laminare esistono zone di stabilità dovute al fatto che il suo
corrugamento aumenta localmente la velocità di reazione,
depauperando così la zona dal reagente. Si instaura allora un
effetto diffusivo di retroazione che tende a riconferire alla fiamma una configurazione piana.
Se si approfondiscono le caratteristiche delle soluzioni
instabili si riscontra che l’evoluzione del sistema dà origine a
configurazioni cellulari come quelle illustrate nella fig. 9. Esse
sono state ottenute simulando al calcolatore il comportamento delle fiamme instabili mediante un modello più generale del
precedente, nel quale vengono presi in considerazione sia gli
effetti fluidodinamici sia quelli termodiffusivi. L’esistenza di
tali strutture cellulari è stata confermata sperimentalmente nelle
fiamme di diversi idrocarburi. La loro formazione rappresenta il preludio di una evoluzione verso un comportamento caotico che conduce alla turbolenza.
Non esiste ancora una trattazione fisico-matematica facilmente fruibile in grado di descrivere il comportamento di una
miscela soggetta a combustione in un fluido in moto turbolento. La simulazione di questi fenomeni costituisce una autentica sfida che si presume potrà essere affrontata grazie all’impiego di calcolatori elettronici sempre più potenti, per esempio attraverso i metodi di simulazione diretta, la cui applicazione,
però, è limitata attualmente a situazioni molto semplici.
In un approccio semiempirico semplificato si assume che
il fronte della fiamma abbia una configurazione corrugata. Si
assume inoltre che esso si muova con una velocità ut, superiore alla velocità ul che compete alla corrispondente fiamma
laminare. Se si indica con Wf la superficie del fronte della fiamma corrugata e con W quella della fiamma piatta laminare, in
accordo con Gerhard Damkoehler si assume che:
fig. 9. Esempi caratteristici di strutture di fiamme cellulari
dedotte da calcoli modellistici.
424
alta temperatura
(2.200 °C)
bassa temperatura
(100 °C)
fig. 10. Configurazione geometrica e termica di una fiamma
laminare a diffusione a idrogeno, ottenuta per simulazione
integrando numericamente le equazioni di bilancio materiale
e termico. La temperatura aumenta passando dal suo valore
nell’ambiente (blu) al valore massimo di circa 2.200 °C
nel cuore della fiamma (rosso).
ut St Ωf
= =
ul Su Ω
Pertanto, il calcolo di ut è ricondotto a quello di Wf . Sono
stati proposti diversi criteri per valutare il rapporto espresso
dall’equazione precedente; il più generale si riconnette alla
descrizione del moto turbolento mediante il concetto di percorso di mescolamento. Più recentemente è stato proposto di
valutare Wf assimilando il fronte della fiamma turbolenta a un
oggetto frattale le cui caratteristiche, osservate su scale diverse, risultano invarianti.
[61]
Fiamme a diffusione
Una tipica fiamma a diffusione è quella generata da un
getto di combustibile gassoso iniettato in una corrente d’aria,
eventualmente arricchita con ossigeno. La caratteristica peculiare di queste fiamme è costituita dal fatto che la velocità di
consumo del combustibile è determinata da quella del percorso di diffusione con la quale esso viene portato a contatto con
l’ossigeno. A titolo illustrativo, nella fig. 10 viene illustrata la
configurazione geometrica e termica, simulata, di una fiamma a idrogeno. La configurazione del fronte di fiamma in corrispondenza del quale la corrente gassosa assume una intensa
luminosità è a simmetria cilindrica. Sistemi a iniezione di questo tipo sono molto comuni, poiché vengono impiegati sia nei
bruciatori delle fornaci industriali sia nei motori a reazione.
Gli stessi motori a combustione interna di tipo diesel operano
attraverso una successione di iniezioni transitorie di combustibile nell’aria, precedentemente compressa in un cilindro.
