LEZIONE 5 - TERMODINAMICA La termodinamica è quella parte della fisica che riguarda gli scambi di energia fra sistemi; la termochimica ne costituisce un capitolo, ma si limita ad affermare il principio di conservazione dell’energia, mentre non dice nulla ne’ sulla qualità dei vari tipi di energia, ne’ sulla direzione in cui si evolvono spontaneamente i processi. In questa parte si cercherà di capire qual è la spinta che fa sì che un dato processo si evolva spontaneamente in un dato modo e sotto quali vincoli le diverse forme di energia possono trasformarsi l’una nell’altra. Reversibilità e spontaneità. Si dice spontanea una trasformazione che avviene nel senso indicato senza interventi dall’esterno. E’ esperienza comune che vi sono trasformazioni che avvengono spontaneamente in tutti i casi (es. combustione del carbone, espansione di un gas) e trasformazioni che non possono mai avvenire spontaneamente (es. compressione di un gas, decomposizione di CO2 in C + O2), e inoltre vi sono trasformazioni che avvengono spontaneamente in certe condizioni (es. di temperatura e pressione) e non in altre. Il più semplice tentativo di razionalizzazione di questi comportamenti potrebbe essere che le reazioni spontanee siano quelle esotermiche, che cioè avvengono con cessione verso l’esterno di energia termica. In realtà, benchè molte reazioni esotermiche siano spontanee, almeno in condizioni ambiente, ciò non è necessariamente vero: ad es. in condizioni ambiente è spontanea la fusione del ghiaccio, che è endotermica. E’ allora interessante stabilire come prevedere se e in quali condizioni una data trasformazione potrà essere spontanea, sia per progettare le condizioni migliori in cui farla avvenire col massimo rendimento (nel caso, ad es., che si voglia preparare industrialmente una data sostanza). sia per mettersi nelle condizioni migliori per impedirla, quando sia indesiderabile (es. esplosioni, corrosione dei metalli ecc.). Va considerato un concetto importante: ogni fenomeno è caratterizzato da due aspetti, quello cinetico - la sua velocità - e quello termodinamico - la possibilità che avvenga dal punto di vista energetico - e questi due aspetti non vanno mai confusi. Occorre sempre valutare preliminarmente l’aspetto termodinamico; una volta stabilita la possibilità che un processo avvenga, si può passare a considerarne la velocità. In questo capitolo e in tutti quelli riguardanti gli equilibri si tratterà l’aspetto termodinamico; riguardo alla velocità, si vedrà poi la Cinetica. Finora si è parlato delle trasformazioni dal punto di vista dei prodotti che se ne possono ottenere, ma in molti casi l’interesse principale di una trasformazione riguarda il suo bilancio energetico; la termodinamica riguarda anche i limiti entro cui le varie forme di energia possono essere trasformate le une nelle altre, e il rendimento ottenibile. Dato che calore e lavoro non sono funzioni di stato (vedi Termochimica), la spontaneità delle trasformazioni che coinvolgono scambi di calore e di lavoro dipende dal modo in cui le trasformazioni stesse vengono effettuate. In particolare, si distingue fra trasformazioni reversibili e irreversibili; una trasformazione reversibile avviene attraverso infiniti stati di quasi equilibrio, e quindi richiede in teoria un tempo infinito per avvenire. Il concetto di trasformazione reversibile è un concetto limite; più una trasformazione avviene in condizioni che si avvicinano a questo limite, e maggiore sarà il suo rendimento energetico, come ora vedremo in un esempio. Si supponga di voler sollevare un peso utilizzando l’energia della reazione spontanea di espansione di un gas nel vuoto. gas stato 1 P1, V1, T gas stato 2 P2, V2, T V2 = 4 V1 P2 = P1/4 Processo 0 Togliendo il