Il carbone è ancora una fonte energetica essenziale per il futuro ma un pericolo per l’ambiente e la salute L’incidente del maggio scorso in Turchia nella miniera di Soma, che ha causato la morte di oltre 300 persone, oltre evidenziare l’insicurezza del lavoro in miniera, ha richiamato l’attenzione verso il combustibile che ha alimentato la rivoluzione industriale dell’Ottocento. Trascorso il Novecento, che è stato il secolo del petrolio, con l’inizio del ventunesimo secolo il carbone è tornato ad essere protagonista. Infatti, mentre negli anni ’90 la produzione mondiale di carbone è rimasta sostanzialmente stabile intorno ai 4,5 miliardi di tonnellate all’anno, a partire dal 2000 si è registrata una forte crescita della domanda di questo minerale. Nel 2013 infatti, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Eia), quasi il 29% della produzione energetica globale e ben il 42% della produzione elettrica, è stato fornito dal carbone, la cui produzione, sostanzialmente stabile rispetto al 2012, è risultata di 7,1 miliardi di tonnellate (incremento del 58% sugli anni ’90). A livello mondiale il primato dei consumi spetta alla Cina, che è anche il principale produttore (oltre 3,6 miliardi di tonnellate). In questa graduatoria primeggiano paesi emergenti come l’India e il Sudafrica che hanno alimentato il crescente fabbisogno di energia proprio con il carbone. Del resto, la costruzione di una centrale a carbone è relativamente poco costosa e rapida; inoltre il prezzo del combustibile è molto competitivo. In Europa il 33% dell’energia elettrica è prodotta dal carbone. Nella ricca Germania, che pure ha chiuso molte delle sue miniere, circa il 50% dell’energia elettrica proviene dalle centrali a carbone. L’Italia fa eccezione, in quanto la produzione di energia elettrica proviene per il 50% dal gas naturale, per l’8% dall’olio combustibile, per il 30% dalle rinnovabili (soprattutto dalla fonte idraulica) e per il 12% dal carbone. I paesi europei che alimentano col carbone le proprie centrali, principalmente lo importano, in quanto il prezzo di acquisto è decisamente inferiore al costo di estrazione. La ragione del basso prezzo è soprattutto da attribuire al fatto che i paesi produttori non spendono in sicurezza. A pagarne le conseguenze sono i minatori che perdono la salute e, a volte anche la vita stessa. Come si è detto, nel 2013, a causa del perdurare della crisi economica che ha rallentato anche la crescita della Cina, la domanda mondiale di carbone è rimasta sostanzialmente la stessa dell’anno precedente. Tuttavia questa frenata non ha inficiato, per il lungo periodo, le prospettive di una crescita sostenuta. Nel 2013 infatti, l’Aie ha attribuito al carbone un ruolo di grande rilievo all’orizzonte 2035. Questa prospettiva di ulteriore crescita deve preoccupare, in quanto non va dimenticato che, oggi, dal consumo di carbone deriva oltre il 44% delle emissioni totali di gas serra. Oltre agli effetti sul cambiamento climatico, l’inquinamento atmosferico, secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), provoca ogni anno nel mondo la morte di sette milioni di persone. C’è quindi da augurarsi che a guidare le scelte energetiche dei singoli paesi non sia la sola ragione economica. Scelte che dovrebbero portare, non solo al divieto di costruire nuove centrali a carbone, ma anche allo spegnimento di quelle ritenute pericolose per la salute e per l’ ambiente. In proposito, si richiama ciò che è avvenuto a Savona, dove il gip, nel marzo di quest’anno, ha disposto il sequestro della centrale elettrica a carbone Tirreno Power di Vado Ligure, in attività da 30 anni. Il gip ha richiesto lo spegnimento delle due unità alimentate a carbone, ciascuna da 330 MW di potenza, con un’ordinanza che fa riferimento al nesso di casualità tra le emissioni, le morti e le patologie. Tale nesso è negato dall’azienda che sostiene la tesi della mancanza di prove. Per contro, Amministratori locali e Comitati di cittadini, da anni denunciano l’inquinamento provocato dalla centrale e le sue ricadute nefaste sulla salute dei cittadini. Pietro Piccarolo Vedi anche GEORGOFILI INFO