Sino a qualche anno fa lo studio delle fiamme a diffusione
aveva destato minore attenzione rispetto a quello delle fiamme premiscelate, soprattutto per le maggiori difficoltà che si
incontrano nel condurre indagini sperimentali quantitative su
tali sistemi. Inoltre la loro descrizione incontra anche la difficoltà di individuare una velocità particolare, come quella che
caratterizza le fiamme premiscelate.
In un approccio semplificato ci si riferisce a un getto laminare stazionario iniettato in una corrente d’aria avente la configurazione della fig. 11, dove u indica la componente assiale
della velocità. Si assume inoltre che la pressione si mantenga
uniforme e che si possano trascurare gli effetti dovuti alle forze
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
COMBUSTIONE OMOGENEA ED ETEROGENEA
fig. 11. Schema delle linee
aria
di corrente relative
al flusso di ingresso
del combustibile attraverso
l’ugello e dell’aria
lateralmente in un bruciatore.
r
u
combustibile r0
u0
0
z
aria
di gravità e di galleggiamento. Per tentare una soluzione teorica del problema è opportuno riferirsi a un modello definito SCRS
(Simple Chemically Reacting System), nel quale il combustibile e l’ossigeno si combinano in proporzioni fisse. Inoltre si
assume che i calori specifici di tutti i componenti siano uguali
fra loro e che le proprietà di trasporto soddisfino in ogni punto
della miscela, che comunque non è uniforme, la seguente relazione, già menzionata, ricavata dalla teoria cinetica dei gas:
cp r
µ
=D=
[62]
r
kT
La velocità di consumo del combustibile rF e dell’ossigeno rO sono inoltre legate fra loro dalla relazione:
[63]
rF = γ st rO
∂
∂
∂  ∂f 
rurf +
rv rf =  µr 
∂z
∂r
∂r  ∂r 
(
)
(
)
dove f indica rispettivamente i valori specifici, perché riferiti
all’unità di massa, della componente assiale della quantità di
moto u o dell’energia termica cp(T⫺T0). Per quanto concerne
i due reagenti si fa uso di un’unica grandezza x, dove:
[65]
T − T∞ 1
ξz 1
0,1875
=
=
r0 Re0 T0 − T∞ Re0
1 + 0, 0117 Re02 r f2 z 2
(
)
2
dove r0 indica il raggio del condotto di alimentazione del combustibile, z è la coordinata assiale, mentre rf è il valore della
coordinata radiale che definisce localmente la posizione del
fronte di fiamma.
VOLUME V / STRUMENTI
1/ 2

Re0 r0 
9, 237 

0
1875
1
−
,
=
Re0 
z
zf st 



rf
dove:
[69]
fst =
(F O)st
1 + (F O)st
essendo (F/O)st il rapporto in massa stechiometrico fra il combustibile e l’ossigeno.
La lunghezza della fiamma si ricava ovviamente ponendo
rf ⫽0, per cui si ottiene:
zf
3 Re
=
[70]
z0 16 f st
che approssimativamente si può scrivere come segue:
ξ = YF − γ stYO
Le condizioni al contorno sono definite dai valori della
composizione e della temperatura all’ingresso, unitamente alle
seguenti:
u = 0

[66] r → ∞ ξ = 0
T = T
∞

Se indichiamo con Re0⫽u0d0 mⲐr il valore del numero di
Reynolds all’ingresso del getto, la soluzione generale della
[64] si può scrivere come segue:
[67]
1/ 2
[68]
essendo gst il rapporto molare stechiometrico corrispondente
alla reazione di combustione. In questa impostazione si può
dimostrare che le equazioni di conservazione [54], scritte in
coordinate cilindriche e per un sistema stazionario, assumono
la stessa forma (con v componente radiale della velocità):
[64]
In una formulazione approssimata si tiene conto che la
velocità della reazione di combustione è molto elevata, per cui
si assume che la combinazione dell’ossigeno con il carburante avvenga in modo istantaneo nei punti nei quali il rapporto
tra i due componenti coincide con quello stechiometrico richiesto dalla reazione di combustione, ovvero laddove yF ⲐyO⫽gst.