peso, il pistone è libero di muoversi sotto la spinta del gas in espansione. In questa trasformazione isoterma (T = costante) il gas si è espanso tutto in una volta, non è stato sollevato alcun peso, non è stato quindi compiuto alcun lavoro, e il sistema non ha assorbito calore dall’esterno. gas stato 2 P2, V2, T gas stato 1 P1, V1, T Processo 1 In questo secondo caso, si ha la stessa trasformazione, ma viene sollevata una massa pari a M1/4, un quarto della massa iniziale M1. Trattandosi di lavoro di espansione, poiché V2 = 4 V1 e P2 = P1/4, si ha che il lavoro compiuto ( P∆V) è w1 = ¾ P1V1 = q1, calore assorbito dal sistema, per il primo principio della termodinamica (se il sistema è isotermo e parte del suo contenuto energetico viene speso per compiere lavoro, il contenuto energetico del gas deve essere ripristinato mediante assorbimento di energia dall’esterno). gas stato 1a 1/2P1, 2V1, T gas stato 1 P1, V1, T Processo 2 Questa è un’espansione a due stadi: nel primo stadio una massa M1/2 viene sollevata fino ad una certa quota, compiendo il lavoro w2a = ½ P1V1, essendo ∆V = ½ V1. Nel secondo stadio la massa M1/4 viene ulteriormente sollevata fino ad una quota maggiore e il gas si riporta anche in questo caso nello stato finale 2, ma avendo sollevato complessivamente una massa maggiore. gas stato 2 P2, V2, T Il lavoro compiuto nel secondo stadio è w2b = ½ P1V1, perché si ha un ulteriore raddoppio del volume del gas. Quindi, nell’espansione a due stadi w2 totale = P1V1, > w1 perché lo spostamento avviene con più gradualità, ovvero è più vicino alla condizione di reversibilità. Nei grafici che seguono, quanto descritto è rappresentato sotto forma di grafico PV, in cui l’area sottesa dal grafico rappresenta il lavoro compiuto dal sistema. Processo 1 Processo 2 ∞ stadi, processo reversibile processo a molti stadi w∞ = PdV = 2,3 nRT log 4 = 1,40 nRT = 1,40 P1V1 è il lavoro massimo ottenibile in questo sistema con una trasformazione reversibile, che avviene in un tempo ∞. A causa della corrispondenza fra lavoro e calore, anche la quantità di calore scambiata alla temperatura T è massima se lo scambio avviene reversibilmente. Per il primo principio della termodinamica (vedi Termochimica) ∆U = q + w, ma qrev > qirr e wrev > wirr. Il secondo principio della termodinamica. Questo fondamentale principio può essere enunciato in moltissimi modi equivalenti, cioè dimostrabili l’uno a partire dall’altro, ciascuno dei quali mette in luce una delle diverse basilari implicazioni di questa legge. Si può cominciare esaminando il comportamento della materia a livello microscopico in un sistema come quello seguente: spontanea non spontanea La probabilità P che N particelle di gas, libere di muoversi attraverso il rubinetto, si trovino tutte in una metà del recipiente è data da (1/2)N; se N = 100, P = 8 x 10-31, ovvero, c’è circa una probabilità su 1030 (mille miliardi di miliardi di miliardi) che il fenomeno venga osservato. In termodinamica statistica, viene allora definita la funzione ENTROPIA, indicata con S: S = k ln W dove k è la costante di Boltzmann (k = costante universale dei gas / numero di Avogadro) che vale ~ 1,38 x 10-23 J K-1, ln è il simbolo del logaritmo naturale (in base e) e W rappresenta il numero dei microstati possibili, o probabilità termodinamica. Nel caso in esame, un microstato è una delle possibili disposizioni delle particelle all’interno dello spazio accessibile. Più un sistema è ordinato, meno microstati equivalenti ci sono a disposizione. Il secondo principio della termodinamica si può allora enunciare come segue: IL DISORDINE DELL’UNIVERSO E’ IN AUMENTO ∆Suniverso ≥ 0 Anche questo è un concetto ben radicato nell’esperienza comune: in casa vostra un oggetto, come ad