In questa impostazione la velocità del processo è completamente determinata dalla velocità di diffusione del combustibile nella parte interna della fiamma e dell’ossigeno nella parte
esterna, entrambi verso il fronte di combustione. Il raggio della
fiamma rf per ogni particolare valore di z risulta espresso dalla
seguente relazione:
[71]
zf ∝
QV πr02u0
≈
D
D
essendo QV la portata volumetrica della corrente del combustibile e D il suo coefficiente di diffusione. La relazione precedente può essere applicata anche se la fiamma è turbolenta,
purché si sostituisca a D il valore di un coefficiente di diffusione turbolento, che riflette il processo di mescolamento dovuto alle fluttuazioni degli aggregati di fluido e che può essere
valutato, per esempio, applicando il concetto di percorso di
mescolamento. Si dimostra allora che esso è all’incirca uguale a u0r0, per cui si ottiene:
[72]
z ft ∝
r02u0
= r0
r0u0
In sostanza, si ricava che l’altezza di una fiamma turbolenta risulta proporzionale al raggio dell’ugello, ma non
dipende dalla velocità o dalla portata volumetrica del combustibile. Si tratta di un risultato significativo, la cui validità
425
COMBUSTIONE E DETONAZIONE
è stata verificata sperimentalmente e che ha importanti ricadute applicative.
La variazione dell’altezza di una fiamma a diffusione è
espressa dalla [71] se la fiamma è laminare e dalla [72] se essa
è turbolenta.
In letteratura si trovano dati sperimentali che evidenziano
la tendenza dei diversi idrocarburi a formare il particolato. La
loro correlazione è stata raggiunta differenziando le fiamme
premiscelate da quelle a diffusione e definendo per entrambe
un indice numerico che caratterizza la soglia della formazione del particolato, detto TSI (Threshold Soot Index).
Formazione di particelle carboniose
È stato evidenziato in precedenza come la combustione
possa dare luogo alla formazione di sostanze inquinanti quali
gli ossidi di azoto. Una ulteriore fonte di inquinamento è individuata nella produzione di particelle di carbone che raggiungono un diametro dell’ordine delle decine di nanometri e si
presentano sotto forma di polvere sottile. La loro formazione
risulta agevolata nelle fiamme ricche di combustibile che, proprio in conseguenza della presenza di tali particelle a elevata
temperatura, acquisiscono una spiccata luminosità. Talora le
particelle hanno un elevato contenuto di idrocarburi policiclici aromatici condensati, potenzialmente cancerogeni.
La formazione delle particelle di carbone avviene attraverso un meccanismo complesso non ancora compreso nei suoi
dettagli, ma che comunque coinvolge una serie di stadi che
sono stati identificati come segue: la nucleazione, la crescita,
l’ossidazione e la coagulazione
Il meno compreso di essi è il primo, che avviene probabilmente attraverso la formazione di piccole molecole di idrocarburi insaturi, quali l’acetilene, che successivamente condensano per formare molecole cicliche. Un possibile meccanismo di ampliamento degli anelli procede attraverso una serie
di reazioni, la prima delle quali porta alla formazione di un
radicale aromatico Ar⭈, in seguito alla reazione di un atomo di
idrogeno con una molecola di un idrocarburo aromatico ArH:
[73]
ArH ⫹H⭈⫺Ar⭈⫹H2
䉴
La successiva reazione del radicale Ar⭈ con una molecola
di acetilene porta alla formazione di un derivato insaturo che
per ulteriore ciclizzazione forma un idrocarburo poliaromatico:
C
Evaporazione e combustione di gocce liquide
Vari dispositivi e impianti di rilevanza applicativa, quali
forni industriali, caldaie, motori diesel, vengono alimentati con
combustibili liquidi di natura idrocarburica introdotti sotto
forma di uno sciame di gocce. In questi casi il processo di combustione può essere suddiviso in due stadi, consistenti rispettivamente nell’evaporazione del liquido e nella sua successiva
combustione in fase gassosa. Si capisce allora come le dimensioni delle gocce giochino un ruolo fondamentale sulla velocità del processo globale, poiché la velocità del processo di
evaporazione è proporzionale alla superficie della goccia (in
particolare, quindi, al quadrato del suo diametro se si assume
che la goccia sia sferica).
Comunemente la dispersione del liquido si ottiene mediante un atomizzatore, o spray, nel quale si realizza una rapida formazione delle gocce, che con altrettanta rapidità si rimescolano con l’aria circostante. Esiste un’ampia varietà di vaporizzatori di cui si è studiato il funzionamento in dipendenza dalle
dimensioni dei fori e dal flusso del liquido alimentato. Tuttavia, una previsione delle caratteristiche della dispersione così
ottenuta non risulta agevole, soprattutto per l’intervento dei
processi di frantumazione delle gocce e della loro coagulazione. Pertanto, tali valutazioni vengono per lo più condotte sfruttando relazioni empiriche e correlando i dati mediante tre parametri o gruppi adimensionali, che vengono solitamente contraddistinti con l’indice j, per significare che si riferiscono a
un getto (jet) di liquidi:
CH
rl uδ j
numero di Reynolds
[74]
Re j =
[75]
We j =
L’evoluzione del processo dà luogo alla formazione di idrocarburi poliaromatici di dimensioni sempre maggiori
[76]
Oh =
che per coagulazione formano aggregati, o cluster, aventi le
dimensioni di pochi nanometri, che costituiscono la fuliggine
(soot). In atmosfera ossidante le particelle si possono ulteriormente trasformare poiché tendono a reagire con O2, O⭈ e ⭈OH.
La cinetica del processo di coagulazione delle particelle
può essere descritta mediante una espressione del secondo ordine, in base alla quale la velocità di formazione delle particelle aventi una certa dimensione risulta proporzionale al prodotto
delle concentrazioni delle particelle da cui ha origine. Attraverso questo processo di crescita le particelle raggiungono così
dimensioni di decine di nanometri.
dove dj è il diametro delle gocce prima che abbia avuto luogo
la ridistribuzione fra i diversi diametri, s è la tensione superficiale, u è la velocità del gas, mentre gli indici g e l associati
ai valori di densità (r) e viscosità (m) indicano rispettivamente la fase gassosa e quella liquida.
Sulla base dei valori che assumono i suddetti gruppi adimensionali è possibile individuare diversi tipi di dispersioni, come illustrato nella fig. 12. In particolare, si identificano tre zone che si possono caratterizzare come segue: zona
I, detta di Rayleigh, nella quale le gocce sono molto instabili e tendono a frantumarsi; zona II, in cui si osservano onde
elicoidali prima che inizi la frantumazione delle gocce; zona
III, in cui ha luogo la frantumazione in gocce in prossimità
degli orifizi, dovuta essenzialmente alla turbolenza del moto
del fluido.
La distribuzione delle dimensioni così ottenuta viene per
lo più descritta mediante relazioni empiriche, fra le quali:
C
426
7.1.2 Combustione eterogenea
CH
C2H2
C
µl
rgu 2δ j
σ
µl
rlσδ j
numero di Weber
numero di Ohnesorge
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
COMBUSTIONE OMOGENEA ED ETEROGENEA
dml rl πδ dδ (t ) rl πδ dδ 2 (t )
=
=
2
4
dt
dt
dt
2
[79]
numero di Ohnesorge
10
Se l’evaporazione avviene in condizioni stazionarie, il calore di evaporazione assorbito dalla goccia evaporante e quello
trasferito alla goccia dall’esterno si eguagliano, per cui:
1
III
II
0,1
[80]
I
1
10
102
103
104
[81]
105
numero di Reynolds
un atomizzatore in funzione dei numeri di Ohnesorge
e di Reynolds. I, zona delle gocce instabili; II, zona in cui sono
presenti onde elicoidali; III, zona ove ha luogo la frantumazione
in prossimità degli orifizi.