esempio un libro, è considerato “in ordine” quando si trova “al suo posto”, cioè, probabilmente, su uno scaffale, e se siete particolarmente maniaci dell’ordine, magari in ordine alfabetico rispetto agli altri libri sullo stesso scaffale. Se si trova in un altro posto qualsiasi all’interno dell’intera casa lo si considera “fuori posto”, o “in disordine”: quindi il numero di posizioni in cui il libro è fuori posto è molto maggiore rispetto alle posizioni in cui è in ordine: la situazione “ordinata” dispone di molti meno microstati rispetto a quella disordinata. Una mole di una sostanza in fase gas è molto più disordinata di una mole della stessa sostanza nello stato solido cristallino, in cui le particelle sono fisse all’interno di un reticolo, con una libertà di movimento (vibrazioni termiche) molto limitata. Per questo motivo, una reazione chimica in cui fra i prodotti vi sono più moli di gas che fra i reagenti è certamente una reazione disordinante, con ∆S > 0. In generale, Sgas >> Sliquido > Ssolido. Il significato di questo enunciato è quindi che lo svolgersi di un processo in una data direzione E’ UNA QUESTIONE PROBABILISTICA: più microstati accessibili ci sono, più è probabile che il processo si verifichi. Si noti che il concetto di probabilità termodinamica è correlato con quello di INFORMAZIONE: più uno stato è ordinato, più informazioni abbiamo sulla posizione delle particelle che lo costituiscono. L' evoluzione spontanea dei sistemi va nella direzione della perdita d'informazione. Come si è visto, attraverso la costante di Boltzmann, che racchiude in sé un termine microscopico, come il numero di Avogadro, e uno macroscopico, come la costante universale dei gas R (espressa come 8,31 J mol-1 K-1), abbiamo messo in relazione fra loro un aspetto microscopico della materia, cioè lo stato di disordine delle particelle che lo compongono, con una grandezza macroscopica, l’entropia. Questa grandezza ha anche una definizione termodinamica basata su funzioni macroscopiche. In una trasformazione dallo stato A allo stato B di un sistema, la grandezza (Qrev/T) = S viene definita ENTROPIA. L’entropia è una funzione di stato che rappresenta il rapporto fra il calore scambiato durante la trasformazione condotta in maniera reversibile e la temperatura a cui tale trasformazione avviene. Si noti che, pur non essendo il calore una funzione di stato, lo diventa se si definisce il modo in cui la trasformazione deve avvenire. Se consideriamo (vedi Termochimica) il calore come un modo incoerente di trasferimento dell’energia, che aumenta i moti caotici delle particelle di materia, quanto più calore si trasferisce ad un corpo, tanto maggior agitazione disordinata si impartisce alle particelle che lo costituiscono. L’entropia rappresenta il rapporto fra l’effetto “caoticizzante” del calore e la misura del caos termico preesistente, che è la temperatura. Quanto minore è la temperatura del corpo che scambia calore, tanto maggiore sarà l’entropia, intesa come incremento del caos termico. Un’analogia può aiutare a chiarire il concetto; si considerino due persone che entrano chiacchierando nella sala di una biblioteca: l’impatto del loro rumore sul silenzio della sala sarà molto grande, e probabilmente verrà loro chiesto di tacere. Si considerino ora le stesse due persone che entrano chiacchierando, con lo stesso tono di voce, nella sala affollata di un ristorante: nessuno si accorgerà della loro presenza, perchè il rumore di fondo, a cui si va ad aggiungere quello prodotto da loro, è già molto alto, così che percentualmente il loro apporto al rumore totale non è molto importante. L’entropia è una grandezza estensiva, essendo il rapporto fra una grandezza estensiva (Q) e una intensiva (T). Poichè Q