[82]
 δ q
CVFi = 1 − exp 1 −  i  
  δ 0  
dove CVFi è il volume cumulativo di tutte le gocce che hanno
un diametro minore di di , d0 è un diametro di riferimento corrispondente a un valore di CVFi uguale a 0,632 e q è un parametro empirico.
Il calcolo della velocità di evaporazione di una dispersione
di gocce liquide viene per lo più condotto seguendo le vicissitudini di ciascuna di esse. Il caso più semplice è quello di una
goccia sferica circondata da una corrente gassosa calda. Un fattore importante è il trasferimento di calore nel liquido, la cui
valutazione comporta una analisi dei moti che si instaurano internamente alle gocce. Nel seguito si assumerà che tali effetti siano
sufficientemente rapidi da poter attribuire alla goccia una temperatura media Tl costante. Se ml è la massa della goccia e cpl il
suo calore specifico, il bilancio energetico si può scrivere come:
[77]
dTl
dm
= ha (T − Tl ) + l L
dt
dt
dδ 2 (t )
= −4 β
dt
che integrata fornisce la seguente espressione del tempo di evaporazione:
[84]
t ev =
δ 02
4β
La descrizione del processo di combustione che avviene
in un generico bruciatore alimentato da una dispersione di
gocce di un combustibile dipende ovviamente dalle condizioni fluidodinamiche che si instaurano nella camera di combustione. Questi aspetti esulano dalla presente trattazione. Per
semplicità verrà qui considerato, a scopo illustrativo, il caso di
un atomizzatore che produce uno sciame di gocce monodisperse, cioè con diametro uniforme, che si propaga con un flusso a pistone in una corrente di aria lungo una camera cilindrica, come illustrato nella fig. 13.
Se si indica con n0 il numero di gocce di diametro d0 per
unità di volume nel punto z⫽0 della coordinata assiale, si dimostra che il rapporto combustibile/aria ( f ) si può esprimere come:
[85]
dove T è la temperatura della massa gassosa, L il calore di evaporazione del liquido, a la superficie della sfera e h il coefficiente di trasporto di calore dalla superficie della goccia alla
massa gassosa. Per una sfera di diametro d si dimostra, trascurando per semplicità la dilatazione termica, che il termine
di variazione nel tempo della massa della goccia liquida si può
esprimere come:
β ∼ 2D(Tm )
essendo Tm⫽(T+Tl ) / 2 una temperatura media e D il coefficiente di diffusione del vapore nel gas.
Eguagliando la [79] alla [81] si ricava
[83]
ml c pl
dml
= −πCi M i βδ
dt
dove
fig. 12. Zone di atomizzazione delle gocce uscenti dall’orifizio di
[78]
dml
L
dt
Si dimostra allora che, con ragionevoli approssimazioni,
si può scrivere:
0,01
0,001
ha (T − Tl ) = −
f=
no rl πδ 03 / 6
r0 − n0 rl πδ 03 / 6
e quindi:
[86]
n0 =
f r0 6
1 + f rl πδ 03
Se si assume che il numero di gocce, pur essendo queste
soggette a un processo di evaporazione che ne diminuisce il
fig. 13. Schema
di una camera cilindrica
in cui ha luogo
la combustione
di una dispersione
di gocce liquide.
aria
combustibile
aria
0
VOLUME V / STRUMENTI
z
427
COMBUSTIONE E DETONAZIONE
diametro, resti inalterato, e che la densità del gas rimanga
costante, è ragionevole applicare la seguente espressione:
n0 r
r0
Integrando l’equazione [83], si ricava la seguente espressione, che fornisce il diametro delle particelle in funzione del
tempo:
[87]
n=
[88]
δ = δ 02 − 4 β t
Il bilancio termico della corrente gassosa si può allora formulare eguagliando il calore liberato per combustione dal gas
evaporato a quello assorbito dalla corrente gassosa:
[89]
rc p
dT
dm
= n l LHV
dt
dt
dove LHV (Lower Heating Value) indica il calore di combustione per unità di massa di combustibile liquido. Tenendo conto
delle relazioni precedenti, in particolare delle [81] e [87], si
ottiene quindi:
[90]
6 f β LHV
dT
=−
δ
1 + f c pδ 03
dt
Se si integra questa equazione, ricordando la [88] si ottiene infine la legge che esprime l’andamento della temperatura
del gas in funzione del diametro delle gocce:
[91]
T − T0 =
3
f LHV   δ  
1 −   
1 + f c p   δ 0  

essendo T0 la temperatura del gas in corrispondenza di z⫽0.
Verrà ora presa in considerazione la combustione di particelle solide, con particolare attenzione al carbone e alla legna,
anche se l’analisi condotta ha validità generale e può essere
applicata a qualunque altro materiale combustibile. Se una particella di carbone viene esposta a una corrente gassosa calda
contenente ossigeno, per esempio l’aria, essa subisce un processo nel quale si individuano i seguenti tre stadi: la perdita di
acqua per essiccamento; la perdita di massa per il rilascio di
gas volatili; la combustione vera e propria.
Per quanto concerne il primo stadio, è opportuno ricordare che l’acqua presente nella particella si può pensare suddivisa in due forme: l’acqua libera contenuta nei pori del solido
e quella adsorbita sulla superficie, esterna e interna, della particella. Il bilancio termico di questo primo stadio può essere
formulato come:
(
)
d 
dm
m c + mdf c p df T  =
L+q
 dt
dt  w p w
dove i pedici w e df (dry fuel ) indicano rispettivamente l’acqua e il solido secco; q indica invece il calore che viene trasferito al solido per unità di tempo e di massa. Il valore di q
dipende dalle caratteristiche del sistema di riscaldamento; se
il processo viene effettuato in una fornace, la parte preponderante del calore viene scambiata per irraggiamento; q è comunque dato dalla somma di due termini, poiché all’irraggiamento si deve aggiungere anche un contributo dovuto alla convezione. Tenendo conto di questi aspetti, integrando l’equazione
precedente è possibile valutare il tempo richiesto per l’essiccamento del combustibile.
428
[93]
 m p − mc − ma 
ln 
 = − k pyr t
 m pi − mc − ma 
dove la massa della sostanza volatile viene espressa come differenza tra la massa della particella (mp, valore iniziale mpi),
la massa carboniosa combustibile (mc, da char) e la massa delle
ceneri residue (ma, da ash). La dipendenza della costante di
velocità di reazione dalla temperatura viene espressa mediante la legge di Arrhenius; i valori tipici dei parametri di Arrhenius per alcuni solidi combustibili sono riportati nella tab. 5.