dipende dalla massa del sistema, anche S ne dipende. Allora il secondo principio della termodinamica può essere espresso come segue: 1) QUALUNQUE TRASFORMAZIONE SPONTANEA E’ ACCOMPAGNATA DA UN AUMENTO DI ENTROPIA DELL’UNIVERSO Il fatto che un processo spontaneo possa avvenire solo se accompagnato da un aumento di entropia: ∆S = (dQrev / T) > 0 implica che, se la trasformazione è spontanea, alla fine di essa si sarà prodotto complessivamente (cioè considerando sia quel che avviene nel sistema, sia quel che avviene all’esterno di esso, cioè nell’ambiente, come risultato di quanto è successo nel sistema) un disordine maggiore di quello che c’era all’inizio. Questo enunciato è equivalente agli altri, che sono riportati qui di seguito: 2) NON E’ POSSIBILE REALIZZARE UNA TRASFORMAZIONE IL CUI SOLO RISULTATO SIA IL TRASFERIMENTO DI ENERGIA DA UN CORPO FREDDO AD UNO PIU’ CALDO. Questo dato di fatto fa parte dell’esperienza quotidiana: mettendo a contatto due corpi a temperatura diversa, il calore fluisce liberamente dal più caldo al più freddo, finché si arriva all’equilibrio termico e i due corpi si trovano entrambi alla stessa temperatura, intermedia fra quelle iniziali. E’ naturalmente possibile trasferire calore da un corpo freddo ad uno più caldo, come avviene nei frigoriferi, a patto però di spendere energia sotto forma di lavoro per ottenere questa trasformazione. LAVORO NO SI Questo enunciato deriva dal precedente, in quanto se potesse avvenire il trasferimento di energia schematizzato a sinistra in figura, il corpo freddo indicato in blu, raffreddandosi, diminuirebbe la propria entropia più di quanto aumenterebbe, per trasferimento della stessa quantità di calore, l’entropia del corpo più caldo indicato in rosso, e quindi si avrebbe una diminuzione complessiva di entropia nell’universo. 3) NON E’ POSSIBILE REALIZZARE UNA TRASFORMAZIONE IL CUI SOLO RISULTATO SIA L’ASSORBIMENTO DI CALORE DA UNA RISERVA TERMICA E LA SUA COMPLETA CONVERSIONE IN LAVORO. Mentre è possibile convertire completamente lavoro in calore, al tasso di conversione di 4,184 J/cal (ad esempio l’energia cinetica di un corpo in movimento può essere completamente dissipata in calore attraverso gli attriti, finchè il corpo si ferma), non è possibile il contrario, in quanto è necessaria la presenza di una seconda sorgente di calore, a temperatura inferiore alla prima, alla quale trasferire parte del calore. NO SI LAVORO LAVORO Anche qui, è evidente che realizzare la trasformazione indicata a sinistra significherebbe diminuire l’entropia del serbatoio da cui si preleva il calore: ciò è possibile solo a condizione di aumentare l’entropia in misura maggiore nel corpo più freddo indicato in blu. E’ intuibile che quanto maggiore è la differenza di temperatura, tanto più lavoro è possibile produrre. In base a questo enunciato, non è ad esempio possibile far viaggiare una nave sfruttando l’energia contenuta nel mare, che è un immenso serbatoio di calore, perché quell’energia sarebbe comunque sfruttabile solo a patto di consumarne una parte per scaldare un serbatoio di calore a T inferiore (nel caso specifico a T < ambiente). Il significato di questo enunciato, in definitiva, è che, se si vuole utilizzare una certa quantità di energia, disponibile sotto forma di energia termica, per poterlo fare è necessario pagare una “tassa” energetica, dissipando parte di questa stessa energia per scaldare qualcos’altro, che di solito è l’ambiente. Quindi, ogni volta che trasformiamo una qualche forma di energia, come l’energia chimica immagazzinata nei combustibili fossili, in energia termica per poi utilizzare quest’ultima in una macchina termica per produrre lavoro meccanico, il processo complessivo dissipa buona parte dell’energia utilizzata, per motivi intrinseci e non eliminabili. 4) IL RENDIMENTO DI UNA MACCHINA TERMICA E’ SEMPRE < 1. Un motore è una macchina che utilizza energia per compiere lavoro. Un motore termico trasforma energia termica in lavoro. Questo tipo di motore, per l’enunciato 1), quando compie lavoro deve anche cedere una certa quantità di calore all’ambiente. Consideriamo come esempio di motore termico un pistone che si muove sotto la spinta di un gas riscaldato che si espande. T1 T2 > T1 T1 E’ intuitivo che, una volta arrivati in posizione di massima espansione alla temperatura T2, per ritornare alla posizione iniziale e riprendere il ciclo è necessario che il gas si raffreddi, cedendo calore ad un altro corpo, che dev’essere più freddo per l’enunciato 2), in modo da poter produrre ancora lavoro. Il rendimento di questa macchina si definisce come: RENDIMENTO = 1 - T1 T2 = T2 - T 1 T2 Si nota subito che quanto più vicine sono le due temperature, tanto più vicino a 0 è il rendimento mentre quanto più T1 è vicina a 0 tanto più il rendimento è vicino a 1 (cioè al 100%): al limite, se T1 =0, tutto il calore viene trasformato in lavoro. Sulla possibilità che T1 sia pari a 0 K, vedi in seguito (Terzo principio). Esempio numerico: In una centrale termoelettrica, si usa vapore surriscaldato a circa 560°C (833 K) per azionare la turbina del generatore. Se la temperatura dell’acqua in uscita è di 38°C (311 K), il rendimento, definito come sopra, è uguale a (833 - 311) : 833 = 0,63. Quindi il limite superiore teorico di rendimento di questa turbina è del 63%. In pratica, a causa delle dispersioni e degli attriti, l’efficienza massima di una turbina a vapore è solo di circa il 40%: ciò significa che, per ogni kg di combustibile utilizzata, 400 g vengono utilizzate per produrre elettricità, mentre 600 g vanno a scaldare l’ambiente. Ecco che torniamo ad un concetto già espresso in altra forma: non si può trasformare completamente il calore (movimento incoerente delle particelle) in lavoro (movimento coerente), perché il disordine termico, cioè l’entropia, diminuirebbe e quindi il processo non sarebbe spontaneo, cioè richiederebbe che venisse compiuto lavoro. Si noti, però, che l’entropia del sistema aumenta se il sistema è ISOLATO (vedi Termochimica), cioè se non scambia energia con l’esterno. Siccome avremo a che fare molto più spesso con sistemi CHIUSI, ci occorre un criterio di spontaneità che coinvolga una grandezza riferita a un sistema di questo tipo. Se consideriamo allora un sistema chiuso che scambia energia con l’ambiente, l’equazione precedente si può sintetizzare: ∆Suniverso ≥ 0 dove con “universo” intenderemo il complesso (sistema + ambiente). L’unico modo che un sistema chiuso ha per influire sull’entropia dell’ambiente circostante è quello di scambiare con esso calore, aumentando o diminuendo così il moto termico delle sue particelle e quindi la sua entropia. Se però il sistema cede spontaneamente calore all’ambiente, significa che questo si trova ad una temperatura più bassa. Quindi: ∆S sis = (dqceduto/T2) < 0 ∆S amb = (dqassorbito/T1) > 0 T2 ma poiché T2 > T1, ∆S T1 sis < ∆S amb ∆Suniverso = ∆S sis + ∆S amb > 0 Dato che, come si è detto, ∆S amb viene influenzato dal sistema mediante scambio di calore (che, se si opera a pressione costante, corrisponde all’entalpia), possiamo scrivere: ∆S amb = - (∆ ∆H sis / T) dove il segno (-) è dovuto al fatto che, se nel sistema avviene un processo esotermico, per il quale ∆H < 0, ne deriva ∆S amb > 0 (T è espressa in K, quindi è sempre positiva!), e viceversa. L’enunciato 4) può quindi venire espresso nella forma seguente, dove compaiono solo grandezze riferite al sistema: ∆S sis - (∆ ∆H sis / T) ≥ 0 A questo punto, DEFINIAMO una nuova funzione di stato termodinamica, l’energia libera G, come segue: G = H - TS e quindi vediamo, dall’espressione precedente, che per ogni reazione spontanea ∆G < 0 mentre per ogni reazione all’equilibrio ∆G = 0 Il motivo per cui questa grandezza viene chiamata ENERGIA LIBERA si ricollega all’enunciato 3) del secondo principio della termodinamica: avendo a disposizione una data quantità di energia (∆H), solo una parte di essa è libera, ossia disponibile per compiere lavoro, mentre il resto (T∆S) deve essere dissipato per aumentare l’entropia dell’ambiente. Il terzo principio della termodinamica A differenza dell' entalpia (vedi Termochimica), per la quale viene definito uno zero arbitrario di riferimento, l' entropia è data in valore assoluto, perché lo zero di entropia esiste ed è definito dal terzo principio della termodinamica: UN CRISTALLO PERFETTO DI UNA SOSTANZA PURA ALLA TEMPERATURA DI 0 K HA ENTROPIA ZERO. Questo perché allo zero assoluto (che, come vedremo, non è raggiungibile) ogni sostanza è allo stato solido cristallino e le vibrazioni termiche degli atomi nel reticolo si annullano. In questo caso si ha un solo microstato accessibile e quindi il disordine è nullo: abbiamo tutte le informazioni per descrivere completamente il sistema. Evidentemente, tutte le altre situazioni possibili, a T maggiore di 0, avranno entropia > 0, perché saranno più disordinate di così. Allora, le tabelle di entropia molare standard, S° (J mol-1 K-1), riportano solo valori positivi, normalmente riferiti a 25°C (ricordo ancora una volta che la dizione condizioni standard non è riferita alla temperatura, ma a P = 1 atm e concentrazioni 1 M). Questi valori saranno in generale molto più alti per le sostanze che, alla T considerata, sono gassose. Essendo l' entropia una funzione di stato, anche i suoi valori possono essere trattati in base alla legge di Hess (vedi Termochimica): ∆S°reazione = Σ(bi S°prodotti) - Σ(aj S°reagenti) dove a e b sono i coefficienti stechiometrici delle varie sostanze in gioco. Come si è visto parlando del secondo principio, quanto più è bassa T a cui avviene la trasformazione, tanto maggiore è l' aumento di entropia. Allora, l' efficienza della conversione di calore in lavoro aumenta con il diminuire della temperatura della sorgente fredda (vedi enunciato 3 del secondo principio, definizione di rendimento: quanto più T1 è vicina a zero, tanto più il rendimento è vicino a 1). Tuttavia c' è un limite a questo, enunciato proprio dal terzo principio, che si può anche esprimere semplicemente così: T≥0K Ovviamente, è impossibile avere un rendimento > 1. A 0 K il rendimento è totale perché anche la minima quantità di calore ceduta alla sorgente fredda produce un enorme aumento di entropia. Ma poiché lo zero assoluto è una situazione limite, non raggiungibile in un numero finito di passaggi, si ritorna al primo enunciato del secondo principio: non è possibile convertire tutto il calore di una sorgente energetica in lavoro, perché non è sempre possibile avere una sorgente, più fredda di quella di partenza, in cui dissipare una parte del calore assorbito. Conclusioni Riassumiamo quindi quello che ci dice la termodinamica attraverso i suoi tre princìpi: PRIMO PRINCIPIO: il calore si può trasformare in lavoro... SECONDO PRINCIPIO: ...ma si può trasformare completamente in lavoro solo allo zero assoluto... TERZO PRINCIPIO: ... e lo zero assoluto non è raggiungibile ! Quindi, in definitiva, l' energia si conserva, ma si degrada progressivamente e irreversibilmente a energia termica, la forma meno pregiata di energia; l' universo va verso l' uniformità termica: quando tutti i punti dell' universo saranno alla stessa temperatura, non sarà più possibile compiere lavoro, e l' universo sarà morto.