Viene ora considerata la combustione del carbone secco
depauperato delle sostanze meno stabili. La reazione ha luogo
per interazione delle molecole di ossigeno provenienti dalla
fase gassosa con gli atomi di carbonio superficiali, e dà luogo
alla formazione di monossido e biossido di carbonio attraverso le reazioni:
[94]
C ⫹1/2O2⫺ CO
[95]
C ⫹O2⫺ CO2
䉴
䉴
Inoltre, se è presente acqua ha luogo la reazione
[96]
Combustione di solidi
[92]
Il secondo stadio è associato a un processo pirolitico attraverso il quale si liberano prodotti volatili che, venendo in contatto con l’ossigeno dell’aria, si incendiano. La velocità del
processo dipende naturalmente dalla temperatura, ma è molto
sensibile anche alla natura e alle caratteristiche del combustibile. Per esempio, nella lignite il processo inizia a 300-400 °C,
liberando monossido e biossido di carbonio, vapori di idrocarburi leggeri e idrogeno. La velocità del processo, in prima
approssimazione, viene descritta mediante una equazione cinetica di prim’ordine con costante kpyr, che integrata fornisce la
seguente espressione:
C ⫹H2O⫺ CO ⫹H2
䉴
La più importante tra queste reazioni è la [94], che condiziona il processo globale. In prima, ragionevole approssimazione la sua velocità viene espressa mediante una equazione
cinetica di prim’ordine, i cui valori dei parametri di Arrhenius
per alcuni carboni sono riportati nella tab. 6. Tenendo conto
delle dimensioni della costante di velocità di reazione (k), il
bilancio di una particella di carbone, assunta sferica di diametro d, può essere scritto
[97]
dmc
M
= − ka C pO( s2)
dt
MO
dove a⫽pd2 è la superficie della sfera, pO(s) la pressione par2
ziale dell’ossigeno in corrispondenza della superficie solida e
MC ⲐMO il rapporto fra i pesi atomici del carbonio e dell’ossigeno (12/16).
In condizioni stazionarie la quantità di ossigeno consumata
per effetto della reazione chimica eguaglia quella associata al
tab. 5. Parametri cinetici di alcuni combustibili solidi
A0, pyr
s⫺1
Epyr
kJ/mol
Lignite
280
47,3
Carbone bituminoso
700
49,4
7⭈107
129,7
Legno
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI
COMBUSTIONE OMOGENEA ED ETEROGENEA
Viceversa, se la velocità del processo globale risulta limitata dalla diffusione, si ottiene:
tab. 6. Parametri cinetici di alcuni carboni
A0
gO (cm2⭈s⭈atm O2)–1
2
E
kJ/mol
Antracite
20,4
79,5
Bituminoso volatile
66
85,2
Bituminoso molto volatile
Sottobituminoso
60
71,8
145
83,6
[104]
 6m 
dmc
= −2 π  c 
dt
 πrc 
1/ 3
Mc
DpO2
RT
dalla quale si ricava la seguente espressione del tempo di combustione:
[105]
t = 0, 785
rcδ 02 RT
DpO2 M c
Bibliografia generale
flusso diffusivo dal cuore della fase gassosa alla superficie
della particella, per cui:
[98]
(
k ( s ) kc
p − pO( s )
p =
2
M O O2 RT O2
)
dove kc è il coefficiente di trasferimento di materia, riferito alle
concentrazioni. Se questo viene diviso per il fattore RT, è possibile esprimere la concentrazione dell’ossigeno mediante le
pressioni parziali. La teoria dei processi di trasporto fornisce
la seguente correlazione attraverso la quale si può risalire al
valore della kc:
kcδ
= 2 + 0, 6 Re p1/ 2 Sc1/ 3 ϕ
D
dove Sh è il numero di Sherwood, D il coefficiente di diffusione dell’ossigeno nell’aria, Rep il numero di Reynolds valutato sulla base della dimensione delle particelle e Sc è pari a
m/rD; f, infine, è un fattore compreso fra 0,6 e 1 che tiene
conto dell’influenza dei gas prodotti dalla combustione.
Se ci si riferisce a situazioni corrispondenti a valori bassi
del numero di Reynolds, nelle quali si possa attribuire a f un
valore unitario, ne segue che kc⬇2D/d e risolvendo la [98]
rispetto a pO(s) si ricava
[99]
)
(
Sh =
2
[100]
(s)
O2
p
(2 D / δ RT ) pO
=
(k / M O ) + (2 D / δ RT )
Elenco dei simboli
Il grassetto indica grandezze vettoriali, mentre ∇⭈ indica
l’operatore divergenza. Il tratto superiore ad una grandezza
generica indica il suo valore medio
A
2
Sostituendo la [100] nella [97] e ricordando che a⫽pd2 si
ottiene
[101]
Barnard J.A., Bradley J.N. (1984) Flame and combustion, London,
Chapman & Hall.
Borman G.L., Ragland K.W. (1998) Combustion engineering, Boston
(MA), McGraw-Hill.
Glassman I. (1996) Combustion, San Diego (CA), Academic Press.
Jones J.C. (1993) Combustion science: principles and practice,
Newtown, Millennium.
Kanury M.A. (1985) Introduction to combustion phenomena, New
York, Gordon & Breach.
Kuo K.K. (1986) Principles of combustion, New York, John Wiley.
Lewis B., Elbe G. von (1987) Combustion flames and explosions of
glass, New York, Academic Press.
Williams F.A. (1985) Combustion theory: the fundamental theory of
chemically reacting flow systems, Reading (MA), Persuy.
(2 D / δ RT ) pO2
dmc
M
= − k πδ 2 C
dt
M O (k / M O ) + (2 D / δ RT )
Per integrare questa equazione e ottenere il tempo richiesto per bruciare la particella è necessario trovare un legame
fra la massa della particella e il suo diametro. Il caso più
semplice è quello in cui si assume che il processo di combustione avvenga sulla superficie della particella lasciando
la densità del solido costante. In questo caso, per qualunque
valore del diametro vale la relazione mc⫽pd 3r c Ⲑ6 per cui
d⫽(6mc Ⲑprc)1Ⲑ3.
Se si opera in condizioni nelle quali la velocità del processo globale è limitata dalla velocità della reazione superficiale, per cui 2DⲐdRT⬎⬎kⲐMO, si ottiene:
2/3
 6 m  12
dmc
= − π  c    kpO2
dt
 πrc  16
dalla quale si ricava la seguente espressione del tempo di combustione:
a
C (s)
Ci
cp
c̃p
Di, j
Di,m
E
G
Gi
h
k
kc
kT
Mi
Ni
[102]
[103]
t=
rcδ 0
1, 5 kpO2
VOLUME V / STRUMENTI
pi
QR
Q⭈⫾
R
r
fattore pre-esponenziale della costante di velocità
di reazione
coefficiente di scambio termico adimensionale
concentrazione molare alla superficie
concentrazione molare del componente i
calore specifico
capacità termica molare
coefficiente binario di diffusione fra i componenti i e j
coefficiente di diffusione del componente i
in una miscela gassosa
energia di attivazione
portata in massa per unità di superficie
portata in massa del componente i
coefficiente di scambio termico (calorie per unità
di tempo e superficie)
costante di velocità di reazione
coefficiente di trasferimento di materia
conducibilità termica
peso molecolare del componente i
flusso molare del componente i per unità
di superficie
pressione parziale del componente i
calore di reazione
calore liberato o assorbito per unità di tempo
costante dei gas
velocità di reazione (moli trasformate per unità
di volume e tempo)
429
COMBUSTIONE E DETONAZIONE
Su
t
T
u
u*
v
V
yi
Yi
z
velocità di propagazione della fiamma
tempo
temperatura termodinamica
componente assiale della velocità di un gas
velocità media molare
componente radiale della velocità di un gas
volume
frazione molare del componente i
frazione di massa del componente i
coordinata assiale
Lettere greche
entalpia molare di formazione
Df Hi
DH°
variazione di entalpia standard associata a una
reazione
variazione di energia libera standard associata a una
DrG°
reazione
430
F
m
d
d0
nik
r
r̃
ÿ
t
flusso per unità di superficie di una generica
grandezza
viscosità
diametro di una goccia o di una particella
valore iniziale
coefficiente stechiometrico del componente i nella
k-esima reazione
densità di un fluido
densità molare
temperatura adimensionale
tempo adimensionale
Sergio Carrà
Dipartimento di Chimica, Materiali
e Ingegneria chimica ‘Giulio Natta’
Politecnico di Milano
Milano, Italia
ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI